ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Il primo giorno della mia vita. Recensione di Dino Petralia
In una combinazione degli opposti in cui primo e ultimo s’identificano, la sorte benigna di quattro personaggi, colti nell’attimo fatale del suicidio, autorizza una loro momentanea sopravvivenza, affidando al rispettivo arbitrio la decisione di una conferma della fine o di un vitale ripensamento. Una sopravvivenza asensoriale e diafana, priva di bisogni primari ed invisibile al prossimo, relegata in un solitario albergo cittadino ma non espropriata del corredo sentimentale utile a ciascuno per valutare quella diversa prospettiva che un ignoto traghettatore ha proposto loro. E per agevolarne la scelta l’innominato concede ai quattro invisibili spettatori la possibilità di uno sguardo sull’immediato futuro, sia nella versione del dopo morte in fotogrammi di una vita che prosegue comunque in loro assenza, sia in una fugace sequenza esistenziale, organizzata come proiezione in una sala vuota di un cinema antico di una Roma notturna e deserta, di un futuro questa volta in loro vitale presenza. A sostegno della decisione soccorre anche la concessione di una giornata di libera uscita tra la gente, con momenti di sensorialità capaci di far gustare - o continuare a ripudiare - la vita perduta, come il pranzo fisicamente realistico sul trabocco e l’allegra conoscenza che tra i quattro sospesi fa Emilia - la giovane ginnasta insoddisfatta del suo eterno secondo posto - di un coetaneo che le si siede accanto con invitante sorriso. Ancora un desiderio a scelta da esaudire e il catalogo dei vantaggi loro concessi è completo; si tratta adesso di scegliere ritornando all’istante dell’atto e così decidere se continuare ad assecondare la pulsione suicida o piuttosto virare gli eventi verso una nuova prospettiva esistenziale, consci che la felicità è di pochi ma che la vita riserva e promette comunque.
La sopravvivenza del dolore nell’anomalo gruppo viene tuttavia lentamente erosa dal progressivo insinuarsi di un fremito sentimentale, evolvendo in una languida e sottintesa nostalgia di felicità; è così che al cospetto di un palpito filiale di Arianna verso il piccolo Daniele che ne assapora il calore materno, al segnale di una scossa d’interesse di Emilia per il giovane avventore che le si avvicina sorridente, l’amore per la vita sigla il suo primato vincente sulla morte.
Non per tutti allo stesso modo però.
Mentre la morte della figlia adolescente per Arianna, la frustrante delusione da eterna seconda di Emilia, la esagerata voracità di ciambelle indotta dal padre in Daniele per guadagnare primati di followers in rete, erano tutti motivi palpabili di insofferenza esistenziale, l’assenza di una ragione giustificante in Napoleone e la presenza in lui di un malessere abissale, così intimo e irrazionale, non gli danno tregua né sollievo neppure in quel limbo di vita sospesa, non esonerandolo dal gesto che sceglie di compiere nuovamente lanciandosi dal ponte. Ed è proprio in quel frammento scenico che il timbro del regista compone la sua impronta finale, offrendola agli spettatori ancora una volta come messaggio di macerante ma concreto ottimismo: Napoleone muore ma al tempo stesso rivive negli analoghi panni del suo momentaneo traghettatore, afflitto in vita dal male oscuro e suicidatosi pure lui gettandosi giù da un ponte. E da rinnovato motivatore d’anime, come il suo provvidenziale angelo s’impegna da quel momento a riacciuffare la vita degli altri nell’attimo fuggente del loro volontario trapasso, assegnando ad ogni eletto una seconda chance di libera autodeterminazione.
Esattamente com’è il jazz, libero e improvvisante, non a caso canticchiato dall’ignoto autista nell’iniziale transito verso l’albergo.
L’artificio filmico e la volutamente meccanica recitazione d’interpreti di qualità - Servillo (l’ignoto) e la Buy (Arianna) che fanno qui ancora una volta egregiamente Servillo e la Buy, la giovane Sara Serraiocco (Emilia), il giovanissimo Gabriele Cristini (Daniele) e un sempre efficace Mastandrea nei panni di Napoleone, oppresso da un incrollabile male di vivere - compongono un lavoro che riflette e fa riflettere, coerente con la linea narrativa del Paolo Genovese di Perfetti sconosciuti e The Place, curioso delle intime dissonanze e attento alle pieghe dei disagi esistenziali, in un’ottica analitica che la maestria del regista adegua al linguaggio filmico con accurata abilità.
Sulla definizione di algoritmo (nota a Consiglio di Stato, Sezione Terza, 25 novembre 2021, n. 7891)
di Carmine Filicetti
Sommario: 1. Premessa - 2. La vicenda conteziosa - 3. L’interpretazione delle clausole di gara - 4. Il termine algoritmo - 5. Conclusioni.
1. Premessa
Le nuove tecnologie offrono degli innovativi strumenti capaci di migliorare i livelli di efficienza amministrativa, l’ingerenza della scienza tecnologica nella materia amministrativa[1] è, ormai, inarrestabile; il legislatore e il giudice non possono non conoscere le nuove definizioni, quali algoritmo[2] o intelligenza artificiale[3] al fine di tutelare gli interessi della collettività nel processo di trasformazione cibernetica che sta avvenendo all’interno del settore pubblicistico.
Le PP.AA., in un’ottica di ammodernamento e innovazione, sono onerate ed obbligate a far proprie tali nozioni in quanto, tale terminologia, è sempre più presente nelle norme, nei capitolati e nei bandi di gara.
Nondimeno, la loro interpretazione, in alcune ipotesi, necessita di uno sforzo considerevole, in ragione dello specifico ambito che non può prescindere dal buon senso e dallo specifico contesto in sono inserite.
A tal proposito, tale commento, vuole soffermarsi sul delicato tema dei rapporti intercorrenti tra la nozione di intelligenza artificiale e quella di algoritmo, in relazione al complesso processo di integrazione in atto, necessario al fine di coadiuvare la convivenza di tali nuove tecnologie all’interno dell’apparato amministrativo.
2. La vicenda contenziosa
La sentenza in commento concerne l’esatta perimetrazione della nozione di algoritmo di trattamento nel contesto di una procedura nazionale di gara per la fornitura di pacemaker di alta fascia[4].
Nella procedura di affidamento, la Commissione di gara riteneva soddisfatto il possesso degli algoritmi sia per la prevenzione che per il trattamento, tuttavia il massimo punteggio era ottenibile esclusivamente nel caso di algoritmi automatici[5]. La questione veniva portata all’evidenza del primo giudice amministrativo e, in tale occasione, questi puntualizzava come bastasse la sola presenza di un algoritmo ti trattamento, senza specificare il genus dello stesso[6].
Nell’estendere la sentenza, il primo giudice, al fine di meglio circoscrivere il concetto, aggiungeva delle importati affermazioni, in ordine alla nozione di algoritmo in luogo dell’intelligenza artificiale: “non deve confondersi la nozione di “algoritmo” con quella di “intelligenza artificiale”, riconducibile invece allo studio di “agenti intelligenti”, vale a dire allo studio di sistemi che percepiscono ciò che li circonda e intraprendono azioni che massimizzano la probabilità di ottenere con successo gli obiettivi prefissati….. sono tali, ad esempio, quelli che interagiscono con l’ambiente circostante o con le persone, che apprendono dall’esperienza (machine learning), che elaborano il linguaggio naturale oppure che riconoscono volti e movimenti”.
Definita la nozione di algoritmo, in contrapposizione a quella di intelligenza artificiale, il Tar concludeva il suo percorso argomentativo, sancendo che: “l’algoritmo di trattamento dell’aritmia non è altro che l’insieme di passaggi (di stimoli creati dal pacemaker secondo istruzioni predefinite) necessari al trattamento del singolo tipo di aritmia. Questo concetto non include necessariamente, invece, come erroneamente ritenuto dalla stazione appaltante, che il dispositivo debba essere in grado di riconoscere in automatico l’esigenza (quindi di diagnosticare il tipo di aritmia) e somministrare in automatico la corretta terapia meccanica (trattamento). In altre parole, il dato testuale della lettera di invito non richiede che l’algoritmo di trattamento, al verificarsi dell’episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell’aritmia e avvio del trattamento. Fondatamente, pertanto, Abbott ha dedotto l’erroneità della valutazione della commissione di gara che – pur in presenza di un algoritmo di trattamento delle aritmie nel proprio dispositivo (vale a dire l’algoritmo NIPS, pacificamente definibile come tale) – ha attribuito soli 7 punti anziché 15 al dispositivo offerto. Infatti, la commissione ha confuso, sovrapponendoli indebitamente, il concetto di algoritmo con quello di avvio automatico del trattamento”.
Tale, singolare, ricostruzione veniva appellata e, nel ricorso del giudizio di secondo grado, si segnalava come questa risultava ampiamente generica. Ulteriormente, veniva ribadito che l’evoluzione del settore è sempre più permeata dall’introduzione di algoritmi maggiormente complessi[7], capaci di adattare la terapia da somministrare in ordine alle caratteristiche individuali, inclusa, anche, la capacità di riconoscere, prevenire e trattare episodi aritmici, quali le aritmie atriali, come acclarato nell’ambito della letteratura clinica.
Ancora, l’appellate, sottolineava come il concetto di algoritmo era ben lontano da quello di intelligenza artificiale, in quanto basato su uno schema tipico (input-elaborazione-riposta) connaturato alla funzione di sorvegliare continuativamente il ritmo cardiaco, che nulla aveva in comune con i meccanismi di machine learning [8], evocati in prime cure.
Di contro, per l’appellante, non trovavano alcun fondamento, nella nozione di algoritmo, le funzioni di test (come il NIPS) attivabili a mezzo del collegamento, in ambiente ospedaliero, del pacemaker ad una strumentazione esterna, sotto il diretto controllo del personale medico, chiamato a decidere, in base ai risultati del test, le azioni di stimolazione da far eseguire al pacemaker in modo temporaneo e sempre sotto supervisione.
L’appellata replicava ai suddetti assunti, ribadendo che la nozione di algoritmo informatico era del tutto compatibile con la fase di input attivata da un umano e, in tale ipotesi, non poteva darsi rilievo alla circostanza che i dispositivi da fornire erano di “alta fascia”, poiché è fuor di dubbio che tali dispositivi gestivano funzioni comuni anche ai dispositivi “bassa fascia” che si attivano attraverso un programmatore o l’intervento del clinico. La mancata specificazione da parte della lex gara del carattere “automatico” o “intelligente” dell’algoritmo avrebbe dovuto dunque indurre la commissione ad interpretare in modo letterale ed ampio la nozione di algoritmo, a beneficio del principio di massima partecipazione e della par condicio.
3. L’interpretazione delle clausole di gara
Il Consiglio di Stato, prima di entrare nel merito della vicenda, chiariva alcuni importanti profili in ordine all’interpretazione delle clausole della lex gara. Il primo giudice, riportava il dominante orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo il quale ‘l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c.[9] per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative[10]; con la conseguenza che “la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione”[11].
4. Il termine algoritmo
Chiariti i profili interpretativi delle clausole del bando di gara il Collegio si soffermava a ricostruire le modalità in cui il termine “algoritmo” andava interpretato all’interno di un bando di gara.
In primis, chiariva che non si trattava di una singola clausola stabilente condizioni di partecipazione o regole per la competizione, ma di un vero e proprio criterio di attribuzione del punteggio tecnico; chiara espressione delle preferenze dell’amministrazione rispetto alle caratteristiche funzionali e tecniche del bene da reperire sul mercato.
Il giudice ripercorreva un iter argomentativo volto a far emergere, sia da un punto di vista funzionale che logico, che le esigenze dell’amministrazione sono la fonte dalla quale il procedimento di gara si dipana e, se è vero che l’amministrazione adisce il mercato per ricercare un bene, tali esigenze non potevano essere certamente mese a repentaglio da interpretazioni dubbie capaci di imporre all’amministrazione un bene che essa non necessita.
Il giudice sottolineava, infatti, che cosi ragionando, per assurdo, si darebbe vita ad un processo fine a sé stesso, suscettibile di tramutare la procedura da strumento servente e utile all’approvvigionamento ad un mero vincolo condizionante lo stesso fabbisogno della stazione appaltante.
Ancora, l’amministrazione dichiarava espressamente, a mezzo degli atti a base di gara, di voler reperire dispositivi di “alta fascia” e di preferire, fra questi, quelli dotati di “Algoritmo di prevenzione+trattamento delle tachiaritmie atriali” (premiati con punti 15) rispetto a dispositivi dotati “del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali” (valorizzati con punti 7).
Dall’attribuzione, quasi doppia, di punteggio è chiaro come l’intento dell’amministrazione era quello di preferire un apparecchio tecnologicamente avanzato, dotato di un grado di automazione capace di coprire sia l’area della prevenzione che quella del trattamento.
