Sommario: 1. Introduzione: fondamentalista a chi? - 2. Breve storia di un termine - 3. La Finestra di Overton - 4. Conclusione: abbiamo bisogno dei fondamentalisti?
1. Introduzione: fondamentalista a chi?
Questa breve riflessione mi è stata suggerita da alcuni eventi recenti che offrono la sponda per riflettere sulla strana sorte di un termine, il quale in origine veniva portato con orgoglio, ma che oggi viene utilizzato per derubricare figure e movimenti spesso molto diversi tra loro. Come si evince dal titolo, il termine o meglio ancora l’etichetta in questione è quella di “fondamentalista”. Come altri “ismi”, questa parola viene spesso e volentieri impiegata “un tanto al chilo”: se sono di sinistra e qualcuno di destra non mi piace allora lo chiamerò “fascista”; se sono di destra e qualcuno di sinistra non mi piace allora lo chiamerò “comunista”; se qualcuno esprime opinioni di natura religiosa che eccedono il discorso normale della nostra società, allora lo chiamerò “fondamentalista”. Tutto ciò di solito avviene con particolare frequenza nel linguaggio dei mezzi di informazione e dei social media. Ovviamente, questo non significa che non vi sia chi si identifica esplicitamente con un discorso politico di stampo fascista o comunista. Come invece si vedrà, per quanto riguarda l’etichetta di fondamentalista, il discorso è più complesso. Ciò dipende in parte dal fatto che essa ha un uso quasi esclusivamente negativo al punto che anche chi è un fondamentalista nel senso storico del termine tende a non descriversi in questo modo.
Il fenomeno che descrivo è ben noto e consiste nell’usare in modo impoverito dei termini di per sé densi che vengono usati come la capote di un torero: ossia, gli si utilizza per compiere un movimento[1] (in questo caso un gesto verbale) che irriti un ricevente già maldisposto verso un certo bersaglio, al fine di prenderne il controllo e muoverlo laddove si voglia. Il torero così guadagna lo spazio per infilzare il cuore del toro, mentre l’abile comunicatore guadagna la presa sulle nostre menti, magari con l’intenzione di provocare una proverbiale levata di scudi, ondata di sdegno, manifestazione di protesta, etc. Di solito non ci accorgiamo della stregoneria ipnotica che viene esercitata su di noi perché, abituati a un linguaggio vago, semplice e piatto, abbiamo perso il gusto dei particolari. Sappiamo solo che, siccome siamo chi siamo, allora dobbiamo prendercela con il fascista/comunista/fondamentalista di turno e quindi, da bravi tori, sbuffiamo e scattiamo per incornare. Peraltro, se per caso fossimo dei tori che non vogliono morire, allora può aiutarci riflettere di più sulla storia di alcune parole, al fine di comprendere il perché e le implicazioni dell’uso semplificato che ne viene fatto. Questo potrebbe contribuire in parte a infrangere l’incantesimo di cui spesso siamo prigionieri.
Veniamo al dunque e alla questione del fondamentalismo. Come molti già sapranno, in data 15 febbraio la premier scozzese Nicola Sturgeon ha annunciato le sue dimissioni[2]. Come è naturale, a tale avvenimento ha fatto seguito un’elezione interna allo Scottish National Party (SNP), la formazione politica che attualmente governa la Scozia e a cui afferisce la ex-prima ministra, per selezionare il prossimo leader del paese. Alla fine, la vittoria ha arriso a Humza Yousaf che nel ballottaggio finale ha sconfitto con il 52% dei voti la seconda classificata Kate Forbes. Il 29 marzo di quest’anno Yousaf è quindi diventato primo ministro della Scozia con ciò realizzando due primati storici: è infatti il primo musulmano nonché la prima persona di origini asiatiche (i genitori sono pakistani) a ricoprire questo ruolo.
Arrivati a questo punto, vorrei spostare l’attenzione sulla suddetta Kate Forbes. Classe 1990, la nostra è ormai una veterana del parlamento scozzese, nel quale rappresenta dal 2016 il distretto delle Highlands di Skye, Lochaber e Badenoch di cui è anche una nativa (non a caso parla fluentemente il gaelico). Alumna delle università di Cambridge e di Edimburgo, formatasi nella sezione giovanile dell’SNP, Forbes si è distinta in particolare per aver servito dal 2018 al 2020 come Vice-Ministra alle Finanze e dal 2020 al 2023 come titolare del medesimo ministero. La sua campagna per la leadership è stata fin da subito ostacolata da un fatto che era già precedentemente noto al pubblico, ovverosia la sua appartenenza alla Free Church of Scotland. Quest’ultima è una chiesa evangelica di carattere presbiteriano e calvinista, la cui storia affonda le radici in uno scisma interno alla Chiesa di Scozia (allora chiesa di stato) avvenuto nel XIX secolo. Sebbene in crescita numerica negli ultimi anni, la Free Church of Scotland conta dei numeri alquanto esigui: circa 8000 membri a fronte di una popolazione di 5 milioni e mezzo di abitanti. Rispetto alla Chiesa di Scozia, questa compagine si distingue sia sul piano teologico che etico: pertanto, la Free Church of Scotland viene normalmente descritta come una chiesa “conservatrice” in merito a questioni quali, ad esempio, l’aborto, l’omosessualità, la transessualità, il suicidio assistito e il concepimento di figli fuori dal matrimonio.
