Sul tema si vedano anche Il totem del “reato universale” e quei bambini dimenticati dal Parlamento di Gabriella Luccioli, Le Sezioni Unite e i figli nati da maternità surrogata: una decisione di sistema. Ancora qualche riflessione sul principio di effettività nel diritto di famiglia di Mirzia Bianca, Maternità surrogata. Le conclusioni della Procura generale all’udienza dell’8 novembre 2022. Requisitoria dell'Avvocato generale Renato Finocchi Gherzi, Il travagliato percorso della tutela del bambino nato da maternità surrogata. Brevi note a margine dell’ordinanza di rinvio alle Sezioni unite n. 1842 del 2022 di Mirzia Bianca, La maternità surrogata di nuovo all’esame delle Sezioni Unite. Le ragioni del dissenso di Gabriella Luccioli, Le persistenti ragioni del divieto di maternità surrogata e il problema della tutela di colui che nasce dalla pratica illecita. In attesa della pronuncia delle Sezioni Unite di Arnaldo Morace Pinelli, Non si attende il legislatore. Lo spinoso problema della maternità surrogata torna all’esame delle Sezioni unite di Arnaldo Morace Pinelli, Maternità surrogata e trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero: il ruolo dei giudici di merito dopo l’intervento della Consulta. Nota a Trib. Milano 23.9.2021di Rita Russo, La Corte costituzionale interviene sui diritti del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata. Brevi note a Corte cost. 9 marzo 2021 n. 33 di Arnaldo Morace Pinelli. Maternità surrogata e status dei figli (G. Luccioli, M. Gattuso, M. Paladini e S.Stefanelli) Intervista di Rita Russo, Il parere preventivo della Corte edu e il diritto vivente italiano in materia di maternità surrogata: un conflitto inesistente o un conflitto mal risolto dalla Corte di Cassazione? di Gabriella Luccioli, Il caso Mennesson, vent’anni dopo. divieto di maternità surrogata e interesse del minore. Nota a Arrêt n°648 du 4 octobre 2019 (10-19.053) -Cour de Cassation - Assemblée plénière. di Rita Russo, Ricorso alla surrogazione di maternità da parte di una coppia di donne e condizione giuridica del nato. Commento a Trib. Bari, decr. 7 settembre 2022 di Emanuele Bilotti, Il cambiamento della famiglia: aspetti psico-sociali e problemi giuridici di Santo Di Nuovo e Alessandra Garofalo, Le sentenze della Corte costituzionale n. 32 e n. 33 del 2021 e l’applicabilità dell’art. 279 c.c., L’Italia riconosce l’adozione straniera di minori da parte di una coppia maschile, ma solo in assenza di surrogacy (Nota a Cass., S.U., 31 marzo 2021, n. 9006) di Stefania Stefanelli, Il diritto alla cura dei nati contra legem di Alberto Gambino; Il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 32 e 33 del 2021 di Gilda Ferrando, La genitorialità d’intenzione e il principio di effettività. Riflessioni a margine di Corte cost. n. 230/2020 di Mirzia Bianca, Per un diritto che “non serve”. La cultura giuridica e le sfide della tecnologia di T. Greco, Gli incerti confini della genitorialità fondata sul consenso: quando le corti di merito dissentono dalla Cassazione di Rita Russo, Fecondazione post mortem di Remo Trezza, Bioetica e biodiritto. Nuove frontiere. La lezione di Gabriella Luccioli: dalla discriminazione all’uguaglianza.
Surrogazione di maternità come “reato universale"
Audizione in Commissione Giustizia del Senato sui disegni di legge n. 163, 245, 475 e 824, in data 22 maggio 2024
di Gabriella Luccioli
Nell’infinito dibattito sulla compatibilità della gestazione per altri con il nostro ordinamento è forse giunto il momento di porre un punto fermo. La maternità surrogata, sanzionata penalmente dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40, è una pratica che offende, in ogni sua conformazione, la dignità della madre e quella del bambino: della prima, in quanto ridotta ad una donna cosa, a mero contenitore di una vita destinata per contratto ad altri e soggetta ad un controllo proprietario che investe la salute, il vitto, al fumo, lo stile di vita, le frequentazioni, del secondo in quanto reso oggetto di scambio fin dal momento del suo concepimento, gestito alla stregua di un bene cedibile o donabile, mero strumento per soddisfare il desiderio di genitorialità degli adulti, deprivato alla nascita dei suoi dati anagrafici, nonché del diritto fondamentale di conoscere da adulto la propria identità biologica. E tale lesione si verifica sia che la pratica surrogatoria abbia assunto carattere oneroso sia che sia espressione di solidarietà.