Il giudicante, dunque, si interrogava in ordine a cosa, realmente, l’amministrazione aveva richiesto predisponendo il bando di gara e il proprio “invito ad offrire” soffermandosi, poi, sullo specifico punteggio da attribuire al prodotto dalla controinteressata (15 punti oppure 7).
In ordine al primo interrogativo, il Tar così descriveva la propria valutazione: “l’algoritmo di trattamento dell’aritmia non è altro che l’insieme di passaggi (di stimoli creati dal pacemaker secondo istruzioni predefinite) necessari al trattamento del singolo tipo di aritmia. Questo concetto non include necessariamente, invece, come erroneamente ritenuto dalla stazione appaltante, che il dispositivo debba essere in grado di riconoscere in automatico l’esigenza (quindi di diagnosticare il tipo di aritmia) e somministrare in automatico la corretta terapia meccanica (trattamento). In altre parole, il dato testuale della lettera di invito non richiede che l’algoritmo di trattamento, al verificarsi dell’episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell’aritmia e avvio del trattamento.
Tale ricostruzione, tuttavia, non trovava appoggio da parte del Collegio che, dissentendo, criticava la nozione fornita dal primo giudicante, quando questi si limitava a definire l’algoritmo come “semplicemente una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato” .
È da sottolineare che una definizione di algoritmo di tale tenore risulta, estremamente ampia e, seppure corretta, nella sua estensione, ai fini del bando avrebbe finito per ricomprendere elementi che nulla aggiungevano al valore del prodotto, questo perché l’algoritmo in questione era la base del punteggio tecnico aggiuntivo e visto che tale punteggio era volto proprio ad individuare soluzioni tecnicamente più avanzate, non sarebbe stato logico, nel caso, dare il punteggio massimo tanto a un software che dipendeva integralmente dall’azione umana, quanto ad uno che automaticamente interviene in alcuni contesti, apportando un significativo vantaggio al prodotto[12].
Ciononostante, il Consiglio di Stato osserva come la nozione di algoritmo, applicata a sistemi tecnologici, è ineludibilmente collegata al concetto di automazione, ovvero sistemi di azione e controllo idonei a ridurre l’intervento umano: maggiore è il grado di estraneità dell’intervento umano e maggiore è la complessità e dall’accuratezza dell’algoritmo che la macchina è chiamata a processare[13].
Di tutt’altra natura è, invece, la nozione di intelligenza artificiale, in questo caso, infatti, l’algoritmo riflette dei meccanismi di machine learnig e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole sofware e i parametri preimpostati (come fa invece l’algoritmo “tradizionale”) ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e assume decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico.
In sostanza, per ottenere la fornitura di un dispositivo con elevato grado di automazione, l’amministrazione non doveva far riferimento agli elementi dell’intelligenza artificiale, ma era sufficiente soffermarsi al concetto di algoritmo, ossia ad istruzioni capaci di fornire un efficiente grado di automazione, ulteriore rispetto a quello di base, sia nell’area della prevenzione che del trattamento delle tachiaritmie atriali, in modo da assecondare le esigenze della P.A., refluite nel bando di gara, in ordine alla preferenza della presenza congiunta di algoritmi di prevenzione e trattamento delle “tachiaritmie atriali”.
In ultimo, il Collegio si soffermava sull’aspetto tecnico della funzione “Non invasive program stimulation” (NIPS), assicurata, per l’area del trattamento, dal prodotto offerto dalla controinteressata[14].
Di contro, la controinteressata, a mezzo della riproposizione dei motivi assorbiti, sosteneva che anche il dispositivo offerto dalla ricorrente era privo del trattamento automatico delle tachiaritmie atriali.
Tuttavia, la Commissione, composta da comprovati esperti (clinici e ingegneri biomedici), riteneva - sulla base di valutazioni che non apparivano affette da manifesta erroneità o vizi logici - che tale algoritmo consentiva in maniera automatica di contrastare il ritmo prefibrillatorio e che in sostanza, avendo il contrasto del ritmo prefibrillatorio anche una valenza terapeutica, questo era da annoverare nella categoria dell’algoritmo di trattamento. Il Collegio si determinava per l’accoglimento dell’appello ribaltando quanto sostenuto in primo grado.
5. Conclusioni
La sentenza in commento è utile al fine di valutare quelle che sono le possibili problematiche legate alle nuove terminologie tecnologiche presenti nella materia amministrativa.
La pronuncia offre notevoli spunti interpretativi della lex specialis connessi alla problematica definizione di algoritmo, non ancora permeata placidamente nel classico apparato amministrativo e, in parte, ancora decontestualizzata e capace di creare dei dubbi interpretativi. È sufficiente soffermarsi sul fatto che, erroneamente, il Tar aveva ritenuto che l’automazione non fosse tanto un concetto da ricollegarsi agli algoritmi, bensì all’intelligenza artificiale[15]. Si è precisato, invece, che per automatizzare è sufficiente costruire una relazione logica tra input e output, che non necessita alcuna attività di machine learning[16]. Gli spunti riflessivi restano molteplici, una mera interpretazione della definizione di “algoritmo” risulta, ad oggi, in grado da fungere da spartiacque tra l’accoglimento o il rigetto del ricorso giurisdizionale, oltre che a modificare l’esito dell’aggiudicazione stessa. Ciononostante la definizione di algoritmo[17]è ancora lontana da una sua completa statuizione definitiva, tuttavia l’interpretazione dei bandi di gara, non può prescindere da un approccio sistemico, lontano da una mera e asettica interpretazione letterale, il tutto al fine di agevolare le stazioni appaltanti nella ricerca dei beni sul mercato, che mai dovrebbero scontrarsi con delle frizioni di carattere interpretativo, capaci di creare contraddizioni, inefficienza e, a cascata, contezioso.
[1] Per approfondire, D.U. Galetta e J. G. Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto in Federalismi. n.3/2019, federalismi.it; M. C. Cavallaro e G. Smorto, Decisione pubblica e responsabilità dell’amministrazione nella società dell’algoritmo in Federalismi. n.16/2019 4 Settembre 2019; G. Iozzia, L’Intelligenza artificiale deve essere “spiegabile”, ecco i progetti e le tecniche in Agendadigitale.eu, 25 Novembre 2019; R. Pardolesi e A. Davola, Algorithmic legal decision making: la fine del mondo (del diritto) o il paese delle meraviglie? in Questione Giustizia n.1/2020; A. Longo e G. Scorza, Intelligenza Artificiale, L’impatto sulle nostre vite, diritti e libertà in Mondadori Università, 2020; E. Errichiello, Algoritmi nella PA: accesso al software e diritti del produttore, i paletti del Consiglio di Stato in Agendadigitale.eu, 5 Febbraio 2020; B. Raganelli, Decisioni pubbliche e algoritmi: modelli alternativi di dialogo tra forme di intelligenza diverse nell’assunzione di decisioni amministrative in federalismi.it, 22 Luglio 2020; D. Coyle, The tensions between explainable AI and good public policy, Brookings Institution Press. September 15, 2020, R. Rolli e M. D’Ambrosio, Consenso e accountability: i poli del commercio dei dati personali online, P.A. Persona e Amministrazione, 2022.
[2] In tema di algoritmo il Consiglio di Stato si è più volte pronunciato, cfr. Cons. di Stato n. 881/2020, n. 2270/2019, n. 30/2020, n. 8472/2019.
[3] Ne parlava già G. Sartor, Le applicazioni giuridiche dell’intelligenza artificiale. La rappresentazione della conoscenza, Bologna 1990, P.L.M Lucatuorto, Intelligenza artificiale e diritto: le applicazioni giuridiche dei sistemi esperti, in Cyberspazio e diritto, 2006.
[4] Nello specifico, la lex gara prevedeva tra i criteri di valutazione dell’offerta tecnica, il parametro tabellare “Algoritmo di prevenzione+trattamento delle tachiaritmie atriali” al quale assegnare 15 punti per l’ipotesi di presenza di entrambi gli algoritmi e 7 punti nel caso di “presenza del solo algoritmo di prevenzione o del solo trattamento delle tachiaritmie atriali”.
[5] Si legge nella sentenza in commento che “La commissione come algoritmo di trattamento automatico per Microport ha considerato l’accelerazione su PAC frequenti che consente in maniera automatica di contrastare il ritmo prefibrillatorio costituito dal riconoscimento di frequenti ectopie atriale e trattato mediante riduzione/omogeneizzazione dei periodi refrattari atriali. L’algoritmo denominato NIPS (Noninvasive program stimulation) e presente nel prodotto offerto da Abbott costituisce invece uno studio elettrofisiologico eseguito in office da un operatore specialistico”.
[6] Il Tar adito sanciva che “la legge di gara richiede unicamente la presenza di un algoritmo di trattamento (senza altro specificare)” e “con esso ci si richiama, semplicemente, a una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato (come risolvere un problema oppure eseguire un calcolo e, nel caso di specie, trattare un’aritmia)”.
[7] Specialmente nei dispositivi di c.d. alta fascia oggetto della gara de qua.
[8] Il Machine Learning (ML) è un sottoinsieme dell'intelligenza artificiale (AI) che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano. Intelligenza artificiale è un termine generico e si riferisce a sistemi o macchine che imitano l'intelligenza umana. I termini machine learning e AI vengono spesso utilizzati insieme e in modo interscambiabile, ma non hanno lo stesso significato. Un'importante distinzione è che sebbene tutto ciò che riguarda il machine learning rientra nell'intelligenza artificiale, l'intelligenza artificiale non include solo il machine learning. Attualmente, il machine learning è utilizzato ovunque. Quando interagiamo con le banche, acquistiamo online o utilizziamo i social media, vengono utilizzati gli algoritmi di machine learning per rendere la nostra esperienza efficiente, facile e sicura. Il Machine Learning e la tecnologia associata si stanno sviluppando rapidamente e noi abbiamo appena iniziato a scoprire le loro funzionalità, in oracle.com
[9] Atteso che l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. A tale fine, l'estrapolazione del singolo brano della motivazione del provvedimento che si intenda censurare deve associarsi a una puntuale evidenziazione del vizio, dissolvendosi altrimenti la deduzione critica in un'astratta enunciazione di principio, in Guida al diritto 2022, 49.
[10] Così, tra le tante, Cons. Stato, V, 13 gennaio 2014 n. 72.
[11] Cfr. Cons. Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3811 e Cons. Stato, V, 12 settembre 2017, n. 4307.
[12] Sul punto, Focus sentenze G.A. su decisioni algoritmiche – Cosa si intende per algoritmo? Serve buonsenso!
13 Settembre 2022, in irpa.eu.
[13] V. MANCUSO, Intelligenza delle macchine e libertà dell’uomo, Relazione al convegno “Uomini e macchine”, Roma, 30 gennaio 2018, in cui l’Autore conclude: «Sono stato invitato a parlare di “Intelligenza delle macchine e libertà dell’uomo” e io concludo con l’auspicio che le macchine non ci tolgano il caos. È dal caos, infatti, come insegnano tutte le antiche cosmogonie, che prende forma la natura, anche la natura umana, la quale, tra tutte le manifestazioni naturali, è la più caotica, e per questo la più libera».
[14] Il nodo da sciogliere era quello relativo alla qualificazione di tale funzione come algoritmo di trattamento delle tachiaritmie atriali e, dall’esame degli atti di causa, emerge che il NIPS è una funzione che deve qualificarsi come test elettrofisiologico: in sostanza il test NIPS è attivato solo presso ambulatori cardiologici attraverso un programmatore esterno, che viene utilizzato dall’operatore clinico per assumere temporaneamente il controllo del pacemaker e per impartire, sulla base della valutazione in tempo reale del ritmo cardiaco, una sequenza di stimoli da erogare a scopo terapeutico (che possono essere interrotti e/o modificati ad ogni evento avverso), mentre le normali funzioni di sensing e di risposta automatica del pacemaker sono provvisoriamente inibite. Il test NIPS per converso non consente di correggere automaticamente le aritmie al momento dell’insorgere della disfunzione.
In tal senso depone anche l’estratto dell’“elenco sistematico delle procedure diagnostiche e terapeutiche del Ministero della Salute”, dove la stimolazione elettrica non invasiva programmata NIPS è classificata nell’ambito delle procedure ospedaliere/ambulatoriali e in particolare all’interno della categoria “procedure diagnostiche sul cuore e sul pericardio” ; così come la letteratura di settore (cfr. Tabella riassuntiva 3 del contributo pubblicato su EuroPace 2009, vol. 11, pagg. 1272-1280 “Novel pacing algorithms: do they represent a beneficial proposition for patients, physicians, and the health care system?” Simantirakis E. N., Arkolaki E. G.) che non ricomprende la funzione NIPS negli elenchi di riferimento degli algoritmi incorporati nei pacemakers per la gestione del ritmo cardiaco in continuo e in automatico.
