ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Scheda n. 6 - Le modalità e la nuova disciplina del processo penale telematico (PPT)
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Le norme richiamate mirano a realizzare la transizione digitale e telematica del processo penale, attraverso significative innovazioni in tema di formazione, deposito, notificazione e comunicazione degli atti e in materia di registrazioni audiovisive e partecipazione a distanza ad alcuni atti del procedimento o all’udienza. La digitalizzazione della giustizia penale e lo sviluppo del processo penale telematico rappresentano aspetti cruciali proprio perché costituiscono uno degli obiettivi del PNRR.
LE DISPOSIZIONI GENERALI SUGLI ATTI
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 110. Sottoscrizione degli atti 1. Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare. *** *** 2. Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni di- versi dalla scrittura. *** *** *** *** 3. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo. *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 110. Forma degli atti 1. Quando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza. 2. Gli atti redatti in forma di documento informatico rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico. 4. Gli atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. |
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 111. Data degli atti 1. Quando la legge richiede la data di un atto, sono indicati il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. L'indicazione dell'ora è necessaria solo se espressamente descritta. *** 2. Se l'indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti a questo connessi. *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 111. Data e sottoscrizione degli atti 1. Quando la legge richiede la data di un atto informatico o analogico, sono indicati il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. L'indicazione dell'ora è necessaria solo se espressamente descritta. 2. Se l'indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti a questo connessi. 2-bis. L’atto redatto in forma di documento informatico è sottoscritto nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 2-ter. La ricezione di un atto orale, trascritto in forma di documento informatico, contiene l’attestazione da parte dell’autorità procedente, che sottoscrive il documento a norma del comma 2-bis, della identità della persona che lo ha reso. 2-quater. Quando l’atto è redatto in forma di documento analogico e ne è richiesta la sottoscrizione, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa attestazione in fine dell'atto medesimo. |
Il legislatore ha introdotto alcune previsioni nuove nel Libro II del codice di procedura penale, dedicato agli atti del procedimento, decidendo contestualmente di non introdurre nuove previsioni in materia di invalidità degli atti, ma di adattare quelle esistenti alla transizione digitale, sulla base della considerazione che un sistema, già denso di previsioni invalidanti, non necessitasse di disposizioni ulteriori.
Pertanto, l’art. 110 c.p.p. individua come regola la forma digitale dell’atto penale, sin dalla sua formazione. Vale, in questa ottica, una condizionata libertà di forme: ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti della autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità, interoperabilità e, ove previsto dalla legge, segretezza, caratteristiche che sono diretto precipitato della normativa sovranazionale e, in particolare, europea in materia di documenti informatici.
Il comma 3 disciplina i casi di deroga alla regola della formazione degli atti penali in formato digitale: è stata prevista una formula volutamente ampia così da consentire il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento disciplinati dall’art. 175-bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale (la relazione illustrativa fa come esempio la memoria redatta dall’imputato in stato di detenzione o di situazioni contingenti anche di impedimenti tecnici che non hanno le caratteristiche di un malfunzionamento nel senso dell’articolo 175-bis c.p.p.).
Il comma 4 dispone che gli atti redatti in forma di documento analogico siano convertiti, senza ritardo, in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti. Il termine “senza ritardo” comporta che trattasi di termine ordinatorio non soggetto ad alcuna nullità.
Per le definizioni di documento informatico e documento analogico, nonché per la disciplina della conversione del documento analogico in informatico e viceversa, la relazione illustrativa fa espresso richiamo al CAD (Codice Amministrazione Digitale).
In conclusione, possiamo affermare che dall’entrata in vigore delle nuove norme, la regola sarà la forma digitale degli atti penali, mentre gli atti prodotti e depositati in formato analogico devono essere convertiti in copia informatica, così da rendere il fascicolo penale digitale completo.
LE DISPOSIZIONI SUL DEPOSITO TELEMATICO E SUL FASCICOLO INFORMATICO
Le nuove disposizioni di cui agli artt. 111-bis e 111-ter c.p.p. concorrono, con le disposizioni già analizzate, a costruire l’architrave del nuovo processo telematico.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 111-bis. Deposito telematico 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 175-bis, in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 2. Il deposito telematico assicura la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché l’identità del mittente e del destinatario, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. 3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti e ai documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica. 4. Gli atti che le parti compiono personalmente possono essere depositati anche con modalità non telematiche. |
L’art. 111-bis prevede, al comma 1, l’obbligatorietà e la esclusività del deposito telematico di atti e documenti.
I commi 3 e 4 dell’art. 111-bis c.p.p. prevedono due casi di deroga alla regola generale:
- il comma 3 precisa che la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico “non si applica per gli atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica”: la relazione illustrativa fa l’esempio dei documenti aventi contenuto dichiarativo preformati rispetto al processo penale (una scrittura privata, un testamento olografo) di cui si contesti l’autenticità o documenti, quali ad esempio planimetrie, estratti di mappa, fotografie aeree e satellitari, per i quali appare indispensabile il deposito in forma di documento analogico, posto che l’acquisizione in forma di documento informatico priverebbe di nitidezza e precisione i relativi dati, incidendo sul loro valore dimostrativo in sede processuale;
- il comma 4 attribuisce la facoltà alle parti di depositare in forma analogica gli atti che compiono personalmente. Sul punto giova precisare che l’utilizzo del termine “parti” appare tecnicamente inesatto in quanto certamente da questa facoltà è esclusa la “parte pubblica” e in ogni caso pare rivolgersi ai soli soggetti privati e non già, ad esempio, ai loro difensori, come si può evincere dalla dicitura “atti che le parti compiono personalmente”.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 111-ter. Fascicolo informatico e accesso agli atti 1. I fascicoli informatici del procedimento penale sono formati, conservati, aggiornati e trasmessi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente il fascicolo informatico, in maniera da assicurarne l’autenticità, l’integrità, l’accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché l’agevole consultazione telematica. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche quando la legge prevede la trasmissione di singoli atti e documenti contenuti nel fascicolo informatico. 3. Gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico sono convertiti, senza ritardo, in documento informatico e inseriti nel fascicolo informatico, secondo quanto previsto dal comma 1, salvo che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. In tal caso, nel fascicolo informatico è inserito elenco dettagliato degli atti e dei documenti acquisiti in forma di documento analogico. 4. Le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e dei documenti processuali redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale. |
L’art. 111-ter c.p.p. concerne la formazione e la tenuta dei fascicoli informatici. La norma prevede che i fascicoli informatici del procedimento penale siano formati, conservati, aggiornati e trasmessi in modalità digitale, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché un’efficace e agevole consultazione telematica. Secondo la relazione illustrativa, la riforma, a regime, dovrebbe dunque garantire una maggiore effettività del diritto di difendersi, attraverso un accesso alle informazioni nel fascicolo veloce, completo, di facile lettura.
Al comma 2 è previsto che anche la trasmissione di singoli atti e documenti, disgiunti dal fascicolo processuale, avvenga in forma digitale.
Per gli atti depositati in modalità analogica (modalità che, come detto, è sempre possibile per il deposito operato personalmente dalle parti), si prescrive al comma 3 una pronta conversione in copia informatica ai fini del loro inserimento nel fascicolo informatico, con la stessa clausola di salvezza (questa volta ai fini specifici dell’inserimento nel fascicolo) prevista per gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. Tale disposizione vale, tra l’altro, ad estendere la clausola di salvezza a tutte le ipotesi e le forme di acquisizione di originali di scritti e documenti di cui all’art. 234 c.p.p. Si è comunque precisato che nel fascicolo informatico debba essere inserito un elenco dettagliato di tutti gli atti e documenti che, per qualsiasi ragione, siano acquisiti in forma di documento analogico e non siano stati convertiti in copia informatica. Tale disposizione vale a preservare completezza e continuità del fascicolo processuale anche laddove parte dello stesso fascicolo sia in forma di documento analogico, al contempo offrendo alle parti uno strumento utile per comprendere, consultando telematicamente il fascicolo, quali e quanti degli atti e documenti che compongono quel fascicolo siano presenti solo in cartaceo.
Al comma 4 si è, infine, precisato che le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e documenti processuali, redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale.
In conclusione, possiamo affermare che il fascicolo penale è e rimarrà unico e non vi sarà un regime di duplicazione (uno in formato digitale e uno in formato cartaceo). Il fascicolo, però, seppure unico, potrà essere in composizione mista: ferma, difatti, la regola del fascicolo digitale (che diventa il formato ordinario), sarà possibile che alcuni atti (e in particolare i documenti analogici che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possono essere acquisiti o convertiti in copia informatica) siano conservati in formato cartaceo. Questo comporterà, come per il processo civile, di fatto un doppio binario.
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 172 c.p.p. - Regole generali (Omissis) *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 172 c.p.p. - Regole generali (Omissis) 6-bis. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile. 6-ter. Salvo che non sia diversamente stabilito, i termini decorrenti dal deposito telematico, quando lo stesso è effettuato fuori dell’orario di ufficio stabilito dal regolamento, si computano dalla data della prima apertura immediatamente successiva dell’ufficio. |
L’art. 172 c.p.p., che detta la disciplina generale in materia di termini processuali, vede aggiungersi due commi: il 6 bis e il 6 ter. Il primo è dettato in un’ottica di favor per il diritto di difesa e stabilisce che il termine per il deposito di atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile.
