Sommario: 1. Il quesito referendario – 2. La normativa interessata dall’intervento abrogativo: la legge n. 91/1992 e i requisiti d’accesso alla cittadinanza per naturalizzazione – 3. La normativa di risulta in caso di approvazione del referendum – 4. Per un esercizio consapevole del diritto di voto: le effettive tempistiche di concessione della cittadinanza e il contesto europeo.
1. Il quesito referendario
Con più decreti del Presidente della Repubblica pubblicati in Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2025, sono stati indetti cinque referendum abrogativi. Ai primi quattro, omogenei per materia in quanto tutti attinenti a norme in materia di diritto del lavoro e volti ad un ampliamento delle tutele dei lavoratori, se ne affianca un quinto che riguarda il diverso tema, da anni in discussione nel dibattito pubblico italiano, della modifica dei requisiti di accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri residenti sul territorio.
Il titolo del quesito assegnato dall’Ufficio Centrale per il Referendum della Corte di Cassazione[1], che ha dichiarato conforme a legge la richiesta di referendum abrogativo, è il seguente: “Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”.
Questo il testo del quesito referendario, dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale con la sentenza nr. 11/2025: «“Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole "adottato da cittadino italiano" e "successivamente alla adozione"; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: "f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.", della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza"?».[2]
2. La normativa interessata dall’intervento abrogativo: la legge n. 91/1992 e i requisiti d’accesso alla cittadinanza per naturalizzazione
Le disposizioni interessate dalla proposta di referendum abrogativo sono dunque quelle di cui alle lettere b) ed f) dell’art. 9, comma 1 della legge n. 91/1992, intitolata “Nuove norme sulla cittadinanza”.
La legge n. 91/1992 è un testo normativo fondamentale nell’ordinamento italiano, in quanto deputata alla disciplina dei criteri di acquisto della cittadinanza. Il principale tra questi criteri è il cosiddetto “ius sanguinis”, per cui è cittadino italiano il soggetto nato da un cittadino italiano[3]; il nostro sistema privilegia dunque l’acquisto della cittadinanza per discendenza, in contrapposizione con quegli ordinamenti che al contrario associano l’acquisizione della cittadinanza al fatto della nascita nel territorio dello stato (cosiddetto “ius soli”), al di là di ogni considerazione della cittadinanza dei genitori[4]. Si possono poi richiamare, quali ipotesi di maggior rilievo ed applicazione concreta, l’acquisto della cittadinanza dello straniero per matrimonio o unione civile con cittadino italiano[5] e del minore straniero per adozione da parte di cittadini italiani[6]. È poi prevista anche una forma di acquisto della cittadinanza per nascita sul territorio italiano, ma solo per il caso in cui i genitori siano ignoti, apolidi o non in grado di trasmettere la propria cittadinanza (diversa da quella italiana) ai figli sulla base delle leggi dello Stato di cui sono cittadini[7] (si può parlare, pertanto, di una forma di ius soli “marginale”[8]).
L’articolo 9 della legge 91/1992 disciplina invece le modalità di acquisto della cittadinanza per “naturalizzazione”; di seguito si riporta il testo del primo comma dell’articolo, interessato dal quesito referendario:
“1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:
a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”
L’articolo in questione è chiaro nel riconoscere la natura discrezionale del potere dello Stato di riconoscimento della cittadinanza allo straniero (come si evince dall’espressione “La cittadinanza italiana può essere concessa”): anche nel caso in cui questi sia in possesso dei requisiti delineati, in via alternativa, dalle lettere da a) ad f), non acquisisce automaticamente il diritto alla cittadinanza; lo straniero si troverà “solo” nelle condizioni di poter presentare una richiesta di concessione della cittadinanza per naturalizzazione, e la sua pretesa in tal senso nei confronti dell’autorità amministrativa viene qualificata in termini di interesse legittimo.[9] Nelle ipotesi delineate da ciascuna di queste disposizioni, infatti, come valorizzato dalla giurisprudenza di legittimità, resta in capo all’autorità amministrativa una valutazione di opportunità del riconoscimento della cittadinanza, che tiene conto di tutti gli aspetti da cui si può desumere che il richiedente sia effettivamente integrato nella comunità nazionale, sotto molteplici profili: conoscenza e osservanza delle regole giuridiche, assimilazione dei valori costituzionali e della cultura.[10]
In punto di requisiti di ammissibilità della richiesta di cittadinanza, poi, occorre effettuare alcune precisazioni. Innanzitutto, ove l’articolo 9 della legge 91/1992 richiede la “residenza legale sul territorio”, si riferisce non al periodo di soggiorno regolare dello straniero sul territorio, ovverosia alla mera titolarità di un permesso di soggiorno, essendo infatti necessario che lo straniero sia altresì iscritto all’anagrafe della popolazione residente. Nonostante la disposizione non lo espliciti, è poi ulteriormente necessario che la residenza legale sul territorio non sia interrotta, ad esempio a causa di un periodo di residenza all’estero.[11]
Un ulteriore requisito per la naturalizzazione è stato poi introdotto con il c.d. “Decreto Sicurezza” (D.L. n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018) ed è oggi previsto all’art. 9.1 L.91/1992, che subordina la concessione “al possesso, da parte dell'interessato, di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)”.