A questo punto, devo stare molto attento a non attribuire a Forbes delle opinioni che non ha (lei stessa ha dichiarato in passato di non condividere ogni posizione ufficiale della propria chiesa[3] – fatto di per sé comune nelle tradizioni protestanti, dove non esiste un magistero vincolante). Cionondimeno, in più di un’occasione l’ex-ministra è stata cristallina in merito alla sua fede e alle sue opinioni in materia di etica. Per esempio, in un’intervista per la BBC avvenuta nel 2021 ebbe modo di affermare quanto segue: “io credo nella persona di Gesù Cristo. Credo che sia morto per me, che mi abbia salvato e che la mia vocazione sia quella di amarlo e servirlo e di servire e di amare il mio prossimo con tutto il mio cuore, la mia anima, la mia mente e la mia forza”; nel 2018 affermò che la “misura del vero progresso [di una società]” è il modo in cui vengono trattati “i non ancora nati e coloro che sono malati in modo terminale” (e ciò fu affermato articolando un’opinione che usualmente viene definita “pro-life”). Nonostante queste opinioni la mettano in chiara minoranza rispetto ai membri del suo partito (che è di centro-sinistra) e a buona parte della popolazione scozzese, Forbes ha sempre sostenuto che le sue convinzioni non fossero in conflitto con il suo compito di funzionario pubblico e con il suo dovere di servire e di rispettare i diritti di chiunque[4].
Non tutti sono della stessa opinione. Ad esempio, il suo collega John Nicholson, ex-giornalista e anch’egli membro del parlamento scozzese per l’SNP, pur affermando che in caso di vittoria di Forbes sarebbe rimasto nel partito (“it’s a democracy”, le sue parole), ha cionondimeno ritenuto che le sue convinzioni fossero sufficienti per definirla una “fondamentalista religiosa ossessionata dal sesso”[5]. Lo stesso Yousaf, discutendo le posizioni della rivale in merito alla legalizzazione del matrimonio per coppie dello stesso sesso avvenuta nel 2014 (Forbes ha affermato che se all’epoca fosse stata parlamentare non avrebbe sostenuto il disegno di legge), ha affermato che, pur essendo un musulmano orgoglioso della propria fede e che rispetta ossequiosamente il Ramadan, egli “non usa la sua fede come base della legislazione pubblica”[6]. A voler essere maliziosi si potrebbe dire che in pratica Yousaf abbia confessato di pensarla come la rivale, pur non rinunciando per questo ad adottare una posizione politicamente più vantaggiosa. Sia come sia, questo sembra avergli evitato di essere etichettato come “fondamentalista”.
C’è chi sostiene che l’onestà di Forbes le sia costata la posizione di primo ministro e forse la sua intera carriera politica (per ora quello che è certo è che Yousaf l’ha sostituita nel suo ruolo di ministra, il che però è una conseguenza abbastanza prevedibile del ricambio avvenuto nella leadership dell’SNP)[7]. Questo è difficile affermarlo con certezza: il suo impegno come parlamentare è ormai decennale e le sue posizioni non sono mutate all’improvviso, né erano state tenute segrete in precedenza; inoltre, la sconfitta a vantaggio di Yousaf è stata di 48 a 52 e quindi relativamente corta, il che sembra indicare che per molti le sue convinzioni non abbiano costituito un ostacolo a sostenerla. Sicuramente, nel momento in cui Kate Forbes ha scelto di candidarsi alla poltrona di primo ministro (ed essendo la sua una candidatura forte) è stata anche esposta a un’attenzione senza precedenti; altrettanto sicuramente, il suo parlare in modo chiaro ed esplicito in merito a questioni controverse non le ha giocato a favore.
Ciò detto, la questione su cui vorrei riflettere è la seguente: come è possibile che una figura quale quella della Forbes che, al netto di alcune posizioni minoritarie nel contesto del suo panorama sociale, è pienamente integrata nell’establishment (parlamentare, ministra di un partito di governo, laureata presso università illustri), sia stata cionondimeno classificata così rapidamente come “fondamentalista” e collocata quindi nella stessa categoria abitata da personaggi quali, ad esempio, Osama Bin Laden?
2. Breve storia di un termine
Per poter iniziare a rispondere a questa domanda e in un secondo momento cercare di trarne delle riflessioni che si spera siano utili, è necessario fare un passo indietro e indagare la storia di questa famigerata etichetta. Certo, nel farlo bisogna evitare di commettere quello che è un errore piuttosto comune, ovvero credere che la natura di qualcosa sia immediatamente identico alle sue origini. Perché questo sia un problema, lo si capisce se pensiamo al fatto che, sebbene sia corretto affermare che le mele provengono dagli alberi di mele, è però sbagliato affermare che la natura di una mela sia identica a quella dell’albero da cui proviene. Se non ci credete, provate a mordere un ramo di melo. Dunque, discutere la natura del termine “fondamentalista” non ci può fornire immediatamente la spiegazione del suo uso odierno, né ci può aiutare automaticamente a chiarire la natura della dinamica sociale che tende a mettere Kate Forbes e Osama Bin Laden nello stesso gregge. Cionondimeno, conoscere la natura dei meli è innegabilmente utile e necessario per capire la natura delle mele. D’altronde, quest’ultime non cadono dal cielo e, conoscendo la biologia del melo, possiamo tracciare il processo con il quale quest’albero produce i suoi frutti. Quindi, indagare la storia di un termine (o meglio, la storia dei suoi usi) ci può aiutare a comprendere come si sia arrivati alla situazione presente.