A nulla vale osservare che anche il test NIPS funziona sulla base di un algoritmo interno. Il Collegio non lo mette in dubbio e tuttavia confida di aver chiarito che siffatto algoritmo, che sovrintende al test diagnostico, non interviene in funzione di automazione delle funzioni di prevenzione e trattamento delle tachiaritmie atriali come richiesto dall’amministrazione, e dunque correttamente l’amministrazione non lo ha considerato ai fini del punteggio.
[15] Affermava infatti che “il dato testuale della lettera di invito non richiede che l’algoritmo di trattamento, al verificarsi dell’episodio aritmico, sia avviato dal dispositivo medesimo in automatico. Tale caratteristica attiene a una componente ulteriore, non indicata nella legge di gara, vale a dire a un algoritmo di intelligenza artificiale nella diagnosi dell’aritmia e avvio del trattamento”.
[16] Il Consiglio di Stato evidenziava come “Cosa diversa è l’intelligenza artificiale. In questo caso l’algoritmo contempla meccanismi di machine learning e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole software e i parametri preimpostati (come fa invece l’algoritmo “tradizionale”) ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e assume decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico”.
[17] Cfr. La nozione di algoritmo “tecnologico” secondo una recente decisione del Consiglio di Stato, 13 Gennaio 2022, in irpa.eu.
Le nuove norme processuali in materia di persone, minorenni e famiglia (d.lgs. n. 149/2022): prime letture sintetiche
di Giuseppe Buffone
Giustizia Insieme propone ai suoi lettori una serie di contributi relativi alla riforma della procedura civile, per conoscere, approfondire e discutere. L’articolo presentato riguarda la riforma dei procedimenti in materia di persone, minori e famiglia.
I precedenti articoli:
1. La trattazione scritta. La codificazione (art. 127-ter c.p.c.)
2. La riforma del processo civile in Cassazione. Note a prima lettura
3. La riforma del processo civile in appello. Le disposizioni innovate dal D. Lgs n. 149/2022
4. La riforma dell’esecuzione forzata: le novità del D. Lgs n. 149/2022
5. Le nuove disposizioni in materia di processo del lavoro
Sommario: 1. Regime transitorio – 2. Criterio generale di interpretazione – 3. Ambito di applicazione – 3.1. Regime della connessione - 4. Le disposizioni generali - 4.1. Poteri del giudice – 4.2. Ascolto del minore – 4.3. Curatela speciale – 5. Procedimento di separazione e divorzio – 5.1. Competenza territoriale - 5.2. Il processo - 5.3. Contemporanea proposizione delle domande di separazione e divorzio – 5.4. Provvedimenti provvisori – 5.5. Procedimento su domanda congiunta - 6. Il processo minorile a gestione condivisa.
1. Regime transitorio
Il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n 149 (cd. Riforma Cartabia)[1] ha introdotto nuove norme di procedura dedicate ai procedimenti che riguardano la persona e la famiglia: le nuove disposizioni sono contenute nel libro II, (nuovo) titolo VI-bis del codice di procedura civile («Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», cd. procedimento PMF), in particolare negli articoli 473-bis e ss c.p.c.
Queste disposizioni si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti (art. 35 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149, come modificato dall’art. 1, comma 380, della legge 29 dicembre 2022 n. 197, ossia legge di Bilancio 2023[2]). Il regime transitorio è stato modificato anche dal cd. decreto milleproroghe (decreto-legge 29 dicembre 2022 n. 198[3]) che, per quanto qui interessa, ha effetto soprattutto per il regime dell’udienza di giuramento del consulente tecnico d’ufficio. La legge di Bilancio 2023, modificando l’art. 35 del dlgs 149/2022, ha incluso anche la modifica dell’art. 193 c.p.c. tra le norme di applicazione anticipata alla data del 1° gennaio 2023. Il decreto milleproroghe, tuttavia, all’art. 8 (proroghe di giustizia) ha previsto che l’art. 221, comma 8, decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 continua ad applicarsi alle udienze da svolgere fino al 30 giugno 2023, anche in deroga alle disposizioni di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149. Ebbene, il nuovo art. 193 c.p.c. – come riscritto dalla Riforma Cartabia - prevede, al comma secondo, che “in luogo della fissazione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio il giudice può assegnare un termine per il deposito di una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento previsto dal primo comma”. La disposizione richiamata dal decreto milleproroghe statuisce, invece, che “in luogo dell'udienza fissata per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio ai sensi dell'articolo 193 del codice di procedura civile, il giudice può disporre che il consulente, prima di procedere all'inizio delle operazioni peritali, presti giuramento di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidate con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo telematico”. Entrambi i regimi giuridici regolano l’udienza di giuramento del CTU dematerializzata: alla luce del coordinamento delle disposizioni di diritto transitorio, la regola prevista dalla decretazione d’urgenza (ed estesa nel tempo dal d.l. 198/2022) continua ad applicarsi fino alle udienze da svolgere fino al 30 giugno 2023; successivamente a quella data, sarà applicabile il nuovo art. 193 c.p.c. come riscritto dal dlgs 149/2022[4].
2. Criterio generale di interpretazione
Il decreto legislativo n. 149 del 2022 racchiude un corpus iuris di estrema complessità e, soprattutto, capillare quanto ai settori di intervento. Si porranno certamente diversi quesiti ermeneutici e, conseguentemente, elevato sarà il tasso di intervento degli interpreti. Ciò nondimeno, in questo caso, può essere utile segnalare che tutte le relazioni illustrative sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale[5] a dar conto delle ragioni di ogni scelta normativa adottata. E ciò è importante anche per ricordare un criterio generale di interpretazione che certamente può essere utilizzato in questa occasione: il principio del cd. “Legislatore consapevole”. “Il canone interpretativo del «Legislatore consapevole» presuppone un Parlamento attento al diritto giurisprudenziale e composto, almeno in parte, da tecnici; si tratta di un criterio che deve orientare l’interprete verso la scelta ermeneutica più vicina alla volontà espressa nella legge”[6]. Ebbene, tenuto conto di come sono stati organizzati i lavori dei tecnici in questo caso e della composizione delle Commissioni preposte alla stesura delle norme, dovrà prestarsi particolare attenzione alle modalità di interpretazione, presupponendo che ciò che è stato scritto (o non scritto) sia “consapevole”. Altrimenti detto: le nuove norme devono leggersi come frutto della consapevole conoscenza dello “stato dell’arte” del processo al momento dell’intervento legislativo e come risultato voluto[7].
3. Ambito di applicazione
Il nuovo procedimento PMF ha vocazione generale: le nuove disposizioni si applicano a tutti i procedimenti (contenziosi) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni (art. 473-bis c.p.c.). Sussistono solo tre eccezioni: 1) non si applica il procedimento PMF se “la legge dispone diversamente”; 2) non si applica il procedimento PMF nei casi di esclusione previsti dall’art. 473-bis, primo comma, c.p.c. (procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, procedimenti di adozione di minori di età, procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea); 3) restano fuori dall’ambito applicativo del nuovo rito unificato a cognizione piena tutti i procedimenti di giurisdizione volontaria, che continuano ad essere retti dalle forme processuali camerali (art. 473-ter c.p.c.). In questa ipotesi, il tribunale giudica in composizione collegiale, salvo che sia altrimenti disposto (art. 50-bis c.p.c.) e i decreti sono immediatamente esecutivi (art. 473-ter c.p.c.)[8].
L’adozione del termine “famiglie” mira a includere tutti modelli familiari, vuoi che si tratta di coppie unite in matrimonio, vuoi che si tratti di convivenze di fatto. Le nuove norme si applicano anche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso: in tal caso, l’applicabilità è stata espressamente prevista nell’art. 1, comma 25[9] della legge 20 maggio 2016 n. 76 (“si applicano, in quanto compatibili (…) le disposizioni di cui al Titolo IV-bis del libro secondo del codice di procedura civile (…)”. Il nuovo procedimento assorbe anche le controversie tra genitori non legati da vincolo matrimoniale. Al riguardo, una precisazione è opportuna. Nel vigore del vecchio assetto ordinamentale, le liti tra genitori non uniti da matrimonio erano collocate nel procedimento camerale e fondate sulla base giuridica formata dal combinato disposto degli artt. 316, quarto comma, 337-bis c.c.[10] Nell’attuate procedimento PMF, l’art. 473-ter c.p.c. prevede che i provvedimenti di cui all’articolo 316 del codice civile “sono pronunciati in camera di consiglio”. Ma, adesso, il rinvio è al “nuovo articolo 316 c.c.”, come modificato dal dlgs n. 149/2022[11], che riconduce questo istituto esclusivamente alle liti “endofamiliari” ossia ai diverbi tra genitori uniti e, quindi, non in una fase di separazione (in linea con istituti simili, come quello di cui all’art. 145 c.c.[12]). Quanto a dire: nel caso in cui una coppia unita sia in disaccordo su questioni che riguardano i figli, opera il rito camerale e l’art. 316 c.c., ma se si tratta di disgregazione della famiglia (ossia: una separazione), allora si applica il procedimento PMF (perché si tratta di vero e proprio procedimento contenzioso). Nell’ambito del procedimento PMF vanno anche collocate le controversie in materie di alimenti, in quando non è espressamente prevista una esclusione (e, quindi, ricade in questa tipologia di procedimento anche la controversia alimentare tra conviventi, ai sensi dell’art. 1, comma 65, legge n. 76/2016).
Le nuove disposizioni di applicano, come detto, anche ai procedimenti relativi allo stato delle persone (“azioni di stato”), incluso il procedimento previsto dall’art. 250 c.c. che, a tal fine, è stato espressamente modificato per confluire nel nuovo rito unitario[13]. Queste azioni sono di competenza del tribunale ordinario (artt. 38 disp. att. c.c., 9 c.p.c.) anche quando la parte attrice sia un minore. Per effetto della inclusione dei procedimenti relativi allo stato delle persone in seno al rito unitario, per determinare la competenza territoriale si applica l’art. 473-bis.11 c.p.c.: “per tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore, è competente il tribunale del luogo in cui il minore ha la residenza abituale” (secondo la logica del forum conveniens). Questa nuova regola modifica, di fatto, il pregresso “status quo” della giurisprudenza in virtù del quale nelle azioni di stato (anche ove coinvolti minori), la competenza è del luogo di residenza del convenuto[14]. Il nuovo grimaldello in seno al rito unitario apre, invece, la porta della competenza del foro di residenza del bambino anche ove questi sia coinvolto in una azione di stato (alla luce della formulazione generale: “tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore”).
Così delineato l’ambito di applicazione, è importante, in punto di qualificazione giuridica, affermare che non si tratta di un rito speciale (non più). Il procedimento PMF è stato inserito, sistematicamente (e consapevolmente), all’interno del Libro II del c.p.c. (processo ordinario di cognizione). Questa scelta sottolinea anche dal punto di vista sistematico che si tratta a tutti gli effetti non già di un rito settoriale, quanto di un modello processuale generale[15]. Volendo essere più chiari: non si tratta più di un “procedimento speciale” di cui al Libro IV del c.p.c. (“Dei procedimenti speciali”) ma di un processo ordinario di cognizione, di cui al Libro II del c.p.c. (“Del processo di cognizione”); il termine “speciale”, anche quando usato anche dalla Dottrina[16], non va, dunque, frainteso perché significa rito ordinario con alcune caratteristiche di “specialità” nel regime giuridico che lo tratteggia.
Si tratta, dunque, del processo ordinario di cognizione con rimedi e tutele particolareggiate. Queste ultime sono contenute nel Capo III (Disposizioni speciali), costituito da sette sezioni. Si è andato incontro, quindi, a esigenze di tutela particolareggiata, caso per caso.
