di Saul Monzani
Sommario: 1. Doverosità e margini applicativi del soccorso istruttorio. - 2. L’ampliamento dell’operatività del soccorso istruttorio nelle procedure ad evidenza pubblica: dal d.lgs. 50/2016 al d.lgs. 36/2023. - 3. Il caso deciso dal Consiglio di Stato: i rischi di un’eccessiva dilatazione dell’istituto.
1. Doverosità e margini applicativi del soccorso istruttorio.
La sentenza in commento offre taluni spunti interessanti in tema di soccorso istruttorio. Tale istituto giuridico, come meglio si dirà infra, appare in costante evoluzione, in ragione sia degli interventi legislativi susseguitisi nel tempo, sia dei molteplici spunti offerti dalla giurisprudenza: occorre infatti considerare che, nella prassi, il ricorso (o meno) al soccorso istruttorio rappresenta uno degli aspetti più frequentemente forieri di contenzioso, soprattutto nell’ambito delle procedure competitive.
D’altronde – ed anche su questo si tornerà – il legislatore è spesso intervenuto proprio sulla “spinta” della giurisprudenza più evoluta, nel tentativo di meglio definire l’alveo di operatività dell’istituto.
Ciò nondimeno, tale evoluzione non sembra essere giunta ad un definitivo assestamento: permangono infatti alcune fattispecie connotate da estrema incertezza, come peraltro dimostra, in maniera paradigmatica, proprio la vicenda oggetto del presente approfondimento.
In linea generale, com’è noto, per “soccorso istruttorio” si intende il momento in cui, nel corso del procedimento amministrativo, l’Amministrazione interviene al fine di consentire al privato di colmare talune carenze di tipo informativo o documentale, imputabili al privato stesso. In buona sostanza, l’Amministrazione presta “soccorso” al privato, nella misura in cui – invece di concludere il procedimento sic et simpliciter con l’adozione di un provvedimento negativo – consente di ovviare a difetti, mancanze ed omissioni nell’istanza, in tal modo mantenendo inalterata la chance di ottenere un provvedimento positivo.
Sebbene l’istituto abbia radici risalenti, la disposizione di riferimento nel quadro normativo attuale è rappresentata dall’art. 6, lettera b) della l. 241/90 s.m.i., ai sensi della quale: “Il responsabile del procedimento […] può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete”[1].
Si noti che la formulazione letterale della disposizione (“può chiedere”) parrebbe rendere facoltativo (e non obbligatorio) l’esercizio del soccorso istruttorio da parte del responsabile del procedimento, e ciò senza peraltro fornire particolari coordinate che consentano di meglio delineare i confini di tale apparente discrezionalità.
In verità, la dottrina è stata sin da principio sostanzialmente unanime nel proporre una diversa interpretazione della norma, ossia qualificando il soccorso istruttorio come doveroso. In particolare, sebbene siano state individuate possibili frizioni tra il soccorso istruttorio e i principi di buon andamento, non aggravamento ed imparzialità nell’attività amministrativa, nonché con il principio di autoresponsabilità (in base al quale il privato è il solo che può essere chiamato a rispondere dei suoi stessi errori o mancanze nella compilazione dell’istanza ovvero nella formazione del relativo “fascicolo” documentale)[2], più diffusamente si è evidenziata la fallacia di un’impostazione che riconnette il soccorso istruttorio al solo interesse del privato. Secondo quest’ultima impostazione, la “sanatoria” di errori ed omissioni che connota il soccorso istruttorio non si pone affatto in contrasto con il principio del buon andamento, ma anzi, al contrario, consente di meglio orientare l’azione amministrativa proprio rispetto a quel principio, in un quadro di un giusto procedimento “partecipato” condotto secondo i canoni del contraddittorio e della “equità procedurale”[3]. L’assenza di antinomie tra interesse pubblico e privato risulterebbe particolarmente evidente, ad esempio, nelle procedure di evidenza pubblica (e nelle procedure concorsuali), laddove la massima partecipazione alle gare rientra nell’interesse della stessa stazione appaltante, consentendo alla stessa di massimizzare le possibilità di ottenere un’offerta competitiva (o di selezionare il migliore profilo).