Nonostante la legge non contempli espressamente ulteriori presupposti di ammissibilità della richiesta di cittadinanza per naturalizzazione, in realtà la valutazione amministrativa tiene conto anche dell’adeguatezza del reddito dello straniero richiedente, in quanto con l’acquisto della cittadinanza lo straniero diventa destinatario degli obblighi di solidarietà economica e di partecipazione alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva di cui rispettivamente agli artt. 2 e 53 Cost. Nello specifico, la capacità contributiva del richiedente è valutata sulla base dei parametri di cui all’art. 3 del D.L. n. 382/1989, convertito in L. 8/1990 (in tema di esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei titolari di pensione di vecchiaia). La giurisprudenza[12]ritiene poi applicabile anche alle domande di cittadinanza per naturalizzazione anche l’art. 6 della legge 91/1992, dettata in materia di domande di cittadinanza per matrimonio, per cui l’accesso alla cittadinanza è precluso in presenza di precedenti penali per uno o più dei delitti individuati al primo comma dell’art. 6 o di “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica”[13], ovverosia di valutazione di pericolosità sociale del richiedente.[14]
3. La normativa di risulta in caso di approvazione del referendum
Il referendum sulla cittadinanza propone l’abrogazione di due norme del comma 1 dell’art. 9 legge n. 91/1992: la lettera f), di cui si richiede la totale eliminazione, e alcune parole della lettera b). Per quanto concerne l’intervento sulla lettera b), di seguito si pongono a confronto i testi della disposizione ante e post intervento referendario:
Testo attuale: “1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno: […] b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione.”
Testo come eventualmente modificato per effetto dell’approvazione del referendum cittadinanza: “1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno: […] b) allo straniero maggiorenne che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni.”
Obiettivo di strutturare il quesito in tal modo, prevedendo dunque due abrogazioni contestuali, di cui una totale ed una effettuata con la tecnica del “ritaglio”, ovverosia andando a intervenire su di una disposizione eliminandone specifiche parole in modo che essa assuma altro e diverso significato, è ottenere una normativa di risulta omogenea. Si raggiunge infatti al contempo il duplice risultato:
-dell’eliminazione del requisito di 10 anni di residenza legale sul territorio italiano per la concessione della cittadinanza allo straniero proveniente da uno Stato non appartenente all’Unione Europea;
- dell’estensione anche a questa categoria di stranieri del diverso presupposto per la concessione della cittadinanza della residenza legale sul territorio ininterrotta per 5 anni, previsto con riferimento a ben tre categorie di stranieri nella legge 91/1992: oltre ai cittadini di Stati extraeuropei maggiorenni adottati da cittadino italiano (l’ipotesi di cui all’art. 9 comma 1 lettera b), la disposizione su cui incide il “ritaglio” dell’abrogazione referendaria), anche gli apolidi (art. 9, comma 1, lett. E) e i cittadini di Stati extraeuropei cui è riconosciuto lo stato di rifugiato (art. 16, comma 2)[15]
Tale modifica non va in alcun modo ad incidere sulla caratterizzazione della concessione della cittadinanza come potere discrezionale dello Stato nei termini già chiariti: non è introdotto alcun diritto soggettivo dello straniero legalmente residente per cinque anni sul territorio all’acquisizione della cittadinanza italiana. Permangono altresì gli ulteriori requisiti di ammissibilità della richiesta di naturalizzazione già esaminati: residenza legale ininterrotta, reddito adeguato, conoscenza della lingua italiana, assenza di precedenti penali e di pericolosità sociale.
L’abrogazione referendaria, pertanto, ha quale unico effetto di dimezzare il periodo di tempo trascorso il quale lo straniero proveniente da paesi extra europei e legalmente residente in Italia può richiedere la concessione della cittadinanza.