3.1. Regime della connessione
Fatta questa premessa, può rilevarsi, forse, una omissione in seno al nuovo articolo 40 c.p.c. (in materia di connessione). La riforma, infatti, si è preoccupata di introdurre al terzo comma dell’articolo 40 c.p.c. la disciplina che dispone la prevalenza del rito semplificato di cognizione nei casi in cui si determina connessione (ai sensi degli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.) tra una causa sottoposta a tale rito e una causa invece da trattarsi con rito speciale diverso da quelli di cui agli articoli 409 e 422 c.p.c. Non ha, invece, nulla previsto per il caso del procedimento PMF. In presenza di questa possibile lacuna non dovrebbe propendersi, come soluzione, per la prevalenza del procedimento di cognizione ordinario generale ma, adottando una interpretazione funzionale, dovrebbe applicarsi quello “particolareggiato” degli artt. 473-bis e ss c.p.c. Altre conseguenze si registrano in tema di cumulo processuale. Ebbene, fermo restando che tra le domande deve sussistere un vincolo di connessione (che, ad esempio, è in genere escluso con la domanda di divisione del patrimonio: v. Cass. civ. n. 6424/2017), dovrebbe propendersi, a questo punto, per la possibilità della trattazione congiunta delle azioni tipiche del procedimento PMF e le azioni di risarcimento del danno endofamiliare. Rispetto a tale aspetto, un approfondimento può essere utile. L’art. 1, comma 24, lett. c) della legge n. 209 del 2021, ha richiesto al Legislatore di istituire il futuro Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, attribuendogli anche la competenza sui “procedimenti aventi ad oggetto il risarcimento del danno endo-familiare” (che sarà assegnato alle sezioni circondariali). Questa materia non è oggetto della delega attuata nel dlgs n. 149/2022. Ciò nondimeno, alla luce del nuovo procedimento PMF può legittimamente predicarsi la possibilità del cumulo tra le azioni di separazione e divorzio e la domanda di risarcimento del danno endofamiliare (che, peraltro, è in genere “accessoria”). Valga, comunque, considerare che già nel vigore del “rito speciale” di separazione/divorzio la Corte di Cassazione ha dimostrato favore per il regime del cumulo in caso di domande risarcitorie fondate su cd. illeciti endo-familiari[17]: ad esempio, là dove ha affermato, di recente, che “è consentita, nel procedimento camerale finalizzato all'adozione delle misure di cui all'art. 709-ter c.p.c., la proposizione della domanda risarcitoria da illecito endofamiliare per gli atti pregiudizievoli commessi dall'altro genitore ai danni del minore, non essendovi motivo per imporre al genitore, che intenda svolgere siffatta domanda nell'interesse del figlio minore, la necessità di proporre un'autonoma azione da illecito aquiliano; l'art. 709-ter c.p.c. è, infatti, norma processuale che, in via eccezionale, consente al giudice di trattare una domanda ordinaria con rito speciale, per preminenti ragioni di celerità del mezzo di tutela, ed il provvedimento terminativo del giudizio riveste il carattere della decisorietà, con conseguente idoneità al giudicato” (Cass. Civ. n. 27147 del 2021). Depone a favore della inclusione delle azioni di risarcimento del danno endofamiliare nell’ambito del procedimento PMF, in caso di cumulo processuale, il nuovo art. 473-bis.39 c.p.c. che, al secondo comma, conferma la previgente previsione dell’art. 709-ter (“Nei casi di cui al primo comma, il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell'altro genitore o, anche d'ufficio, del minore”) ma stavolta nell’ambito delle disposizioni comuni di tutto il procedimento e non, quindi, nel contesto di una intercapedine di rito speciale.
In presenza di “connessione” il rito è ormai la sede in cui proporre tutte le domande. Ad esempio, nel rito del divorzio, possono essere anche decise, in regime di cumulo processuale, la domanda di mantenimento del cognome del maritoo di liquidazione della quota di trattamento di fine rapporto, etc.[18]
A scanso di equivoci è bene evidenziare che, nonostante l’introduzione del rito unitario in materia di famiglia, resta – sino a quando non entrerà in vigore la riforma del tribunale delle persone, dei minori e delle famiglie - la ripartizione delle competenze tra il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni, seppur ai sensi del novellato art. 38 disp. att. c.c.[19]
4. Le disposizioni generali
Il dlgs 149/2022 introduce delle norme “generali” per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie: si tratta degli articoli 473-bis – 473-bis.10, racchiusi nel Capo I. Queste disposizioni regolano, con carattere generale, tutti i procedimenti che ricadono nell’ambito di applicazione del procedimento PMF. L’art. 473-bis.1 individua la composizione dell’organo giudicante con una scelta che punta ad accelerare la governance dei procedimenti a decisione collegiale ammettendo che la trattazione e l'istruzione possano essere delegate a uno dei componenti del collegio (si passa, dunque, a un modello a istruzione monocratica e decisione collegiale). In virtù della disposizione in esame, il giudice relatore potrà, ad esempio: nominare il curatore speciale del minore (oppure il tutore provvisorio nei casi previsti); esercitare i poteri d’ufficio riconosciuti nel caso in cui debbano essere adottati provvedimenti in materia di minori; condurre l’ascolto del bambino; adottare i provvedimenti indifferibili; tenere l’udienza di comparizione personale delle parti, all’esito della quale adottare i provvedimenti provvisori; ammettere istanze istruttorie, CTU, delegare indagini ai Servizi socio assistenziali; tenere le ulteriori udienze istruttorie necessarie per giungere alla decisione; modificare i provvedimenti provvisori ricorrendone i presupposti[20]. Resta, invece, confermata – in mancanza di disposizione di deroga in tal senso – la riserva di collegialità per l’eventuale incidente di costituzionalità: infatti, nei giudizi in cui il tribunale decide in composizione collegiale, il giudice relatore/istruttore difetta di legittimazione (ex multis, Corte cost., n. 266 del 2014) che sussiste solo con riferimento a questioni concernenti disposizioni di legge che il giudice istruttore deve applicare per provvedimenti rientranti nella sua competenza, mentre non sussiste quando la norma impugnata assuma rilevanza per la risoluzione della causa (Corte cost. n. 552 del 2000).
Nell’ipotesi in cui il procedimento sia di competenza del tribunale per i minorenni, il regime presenta, invece, delle differenze poiché “nei procedimenti aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale possono essere delegati ai giudici onorari specifici adempimenti ad eccezione dell'ascolto del minore, dell'assunzione delle testimonianze e degli altri atti riservati al giudice. La prima udienza, l'udienza di rimessione della causa in decisione e le udienze all'esito delle quali sono assunti provvedimenti temporanei sono tenute davanti al collegio o al giudice relatore” (art. 471-bis.1). Si istituisce, dunque, una sorta di “riserva” di giudice togato per gli snodi e gli atti di maggiore importanza per lo svolgimento del procedimento.
4.1. Poteri del giudice
Una novità importante è iscritta nell’art. 473-bis.2 dove si tipizza – e consolida con base giuridica ad hoc – un principio invalso nei procedimenti che coinvolgano minori: il potere officioso del giudice. La nuova disposizione si distingue per il dettaglio con cui identifica i casi in cui il giudice può adottare provvedimenti in assenza di domanda di parte oppure attivare iniziative per la raccolta della prova. Il dettaglio si traduce in “regole d’azione” che identificano l’esercizio “legale” di questi poteri. Innanzitutto, sono poteri esercitabili esclusivamente in favore del minore (che è parte sostanziale del processo: v. Cass. civ. n. 16410/2020[21]): la disposizione, infatti, premette che l’iniziativa del giudice deve essere adottata «a tutela dei minori». Sussistendo questo presupposto, il giudice può muoversi nel processo “in deroga all’art. 112 c.p.c.” e, pertanto, adottare iniziative ex officio. La nuova norma, dunque, legittima una deroga sia al principio della domanda che al principio dispositivo.
L’articolo include misure tipiche e misure atipiche (ossia a contenuto non predeterminato). Il giudice può: 1) nominare il curatore speciale (nei casi di cui all’art. 473-bis.7 c.p.c.); 2) disporre mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile (con riferimento pertanto, in primis, alle limitazioni di cui agli articoli 2721 e ss c.c.).; 3) con riferimento alle domande di contributo economico, ordinare l'integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria; 4) «adottare i provvedimenti opportuni in deroga all'articolo 112 c.p.c.». Si è detto che deve trattarsi di un esercizio “legale” e, dunque, rispettoso delle condizioni che l’art. 473-bis.2 prevede: queste sono, essenzialmente, il rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria. Al cospetto di una iniziativa officiosa, il giudice dovrà, dunque, necessariamente garantire la partecipazione delle parti, nella misura ritenuta adeguata e applicando, in primo luogo, l’art. 101 c.p.c. Tenuto conto della natura della misura, il contraddittorio potrà essere garantito ex ante oppure ex post.
L’art. 473-bis.3 c.p.c. regola, invece, i poteri del pubblico ministero che, nell'esercizio dell'azione civile e al fine di adottare le relative determinazioni, può assumere informazioni, acquisire atti e svolgere accertamenti, anche avvalendosi della polizia giudiziaria e dei servizi sociali, sanitari e assistenziali.
4.2. Ascolto del minore
Gli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5 c.p.c. disciplinano l’istituto dell’ascolto del minore ereditando il portato della giurisprudenza di legittimità che ha, di fatto, compilato un codice dell’audizione dei bambini a uso forense. Va premesso che il “Diritto del minore di esprimere la propria opinione” è ormai oggetto di armonizzazione europea (art. 21, Reg. UE n. 1111 del 2019[22]) e rappresenta l’istituto “cardine” dei procedimenti minorili. Le regole giuridiche consolidatesi nell’ordinamento italiano si snodano affermando che: 1) l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento obbligatorio (Cass. civ. n. 16410/2020); 2) l’adempimento è svolto a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione (Cass. civ. n. 1474/2021); 3) in caso di omessa audizione del minore, il procedimento è viziato da nullità (Cass. civ. n. 23804/2021). L’ascolto deve essere disposto rebus sic stantibus ossia “per ogni procedimento” che coinvolga il bambino (essendo pertanto irrilevante che il minore sia stato sentito in altri precedenti procedimenti: v. Cass. civ. n. 9691/2022). Ebbene, questa architettura di regole e principi trova, oggi, specifica collocazione negli articoli citati che, in particolare, determinano i casi dell’ascolto (473-bis.4) e le sue modalità (473-bis.5). La disciplina presenta, invero, differenze sostanziali rispetto alla precedente, in senso migliorativo. In primo luogo, i casi di esclusione motivata dell’audizione sono, ora, ben tipizzati nel secondo comma dell’art. 473-bis c.p.c.: 1) l’ascolto è contrasto con l'interesse del minore; 2) l’ascolto è manifestamente superfluo; 3) sussiste una ipotesi di impossibilità fisica o psichica del minore; 4) il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato. L’esclusione dell’ascolto in caso di “rifiuto” del bambino costituisce l’adesione all’orientamento che era stato espresso sul punto dalla giurisprudenza di merito. Si era affermato, infatti, che “l’audizione del minore deve essere esclusa dove il fanciullo, prossimo a divenire maggiorenne (cd. grand enfants) comunichi, anche tramite i suoi rappresentanti (i genitori) il proprio rifiuto all’ascolto. Accertato che il rifiuto è pacifico (dovendosi altrimenti accertarne la veridicità), è contrario all’interesse del fanciullo ricercare ostinatamente di assumere la sua opinione: come tutti i diritti, ferma la titolarità, il concreto esercizio passa anche per un atto di volontà del fanciullo. Peraltro, non rispettare il rifiuto del minore rappresenterebbe un’aporia logica prima che giuridica: si dispone l’audizione per ascoltare il minore, ma non lo si ascolta nella dichiarazione più importante (cioè che non vuole essere ascoltato)” (Trib. Milano, sez. IX civ., 21 febbraio 2014)[23].
L’art. 473-bis.4, terzo comma, introduce, poi, una disposizione ad hoc per le ipotesi di accordo dei genitori: in questi casi, “il giudice procede all’ascolto soltanto se necessario”. Questa norma mira a tutelare l’interesse del minore a non essere ulteriormente esposto a possibili pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nelle questioni relative alla rottura del nucleo familiare, qualora il giudice prenda atto dell’accordo tra i genitori e ritenga non indispensabile procedere all’ascolto. Tale disposizione abroga quanto previsto dall’articolo 337-octies del codice civile, secondo cui nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo all’affidamento dei figli, il giudice deve sempre procedere all’ascolto, salvo che ciò appaio in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo” (Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5).
La disposizione che completa il regime è quella di cui all’art. 475-bis.5 c.p.c. che si occupa delle modalità dell’ascolto. La funzione di questa norma riposa nella “doppia” anima dell’ascolto del bambino: è istituto a protezione del minore in quanto parte del procedimento ma è anche un incombente del processo che deve collocarsi “all’interno della procedura” nel senso di garantire il contraddittorio delle parti. La partecipazione dei genitori (e dei difensori) all’ascolto in quanto “incombente processuale” è realizzata in diversi modi: 1) le parti possono proporre argomenti e temi di approfondimento per l’audizione; 2) le parti, su autorizzazione del giudice, possono partecipare all'ascolto; 3) dell'ascolto del minore è effettuata registrazione audiovisiva. Se per motivi tecnici non è possibile procedere alla registrazione, il processo verbale descrive dettagliatamente il contegno del minore. A corredo della disciplina, sempre in tema di modalità dell’ascolto, la Riforma conferma la precedente disciplina prevedendo che “quando la salvaguardia del minore è assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l'uso di un vetro specchio unitamente ad impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero possono seguire l'ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si trova, senza chiedere l'autorizzazione del giudice prevista dall'articolo 473-bis.5, terzo comma, del codice” (art. 152-quater disp. att. c.p.c.). Aggiunge, però, una nuova disposizioni di particolare importanza, nell’art. 152-quinquies disp. att. c.p.c. (Registrazione audiovisiva dell’ascolto): “con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia sono stabilite le regole tecniche per la registrazione audiovisiva, la sua conservazione e il suo inserimento nel fascicolo informatico”. Questa norma di collega all’ultimo comma dell’art. 473-bis.5 c.p.c. («Dell'ascolto del minore è effettuata registrazione audiovisiva. Se per motivi tecnici non è possibile procedere alla registrazione, il processo verbale descrive dettagliatamente il contegno del minore»). Ciò vuol dire che l’obbligo della videoregistrazione entrerà in vigore una volta che il Ministero della Giustizia abbia adottato un decreto ministeriale che doti gli uffici degli strumenti tecnologici necessari alla videoregistrazione, da redigere a cura dello stesso organo ministeriale. In assenza, tuttavia, il giudice può comunque, sulla base anche delle prassi sino ad ora seguite, valutare la videoregistrazione a tutela del minore e a beneficio del contraddittorio.