L’altro è volto a contemperare le esigenze difensive con la necessità di non compromettere l’organizzazione giudiziaria stabilendo che il termine per provvedere sulla domanda depositata telematicamente fuori orario d’ufficio decorre dalla prima apertura successiva dell’ufficio competente.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 175-bis. Malfunzionamento dei sistemi informatici 1. Il malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Il ripristino del corretto funzionamento è certificato, attestato e comunicato con le medesime modalità. 2. Le certificazioni, attestazioni e comunicazioni di cui al comma 1 contengono l’indicazione della data dell’inizio e della fine del malfunzionamento, registrate, in relazione a ciascun settore interessato, dal direttore generale per i servizi informativi del Ministero della giustizia. 3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, a decorrere dall’inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, atti e documenti sono redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, fermo quanto disposto dagli articoli 110, comma 4, e 111-ter, comma 4. 4. La disposizione di cui al comma 3 si applica, altresì, nel caso di malfunzionamento del sistema non certificato ai sensi del comma 1, accertato ed attestato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, e comunicato con modalità tali da assicurare la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati della data di inizio e della fine del malfunzionamento. 5. Se la scadenza di un termine previsto a pena di decadenza si verifica nel periodo di malfunzionamento certificato ai sensi dei commi 1 e 2 o accertato ai sensi del comma 4, si applicano le disposizioni dell’articolo 175. |
Vengono, pertanto, previste due ipotesi: la prima (disciplinata ai commi 1 e 2 della nuova disposizione), riguarda il malfunzionamento c.d. certificato, ovvero le ipotesi di malfunzionamento generalizzato dei domini del Ministero della Giustizia: in tal caso il malfunzionamento è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia. La seconda ipotesi (disciplinata al comma 4) riguarda il malfunzionamento “non certificato”, ovvero quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale e in tal caso il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio. In tali casi è consentito il deposito in formato analogico.
DISCIPLINA TRANSITORIA
Viene dettata una disciplina transitoria che prevede che il entro il 31.12.2023 il Ministro della Giustizia debba adottare un decreto con cui le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale, nonché un altro decreto in cui preveda i termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione.
Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei suddetti provvedimenti continuano ad applicarsi, nel testo attuale, le disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3 bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4 c.p.p., nonché le disposizioni di cui l’articolo 154, commi 2, 3 e 4 disp. att. c.p.p.
Le disposizioni di nuova introduzione (e in particolare gli artt. 111, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater, 111 bis e 111 ter c.p.p., ma anche gli artt. 122, comma 2 bis, 172, commi 6 bis e 6 ter, 175 bis, 386, comma 1 ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis c.p.p.) si applicano a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei provvedimenti di cui sopra.
Le legge 30 dicembre 2022 n. 199 di conversione del d.l. 162/2022 ha introdotto l’art. 87 bis, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze”.
La norma detta un regime transitorio che, a decorrere dal 31.12.2022 e in attesa dell’entrata in vigore dei commi 6 bis e 6 ter dell’art. 172 c.p.p., attribuisce valore legale al deposito degli atti mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata.
Tale indirizzo PEC deve essere inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici previsto all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, mentre gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari sono esclusivamente quelli indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.
Quanto all’oggetto, possono essere depositati a mezzo PEC tutti gli atti, i documenti e le istanze comunque denominati diversi da quelli relativi alla fase d’indagini, per i quali il deposito deve invece essere fatto mediante il portale del processo penale telematico.
Le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale e le ulteriori modalità di invio sono demandate al medesimo provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati.
Richiamando quanto previsto all’art. 172 co 6 bis c.p.p., la norma prevede che “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”.
Infine, la norma prevede che il personale di segreteria e di cancelleria debba attestare il deposito degli atti dei difensori inviati tramite PEC annotando nel registro la data di ricezione, per poi inserire l'atto sia nel fascicolo telematico, sia nel fascicolo cartaceo mediante inserimento di copia analogica dell'atto ricevuto munito di attestazione della data di ricezione e di intestazione della casella di posta elettronica certificata di provenienza.
I commi 3, 4 e 5 dell’art. 87 bis dettano una particolare disciplina per gli atti di impugnazione, ivi compresi i motivi nuovi e le memorie, con ciò dovendosi intendere “tutti gli atti di impugnazione comunque denominati e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354”, per i quali è richiesta la specifica indicazione degli allegati, che devono essere trasmessi in copia informatica per immagine sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale, mentre le specifiche tecniche sono demandate al provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati.
Scheda n. 3 - Indagini preliminari
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Nell’area di intervento attinente alla fase delle indagini, le modifiche attuative della delega perseguono due obiettivi: ridurre i tempi delle indagini incidendo sui termini di durata e introducendo rimedi giurisdizionali alla eventuale stasi del procedimento, determinata dall’inerzia del p.m.; filtrare maggiormente i procedimenti meritevoli di essere portati all’attenzione del giudice, esercitando l’azione penale; il tutto avendo sempre attenzione alla salvaguardia dei diritti delle parti.
Nella generale prospettiva di introdurre efficaci forme di controllo sulla gestione dei tempi delle indagini, si evidenziano: la disciplina con maggiore dettaglio del momento delicato di iscrizione della notizia di reato, perseguendo l’obiettivo di circoscrivere all’ambito del procedimento penale la rilevanza della valutazione compiuta dal P.M. al momento dell’iscrizione; l’introduzione di un procedimento incidentale di sindacato sulla tempestività dell’iscrizione, potenzialmente idoneo a produrre effetti di rilievo sulla base cognitiva del giudizio; la discovery forzosa quale strumento volto per un verso a dissuadere ingiustificati temporeggiamenti decisori del pubblico ministero, per altro verso a favorire l’individuazione e la chiusura dei procedimenti suscettivi d’essere definiti grazie a possibili apporti conoscitivi ad opera delle “parti” del procedimento.
NOTIZIA DI REATO
TESTO RIFORMATO |
Art. 335 c.p.p. - Registro delle notizie di reato. 1.Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito., contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto. 1-bis. Il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico. 1-ter. Quando non ha provveduto tempestivamente ai sensi dei commi 1 e 1-bis, all’atto di disporre l’iscrizione il pubblico ministero può altresì indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata. (Omissis) |
Il P.M. ha l’onere di iscrivere la notizia di reato che contenga la rappresentazione di un fatto determinato e non inverosimile e riconducibile a una fattispecie incriminatrice. Si mira a esonerare il P.M. dall’iscrizione di fatti palesemente infondati o penalmente irrilevanti.
L’iscrizione del nome dell’indagato deve essere effettuata appena emergano indizi a suo carico.
Se non provvede tempestivamente all’iscrizione, all’atto di iscrivere il P.M. può indicare la data anteriore a partire dalla quale l’iscrizione stessa deve intendersi effettuata.
A seguito dell’introduzione dell’art. 335-ter c.p.p., inoltre, si onera il GIP, al momento in cui debba compiere un atto del procedimento, di ordinare al P.M. con decreto motivato di iscrivere il nome del soggetto al quale ritiene debba essere attribuito il reato per il quale si procede.
Il P.M. deve provvedervi, indicando anche la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini.
A tal proposito, ai sensi del nuovo art. 335-quater c.p., l’indagato può chiedere al giudice che procede, o nel corso delle indagini al GIP, di accertare la tempestività dell’iscrizione che lo riguardi.
La richiesta può essere presentata:
- in udienza preliminare o dibattimentale, depositandola in cancelleria. La richiesta viene quindi trattata e decisa in udienza;
- nel corso delle indagini preliminari, quando il giudice deve adottare una decisione con l’intervento del P.M. e dell’indagato. In tal caso la retrodatazione deve essere rilevante per la decisione, e viene trattata e decisa nelle forme del procedimento in corso;
- mediante deposito nella cancelleria del giudice che procede, con la prova della notifica al P.M. il quale ha 7 giorni per presentare memorie. Decorso tale termine entrambe le parti hanno facoltà di presentare ulteriori memorie entro 7 giorni. Il giudice può quindi decidere allo stato degli atti o fissare udienza ex art. 127 c.p.p.
Il giudice, quando il ritardo è inequivocabile e non giustificato, dispone la retrodatazione indicando la data a partire dalla quale deve intendersi iscritta la notitia criminis e il nome dell’indagato.
La richiesta è inammissibile se non indica: 1) le ragioni che la sorreggono; 2) gli atti del procedimento dai quali si desume il ritardo; 3) e se non è presentata entro venti giorni da quando l’indagato ha avuto facoltà di prendere conoscenza degli atti che dimostrano il ritardo nell’iscrizione.
P.M. e parte civile, in caso di accoglimento della richiesta, o il richiedente in caso di suo rigetto, possono chiedere di riesaminare la questione: 1) prima della conclusione dell’udienza preliminare; 2) entro il termine ex art. 491 comma 1 c.p.p. nel dibattimento; 3) nel dibattimento preceduto da udienza preliminare, inoltre, la richiesta può essere ripresentata solo se già presentata in udienza preliminare.
Così come prescritto dall’art. 3-bis disp. att., nella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero si conforma ai criteri di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 335-quater c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 335-quater c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Nessuna deroga è invece prevista nei casi di procedimenti relativi a reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ai quali l’art. 335-quater c.p.p. si applica in ogni caso.
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 335-quater c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
ATTIVITA’ A INIZIATIVA DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA
L’articolo 349 c.p.p. (Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone) viene modificato nella parte relativa alle informazioni richieste dalla P.G. che procede al redigere il verbale di identificazione e di elezione di domicilio nei confronti del sottoposto a indagini.
Oltre all’invito a dichiarare o eleggere domicilio, infatti, l’indagato viene richiesto di fornire:
- il recapito della casa di abitazione;
- il recapito del luogo di lavoro;
- il recapito del luogo dove ha temporanea dimora o domicilio;
- i recapiti telefonici o di posta elettronica di cui ha la disponibilità.
Viene, altresì, prevista ai sensi dell’art. 350 c.p.p. la facoltà per la P.G. di richiedere al P.M., previo consenso dell’indagato e del difensore, di assumere le sommarie informazioni con sistemi di collegamento a distanza.
Per le modalità di compimento dell’atto si osservano le disposizioni dell’art. 133-ter c.p.p.