Come è noto, la Costituzione e le Carte dei diritti attribuiscono al concetto di dignità un contenuto ampio, nel quale coesistono una dimensione soggettiva, ancorata alla sensibilità, alle esperienze ed alla percezione dei singoli individui, ed una oggettiva, che attiene al valore originario e non comprimibile di ciascuna persona; la dignità ferita dalla maternità surrogata chiama in gioco la sua dimensione “oggettiva”, identificata con la dignità innata, che appartiene al patrimonio irrinunciabile di ciascuno e non può essere oggetto di scelte di volontaria rinuncia, perché ogni ferita di quella dignità è una ferita a tutto il genere umano. Nella visione di Kant la dignità di ogni persona, elemento coessenziale al suo status, esprime la dignità dell’intera umanità; ogni essere umano è diverso dagli altri, ma tutti sono eguali in dignità.
La lesione del valore supremo della dignità della donna e del bambino comporta che la trascrizione automatica dell’atto di nascita di un bimbo avvenuta all’estero a seguito di surrogazione, che finirebbe per legittimare in modo indiretto detta pratica, non sia consentita per il suo irriducibile contrasto con l’ordine pubblico internazionale.
Questi principi sono stati affermati a chiare lettere dalle Sezioni Unite della Cassazione con le note sentenze n.12193 del 2019 e n. 38162 del 2022, sono stati ribaditi dalla Corte Costituzionale nelle pronunce n. 272 del 2017 e n. 33 del 2021. È peraltro evidente che il rilievo giuridico che si pretenderebbe di attribuire con la trascrizione automatica al progetto genitoriale dei committenti implicherebbe necessariamente l’assorbimento dell’interesse del figlio con quello degli aspiranti genitori.
Tali conclusioni vanno assunte come principi definitivamente acquisiti nel nostro ordinamento e non più oggetto di discussione: lo richiede l’esigenza di certezza del diritto e di stabilità e prevedibilità delle decisioni, lo impone l’urgenza di porre un argine a quella molteplicità di iniziative scoordinate che vanno dalla emissione di circolari ministeriali rivolte ai sindaci, tramite i prefetti, perché non trascrivano certificati di nascita emessi all’estero o alle proposte di “sanatoria” per i bimbi già nati, in un quadro di notevole confusione.
Il Parlamento con i disegni di legge oggi all’esame ha scelto di rafforzare la configurazione della surrogazione quale fattispecie criminosa introducendo una sorta di reato universale[1], attraverso l’aggiunta al comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40 del 2004 di un periodo ai sensi del quale il cittadino italiano che compie atti di surrogazione all’estero è punito secondo la legge italiana. In tal senso è il disegno di legge S. n. 824, che riproduce il testo approvato dalla Camera dei Deputati nello scorso luglio. Tra le varie proposte di legge presentate alle Camere fin dalla precedente legislatura la scelta di voto è dunque caduta su quella, di contenuto assai stringato e di semplice articolazione, che non ha altro oggetto che l’estensione della punibilità alle condotte di surrogazione dei cittadini all’estero. Nello stesso senso è il disegno di legge S. n. 245.
Non si è intervenuti quindi in tali disegni di legge né sulla struttura della fattispecie né sul trattamento sanzionatorio, il quale in ragione della sua non elevata entità sembra porsi come strumento repressivo dell’esercizio organizzato della pratica in discorso piuttosto che come misura di dissuasione dei committenti nella loro aspirazione alla genitorialità.
Gli altri due disegni di legge sono un po' più articolati, in quanto l’uno estende l’ambito di applicazione anche alla commercializzazione di gameti o di embrioni avvenuta all’estero (atto n. 163), l’altro eleva in misura consistente la pena prevista per la surrogazione (atto n. 475). Entrambi inoltre sembrano riguardare, con l’uso del pronome chiunque, sia i cittadini italiani che gli stranieri.
Mi soffermo per esigenze di tempo sul cosiddetto reato universale, comune a tutti gli articolati.
