Per non dimenticare Palermo. Ricostruire il dialogo fra i giudici di merito e di legittimità di Roberto Conti
Il ruolo della Corte di cassazione rispetto al giudice di merito è strettamente connesso al tema oggetto del convegno, appunto collegato alla tutela dei diritti.
La prospettiva che tende ad “isolare” la Corte di cassazione in un ambito estraneo a quello della giustizia di merito mi sembra emergere da diversi indicatori, più o meno evidenti e percepiti, univoca e pare a me pericolosissima sia sul piano interno che su quello esterno.
Da un lato tende ad enfatizzare una diversità “di casta” fra merito e legittimità che chi vive in Corte sa non esistere. Prospettiva che, invece, viene da più parti enfatizzata e cavalcata per creare frizioni, muri e contrapposizioni e con esse idee di supremazia della Corte e di subordinazione del giudice di merito.
Dall’altro, può instillare nella collettività l’idea che in Corte si troverà un giudice a Berlino capace di rivoltare il verdetto dei giudici “minori” o, al contrario, quella di un giudice che, nel ribaltare le sofferte e laboriose decisioni di merito, imbracci con troppa leggerezza la clava, dimenticandosi della concretezza delle vicende spesso dolorose.
Troppo e troppo spesso la visione offerta, anche a livello associativo, della Corte di cassazione è risultata sbiadita e poco attenta, a mio avviso, a segnarne e sottolinearne il ruolo e la valenza di sistema per la tutela dei diritti delle persone. Dibattito che quando si comincia a ragionare sul ruolo della Corte di Cassazione sembra non affascinare affatto il merito, a volte più favorevole a guardare alla Cassazione o come mera banca dati o come giudice che dall’alto cassa, dispensando le proprie pillole di saggezza, peraltro spesse volte dimostrative di vere e proprie “cappellate”- uso l’espressione che un accademico ha utilizzato in un recente convegno della formazione decentrata sotto il tetto dell’Aula magna della Corte di cassazione -.
La prospettiva che credo anche Area debba intraprendere sia quella di “portare la Corte” nelle corti di merito, farne conoscere il modo con il quale opera, segnalare le linee portanti del proprio “fare nomofilachia” e al contempo portare dentro la Corte i dubbi e le incertezze che la giurisprudenza di legittimità produce nell’operare concreto dei giudici di merito.
Riattivare un dialogo fra merito e legittimità mi pare oggi essenziale per realizzare quello che è e deve essere il comune obiettivo, teso a rendere una giustizia che sia celere tanto quanto inscindibilmente collegata alla protezione dei diritti della persona.
In questa prospettiva l’introduzione di due recenti strumenti della revisione dei giudicati penali (628 bis cpp) e della revocazione del giudicato in materia civile per contrasto con parametri convenzionali accertati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (391 quater cpc) mi pare sia una spia di quanto questo ragionare comune fra merito e legittimità sia assolutamente imprescindibile per condividere una cultura dei diritti che deve camminare insieme a quella della tempestività, efficacia e effettività delle tutele.
Il “rischio” – o, forse, l’opportunità - che i giudicati interni, di merito e di legittimità, possano essere rivisti e rivisitati per effetto delle violazioni convenzionali, sia civili che penali, rende ancora di più necessario un passo in avanti della Corte di cassazione, in una prospettiva che il dialogo a distanza voluto dal legislatore della riforma processuale civile con l’introduzione del rinvio pregiudiziale alla Corte da parte del giudice di merito (art.363 bis c.p.c.- possa essere appieno compreso in tutte la sua ricchezza e le sue potenzialità.
Ciò in una prospettiva tesa non già a favorire l’idea della sovraordinazione piramidale della giustizia e dunque della Corte, quanto quella della fiducia reciproca e cooperazione che può rendere al meglio i suoi frutti se si approfondiscono in una chiava di crescita comune le conoscenze tanto delle tecnicalità quanto dei rispettivi ruoli di sostanza.
Nel settore civile lo strumento del rinvio pregiudiziale del giudice di merito alla Corte di cassazione, sul quale ci si è soffermati in diverse occasioni ed in modo più completo, sembra dunque costituire uno strumento di grande utilità per rafforzare il legale ed il dialogo fra merito e legittimità, facendolo uscire dalle sacche aride del suprematismo giudiziario della Cassazione sul merito ed invece conducendo per mano i protagonisti verso un esercizio della giurisdizione sempre più carico di contenuti, sempre più cooperante e collaborativo, al netto delle caratteristiche proprie del merito e della legittimità che rimangono inalterate.
Il diritto è un fenomeno in continuo movimento. È la carnalità delle vicende che lo rende a seconda dei casi interessante piacevole sgradevole o orrendo ma questo è. Appunto lo specchio di quella carnalità o di quel fango di cui parla Paolo Grossi: Spicca qui tutta l’insoddisfazione pos-moderna per l’astrattezza, per il lavorare unicamente su dei semplici modelli; e spicca, in positivo, l’esigenza di calarsi nel folto dell’esistenza quotidiana del quisquis de populo, tra i fatti, che saranno pure un fango ma che è il fango nel quale il cittadino – soprattutto il più debole – è immerso. L’attenzione per la fangosità dei fatti ha un significato profondo: è il ritrovare la storicità dell’uomo e del diritto, facendo di essa il perno attorno a cui deve modellarsi l’intiero ordine giuridico. Solo in tal modo si rende veramente il diritto una reale e imprescindibile risorsa dell’uomo concreto.
Ora, questo essere del diritto che sembra tarato sul giudice di merito lo è, a ben considerare, per l’intera giurisdizione ordinaria ed anche per quella di legittimità, proprio a causa e per effetto della necessità di salvaguardare e fornire sempre maggiore tutela alla persona ed ai suoi diritti.
In questa prospettiva, l’avvento della tutela di beni e valori considerati primari- solo per fare un esempio, il superiore interesse del minore- conduce spesso la Corte di cassazione a valutare in modo particolarmente accentuato l’attività valutativa del giudice di merito, anche per effetto di orientamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo che impongono allo Stato ed ai suoi organi di salvaguardare in maniera effettiva i diritti in gioco. Basti pensare agli obblighi positivi di protezione di matrice convenzionale, che compiano ripetutamente nella giurisprudenza convenzionale e che hanno contribuito a realizzare tutele più forti in ambito nazionale soprattutto nei confronti dei soggetti fragili e vulnerabili. Tutto questo deve essere compreso dal giudice di merito in modo che esso non appaia una indebita intrusione ma, piuttosto, la necessaria risposta del sistema giudiziario alla centralità dei diritti che spesso campeggia nelle controversie.
In questa prospettiva di cooperazione sembra utile favorire un interscambio continuo e periodico fra Cassazione e merito anche sulle giurisprudenze sovranazionali, avendo la Corte di cassazione un gruppo specificamente costituito per monitorare la giurisprudenza interna e quella sovranazionale in tema di protezione dei diritti umani, costituito pionieristicamente alcuni anni fa.
Il gruppo del protocollo di dialogo con la Corte edu va diffuso e disseminato, quanto all’attività che svolge, ancora una volta non in una prospettiva bieca e chiusa di tentativo di sovraordinazione della Corte sul merito, ma di aperta condivisione di materiali , osservazioni e riflessioni che riguardano soprattutto e prima di tutto il merito
Palermo può dunque rappresentare l’occasione perchè la Corte di Cassazione sia compresa dal giudice di merito, nel senso di essere capita ma anche di essere considerata parte della giurisdizione che vive anche e soprattutto nel giudice di merito.
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