Diversamente, nel riformato art. 351 c.p.p., non viene prevista la possibilità di utilizzo di sistemi di collegamento a distanza: il dichiarante, difatti, può unicamente chiedere che le sue dichiarazioni siano documentate mediante registrazione audio.
TESTO RIFORMATO |
Art. 352 c.p.p. – Perquisizioni. (Omissis) 4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, decide con decreto motivato sulla convalida della perquisizione. 4-bis. Salvo che alla perquisizione sia seguito il sequestro, entro dieci giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127. Si applica la disposizione di cui all’articolo 252-bis, comma 3. |
L’indagato o il soggetto sottoposto a perquisizione possono, entro dieci giorni dalla conoscenza del decreto di convalida emesso dal P.M., proporre opposizione. Il giudice provvede nelle forme dell’art. 127 c.p.p.
Se la perquisizione è stata disposta fuori dai casi previsti dalla legge, il giudice accoglie l’opposizione.
L’articolo di legge non dice quale sia il contenuto del provvedimento: probabilmente dovrà essere disposto l’annullamento della convalida.
Tale norma è speculare all’art. 252-bis c.p.p., che disciplina in modo analogo l’opposizione al decreto di perquisizione emesso dal P.M.
Ai sensi del riformato art. 357 c.p.p., si prevede che la P.G. che assume sommarie informazioni (art. 351 c.p.p.) nei casi:
1. di indagini per delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A;
2. o quando il dichiarante ne faccia richiesta
deve audioregistrare la deposizione, salvo che la strumentazione non sia disponibile.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La violazione è priva di sanzione nel caso ordinario ed è invece sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto nel caso di minori, infermi di mente o soggetti vulnerabili.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla P.G. stessa.
Previsione simile è prevista per le dichiarazioni e gli interrogatori resi al Pubblico Ministero e (artt. 362 e 370 c.p.p.: vedi ultra) e per le dichiarazioni assunte dal difensore (art. 391-ter c.p.p.).
ATTIVITÀ DEL PUBBLICO MINISTERO
Il nuovo art. 360 c.p.p. prescrive che l’indagato, la persona offesa, i difensori e i consulenti tecnici che lo richiedono possono essere autorizzati dal P.M. a partecipare a distanza al conferimento dell’incarico o agli accertamenti.
Il P.M., inoltre, ai sensi dell’art. 362 comma 1-quater c.p.p., avvisa la persona chiamata a rendere sommarie informazioni che ha diritto di chiedere l’audioregistrazione della sua deposizione. Rimane salva l’indisponibilità contingente di strumenti tecnici.
TESTO RIFORMATO |
Art. 369 c.p.p. - Informazione di garanzia. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero notifica invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. 1-bis. Il pubblico ministero informa altresì la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa del diritto alla comunicazione previsto dall'articolo 335, comma 3. 1-ter. Il pubblico ministero avvisa inoltre la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151. |
L’informazione di garanzia deve essere notificata nelle forme previste dai nuovi artt. 148 e 149 c.p.p. e iene, altresì, eliminato il rinvio all’art. 151 c.p.p., in quanto abrogato.
Nell’informazione di garanzia deve essere contenuto l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Ai sensi dell’art. 370 c.p.p., inoltre, l’interrogatorio davanti al P.M. o delegato alla P.G. può svolgersi a distanza se difensore e indagato lo consentono. In tal caso si applicano le disposizioni dell’art. 133-ter c.p.p. (che disciplina le modalità della partecipazione a distanza).
Il P.M. non è comunque obbligato a procedere a distanza, potendo delegare il P.M. presso il Tribunale del luogo dove si trova il soggetto da interrogare.
TESTO RIFORMATO |
Art. 373 c.p.p. – Documentazione degli atti. (Omissis) 2-bis. Alla documentazione degli interrogatori di cui al comma 1, lettere b) e d-bis), si procede anche con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. 2-ter. Quando le indagini riguardano taluno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), oppure quando la persona chiamata a rendere informazioni ne faccia richiesta, alla documentazione delle informazioni di cui al comma 1, lettera d), si procede altresì mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico. 2-quater. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. 2-quinquies. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica di cui ai commi 2-bis e 2-ter è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pubblico ministero. (Omissis) |
La documentazione di:
1. interrogatorio dell’indagato;
2. interrogatorio dell’imputato in procedimento connesso;
deve essere effettuata anche con videoregistrazione. È consentita l’audioregistrazione solo quando vi sia la contingente indisponibilità di strumenti o di personale tecnico.
La documentazione delle informazioni assunte dal P.M. (art. 362 c.p.p.) nei casi:
1. di indagini per delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.;
2. o quando il dichiarante ne faccia richiesta;
deve essere effettuata anche con audioregistrazione.
La previsione di cui al punto 2 è già prevista dall’art. 362 c.p.p.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla P.G. che assiste il P.M.
ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO
Ai sensi del riformato art. 386 c.p.p., si prevede che la comunicazione consegnata all’arrestato o al fermato contenga l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Il giudice, inoltre, può autorizzare la partecipazione a distanza di arrestato o fermato e del difensore all’udienza di convalida, se gli interessati ne fanno richiesta ex art. 391, co. 1, secondo periodo, c.p.p.
INVESTIGAZIONI DIFENSIVE
TESTO RIFORMATO |
Art. 391-ter c.p.p. - Documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni. (Omissis) 3-bis. Le informazioni di cui al comma 3 sono documentate anche mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione. 3-ter. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. 3-quater. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica di cui ai commi 3-bis e 3-ter è disposta solo se assolutamente indispensabile. |
Nel riformato art. 391-ter c.p.p., Anche le dichiarazioni rese al difensore nell’ambito delle indagini difensive devono essere audioregistrate, salva la contingente indisponibilità di strumenti idonei.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La violazione è priva di sanzione nel caso ordinario ed è invece sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto nel caso di minori, infermi di mente o soggetti vulnerabili.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile.
INCIDENTE PROBATORIO
L’unica aggiunta disposta al testo dell’art. 401 c.p.p. prevede che le prove vengano non solo assunte ma anche documentate con le forme stabilite per il dibattimento.
CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI
TESTO RIFORMATO |
Art. 405 c.p.p. – Termini per la conclusione delle indagini preliminari. 1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio. 2. Salvo quanto previsto dagli articoli 406 e 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi conclude le indagini preliminari entro il termine di un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di sei mesi, se si procede per una contravvenzione e di un anno e sei mesi se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a). (Omissis) |
Salve le proroghe e le nuove previsioni dell’art. 415-bis c.p.p., il P.M. conclude le indagini (non più richiede il rinvio a giudizio) entro il termine di un anno dall’iscrizione del nome dell’indagato nel registro delle notizie di reato.
Il termine è invece:
1. di sei mesi per le contravvenzioni;
2. di un anno e sei mesi per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.
Il nuovo art. 406 c.p.p., prevede che la proroga può essere chiesta al GIP quando le indagini sono complesse (e non più per giusta causa).
È possibile una sola proroga per un tempo non superiore a sei mesi.
Gli atti di indagine assunti dopo la scadenza dei termini non possono essere utilizzati, salvo quanto previsto dall’art. 415-bis c.p.p.
Le modalità di esercizio dell’azione penale e i relativi termini sono stati modificati, abrogando il comma 3-bis dell’art. 407 c.p.p. e introducendo l’art. 407-bis c.p.p in forza del quale il P.M. che non chiede l’archiviazione esercita l’azione penale con richiesta di rinvio a giudizio o formulando l’imputazione nei casi di richiesta di patteggiamento, giudizio direttissimo, giudizio immediato, decreto penale e messa alla prova.
L’azione penale deve essere esercitata entro tre mesi dalla scadenza del termine di cui all’art 405 c.p.p. oppure, se è stato notificato l’avviso ex art. 415-bis c.p.p., entro tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415-bis, commi 3 e 4 c.p.p.
Il termine è di nove mesi nei casi di delitti previsti dall’art. 407, comma 2 c.p.p.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 407-bis c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto, nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 407-bis c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 407-bis c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
TESTO RIFORMATO |
Art. 408 c.p.p. - Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, Quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, il pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione. 2. Fuori dei casi di rimessione della querela, l’avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione. 3. Nell'avviso è precisato che, nel termine di venti giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Nell’avviso è indicata anche l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 3-bis. Per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all'articolo 624-bis del codice penale, l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa ed il termine di cui al comma 3 è elevato a trenta giorni. |
Viene modificato il presupposto che giustifica la richiesta di archiviazione: da “se la notizia di reato è infondata” si passa a “quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.”
L’avviso della richiesta è notificato alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta, ma non nei casi di rimessione della querela.
Quando il GIP non concordi sulla richiesta di archiviazione, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., nel provvedimento che fissa l’udienza camerale deve essere contenuto l’avviso della facoltà di accedere al programma di giustizia riparativa.
Alla luce di quanto previsto dal riformato art. 412 c.p.p., il P.G. presso la Corte di Appello può disporre l’avocazione delle indagini:
1. se il P.M. non ha disposto la notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. o non ha esercitato l’azione penale o non ha richiesto l’archiviazione nei nuovi termini previsti (la norma elimina il richiamo puro e semplice al termine dell’art. 407, comma 3-bis, c.p.p. e lo sostituisce con i termini previsti dagli artt. 407-bis, comma 2 (termine ordinario di tre mesi dalla scadenza delle indagini), 415-bis, comma 5 quinquies (venti giorni dall’ordine impartito dal GIP di assumere le determinazioni sull’azione penale), 415-ter, comma 3 (inerzia del P.M. a fronte dell’ordine del P.G.);
2. nel caso di fissazione di udienza camerale per richiesta di archiviazione non accolta;
3. nel caso di richiesta dell’indagato o della persona offesa al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni sull’azione penale (art. 415-bis, comma 5-quater).