Le nuove norme predicano l’ascolto diretto del minore che, dunque, deve essere condotto dal giudice.[24] La relazione illustrativa precisa che «il legislatore ha qui escluso espressamente la delega, da parte del giudice, dell’ascolto del minore, stante la delicatezza dei temi sui quali il minore è chiamato ad esprimersi»[25]. Questa esclusione, tuttavia, non può interpretarsi in senso assoluto, ossia insuperabile, proprio alla luce della cornice internazionale ed europea entro cui si colloca il diritto del minore a esprimere la propria opinione. Occorre sempre tener presente che nelle cause in cui coinvolto un bambino è il processo che deve “adattarsi” al minore e non il contrario: si parla, infatti, di «accomodamenti procedurali». Tant’è che, come visto, l’interesse superiore del minore infrange anche il dogma del principio della domanda. Ciò vuol dire che, eccezionalmente, il giudice, nell’interesse superiore e preminente del minore, potrebbe valutare assolutamente necessaria una audizione “delegata” e indiretta, ad esempio a mezzo di esperto in sede di consulenza tecnica d’ufficio. Che le eccezioni siano possibili lo conferma, ad esempio, il fatto che la normativa prevede espressamente anche l’ipotesi dell’audizione condotta dal curatore speciale. Valga considerare che, per le Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore dovrebbe essere finanche data al minore la possibilità di scelta circa le modalità di audizione perché «è possibile che alcuni minori preferiscano essere ascoltati da uno “specialista” che poi trasmette il loro punto di vista al giudice»[26]. Ipotesi concrete possono essere quelle di rischio per il benessere psico-fisico del bambino: in questi casi, è stata la stessa Corte EDU ad imporre di adottare tutte le misure necessarie per proteggere i bambini[27].
Pertanto: la regola generale è che l’audizione debba essere diretta (quindi, condotta dal giudice); eccezionalmente, tuttavia, per ragioni primarie di tutela del bambino, l’ascolto può essere realizzato con modalità diverse.
Nei procedimenti transfrontalieri, invece, il modello di audizione “privilegiato” è quello tramite modalità videoconferenza (e, quindi, tramite collegamenti audiovisivi). È una scelta di buon senso: evita che il bambino debba essere trasportato da uno Stato all’altro e garantisce che il giudice possa procedere all’ascolto rapidamente. In questa direzione si pone il Considerando n. 53 del Regolamento Bruxelles 2-ter[28] (“l’autorità giurisdizionale può valutare la possibilità di tenere un’audizione in videoconferenza o con altre tecnologie di comunicazione”), da leggere in combinato disposto con il Considerando n. 21 del Regolamento UE 2020/1783 (sull’assunzione delle prove nei procedimenti transfrontalieri[29]). A completamento della disciplina, de jure condendo, si deve poi tener conto della proposta di “Regolamento sulla digitalizzazione della cooperazione giudiziaria e dell'accesso alla giustizia in materia civile, commerciale e penale a livello transfrontaliero e che modifica taluni atti nel settore della cooperazione giudiziaria” (del 1° dicembre 2021) che, nel testo oggetto di orientamento generale approvato dal Consiglio UE[30], prevede una integrazione del regime giuridico UE mettendo a disposizione dei giudici due strumenti complementari: questa proposta, per l’ascolto del bambino nei procedimenti di famiglia; il Reg. 2020/1783, per l’ascolto del minore se escusso come testimone[31].
4.3. Curatela speciale
Il procedimento PMF si arricchisce di altre interessanti disposizioni di carattere generale: A) art. 473-bis.6 che regola la reazione del processo al caso in cui emerga il rifiuto del minore a incontrare il genitore o siano allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (il giudice procede all'ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l'abbreviazione dei termini processuali); B) articoli 473-bis.7 – 473-bis. 8 che racchiudono le norme in tema di curatore del minore (a cui possono essere attribuiti anche specifici poteri di rappresentanza sostanziale, quali ad esempio la decisione sulla iscrizione scolastica, sulle cure mediche, su trattamenti sanitari etc.); C) art. 473-bis.9 che riproduce la disciplina previgente in tema di disposizioni in favore dei figli maggiorenni portatori di handicap grave; D) l’art. 473-bis.10 in materia di mediazione familiare (per cui la Riforma introduce una autonoma disciplina organica inserita nel capo II-bis, titolo II delle disp. att. c.p.c.).
La nuova normativa sulla curatela speciale fa tesoro del diritto vivente e dell’elaborazione dogmatica della dottrina[32] pure introducendo una norma inedita (art. 473-bis.8 ultimo comma c.p.c.) che colma lacuna della disciplina in punto di revoca del curatore introducendo un procedimento di competenza del presidente del tribunale o del giudice che procede e l’attribuzione della legittimazione attiva per la proposizione dell’istanza ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, al tutore, al pubblico ministero o al minore medesimo[33].
Alla luce della nuova disposizione inserita, il Legislatore modula due diverse ipotesi di curatela speciale: processuale (art. 473-bis.8 primo e secondo comma) e sostanziale (art. 473-bis.8 terzo comma). Il curatore speciale del minore, nei primi due commi dell’articolo 473-bis.8 c.p.c. è figura processuale ossia soggetto (nella maggior parte dei casi individuato tra avvocati altamente specializzati) chiamato a rappresentare il minore nei casi di conflitto di interessi con i genitori (specificamente indicati nella norma, per esempio nei casi di procedimenti di decadenza, di procedimenti ex articolo 403 c.c., di affidamento etero familiare del minore etc.) oppure nei casi in cui vi sia espressa richiesta del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età. Al contrario, il curatore speciale del minore nel terzo comma dell’art. 473-bis.8 ha natura sostanziale: agisce “fuori” dal processo e per situazioni specifiche su mandato del giudice. In tutti i casi, il curatore speciale del minore esaurisce i suoi compiti (anche laddove gli siano stati assegnati specifici poteri sostanziali) con la definizione del procedimento nel cui ambito è avvenuta la nomina.
Importante – e già presente nella disciplina previgente – è il potere in capo al giudice (anche relatore nel corso dell’istruzione e della trattazione) di attribuire al curatore specifici poteri di rappresentanza sostanziale. Al riguardo, è bene precisare che la disposizione non delinea una fisiologia tipica nell’esito della curatela in questo caso: quanto a dire che è, poi, il giudice a definire le modalità di adozione del provvedimento finale. Alla luce delle prassi giurisprudenziali, infatti, sono diffuse almeno due metodologie (entrambe da ritener compatibili con il nuovo art. 473-bis.8). In un primo caso, il giudice non attribuisce al curatore un effettivo potere di rappresentanza sostanziale, bensì il compito di da far confluire una posizione scritta nell’interesse del minore (relazione): a seguito della posizione rappresentata nell’interesse del minore, è il giudice ad adottare l’atto necessario (ad esempio, attribuendo a uno dei due genitori – quello che era favorevole a tale atto – il potere di procedere da solo; oppure emettendo misura ad hoc rivolta ai terzi interessati, come ente locale, sanitario o scuola). In questo caso, quindi, l’atto conclusivo resta giudiziale. Valga un esempio. Un padre vuole iscrivere il figlio in una scuola pubblica la ma madre non è d’accordo. All’esito dello svolgimento dei compiti, il curatore conclude nel senso che, nel migliore interesse del bambino, va preferita l’iscrizione nella scuola [34]pubblica. A questo punto, il giudice autorizza il padre a iscrivere il figlio alla scuola pubblica (superando, così, la necessità del consenso del genitore dissenziente). Altra ipotesi è, invece, quella della rappresentanza strettamente sostanziale, perché di natura sostitutiva: è il curatore che, direttamente, pone in essere l’atto necessario nell’interesse del bambino (ad es., sottoscrivendo il modulo di iscrizione a scuola). La nuova norma non esplicita in che misura venga liquidato il compenso del curatore e ciò perché questa figura può essere ricondotta all’alveo degli ausiliari del giudice nominati ai sensi dell’articolo 68 c.p.c. Ne consegue che la liquidazione è fatta con decreto dal giudice che lo ha designato (art. 52 disp. att. c.p.c.) e posta a carico di chi è tenuta a sostenerla (art. 53 disp. att. c.p.c.). In linea di principio, è spesa che il giudice può liquidare e porre a carico di entrambi genitori o di quello che, all’esito dell’incombente, sia risultato “soccombente”. Ove il curatore speciale assuma le vesti del difensore del minore, potrà depositare in nome e per conto del medesimo, l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (il curatore speciale del minore che rivesta anche la qualifica di avvocato può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore ai sensi dell'art. 86 c.p.c., potendo cumulare le due qualifiche - che restano, comunque, distinte - e non avendo necessità del formale conferimento a sé stesso della procura alle liti).
Il curatore speciale del minore è soggetto su cui grava l’obbligo di ascolto del minore, nei limiti di cui all’art. 473-bis. c.p.c. Orbene, come noto, nella maggior parte dei casi il curatore speciale è un avvocato specializzato che, peraltro, concentra in sé la qualifica di curatore e di avvocato del minore. Il codice deontologico forense vieta agli avvocati di procedere all’ascolto di una persona di minore età senza il consenso dei genitori (art. 56) ma questa norma non opera in presenza di una designazione giudiziale che assegna la qualifica di curatore speciale. La disciplina applicabile non richiama, in questo caso, l’art. 473-bis.5 (modalità dell’ascolto): ciò non esclude che il giudice possa dare indicazioni e precisare la metodologia dell’ascolto ove lo ritenga opportuno o necessario.
Altra distinzione che risulta dal dato normativo è quello tra apertura della curatela facoltativa e vincolata. In alcuni casi, infatti, è il Legislatore che configura, ex ante, la necessità del curatore (art. 473-bis.8, primo comma); in altri casi, la scelta è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice (art. 473-bis.8, secondo comma[35]; art. 473-bi.7, secondo comma). In linea di principio, il Legislatore si muove nei binari che aveva già delineato la giurisprudenza di legittimità e costituzionale[36].
L’acquisita centralità del curatore non deve, però, sfociare nell’«abuso» di utilizzo di questa figura tenuto conto del fatto che esso rappresenta una significativa deroga alla regola generale della rappresentanza del figlio da parte dei genitori, diretta espressione della responsabilità genitoriale di cui sono titolari[37].
5. Procedimento di separazione e divorzio
In seno al nuovo titolo IV-bis (Libro II c.p.c.), la sezione VII disegna le disposizioni particolareggiate per i procedimenti di separazione, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento dell'unione civile e di regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, nonché di modifica delle relative condizioni (artt. 473-bis.47 – 473-bis.51 c.p.c.). La cornice regolatoria è costituita da queste disposizioni, in combinato disposto con quelle dei Capi precedenti (norme generali, del giudizio di primo grado, del grado di appello). Orbitano nello spettro del nuovo rito unitario, ovviamente, anche le controversie che hanno ad oggetto la nullità del matrimonio.
5.1. Competenza territoriale
Le regole di competenza territoriale prevedono un criterio prioritario se “devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore” (art. 473-bis.11[38]): in questa ipotesi è competente il tribunale del luogo in cui il minore ha la residenza abituale[39], a salvaguardia della sua continuità affettivo relazionale[40]. Il criterio generale della residenza del convenuto (art. 18 c.p.c.) è, dunque, secondario (si applica in mancanza di minori coinvolti nel processo[41]). La residenza abituale del bambino deve essere decisa di comune accordo dei genitori, rientrando tra le questioni di particolare importanza[42]. Per non frustrare lo spirito della norma e per disincentivare trasferimenti attuativi di forme di “forum shopping”, è previsto che, in caso di trasferimento non autorizzato della residenza del minore, permanga la competenza del tribunale del precedente luogo di residenza, qualora il ricorso sia depositato entro l’anno[43].
