Il passaggio dalla requisitoria orale a quella, di regola, scritta consente alla Procura Generale di lasciare sistematicamente una traccia del suo orientamento sulle diverse questioni, pur con le difficoltà di conciliare uniformità di indirizzo dell’Ufficio e autonomia dei Sostituti Procuratori Generali.
È un cambiamento di prospettiva che amplifica il contributo nomofilattico dell’Ufficio requirente.
Si tratta di un'opportunità, come spesso avviene, nata dalla drammatica necessità dell’emergenza pandemica, che va sfruttata al meglio. Occorre, infatti, che questi contributi interpretativi non siano circoscritti nella fruizione al solo Collegio del singolo procedimento ma, oltre che per esigenze di coerenza interna dell’Ufficio e di ineludibile dialettica processuale, anche per opportune trasparenza e informazione degli Uffici giudiziari e degli Avvocati, inserite nelle banche dati di fruizione pubblica, quanto meno per le requisitorie che hanno rilevanza nomofilattica o che riguardano casi di rilievo sociale, da collegarsi alle sentenze che decidono sul ricorso.
La separazione delle carriere in atto, frutto dell’intervento già operato sull’art. 13 del d.lgs. n. 160/2006 da parte dell’art. 12 della legge n. 71 del 2022 deve mettere la magistratura in allarme rispetto al destino della Procura Generale. Il suo profilo ordinamentale rischia di allontanarsi dal modello dell'Avvocato Generale delle Corte di giustizia dell'UE, ridimensionando tanto il suo contributo alla nomofilachia quanto la sua funzione di tutela del cittadino nel giudizio di ultima istanza, per trasformarla in un pubblico ministero nel terzo grado. Occorre resistere a questa involuzione e ribadire la necessità, per garantire la maggiore ricchezza di esperienze professionali di legittimità, di garantire sul piano ordinamentale una permanente circolarità di funzioni, non solo tra quelle di merito e di legittimità, ma anche tra funzioni di legittimità giudicanti e requirenti.
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