Per iniziare quest’indagine, vorrei fare riferimento a un secondo episodio avvenuto di recente e per la precisione nel maggio del 2021. In quella data la Saddleback Church, una congregazione battista evangelica che ha sede a Lake Forest, California, ha celebrato l’ordinazione al pastorato di tre dei suoi membri. Bisogna subito specificare, e tra un momento si capirà l’importanza di tale precisazione, che si trattava di tre persone di sesso femminile.
Quello di Saddleback è un nome molto importante all’interno del cristianesimo statunitense e mondiale. Fondata dal pastore Rick Warren e dalla moglie Kay nel 1980, quello che era nato come uno studio biblico a cui partecipavano 6 persone e che si teneva nell’appartamento dei Warren è cresciuto fino a diventare una chiesa che oggi conta una presenza media di 23mila persone ogni domenica. Warren è andato in pensione l’anno scorso ma la sua carriera alla guida di Saddleback non è stato solo un successo locale ma ha segnato la nascita di un certo stile di fare chiesa che, anche grazie alla pubblicazione di alcuni libri di successo, lo ha trasformato in una personalità pubblica di fama internazionale. Per capirci, nell’agosto del 2008 le strutture di questa comunità evangelica hanno ospitato un dibattito tra i candidati alla presidenza Barack Obama e John McCain (posti sold-out venduti per 1000 dollari l’uno) – si trattava in assoluto della loro prima apparizione congiunta in pubblico.
Nonostante il peso e la fama della comunità e della sua leadership, la famiglia di chiese di cui Saddleback faceva parte (ossia la Southern Baptist Convention, e quindi la più grande denominazione battista e più grande denominazione protestante degli USA) ha deciso di espellere la congregazione californiana a seguito dell’evento precedentemente ricordato. Il motivo di tale gesto è che secondo la comprensione delle Scritture della Southern Baptist Convention il ruolo di pastore dovrebbe essere riservato ai soli uomini (posizione questa che però non è condivisa da molte chiese evangeliche). Dunque, con democratico voto di maggioranza si è ritenuto che, in coerenza con la posizione ufficiale della SBC, chi non è d’accordo, anche se si chiama Rick Warren e la sua chiesa è la Saddleback, è pregato di recarsi all’uscita[8].
La cosa interessante è che fino a poco tempo fa le opinioni di Warren in materia erano in linea con la sua denominazione. Come lui stesso ha dichiarato, le sue posizioni sono mutate circa tre anni fa dopo aver studiato attentamente il tema. Recentemente intervistato da Russell Moore per Christianity Today[9], Warren ha descritto in questo modo la sua posizione teologica e l’opposizione che ha dovuto affrontare da parte di alcuni dei suoi co-religionari:
“questa è la stessa vecchia battaglia che dura da cent’anni all’interno della SBC tra battisti conservatori e battisti fondamentalisti. È importante sottolineare che il termine fondamentalismo è una parola che ha cambiato significato nel corso del tempo. Cent’anni fa, mi sarei definito anch’io un fondamentalista. Questo perché negli anni ’20 essere un fondamentalista significava semplicemente affermare le dottrine storicamente insegnate dalla chiesa come, ad esempio, la natura espiatoria del sacrificio di Cristo e l’autorità assoluta delle Scritture – insomma, tutte le dottrine fondamentali che definiscono il protestantesimo. Oggi usiamo questa parola in modo diverso e infatti si parla di musulmani fondamentalisti, buddisti fondamentalisti, atei fondamentalisti, comunisti fondamentalisti – bisogna quindi notare che chiamiamo fondamentalisti anche persone che hanno una visione del mondo completamente secolarizzata. Attualmente, in sostanza, l’unica cosa che si vuole indicare con questa parola è che sei una persona che ha smesso di ascoltare”[10].
Continua poi Warren:
“Io credo nell’inerranza delle Scritture. Io non credo però nell’inerranza di una qualche interpretazione delle Scritture – ivi inclusa la mia […] dobbiamo sempre approcciarci alla Bibbia con umiltà tenendo a mente che potremmo anche avere torto. Non sentirai mai un fondamentalista dire che potrebbe avere torto. Un battista conservatore crede nell’inerranza delle Scritture. Un battista fondamentalista crede nell’inerranza della sua interpretazione”[11].
Dunque, l’ex-pastore della Saddleback descrive con lucidità l’uso odierno del termine fondamentalista. Inoltre, secondo Warren, l’atteggiamento del fondamentalista si distingue da quello di chi, come lui, ha delle convinzioni ben definite e della cui superiorità è convinto, ma che allo stesso tempo rimane umile riconoscendo la propria fallibilità umana. In seconda battuta, l’altro elemento rilevante che emerge da questo stralcio di conversazione, è l’affermazione di Warren per la quale negli anni ’20 del secolo scorso egli non avrebbe avuto problemi a definirsi come un fondamentalista. Quest’affermazione ci consente di aprire il discorso sugli avvenimenti che portarono alla nascita di questo termine.
