La proposta di revisione che modifica l’assetto costituzionale della magistratura italiana
Sommario: 1. Premesse in tema di interventi sulla Costituzione - 2. La proposta di revisione costituzionale approvata dalla Camera dei deputati il 16 gennaio 2025 smantella l’assetto costituzionale della Magistratura - 2.1. Perché deve essere riformato l’assetto costituzionale di uno dei tre poteri dello Stato? - 3. La revisione del principio secondo il quale “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” - 4. L’ossimoro dell’unico ordine composto di due ordini. La separazione della magistratura requirente dalla magistratura giudicante - 5. La funzione disciplinare.
1. Premesse in tema di interventi di revisione costituzionale
La proposta di legge di revisione in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (p.d.l. n. C. 1917, di iniziativa della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio) costituisce il primo tentativo di incrinare l’assetto del sistema democratico del nostro paese come consacrato nella Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre del 1947.
Le leggi di revisione costituzionale, sino ad oggi quindici (legge di revisione Cost. n. 2/1963, n.1/1967, n. 1/1989, n. 1/1991, n.1/1992, n. 3/1993, m. 2/1999 n. 1/2007, n. 1/2000, n. 3/2001, n. 1/2003, n. 1/2012, n. 1/2020, n. 1/2022, n.1/2023), sono state tutte coerenti ai 139 articoli della Costituzione italiana.
In coerenza con il nucleo fondamentale della Costituzione gli interventi di revisioni hanno infatti rafforzato i diritti fondamentali, la parità di tutti i cittadini davanti alla legge, hanno ampliato la sfera dei beni collettivi da tutelare, hanno migliorato la tenuta del sistema democratico e infine regolato l’autonomia regionale.
Quanto ai diritti fondamentali è stato introdotto il divieto di estradizione dello straniero per reati politici (art. 10 e art. 26 l. cost. n.1/1967) ed è stata eliminata la pena di morte anche in caso di leggi militari di guerra (art. 27 l. cost. n. 1/2007).
In coerenza con il principio secondo il quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge è stato modificato l’art. 96 che, nella versione originaria, prevedeva che “Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato d'accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni”.
La legge di revisione costituzionale n. 1/1989 ha sostituito l’articolo con la previsione secondo la quale: “il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati”, sono stati conseguente modificati i compiti della Corte costituzionale con riferimento ai processi di accusa contro i ministri (gli 134 e 135 legge n. 1/89).
In linea con la tutela dei diritti è stato introdotto il principio del giusto processo (art. 111 Cost. l. n. 2/1999).
Quanto alla parità è stata inserita la promozione delle pari opportunità in tema di accesso agli uffici pubblici (art. 51 legge cost. n. 1/2003), il riconoscimento del diritto di voto agli italiani all’estero (art. 48 l. cost. n. 1/2000).
Interventi hanno riguardato la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni (art. 9 Cost. l. n. 1/2022). È stato inserito quale limite all’iniziativa economica il non recare danno alla salute e all’ambiente (art. 41 l. cost. n.1/2022). È stato dato rilievo costituzionale al valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme (art. 33 l. Cost n. 1/2023).
Per la migliore tenuta del sistema democratico è stato introdotto il principio dell’improrogabilità di ciascuna camera se non per legge e soltanto in caso di guerra (art. 60 l. Cost. n. 2/1963). È stata specificata l’immunità dei membri del parlamento (art. 68 l. cost. n. 3/1993). In materia di amnistia e indulto la delegazione del Presidente della Repubblica è stata sostituita da legge deliberata dai 2/3 dei componenti di ciascuna camera (art. 79 l. n. 1/1992). In materia di scioglimento delle camere è stato introdotto il limite temporale dei sei mesi prima della scadenza (88 l. cost. n. 1/1991). Con l’ingresso nell’Unione europea è stato poi dato rilievo costituzionale al pareggio di bilancio dello Stato (art 81, 97 l. cost. n. 1/2012).
Gli interventi di revisione hanno riguardato la composizione del Parlamento, senza influire sulla sua funzionalità. Sono stati introdotti correttivi con riferimento al numero dei parlamentari – numero fissato nel 1948 in proporzione alla popolazione – (gli articoli 56, 57 sono stati modificati prima dalla l. cost. n. 1/63 e poi dalla l. cost n.1/2020). È stata portata a diciotto anni l’età dell’elettorato attivo per il Senato (art. 58 l. n.1/2021). È stata introdotta interpretazione autentica della disposizione concernente la nomina da parte del Presidente della Repubblica dei senatori a vita (art. 59 l. cost. n. 1/2020).