Ci si è chiesti se in caso di declaratoria di incompetenza territoriale il giudice possa pronunciare provvedimenti provvisori[44]. Nel riparto di competenze tra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario, il Legislatore è espressamente intervenuto nell’art. 38 disp. att. c.c.: 1) i provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario; 2) i provvedimenti adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni. In questa ipotesi, però, la disciplina relativa alle misure interlocutorie si lega a doppio filo con il fatto che è in corso una translatio iudicii (il procedimento viene trasferito da un ufficio all’altro); ciò non accade per la competenza territoriale e, da qui, la mancanza di un regime analogo. Applicando in questa sede il principio del Legislatore consapevole dovrebbe propendersi per la esclusione dell’applicazione analogica del regime previsto dall’art. 38 disp. att. c.c. che, invero, regola una fattispecie processuale ben diversa (per quanto si è detto).
5.2. Il processo
Il procedimento regolato dal rito unitario si introduce con ricorso (secondo le regole generali: art. 473-bis.12 se promosso dalle parti; art. 473-bis.13 se promosso dal pubblico ministero) che deve essere redatto in modo chiaro e sintetico[45]; quale corollario, l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda deve rispondere ai criteri di chiarezza e sinteticità[46] (art. 473-bis.12, primo comma, lett. e).
Il ricorso deve contenere: 1) l’indicazione del giudice (“l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta”), i riferimenti soggettivi della lite, le indicazioni relative ai minori o ai figli maggiorenni ma bisognosi di protezione (“il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la residenza o il domicilio o la dimora e il codice fiscale dell’attore e del convenuto, nonché dei figli comuni delle parti se minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave, e degli altri soggetti ai quali le domande o il procedimento si riferiscono”; “il nome, il cognome e il codice fiscale del procuratore, unitamente all’indicazione della procura”), gli ulteriori elementi identificativi dell’azione (“la determinazione dell’oggetto della domanda” e “la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, con le relative conclusioni”); 2) “l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione”.
Quali caratteri [47]di specialità, in questo caso:
1) Il ricorso deve indicare l'esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande ad esse connesse (e deve essere allegata la copia di eventuali provvedimenti, anche provvisori, già adottati in tali procedimenti).
2) In ogni caso, al ricorso sono allegati:
a) le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
b) la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali;
c) gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni.
3) Nei procedimenti relativi ai minori, al ricorso è allegato un piano genitoriale[48] che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute)
Rispetto ai requisiti del ricorso, si segnala un refuso.
L’articolo 473-bis-51 c.p.c. prescrive che Il ricorso sia sottoscritto anche dalle parti e contenga “le indicazioni di cui all'articolo 473- bis.12, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5), e secondo comma, c.p.c. (…)”. Il richiamo ai numeri 1), 2) 3) e 5) è un refuso legislativo perché l’art. 473-bis.12 presenta un elenco per lettere e non per numeri. Quindi i numeri 1), 2), 3) e 5) – citati nell’art. 473-bis.51 c.p.c. - devono essere letti come richiamo alle lettere a), b), c), e).
In linea con le scelte adottate anche per il rito ordinario generale, le preclusioni processuali e i termini per le difese si consumano in un momento anteriore all’udienza di prima comparizione, al fine di consentire una accelerazione del procedimento. La scelta adottata è, quindi, quella di far retroagire al momento della proposizione degli atti introduttivi, le preclusioni allegative e quelle probatorie, quando la controversia abbia ad oggetto diritti disponibili[49].
Parte attrice e parte convenuta si scambiano gli atti introduttivi (ricorso e comparsa di risposta) e, poi, hanno termini per le “ulteriori difese” (art. 473-bis.17 c.p.c.).
Il regime delle preclusioni processuali sortisce delle eccezioni (v. art. 473-bis.19):
1) le decadenze processuali previste (artt. 473-bis.14 e 473-bis.17) «operano solo in riferimento alle domande aventi a oggetto diritti disponibili» (art. 473-bis.19, primo comma);
2) le parti possono sempre introdurre nuove domande e nuovi mezzi di prova relativi all'affidamento e al mantenimento dei figli minori;
3) le parti possono proporre, nella prima difesa utile successiva e fino al momento della precisazione delle conclusioni, nuove domande di contributo economico in favore proprio e dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente e i relativi nuovi mezzi di prova, se si verificano mutamenti nelle circostanze o a seguito di nuovi accertamenti istruttori.
Il procedimento, nella sua struttura, ricalca il modello tipo del procedimento in materia di famiglia. Il presidente con decreto nomina il giudice relatore e fissa l’udienza, avvisa e rende edotto il convenuto dei termini decadenziali che sono fissati alle sue difese, della necessità di munirsi di un difensore tecnico, potendo godere del patrocinio a spese dello Stato, della necessità di costituirsi entro trenta giorni anteriori l’udienza[50]. Su iniziativa dell’attore, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto, copia del ricorso e decreto vengono notificati al convenuto, in modo di garantire dalla notifica all’udienza un termine a difesa non inferiore a sessanta giorni, con dilazione ulteriore per i casi in cui la notifica debba essere effettuata all’estero e salvo sanatoria, mediante rinvio della prima udienza, in caso di termine inferiore. Se l’orologio biologico del procedimento non è compatibile con esigenze indifferibili, il ricorrente può richiedere provvedimenti provvisori (cautelari): in questo caso, si attiva la fase interlocutoria d’urgenza prevista dall’art. 473-bis. 15 che confluisce in misure adottate inaudita altera parte.
A scanso di equivoci, va evidenziato che non è più prevista “l’udienza presidenziale”[51]: il Presidente attiva il procedimento ma, poi, consegna la “gestione” della procedura al giudice relatore (designato ai sensi dell’art. 473.bis.14, secondo comma). Ben inteso, non è escluso che la trattazione sia collegiale (v. artt. 473.bis.14, 473.bis.21) ma, evidentemente, la consuetudine già consolidata è nel senso di delegarla al giudice relatore.
Ogni procedimento – anche quello di separazione – si conclude, ora, con un modulo decisorio uniforme: la sentenza. Scompare, dunque, il “decreto” di omologa della separazione consensuale che viene sostituito da una decisione tipica decisoria.
Il modello procedimentale “comune” è quello di cui all’art. 473-bis.28 c.p.c.
Una volta esaurita l’istruzione, il giudice relatore fissa davanti a sé l’udienza di rimessione della causa in decisione, assegnando alle parti termini comuni per le attività difensive finali e precisamente:
1) un termine non superiore a sessanta giorni prima dell’udienza per il deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni;
2) un termine non superiore a trenta giorni prima dell’udienza per il deposito delle comparse conclusionali;
3) un termine non superiore a quindici giorni prima della stessa udienza per il deposito delle memorie di replica.
All’udienza la causa viene quindi rimessa in decisione e il giudice delegato si riserva di riferire al collegio. La sentenza è infine depositata nei successivi sessanta giorni.
Va da sé che, nel linguaggio processuale, l’udienza conclusiva del giudizio non sarà più “udienza di precisazione delle conclusioni” (che sono già state precisate nelle note), bensì udienza di rimessione della causa in decisione (secondo la precisa dizione dell’art. 473-bis.28, primo comma, c.p.c.).
5.3. Contemporanea proposizione delle domande di separazione e divorzio
Una straordinaria innovazione introdotta dal d.lgs. n. 149 del 2022 riguarda la possibilità di contemporanea proposizione della domanda di separazione giudiziale e di quella divorzile.
Una premessa di teoria generale è opportuna. Come noto, si distingue tra presupposti processuali e condizioni dell’azione. I primi attengono all'esistenza stessa del processo, nonché alla sua validità e procedibilità, e devono sussistere prima della proposizione della domanda a pena di improponibilità. Al contrario, le condizioni dell’azione sono i requisiti di fondatezza della domanda, necessari affinché l'azione possa raggiungere la finalità concreta cui essa è diretta: è sufficiente che tali condizioni esistano al momento della pronuncia, e non necessariamente a quello della domanda[52]. La giurisprudenza, su alcune questioni, ha talvolta offerto letture diverse qualificando un fatto vuoi come condizione dell’azione, vuoi come presupposto processuale. La differenza non è solo dogmatica: se una condizione dell’azione non sussiste al momento della domanda ma si verifica prima della rimessione della causa in decisione, la domanda è comunque procedibile. Al contrario, se un presupposto processuale manca ab origine, la domanda è in ogni caso improponibile[53].
Ebbene, sulla scorta dell’orientamento costante della giurisprudenza[54], il passaggio in giudicato della sentenza di separazione (anche vuoi solo a mezzo di decisione parziale sul solo status[55]) costituisce un presupposto della domanda di divorzio che, in suo difetto, è improponibile. Da qui, quale conseguenza logico-giuridica, l’improponibilità della domanda di divorzio unitamente alla richiesta di separazione, a prescindere dal suo passaggio in giudicato in itinere, durante il processo in regime di cumulo.
È qui che la Riforma Cartabia cambia pagina. L’art. 473-bis.49, infatti, introduce la possibilità del cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel dettaglio, il primo comma della norma in esame prevede la possibilità di proporre contemporanea domanda di separazione e di divorzio, precisando che il divorzio potrà essere pronunciato solo previa verifica dei presupposti richiesti dalla normativa vigente: la disposizione, in particolare, afferma che “negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”. Ciò sta a significare che la domanda divorzile può essere presentata anche dal convenuto nella comparsa di costituzione e risposta.
In virtù di questa disposizione, il divorzio potrà essere pronunciato solo dopo che già sia stata pronunciata, nel medesimo giudizio, la sentenza parziale di separazione, previo accertamento che tale decisione sia passata in giudicato e che sia trascorso il tempo richiesto (sulla base delle modifiche introdotte dalla l. 6 maggio 2015, n. 55, un anno) dalla comparizione delle parti dinanzi al giudice nel procedimento in esame (nel quale sono state proposte contemporaneamente le domande di separazione e divorzio). Qualora tali presupposti non dovessero essere sussistenti, la domanda di divorzio dovrà essere dichiarata improcedibile.
La norma, così delineata, potrebbe imporre un ripensamento della qualificazione giuridica del “giudicato sulla separazione”: la contemporanea proponibilità di entrambe le domande sembra voler dire che il passaggio in giudicato della separazione è, ora, non più presupposto processuale bensì condizione dell’azione; in questo modo, si eviterebbero aporie nella teoria generale del diritto processuale civile.
In concreto, l’attore, con il ricorso, presenta distinte conclusioni: con la prima, chiede dichiararsi la separazione dei coniugi, con pronuncia parziale sullo status; con la seconda, sul presupposto del passaggio in giudicato della decisione di separazione, chiede pronunciarsi il divorzio. Contro la sentenza che decide sullo stato delle persone è ammesso solo appello immediato (art. 473-bis.22, ultimo comma, c.p.c.).
La sentenza, per l’effetto, contiene autonomi capi per le diverse domande e determina la decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti (art. 473-bis. 49, ultimo comma). Viene quindi specificamente indicata la necessità di puntualizzare la diversa decorrenza dell’assegno di mantenimento o di divorzio in favore del coniuge o dell’ex coniuge debole, stante la rilevanza statistica di tali domande, e al fine di evitare possibili sovrapposizioni di pronunce, con potenziali problemi di contraddittorietà di giudicati e di controversie nella fase esecutiva[56].
L’art. 473-bis.49 recepisce, anche, talune prassi sviluppatesi negli uffici giudiziari all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 55 del 2015: se il giudizio di separazione e quello di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio sono proposti tra le stesse parti davanti a giudici diversi, si applica l'articolo 40 c.p.c. In presenza di figli minori, la rimessione avviene in favore del giudice individuato ai sensi dell'articolo 473-bis.11, primo comma. Inoltre, se questi procedimenti davanti allo stesso giudice, si applica l'articolo 274 c.p.c.
5.4. Provvedimenti provvisori
Il nuovo rito della famiglia, anche se non prevede più i provvedimenti presidenziali, contempla l’espressa possibilità di provvedimenti temporanei (diretti a regolare le situazioni giuridiche soggettive nelle more del processo) o urgenti (per far fronte a situazioni improcrastinabili). Queste misure in itinere sono assunte con ordinanza dal giudice delegato nel contesto della più ampia trattazione del processo; infatti, alla prima udienza, il tribunale (giusta l’art. 473-bis.22 c.p.c.): 1) pronuncia le misure provvisorie e urgenti (“quando occorra”); 2) provvede sulle richieste istruttorie; 3) predispone il calendario del processo (per cui v. art. 81-bis disp. att. c.p.c.)[57]; 4) fissa la successiva udienza determinandone il contenuto (es. assunzione dei mezzi di prova ammessi)[58]. Nei procedimenti di separazione e divorzio, questa trama di regole si integra di alcune disposizioni particolareggiate, previste dall’art. 473-bis.50 c.p.c. In questi casi, infatti, il giudice, quando adotta i provvedimenti temporanei e urgenti di cui all'articolo 473-bis.22, primo comma, «indica le informazioni che ciascun genitore è tenuto a comunicare all'altro e può formulare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti. Se queste accettano la proposta, il mancato rispetto delle condizioni previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile ai sensi dell'articolo 473-bis.39».