La scelta operata in detti testi, che nella sua nettezza solleva questioni complesse sul piano del diritto penale internazionale, appare del tutto impropria, di chiara ispirazione propagandistica e di evidente matrice identitaria ed ideologica, nonché priva di ogni utilità sul piano concreto.
Va innanzi tutto osservato che la conclamata volontà di configurare la gestazione per altri come reato universale, in deroga al principio generale della territorialità, confligge con il dato di fatto che detta pratica nel panorama internazionale è disciplinata in modo assai diversificato, essendo consentita in alcuni Stati solo per fini altruistici, in altri anche per fini commerciali, in altri ancora essendo sanzionata in qualunque sua forma. Secondo la comune accezione costituiscono reati universali quelli percepiti come tali a livello globale, come i crimini di guerra, la pirateria, la tortura, il genocidio.
Del tutto impropria appare quindi l’intenzione di istituire un reato universale in relazione ad un fatto che non è universalmente assunto come tale.
Va inoltre considerato che, a legislazione vigente, secondo la norma generale di cui all’art. 6, comma 2, c.p. il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione. La giurisprudenza ha fornito una nozione ampia del concetto di in parte, ritenendo sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice italiano qualsiasi condotta che si inserisca nella serie di comportamenti diretti alla realizzazione dell’illecito: in ragione dell’ampio collegamento con la giurisdizione italiana così accolto resta integra la punibilità secondo il nostro ordinamento, oltre che nel caso di nascita del bambino in Italia, in tutti i casi in cui l’accordo di surrogazione sia stato concluso in territorio italiano o comunque sia stata posta in essere in Italia qualsiasi condotta (ad esempio il pagamento del corrispettivo pattuito) eziologicamente collegata all’evento della surrogazione.
L’art. 7 c.p. ha attribuito il crisma della universalità ad alcuni specifici reati che esigono la punizione del colpevole, cittadino o straniero, in qualsiasi luogo siano stati commessi, in ragione della loro capacità lesiva di interessi fondamentali dello Stato. Ai fini che qui interessano non appare ragionevole invocare l‘ipotesi di cui al n. 5 di detto art. 7, riguardante ogni altro reato per il quale specifiche disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana, atteso che detta norma di chiusura va logicamente interpretata in armonia con le altre previsioni contenute nello stesso art. 7 e non può pertanto non riferirsi a fattispecie penali omogenee alle altre: come è evidente, la surrogazione non ha nulla di simile ai reati contro la personalità dello Stato o contro i suoi elementi identificativi, come il sigillo o le monete, che hanno un’impronta intrinsecamente extraterritoriale. Si ritiene generalmente in dottrina che i reati assoggettabili a tale più ampia estensione della giurisdizione italiana debbano essere quelli posti a tutela di fondamentali interessi statuali o di interessi di riconosciuto valore universale, certamente non ravvisabili nel delitto di surrogazione. Non senza considerare che stante la lieve entità della pena prevista per tale delitto sono possibili istituti deflattivi che consentirebbero di non arrivare ad una sentenza di condanna e in ogni caso di evitare l’esecuzione della pena detentiva[2].
Del tutto estraneo alla previsione in esame è l’art. 8 c.p., secondo il quale è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell’art. 7.
Va altresì ricordato che ai sensi dell’art. 9, comma 2, c.p. qualsiasi delitto comune punito con pena inferiore nel minimo a tre anni, e quindi anche la gestazione per altri, è già punibile se commesso interamente all’estero da cittadini italiani (sempre che si trovino nel territorio dello Stato), a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa. Non ho notizia di iniziative adottate in passato[G1] dal Ministro in relazione a surrogazioni di maternità realizzate interamente all’estero.
È ulteriormente da osservare che secondo la prevalente letteratura scientifica e parte della giurisprudenza, avallata dai lavori preparatori al codice penale, il citato art. 9 c.p. consente di punire all’estero un reato comune commesso da cittadini solo ove sussista la doppia incriminazione, configurato tale elemento come requisito implicito di punibilità del delitto comune commesso dal cittadino all’estero e come strumento regolatore dei rapporti di cooperazione giudiziaria internazionale tra i vari Paesi. Il Parlamento sembra voler prescindere da tale requisito, non ponendosi la questione della implausibilità di una fattiva collaborazione dello Stato estero per l’accertamento di un fatto considerato lecito nel suo ordinamento. È allora forte il rischio di ridurre l’affermazione della giurisdizione italiana ad una mera enunciazione simbolica, espressione di uno sterile paternalismo.[3] Va in aggiunta considerato che il superamento del requisito della doppia incriminazione aprirebbe seri problemi in ordine alla consapevolezza della illiceità e perseguibilità della condotta.