Con la legge di revisione n. 3 del 2001 sono state introdotte modifiche al Titolo V della Costituzione (dall’art. 114 all’art. 132) che hanno diversamente perimetrato l’autonomia di regioni, province e comuni.
Questa breve rassegna delle leggi di revisione costituzionale conferma che la proposta di revisione costituzionale approvata il 16 gennaio 2025 è assolutamente distonica rispetto ai precedenti interventi, anche quanto ai tempi di prima approvazione alla Camera di un testo nella sostanza blindato.
Una pericolosa breccia alla Costituzione antifascista del 1948, in grado di ledere gravemente la tenuta del sistema democratico del nostro paese.
Sino ad oggi nessun intervento di revisione costituzionale ha riguardato l’assetto di uno dei tre poteri dello Stato.
La legge di revisione costituzionale in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (p.d.l. n. C. 1917, di iniziativa della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, approvato il 16 gennaio 2025 dalla Camera dei deputati), costituisce il primo step verso la modifica dell’assetto costituzionale della magistratura così incidendo sul principio della tripartizione dei poteri dello Stato.
Il disegno di legge di revisione è ora all'esame del Senato (d.d.l. n. S. 1353) per il secondo passaggio dei quattro richiesti dall’art. 138 Cost. Se la legge non sarà approvata in seconda votazione da ciascuna delle due camere a maggioranza dei due terzi sarà possibile il ricorso alla consultazione referendaria e l’approvazione dipenderà dal voto popolare.
Per il referendum costituzionale non è previsto quorum, con il voto “sì” si approva la riforma con il voto “no” si rifiuta la revisione e la nostra Costituzione rimane integra.
È la prima volta, infine, che con legge di revisione costituzionale si incide in maniera significativa sulla spesa pubblica; il Consiglio Superiore della Magistratura costa 43 milioni l’anno, lo stanziamento annuo del Mef è di 38 milioni. In sostanza il CSM vive con i resti di spesa, senza avanzi di spesa non sarebbero possibili le ordinarie reingegnerizzazioni degli uffici.
Tanto per fare un esempio i consiglieri laici tra compensi (euro 255.000) e rimborsi spese (euro 50.000 circa) costano circa 305.000 euro l’anno (i consiglieri togati costano meno perché l’indennità è parametrata alla differenza stipendiale).
La spesa annua aumenterà dunque di 80 milioni l’anno, ad essere ottimisti e senza considerare le spese di start up.
Soldi che ben potrebbero essere spesi, ad esempio, per attenuare le carenza strutturali gravi della giustizia oppure nell’istruzione, nella sanità o per i carcerati.
2. La proposta di revisione costituzionale approvata dalla Camera dei deputati il 16 gennaio 2025 smantella l’assetto costituzionale della Magistratura
La proposta di revisione costituzionale scompone e smembra la magistratura con effetti negativi sulla tenuta dei principi cardine dello stato di diritto e un vulnus al principio secondo il quale: “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” (art. 3 Cost.), come è scritto in tutte le aule dei Tribunali italiani.
La parità di tutti i cittadini davanti alla legge presuppone infatti l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, principio fondamentale dello Stato di diritto e della democrazia liberale.
Secondo l’insegnamento di Montesquieu: “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che ciascun potere ponga limiti all’altro potere”.
Corollario della separazione dei poteri dello Stato è il principio che “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”.
La Costituzione italiana, al Titolo IV, assicura il principio della separazione del potere giurisdizionale dal potere esecutivo attraverso un articolato sistema di garanzie e tutele, il cui principio cardine è incentrato nell’attribuzione, in via esclusiva, al Consiglio Superiore della Magistratura del compito di “governare” i magistrati. Si tratta di un governo c.d. autonomo, non autogoverno, in ragione dell’opzione dei Costituenti per una composizione mista, con prevalenza dei componenti togati, e ciò al fine di favorire uno stabile e significativo collegamento della magistratura con gli atri poteri dello Stato (M. Volpi, Gli organi di autogoverno, p. 56 in Ordinamento giudiziario, ed. Utet 2009).
Quando la Costituzione fu scritta – è bene non dimenticarlo – l’Italia usciva dal ventennio fascista, dagli orrori delle persecuzioni, dalla soppressione dei diritti fondamentali, dagli abusi dei Tribunali speciali, dalle ingiustizie dei procuratori del Re dipendenti dal Fascio e dall’accondiscendenza dei giudici al fascismo [1].