In forza delle modifiche apportate anche all’art. 414 c.p.p., si prevede che il GIP respinga la richiesta di riapertura delle indagini quando non è ragionevolmente prevedibile che saranno individuate nuove fonti di prova idonee a portare all’esercizio dell’azione penale, pertanto non si consente al P.M. di indagare in attesa del provvedimento di autorizzazione alla riapertura: gli atti compiuti in assenza del provvedimento sono inutilizzabili.
All’interno dell’art. 415 c.p.p. viene eliminato il capoverso relativo all’ordine di iscrizione del nome dell’indagato impartito dal GIP, in quanto la previsione è contenuta nel nuovo art. 335-ter c.p.p. (vedi supra).
TESTO RIFORMATO |
Art. 415-bis c.p.p. – Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. (Omissis) 3-bis. L’avviso contiene inoltre l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. (Omissis) 5-bis. Il pubblico ministero, prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell’articolo 405, può presentare richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di cui al comma 1 al procuratore generale presso la corte di appello: a) quando è stata richiesta l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita; b) quando la conoscenza degli atti d’indagine può concretamente mettere in pericolo la vita di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all’accertamento dei fatti, all’individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca. 5-ter. Entro venti giorni dal deposito della richiesta del pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, il procuratore generale autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, non superiore a un anno. In caso contrario, il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto con cui il procuratore generale rigetta la richiesta di differimento del pubblico ministero è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa. 5-quater. Alla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l’azione penale, né richiesto l’archiviazione, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni sull’azione penale. Sulla richiesta il giudice provvede, nei venti giorni successivi, con decreto motivato. In caso di accoglimento, il giudice ordina al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni sull’azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero e al procuratore generale presso la corte d’appello e notificato alla persona che ha formulato la richiesta. 5-quinquies. Il pubblico ministero trasmette al giudice e al procuratore generale copia dei provvedimenti assunti in conseguenza dell’ordine emesso ai sensi del comma 5-quater. 5-sexies. Nei casi di cui al comma 1-quater, se non ha già ricevuto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi del comma 1, alla persona offesa dal reato è notificato l’avviso previsto dal comma 1 dell’articolo 415-ter. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 415-ter. |
Anche l’avviso ex art. 415-bis c.p.p. deve contenere l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Il P.M., prima della scadenza delle indagini (termine ex art. 405, comma 2, c.p.p.), può chiedere al P.G. presso la Corte di Appello di differire la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini:
1. quando aveva chiesto una misura custodiale e il giudice non vi ha ancora provveduto o, pur avendo provveduto, la misura non è stata ancora eseguita. La previsione non si applica in caso di latitanza;
2. in una serie di gravi ipotesi di pericolo per la vita, di sicurezza dello Stato, di pregiudizio alle indagini tassativamente indicate.
Il P.G. può:
1. accogliere la richiesta e differire il termine per un periodo non superiore a sei mesi (un anno per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.);
2. non accoglierla e ordinare al P.M. di notificare l’avviso di conclusione entro venti giorni.
Scaduti i termini previsti dall’art. 407-bis, comma 2 (vale a dire tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415-bis, commi 3 e 4, o nove mesi nei casi di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.), se il P.M. rimane inerte l’indagato e la persona offesa possono chiedere al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni sull’azione penale.
Il GIP ha venti giorni per provvedere con decreto motivato.
Se accoglie ordina al P.M. di assumere le sue determinazioni entro venti giorni.
Il P.M., in tal caso, trasmette al GIP e al P.G. copia dei provvedimenti assunti in conseguenza dell’ordine.
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 415-ter c.p.p. - Diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari. 1. Salvo quanto previsto dal comma 4, alla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è altresì immediatamente notificato avviso dell’avvenuto deposito e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L’avviso contiene altresì l’indicazione della facoltà di cui al comma 3. Copia dell’avviso è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. 2. Quando, decorsi dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, non riceve la comunicazione prevista al comma 1, se non dispone l’avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di deposito di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini. 3. Se dalla notifica dell’avviso di deposito indicato al comma 1 o del decreto indicato al comma 2 è decorso un termine pari a un mese senza che il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni sull’azione penale, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di provvedere. Il termine è pari a tre mesi nei casi di cui all’articolo 407, comma 2. Si applicano il secondo, il terzo e il quarto periodo del comma 5-quater nonché il comma 5-quinquies dell’articolo 415-bis. Quando, in conseguenza dell’ordine emesso dal giudice, è notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, i termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, sono ridotti di due terzi. 4. Prima della scadenza dei termini previsti dall’articolo 407-bis, comma 2, quando ricorrono le circostanze di cui al comma 5-bis dell’articolo 415-bis, il pubblico ministero può presentare richiesta motivata di differimento del deposito e della notifica dell’avviso di deposito di cui al comma 1 al procuratore generale. Sulla richiesta il procuratore generale provvede ai sensi del comma 5-ter dell’articolo 415-bis. Le disposizioni del presente comma non si applicano quando il pubblico ministero ha già presentato la richiesta di differimento prevista dal comma 5-bis dell’articolo 415-bis. |
Scaduto il termine di cui all’art. 407-bis, comma 2, il P.M. deve effettuare la discovery depositando in segreteria gli atti di indagine compiuti e notificando l’avviso di deposito.
Se alla scadenza di tale termine il P.G. non riceve l’avviso di deposito e se non dispone l’avocazione, ordina con decreto al P.M. di notificarlo entro venti giorni a indagato e persona offesa.
Se decorso un mese dalla notifica dell’avviso di discovery o dalla notifica al P.M. del decreto del P.G. non sono state assunte le determinazioni sull’azione penale, l’indagato e la persona offesa possono chiedere al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni (si applica, in tal caso, la disciplina processuale descritta sub art. 415-bis c.p.p.).
Il P.M. può presentare al P.G. richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di discovery nel caso dell’art. 415-bis, comma 5-bis:
1. quando aveva chiesto una misura custodiale e il giudice non vi ha ancora provveduto o, pur avendo provveduto, la misura non è stata ancora eseguita. La previsione non si applica in caso di latitanza;
2. in una serie di gravi ipotesi di pericolo per la vita, di sicurezza dello Stato, di pregiudizio alle indagini tassativamente indicate.
Il P.G. può:
1. accogliere la richiesta e differire il termine per un periodo non superiore a sei mesi (un anno per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.);
2. non accoglierla e ordinare al P.M. di notificare l’avviso di discovery entro venti giorni.
La richiesta prevista da questo articolo non può essere presentata se il P.M. aveva già chiesto il differimento dell’avviso di conclusione delle indagini.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 415-ter c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 415-ter c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 415-ter c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
Scheda n. 4 - Misure cautelari
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Rispetto ad altri settori della procedura penale, la riforma in commento incide sulla disciplina delle misure cautelari in modo sensibilmente inferiore, principalmente con lo scopo di coordinare la materia della cautela (non solo personale, ma anche reale) con altri ambiti procedurali che tendono a privilegiare il contatto attivo con la persona offesa nell’ottica della riparazione; a garantire l’avvio verso la digitalizzazione del processo penale con un maggiore ricorso al mezzo telematico; a garantire l’effettiva consapevolezza all’indagato/imputato della pendenza del procedimento/processo.
La riforma, inoltre, collega alcune disposizioni in tema di sequestri con le vicende dell’appello e con il rito degli irreperibili (novellato).
Sotto il profilo del contatto con la normativa penale sostanziale, la novella coordina il decorso del termine di fase delle misure cautelari se non sia immediatamente possibile accedere alle sanzioni sostitutive, tanto da richiedere l’impiego di tempo per acquisire le necessarie informazioni in grado di giustificare la concessione di tali sanzioni.
Il pacchetto riformato delle sanzioni sostitutive è destinato ad incidere anche sulla compatibilità di determinate misure custodiali con l’applicazione di tali sanzioni.
IL RAPPORTO CON LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 293 c.p.p. – Adempimenti esecutivi. 1. Salvo quanto previsto dall’art. 156, l’ufficiale o l’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare (Omissis) lo informa: (Omissis) i-bis) della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. (Omissis) |
La disposizione su cui incide la riforma regola gli adempimenti esecutivi conseguenti all’esecuzione di un provvedimento dispositivo di misura cautelare coercitiva.
Con l’introduzione della lettera “i-bis” si impone all’Ufficiale o all’Agente di p.g. che provvede ad eseguire il provvedimento l’obbligo di informare l’indagato/imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
La disposizione è immediatamente precettiva a partire dal 30.12.2022.
LA DIGITALIZZAZIONE, LA DOCUMENTAZIONE E L’UTILIZZO DEL MEZZO TELEMATICO
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 294 c.p.p. - Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale. (Omissis) 4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto. Il giudice può autorizzare la persona sottoposta a misura cautelare e il difensore che ne facciano richiesta a partecipare a distanza all’interrogatorio. (Omissis) 5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice, o il presidente, nel caso di organo collegiale qualora non ritenga di procedere personalmente e non sia possibile provvedere ai sensi del terzo periodo del comma 4, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. (Omissis) 6-bis. Alla documentazione dell’interrogatorio si procede anche con mezzi di riproduzione visiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. È fatta salva l’applicazione dell’articolo 133-ter, comma 3, terzo periodo, nei casi in cui è autorizzata la partecipazione a distanza dell’interrogatorio. |
La riforma incide sull’interrogatorio c.d. “di garanzia” che deve essere effettuato in seguito all’applicazione della misura cautelare.
