Sommario: 1. Principi generali - 2. Le modifiche apportate dal d.l. n. 48/2023, convertito con modificazioni dalla l. n. 85/2023 – 3. Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale – 4. Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - 5. L’aumento delle ammende in materia di sicurezza sul lavoro.
Questo contributo è parte dell'approfondimento in tema di infortuni inaugurato su questa Rivista il 1° marzo 2024 (v. L'emergenza nazionale degli infortuni sul lavoro e la risposta delle istituzioni: uno sguardo di insieme di Maria Laura Paesano, Le indagini in materia antinfortunistica e la sensibilità del pubblico ministero di Giuseppe de Falco).
1. Principi generali.
La sicurezza sul lavoro costituisce un aspetto essenziale per ogni organizzazione aziendale e non è un caso se il legislatore è intervenuto diverse volte per trattare questa materia, effettuando di volta in volta delle integrazioni.
Un riferimento normativo fondamentale è rappresentato dal Testo Unico sulla Sicurezza (d.lgs. n. 81/2008), un documento redatto dal governo, in particolare dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In un unico testo sono presenti le norme relative alla sorveglianza sanitaria, alla prevenzione nei luoghi di lavoro, alla segnaletica di sicurezza e ai rischi generici, ad esempio la prevenzione degli incendi e le misure di primo soccorso.
Prima e dopo questa legge, tuttavia, vari interventi legislativi, a livello nazionale e comunitario (è il caso di un regolamento e una direttiva dell’UE, dunque da parte della Commissione Europea), hanno inserito dei tasselli importanti per disciplinare la sicurezza dei lavoratori operanti nelle imprese e garantirne i diritti.
L’art. 2087 c.c. costituisce il primo riferimento normativo in merito alla sicurezza sul lavoro. Tale articolo obbliga il datore di lavoro ad “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Da questo riferimento codicistico risalta un aspetto interessante: le misure che dovrà adottare il datore di lavoro per garantire sicurezza dei suoi dipendenti dipendono dalla particolarità del lavoro (la specifica attività svolta), l’esperienza (il numero di anni che vede i dipendenti impegnati in una certa mansione) e la tecnica (il livello di progresso tecnologico raggiunto in ambito di sicurezza del lavoro).
L’impulso ad introdurre innovazioni ancor più rilevanti sul piano della prevenzione è venuto dalla normativa euro unitaria. Dopo l’emanazione di Programmi d’azione e la creazione di un Comitato consultivo, e dopo le prime direttive degli anni ’70 e ’80, la Comunità europea è intervenuta in modo massiccio e rilevante sul tema della salute e sicurezza del lavoro in seguito all’introduzione nel Trattato originario dell’art. 118 A, che consentiva al Consiglio di deliberare in materia a maggioranza qualificata, e non più solo all’unanimità. Su questa nuova base, pur tra tante discussioni e difficoltà, sono state emanate una direttiva “madre”, la 89/391, di carattere generale, e varie direttiva “figlie”, di carattere specifico, recepite nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, successivamente integrato e modificato. La direttiva madre detta il quadro fondamentale in cui sono destinati ad inserirsi i futuri ulteriori interventi. Dalla espressione, rinvenibile nel Preambolo, per la quale il perseguimento delle finalità perseguite dalla direttiva non può essere condizionato da considerazioni di carattere esclusivamente economico viene tratta la conseguenza del valore relativamente autonomo dell’obiettivo del miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori rispetto al generale principio di libertà di iniziativa economica, estrinsecato nelle specifiche regole sulla libertà di circolazione (delle merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali), di stabilimento e di concorrenza. La direttiva stessa delineava gli obblighi dei datori di lavoro in materia in maniera molto ambia e generale, senza esenzioni in relazione alla dimensione dell’impresa, ed intendeva accollarli agli stessi personalmente, con restrizione della possibilità di delega60. La recezione nel nostro Paese delle direttive comunitarie in materia di sicurezza è stata incerta, problematica, affidata ad interventi successivi nel tempo, complicata dall’esigenza di dare attuazione a nuove direttive ed a sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia61. È indubbio, tuttavia, che il quadro normativo che ne è derivato innovava