L’Assemblea costituente che aveva cocente la memoria del danno e piena la consapevolezza dei danni prodotti da uno “Stato che [aveva fatto] cose sporchissime” [2], di un esecutivo che aveva abusato senza limiti del suo potere vestì il potere giurisdizionale secondo l’attuale assetto costituzionale. I costituenti avevano sperimentato sulla loro pelle che i sistemi democratici non nascono una volta e per sempre, ma vanno costruiti e ricostruiti ogni giorno ( Fierro in Giacomo Matteotti: il suo e il nostro tempo). Erano, dunque, determinati a consegnare, come lascito inestimabile alle future generazioni, una Carta costituzionale capace di ergersi a solido baluardo a difesa di possibili tentativi di abusi.
2.1. Perché deve essere riformato l’assetto costituzionale di uno dei tre poteri dello Stato?
La ragione dell’intervento sulla carta costituzionale è stata svelata dalla maggioranza di governo in occasione di decisioni assunte da giudici (magistrati giudicanti) o determinazioni assunte dai pubblici ministeri (magistrati requirenti) ritenute sgradite [3].
All’aperta manifestazione di non gradimento segue infatti, con crescente insistenza, il richiamo all’urgenza e improcrastinabilità della riforma della giustizia, riforma che però non riguarda la giustizia bensì la magistratura, il potere dello Stato che amministra la giustizia in nome del Popolo italiano in applicazione della legge.
Urgenza della “riforma” – che, come abbiamo detto, non è “della giustizia” –intonata come un mantra, contro i giudici civili dei tribunali chiamati a convalidare [4] [5], contro i giudici civili della Corte di appello a seguito del mutamento della competenza, contro il Procuratore di Roma per trasmissione, ex art. 6 legge costituzionale n. 1/89 al Tribunale dei Ministri della denuncia di Li Gotti. Il richiamo all’urgenza della “riforma della giustizia”, in concomitanza con decisioni considerate ostili al governo, ma attuazione del principio secondo il quale il giudice è soggetto solo alla legge sono state ripetute successivamente a dei decreti del Tribunale di Roma.
È dei giorni scorsi la sentenza di condanna di Delmastro, e la reiterazione dei richiami alla riforma [6]. La condanna seguita dalla richiesta di assoluzione del PM ha scompigliato la vulgata dell’appiattimento dei giudici ai pubblici ministeri, come già aveva fatto il Gip di Roma.
Alle manifestazioni di sgradimento dei provvedimenti giurisdizionali segue inoltre, ormai senza alcuna remora, la pubblicazione di dossieraggi, preconfezionati, relativi a fatti personali dei magistrati autori dei provvedimenti sgraditi.
Tanto ad evidenziare lo spasmodico tentativo di umiliare e al tempo stesso intimidire i titolari di quel potere diffuso che è il potere giurisdizionale, servitori dello Stato che esercitano le loro funzioni, con quotidiana abnegazione, tra carenze strutturali e di personale che il Ministero della Giustizia preferisce ignorare, con carichi di lavoro che sono i più gravosi in Europa. Attraverso il metodo del dossieraggio così come quello di iniziative disciplinari su iniziativa del ministro – anticipando la riforma costituzionale – si condizionano i magistrati chiamati ad assumere decisione sensibili per il governo.
3. La revisione del principio secondo il quale “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”
Il primo articolo attinto dalla riforma è l’art. 104, collocato al titolo IV della Costituzione rubricato “La magistratura”.
L’art. 104 della Costituzione, al primo comma, consacra il principio secondo il quale “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” e poiché la magistratura è, come si dice, un potere diffuso (ovvero in capo a ciascuno non soggetto a gerarchie) l’art. 107 della Costituzione, al terzo comma, consacra il principio che “i magistrati si distinguono solo per le funzioni”.
Il Consiglio Superiore della magistratura è un organo di rilevanza costituzionale (secondo la definizione di cui sentenza della Corte Cost. n. 148 del 1983), autonomo dal potere politico al quale spettano le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (art. 105 Cost.).
Il CSM, come stabilito all’art. 104 della Costituzione (commi dal 2 al 7) è presieduto dal Presidente della Repubblica, sono componenti di diritto il Primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione. È poi composto, per due terzi, da rappresentanti eletti dai magistrati ordinari (c.d. componente togata), e per un terzo da professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, i quali sono designati dal Parlamento in seduta comune (c.d. componente laica).
Il vicepresidente è eletto in plenaria fra i componenti designati dal Parlamento. Tanto per ricordare l’autorevolezza dell’Organo, e l’importanza del ruolo del Vicepresidente, ricordiamo il prof. Vittorio Bachelet che fu ucciso dalle BR nel 1980, l’ultimo anno del quadriennio consiliare, proprio in ragione del ruolo rivestito. La sede del CSM dal 1962 è a piazza Indipendenza; il palazzo sede del Consiglio il 12 febbraio 2024 è stato intitolato a Vittorio Bachelet.