Invero, taluna giurisprudenza aveva ricondotto, aderendo in maniera fedele al dato normativo testuale, l’istituto generale ora in considerazione ad una mera facoltà da parte dell’Amministrazione[4], mentre, più di recente, la posizione prevalente propende per la considerazione dell’iniziativa di attivazione del soccorso istruttorio in termini di doverosità, nonostante il tenore testuale della norma di riferimento, sul presupposto che si tratta di un istituto volto a superare inutili formalismi in nome dei principi di lealtà e semplificazione[5]. In altre parole, si tratta di un meccanismo funzionale a favorire la massima collaborazione possibile tra privato e la pubblica amministrazione, nel rispetto del generale principio di proporzionalità, oltre che della tutela della buona fede e dell'affidamento dei soggetti coinvolti dall' esercizio del potere[6]. Siffatta impostazione risulta confermata e consacrata anche a livello normativo, con l’inserimento al comma 2-bis dell’art. 1 della l. n. 241/1990, operato dall’art. 12, comma 1, della l. n. 120/2020, della norma per cui “i rapporti tra cittadini e la pubblica amministrazione sono improntati i principi della collaborazione e della buona fede”[7].
Invero, nella giurisprudenza più recente la questione continua ad essere attuale, sebbene vista da una diversa prospettiva: una volta acclarato che il soccorso istruttorio effettivamente risponde ad un’esigenza della stessa Amministrazione (al di là della riferita ambiguità del dato normativo), il problema è comprendere quando lo stesso possa (e debba) essere attivato.
L’attenzione si sposta quindi sulla non semplice ricerca di un punto di equilibrio e, in contemporanea, sull’individuazione di un criterio di discrimine quanto più possibile oggettivo tra difetti sanabili (attraverso il soccorso istruttorio) e difetti insanabili.
Il tema è problematico e si presta, com’è intuibile, ad un approccio marcatamente casistico che non aiuta a cristallizzare dei principi generali sufficientemente stabili.
In giurisprudenza non paiono quindi ravvisarsi orientamenti univoci, potendosi invece rilevare approcci ermeneutici abbastanza variegati, specialmente per ciò che concerne il ruolo del principio della par condicio tra i concorrenti quale contrappeso al soccorso istruttorio nell’ottica della massima partecipazione alla procedura.
Pertanto, accanto a pronunce che espressamente sottolineano il ruolo centrale del soccorso istruttorio proprio al fine di perseguire l’interesse pubblico al miglior risultato amministrativo, in una logica di buon andamento[8], altri arresti rimarcano il rischio che un’eccessiva estensione dell’ambito applicativo del soccorso possa determinare un vulnus alla necessaria equidistanza tra l’Amministrazione ed i singoli candidati o concorrenti, sulla base del principio di “auto-responsabilità” nonchè nel prisma della par condicio, ovvero anche una compromissione delle esigenze di celerità e certezza che connotano, ad esempio, le procedure con un elevato numero di partecipanti[9].
Nel contesto appena succintamente descritto, un primo approccio interpretativo ha proposto il criterio che distingue tra “integrazione” documentale, sempre preclusa, e la mera “regolarizzazione”, che invece sarebbe ammessa[10]. Altra parte della giurisprudenza ha invece ritenuto che debba essere comunque consentita la sanatoria della domanda che presenti un “nucleo” minimo di certezza e determinatezza, ossia “qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili”[11]. Si tratta peraltro di soluzioni sottoposte a critica dalla dottrina, non solo in ragione delle incertezze applicative (legate all’indeterminatezza dei singoli parametri di riferimento), ma anche, e soprattutto, in forza di un’ineludibile riflessione sul portato delle macro-categorie dei vizi “formali” e “sostanziali” dell’istanza, nel prisma del procedimento amministrativo considerato quale strumento per il perseguimento di obiettivi “reali” e non autoreferenziali[12].
Va da sé che il dibattito cui si è testé accennato si sviluppa con minor vigore in riferimento ai procedimenti amministrativi non competitivi, per i quali il problema della par condicio si pone con meno evidenza, e talvolta non si pone affatto (ad esempio nei procedimenti ove non vi siano controinteressati). Tanto è vero che, proprio per tali procedimenti, l’applicazione del soccorso istruttorio è assai meno controversa e, usualmente, non è foriera di contenzioso, anche perché, nella maggior parte dei casi, l’istanza rigettata può essere riproposta[13].
2. L’ampliamento dell’operatività del soccorso istruttorio nelle procedure ad evidenza pubblica: dal d.lgs. 50/2016 al d.lgs. 36/2023.
Il soccorso istruttorio nell’ambito delle c.d. procedure ad evidenza pubblica merita un discorso a sé: ciò innanzitutto perché, in tale ambito, l’istituto è disciplinato da disposizioni specifiche, diverse cioè dall’art. 6 della l. 241/90.
L’art. 83, comma 9, del d.lgs. 50/2016 (ossia il previgente Codice dei contratti pubblici) sanciva, per sommi capi, tre principi fondamentali: la sanabilità di qualsiasi elemento formale della domanda di partecipazione alla gara; la sanabilità, più nello specifico, di ogni mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo[14], con espressa esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica; la non sanabilità delle irregolarità e carenze della documentazione tali da non consentire l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa[15].