Si prevede (co. 4) la possibilità di autorizzare la partecipazione a distanza dell’indagato e del difensore (se ne fanno richiesta) all’interrogatorio. Ciò va di pari passo con la modifica della modalità di documentazione dell’interrogatorio (co. 6-bis), che deve avvenire anche (quindi in combinazione con la modalità manuale tradizionale) con mezzi di riproduzione audiovisiva o – in caso in cui questi manchino o non funzionino, o non vi sia personale adibito a ciò - con mezzi di riproduzione fonografica. Il posizionamento di questa nuova disposizione nel testo della norma, come previsione ulteriore a completamento della disciplina dell’interrogatorio, sembra lasciare intendere che si tratti di una norma da applicarsi a tutti gli interrogatori, anche quelli relativi a misure diverse da quella carceraria, posto che diversamente – se cioè la si intendesse come modalità di documentazione dell’interrogatorio di chi è in custodia cautelare - sarebbe una duplicazione di quanto già previsto dall’art. 141-bis c.p.p., che impone per l’appunto la documentazione con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva dell’interrogatorio, svolto al di fuori dell’udienza, della persona che si trova in stato di detenzione. Lo stesso art. 141-bis c.p.p. è stato modificato dalla novella in commento, nel senso che la precedente formulazione: “mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva” è stata ricostruita in coerenza con il comma 6-bis dell’art. 294 c.p.p.: “l’interrogatorio […] deve essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, con mezzi di riproduzione fonografica. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione audiovisiva e fonografica o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica”.
Nel caso in cui l’interrogatorio sia svolto “a distanza” su richiesta di parte, si applica l’art. 133-ter comma 3, terzo periodo c.p.p., nel senso che “dell’atto o dell’udienza è sempre disposta la registrazione audiovisiva”.
Viene limitato il ricorso al c.d. interrogatorio per “rogatoria” (comma 5). Si privilegia infatti l’interrogatorio diretto da parte del giudice che ha disposto la misura (chiaramente per gli atti da assumere in una circoscrizione di Tribunale diversa rispetto a quella cui appartiene il giudice della misura), che può anche essere svolto tramite la partecipazione a distanza.
Solo ove il giudice ritenga di non provvedere autonomamente, salvo che non sia possibile provvedere con il collegamento “a distanza”, allora sarà possibile richiedere la rogatoria.
La disposizione è immediatamente precettiva a partire dal 30.12.2022.
LA CONSAPEVOLEZZA DELL’INDAGINE E DELLA MISURA CAUTELARE
La riforma incide su due disposizioni fondamentali che si coordinano tra loro.
All’art. 295, comma 2, c.p.p. destinato a regolare le ricerche del catturando, è inserita una formula (invero piuttosto generica e che si riporta al giudizio del singolo giudice), secondo la quale se le ricerche effettuate “non sono esaurienti”, si deve disporre che le stesse proseguano.
In caso contrario è possibile dichiarare, secondo le modalità dell’articolo 296 c.p.p., la latitanza.
Per il decreto di latitanza, previsto per ogni tipo di misura cautelare (art. 296, comma 2, c.p.p.), è ora imposto un maggiore obbligo motivazionale sulle circostanze da cui si desume la volontà dell’indagato di sottrarsi all’esecuzione della misura, essendo necessario dimostrare che questi abbia effettiva conoscenza della misura stessa. Si tratta di un passo in più rispetto alla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, sul punto, reputava bastevole la consapevolezza della possibilità che il provvedimento restrittivo della libertà potesse essere emesso (Cass. pen., sez. II^, 23.09.2016, n° 47852).
È previsto inoltre l’obbligo di comunicare, al momento del rintraccio del latitante, la data dell’udienza, se il processo è in corso (comma 4-bis).
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 296 c.p.p. – Latitanza. (Omissis) 2. La latitanza è dichiarata con decreto motivato. Se la dichiarazione consegue alla mancata esecuzione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari, nel decreto sono indicate le specifiche circostanze che provano l’effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell'ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore. (Omissis) 4-bis. Quando il provvedimento che ha dato causa alla dichiarazione di latitanza è eseguito, se il processo è in corso, all’imputato è comunicata la data dell’udienza. (Omissis) |
La disposizione è immediatamente precettiva a partire dal 30.12.2022.
LA DURATA E LA PERDITA DI EFFICACIA DELLE MISURE CAUTELARI
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 300 c.p.p. - Estinzione o sostituzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze. (Omissis) 4-bis. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna o sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444, ancorché sottoposta a impugnazione, alla pena pecuniaria sostitutiva o al lavoro di pubblica utilità sostitutivo, di cui alla legge 24 novembre 1981 n. 689, non può essere mantenuta la custodia cautelare. Negli stessi casi, quando è pronunciata sentenza di condanna o sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 alla pena della detenzione domiciliare sostitutiva, non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere. In ogni caso, il giudice può sostituire la misura in essere con un’altra meno grave di cui ricorrono i presupposti, ai sensi dell’articolo 299. (Omissis) |
In tema di cause di estinzione delle misure cautelari per l’effetto della pronuncia di determinante sentenze (e quindi per causa diversa dal decorso del tempo), accanto a quelle tradizionali la riforma introduce una nuova causa di estinzione, collegandola alla concessione (con sentenza di condanna o di applicazione pena, ancorché non esecutive) della sanzione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, della pena pecuniaria sostitutiva, ovvero della detenzione domiciliare sostitutiva, riconosciute le quali non può essere mantenuta la custodia cautelare. La disposizione ovviamente è limitata solo a questo tipo di misura cautelare (che chiaramente impedirebbe l’adempimento alle sanzioni sostitutive), lasciando intendere che altre misure, meno gravose, risultano comunque compatibili con la sanzione sostitutiva (comma 4-bis).
Ed invero, nulla vieta al giudice, qualora ve ne siano i requisiti, di sostituire il carcere con misura meno grave (anche arresti domiciliari).
Altra causa di perdita di efficacia, prevista per la custodia cautelare e per gli arresti domiciliari, viene collegata dalla riforma alla pronuncia di sentenza nei confronti dell’irreperibile.
Quando quest’ultima diventa irrevocabile, le misure custodiali perdono efficacia (art. 420-quater, co. 7, in relazione al comma 6, c.p.p., nonché in relazione all’art. 420-sexies, co. 6 c.p.p.).
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 420-quater c.p.p. - Sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato. (Omissis) 7. In deroga a quanto disposto dall’articolo 300, le misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere perdono efficacia solo quando la sentenza non è più revocabile ai sensi del comma 6. In deroga a quanto disposto dagli articoli 262, 317, 323, gli effetti dei provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, il sequestro conservativo e il sequestro preventivo permangono fino a quando la sentenza non è più revocabile ai sensi del comma 6. |
In tema di cause di sospensione del termine di fase, accanto alle tradizionali la riforma ne introduce una nuova (art. 304, comma 1, lettera c-ter, c.p.p.), ancora una volta collegata alle sanzioni sostitutive ed al meccanismo per la loro applicazione (art. 545-bis c.p.p.). Il termine di fase è sospeso (automaticamente) dalla lettura del dispositivo della sentenza fino alla data dell’udienza camerale fissata per la decisione sulla sostituzione della pena, quando ciò non sia immediatamente possibile (ad esempio perché è necessario acquisire la relazione dell’UEPE), fermo restando che il termine in questione non può mai essere superiore a giorni sessanta, con la conseguenza che se l’udienza camerale è fissata ad una distanza temporale maggiore, i giorni restanti dal sessantunesimo in avanti prevederanno la ripresa del decorso del termine di fase della misura cautelare in essere.
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 304 c.p.p. - Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. 1. I termini previsti dall'articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi: (Omissis) c-ter) nei casi previsti dall’articolo 545-bis, comma 1, durante il tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo e l’udienza fissata per la decisione sulla eventuale sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689; in tal caso, la sospensione dei termini previsti dall’articolo 303 non può comunque avere durata superiore a sessanta giorni. (Omissis) |
La disposizione è immediatamente precettiva a partire dal 30.12.2022.
GLI INTERVENTI SULLE MISURE CAUTELARI REALI ED IL RAPPORTO CON L’APPELLO
In tema di sequestro conservativo la riforma elimina la possibilità di ottenere il provvedimento cautelare reale in esame per la garanzia a favore dello Stato del pagamento della pena pecuniaria (art. 316 c.p.p.), proprio per ciò – in tema di esecuzione sui beni sequestrati - viene espunto dal codice di procedura il riferimento al passaggio in giudicato delle sentenze che dispongono il pagamento di sanzione pecuniaria, così come viene espunto il riferimento alle pene pecuniarie dall’elenco dei crediti che possono essere soddisfatti con il ricavato della vendita dei beni sottoposti a sequestro.
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 320 c.p.p. – Esecuzione sui beni sequestrati. 1. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 539. La conversione non estingue il privilegio previsto dall'articolo 316 comma 4. 2. Salva l'azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute, l'esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile. Sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute alla cassa delle ammende, sono pagate, nell'ordine, le somme dovute alla parte civile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato. |
La riforma inoltre coordina le disposizioni sulla durata del sequestro conservativo con le disposizioni in tema di appello che si occupano della decisione sui capi civili della sentenza.
In caso di devoluzione della decisione sulle questioni civili al giudice civile per improcedibilità dell’azione dovuta al superamento dei termini previsti per l’appello, il sequestro conservativo permane efficace fino all’intervenuto giudicato della sentenza civile (art. 317, comma 1 che si riporta all’art. 578, comma 1-ter c.p.p.).
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 317 c.p.p. – Forma del provvedimento. Competenza. 4. Salvo quanto disposto dal comma 1-ter dell’articolo 578, gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione. La cancellazione della trascrizione del sequestro di immobili è eseguita a cura del pubblico ministero. Se il pubblico ministero non provvede, l’interessato può proporre incidente di esecuzione. |
I sequestri probatori, conservativi e preventivi, se emessi nei procedimenti contro irreperibili, sono destinati a perdere efficacia con l’irrevocabilità della sentenza ex art. 420-quater c.p.p. (comma 6 dello stesso art. 420-quater c.p.p.)
La disposizione è immediatamente precettiva a partire dal 30.12.2022.