notevolmente quello precedente ed era dotato di vari strumenti volti a dare effettività alle tutele di prevenzione. Il problema, se mai, era quello di un pronto e completo loro utilizzo. Le novità più significative di questa normativa costituite dall’obbligo imposto alle imprese di adottare un documento, da aggiornarsi periodicamente, che valutasse i rischi esistenti, individuasse le conseguenti misure prevenzionistiche e programmasse la loro attuazione (art. 4 del d.lgs. n. 626/1994); le imprese, poi, dovevano dotarsi di un servizio di prevenzione e protezione (artt. 8 e 9) e di un medico competente per la sorveglianza sanitaria (artt. 16 e 17); era prevista la nomina da parte dei lavoratori di un rappresentante per la sicurezza, cui si attribuivano ampli poteri di accesso, ispezione e controllo, nonché varie garanzie (artt. 18 e 19); si incrementavano le ipotesi di informazione e formazione dei lavoratori in materia di sicurezza (artt. 21 e 22); si individuavano le responsabilità del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori (artt. 4 ss.) e si dettavano varie regole sui luoghi di lavoro (artt. 30 ss.), sull’uso delle attrezzature di lavoro (artt. 34 ss.), sull’uso dei dispositivi di protezione individuali (artt. 40 ss.), sulla movimentazione manuale dei carichi (artt. 47 ss.), sull’uso di attrezzature munite di videoterminali (artt. 50 ss.), sulla protezione da agenti cancerogeni (artt. 60 ss.) e biologici (artt. 73 ss.), si riformava il sistema delle sanzioni (artt. 89 ss.).
La prevenzione quale stella polare dell’aspetto dell’organizzazione del lavoro è presa in considerazione anche dal d.lgs. n. 81/2008.
Individuare le misure contemplate da tale provvedimento normativo per la sicurezza nelle aziende e dei relativi vantaggi non è semplice, in quanto abbastanza numerose.
Possiamo però citare le principali misure applicate non solo ai dipendenti, sia privati che pubblici (inclusi quelli della scuola, delle università e di altri enti di diritto pubblico o soggetti amministrativi pubblici equivalenti), ma anche a quei lavoratori autonomi che, in determinate situazioni, si ritrovano a lavorare all’interno di una certa azienda: valutazione del rischio (o dei rischi) relativamente a ciascuna attività dei lavoratori; gestione, amministrazione e riduzione dei rischi, anche mediante apposito servizio di prevenzione (ivi incluse tutte le prescrizioni di legge relative, per esempio, alla stesura del DVR, alla nomina e alla formazione di RSPP e ASPP, ai controlli e alle ispezioni da attuarsi in specifici casi e circostanze, e così via); attenzione particolare nell’utilizzo di agenti fisici, chimici e biologici negli ambienti di lavoro (compreso ogni tipo di ufficio) al fine di implementare ogni protocollo necessario a prevenire incidenti e a mantenere la piena agibilità degli ambienti, a garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori e di chiunque dovesse trovarsi nei medesimi ambienti di lavoro; controllo sanitario degli operatori; formazione specifica per lavoratori, preposti, dirigenti e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; aggiornamento dei soggetti elencati nel punto precedente attraverso approfondimenti in conformità alle modifiche della legislazione sulla sicurezza del lavoro.
Tutto ciò è finalizzato alla diminuzione del bilancio degli infortuni sul lavoro. Il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro contiene concetti quali l’obbligo della valutazione dei rischi: è il datore di lavoro il soggetto responsabile delle norme di sicurezza.
In tema di prevenzione e protezione per la corretta applicazione delle norme in vigore si rammentano: macchine e attrezzature di lavoro: l’utilizzo da parte dei lavoratori deve essere oggetto di specifica valutazione dei rischi, in relazione alle effettive condizioni d’uso (Titolo III del d.lgs. n. 81/2008), inoltre deve essere garantita la corretta manutenzione conformemente alle indicazioni dei fabbricanti ed alle norme tecniche di riferimento. Il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza (recepimento delle Direttive Ue, es. Direttiva Macchine) è condizione necessaria per la messa sul mercato, ma il datore di lavoro dell’impresa utilizzatrice è responsabile della valutazione del rischio; formazione e aggiornamento: lavoratori, preposti e dirigenti devono ricevere la formazione e l’aggiornamento periodici conformemente all’art. 37 del d.lgs. n. 81/2008 ed agli Accordi Stato-Regioni in vigore.