Normalmente nella letteratura si parla della “controversia fondamentalista-modernista” per indicare una disputa e il susseguente scisma avvenuto all’interno della Chiesa Presbiteriana statunitense[12]. Da una parte, i modernisti proponevano un adattamento del messaggio cristiano secondo le scoperte scientifiche e la morale dell’epoca; nei fatti, questo significava rinunciare a considerare la Bibbia come un testo ispirato, negare la storicità dei miracoli (ivi inclusi il parto virginale e la risurrezione di Cristo) e che la crocifissione di Gesù avesse in qualche modo fatto ammenda per i peccati dell’umanità. Dall’altra parte, i fondamentalisti erano coloro che, pur non presentando una posizione in sé antimoderna, ritenevano che le verità di fede tradizionalmente insegnate dalla Chiesa dovessero essere mantenute anche di fronte alla sfida delle ideologie contemporanee; per costoro, andare nella direzione indicata dai modernisti non significava sviluppare ma di fatto abbandonare la fede cristiana. In altri termini, il modernismo era da considerarsi a tutti gli effetti come l’anticamera dell’agnosticismo e dell’ateismo.
È quindi in quest’ambito che nacque l’uso del termine fondamentalista. Più nello specifico, per comprendere come ciò sia avvenuto bisogna risalire al 1909, data in il presbiterio di New York (ovverosia l’assemblea deputata, tra le altre cose, a promuovere all’ordinazione i candidati pastori della chiesa presbiteriana) decise di non accogliere tra individui che si erano rifiutati di sostenere pubblicamente la dottrina del parto virginale di Cristo. L’anno seguente, una commissione dell’assemblea generale della Chiesa Presbiteriana negli USA formulò un documento (poi accettato dall’assemblea) in cui si indicavano 5 dottrine come “necessarie ed essenziali” alla fede cristiana:
- L’ispirazione della Bibbia per opera dello Spirito Santo e pertanto la sua inerranza;
- Il parto virginale di Cristo;
- La morte di Cristo come fatto avvenuto per il perdono del peccato dell’umanità;
- La corporeità della risurrezione di Cristo;
- La realtà storica dei miracoli di Cristo[13];
In seguito a questo pronunciamento, dietro l’iniziativa di due facoltosi presbiteriani, Lyman e Milton Stewart (contraltari di John Rockfeller Jr., sponsor illustre dei modernisti), tra il 1910 e il 1915 vennero pubblicati una serie di pamphlets intitolati The Fundamentals: A Testimony to the Truth. Si trattava di una collezione di 90 testi composti da un gruppo di 64 accademici, selezionati nel panorama del protestantesimo non-modernista e rappresentanti ciascuna delle principali tradizioni componenti il panorama delle chiese evangeliche. Ognuno dei 90 Fundamentals aveva lo scopo di esporre in modo convincente una delle dottrine classiche della teologia cristiana, oppure di offrire una difesa apologetica contro alcune argomentazioni di taglio modernista, o infine di criticare il modernismo stesso e altri movimenti invisi agli autori (come, per esempio, i Mormoni e i Testimoni di Geova). Il termine “fondamentalista” sembra essere stato coniato in riferimento al titolo di questi testi e alla posizione propugnata dai loro autori pur tenendo conto del fatto che questi tra loro potevano avere opinioni alquanto diverse su determinati argomenti; i Fundamentals, infatti, servivano a definire e a difendere solamente quello che si riteneva essere l’essenziale di una visione cristiana del mondo[14].
Sviluppatosi in seno alla chiesa presbiteriana, il conflitto tra fondamentalisti e modernisti si estese a tutto il protestantesimo statunitense[15] facendo sì che figure appartenenti a tradizioni spirituali diverse facessero fronte comune per avversare la parte opposta. Un passaggio simbolico fu rappresentato dal famoso sermone “Shall the Fundamentalists Win?” predicato nel maggio del ’22 da Harry Emerson Fosdick, evento che spesso viene indicato dagli storici come l’inizio della controversia vera e propria. Costui, pur essendo di estrazione battista era in quel momento assegnato alla First Presbyterian Church di New York. Nella sua predica suddetta, Fosdick presentava i fondamentalisti come degli intolleranti che rifiutavano di fare i conti con la modernità e che avevano deciso, in maniera del tutto arbitraria, che determinati articoli di fede non potevano essere oggetto di dibattito. Da parte sua, il pastore presbiteriano di Philadelphia Clarence E. Macartney decise di rendere pane per focaccia ribattendo con un sermone, poi pubblicato, intitolato “Shall Unbelief Win?” Infatti, per Macartney la prospettiva di Fosdick era una pura e semplice negazione della fede cristiana che, se lasciata incontrastata, avrebbe secolarizzato il cristianesimo fino a svuotarlo di senso, trasformandolo in una sua versione priva di Dio e di Gesù Cristo. Al fine di evitare quest’eventualità il modernismo, secondo il pastore di Philadelphia, andava affrontato con “serietà, intelligenza e con spirito cristiano”[16].
Da qui in avanti il conflitto proseguì per due decenni. Alla fine degli anni ’30 i modernisti sembravano essere padroni del campo: i principali seminari teologici del paese erano sotto il loro controllo e così le case editrici e le posizioni di governo delle principali chiese evangeliche statunitensi. A ciò fece seguito un esodo di massa dei fondamentalisti che, fuoriusciti dalle loro comunità, fondarono nuove denominazioni, nuove congregazioni, nuove case editrici, nuove università e nuovi seminari[17]. La situazione cominciò a invertirsi a partire dagli anni ’70: oggi, il modernismo (anche se adesso si tende a preferire il termine “liberalismo”) sembra essere in via d’estinzione mentre le chiese nate dall’esodo fondamentalista, pur iniziando a mostrare di soffrire anch’esse gli effetti della secolarizzazione, sono in netta superiorità numerica e sembrano godere di una maggiore solidità. Quella che quindi era iniziata come una disputa locale a New York si estese a tutta la nazione americana e per la durata di un intero secolo.