DISCIPLINA TRANSITORIA
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 85 d.lgs. 150/2022 - Disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità. (omissis) 2. Fermo restando il termine di cui al comma 1, le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'Autorità Giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A questi fini, l'Autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del termine indicato al primo periodo i termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale sono sospesi. 2-bis. Durante la pendenza del termine di cui ai commi 1 e 2 si applica l'articolo 346 del codice di procedura penale |
In seguito all’emanazione del D.l. 31 ottobre 2022, n° 162 che, come noto, attraverso l’introduzione dell’art. 99-bis al d.lgs 150/2022 ha comportato il differimento dell’entrata in vigore della riforma al 30.12.2022, il Legislatore – in sede di conversione del predetto decreto – ha disposto in tema di misure cautelari una specifica norma transitoria contenuta nei commi 2 e 2-bis dell’art. 85 del d.lgs 150/2022, rispettivamente modificato ed aggiunto rispetto all’originario testo.
Si è inteso così regolare la sorte delle misure cautelari in corso di esecuzione che si reggono su delitti che, anteriormente all’entrata in vigore della riforma, risultavano essere procedibili d’ufficio e che, successivamente al 30.12.2022, diventano procedibili solo su querela.
Per impedire l’immediata perdita di efficacia delle misure cautelari, venendo meno il requisito della procedibilità, il Legislatore ha previsto una forma di efficacia interinale della misura, calibrata in venti giorni decorrenti dal 30.12.2022.
Il dies a quo è specificamente indicato dalla norma, e si riaggancia alla formula “Fermo restando il termine di cui al comma 1)”, che si legge nell’incipit del comma 2 dell’art. 85 d.lgs 150/2022, riformulato dalla legge di conversione e che si riferisce per l’appunto all’entrata in vigore del decreto, come differito dal d.l. 162/2022, per individuare il termine per presentare la querela relativamente ai reati che mutano il regime di procedibilità.
Durante questi venti giorni l’Autorità Giudiziaria deve necessariamente procedere alla ricerca della persona offesa allo scopo di raccogliere la querela, eventualmente anche con l’ausilio della polizia giudiziaria. Qualora la p.o. non sia rintracciata nei venti giorni, ovvero se rintracciata non sporga querela, la misura cautelare necessariamente perde efficacia.
Quanto alla “Autorità Giudiziaria procedente” essa deve intendersi in quella che al momento ha la disponibilità degli atti.
Se si è in fase di indagini preliminari, spetterà al Pubblico Ministero procedere alla ricerca della p.o. Se si è in fase di udienza preliminare, ovvero ancora in fase di giudizio, la ricerca spetterà al GUP, ovvero al Tribunale o ancora alla Corte d’appello.
Il termine di fase è sospeso per la durata dei venti giorni e – per salvaguardare l’interesse all’acquisizione delle fonti di prova – è resa applicabile la disposizione di cui all’art. 346 c.p.p., richiamata dal comma 2-bis aggiunto dalla legge di conversione al testo dell’art. 85 d.lgs 150/2022.
Scheda n. 16 - Le pene sostitutive di pene detentive brevi (art. 20-bis c.p., artt. 53 ss. l. 689/81 e art. 545-bis c.p.p.)
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Attraverso la codificazione e ridefinizione del sistema delle sanzioni sostitutive, finora disciplinato esclusivamente dalla Legge speciale n. 689/1981, il legislatore della riforma mira a favorirne l’applicazione da parte del giudice della cognizione, a fini di deflazione processuale e penitenziaria.
L’ampliamento dei limiti di applicabilità alle pene detentive fino a quattro anni di reclusione, unitamente alla ridefinizione della tipologia di sanzioni (detenzione domiciliare e semilibertà, mutuate dal novero delle misure alternative alla detenzione, lavori di pubblica utilità, introdotti in via generalizzata per tutte le tipologie di reati, e pene pecuniarie) mira ad incentivare la scelta di riti alternativi, e, in particolare, del patteggiamento, con applicazione delle pene sostitutive già in sede di cognizione. Ne dovrebbe conseguire l’alleggerimento del carico della magistratura di sorveglianza, e, sul versante penitenziario, la riduzione del sovraffollamento carcerario, evitando l’ingresso in carcere dei condannati, con incentivazione di misure volte alla risocializzazione del condannato.
ART. 20-BIS C.P. E ART. 53 L. 689/81:
TIPOLOGIE DI PENE SOSTITUTIVE DI PENE DETENTIVE BREVI
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 20-bis c.p. – Pene sostitutive delle pene detentive brevi. 1. Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva. 2. La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni. 3. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni. 4. La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno. |
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 53 L. 689/1981 - Sostituzione di pene detentive brevi. 1. Il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente. *** *** *** *** *** *** 2. La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dall'articolo 57. Per determinare l'ammontare della pena pecuniaria il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell'ammontare di cui al precedente periodo il giudice tiene conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare. Il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l'articolo 133-ter del codice penale. 3. Le norme del codice di procedura penale relative al giudizio per decreto si applicano anche quando il pretore, nei procedimenti per i reati perseguibili d'ufficio, ritiene di dover infliggere la multa o l'ammenda in sostituzione di una pena detentiva. Nel decreto devono essere indicati i motivi che determinano la sostituzione. 4. Nei casi previsti dall'articolo 81 del codice penale, quando per ciascun reato è consentita la sostituzione della pena detentiva, si tiene conto dei limiti indicati nel primo comma soltanto per la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave. Quando la sostituzione della pena detentiva è ammissibile soltanto per alcuni reati, il giudice, se ritiene di doverla disporre, determina, al solo fine della sostituzione, la parte di pena per i reati per i quali opera la sostituzione. | Art. 53 L. 689/1981- Il giudice delle pene detentive brevi. 1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater. 2. Con il decreto penale di condanna, il giudice, su richiesta dell’indagato o del condannato, può sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità. Si applica l’articolo 459, commi 1-bis e 1-ter del codice di procedura penale. *** *** *** *** *** *** *** *** *** 3. Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’articolo 81 del codice penale. *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** |
Il giudice della cognizione potrà irrogare, con sentenza di condanna o di applicazione della pena:
- la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni;
- il lavoro di pubblica utilità sostitutivo in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni;
- la pena pecuniaria sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno
La principale innovazione, accanto al nomen iuris (non più “sanzioni” ma “pene” sostitutive), consiste nell’estensione dei limiti di pena che ammettono la sostituzione, aumentati da due a quattro anni, con gradazione delle sanzioni applicabili in base all’entità della pena.
Inoltre sono abrogate la semidetenzione e la libertà controllata, sostituite dalla semilibertà e dalla detenzione domiciliare sostitutive, mutuate dal novero delle misure alternative alla detenzione, applicate dal giudice di sorveglianza.
I LPU sono introdotti quale sanzione sostitutiva generalizzata, non più applicabile soltanto a determinate fattispecie (quali le contravvenzioni della guida in stato di ebbrezza e in stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti, 186, co. 9-bis d.lgs. n. 285/1992 e 187, co. 8-bis d.lgs. n. 285/1992, e i reati in materia di stupefacenti, art. 73, co. 5-bis d.P.R. n. 309/1990), ma per tutti i reati per i quali sia stata irrogata una pena non superiore a tre anni.
La riforma, inoltre, consente che anche il G.I.P., in sede di emissione del decreto penale di condanna, su richiesta dell’indagato o del condannato, possa sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità.
Al riguardo trovano applicazione i commi 3-bis e il nuovo 3-ter dell’art. 459 c.p.p., che prevedono, rispettivamente, i criteri di ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria in sede di emissione del decreto penale di condanna e la possibilità per il condannato, nei cui confronti sia stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva, di proporre istanza di sostituzione con i LPU.
Infine, la pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata in caso di pena detentiva fino ad 1 anno (e non più sei mesi).
LA DISCIPLINA SOSTANZIALE E PROCESSUALE DELLE NUOVE PENE SOSTITUIVE:
ARTT. 53 ss. L. 689/81 e 545-bis c.p.p.
La capillarità della riforma non consente, in questa sede, un richiamo integrale alle norme della Legge 689/1981, cui si fa rinvio. Di seguito verranno, quindi, illustrati i tratti principali della disciplina sostanziale e processuale delle pene sostitutive.
1. LA DETERMINAZIONE DEI LIMITI DI PENA
L’art. 53, u.c. prevede si debba tenere conto, ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, degli aumenti determinati ai sensi dell’art. 81 c.p. per concorso formale di reati e continuazione.
2. LA SEMILIBERTÀ SOSTITUTIVA E LA DETENZIONE DOMICILIARE SOSTITUTIVA
L’art. 55 disciplina la semilibertà sostitutiva. La pena è così strutturata: obbligo di permanenza di almeno otto ore in istituto di pena e, per il restante tempo, impegno del condannato in attività risocializzanti (studio, lavoro, formazione, ecc…), secondo un programma concordato con l’UEPE (cfr. sul punto l’art. 545-bis c.p.p., § 10).
L’art. 56 prevede la detenzione domiciliare sostitutiva, che comporta l’obbligo di permanenza nel luogo di privata dimora o in luogo di cura, comunità o casa famiglia, per non meno di dodici ore al giorno, tenuto conto delle esigenze familiari, di studio, formazione, lavoro e salute, con facoltà per il condannato di allontanarsi dal domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle indispensabili esigenze di vita e di salute.
La detenzione domiciliare può essere rafforzata dalla previsione di procedure di controllo con mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, qualora ritenuti dal giudice necessari per prevenire il pericolo di commissione di altri reati o per tutelare la persona offesa.
L’indisponibilità di tali mezzi, tuttavia, non può ritardare l’esecuzione della pena. Sarà necessario verificare, quindi, se i dispositivi siano immediatamente disponibili, laddove la pena sia ritenuta congrua solo con l’applicazione degli stessi.