Il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro passa anche attraverso il corretto indirizzo dei comportamenti dei lavoratori, che devono applicare correttamente le procedure di lavoro, segnalare i fattori di rischio, collaborare alla adozione delle misure di prevenzione e protezione in maniera attiva; controllo sul rispetto degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro: nell’ambito del modello di organizzazione e gestione (art. 30 del d.lgs. n. 81/2008, che riporta anche i riferimenti alle sanzioni disciplinari), il datore di lavoro e i dirigenti devono impostare il controllo sul rispetto degli obblighi in capo a lavoratori (art. 20 del d.lgs. n. 81/2008) e preposti (art. 19 del d.lgs. s. n. 81/2008). I datori di lavoro e dirigenti, in difetto di questa vigilanza, rispondono anche degli eventi “addebitabili unicamente” a lavoratori e preposti (art. 18, comma 3 bis, del d.lgs. n. 81/2008).
Lavori in appalto: il datore di lavoro committente deve valutare i rischi da interferenze dovuti dalla presenza di imprese appaltatrici in azienda (art. 26 del d.lgs. n. 81/2008). Nei cantieri edili vale il Titolo IV.
La chiave per la gestione di questi aspetti è la valutazione dei rischi (art. 28 e 29 del d.lgs. n. 81/2008) che viene presidiata dagli RSPP e che deve riguardare tutti i rischi legati alle mansioni svolte dai lavoratori, compresi: rischi di natura psicosociale (stress lavoro-correlato); rischi legati al lavoro agile (l. n. 81/2017), con una attenzione specifica alla formazione ed alla informativa; aspetti connessi alla travel safety & security, per la salute e sicurezza dei lavoratori che viaggiano; rischio incendio; rischi legati ai luoghi di lavoro (compresi gli spazi confinati); rischi per le lavoratrici gestanti e puerpere (decreto n. 151/2001); rischio da Incidente rilevante (per le imprese che rientrano nel campo di applicazione del decreto n. 105/2015); rischi legati alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro (art. 28 del d.lgs. n. 81/2008);
Una delle misure generali più importanti introdotte dal Testo Unico è rappresentata dalla valutazione dei rischi. La legge fa riferimento anche ai rischi particolari cui sono esposti gli addetti ai lavori, come il rischio da stress correlato.
A tal riguardo, uno degli obblighi previsti dall’intervento legislativo più volte citato è la redazione di una particolare documentazione: il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi).
Il modello tipico di questa sorta di manuale contiene i seguenti elementi: la relazione sulla valutazione dei rischi, in cui sono indicati i criteri adottati per stabilire le misure di protezione e prevenzione implementate (per esempio nella prevenzione incendi) e i dispositivi di protezione utilizzati; il programma delle procedure da adottare per migliorare i livelli di sicurezza delle strutture e infrastrutture aziendali; l’individuazione delle mansioni cui sono correlati rischi specifici, legate ad esempio all’utilizzo di impianti o particolari attrezzature, come particolari tipologie di sostegno per i lavoratori che operano sui cantieri costruiti per gli edifici: si tratta, nello specifico, di situazioni notoriamente a rischio che necessitano di maggiori investimenti da parte dell’azienda affinché le attività di costruzione, manutenzione e riparazione avvengano senza alcun inconveniente.
La responsabilità della redazione del DVR è del datore di lavoro, il quale spesso non ha i requisiti e la competenza professionale per metterlo a punto. Per questo egli può chiedere la consulenza di esperti, e il più delle volte il Documento è redatto in collaborazione con il RSPP e il medico competente (quando necessario), oltre che con l’assistenza del RLS.
Il DVR, per i fini specifici del servizio di prevenzione e protezione, va sottoposto a periodici aggiornamenti, secondo le disposizioni di legge. Il mancato aggiornamento del DVR, oltre a renderlo potenzialmente datato e inutile rispetto alle esigenze dell’azienda, comporta responsabilità anche molto gravi in capo al datore di lavoro.
RSPP, RLS e medico competente sono tre figure previste dal Testo Unico e che supportano il datore di lavoro svolgendo funzioni differenti, a garanzia della corretta implementazione delle norme in materia di sicurezza e a sostegno appunto della figura del datore di lavoro. Spesso, RSPP, RLS e medico competente lavorano a stretto contatto sia tra loro che con il relativo datore di lavoro, per esempio nel contesto della riunione periodica sulla prevenzione e sulla sicurezza aziendale.