Questo ci riporta al caso di Rick Warren (e come vedremo tra un attimo anche a quello di Kate Forbes). Ora possiamo infatti capire parte della sua affermazione: nell’intervista con Moore egli afferma di essere ben contento di schierarsi come successore spirituale di coloro che un secolo fa difesero l’ortodossia cristiana di fronte all’eresia modernista; allo stesso tempo, secondo l’uso contemporaneo, Warren applica il termine fondamentalista a chi, lungi dal volersi impegnare in un dibattito di idee come fecero gli autori dei Fundamentals, ha semplicemente elevato la propria dottrina a un rango di intoccabilità che per un buon cristiano dovrebbe appartenere soltanto alle Scritture. Secondo questa prospettiva, Kate Forbes, una donna che è ben felice di servire un paese e un partito che in larghissima parte non condividono la sua fede, sembrerebbe non meritarsi l’appellativo di “fondamentalista”, o quantomeno, non secondo l’accezione negativa che anche Warren rifiuta[18]. Emerge però un problema che è subito evidente: infatti, per un Fosdick già i fondamentalisti “buoni” erano dei fondamentalisti “cattivi”. Di converso, per un Warren, il fondamentalista “cattivo” potrebbe anche essere una persona non molto diversa da Fosdick, la quale, piegandosi in maniera acritica ai dogmi delle ideologie materialiste partorite dall’epoca moderna, non esita a negare ogni plausibile validità a un deposito di fede e saggezza tramandato per millenni. In effetti, secondo la definizione di Warren il fondamentalista “cattivo” potrebbe celarsi anche dietro le parole di quel collega di Forbes che non ha esitato a definirla una “fondamentalista religiosa ossessionata dal sesso”. Forse è lui la persona che non ha nessuna intenzione di ascoltare opinioni diverse dalle sue.
Ed è qui che torniamo ad Osama bin Laden. Perché è chiaro a questo punto un fatto piuttosto semplice: una diagnosi di fondamentalismo dipende almeno in parte dal punto di vista di chi la esprime; ma si tratta solo di una questione di punti di vista? Perché in effetti il leader di al-Qaeda sembra una figura alquanto diversa da tutte le altre personalità che sono state finora menzionate. Eppure, se esiste almeno un punto di vista per cui ciascuna di loro è definibile come un fondamentalista e per lo stesso punto di vista lo è anche bin Laden, allora esiste almeno un punto di vista secondo il quale Fosdick, Warren, Forbes etc. sono compagni di stanza del terrorista saudita. Questo sembra un risultato piuttosto sconcertante perché intuitivamente sembra che stiamo mischiando le mele con le pere e che lo facciamo mentre insistiamo sul fatto che in fondo anche le mele sono delle pere, se soltanto ci decidiamo a chiamarle pere. Quindi, o il termine fondamentalista (e analoghi) in realtà è soltanto un epiteto offensivo che appiccichiamo a persone con cui non siamo d’accordo e che vogliamo identificare come portatrici di opinioni inaccettabili (e che diventa poi il capote del torero) oppure serve un metro più oggettivo che consenta un uso discernente di quest’espressione.
Certo, potremmo decidere di smettere di usare questa parola e sceglierne una migliore. Questa però non sembra essere una possibilità concretamente disponibile alla luce del suo successo e della sua attuale diffusione. Allo stesso tempo, è importante riflettere su questo tema perché storie come quella del caso Forbes sono molto vicini a noi nel tempo e nella cultura, e, sebbene abbia evitato di fare riferimento diretto alla realtà italiana, abbiamo vissuto e vivremo ancora casi analoghi. Dobbiamo quindi accontentarci di usare un linguaggio vago per affrontare questioni di primaria importanza per la nostra vita pubblica (come, ad esempio, se una persona con determinate opinioni religiose sia per questo inadatta a svolgere incarichi politici)? Per questo, procediamo oltre e cerchiamo di capire se è possibile evitare questo destino che, personalmente, ritengo alquanto tragico (ma non inevitabile).
3. La Finestra di Overton
Arrivati a questo punto, per poter provare a sbloccare l’impasse in cui ci si è venuti a trovare, è necessario introdurre un concetto ulteriore. Questo è quello della ben nota “Overton Window” o “Finestra di Overton”, un’idea che prende il nome da un analista politico americano, Joseph Overton, che ebbe modo di svilupparla a metà degli anni ’90 del secolo scorso. La Finestra di Overton è un modello sviluppato per comprendere il modo in cui le scelte dei rappresentanti politici di un paese mutano e sono condizionate in base alle opinioni che vanno per la maggiore nella loro cultura di appartenenza. Fondamentalmente, esso si basa sul concetto che, al di là delle loro opinioni personali, i politici sono in grado di promuovere in modo efficace uno spettro limitato di proposte di legge[19]. A loro volta, queste sono viste come in linea di principio legittime in quanto riflettono un insieme di opinioni ritenute valide dalla maggioranza della popolazione. Politici che cercano di avanzare proposte che si collocano al di fuori della Finestra di Overton sono a rischio di subire un forte danno alla loro popolarità e di essere visti come degli estremisti, oppure come promotori di idee datate e/o bizzarre, etc. Da ciò deriva che i nostri politici sono più dei seguaci che dei leaders; ovviamente potrà darsi il caso in cui un’idea ai limiti del discorso pubblico si affaccia sul centro del dibattito ma questa sarà l’eccezione piuttosto che la regola[20]. Normalmente, i nostri rappresentanti tenderanno a orientarsi secondo le influenze maggioritarie espresse dalla società civile (che non significa necessariamente le influenze che provengono dalla maggioranza numerica della popolazione). Anche laddove un politico popolare propone delle idee ritenute radicali, è probabile che esso lo siano in senso molto relativo, ovvero che esse si collochino semplicemente un passo più in là di ciò che è considerato essere “buon senso”.
