Godwin Baxter, chirurgo visionario dal volto deforme, frutto di menomazioni cliniche ad opera del padre medico, sperimenta a sua volta nella giovane e gravida Victoria, morta suicida lanciandosi giù dal ponte di Londra, la sostituzione del cervello ormai inattivo con quello del suo feto, alimentandone la funzione con scariche elettriche rivitalizzanti e dando vita così a Bella Baxter, prototipo ibrido di una reviviscenza scientifica destinata però ad un percorso di crescita alla stessa stregua di un neonato. Adulato e insieme criticato dai suoi allievi, lo scienziato assegna al fido seguace Max McCandles lo studio e la cura dello sviluppo mentale di Bella, della quale il giovane medico finisce per invaghirsi accettando la proposta di Godwin di prenderla in sposa. A travolgere il programma subentra tuttavia lo spavaldo avvocato Duncan Wedderburn, fatuo gigolò avventuriero camuffato da professionista borghese, attratto dalle innocenti sensualità di Bella e che lei, seguendolo col tacito consenso di Godwin, usa come occasione di conoscenza del mondo. Per mare e per terra, da Lisbona ad Atene, fino ad Alessandria d’Egitto ed infine a Parigi dove Bella, già avviatasi nel suo itinerario evolutivo al sesso solitario e di coppia, si dà convinta alla prostituzione. Rapita da un ingenuo e altruistico ideale socialista ripudia Duncan, diventato frattanto ossessivamente geloso, e ne fugge via tornando a Londra dove, raggiunto Godwin ormai morente, artefice nelle more di un secondo trapianto di cervello nella giovane Felicity, diserta per la seconda volta le nozze con Max andando a convivere col ritrovato marito Alfie e finalmente scoprendo la ragione del suo suicidio - il proposito del coniuge di mutilarle i genitali per contenerne la sfrenatezza sessuale - che vendica, ormai da novello chirurgo, impiantando nel cranio del marito un cervello di capra.
Nell’orrido c’è il magnetismo dell’attrazione, nella provocazione il godimento perverso della sfida, che ambedue Lanthimos lancia in un intrigante condensato di bellezze e brutture, in un’Histoire d’O ribaltata, dove sottomissione e appagante umiliazione, in una nemesi di genere, sono inflitte agli uomini ad opera e al candido capriccio di una donna madre/figlia/compagna; da tutte loro insieme e al tempo stesso da nessuna di esse. La matura e pluritatuata tenutaria parigina, usuraria di passioni maschili, infatti è donna, come donne sono la prostituta socialista e la filosofeggiante Martha; femmine comprimarie di una vincente anarchia degli istinti che Lanthimos edifica al meglio esibendola nel felice annullamento di ogni intervallo razionale tra le prime pulsioni sessuali di Bella e il suo abbandonarsi ai furiosi sobbalzi dei plurimi amplessi; e ancora, tra il diffondersi delle prime note musicali, durante un più che convenzionale ed elegante convivio, e l’irrefrenabile suo bisogno di lasciarsi andare ad un ballo smodato, tanto eccessivo quanto meravigliosamente irriverente agli occhi del contesto.
Nel suo procedere per simboli e allegorie il film presenta a più riprese un quesito di comparazione tra mostruosità e fascino, tra carnalità, chirurgica e sessuale, e morale, tra vita e morte, candidando e promuovendo Bella come indizio allusivo di una nuova Medusa, incarnazione di bellezza infliggente, intemerata e perfida, attraente e ammaliante, orrore di grazia e seduzione. Un quesito che non pretende soluzione se non nell’affermazione del primato del libero arbitrio - espressamente predicato da Godwin nell’assecondare Bella nel suo desiderio di libertà - nella sua accezione empirica e deterministica di traguardo passionale. Un germe, quello del libero arbitrio, che come Dio il deforme scienziato (Godwin traduce per l’appunto “amico di Dio”) attraverso Bella inocula nel mondo delle poor things nel proposito di sovvertire i principi del conformismo con audaci unzioni di verità e libertà su regole e convenienze (William Godwin è anche il nome di un filosofo libertario teorizzatore del moderno anarchismo).
Marionetta vivente e burattina di se stessa Emma Stone, in un alone di perfetto divino senza delirio Willem Dafoe, entrambi svettano in eccellenza recitativa, circondati da un cast di rilievo (tra gli interpreti una sempre efficace Hanna Schygulla), in un mood scenografico che nell’alternanza bianconero/colore ritrova ancora una volta la cifra cromatica di quel plurimo quesito.