Il primo è nominato dal datore di lavoro e svolge essenzialmente compiti di prevenzione e protezione dai rischi, individuandone i fattori ed elaborando procedure di sicurezza.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza, eletto direttamente dai lavoratori o individuato in un ambito del territorio, svolge diverse mansioni: si rivolge alle autorità competenti quando le misure adottate in azienda non sono conformi a garantire la sicurezza, riceve le informazioni dagli organi di vigilanza, può esprimere un consiglio in merito alla valutazione dei rischi.
Il medico competente svolge la funzione di sorveglianza sanitaria quando questa è prevista dalla legge.
2. Le modifiche apportate dal d.l. n. 48/2023, convertito con modificazioni dalla l. n. 85/2023
L’INAIL ha pubblicato nel gennaio 2023 i dati provvisori degli infortuni sul lavoro occorsi nell’anno precedente.
Realisticamente va detto che, ai numeri ufficiali dell’Istituto, vanno purtroppo aggiunti anche quelli relativi agli infortuni subiti dai lavoratori “in nero” che, molto spesso, non vengono neppure denunciati.
Il raffronto tra i dati del 2021 e del 2022 va fatto, dunque, con molta prudenza anche perché l’emergenza sanitaria da Covid-19 ne ha fortemente condizionato l’andamento infortunistico.
Fatta questa necessaria premessa, si evidenzia come nel 2022, rispetto all’anno precedente, si registri un aumento pari al 25,7% delle denunce di infortunio; tale incremento è conseguente tanto al più elevato numero di denunce infortunio da Covid-19 registrate, quanto dalla crescita degli infortuni “tradizionali” (sia in occasione di lavoro che in itinere). Per quanto riguarda le differenze di genere, i dati mostrano una maggiore incidenza degli eventi occorsi alle lavoratrici (+50,4% di quelli in occasioni di lavoro) rispetto a quelli denunciati per i maschi (+16,4% di quelli in occasioni di lavoro).
In compenso, nel 2022 si è assistito ad un lieve calo generale degli infortuni con esito mortale (-10,7%) dovuto soprattutto alla ridotta incidenza delle morti da contagio Covid-19 parzialmente vanificato, tuttavia, da un deciso incremento dei decessi in itinere (+21% rispetto al 2021).
Con la finalità di migliorare questo deprecabile fenomeno degli infortuni sul lavoro, il Governo è recentemente intervenuto approntando una serie di modifiche al d.lgs. n. 81/2008 (Testo unico della sicurezza sul lavoro). Difatti, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto Lavoro (d.l. n. 48/2023, convertito con modificazioni dalla l. n. 85/2023) sono state introdotte alcune rilevanti novità sotto il profilo prevenzionistico. Qui di seguito si riportano le principali misure previste nel provvedimento: --a) l’obbligo di nomina del medico competente e l’estensione della sorveglianza sanitaria anche nei casi individuati dalla valutazione dei rischi (art. 18, co. 1, lett a) TUSL); --b) l’estensione degli obblighi di tutela a favore dei lavoratori autonomi e dei componenti dell’impresa familiare che, adesso, devono utilizzare le opere provvisionali in conformità alle disposizioni del titolo IV (cantieri mobili e temporanei), fermo restando che le attrezzature di lavoro devono essere utilizzate secondo quanto previsto dal titolo III (art. 21, co. 1, lett. a) TUSL); --c) il medico competente deve adesso richiedere al lavoratore la cartella sanitaria rilasciata dal precedente datore di lavoro e deve tenerne conto ai fini della formulazione del primo giudizio di idoneità dopo l’assunzione (art. 25, co.1, lett. e-bis) TUSL); --d) il medico competente, in caso di suo impedimento per gravi motivi, deve comunicare per iscritto al datore di lavoro il nome di un suo sostituto in possesso dei previsti requisiti per l’esercizio della funzione in sua assenza (art. 25, co. 1, n-bis) TUSL); --e) il datore di lavoro che usi personalmente attrezzature che richiedano conoscenze o responsabilità particolari, deve provvedere alla propria formazione e al proprio addestramento, fermo restando i casi in cui deve possedere l’abilitazione (art. 73, co. 4-bis) TUSL). Quest’obbligo è stato presidiato da un’apposita sanzione che prevede l’arresto da 3 a 6 mesi o l’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro a carico del contravventore (art. 87, co. 2, TUSL); --f) gli enti