Le pene in esame potrebbero non avere fortuna nella prassi, non risultando appetibili né in sede di patteggiamento, né all’esito del dibattimento, a seguito della pronuncia di un dispositivo di condanna a pena detentiva superiore ai tre anni ed inferiore o uguale a quattro anni, ovvero al limite previsto per la sostituzione.
Si osserva, infatti, che le pene fino a tre anni possono essere sostituite con i LPU, mentre rimane tuttora accessibile al condannato ad una pena superiore ai tre anni, ma inferiore ai quattro (sostituibile solo con semilibertà e detenzione domiciliare) la più appetibile misura alternativa dell’affidamento in prova, da richiedere al Tribunale di sorveglianza a seguito del passaggio in giudicato della sentenza.
Il successivo art. 67, inoltre, vieta l’applicazione delle misure alternative ai condannati con pene sostitutive, salvo quanto previsto dal nuovo comma 3-ter dell’art. 47 ord. pen., che prevede che con l’applicazione della semidetenzione o semilibertà sostitutive non vi sarà possibilità di chiedere l’affidamento in prova se non nei casi in cui il condannato “dopo l’espiazione di almeno metà della pena, abbia serbato un comportamento tale per cui l’affidamento in prova appaia più idoneo alla rieducazione del condannato e assicuri comunque la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”.
In ogni caso, ai sensi dell’art. 59, i reati c.d. ostativi alla concessione di misure alternative alla detenzione di cui all’art. 4-bis l. ord. pen. precludono altresì la sostituzione della pena (cfr. § 8).
3. I LAVORI DI PUBBLICA UTILITÀ
L’art. 56-bis riprende la nozione di LPU dall’art. 54, comma 2 D. Lgs. 274/2000, definendoli come una “prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato”.
Riguardo al luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, si prevede che il lavoro debba essere svolto “di regola” nella regione in cui risiede il condannato.
Quanto alla durata, la prestazione deve consistere in non meno di sei e non più di quindici ore di lavoro settimanale. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore, non eccedente le otto ore giornaliere.
Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro.
Si specifica che la prestazione lavorativa non debba pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.
In caso di risarcimento del danno o di eliminazione delle conseguenze dannose del reato, ove possibili, è prevista la revoca della confisca eventualmente disposta, salvi i casi di confisca obbligatoria.
L’articolo in esame demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, d’intesa con la Conferenza unificata, la definizione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
Nelle more dell’adozione del decreto ministeriale attuativo, entrando le nuove norme immediatamente in vigore, l’art. 56-bis prevede che si dovrà fare riferimento, per quanto compatibili, ai decreti del Ministro della giustizia 26 marzo 2001 e 8 giugno 2015 n. 88, adottati, rispettivamente, per il lavoro di pubblica utilità quale pena principale irrogabile dal giudice di pace e quale contenuto della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato (cfr. disciplina transitoria).
Oltre alle prevedibili difficoltà, di carattere pratico, legate al reperimento dell’ente disponibile allo svolgimento dei LPU (ricerca che si rivela già oggi difficoltosa nell’ambito della predisposizione del programma di trattamento M.A.P.), una volta ottenuta tale disponibilità, si porrà altresì il problema dell’effettività della pena sostitutiva, attesa l’ineseguibilità dei lavori in pendenza di impugnazione della sentenza che li dispone e le possibili difficoltà di coordinamento con l’ente una volta terminato il giudizio di impugnazione con esito di conferma.
Al riguardo, l’art. 593 c.p.p. limita il problema della dilatazione dei tempi di esecuzione della sentenza, prevedendo la non appellabilità delle sentenze di condanna alla pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, che sono quindi soltanto ricorribili per cassazione.
4. PRESCRIZIONI COMUNI ALLE PENE SOSTITUTIVE DELLA SEMILIBERTÀ, SEMIDETENZIONE E LPU
L’art. 56-ter prevede prescrizioni comuni, da impartire unitamente alle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e dei LPU, quali, ad esempio, il divieto di tenere armi, di frequentare pregiudicati e persone sottoposte a misure di sicurezza, l’obbligo di dimora in un determinato territorio (di regola regionale), il ritiro del passaporto e la sospensione della validità all’espatrio di ogni altro documento equipollente, eventualmente il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
5. LA PENA PECUNIARIA SOSTITUTIVA
L’art. 56-quater detta i criteri di ragguaglio della pena pecuniaria sostitutiva, prevedendo che l’ammontare sia determinato dal giudice individuando il valore giornaliero e moltiplicandolo per i giorni di pena detentiva.
Tale valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare.
Si applica la possibilità di pagamento rateale prevista dall’articolo 133-ter c.p. (da 3 a 30 rate mensili comunque non inferiori a 15 euro) salva la possibilità di estinguere la pena, in ogni momento, mediante un unico pagamento.
All’evidenza l’applicazione della pena pecuniaria in sostituzione di quella detentiva presuppone la disponibilità, da parte del giudice, di informazioni circa le predette “condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare”.
6. DURATA DELLE PENE SOSTITUTIVE DELLA SEMILIBERTÀ, DELLA DETENZIONE DOMICILIARE E DEI LPU
L’art. 57, in punto di durata delle pene sostitutive, prevede che:
- semilibertà e detenzione domiciliare abbiano la stessa durata della pena detentiva irrogata;
- LPU abbiano durata corrispondente a quella della pena detentiva, secondo i parametri di ragguaglio dell’art. 56-bis (che sono quelli dell’art. 54 D. Lgs. 274/2000: 1 giorno di LPU = 2 ore di lavoro, con il limite di 8 ore giornaliere e da un minimo di 6 ad un massimo di 15 ore a settimana).
7. CRITERI DI SCELTA DELLA PENA SOSTITUTIVA, ONERE DI MOTIVAZIONE E DISPOSTIVO
L’art. 58, quanto alla scelta della pena e alla motivazione sul punto, prevede il potere discrezionale del giudice, che individua la pena sostitutiva più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato, con il minor sacrificio della libertà personale.
Il giudice è chiamato a motivare la scelta del tipo e delle modalità applicative della pena sostitutiva. In particolare, quando la misura sostituisce una pena nel limite dei tre anni o di un anno, l’applicazione della semilibertà o della detenzione domiciliare deve essere motivata, indicando le ragioni per cui non sono idonei, nel caso concreto, rispettivamente i lavori di pubblica utilità o la pena pecuniaria.
Nel compiere le valutazioni di cui sopra, il giudice dovrà tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del condannato, secondo quanto prescritto dall’art. 133 c.p.. Dovrà inoltre tenere conto dell’età, della salute fisica o psichica, della condizione di maternità o (secondo quanto previsto dall’art. 47-quinquies, comma 7, legge n. 354 del 1975) di paternità dello stesso.
L’art. 61, in punto di formulazione del dispositivo, prevede che il giudice, nel dispositivo della sentenza o del decreto penale, indichi la specie e la durata sia della pena sostituita, sia della pena sostitutiva ovvero, nel caso della pena sostitutiva pecuniaria, il suo ammontare.
8. SITUAZIONI SOGGETTIVE OSTATIVE ALL’APPLICAZIONE DELLE PENE SOSTITUTIVE
Ai sensi dell’art. 59, vi è divieto di applicazione di una pena sostitutiva per chi:
a) ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della pena sostitutiva, effettuata per i motivi contemplati dall’articolo 66 della L. n. 689/81 (cfr. § 11) o ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive. In tali casi è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata;
b) non abbia proceduto al pagamento di una pena pecuniaria, anche sostitutiva, nei precedenti cinque anni. In tal caso sono comunque salvi i casi di conversione per insolvibilità del condannato disciplinati dagli articoli 71 e 103 della Legge n. 689/81;
c) sia sottoposto a misura di sicurezza personale, salvi i casi di parziale incapacità di intendere e di volere;
d) sia imputato di uno dei reati per i quali non è consentita l'applicazione dei benefici penitenziari (art. 4-bis, legge n. 354 del 1975), salvo il riconoscimento della circostanza di cui all’art. 323-bis c.p.
Quanto alla verifica della sussistenza delle situazioni ostative di cui alle lettere a), si osserva che l’art. 82, in materia di modifiche in tema di provvedimenti iscrivibili nel certificato del casellario giudiziale, non prevede l’iscrizione dei provvedimenti di revoca delle sanzioni sostitutive, ma solo dei provvedimenti di conversione della pena pecuniaria in caso di inadempimento (cfr. § 11). Tuttavia, se la conversione non vi è ancora stata, nonostante l’inadempimento, nemmeno i provvedimenti di conversione saranno conoscibili dal giudice della cognizione, se non su segnalazione della parte interessata.
9. SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA E NON MENZIONE
Alla pena sostitutiva non è applicabile la sospensione condizionale della pena (art. 61-bis), ma può essere concessa la non menzione (art. 175 c.p., come modificato dall’art. 1 lett. n) del decreto legislativo delegato).
1O. CONDANNA A PENA SOSTITUTIVA: ART. 545-BIS C.P.P.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 545-bis c.p.p. - Condanna a pena sostitutiva. 1. Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689, ne dà avviso alle parti. Se l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, quando non è possibile decidere immediatamente, fissa un’apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso. 2. Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 58 della legge 24 novembre 1981 n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale, economica e patrimoniale dell’imputato. Il giudice può richiedere altresì all’ufficio di esecuzione penale esterna il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell’ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì dai soggetti indicati dall’articolo 94 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all’ufficio di esecuzione penale esterna e fino a cinque giorni prima dell’udienza possono presentare memorie in cancelleria. 3. Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, all’udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti; si applicano gli articoli 57 e 61 della legge 24 novembre 1981 n. 689. In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo, integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell’articolo 545. 4. Quando il processo è sospeso ai sensi del primo comma, la lettura della motivazione redatta a norma dell’art. 544 comma 1 segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva. Fuori dai casi di cui all’articolo 544, comma 1, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3. |
L’art. 545-bis c.p.p. disciplina la fase applicativa delle pene sostitutive, prevedendo la possibilità, per il giudice della cognizione, di sostituire la pena irrogata a seguito della lettura del dispositivo di condanna, secondo le seguenti modalità e scansioni processuali.
i) Subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza che applica una pena detentiva non superiore a quattro anni, il giudice, se ricorrono le condizioni – in astratto – per sostituire la pena detentiva breve con una pena sostitutiva di cui all’art. 53 legge n. 689/1981 (entità della pena, non concessione della sospensione condizionale, assenza delle cause ostative di cui all’art. 59, su cui v. infra), ne dà avviso alle parti.