La proposta di riforma costituzionale, con la revisione del secondo comma dell’art. 104, smantella il CSM, quale unico organo costituzionale, deputato a garantire l’indipendenza della magistratura tutta, e lo divide in tre, due Consigli – uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente – [7] e un’Alta Corte di giustizia.
Ma non basta, con la revisione del quarto comma, svilisce tutti e tre gli organi, sostituendo all’elezione, da parte dei magistrati della componente togata, il sorteggio. La natura di Organo di Alta amministrazione e di rilevanza costituzionale stride con l’immagine del dado. Non esistono nel mondo consigli giudiziari centrali o giudici disciplinari composti mediante estrazione a sorte.
La rappresentatività della componente togata e la legittimazione elettorale della stessa garantisce l’autorevolezza delle delibere, delle risoluzioni e infine dei pareri che il CSM è chiamato ad emettere ai sensi dell’art. 10 della legge n. 195/1958 sui disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie. La competenza, la legittimazione democratica e la responsabilità verso gli elettori si riverberano infatti in competenza, legittimazione e responsabilità dell’Organo di Autogoverno verso i governati. I dibattiti assembleari che preludono le elezioni aumentano la trasparenza delle idee e delle intenzioni dei candidati. I magistrati con la candidatura manifestano il loro interesse e la loro passione per il ruolo, circostanza che garantisce maggiore impegno rispetto a chi potrebbe essere sorteggiato casualmente senza reale motivazione. Viceversa, il sorteggio può selezionare magistrati privi delle competenze necessarie. Non tutti i sorteggiati potrebbero essere motivati o interessati al ruolo, con l’effetto della perdita di efficacia dell’azione dell’organo.
Un organo di rilevanza costituzionale come il CSM, per l’importanza dei compiti rimessigli di governo di soggetti che esercitano in maniera diffusa un potere dello Stato, non può essere composto da magistrati che non abbiano le competenze specifiche.
La predisposizione a svolgere funzioni di alta amministrazione e di politica giudiziaria non è necessariamente correlata alla funzione giurisdizionale e non tutti i magistrati sono naturalmente disponibili a svolgere funzioni diverse da quelle giurisdizionali.
Insomma, è senz’altro errato l’assioma sul quale si fonda il sorteggio ovvero che qualunque magistrato può svolgere le funzioni di Consigliere del CSM. A questo proposito si ritiene utile riportare l’incisivo ragionamento di Giovanni Tamburino in CSM, Sistema elettorale Sezione disciplinare pubblicato questa Rivista nel 2011 fascicolo 1/2 “[...] l’argomento secondo cui dunque qualunque magistrato, essendo legittimato a giudicare e condannare anche in grado di rivestire degnamente il ruolo di consigliere superiore. L'ottimo chirurgo non è per ciò stesso in grado di amministrare un ospedale, né l'eccellente professore di dirigere l'università o il bravo giornalista di dirigere la testata dove scrive.
Il sorteggio realizza, secondo regola statistica, la scelta di consiglieri conformi alla capacità media dei magistrati. Capacità media nella quale sicuramente non è compresa l'idoneità ad amministrare un organo come il Csm.
Inoltre, nessun sorteggio può escludere la scelta dei magistrati al di sotto della media, con le conseguenze che l'organo di rilievo costituzionale potrebbe essere affidato a personaggi inadeguati senza potere in nessun modo rimediare.”
I sorteggiati non sarebbero legittimi rappresentanti della magistratura perché il tiro del dado non offre alcuna legittimazione. Il sorteggio priverebbe di consistenza e autorevolezza la componente togata del Csm e di riflesso l’Organo di autogoverno che va a comporre.
“Qui sta la ragione del rifiuto da opporre a un sorteggio che avesse rilievo sulla scelta dei componenti: ne uscirebbe un organo debole, privo di rappresentatività, senza legittimazione democratica, politicamente di dissanguato. È proprio ciò che va evitato.
Se finalità del CSM è la tutela dell'indipendenza della magistratura il Csm deve essere forte sul piano della legittimazione.
Dalla politica provengono i rischi maggiori per l'indipendenza.
Per questo il Costituente ha voluto il Csm sorretto dalla magistratura, tutta la magistratura con le sue idee e i suoi uomini migliori.
L'indipendenza della magistratura non è fatta per i giudici, ma per la società dei cittadini.
Nel momento della scelta della rappresentanza consiliare, essenziale al fine della concreta realizzazione di tale tutela, la volontà dei magistrati- elettori non solo deve essere libera di esprimersi, ma anzi deve esprimersi con il massimo della forza.