pubblici e privati devono condividere con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e rendere accessibili anche alla Guardia di Finanza i dati in loro possesso sui fattori di rischio riguardanti la salute e sicurezza del lavoro, di lavoro irregolare e di evasione od omissione contributiva; --g) è istituito un fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni occorsi durante i percorsi di alternanza scuola-lavoro, che deve essere coerente con il corso di studi seguito nonché avvenire presso imprese iscritte al relativo registro istituito presso il Ministero dell’istruzione e che abbiano aggiornato il proprio DVR con una sezione specifica relativa alle misure di prevenzione e ai DPI da adottare nei confronti degli studenti; --h) è istituita una tutela assicurativa sperimentale per studenti e docenti impegnati in attività formative; --i) nella Regione Sicilia e nelle Province autonome di Trento e Bolzano l’INL potrà impiegare proprio personale ispettivo anche per svolgere funzioni di polizia giudiziaria in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Le suddette misure vanno ad aggiungersi alle non meno importanti novità apportate al TUSL poco meno di due anni fa per mezzo del D.L. n. 146/2021 (conv. in l. n. 215/2021), cambiamenti che hanno significativamente modificato l’organizzazione dei controlli sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro attribuendo, di fatto, all’INL un ruolo ancor più importante rispetto al passato.
3. Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Uno dei più efficaci provvedimenti per contrastare le irregolarità prevenzionistiche riscontrate dal personale ispettivo sui luoghi di lavoro è rappresentato dal provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale previsto dall’art. 14, del d.lgs. n. 81/2008.
Questo provvedimento è stato introdotto nel 2006 con la finalità di reprimere il lavoro sommerso ed assicurare così una più efficace azione di prevenzione degli infortuni sul lavoro. La constatazione dalla quale il Legislatore, difatti, ha tratto spunto è che l’integrità psico-fisica dei lavoratori possa essere garantita soltanto se alla base vi sia un’assunzione regolare, giacché il personale irregolarmente assunto non è stato verosimilmente addestrato ed informato sui pericoli che caratterizzano l’attività svolta.
Sono legittimati a adottare il provvedimento in questione: --a) il personale ispettivo dell’INL (compresi i carabinieri del NIL), tanto nell’ipotesi di presenza di lavoratori irregolari quanto nell’ipotesi di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro (il D.L. n. 146/2021 ha previsto che la competenza del personale ispettivo dell’INL fosse estesa a tutti i settori produttivi); --b) il personale delle Aziende sanitarie locali, limitatamente alla accertata presenza sui luoghi di lavoro di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro; --c) il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, che ha competenza esclusiva e limitata alle violazioni in materia di prevenzione incendi.
Il provvedimento va adottato in tutti i casi in cui sia accertata - nell’unità produttiva ispezionata - una delle seguenti situazioni: --a) impiego di personale irregolare in misura pari o superiore al 10% del totale dei lavoratori regolarmente occupati; --b) gravi violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate dall’allegato I del medesimo TUSL.
A quest’ultimo riguardo, la l. n. 215/2021 ha previsto che il provvedimento cautelare vada adottato ogniqualvolta venga accertata una delle tredici violazioni-presupposto tassativamente previste nel riformulato Allegato I del TUSL.
Sotto il profilo soggettivo, questo provvedimento è destinato essenzialmente ai datori di lavoro che rivestono la qualifica d’imprenditore ai sensi degli artt. 2082 e/o 2083 c.c.
Sempre in ordine all’ambito applicativo, è stato confermato che il provvedimento interdittivo non possa essere adottato nel caso in cui il lavoratore "in nero" risulti l'unico occupato dall'impresa (c.d. microimpresa). In tali circostanze gli organi di vigilanza, in via cautelare, potranno disporre l’allontanamento del lavoratore fino a quando il datore di lavoro non abbia provveduto a regolarizzarlo, anche e soprattutto sotto il profilo della sicurezza.