Si noti che il limite fondamentale all’operatività del soccorso istruttorio – al di là dei casi “estremi” di impossibilità nell’individuazione del soggetto partecipante ovvero dell’oggetto dell’offerta – era costituito dall’impossibilità di ricorrervi per ovviare a difetti dell’offerta tecnica ed economica, sulla scorta del fatto che una simile integrazione avrebbe determinato un vulnus alla par condicio tra i partecipanti.
Quindi, in base a tale disposizione, il soccorso istruttorio risultava riferibile soltanto a una parte della documentazione costituente l’offerta, ossia alla c.d. “busta amministrativa”.
In disparte la formulazione testuale della disposizione, la giurisprudenza ha presto manifestato vistose aperture determinate dalla valorizzazione della ratio della norma, agevolmente riconducibile alla necessità di evitare che il partecipante alla gara possa modificare la propria offerta dopo la scadenza del termine di presentazione. In base a tale orientamento, allora, non risulterebbe giustificato negare il soccorso nei casi di mancanze o incompletezze dell’offerta tecnica ed economica alle quali si possa ovviare mediante meri chiarimenti, ovvero correggendo palesi errori materiali, attraverso un’attività che mantenga inalterato il contenuto dell’offerta.
La suddetta evoluzione giurisprudenziale ha così condotto all’estensione dell’alveo applicativo del soccorso, sino ad allora limitato alle classiche (e codificate) forme del soccorso c.d. “integrativo” (con il quale è consentito integrare la sola documentazione amministrativa, mediante l’acquisizione ex post di documenti originariamente non allegati alla c.d. busta amministrativa) e del soccorso “sanante” (che si esplica invece nella correzione di errori ed inesattezze della documentazione amministrativa, emendando vizi dichiarativi all’interno di documenti che pure sono stati correttamente allegati).
La giurisprudenza ha definito il soccorso vertente sull’offerta tecnica ed economica come soccorso “procedimentale”, proprio al fine di marcarne la distanza dal soccorso “istruttorio”; si tratta di un “escamotage” non solo linguistico, dal momento che, come già detto, la possibilità di colmare carenze nella parte tecnica ed economica dell’offerta non aveva una chiara copertura normativa ed anzi sembrava esclusa dall’unica disposizione codicistica sul tema.
La stazione appaltante, secondo tale lettura, è tenuta a richiedere i necessari chiarimenti al concorrente laddove ravvisi ambiguità in elementi essenziali dell’offerta tecnica o economica; tali chiarimenti però non potranno condurre a un’integrazione postuma dell’offerta, ossia all’aggiunta di elementi ulteriori rispetto a quelli contenuti (seppur in maniera, per l’appunto, contraddittoria o ambigua) nell’offerta originaria[16].
In altre parole, il soccorso procedimentale serve a ricercare l’effettiva volontà del concorrente, ma non potrà mai consentire al medesimo di esprimere una volontà negoziale diversa e ulteriore rispetto a quella cristallizzata nell’offerta già in atti[17].
Il progressivo consolidamento del soccorso procedimentale nell’esperienza pretoria ha condotto il legislatore, da ultimo, a fornirne una puntuale disciplina accanto alle altre e più consolidate forme di soccorso istruttorio. Così, il terzo comma dell’art. 101 del “nuovo” Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) dispone che “La stazione appaltante può sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell'offerta tecnica e dell'offerta economica e su ogni loro allegato. L'operatore economico è tenuto a fornire risposta nel termine fissato dalla stazione appaltante, che non può essere inferiore a cinque giorni e superiore a dieci giorni. I chiarimenti resi dall'operatore economico non possono modificare il contenuto dell'offerta tecnica e dell'offerta economica”[18]. Per conseguenza, come osservato dalla sentenza qui in commento, la disciplina attuale vede la coesistenza di ben quattro forme di soccorso istruttorio: il soccorso “integrativo”, il soccorso “sanante”, il soccorso procedimentale (che la suddetta sentenza denomina “soccorso istruttorio in senso stretto”), nonché la nuova fattispecie del soccorso “correttivo”, vale a dire quello in base al quale l’offerente può sua sponte rettificare gli errori materiali dell’offerta tecnica ed economica nel periodo intercorrente tra il termine di presentazione delle offerte e l’apertura delle stesse.