Di norma, la Finestra di Overton viene rappresentata tramite l’uso di una linea verticale divisa in sei livelli, ciascuno dei quali descrive il grado di accettabilità di una determinata posizione politica. Leggendo tali livelli in senso ascendente, la scala che ne risulta va da “impensabile” a “popolare”. Nel mezzo, si passa per le categorie di “radicale”, “accettabile” e “responsabile”[21]. Ovviamente, la distribuzione delle singole idee all’interno della Finestra di Overton cambia nel corso tempo. Pertanto, ciò che può essere impensabile in un certo periodo storico può invece diventare accettabile se non addirittura legge dello Stato in un periodo storico differente. Sulla base di quanto esposto è possibile dedurre che in linea di principio possono esistere nello stesso spazio sociale gruppi d’influenza che hanno idee molto diverse su cosa sia politicamente accettabile e cosa no.
Applicando la Finestra di Overton al tema di questo articolo è possibile affermare che per la Saddleback Church l’avere una donna come pastore è passato dall’essere “inaccettabile” a essere una prassi “accettabile” e poi concretamente adottata. Ciò è stato a sua volta ritenuto “inaccettabile” dalla Southern Baptist Convention. A loro volta, ci saranno sicuramente dei secolaristi militanti negli USA che ritengono di per sé “inaccettabile” il fatto che qualunque individuo, uomo o donna che sia, abbia un ruolo di leadership definito sulla base di un insegnamento religioso – e così via. Pertanto, si può ipotizzare che l’uso della parola fondamentalista ricalchi più o meno quello che in base alla Finestra di Overton si identifica come politicamente “inaccettabile”.
Sicuramente, sembra che i colleghi e rivali di Kate Forbes abbiano additato l’inaccettabilità di alcune delle sue idee (per quanto nel merito non si discutesse la possibilità di trasformarle in legge). Ciò si è affiancato, quantomeno per alcuni, con il designarla come una fondamentalista. Questo però ci riporta per l’ennesima volta allo stesso problema, che ora possiamo affrontare con un linguaggio più preciso: nel contesto della politica scozzese del 2023, Osama Bin Laden e Kate Forbes sono da considerarsi nello stesso modo inaccettabili (chiaro che Bin Laden ora non è più nelle condizioni di fare politica, ma lo si dice così per ipotesi)? Intuitivamente la risposta sembra essere “no” e ciò non solo perché Forbes ha comunque ricevuto il 48% dei voti nella corsa alla leadership dell’SNP ma anche perché la Free Church of Scotland non si pone rispetto alla Scozia nello stesso modo in cui lo fa Al-Qaeda. Anzi, nonostante il suo essere una minoranza portatrice di molte idee “inaccettabili” (nel senso della Finestra di Overton), si può affermare che il fatto che essa possa contribuire a far emergere una figura come quella di Kate Forbes sia una testimonianza della sua capacità di servire la società di cui fa parte.
Il problema, quindi, è duplice: da un lato, come è già emerso, il linguaggio del “fondamentalismo” (e analoghi) è impreciso e questa è già di per sé una pietra d’inciampo. A ciò si aggiunge il fatto che tale imprecisione contribuisce a confondere la distinzione tra diversi tipi di inaccettabilità politica, il che tende inevitabilmente a schiacciare verso il fondo le idee che non si collocano nella parte superiore della Finestra di Overton. Ciò significa che per effetto di questa imprecisione la vita politica di una società finirà probabilmente per impoverirsi in termini di biodiversità riproducendo solo un certo tipo di indirizzo, e ciò magari a fronte di una società civile che invece va diversificandosi.
4. Conclusione: abbiamo bisogno dei fondamentalisti?
Quest’articolo ha preso le mosse da alcuni eventi di cronaca recente, ed è proseguito con una breve storia del termine “fondamentalista”. Si è suggerito che la vaghezza con cui tale parola è stata utilizzata negli eventi riportati sia il sintomo di una prassi linguistica più ampia. Allo stesso tempo, sembra che il termine fondamentalista sia stato dalle sue origini carico di una certa ambiguità, oscillando tra un significato positivo (una sana fedeltà a una certa tradizione di fede) e un significato negativo (di intolleranza e rifiuto del confronto) che infine si è imposto come l’unico comunemente impiegato. Si è proseguito introducendo lo strumento analitico della Finestra di Overton, suggerendo che nel linguaggio comune si parli di fondamentalismo per descrivere idee e persone che sono o si ritengono debbano essere ritenute politicamente inaccettabili. Infine, si è suggerito che nel calderone del “fondamentalismo” potrebbero rischiare di finirci delle voci minoritarie che invece è interesse della società che vengano ascoltate, se non altro per non rendere il discorso politico sterile ed omogeneo.