A tal proposito, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro - in risposta ad un quesito dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Roma e dopo aver sentito il parere del Ministero del lavoro – interpretando restrittivamente la norma ha chiarito che tale immunità non riguarda, tuttavia, la microimpresa nella quale sia occupato un dipendente in “nero” e che, allo stesso tempo, integri una delle gravi violazioni di natura prevenzionistica indicate nell’ Allegato I del d.lgs. n. 81/2008, ivi compresa la mancanza del Documento di valutazione dei rischi (DVR) o della nomina del Responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP) che, da sole, sono sufficienti a giustificare l’adozione del provvedimento interdittivo (V. Lippolis, Sicurezza sul lavoro: cambiano regole e controlli contro gli infortuni, in https://www.dottrinalavoro.it).
L’eccezione normativa legata al requisito dimensionale, pertanto, riguarda soltanto la microimpresa che eventualmente occupi lavoratori irregolari senza integrare alcuna delle gravi violazioni previste dall’All. I del TUSL (INL, nota n. 162 del 24 gennaio 2023).
È stato appena pubblicato dall’INL il “Rapporto annuale delle attività di tutela e vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale 2022”. Dalla lettura dei dati aggregati contenuti nel documento emerge che, nel corso dell’anno 2022, su oltre 82mila ispezioni effettuate, ben il 72% dei datori di lavoro sia risultato irregolare ai controlli. Inoltre, sono stati tutelati dall’Agenzia quasi 110mila lavoratori e per circa un quarto di questi sono state riscontrate violazioni relative alla salute e sicurezza. Il settore produttivo con la maggior incidenza di violazioni prevenzionistiche è stato quello edile con oltre la metà di tutte le violazioni accertate.
Relativamente al totale delle violazioni penali di tipo prevenzionistico contestate dall’INL, quelle che fanno riferimento al campo di applicazione del D.Lgs. n. 81/2008, risultano pari a 24.980 e sono riconducibili principalmente alle violazioni in tema di formazione ed informazione (4765 violazioni accertate) ed alla sorveglianza sanitaria (4.419 violazioni accertate) Del totale delle violazioni accertate, è preoccupante constatare come il 22% di esse abbia riguardato il gravissimo rischio di caduta dall’alto.
Analizzando, infine, i dati relativi ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale adottati ai sensi dell’art. 14, del d.lgs. n. 81/2008 si può rilevare che il 34% dei provvedimenti cautelarti è stato adottato a fronte di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro consentendo, per effetto della prevista procedura di revoca, l’eliminazione delle violazioni accertate.
Dalle informazioni sopra riportate si desume in modo evidente come l'attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro sia estremamente incisiva. Tuttavia, per prevenire gli infortuni, non sono sufficienti soltanto i controlli e le sanzioni perché occorre che tutti i soggetti coinvolti si smarchino dal tradizionale approccio burocratico/normativo per approdare ad un più efficace ed efficiente approccio culturale di tipo “generativo” nel quale la sicurezza diventa una parte integrante del modo di operare.
4. I nuovi poteri di disposizione degli ispettori del lavoro: più tutele per i lavoratori.
La legge di conversione n. 120/2020 del d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni) ha integralmente sostituito l'art. 14 d.lgs. n. 124/2004 ampliando l'ambito applicativo del potere di disposizione degli ispettori del lavoro. Il personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro potrà quindi ordinare al datore di lavoro di ripristinare la regolarità di un comportamento non sanzionato con una specifica sanzione penale o amministrativa. La novella consente pertanto di coprire tutte quelle violazioni in materia di lavoro e di legislazione sociale, non presidiate da sanzioni, ma che di fatto non tutelano i diritti dei lavoratori.
L'art. 12-bis del d.l. n. 76/2020, introdotto in sede di conversione dalla l. n. 120/2020, ha integralmente sostituito l'art. 14 del d.lgs. n. 124/2004 in materia di potere di disposizione degli ispettori del lavoro.
Il nuovo art. 14 afferma dunque che il personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro può adottare nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di disposizione, immediatamente esecutivo, in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano soggette a sanzioni penali o amministrative.
La nuova disposizione non elimina la previsione degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 520/1955 che stabilisce che le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di prevenzione infortuni sono esecutive. Sono parimenti esecutive, quando siano approvate dal capo dell'Ispettorato provinciale competente le disposizioni impartite dagli ispettori per l'applicazione di norme obbligatorie per cui sia attribuito all'Ispettorato dalle singole leggi un apprezzamento discrezionale.