Il Csm intanto può realizzare la funzione di tutela in quanto incorpori la volontà della magistratura, traendo da ciò la sua legittimazione. E, dunque, nemmeno se il metodo del sorteggio desse la certezza di eliminare il correntismo potremmo ritenerlo accettabile”.
Se il C.S.M. è un organo di rilevanza costituzionale, tanto che è presieduto dal Presidente della Repubblica, allora è necessario che i suoi componenti siano tecnicamente preparati, si siano assunti con la candidatura la responsabilità delle loro scelte, siano autorevoli, capaci di relazionarsi e di mediare per operare in un organo collegiale che emette atti di alta amministrazione, destinati a incidere sull’organizzazione della giustizia. Come ha scritto Francesca Biondi, l’effetto del sorteggio sarebbe quello di un “Consiglio del tutto svilito, ridotto a mero organismo burocratico, in netto contrasto con l’esigenza di valorizzazione del pluralismo interno”. Come ha detto Azzariti nell’Audizione alla Camera del 23 giugno 2024, “Il metodo del sorteggio, determinando una composizione casuale dell’organo, non può che tradursi in una riduzione dell’autorevolezza del/dei CSM. Una riduzione di autorevolezza che rischia di compromettere tanto la capacità funzionale quanto la capacità rappresentativa dell’organo […] anche i meno commendevoli – che però saranno definiti in modo del tutto personale, meglio dire del tutto “casuale”. Si potrebbe icasticamente commentare: “cadendo così dalla padella nella brace”.
Oltre alla capacità funzionale è poi la capacità rappresentativa dell’organo che rischia di venire compromessa dal sistema della estrazione a sorte dei suoi membri.” E con riferimento alle correnti ha aggiunto “Mi chiedo: è possibile che si debba lasciare alla sorte la selezione per funzioni tanto delicate? La lotta al correntismo deve veramente utilizzare quest’arma distruttiva del merito e delle competenze?”
Ma non basta, mentre per i componenti togati il sorteggio è puro (tra circa 6500 giudici e 2000 pubblici ministeri), per i componenti laici il sorteggio è temperato. La revisione costituzionale prevede infatti la previa formazione di una lista di professori universitari e avvocati predisposta dal parlamento in seduta Comune; non è precisato nel testo della legge di revisione costituzionale quanti nomi dovrebbe contenere la lista, questione rimessa alla legge ordinaria, potrebbe trattarsi dunque anche di una lista con un solo nome in più rispetto ai componenti da nominare.
La scelta della componente laica da parte della politica è destinata a compromettere l’equilibrio dell’autogoverno dove ad una scelta a sorte dei componenti togati faccia da contro altare una scelta tecnica dei componenti laici di estrazione politica.
Lo sbilanciamento determina il rischio del predominio della componente laica di estrazione politica su un’inesperta componente togata e ciò in danno del carattere autonomo del governo del CSM.
4. L’ossimoro dell’unico ordine composto di due ordini. La separazione della magistratura requirente dalla magistratura giudicante.
La revisione costituzionale trasforma il primo comma dell’art. 104 in un ossimoro “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” ma, al tempo stesso, è a sua volta composto da due ordini: i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti. L’utilizzo improprio del termine “carriera” – che evoca la possibilità di accumulare titoli e di salire quindi nella scala gerarchica della professione – non elide infatti che il riferimento sia a due ordini. La previsione di cui al terzo comma dell’art. 107 – non attinta dalla revisione – stabilisce come si è già accennato, che “i magistrati si distinguono fra loro soltanto per la diversità delle funzioni” e dunque consacra l’assenza di carriera dei magistrati [sia giudicanti che requirenti], ciò a garanzia dell’indipendenza interna e in ragione del carattere di potere diffuso del potere giurisdizionale. L’utilizzo del termine carriere è improprio, trattasi infatti di ordini.
A parte la contraddittorietà insita nel prevedere un ordine autonomo e indipendente – dove “un” non è articolo indeterminativo ma aggettivo qualificativo – composto da due ordini, la previsione di un ordine della magistratura requirente, separato dalla magistratura è deleteria per il corretto esercizio della giurisdizione.
Separare la magistratura requirente dalla magistratura giudicante significa infatti accentuare l’autoreferenzialità dell’accusatore, allontanarlo dall’anelito verso l’accertamento della verità per spingerlo verso l’obiettivo del risultato ovvero quello della condanna dell’imputato.