I provvedimenti “urgenti” che il tribunale può adottare mantengono il loro carattere di atipicità, proprio per adattarsi alla situazione concreta che necessita di intervento; sono, inoltre, discrezionali essendo giustificati dal criterio di “opportunità” (“dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni”), con l’unico limite che devono mantenersi nella cornice formata dai “limiti delle domande da proposte dalle parti e dei figli” (art. 473-bis.22, primo comma).
In quest’ambito può essere interessante richiamare una recentissima novità legislativa che potrebbe arricchire l’arsenale di misure protettive del bambino in dotazione alla giurisdizione del giudice della famiglia. Il 30 gennaio 2023, la Commissione europea ha pubblicato la decisione (UE) di esecuzione 2023/201 che fissa l’entrata in funzione (tra l’altro) del Regolamento UE 2018/1862 dalla data del 7 marzo 2023[59]. Questo Regolamento[60] introduce il nuovo sistema di informazione Schengen (SIS)[61] che presenta una novità: nel sistema di allerta è possibile inserire una segnalazione («alert») anche riguardo a “minori a rischio di sottrazione da parte di un genitore, un familiare o un tutore a cui deve essere impedito di viaggiare” (nuovo articolo 32)[62]. Prima di questo nuovo strumento, la segnalazione era possibile se il minore era stato già sottratto: con il nuovo strumento sono ampliate le ipotesi che consentono l’inserimento dell’alert (ammessa in via precauzionale rispetto alla possibile sottrazione).
Si reputa che questa misura appartenga anche al giudice del procedimento ex artt. 473-bis e ss c.p.c. perché l’art. 32, par. 3, Reg. 2018/1862 espressamente precisa che “la segnalazione di un minore [a rischio di sottrazione] è inserita in seguito a una decisione delle autorità competenti, incluse le autorità giudiziarie degli Stati membri competenti in materia di responsabilità genitoriale, in caso di rischio concreto ed evidente che il minore possa essere fatto uscire in modo illecito e imminente dallo Stato membro in cui hanno sede le autorità competenti”[63]. Il sistema di “allerta” può condurre a misure immediate atte ad impedire al minore di proseguire il viaggio (v. art. 33 Reg. 2018/1862): l’immediatezza è normativamente prevista perché, in questo caso, “gli uffici SIRENE[64] intervengono immediatamente” (art. 8, par. 3, Reg. 2018/1862). La segnalazione ha durata annuale, salvo possibilità di ulteriore durata a mezzo di proroga (v. art. 53, par. 4, Reg. 2018/1862) e può essere cancellata se “le autorità competenti dello Stato membro di esecuzione prendono una decisione sull'affidamento del minore” (art. 55, par. 2, lett. a), Reg. 2018/1862)[65].
5.5. Procedimento su domanda congiunta
Nell’articolo 473-bis.51 c.p.c. la nuova disciplina uniforma il regime giuridico sotteso ai procedimenti che nascono da una domanda congiunta, vuoi che si tratti di coppia matrimoniale, vuoi che si tratti di convivenza di fatto e sia per accordi di separazione o divorzio, sia per modifiche dei patti raggiunti in precedenza.
In questi casi, la competenza può essere radicata presso il luogo di residenza dell’una o dell’altra parte. Anche se la norma sul punto tace, resta comunque competente anche il foro di residenza abituale del bambino, per il caso in cui questa non coincida con la residenza dei due genitori, dovendosi ritenere che l’art. 473-bis.51 introduca ulteriori criteri rispetto a quello generale (art. 473-bis.11). Al riguardo, la Relazione illustrativa[66] riporta che “in presenza di minori collocati fuori dalla famiglia di origine il procedimento congiunto non potrà riguardare i provvedimenti a tutela dei figli, che dovranno essere richiesti al tribunale ordinario o al tribunale per i minorenni con altro e diverso procedimento”. Ciò vale, per l’appunto, solo in presenza di limitazioni della responsabilità genitoriale non nel caso, invece, di mere circostanze o situazioni di vita familiare[67].
Nell’ambito di questi procedimenti, l’audizione del bambino è disposta dal giudice solo se necessario (art. 473-bis.4, ultimo comma[68]).
La domanda si introduce con ricorso sottoscritto anche dalle parti “e contiene le indicazioni di cui all'articolo 473-bis.12, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5), e secondo comma, e quelle relative alle disponibilità reddituali e patrimoniali dell'ultimo triennio e degli oneri a carico delle parti, nonché le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici”. L’articolo 473-bis-51, secondo comma, c.p.c. prescrive, come detto, che il ricorso contenga “le indicazioni di cui all'articolo 473- bis.12, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5) (…)” ma come si è già fatto presente, il richiamo ai numeri 1), 2) 3) e 5) è un refuso legislativo perché l’art. 473-bis.12 presenta un elenco per lettere e non per numeri. Quindi i numeri 1), 2), 3) e 5) – citati nell’art. 473-bis.51 c.p.c. - devono essere letti come richiamo alle lettere a), b), c), e).
Con il ricorso le parti possono anche regolamentare, in tutto o in parte, i loro rapporti patrimoniali[69]. Questa espressa previsione a favore anche dei trasferimenti immobiliari inclusi in schede negoziali di separazione o divorzio testimonia ancora una volta l’evoluzione ordinamentale nel senso di riconoscere sempre maggiore autonomia ai coniugi; come bene ha evidenziato la Dottrina, “il principio di libertà e di autoresponsabilità che ne risulta consacrato tratteggia come diritto potestativo, in senso sostanziale, il potere in capo ai coniugi di separarsi e di divorziare, di disciplinare i risvolti anche economici di dette scelte, nonché di modificare il regime ab initio concordato[70]”.
I procedimenti su domanda congiunta consentono alle parti di sostituire l'udienza con il deposito di note scritte: in questo caso, però, devono farne richiesta nel ricorso, dichiarando di non volersi riconciliare e depositando i documenti di cui all'articolo 473-bis.13, terzo comma (ossia, la documentazione economica richiesta nel caso di procedimento contenzioso).
A seguito del deposito, il presidente fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice relatore e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero, il quale esprime il proprio parere entro tre giorni prima della data dell'udienza. All'udienza il giudice, sentite le parti e preso atto della loro volontà di non riconciliarsi, rimette la causa in decisione. Il procedimento si conclude con sentenza “con la quale omologa o prende atto degli accordi intervenuti tra le parti”. Come già osservato, il modello decisorio viene uniformato nella forma della sentenza (non è, dunque, più previsto il decreto di omologa).
In caso di domanda congiunta di modifica delle condizioni inerenti all'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli e ai contributi economici in favore di questi o delle parti, il presidente designa il relatore che, acquisito il parere del pubblico ministero, riferisce in camera di consiglio. Il giudice dispone la comparizione personale delle parti quando queste ne fanno richiesta congiunta o sono necessari chiarimenti in merito alle nuove condizioni proposte.
6. Il processo minorile a gestione condivisa
Un principio che non è espressamente indicato dalle norme del nuovo rito è, in realtà, una delle anime che emerge in modo chiaro dal tessuto delle nuove disposizioni: il processo che riguarda i bambini deve intendersi a “gestione condivisa”. Si tratta, infatti, di un rito che, come detto, si muove a “tutele particolareggiate” in cui il campo d’azione ospita diversi protagonisti, ciascuno dei quali chiamato a profondere uno sforzo convergente verso il prevalente interesse del minore: il curatore speciale (ora con poteri anche sostanziali), il consulente (ora specializzato), il mediatore familiare (ore regolato con albo), il coordinatore genitoriale (ora previsto ex lege); soprattutto: l’avvocato, il giudice. Il fatto che il procedimento chiami tutti gli interlocutori a tener presente l’interesse dei bambini coinvolti muta in parte il rapporto tra il tribunale e l’avvocatura perché deve presumersi che entrambi i due interlocutori di giustizia tengano in considerazione gli interessi del bambino e, quindi, in quest’ottica, si ispirino al principio di leale collaborazione. In ciò, la gestione del procedimento – affidata al tribunale – diventa «condivisa» nel senso che il giudice, man mano, conduce il procedimento e coltiva le sue scelte coinvolgendo attivamente gli avvocati.
E ciò presuppone un rapporto di lealtà per cui molto utili paiono le recenti osservazioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[71]: l’avvocato (…) è investito di una funzione di grande rilievo sociale, che esige da lui la massima professionalità. L’esercizio della giurisdizione non può avere luogo senza la reciproca e continua collaborazione tra avvocati e magistrati, che si deve fondare sul principio di lealtà; per cui, ove il professionista tradisca questa fiducia, potrà certamente essere chiamato a rispondere, in altra sede, del suo operato infedele; ma non si deve trarre dall’esistenza di possibili abusi, che pure talvolta si verificano, una regola di giudizio che abbia come presupposto una generale e immotivata sfiducia nell’operato della classe forense”.
Sono anche queste i principi essenziali del processo minorile: lealtà, collaborazione.
Le nuove norme sono uno “spartito” che il giudice – direttore d’orchestra – è tenuto ad eseguire nel modo migliore soprattutto pensando ai suoi ascoltatori principali: i bambini. E come in tutte le esecuzioni meglio realizzate, l’orchestra presuppone un lavoro di squadra, ciascuno nel suo ruolo. Anche perché, dopo tutto, da soli si può andare anche più veloci, ma insieme si va più lontano.
[1] Pubblicato nella Gazz. Uff. 17 ottobre 2022, n. 243, S.O.
[2] Legge 29 dicembre 2022, n. 197: “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” in Gazz. Uff. 29 dicembre 2022, n. 303
[3] Decreto-legge 29 dicembre 2022 n. 198: “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”, in Gazz. Uff. 29 dicembre 2022, n. 303.
[4] V. Milleproroghe 2023, prorogati i termini in materia di giustizia civile in Ilprocessocivile.it
[5] Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5).
[6] Cass. civ., sez. III, 24 agosto 2007, n. 17958
[7] Valga un esempio. Il Decreto modifica l’art. 37 (in tema di difetto di giurisdizione) prevedendo che “Nei giudizi di impugnazione [il difetto di giurisdizione] può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l'attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito”. Si tratta del recepimento della regola già invalsa nella giurisprudenza (v. ex multis, Cass. civ., Sez. Un., n. 22349 del 2018).
[8] L’art. 473-ter c.p.c. introduce la regola generale della “immediata esecutività” dei decreti del giudice tutelare pronunciati in camera di consiglio. Tuttavia, resta immutato l’art. 741 c.p.c. in virtù del quale “i decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo”. Deve, dunque, ritenersi che per i decreti pronunciati in camera di consiglio: se del giudice tutelare, sono immediatamente esecutivi; altrimenti, sono efficaci decorsi i termini di cui all’art. 741 c.p.c. Forse, questa non era l’intenzione del Legislatore delegato perché, a dire il vero, è una differenza di regime un po' distonica.
[9] Comma così sostituito dall'art. 29, comma 6, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149
[10] V. ad es., Trib. Milano, sez. IX civ., 14 gennaio 2015)
[11] In particolare, il nuovo quarto comma recita: “Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, tenta di raggiungere una soluzione concordata e, ove questa non sia possibile, adotta la soluzione che ritiene più adeguata all'interesse del figli!”
[12] Istituto noto come cd. mediazione giudiziale. Nella casistica giudiziaria, le ipotesi di procedimenti non contenziosi di queto tipo sono rarissime.
[13] Questo particolare aspetto è chiarito dalla Relazione illustrativa: “Il terzo comma, in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 1 comma 22, lett. a) modifica il quarto comma dell’articolo 250 c.c., armonizzandolo con i principi che reggono il nuovo rito unitario in materia di procedimenti per le persone, i minorenni e le famiglie. A fronte del rifiuto del genitore che per primo ha riconosciuto il figlio al riconoscimento da parte dell’altro, quest’ultimo può rivolgersi al tribunale del luogo di residenza abituale del minore. Il procedimento segue le norme delineate dal nuovo rito unitario; il giudice, in linea con quanto previsto dall’articolo 250 del codice civile nella sua attuale formulazione, può adottare, in ogni momento e dunque anche prima della decisione sullo status i provvedimenti ritenuti opportuni per instaurare la relazione tra il figlio colui che ha richiesto il riconoscimento” (Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5)
[14] V. Trin. Milano, 26 giugno 2013 in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9318 - pubb. 22/07/2013: “In materia di azione ex art. 269 c.c., la competenza si radica nel luogo di residenza del convenuto (Cass. Civ. 1373/1992, Sez. Un.; Cass. Civ., 11021/1997: precedenti che si richiamano ex art. 118 disp. att. c.p.c.), non rintracciandosi, peraltro, nel codice di rito, un foro del “concepimento” e nemmeno potendosi ritenere prevalente la tutela del minore, in quanto la causa ha ad oggetto la paternità biologica che, se accertata, legittima le domande nell’interesse della prole, per le quali, sì, opera il foro di residenza del minore (es. 317-bis c.c., 38 disp. att. c.p.c.)”