Differente previsione è quella dell’art. 302-bis del d.lgs. n. 81/2008 (T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) che prevede che gli organi di vigilanza - quindi anche l'Asl - impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell'applicazione delle norme tecniche e delle buone prassi, laddove volontariamente adottate dal datore di lavoro e da questi espressamente richiamate in sede ispettiva, qualora ne riscontrino la non corretta adozione, e salvo che il fatto non costituisca reato.
Dunque, il potere di disposizione può essere esercitato da un lato nelle materie degli infortuni e sicurezza del lavoro; dall'altro nella materia del lavoro e della legislazione sociale. In quest'ultimo caso trova applicazione il novellato art. 14 d.lgs. n. 124/2004, la cui portata applicativa è molto ampia.
L'Ispettorato nazionale del lavoro con la circolare n. 5 del 30 settembre 2020 ha fornito le prime indicazioni per un corretto utilizzo del nuovo potere di disposizione da parte del personale ispettivo.
Innanzitutto, è opportuno precisare che il provvedimento di disposizione disciplinato dall'art. 14 cit. è prerogativa dell'ispettore del lavoro, diversamente da quello previsto dal T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che può essere esercitato anche dai funzionari dell'Asl.
In secondo luogo, la circolare delimita il campo di applicazione stabilendo che la disposizione è adottabile dagli ispettori del lavoro "in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e di legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative". Pertanto, l'esercizio del potere di disposizione è discrezionale nelle ipotesi di mancato rispetto sia di norme di legge sprovviste di una specifica sanzione, sia di norme del contratto collettivo applicato anche di fatto dal datore di lavoro. L'Ispettorato, invece, precisa che non appare opportuno il ricorso al potere di disposizione in riferimento ad obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti, non derivanti quindi dalla legge o da previsioni collettive fermo restando che, qualora tali obblighi abbiano natura patrimoniale, sussiste sempre la possibilità di ricorrere alla conciliazione monocratica o alla diffida accertativa.
Appare evidente, perciò, l'ampiezza del campo applicativo del potere di disposizione.
Si pensi, ad esempio, al caso dei lavoratori notturni (art. 1, c. 2, lett. e, d.lgs. n. 66/2003) che devono essere sottoposti a controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l'assenza di controindicazioni per la loro salute; gli ispettori potranno quindi disporre all'azienda l'adeguatezza del controllo sanitario in relazione al rischio a cui è esposto il lavoratore notturno. L'irregolarità riscontrata dall'ispettore, allora, non attiene alla violazione di una norma presidiata da sanzione, ma concerne la mancata tutela della salute del lavoratore.
In materia di collocamento obbligatorio, l'ispettore potrebbe ordinare al datore di lavoro la cessazione dello svolgimento di mansioni non compatibili con le minorazioni del lavoratore assunto obbligatoriamente (art. 10, c. 2, l. n. 68/1999).
Altra ipotesi è la concessione di un adeguato riposo compensativo durante il giorno per il lavoratore domestico che abbia espletato prestazioni lavorative notturne (art. 8, c. 2, l. n. 339/1958).
Il Tar Lobardia ha riconosciuto la legittimità dell'esercizio del potere di disposizione di cui all'art. 14 d.lgs. n. 124/2004 (Tar Lombardia, 28 marzo 2011, n. 830).
In particolare, è stata ritenuta legittima la disposizione dell'ispettore del lavoro con la quale si prescrive l'uso di un sistema meccanico di rilevamento delle presenze con indicazione degli orari di entrata e di uscita, al fine di consentire agli organi di controllo la verifica dell'osservanza della normativa in materia di orario di lavoro, con specifico riferimento al rispetto del riposo settimanale di 11 ore consecutive nell'arco di 24 ore e della pausa intermedia ogni 6 ore di lavoro, non rilevabile dal libro unico del lavoro.
Il decreto semplificazioni nulla innova sul versante dei ricorsi. Il datore di lavoro, pertanto, può esperire ricorso avvero il provvedimento di disposizione (che si ricorda è pur sempre un provvedimento amministrativo e come tale deve essere motivato) entro 15 giorni dalla notifica al direttore dell'Ispettorato territoriale del lavoro, il quale dovrà decidere entro i successivi 15 giorni. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto (c.d. silenzio-rigetto). Inoltre, il ricorso non sospende l'esecutività della disposizione.