Tale rinnovato assetto delle varie forme di soccorso istruttorio appare peraltro funzionale alla realizzazione dei principi generali introdotti dal nuovo Codice dei contratti pubblici, quali quello del risultato e della fiducia, venendo a consolidare la sua funzione di meccanismo attraverso il quale la pubblica amministrazione persegue la massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e, con essa, il buon andamento, così che interessi privati e pubblici trovino convergenza, fatte salve le pur meritevoli esigenze di parità di trattamento in relazione alle quali occorre comunque individuare un ambito, magari circoscritto, di inoperatività dell’istituto ora in commento.
3. Il caso deciso dal Consiglio di Stato: i rischi di un’eccessiva dilatazione dell’istituto.
Così sinteticamente ricostruito il quadro normativo, connotato dal recente avvicendamento tra il “vecchio” ed il “nuovo” Codice dei contratti pubblici, occorre volgere l’attenzione alla pronuncia in commento.
Il caso concerne l’esclusione di un’impresa da una procedura di gara bandita dal Ministero della Giustizia per l’attività di digitalizzazione dei fascicoli giudiziari in vari tribunali italiani. Si noti che l’appalto risultava suddiviso in 15 lotti, di cui 14 aventi natura territoriale (perché concernenti attività di svolgersi in un preciso ambito geografico). L’impresa ricorrente veniva esclusa da due diversi lotti per lo stesso motivo, ossia l’aver indicato, per la figura di responsabile del servizio, un soggetto che risultava in possesso di una laurea conseguita in Romania, mentre la lex specialis di gara richiedeva, a pena di esclusione, una laurea italiana.
L’esclusione era stata sancita dopo l’attivazione del soccorso istruttorio, mediante il quale la stazione appaltante aveva richiesto all’impresa di produrre la certificazione di equipollenza della laurea straniera ai sensi della l. n. 148/2002. L’impresa aveva replicato di non essere in possesso di tale attestazione (ma di averla già richiesta), dichiarando al contempo di poter indicare un’altra risorsa munita di laurea italiana. La stazione appaltante riteneva che tanto la produzione dell’attestato ottenuto ex post, quanto la sostituzione dell’originario responsabile con un altro, avrebbero determinato un travalicamento dei limiti posti al soccorso istruttorio, e quindi provvedeva ad escludere definitivamente l’impresa per carenza insanabile di un requisito tecnico.
A quel punto, l’impresa impugnava entrambi i provvedimenti di esclusione davanti a due T.A.R. diversi – Roma e Palermo – in virtù della già citata autonomia e territorialità di ciascun lotto d’appalto.
Entrambi i Tribunali respingevano il ricorso, ma l’impresa insisteva interponendo appello avverso le due sentenze, rispettivamente davanti al Consiglio di Stato e al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (CGARS).
Sennonché, mentre il Consiglio di Stato rigettava l’appello, il CGARS perveniva all’esito diametralmente opposto, accogliendo il gravame e quindi sancendo la possibilità di colmare la lacuna dell’offerta sia mediante la produzione della (postuma) attestazione di equipollenza, sia soprattutto “sostituendo” il responsabile originariamente indicato (ossia quello con laurea rumena priva di equipollenza) con un altro responsabile munito di laurea italiana, già facente parte dell’organico dell’impresa[19].
L’aspetto davvero singolare della suddetta vicenda contenziosa consiste quindi nel fronteggiarsi di due pronunce opposte sulla medesima questione.
Il CGARS, nel ravvisare la fondatezza del ricorso, ha fatto perno su un’interpretazione radicalmente anti-formalistica del soccorso istruttorio. Secondo il Consiglio di Giustizia, in particolare, le carenze nella documentazione dell’impresa ricorrente non sarebbero indicative della mancanza dei relativi requisiti di partecipazione. In altre parole, sempre seguendo il ragionamento del tribunale siciliano, affermare che l’impresa non abbia compiutamente e correttamente comprovato il possesso del requisito tecnico di partecipazione non equivale a dire che tale requisito manchi; anzi, afferma il CGARS, l’impresa ha comprovato l’esatto opposto, ossia di poter soddisfare quel requisito, seppur con un dipendente diverso da quello originariamente (ed erroneamente) indicato nella documentazione a corredo dell’offerta.
Considerato dunque che il soccorso istruttorio è posto a tutela dell’interesse sostanziale della pubblica amministrazione a garantire la più ampia partecipazione e, per conseguenza, la più efficace competizione, allora non risulterebbe legittimo precludere al concorrente di comprovare, seppure ex post, il possesso di un requisito speciale.
Il CGARS osserva anche, correttamente, che il possesso del requisito in questione andava comprovato all’interno della busta amministrativa, non afferendo quindi né all’offerta tecnica né all’offerta economica. Pertanto, la comprova “tardiva” di quel requisito non si sarebbe tradotta in alcuna (non consentita) modificazione dell’offerta.
A conclusioni diametralmente opposte è giunto, invece, il Consiglio di Stato.