Su questa nota, vorrei concludere con un ultimo riferimento storico, anche questa volta tratto dalla realtà americana. Si tratta nello specifico di un testo del 1988, la Williamsburg Charter, che ha come oggetto il tema della libertà di religione nella vita pubblica statunitense. Gli autori e i firmatari includevano sia personalità religiose che di orientamento secolarista; la redazione fu guidata da Os Guinness e tra i consulenti accademici spiccano nomi come quelli di Robert Bellah e Peter Berger. Tra i sostenitori che firmarono la Williamsburg Charter attirano l’attenzione gli ex-presidenti degli Stati Uniti Jimmy Carter e Gerald Ford e dei Chief Justices della corte suprema William Rehnquist (all’epoca in carica) e Warren Burger. Il testo venne presentato al pubblico a Williamsburg, Virginia il 25 giugno del 1988 e ciò per ricordare il 200° anniversario della richiesta da parte della Virginia al Congresso di una carta dei diritti (che diverrà poi il Bill of Rights e cioè i primi dieci emendamenti della costituzione degli Stati Uniti).
La Williamsburg Charter si poneva quattro obbiettivi: 1) celebrare l’importanza del primo emendamento della costituzione degli USA, e cioè quello riguardante la libertà di religione; 2) riaffermare l’importanza della libertà di religione – o libertà di coscienza – per i cittadini di ogni fede o di nessuna; identificare il ruolo di tale libertà nella vita pubblica statunitense rispetto alla quale tale diritto viene identificato come il primo e il più fondamentale dei diritti. A favore di questo punto la Charter sottolinea come tale diritto apra il Bill of Rights e come sia l’unico a cui la costituzione dedica due clausole (la prima proibisce al congresso di adottare una particolare fede come religione di stato, mentre la seconda gli proibisce di impedire il suo libero esercizio); inoltre, le libertà di parola, di stampa, di assemblea e di rivolgersi al Governo in caso di abusi (tutte trattate all’interno del primo emendamento) vengono considerate per analogia e per derivazione dalla libertà di coscienza[22].
Secondo gli autori della Williamsburg Charter:
“l’esistenza della società americana dipende dalla risposta che si dà a due domande. In base a quali verità ultime dovremmo vivere? In che modo queste verità dovrebbero entrare in relazione con la nostra vita pubblica?”
Essi aggiungono che la prima domanda ha un carattere personale ma che cionondimeno ha una ricaduta pubblica perché le convinzioni personali influenzano necessariamente la qualità della nostra vita pubblica. Proseguono poi affermando che “la risposta americana alla prima domanda è che il governo non può rispondervi. La seconda domanda, però, ha un carattere completamente pubblico ed è appropriato e necessario per il bene della società che essa riceva una risposta pubblica”. In sintesi, la risposta che viene proposta dagli autori della Williamsburg Charter (e che essi ritengono rifletta anche le intenzioni degli autori della Costituzione) è che, nei limiti della sicurezza dello Stato, i cittadini dovrebbero essere liberi non solo di coltivare privatamente ma anche di esprimere in pubblico (e quindi anche nell’arena politica) le proprie convinzioni. Anzi, secondo i suddetti una forma di governo democratico può sopravvivere solo se essa viene sostenuta da un popolo virtuoso e di forti convinzioni e solo se al suo interno si producono delle tensioni produttive tra gruppi che professano credenze che possono anche essere mutualmente esclusive.
In definitiva, secondo questo punto di vista, una certa forma di fondamentalismo non è solo accettabile nella vita pubblica di una democrazia moderna ma, anzi, sembra esserle persino essenziale. Sicuramente, la Williamsburg Charter sostiene che una democrazia è destinata a soccombere senza la presenza al suo interno di comunità che prendono sul serio le proprie convinzioni anche a costo di scontrarsi tra loro e che nel contempo sono capaci di formare cittadini attivi, partecipi, onesti e responsabili. In quest’ottica, contro Yousaf Hamza, non è solo accettabile che la fede di un politico stia alla base della sua attività legislativa, ma è addirittura necessario; se così non è, il politico in questione non sta facendo il suo lavoro. Questo però non è un “semaforo verde” per tutti perché legittima solo quelle forme di convinzioni che sono disposte a influenzare la vita di una società democratica ma anche di concedere alle altre comunità gli stessi diritti di cui esse godono. In questo modo, viene tracciato un chiaro divario tra il fondamentalismo (“cattivo”) di un Bin Laden e quello (supposto) (“buono”) di una Kate Forbes.
Non per questo si può però supporre di aver risolto una volta per tutte i problemi emersi. In primo luogo, la Williamsburg Charter fa riferimento a una situazione sociale e storica molto specifica, e in particolare fa riferimento a una determinata vicenda politica, ideale, giuridica e religiosa. Che cosa significherebbe cercare di sviluppare gli stessi concetti (ammesso che ciò sia possibile) in un ambiente differente, come per esempio nella nostra Italia che nel suo assetto attuale è il prodotto di un diverso processo culturale (banalmente, si può notare che il concetto di “laicità dello Stato” non appare nel Bill of Rights o nella Williamsburg Charter)? E che dire del fatto che la Charter sembra a tratti commettere l’errore di separare l’enunciazione di un diritto universale e inalienabile (quello della libertà di coscienza) dalla base materiale che ha consentito la sua scoperta, enunciazione e formulazione? Se infatti essa da un lato nota che il panorama della società statunitense è cambiato radicalmente rispetto ai tempi della Costituzione, essa ritiene comunque che anche il mutato scenario possa sostenere le stesse procedure e pratiche del passato. Eppure, è difficile che un diritto venga rispettato se le forze che storicamente lo hanno evidenziato si ritrovano indebolite o addirittura eliminate dalla vita pubblica.