Nei confronti del provvedimento è possibile ricorrere anche al tribunale amministrativo regionale solo per motivi di legittimità e non di opportunità; mentre è escluso che possano essere esperiti i rimedi degli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 124/2004.
Sul piano sanzionatorio, la mancata ottemperanza all'ordine di disposizione comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro, senza possibilità di applicare la procedura di diffida di cui all'art. 13 d.lgs. n. 124/2004. Ciò vuol dire che non troverà spazio il pagamento della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa; ma la sanzione in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 l. n. 689/1981 pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo; che, nel nostro caso, porterà la sanzione all'importo di euro 1.000 (ovvero il doppio del minimo).
Invece, per la mancata ottemperanza alla disposizione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 520/1955 - impartita in relazione alla materia della prevenzione degli infortuni o in relazione ad altre norme di legge per le quali è previsto un apprezzamento discrezionale da parte del personale ispettivo - trova applicazione la sanzione amministrativa da 512 a 2.580 euro o la pena dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda fino a 413 euro se l'inosservanza riguarda disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di sicurezza o igiene del lavoro.
5. L’aumento delle ammende in materia di sicurezza sul lavoro.
Le ammende e le sanzioni amministrative sono strumenti utilizzati dallo Stato e dalle autorità competenti per far rispettare leggi, regolamenti e norme. Servono a raggiungere diversi obiettivi, tra cui: - deterrenza: le sanzioni e le ammende hanno lo scopo di scoraggiare le persone dal commettere violazioni delle leggi o regolamenti. Sapendo che possono affrontare conseguenze finanziarie o legali per le loro azioni, le persone sono così più propense a rispettare le norme; - riparazione: in molti casi, vengono utilizzate per riparare i danni causati da un'azione illegale o inappropriata; - finanziamento pubblico: le ammende possono costituire una fonte di entrate per lo Stato o le autorità locali. Questi fondi possono essere utilizzati per finanziare servizi pubblici, progetti di infrastruttura o altre iniziative; - giustizia: le sanzioni servono anche a garantire che le persone rispondano delle loro azioni di fronte alla legge. Possono essere utilizzate per punire chiunque infranga le leggi o i regolamenti, assicurando che ci sia una conseguenza proporzionata all'illecito commesso;
- regolamentazione: le ammende possono essere utilizzate per regolare determinate attività economiche o comportamenti; - prevenzione: le sanzioni possono essere un mezzo per prevenire situazioni pericolose o comportamenti indesiderati.
L’art. 306, co. 4-bis del d.lgs. n. 81/2008 (TUSL) prevede che, ogni cinque anni, le ammende relative alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto stesso, nonché da atti aventi forza di legge, vadano indicizzate al costo della vita.
Pertanto, la D.G. per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del Ministero del Lavoro, dopo aver verificato che l’indice ISTAT dei prezzi al consumo ha complessivamente registrato nel quinquennio 2019-2023 un aumento pari al 15,9%, ha decretato un equivalente incremento di tutte le ammende e le sanzioni amministrative previste dal TUSL, nonché da atti aventi forza di legge.
Pertanto, le ammende riferite alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal d.lgs. n. 81/2008, nonché da atti aventi forza di legge, sono rivalutate nella misura del 15,9%. È quanto prevede il decreto n. 111 del 20 settembre 2023 a firma del Direttore Generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 242 del 16 ottobre 2023.
Si fa presente che l’incremento del 15,9% va calcolato sugli importi delle sanzioni vigenti al 30 giugno 2023 e, analogamente a quanto previsto nelle precedenti rivalutazioni, si applica esclusivamente alle ammende e alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per le violazioni commesse successivamente al 1° luglio 2023.
Si evidenzia che l’incremento in questione non si applica alle “somme aggiuntive” di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 81/2008 che occorre versare ai fini della revoca del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale. Difatti, come rammentato più volte dall’INL, tali somme non costituiscono propriamente una “sanzione” (V. Lippolis, Salute e sicurezza sul lavoro: aumentano sanzioni e ammende in caso di violazioni, in https://www.dottrinalavoro.it).
(Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/iloasiapacific/48895853102, ILO/M. Fossat)