Si noti che la pronuncia del Consiglio di Stato è successiva a quella del CGARS; la sentenza ne dà atto, spiegando le ragioni per cui ritiene non corretta la soluzione adottata dal tribunale siciliano.
Innanzitutto, il Consiglio di Stato, pur riconoscendo (come è ormai pacifico) che il soccorso istruttorio risponde “ad una fondamentale direttiva antiformalistica”, rilevante in special modo proprio nelle procedure di evidenza pubblica, esprime talune perplessità in ordine alle prospettive di eccessiva dilatazione dell’istituto, recepite anche nel Codice del 2023 (peraltro non applicabile, per ragioni cronologiche, al caso in oggetto). In tal senso, la sentenza sembra riagganciarsi alla dottrina più prudente, in precedenza segnalata, laddove sottolinea il rischio che “il programmatico ampliamento dell’ambito del soccorso [possa determinare] un possibile conflitto con il canone di autoresponsabilità (che in generale sollecita gli operatori economici, in virtù della postulata qualificazione professionale e del correlativo dovere di diligenza, al pieno e puntuale rispetto delle formalità procedimentali, evitando gli aggravi imposti dalla rimessione in termini: per i quali ben potrebbe prospettarsi, anche alla luce del criterio di buona fede, un forma di immeritevole abuso)”.
Nel prosieguo della motivazione, i giudici di Palazzo Spada ribadiscono il principio per cui “deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica) […] Restano, per contro, ampiamente sanabili le carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa”.
Subito dopo, si legge che “In altri termini, si possono emendare le carenze o le irregolarità che attengano alla (allegazione) dei requisiti di ordine generale (in quanto soggettivamente all’operatore economico in quanto tale), non quelle inerenti ai requisiti di ordine speciale (in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta, con riguardo alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara)”.
Quello appena riportato appare il passaggio fondamentale della sentenza, seppure espresso in maniera sintetica e non pienamente sviluppato nelle sue implicazioni sistematiche.
In sostanza, il Consiglio di Stato sembra affermare che: (1) è soccorribile/sanabile la documentazione amministrativa; (2) non è soccorribile/sanabile la documentazione che integra l’offerta tecnica ed economica; (3) sono emendabili le carenze nell’allegazione dei requisiti di ordine generale, ma non quelle nell’allegazione dei requisiti di ordine speciale, “in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta”.
Orbene, tra i primi due punti testé elencati ed il terzo, pare esservi un “salto” logico che, forse, avrebbe meritato una più compiuta spiegazione.
Non si comprende, infatti, in che modo i requisiti di ordine speciale, ossia quelli attinenti alla capacità economica e tecnica del concorrente, possano essere considerati “parte” dell’offerta tecnica ed economica e, come tali, fuoriuscire dall’alveo applicativo del soccorso istruttorio (che, come più volte evidenziato, non è applicabile all’offerta tecnica ed economica se non nella ristretta forma del soccorso c.d. procedimentale, dal quale comunque rimane esclusa, almeno tendenzialmente, la possibilità di produrre ulteriore e diversa documentazione).
In altre parole, affermare la non soccorribilità della documentazione a comprova dei requisiti di partecipazione tecnici ed economici quale corollario della non soccorribilità dell’offerta tecnica ed economica rappresenta un passaggio che, di per sé, suscita talune perplessità. Infatti, i requisiti di partecipazione (tanto generali, quanto speciali) sono cosa ben diversa dall’offerta. Gli stessi vanno dichiarati all’interno della c.d. busta amministrativa, quindi con una distinzione finanche “fisica” dal nucleo tecnico/economico dell’offerta. D’altro canto, è ben ipotizzabile il caso di un operatore che venga dapprima ammesso alla procedura – poiché in possesso di tutti i requisiti generali e speciali, debitamente dichiarati nella busta amministrativa – e poi escluso all’esito dell’apertura delle altre due buste che, per assurdo, potrebbero anche essere vuote.
Il nodo non sembra risolto neppure nell’ulteriore passaggio della sentenza in cui si si legge: “il capitolato tecnico era chiaro nel richiedere, in capo al personale designato per l’esecuzione del contratto, il prescritto titolo di studio (integrante, all’evidenza, un requisito di ordine tecnico-professionale). Ammettendo, perciò, come pretenderebbe l’appellante (non tanto la formale sostituzione del curriculum, quanto) la indicazione di un diverso titolo di studio, riferito a diversa figura professionale, significherebbe legittimare la modifica (sotto il profilo soggettivo, relativamente alla manodopera impegnata) dei termini dell’offerta. Sicché appare, in definitiva, specioso, ma non persuasivo, l’assunto che la mancanza della certificazione di equipollenza del titolo di studio si risolverebbe in un fatto meramente formale (essendo, in tesi, incontestato il possesso del requisito sostanziale): ciò sarebbe quando si fosse (a tutto concedere) chiesto di integrare il curriculum con la (postuma) produzione di una (già conseguita) attestazione di equipollenza; non quando – come nella specie – si vorrebbe supplire alla (acclarata) inidoneità (per insufficienza del titolo, in quanto privo di riconoscimento del valore legale) del personale con l’indicazione di personale alternativo, per quanto (asseritamente) nella disponibilità dell’impresa”.