Prescientemente, la Williamsburg Charter parla di una crescente proclività al conflitto e alla polarizzazione che si sta manifestando nella società americana e che potrà essere spenta solo mantenendo l’equilibrio tra libertà e convinzioni garantito formalmente dalla Costituzione. Di nuovo, se tale equilibrio è stato reso possibile da una composizione sociale che la stessa Charter ritiene essere profondamente mutata, come è possibile che tale tendenza venga contrastata, a meno che in qualche modo non si ritorni alla medesima situazione del passato o a una analoga? Quand’è l’ultima volta che chiedere ai talebani di trattare le donne al pari livello degli uomini ha incontrato il loro entusiasmo? E se viviamo in una società in cui i talebani o qualcosa loro equivalente (che sia di destra o di sinistra poco importa) ha in mano i microfoni, i soldi e le leve del potere, allora siamo costretti a vivere in una società gestita dai talebani e tanto peggio per i diritti democratici. D’altronde, si guardi agli USA di oggi, 35 anni dopo la Williamsburg Charter.
E dove siamo noi? Ho intenzionalmente evitato di fare riferimento a casi ed eventi della porta accanto perché ritengo che ciò che è lontano, ma simile, può fungere da specchio e ci può consentire di riflettere a mente più lucida, magari non così distratta dagli entusiasmi e dai coinvolgimenti che giustamente ci legano alla quotidianità locale. Chiudiamo con alcune domande. Chi sono i nostri talebani (se ve ne sono)? Chi sono i nostri fondamentalisti buoni e chi sono i nostri fondamentalisti cattivi (ancora, se ve ne sono)? E, quale è in definitiva lo stato di salute della nostra vita pubblica e in che misura abbiamo bisogno di una accresciuta tensione veramente produttiva al suo interno?
[1] I tori non vedono i colori; ciò che li fa “partire” verso la capote è l’irritazione causata dal movimento, non il fatto che è rossa – il colore rosso ha lo scopo di coprire le macchie di sangue.
[2] SNP in turmoil after Nicola Sturgeon resigns as first minister | Nicola Sturgeon | The Guardian.
[3] Free Church of Scotland: What are the beliefs of Kate Forbes's church? | The National.
[4] The favourite to lead the Scottish government faces an obstacle - her evangelical faith, Evangelical Focus.
[5] SNP MP calls Kate Forbes a 'sex-obsessed religious fundamentalist' as he admits party is 'in a mess' - Daily Record.
[6] Yousaf fires back at Forbes over gay marriage | The Spectator.
[7] Britons prefer Muslims to evangelical Christians in top political leadership, survey says, Evangelical Focus.
[8] Southern Baptist Convention Disfellowships Saddleback Chur...... | News & Reporting | Christianity Today.
[9] Il primo è uno dei teologhi evangelici pubblici più noti degli USA e dal 2022 editor-in-chief di Christianity Today, un’importante rivista americana di orientamento protestante che, secondo le intenzioni del fondatore – l’evangelista Billy Graham – avrebbe dovuto “piantare la bandiera evangelica nel mezzo della strada, assumendo una posizione teologica conservatrice ma allo stesso tempo promuovendo un approccio liberale ai problemi sociali”.
[10] Rick Warren: The Great Commission’s ‘Go and Teach’ Applies to Women | Christianity Today.
[11] Rick Warren: The Great Commission’s ‘Go and Teach’ Applies to Women | Christianity Today.
[12] Cfr. B. J. Longfield, «For Church and Country: The Fundamentalist-Modernist Conflict in the Presbyterian Church», in The Journal of Presbyterian History 78 (2000), pp. 35-50.
[13] Cfr. A. Loetscher, The Broadening Church: A Study of Theological Issues in the Presbyterian Church since 1869 (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1954), p. 50.
[14] G. Marsden, Fundamentalism and American Culture: The Shaping of Twentieth-Century Evangelicalism, 1870-1925 (New York: Oxford University Press, 1980), p. 119.
[15] Si noti che 20 anni prima anche la Chiesa Cattolica aveva avuto la sua crisi modernista e che nel corso del XIX discussioni analoghe si erano sviluppate nell’ambito del protestantesimo europeo (specie quello di lingua tedesca).
[16] C. E. Macartney, “Shall Unbelief Win? An Answer to Dr. Fosdick”, in Presbyterian, 13 luglio 1922, p. 8.
[17] Il già citato Christianity Today è uno dei frutti più noti di questo processo.
[18] Vale la pena di notare che, sebbene la nascita della Free Church of Scotland predati la controversia tra fondamentalisti e modernisti, la sua forma e direzione teologica attuale può senz’altro essere spiegata almeno in parte sulla base di questi eventi. Ad ogni buon conto, la Free Church of Scotland non ammette le donne al ruolo di pastore.
[19] Cfr. The Overton Window – Mackinac Center.
[20] Cfr. The Overton Window – Mackinac Center.
[21] Cfr. Why the Right-Wing Gets It--and Why Dems Don't [UPDATED] (dailykos.com).
[22] Cfr. THE-WILLIAMSBURG-CHARTER.pdf (osguinness.com); “Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances”.