4. Per un esercizio consapevole del diritto di voto: le effettive tempistiche di concessione della cittadinanza e il contesto europeo
Un importante aspetto di cui occorre tener conto, ai fini di comprendere l’effettivo potenziale impatto dell’approvazione del referendum sulla cittadinanza, è rappresentato dalle tempistiche attualmente necessarie per il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione. Decorso il termine di 10 anni di residenza legale, dalla data di presentazione della domanda decorre poi il termine per la conclusione del procedimento previsto dall’art. 9 -ter della legge 91/1992, come modificato da ultimo dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130 (convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173), e fissato in ventiquattro mesi prorogabili fino al massimo di trentasei mesi (nel caso in cui l’istruttoria sulla sussistenza dei requisiti richieda tempi più tempo per la sua conclusione), dunque un termine particolarmente lungo. Peraltro, per le domande presentate prima dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 9-ter di cui al D.L. 130/2020, il termine si estende a quarantotto mesi (quattro anni), in forza della disciplina precedentemente vigente.[16]
Tali tempistiche non subirebbero alcuna modifica in forza dell’approvazione del referendum, che non incide sull’art. 9-ter.: anche in caso di effettivo dimezzamento del tempo di residenza minima sul territorio, l’effettivo riconoscimento della cittadinanza per lo straniero extracomunitario non interverrebbe, di fatto, che dopo sette o financo otto anni di residenza regolare sul territorio.[17]
Si deve ulteriormente tener conto del fatto che la previsione di un requisito di residenza minima di 10 anni per l’accesso alla cittadinanza colloca l’ordinamento italiano tra i Paesi europei con la legislazione più restrittiva in materia di naturalizzazione, accanto ad Austria, Lituania, Slovenia e Spagna; peraltro, significativa è la recente innovazione normativa operata dalla Germania, che ha ridotto il requisito della residenza da 8 a 5 anni.[18]
In relazione a tale contesto, lo strumento referendario, per quanto per sua natura affatto adatto a realizzare una riforma organica della disciplina della cittadinanza, riforma di cui peraltro è evidentemente sentita la necessità nel dibattito pubblico e politico (ne può essere ritenuta segnale la recentissima approvazione del d.l. 28 marzo 2025, n. 36, pubblicato nella G.U. n. 73 del 28 marzo 2025, che introduce “disposizioni urgenti in materia di cittadinanza” e in particolare di trasmissione della cittadinanza iure sanguinis[19]), rappresenta tuttavia un importante mezzo, nell’inerzia del legislatore, per rinnovare l’ordinamento nazionale nella direzione di un adeguamento della disciplina agli standard europei, oltre che ad un contesto culturale e sociale nazionale profondamente mutato rispetto agli anni di approvazione della legge 91/1992.
[1] V. Ordinanza nr. 12/2024
[2] V. GU Serie Generale n.75 del 31-03-2025
[3] V. Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 1 comma 1 lett. a
[4] Cf. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova 19759, 125 s
[5] V. Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 5
[6] V. Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 3 comma 1
[7] V. Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 1 comma 1 lett. b
[8] Sul tema delle possibili declinazioni del requisito dello ius soli per l’acquisto della cittadinanza, v. ALESSIO RAUTI, Lo ius soli in Italia: alla vigilia di una possibile svolta?, in Rivista AIC, 2017, n. 3
[9] Cfr. CHIARA CUDIA, Acquisto della cittadinanza per naturalizzazione e questioni di giurisdizione: alla ricerca della legalità sopita”, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2022, n. 2
[10] Come chiarito da Cass. civ., SU, 21 ottobre 2021, n. 29297
[11] Cfr. IRENE MARCONI, Cosa significa cittadinanza per naturalizzazione in Italia, https://www.altalex.com/, 15/10/2019
[12] Ex multis, Cons. St., sez. III, 14 maggio 2019, n. 3121
[13] V. Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 6 comma 1 lett. c)
[14] Cfr. IRENE MARCONI, Cosa significa cittadinanza per naturalizzazione in Italia, cit.
[15] Cfr. PAOLO BONETTI, Il referendum popolare abrogativo in materia di cittadinanza italiana: ammissibilità e significato costituzionali, in Osservatorio Costituzionale, 2025, n. 3
[16] Cfr. http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it
[17] Cfr. ALBERTO GUARISO, Il referendum sulla cittadinanza, https://www.questionegiustizia.it/, 24/04/2025
[18] Cfr. LORENZO PICCOLI e altri, Il referendum sulla cittadinanza in Italia: un’opportunità per allinearsi all’Europa, https://firenze.repubblica.it/, 27/05/2025
[19] Cfr. VINCENZO ANTONIO POSO, Il referendum sulla cittadinanza. Intervista di Vincenzo Antonio Poso a Francesca Biondi Dal Monte e Giacomo D’Amico, 22/05/2025.
Tutti i contributi sul referendum del 8-9 giugno 2025 si possono trovare qui.