Diamanti e ruggine, riportando tutto a casa
per Bob Dylan nel giorno del suo compleanno
di Paolo Spaziani
Greenwich Village, New York, una notte di agosto. Al numero 115 di Mac Dougal Street una coppia di giovani sposi scende trepidante le scale illuminate del "Cafe Wha?". Lui ha una Vintage acustica color ciliegia e una Hohner Blues Harps in tonalità do. Poco prima, sotto Washington Square, hanno comprato una copia pirata di Blonde On Blonde e lei ha scattato una foto in direzione di 4th Street. L'ultimo musicista ha terminato le sue canzoni, ha riposto la dodici corde nella custodia, e ha assaporato la prima tirata della Lucky che aveva tenuto sull'orecchio, contando i pochi dollari nel suo cappello. Albert ha una stanza al St. James Hotel, vorrebbe finire il caffè e andare a dormire ma non sa resistere alla curiosità. "Sai suonare, ragazzo?" Ho viaggiato dalla foresta di sequoie alle acque della corrente del Golfo, ma sapevo di trovarti qui, sull'isola di New York. Ho scritto per te una canzone, ora la canto e la saprò bene prima di cominciare. Ma non chiedermi di restare: ho un lungo viaggio da fare. Non ho una casa, ma anche se l'avessi non saprei trovare la strada per tornarci. Non ho una storia, anzi una volta ero vecchio, ora sono giovane. Non ho parole per risponderti, il vento le soffia via dalla mia armonica. Vorrei venirmene dietro a te, in un viaggio infinito il mio vero amore sarebbe ghiaccio e fuoco. E tutto il bene del mondo porterei con i miei occhi nei tuoi. Tristezza è un sassofono che suona lontano ma sempre giovani sono i velieri che fanno ritorno sul mare. L'unica cosa che resta sono tamburi arabi e la musica blues, che nessuno sa suonare come me. "Da dove vieni, ragazzo?" Volevo viaggiare verso sud. Ad Omaha presi un treno, credo fosse diretto ad Albuquerque. Ma a Sterling incontrai un pittore. Immagino dipingesse il suo capolavoro. E sul quadro volle disegnare i miei occhi. Così lo abbandonai. Rimediai un passaggio fino a Topeka, non volevo andarci ma era destino incontrarla. Guidava una vecchia Chevy e mi disse sorridendo che viaggiava verso il mare. Quando le chiesi un passaggio si chinò ad annodare i lacci delle mie scarpe. Mi lasciò sulla riva dell’oceano della Louisiana guardandomi salire su un peschereccio, appena fuori Delacroix. Il resto lo sai, sono tornato appena ho potuto. Non sapevo stare senza la mia armonica e i suoi versi erano veri e splendenti, come se fossero scritti nella mia anima. "E dove andrai, ora, ragazzo?" I ricordi portano diamanti e ruggine. Andremo via prima che la pioggia ricominci a cadere. Sulle anime delle persone che abitano le foreste ci aspetta il volto celato del boia. Nelle prigioni umide bevono acqua contaminata e le acceca il sole sui promontori che affondano negli abissi. Lasciano marcire i venti preziosi e scambiano i loro averi ognuno desiderando le cose dell'altro. Tra principesse e principi irreali, lascerò che all'alba il mio amore venga da me e mi racconti i suoi sogni. E in una canzone infinita saranno sempre cantati. "Parli bene, ragazzo, ma non vedo nulla, oltre questa vecchia chitarra e questa armonica stonata. Nulla, oltre il tuo corpo nudo. Chi sei dunque ragazzo?" Una poesia è una persona nuda. Qualcuno dice che sono un poeta.