Si concorda con il Consiglio di Stato laddove rileva che l’indicazione di una diversa figura professionale determini una modifica latu sensu dell’offerta, nella misura in cui le modalità di assolvimento del servizio originariamente offerte vengono effettivamente mutate.
Ciò nondimeno, poiché tale elemento non è comunque parte dell’offerta tecnica, la suddetta modificazione non sembra automaticamente determinare alcuna lesione del principio della par condicio tra i concorrenti.
Peraltro, nel caso di specie, è difficile ravvisare nell’identità personale del responsabile offerto un elemento essenziale dell’offerta, non foss’altro perché i curricula dovevano essere indicati in forma anonima: ciò a conferma del fatto che quel che interessava alla stazione appaltante non era tanto l’identità del dipendente, quanto l’esistenza, nell’organico dell’impresa, di un qualsiasi dipendente con determinate caratteristiche (possesso di laurea italiana o equipollente).
Occorre tuttavia sottolineare che l’orientamento manifestato dal Consiglio di Stato nella sentenza qui in commento non è affatto isolato e, anzi, appare corroborato da vari precedenti, seppur resi su fattispecie non del tutto sovrapponibili alla presente. Si è quindi affermata, ad esempio, l’inammissibilità della produzione postuma di documentazione a comprova del possesso del requisito esperienziale rappresentato dall’aver realizzato un determinato fatturato su prestazioni analoghe a quelle oggetto dell’appalto[20].
Pur non potendo, in questa sede, analizzare puntualmente tutte le suddette sentenze, si può affermare che nessuna di esse fornisca coordinate sufficientemente solide per giustificare la non sanabilità delle carenze nella documentazione a comprova dei requisiti speciali, o comunque a comprendere quali carenze siano sanabili, e come.
Il concreto rischio è quello di ancorarsi a distinzioni di fatto impalpabili, ad esempio tra documentazione “integrativa e specificativa” (ammessa) e documentazione “aggiuntiva ed ulteriore” (esclusa), senza fornire alcun concreto supporto all’Amministrazione nella complessa gestione delle ammissioni e delle esclusioni.
In conclusione, non appare quindi del tutto sorprendente che, come si è illustrato, CGARS e Consiglio di Stato siano giunti a soluzioni opposte in relazione alla medesima questione.
Sebbene la soluzione del CGARS appaia, forse, più lineare e consenta di tracciare una linea di demarcazione più netta sull’applicabilità dell’istituto, è innegabile che la stessa possa condurre ad un “appiattimento” tra le posizioni dei concorrenti alla gara, ponendo sullo stesso piano sostanziale gli operatori che hanno compilato la documentazione di gara in maniera completa e corretta e quelli che, invece, hanno commesso errori anche non banali; appiattimento che, oltre a contraddire il principio di par condicio e auto-responsabilità, risulterebbe oggi particolarmente marcato, in virtù dell’assenza di sanzioni pecuniarie a carico di chi usufruisce del soccorso istruttorio[21].
Appare, dunque, come già accennato, comprensibile l’estensione della portata applicativa del soccorso istruttorio, propugnata prima dalla giurisprudenza e poi recepita dal legislatore, soprattutto se tale estensione viene proiettata nel prisma dei principi generali introdotti nel nuovo Codice dei contratti pubblici, non dovendosi però farne derivare un utilizzo eccessivamente disinvolto di tale istituto, il quale, comunque, presenta inevitabili profili di frizione con principi parimenti meritevoli di tutela, quale quello della parità di trattamento tra soggetti sottoposti all’esercizio di un potere amministrativo.
[1]In tema cfr., tra gli altri, F. Aperio Bella, S. Caldarelli, E.M. Santoro, S. Tranquilli, Verifica dei requisiti e soccorso istruttorio, in M.A. Sandulli, R. De Nictolis (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, vol. II, Milano, 2019, 1468 ss.; E. Frediani, Il dovere di soccorso procedimentale, Napoli, 2016.