Rispetto alle pene sostitutive diverse da quella pecuniaria, l’imputato (o il suo difensore munito di procura speciale) deve acconsentire alla sostituzione con una pena diversa da quella pecuniaria. Quanto, invece, alla pena pecuniaria, sembrerebbe sufficiente la sussistenza delle sole condizioni materiali per l’adempimento (“se l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena”).
ii) In mancanza degli elementi necessari per decidere immediatamente, il giudice, avvisate le parti e raccolto il consenso dell’imputato, dispone la sospensione del processo e la fissazione di un’apposita udienza non oltre sessanta giorni, con avviso alle parti e all’UEPE competente (per gli stessi motivi può essere sospeso il processo in sede di patteggiamento ai sensi dell’art. 448, nuovo comma 1-bis c.p.p. e di procedimento per decreto penale di condanna ex art. 459, nuovo comma 1-ter c.p.p.). Durante il periodo di sospensione, dovranno quindi pervenire al giudice dall’ufficio dell’esecuzione penale esterna (o dalla polizia giudiziaria) tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale, economica e patrimoniale dell’imputato, oltre al “programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell’ente”.
iii)All’udienza fissata per la decisione sulla sostituzione della pena detentiva, il giudice – lo stesso che ha disposto la condanna – deciderà se e come sostituire la pena detentiva, avendo acquisito dall’UEPE (o dalla polizia giudiziaria) gli elementi utili per individuare il trattamento sanzionatorio più adeguato:
- se il giudice ritiene di poter sostituire: integra il dispositivo “indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti”;
- se il giudice ritiene di non poter sostituire, conferma il dispositivo.
Si rileva, allo stato e in attesa di un adeguamento delle strutture territoriali dell’ufficio dell’esecuzione penale esterna, la ristrettezza delle tempistiche per ottenere le informazioni necessarie dall’UEPE che di regola necessita di un periodo ben più lungo di 60 giorni per l’elaborazione di un programma di trattamento nell’ambito del rito speciale della MAP[1].
11. L’ESECUZIONE DELLE PENNE SOSTITUTIVE E LA MODIFICABILITÀ DELLE STESSE IN SEDE ESECUTIVA
La materia è disciplinata dagli artt. 62-64 e dall’art. 71.
In particolare, l’art. 62 prevede che l’esecuzione della semilibertà e della detenzione domiciliare sia curata dal magistrato di sorveglianza del luogo di domicilio del condannato, a seguito della trasmissione della sentenza a cura del Pubblico Ministero.
Il magistrato di sorveglianza procede a norma dell’articolo 678, comma 1-bis, del codice di procedura penale, e, previa verifica dell’attualità delle prescrizioni ed entro il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della sentenza, provvede con ordinanza con cui conferma e, ove necessario, modifica le modalità di esecuzione e le prescrizioni della pena.
L’art. 63 descrive il procedimento di esecuzione della pena degli LPU, in cui sono coinvolti per la consegna del provvedimento all’imputato, l’ingiunzione al rispetto delle prescrizioni e la verifica del rispetto delle stesse, “l’ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza di questo, al comando dell’Arma dei carabinieri competenti in relazione al comune in cui il condannato risiede, nonché all’ufficio di esecuzione penale esterna”.
L’UEPE è tenuto a relazionare periodicamente il giudice che ha applicato la pena sostitutiva e, all’esito dei lavori, quest’ultimo dovrà dichiarare eseguita la pena, estinto ogni altro effetto penale (ad eccezione delle pene accessorie perpetue) e revocare la confisca ex art. 56-bis.
L’art. 64 disciplina le modalità di modifica -per comprovate ragioni- delle prescrizioni, prevedendo espressamente la competenza del magistrato di sorveglianza in relazione alle pene sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare, del giudice che ha applicato la pena sostitutiva, invece, in relazione ai lavori di pubblica utilità.
Gli artt. 71, 102 e 103 disciplinano, infine, l’esecuzione della pena pecuniaria sostitutiva, rinviando all’art. 660 c.p.p., che a sua volta demanda alle leggi e ai regolamenti l’esecuzione delle pene pecuniarie.
12. VICENDE ACCIDENTALI DELLE PENE SOSTITUTIVE IN FASE ESECUTIVA
La legge 689/1981, infine, così come novellata, prevede la revoca delle sanzioni sostitutive (art. 66), disposta dal giudice che ha applicato i lavori di pubblica utilità o dal magistrato di sorveglianza, in caso di mancata esecuzione della pena sostitutiva, ovvero di violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni ad essa inerenti, con conversione della parte residua nella pena sostituita o in pena sostitutiva più grave.
Il mancato pagamento della pena pecuniaria determina la conversione della stessa in semilibertà o semidetenzione sostitutiva, salvo l’inadempimento sia dovuto alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato, con conseguente conversione- in questo caso- della pena pecuniaria in lavori di pubblica utilità o di detenzione domiciliare sostituiva (art. 71).
L’art. 72, inoltre, prevede la responsabilità penale, ai sensi dell’art. 385 c.p., del condannato alla semilibertà e alla detenzione domiciliare, che si allontani dall’istituto di pena o dal domicilio per più di 12 ore senza giustificato motivo. Analogamente, la mancata presentazione presso il luogo di svolgimento dei lavori di pubblica utilità ovvero il suo abbandono integra il reato di cui all’art. 56 D. Lgs. 274/2000, punito con la reclusione fino ad un anno.
Gli artt. 68 e 69 disciplinano la possibilità di sospensione delle pene e, per i condannati alla semilibertà e alla semidetenzione, di conseguire licenze.
In caso di esecuzione di una pluralità di pene sostitutive concorrenti si applicano i criteri di cui all’art. 70.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 95 prevede che, in quanto più favorevoli, le nuove norme trovino applicazione nei procedimenti pendenti in primo grado e in grado di appello nel momento di entrata in vigore, quindi il 30 dicembre.
Per i procedimenti pendenti in Cassazione è previsto un termine di 30 giorni dall’irrevocabilità della sentenza per la proposizione al giudice dell’esecuzione, da parte del condannato a pena non superiore a 4 anni, di istanza di applicazione di una pena sostitutiva.
Ai condannati alle abrogate sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata è prevista l’applicazione della normativa previgente, salvo possibilità per i condannati alla semidetenzione di chiedere al magistrato di sorveglianza l’applicazione della semilibertà, di contenuto analogo.
Infine, per quanto riguarda gli LPU, le modalità attuative sono demandate ad un decreto attuativo del Ministero (art. 56-bis L. 689/1991). Nelle more si dovrà fare riferimento, per quanto compatibili, ai decreti del Ministro della giustizia 26 marzo 2001 e 8 giugno 2015 n. 88, adottati, rispettivamente, per il lavoro di pubblica utilità quale pena principale irrogabile dal giudice di pace e quale contenuto della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
[1] cfr. circolare 3/2022 del Ministero della Giustizia- Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, p. 11 ss., sul potenziamento del ruolo di assistenza dell’UEPE all’autorità giudiziaria nelle diverse fasi della predisposizione dei programmi e dell’esecuzione delle pene sostitutive.
Proseguono le uscite dedicate alla riforma Cartabia - settore penale. Dopo lo scritto introduttivo di Spangher e le due "instant notes", partiamo oggi con le prime due (di 18) schede di presentazione delle norme più significative modificate dal testo di riforma.
La riforma Cartabia in schede
I 99 articoli del Decreto legislativo n. 150 (anzi, 100 dopo che il D.L. n. 162 ha introdotto l’art. 99-bis…) hanno modificato oltre 200 articoli del codice di procedura penale e qualche decina di articoli del codice penale e di altre leggi.
Bastano questi numeri per definire la riforma Cartabia, per le dimensioni mai viste e l’introduzione di nuovi istituti, come una risistemazione complessiva del processo penale; non esagerando qualcuno ha parlato di un “nuovo” codice.
Ancora: la pubblicazione solo il 17 ottobre del decreto destinato ad entrare in vigore il 2 novembre ha creato preoccupazione, solamente alleviata dalla inusuale emanazione del citato decreto legge che ne ha differito l’entrata in vigore al 30 dicembre (per rispettare i termini del PNRR).
I 14 giudici della sezione penale di Vicenza, sia dell’Ufficio GIP-GUP che dell’Ufficio dibattimento, hanno affrontato l’emergenza di doverne fare applicazione concreta in tempi così ristretti suddividendo lo studio della riforma nei vari argomenti sostanziali e processuali, per poi farne patrimonio collettivo. Ne sono nate così le Schede che da oggi la Rivista pubblica.
Si tratta di schede tecniche, con l’evidenziazione delle norme di legge e la divisione del testo in paragrafi; l’obiettivo è di esporre in modo sintetico e chiaro le novità normative e le loro implicazioni; e di essere uno strumento agile e di lettura rapida, per favorirne l’applicazione pratica.
Coordinatore di questa attività è Lorenzo Miazzi, supportato da Francesca Dell’Orso.
I contributi sono di:
Roberto Venditti
Antonella Crea
Matteo Mantovani
Nicolò Gianesini
Antonella Toniolo
Chiara Cuzzi
Filippo Lagrasta
Giulia Poi
Veronica Salvadori
Alessia Russo
Luigi Lunardon
Elisabetta Pezzoli
Claudia Molinaro
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