Come ha scritto Giovanni Canzio in Questa Rivista “l’organo di giustizia sarebbe naturalmente sollecitato ad assumere il ruolo di incontrastato vertice della polizia giudiziaria, con la disponibilità di rilevanti risorse di personale e tecnologiche e con la funzione di dirigere indagini finalizzate al raggiungimento di obiettivi concreti e immediati, che potrebbero pure apparire sconnessi dalla lontana nel tempo e imprevedibile opera del giudice – terzo e imparziale - di ricostruzione probatoria dei fatti e della verità nel contraddittorio fra le parti.
Sembra evidente il rischio che, per una paradossale eterogenesi dei fini, prevalgano vieppiù logiche di chiusura corporativa, opposte alla linea, tracciata dalla Costituzione, dell’attrazione ordinamentale del pubblico ministero nel sistema e nella cultura della giurisdizione.
In poche parole, con il distacco del pubblico ministero dal perimetro della cultura della giurisdizione si viene prospettando la costituzione di un secondo e autonomo potere giudiziario, indipendente da ogni altro potere dello Stato e dallo stesso potere pertinente alla giurisdizione in senso stretto, sulla base di un eccentrico e inedito modello nel panorama della giustizia internazionale, nel quale non è dato rinvenire il riconoscimento di un così largo statuto di autonomia e indipendenza a favore di un pubblico ministero “separato” dal giudice e dalla giurisdizione. Con l’effetto collaterale, certamente non auspicato dai promotori dell’iniziativa riformatrice, di legittimare, con l’ulteriore frammentazione dei poteri dello Stato, l’obiettivo rafforzamento, oltre ogni ragionevole limite, della sfera di influenza nel sistema di giustizia dell’organo di accusa, al quale, munito di ampie risorse investigative e di forti garanzie di autonomia e indipendenza, resta attribuito il ruolo di titolare esclusivo dell’inchiesta e dell’azione penale”(Il disegno di legge costituzionale sulla separazione delle “distinte carriere” dei magistrati. Eterogenesi dei fini, aporie e questioni aperte)
Insomma, la separazione degli ordini determinerebbe un effetto ben lontano dall’obiettivo della parità delle armi – nella breve fase del dibattimento penale. Nella sostanza ogni parità è negata dall’essere il PM un organo pubblico, il quale con la riforma diverrebbe un nuovo potere dello Stato, un potere di accusa avulso dal potere giurisdizionale, con buona pace degli avvocati che puntano il dito sull’unicità dell’accesso senza considerare che la parità è ontologicamente esclusa dalla natura pubblica dell’interesse che governa l’esercizio della funzione.
L’effetto della separazione è la creazione di un potere ben più forte e autoreferenziale comunque non paritario all’accusa, assai differente dall’attuale PM, che agisce nell’interesse della legge e non per accusare. Come è stato scritto nel parere reso ex art. 10 d.lgs. n. 195/1958 dal Csm la proposta di revisione costituzionale dell’art. 104 Cost. il potere dei procuratori diverrebbe: “il potere dello Stato più forte che si sia mai avuto in alcun ordinamento costituzionale dell'epoca contemporanea, per cui sarà ineluttabile che di esso assuma il controllo il potere esecutivo”.
Un potere il cui unico limite sarebbe il principio di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’articolo 112 della Costituzione che consacra il principio secondo il quale il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale, anch’esso però a rischio in quanto atti da d.d.l. C. 23 cost. Costa, C. 434 cost. Giachetti, C. 824 cost. Morrone, contenente proposta di modifica nel senso che «il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale nei casi e nei modi previsti dalla legge» e ciò con buona pace del principio della parità di tutti i cittadini davanti alla legge.
Se i magistrati sono legati da colleganza perché provengono tutti dallo stesso concorso perché, se si sospetta che il giudice delle indagini preliminari possa essere influenzato dai PM – salvo i casi delle imputazioni coatte – non si sospetta che anche i giudici di Tribunale possono essere influenzati dai Gip e così i giudici delle Corti di appello rispetto ai giudici di Tribunale e infine i giudici della Cassazione. E il PM degli affari civili, che pure svolge un ruolo essenziale in taluni processi civili, per quale delle parti della controversia civile potrebbe far pendere il giudice?
Ragionamento logico infatti porterebbe a ritenere che il peccato di origine dell’appartenenza a un unico ordine e dell’accesso con unico concorso riguardi tutti i laureati in giurisprudenza vincitori del concorso e dunque indiscriminatamente nessun magistrato sia terzo rispetto all’altro ma tutti condizionati o condizionabili.
I sostenitori della separazione delle carriere dovrebbero rendersi conto che quello che fa la differenza tra avvocato difensore e pubblico ministero è l’interesse sotteso alla funzione a ciascuno rimessa.