[2]In tema P. Lazzara, I procedimenti amministrativi ad istanza di parte. Dalla disciplina generale sul procedimento (l. 241/90) alla direttiva “servizi” (2006/123/CE), Napoli, 2008, 97 ss.
[3]Sul punto cfr. A. Bonaiti, S. Vaccari, Sul soccorso istruttorio nel diritto amministrativo generale. Inquadramento teorico, principi e interessi protetti, in Dir. amm., 2023, 193.
[4]Paradigmatica, nel senso indicato, la sentenza del Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro Amm., 2014, 387, spec. par. 7.4.1.
[5]Così Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2022, n. 5055, in Guida al diritto, 2022, 44.
[6]Così, di recente, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 24 dicembre 2022, n. 17536, in Foro amm., 2022, 1642. Nello stesso senso, sempre di recente, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 8 febbraio 2022, n. 289, ivi, 204.
[7]Sul punto, A. Bonaiti, S. Vaccari, op. cit., 197.
[8]Nel senso indicato si v., ad esempio, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 2 novembre 2022, n. 14301, in www.giustizia-amministrativa.it, ove si sottolinea: “specialmente nell'ambito dei concorsi pubblici l'attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta alla selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell'Amministrazione. Il danno, prima ancora che all'interesse privato, sarebbe all'interesse pubblico, considerata la cruciale rilevanza della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell'attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.)”. Nello stesso senso, tra le tante: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 6 aprile 2022, n. 778, in Foro amm., 2022, 534; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 10 novembre 2020, n. 709, in Foro amm., 2020, 2160; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 marzo 2020, n. 1000, in www.giustizia-amministrativa.it.
[9]Dal punto di vista ora assunto si segnala, in particolare, l’orientamento della Terza Sezione del Consiglio di Stato, in base al quale “L'obbligo di ammissione al soccorso istruttorio deve essere coerente con il principio di equa distribuzione, tra le parti della procedura concorsuale, dell'onere di diligenza normalmente esigibile (nei confronti dell'amministrazione procedente e dell'impresa partecipante alla gara, cui è corretto richiedere non una diligenza comune, ma la diligenza professionale di cui all'art. 1176, secondo comma, cod. civ.)”: così, di recente, Cons. Stato, sez. III, 13 giugno 2023, n. 5783, in www.giustizia-amministrativa.it. Sempre nel senso che “il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione” si v., tra le altre, Cons. Stato, sez. III, 28 novembre 2018, n. 6752, in L’amministrativista, 29 novembre 2018; Id., 25 maggio 2016, n. 2219, in Rass. dir. farm., 2016, 602; Id., 12 luglio 2018, n. 4266, in www.giustizia-amministrativa.it; la medesima massima è ripresa anche dalla Quarta Sezione nella pronuncia del 19 febbraio 2019, n. 1148, in Foro amm., 2019, 217; ancora nel medesimo senso cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2022, n.10325, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla falsariga, si rimanda anche a T.A.R. Veneto, sez. III, 3 aprile 2019, n. 414, in Foro amm., 2019, 673 (in tema di procedure comparative di massa); T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 marzo 2017, n. 3262, in Rass. dir. farm., 2017, 2, 370; T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 28 marzo 2019, n. 94, in www.giustizia-amministrativa.it (con riferimento alle procedure comparative per l’ottenimento di finanziamenti).
[10] Come evidenziato dall’Adunanza Plenaria nella già citata sentenza n. 9/2014: “per meglio definire il perimetro del "soccorso istruttorio" è necessario distinguere tra i concetti di "regolarizzazione documentale" ed "integrazione documentale": la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del "soccorso istruttorio" è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara […] conseguentemente, l'integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi”.
[11]Si veda, ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 2019, n. 7975, in www.giustizia-amministrativa.it.
[12]Sul tema cfr. a A. Bonaiti, S. Vaccari, Soccorso istruttorio e procedure comparative. Un’analisi critica del principio di par condicio tra formalismo e logica di risultato, in Dir. amm., 2023, 373 ss.
[13]Ciò non significa, tuttavia, che non possano proporsi casi problematici anche per la tipologia di procedimenti in questione. Ad esempio, in un caso di mancata attivazione del soccorso istruttorio in tema di SCIA, è stato statuito che “quanto al potere-dovere di soccorso istruttorio, occorre sempre che sia rispettato un ragionevole equilibrio tra l’errore o la lacuna in cui è incorsa la parte privata e l’onere di assistenza e consulenza che per effetto del soccorso istruttorio viene trasferito a carico dell’amministrazione. A un errore sproporzionatamente grave della parte privata non può corrispondere un obbligo sproporzionatamente gravoso per l’amministrazione. Se dunque il progetto non fornisce le coordinate essenziali per descrivere l’edificazione, compresa la proposta di accordo per l’arretramento dell’edificio ricostruito, gli uffici comunali hanno il solo obbligo di motivare l’archiviazione, senza essere tenuti a mantenere aperto un canale di interlocuzione con la parte privata” (così T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, ord. 22 maggio 2023, n. 193).