In conclusione la norma in esame, che incide direttamente sulla disciplina contenuta negli articoli da 7 a 10 del codice penale, si profila come del tutto velleitaria ed inutile.
L’introduzione della modifica dell’art. 12, comma 6, della legge n. 40, che appare a mio avviso giustificata nella sua inutilità soltanto dalla finalità di rafforzare lo stigma dell’illiceità penale della gestazione per altri e di escogitare uno strumento volto a disincentivarne l’utilizzo, scoraggiando il turismo procreativo, risulta infine del tutto disallineata rispetto alle sollecitazioni più volte dirette al legislatore dalla Corte Costituzionale a trovare in tempi rapidi, con un intervento da ultimo definito indifferibile, uno strumento di definizione dello status dei minori nati da gestazione per altri.
Dietro la scelta del Parlamento sembra leggersi il rifiuto di apprestare soluzioni normative ai problemi scaturiti dall’utilizzo delle nuove tecniche riproduttive, seguendo una linea politica tesa soltanto alla individuazione del nemico comune da sconfiggere. Una scelta siffatta non solo esprime indifferenza rispetto al dovere di rispondere ad una esigenza sociale che ha a che fare con i diritti fondamentali delle persone, e soprattutto dei bambini, ma segna una grave frattura tra le istituzioni, per il mancato rispetto delle decisioni e delle sollecitazioni della Corte Costituzionale, che è organo di garanzia dei diritti, e per la mancata volontà di assumere la responsabilità di completare il sistema di tutele del quale detta Corte ha segnalato le carenze, affrontando finalmente la disciplina della maternità surrogata non da un solo lato di visione, ma in tutta la sua complessità ed in tutte le sue implicazioni.
Occorre insomma separare la valutazione della fattispecie illecita dalle sue ricadute sul rapporto di filiazione, prendendo finalmente consapevolezza che quei bambini sono comunque venuti al mondo, esistono ed hanno il diritto di avere uno status, quello status del quale l’art. 315 c.c. ha sancito inequivocabilmente l’unicità.
Questa è la vera priorità: apprestare con spirito laico e senza nascondersi dietro steccati ideologici regole dirette a fornire tutela a detti minori.
Non sembra inutile al riguardo ricordare che il 14 marzo 2023 la Commissione politiche europee del Senato ha approvato una risoluzione che, svolgendo rilievi critici alla proposta di Regolamento europeo in tema di filiazione e certificato europeo di filiazione, dopo aver ampiamente richiamato la recente sentenza delle Sezioni Unite n. 38162 del 2022 ha affermato che appare … condizione essenziale che la proposta preveda esplicitamente la possibilità di invocare la clausola dell’ordine pubblico in via generale su tutti i casi di filiazione per maternità surrogata, a condizione di assicurare una tutela alternativa ed equivalente, quale quella del citato istituto dell’adozione in casi particolari, e che ciò valga esplicitamente anche con riguardo al certificato europeo di filiazione.
1 V. in senso critico CALVANESE, La surrogazione di maternità realizzata all’estero e la sua punibilità in Italia, in giudicedonna.it, n. 1-2/2023; FUSCALDO, Il reato di maternità surrogata: ratio e questioni, in Diritto.it, 25 settembre 2023; GATTA, Surrogazione di maternità come “reato universale”? A proposito di tre proposte di legge all’esame del Parlamento, in Sistema Penale, 2 maggio 2023.
[2] V. sul punto D’ALOIA, Serve davvero il “reato universale” di maternità surrogata?, in federalismi.it,18 ottobre 2023.
[3]V. sul punto MANNA, Rilievi critici sulla penale rilevanza tout court della maternità surrogata e sulle proposte governative di qualificarla come “reato universale”, in Sistema Penale, 18 luglio 2023; PELISSERO, Surrogazione di maternità: la pretesa di un diritto punitivo universale. Osservazioni sulle proposte di legge n. 2599 (Carfagna) e 306 (Meloni), Camera dei Deputati, in Sistema Penale, 29 giugno 2021.