“Il pubblico ministero è organo pubblico che agisce a tutela di interessi collettivi” [Corte cost., sent. n. 26 del 6 febbraio 2007], il difensore persegue (doverosamente) un interesse privato.
“Questa Magistratura requirente, protetta e garantita dal suo CSM, finirà per acquisire un ruolo e un peso che, prima o poi, sarà necessario intervenire di nuovo. Per ricondurre la corporazione dei PM al circuito democratico, verosimilmente sottoponendola all’esecutivo. In questo senso pare agevole pronosticare che, quella prospettata dal d.d.l. 1917, sarebbe solo una tappa intermedia rispetto a una traiettoria indefettibile. Con un esito – la dipendenza del PM dall’esecutivo – che non pare positivo, né auspicabile” ( Così Mitja Gialuz in audizione del 24 settembre 2024 davanti alla commissione i affari costituzionali che ha citato P. Ferua, Il modello costituzionale del pubblico ministero, cit., p. 33. 11.)
Come ha scritto Gaetano Silvestri: “spero vivamente di non dover ricordare tra qualche anno agli entusiasti sostenitori della separazione delle carriere, che hanno volutamente rinunciato ad una parte delle loro garanzie, favorendo la formazione di una categoria di accusatori di professione sempre più avulsi dalla giurisdizione in senso stretto e sempre più animati dall'ansia di risultato”. (22-23 ottobre 2004 XIX Convegno Annuale dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Università degli Studi di Padova)
5. La funzione disciplinare
La legge di revisione sottrae al Consiglio superiore la funzione disciplinare, funzione con implicazioni enormi quanto all’indipendenza. L’iniziativa disciplinare rimessa al Ministero della Giustizia, oltre che al Procuratore generale potrebbe costituire uno strumento di intimidazione e di condizionamento della decisione idoneo a minare l’indipendenza dei magistrati.
La modifica dell’art. 105 Cost. toglie il compito disciplinare al CSM e lo attribuisce all’istituenda Alta corte di giustizia, composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità. L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o quelli estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
All’Alta Corte è rimessa la funzione giurisdizionale dei magistrati ordinari, i magistrati amministrativi e contabili continueranno avere la loro giurisdizione domestica. In ordine all’assenza di autorevolezza della componente togata e la sua destinazione all’emarginazione vale quanto si è detto con rifermento al sorteggio delle componenti togate dei due CSM.
Ulteriore anomalia riguarda l’impugnazione delle decisioni dell’Alta corte impugnabili solo davanti la corte stessa secondo il testo della proposta “Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata”.
La diversa composizione tra giudice di prima istanza e giudice di seconda istanza non garantisce affatto l’indipendenza che deve necessariamente intercorrere tra il giudice che decide sull’incolpazione disciplinare e il giudice che decide sulla sentenza disciplinare.
L’espressa previsione “soltanto” ulteriori impugnazioni, ai magistrati ordinari giudicanti e requirenti condannati disciplinarmente sarebbe dunque precluso il ricorso per cassazione previsto dall’art. 111, comma settimo, della Costituzione che prevede “contro le sentenza e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge”.
Sarebbe la prima volta che una legge di revisione costituzionale introduce una disposizione in contrasto con una norma costituzionale preesistente, con l’unica chance dunque di fare ricorso al principio secondo il quale il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti, ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 24 della Costituzione – che in questo caso sarebbe leso –, è stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale principio fondamentale (cfr., tra le altre, Corte Cost. n. 238/2014), appare possibile domandarsi se la ricorribilità in Cassazione dei provvedimenti decisori, per violazione di legge, assurga anch’essa, in tale contesto, a principio fondamentale.
Nel senso chiarito dalla Corte Cost. con la sentenza n. 1146/1988 nella quale si afferma che “La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Questa Corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose decisioni come i principi supremi dell’ordinamento costituzionale abbiano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le disposizioni del Concordato, le quali godono della particolare fornita dall’art. 7, comma secondo, Cost., non si sottraggono all’accertamento della loro conformità ai (v. Sent. nn. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982), sia quando ha affermato che la legge di esecuzione del Trattato della CEE può essere assoggettata al sindacato di questa Corte (v. Sent. nn. 183 del 1973, 170 del 1984). Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del resto, si perverrebbe all’assurdo di considerare il sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore”.
Si rinvia alla lettura di Migliorare il Csm nella cornice costituzionale di Paola Filippi del quale in questo scritto sono stati ripresi alcuni passaggi.