[14]La possibilità di regolarizzare i vizi essenziali della documentazione amministrativa era contemplata anche dalla normativa antecedente al Codice del 2016, e segnatamente dal comma 2-bis dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006 (comma introdotto dall'articolo 39, comma 1, del d.l. 90/2014), e dall’art. 46 della medesima legge. Come correttamente osservato dalla giurisprudenza, la novella del 2014 costituiva “espressione della volontà del legislatore di dequotare i vizi formali inerenti gli elementi e le dichiarazioni di cui all'art. 38 comma 2, Codice degli appalti e, quindi, laddove la dichiarazione risulti insufficiente incompleta o addirittura mancante, la stazione non può procedere all'esclusione del concorrente ma deve esercitare il soccorso istruttorio” (così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 28 gennaio 2016, n. 1242, in Foro amm., 2016, 154).
[15]Per un commento all’art. 83, comma 9, si rinvia a F. Aperio Bella, S. Caldarelli, E.M. Santoro, S. Tranquilli, op. cit.
[16]Tra le tante, nel senso indicato, cfr.: Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2023, n. 324, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 25 ottobre 2022, n. 1020, in www.giustizia-amministrativa.it; T.R.G.A. Trento, sez. I, 4 aprile 2022, n. 75, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Veneto, sez. III, 6 ottobre 2021, n. 1175, in Foro amm., 2021, 1519; Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8481, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2019, n. 2219, in Foro amm., 2019, 636; Cons. Stato, sez. III, 13 dicembre 2018, n. 7039, in Foro amm., 2018, 2151; Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. III, 21 ottobre 2014, n. 5196, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla non sanabilità dell’offerta che indica prodotti con caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste dal capitolato speciale, si veda Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2018, n. 4809, in www.giustizia-amministrativa.it. Invece, sulla possibilità di integrare l’offerta tecnica con una dichiarazione totalmente mancante e prevista a pena di esclusione dal bando (ma comunque non incidente sul contenuto sostanziale dell’offerta stessa), si veda T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 4 giugno 2018, n. 1137, in L’Amministrativista, 5 giugno 2018.
[17]Nel senso che “è escluso il soccorso istruttorio volto a sanare carenze strutturali dell'offerta tecnica presentata, in quanto esse riflettono una carenza essenziale dell'offerta” si v., di recente, Cons. Stato, sez. V, 9 gennaio 2023, n. 290, in www.giustizia-amministrativa.it; negli stessi termini, Cons. Stato, sez. VII, 9 gennaio 2023, n. 234, ivi; T.A.R. Lazio Roma, sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 121, ivi.
[18]Invero il citato art. 101, pur recependo e disciplinando espressamente il soccorso procedimentale, lascia aperte alcune contraddizioni: in particolare, il terzo comma abilita la stazione appaltante a “richiedere chiarimenti sui contenuti dell'offerta tecnica e dell'offerta economica e su ogni loro allegato”, mentre la lettera B del primo comma consente di “sanare ogni omissione, inesattezza o irregolarità della domanda di partecipazione, del documento di gara unico europeo e di ogni altro documento richiesto dalla stazione appaltante per la partecipazione alla procedura di gara”, ma con espressa “esclusione della documentazione che compone l'offerta tecnica e l'offerta economica”. Senonchè, non appare di immediata percezione la differenza tra la consentita (e, si direbbe, doverosa) “richiesta di chiarimenti” e la vietata “sanatoria di omissioni e inesattezze”, dal momento che la richiesta di chiarimenti sembrerebbe pur sempre presupporre una qualche omissione o inesattezza.
[19]Cfr. C.G.A.R.S., sez. giurisd., 2 gennaio 2023, n. 4, in www.giustizia-amministrativa.it.
[20]Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2023, n. 3819, in Foro amm., 2023, 580; Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8148, ivi, 2021, 1839; Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1540, in L’Amministrativista, 23 febbraio 2021. Contra, ossia in senso analogo alla sentenza del CGARS, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2022, n. 1308, in Gior. dir. amm., 2022, 623, con nota di M. Filice, Dalla "caccia all'errore" alla verifica sostanziale: la parabola del soccorso istruttorio.
[21]Sul c.d. soccorso istruttorio oneroso, e sulla sua espunzione dall’ordinamento, si rinvia a F. Aperio Bella, S. Caldarelli, E.M. Santoro, S. Tranquilli, op.cit.