Sul tema in questa rivista si legga Riforma del Csm. Le proposte della Commissione Luciani di Edmondo Bruti Liberati; le ragioni della composizione mista e delle modalità di formazione di Francesca Biondi, Il Consiglio superiore della magistratura tra crisi e prospettive di rilancio di Francesco Dal Canto, La rappresentanza di genere nel CSM di Donatella Ferranti, Quale riforma per il CSM? Riflessioni sull’elezione del Vicepresidente e sul rinnovo parziale di Alberto Maria Benedetti e Filippo Donati, I difetti dell’attuale sistema elettorale del CSM: una prospettiva per il futuro prossimo che non metta a rischio l’autonomia della magistratura di Giacomo D'Amico Il metodo elettorale del sorteggio. Appunti sul ruolo storico del sorteggio nella selezione dei titolari di poteri pubblici di Salvo Spagano; Quale sistema elettorale per quale csm di Edmondo Bruti Liberati; Dubbi di legittimità costituzionale sul sistema elettorale dei membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura secondo il "ddl Bonafede" di Antonio Mondini.
[1] La magistratura al tempo di Giacomo Matteotti di Giuliano Scarselli https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-e-societa/3088-la-magistratura-al-tempo-di-giacomo-matteotti-di-giuliano-scarselli, Indipendenza dei giudici e riforme della giustizia ai tempi dell’omicidio Matteotti. Uno sguardo alle pagine di cento anni fa della Rivista “La Magistratura” https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-e-societa/3264-indipendenza-dei-giudici-e-riforme-della-giustizia-ai-tempi-dellomicidio-matteotti-uno-sguardo-alle-pagine-di-cento-anni-fa-della-rivista-la-magistratura-simone-pitto, "Il delitto Matteotti" e quel giudice che voleva essere indipendente di Andrea Apollonio, A margine del Processo Matteotti: la coerenza di un magistrato in tempo di regime di Costantino De Robbio.
[2] La citazione è alla frase di Bruno Vespa al termine della puntata del 30 gennaio di “Cinque Minuti” (Rai1). «Sinceramente crediamo che non tutti gli Stati facciano cose sporchissime, che solo gli Stati che non rispettano i diritti umani che fanno cose sporchissime, che senz’altro il governo fascista fece cose sporchissime e comunque, come i nostri padri costituenti vogliamo insegnare ai nostri figli che le cose sporchissime non si fanno.»
[3] In tal senso Marcello Pera “La separazione delle carriere da sola non basta”, articolo pubblicato sul quotidiano il Foglio, 3 febbraio 2025.
[4] Decreti di non convalida dei trattenimenti dei migranti – Gli attacchi di esponenti della maggioranza di governo e attività di dossieraggio in danno della giudice Iolanda Apostolico hanno determinato le sue dimissioni v. Una giudice a Catania. Il caso Apostolico e le conseguenze degli attacchi politici alla magistratura
[5] Lettera del giudice Marco Gattuso al presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia letta in occasione dell’assemblea pubblica dell’ANM a Bologna il 4 novembre 2024, L’imparzialità del magistrato e l’uomo di vetro di Federica Resta, Giudici che dispiacciono. Come liberarsene di Vladimiro Zagrebelsky.
[6] «Una sentenza politica! Le sentenze non si commentano - ha scritto in un post su Facebook -, ma quelle politiche si commentano da sole! E questa sentenza si commenta da sola! Dopo che l’accusa ha chiesto per tre volte l’assoluzione, arriva una sentenza di condanna fondata sul nulla! Vogliono dire che le riforme si devono fermare? Hanno sbagliato indirizzo! Vogliono dire che il Pd non si tocca? Hanno sbagliato indirizzo. Io non ho tradito i miei ideali: ho difeso il carcere duro verso terroristi e mafiosi. Io non ho tradito! E gli italiani lo sanno! Attendo trepidante le motivazioni per fare appello e cercare un giudice a Berlino. E da domani avanti con le riforme per consegnare ai nostri figli una giustizia diversa». https://www.ilsole24ore.com/art/caso-cospito-delmastro-condannato-8-anni-rivelazione-segreto-d-ufficio-AGrVVl1C#U53342545206zph.
[7] Renato Balduzzi ha scritto che “l’esistenza di un Csm unitario rappresenta il più esplicito indicatore e, al contempo, il primo vincolo costituzionale nel senso della unitarietà dell’ordine della magistratura titolare del potere di esercitare la giurisdizione. La creazione di due organi separati altera quel modello perché punta alla formazione di due magistrature non solo funzionalmente, ma pure istituzionalmente e culturalmente distinte” (in “Le proposte di revisione costituzionale d’iniziativa parlamentare in tema di giustizia”, Rivista “Gruppo di Pisa” - fascicolo n. 1/2024).