[15] Danovi F., Le ragioni per una riforma della giustizia familiare e minorile in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 327
[16] V. ad es., Carratta A., Un nuovo processo di cognizione per la giustizia familiare e minorile, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 350
[17] Una delle ipotesi di illecito endofamiliare ormai ben tipizzata dalla giurisprudenza è quella della violazione dell'obbligo del genitore di concorrere all'educazione ed al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c.: essa, secondo il diritto pretorile vigente, costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare. Interessante anche evidenziare come, sempre secondo la linea di pensiero dei giudici, questa tipologia di danno è risarcibile equitativamente, attraverso il rinvio, in via analogica e con l'integrazione dei necessari correttivi, alle tabelle per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale in uso nel distretto (Cass. civ., 28 novembre 2022 n. 34986)
[18] Se ne dà atto anche nella relazione illustrativa a proposito dell’art. 473-bis.49 c.p.c.: v. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5
[19] Cecchella C., Il nuovo processo familiare e minorile nella legge delega sulla riforma del processo civile in Questione Giustizia
[20] V. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario: Relazioni sulle novità normative della riforma “Cartabia” (diritto e procedura civile), 2023, 236
[21] Ex multis, in tema di minore come “parte” del processo (in senso formale o sostanziale), v. Cass. civ. 6 dicembre 2021 n. 38719
[22] “Le autorità giurisdizionali degli Stati membri danno al minore capace di discernimento, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione, direttamente o tramite un rappresentante o un organismo appropriato”. Questa norma costituisce, ormai, l’acquis del diritto europeo. Ad esempio, è anche ripresa nella recente proposta della Commissione europea, del 7 dicembre 2022, di Regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all'accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione (art. 15 della proposta).
In Dottrina, v. in particolare: Musseva Boriana, The recast of the Brussels IIa Regulation: the sweet and sour fruits of unanimity in ERA Forum Volume 21 (2020), 1. La Prof.ssa Musseva ha presieduto proprio il negoziato sul recast di Bruxelles II-bis, durante la Presidenza del Consiglio dell’UE nel semestre della Bulgaria.
[23] Questa norma recepisce anche le indicazioni del Consiglio d’Europa: “L’essere ascoltato è un diritto del minore, non un dovere da imporgli” (Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore, punto n. 46).
[24] Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia raccomanda che i minori siano ascoltati direttamente. Commento generale n. 12 sul diritto del minore di essere ascoltato (CRC/C/GC/12, 1° luglio 2009), par.35 35.
[25] V. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5
[26] V. Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore, punto n. 115
[27] V. ad es., Corte EDU, 8 luglio 2003, Sahin v. Germania (n. 30943/96)
[28] Regolamento (UE) 2019/1111 del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (rifusione)
[29] “La videoconferenza potrebbe inoltre essere usata per ascoltare un minore come previsto dal regolamento (UE) 2019/1111”: così Cons. 21, Regolamento (UE) 2020/1783 del 25 novembre 2020 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale (assunzione delle prove) (rifusione)
[30] In data 9 dicembre 2022: v. https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2022/12/09/digital-justice-council-adopts-negotiating-mandates-on-two-proposals-to-digitalise-judicial-cooperation-and-access-to-justice/
[31] V. il Considerando n. 21-a: “Qualora un minore partecipi a procedimenti in materia civile o commerciale, in particolare in qualità di parte, a norma del diritto nazionale, il minore potrebbe partecipare all'udienza mediante videoconferenza o altra tecnologia di comunicazione a distanza a norma del presente regolamento, tenendo conto dei suoi diritti procedurali. Tuttavia, se il minore partecipa al procedimento ai fini dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale, ad esempio se deve essere ascoltato in qualità di testimone, il minore potrebbe essere ascoltato anche mediante videoconferenza o altra tecnologia di comunicazione a distanza a norma del Regolamento (UE) 2020/1783”.
[32] G. Ruffini, Il processo civile di famiglia e le parti: la posizione del minore, in Dir. fam. pers. 2006, 1258-1259
[33] D’Amato D., Il curatore speciale del minore alla luce della riforma del processo civile in Rivista di diritto processuale, 2022, 4, 1317
[34] Cass. civ., sez. 2, 3 gennaio 2019 n. 9
[35] Il giudice può nominare un curatore speciale quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore. Per Cass. civ, 11 maggio 2018, n. 11554 «la sussistenza del conflitto di interessi tra i genitori ed il minore ai fini della nomina del curatore speciale, in un procedimento nel quale si discuta del suo affidamento, deve essere valutata in concreto, avuto riguardo all’incapacità , anche temporanea dei genitori a tutelare la posizione del figlio, non potendosi desumere la sussistenza del conflitto di interessi dalla mera conflittualità interna tra i genitori ove risulti la loro piena capacità ed una buona relazione con il minore».
[36] Spicca, per importanza: Corte cost. 11 marzo 2011, n. 83, in Fam. e dir. 2011, 545 ss., con nota di F. Tommaseo, La Corte costituzionale sul minore come parte nei processi della giustizia minorile
[37] D’Amato, opera cit.
[38] “La norma costituisce espressione dei principi sovranazionali in materia (Reg. UE 1111/19; Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori conclusa all’Aja il 19 ottobre 1996 e ratificata con legge 18 giugno 2015, n. 101) e di quelli espressi dalla Suprema Corte (cfr. da ultimo Cass., ord. 7 giugno 2021, n. 15835)”. Così: Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5
[39] Il concetto di residenza abituale fa capo a una situazione di “fatto” che prescinde dalle risultanze anagrafiche e si determina in base al luogo in cui il bambino ha la sede prevalente dei suoi interessi ed affetti. Essendo una situazione “di fatti”, l’accertamento della residenza abituale si risolve in una “quaestio facti” (Cass. civ., Sez. Un., 13 dicembre 2018 n. 3239). Si tratta di una nozione ormai adottata (e simile) sia in ambito europeo (habitual residence, résidence habituelle) che nazionale e fa leva sul dato esperienziale per cui i giudici del luogo di residenza abituale si trovano di norma nella migliore posizione per valutare le misure da adottare nell’interesse del minore (Corte Giust. UE, 14 luglio 2022, C-572/21). La residenza abituale è, dunque, criterio per determinare sia la competenza territoriale (a livello nazionale) che la competenza giurisdizionale (a livello UE e internazionale).
[40] Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza 5 giugno 2017, n. 13912; Cass., 22 luglio 2014, n. 16648 del 2014).
[41] In tal senso va letto il secondo comma dell’art. 473-bis.11 c.p.c. che prevede in sostanza, che in assenza di figli minori, il tribunale territorialmente competente sia individuato in base ai criteri generali degli articoli 18 e seguenti.
[42] Come ora risulta espressamente dal testo dell’art. 316 c.c., come novellato dal dlgs 149/22
[43] Questa è la chiara spiegazione della norma offerta dalla Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5. Si precisa anche che “la fissazione di un termine, decorso il quale la competenza spetta al giudice del nuovo luogo di residenza del minore pure in presenza di trasferimenti non autorizzati, risponde alla necessità di superare alcune incertezze interpretative (Cass., ord. 20 ottobre 2015 n. 21285) ed è espressione dei principi generali della normativa sovranazionale (art. 9 Reg. UE 1111/19 e art. 7 conclusa all’Aja il 19 ottobre 1996 e ratificata con legge 18 giugno 2015, n. 101)”.
[44] V. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario: Relazioni sulle novità normative della riforma “Cartabia” (diritto e procedura civile), 2023, 237
[45] Nuovo art. 121 c.p.c. come modificato dal dlgs n. 149 del 2022
[46] Il mancato rispetto di questi criteri può essere valutato ai fini della decisione sulle spese del processo (v. nuovo art. 46 disp. att. c.p.c.: “Forma e criteri di redazione degli atti giudiziari”)
[47] La regola generale (art. 473-bis. 12, terzo comma) prevede che questi document debbano essere presentati solo in caso di domande di contributo economico o in presenza di figli minori. L’art. 473-bis.58, tuttavia, prescrive che “Nei procedimenti di cui alla presente sezione, al ricorso e alla comparsa di costituzione e risposta è sempre allegata la documentazione prevista dall'articolo 473-bis.12, terzo comma”
[48] “Il piano genitoriale consiste nell’illustrazione, secondo la reciproca prospettazione dei genitori, degli elementi principali, che la norma espressamente individua, del progetto educativo e di accudimento del minore. Si tratta di utili informazioni che permettono al giudice, investito del procedimento, di individuare e dettagliare all’interno dei provvedimenti che egli è chiamato ad assumere, le indicazioni più opportune nell’interesse del minore, costruite “su misura” rispetto alla situazione di vita pregressa e alle sue abitudini consolidate” (Rel. Ill.)
[49] Carratta A., Un nuovo processo di cognizione per la giustizia familiare e minorile, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 352
[50] Si tratta degli avvisi sui termini decadenziali che l’attore, per i processi che si introducono con citazione, deve precisare nell’atto ai sensi dell’articolo 163, 3° comma, n. 7, c.p.c.
[51] In alcuni commenti alla delega legislativa, si ipotizzava che, invece, l’udienza presidenziale sarebbe rimasta nel regime giuridico: v. Vullo E., Nuove norme per i giudizi di separazione e divorzio, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 358
[52] per tutte, Cass. n. 21100 del 2004
[53] Un caso, ad esempio, riguarda la domanda di scioglimento della comunione legale proposta in pendenza del giudizio di separazione. Sulla questione, la Corte di Cassazione si è, in genere, pronunciata affermando che l'introduzione del giudizio di scioglimento della comunione, prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale (o dell'omologa di quella consensuale), comporta l'improponibilità della domanda (tra le altre, Cass. n. 4351 del 2003; n. 9325 del 1998; n. 8707 e 11931 del 1997). Al contrario, altro indirizzo (Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 26 febbraio 2010 n. 4757), qualificando il fatto della separazione come mera “condizione”, ha affermato che “la domanda di scioglimento della comunione legale può essere proposta anche in pendenza della causa di separazione tra i coniugi. La pronuncia di merito acquisterà però efficacia solo se interviene dopo il passaggio in giudicato della decisione sulla separazione”.
[54] V. ad es., Cass. civ. n. 36176 del 2021
[55] Da ormai molto tempo, la Suprema Corte ha chiarito che la domanda parziale sulla separazione è ammissibile (Cass. civ., Sez. Un. n. 15279 del 2011).
[56] Così Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5)
[57] La Riforma, modificando l’art. 81-bis disp. att. c.p.c. ha previsto che “Il rispetto del termine di cui all'articolo 473-bis.14, terzo comma, del codice è tenuto in considerazione nella formulazione dei rapporti per le valutazioni di professionalità”
[58] Come si è osservato, “la prima udienza nel nuovo rito per le persone, per i minorenni e per le famiglie diventa lo snodo centrale del giudizio” (Costabile, Procedimento: la prima udienza in IlFamiliarista.it)
[59] Decisione di esecuzione (UE) 2023/201 della Commissione del 30 gennaio 2023 che fissa la data di entrata in funzione del sistema d'informazione Schengen ai sensi del regolamento (UE) 2018/1861 del Parlamento europeo e del Consiglio e del regolamento (UE) 2018/1862 del Parlamento europeo e del Consiglio
[60] Regolamento (UE) 2018/1862 del 28 novembre 2018 sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione Schengen (SIS) nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, che modifica e abroga la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2010/261/UE della Commissione
[61] Per l’Italia, l’ufficio competente: Ministero dell’Interno — Dipartimento della Pubblica Sicurezza — Direzione Centrale della Polizia Criminale — Servizio per il Sistema Informativo Interforze — Divisione N.SIS
[62] Art. 32. Obiettivi e condizioni per l'inserimento delle segnalazioni. 1. Su richiesta dell'autorità competente dello Stato membro segnalante, sono inserite nel SIS segnalazioni sulle seguenti categorie di persone: (…) c) minori a rischio di sottrazione da parte di un genitore, un familiare o un tutore a cui deve essere impedito di viaggiare;
[63] V., anche, il Considerando n. 32: “Le segnalazioni di minori a rischio di sottrazione da parte di uno dei genitori dovrebbero essere inserite nel SIS su richiesta delle autorità competenti, incluse le autorità giudiziarie competenti in materia di responsabilità genitoriale conformemente al diritto nazionale. Le segnalazioni di minori a rischio di sottrazione da parte di uno dei genitori dovrebbero essere inserite nel SIS laddove tale rischio sia concreto ed evidente, e in limitate circostanze. É, pertanto, necessario prevedere garanzie rigorose e adeguate. Nel verificare se sussista un rischio concreto ed evidente che un minore possa essere fatto uscire in modo illecito e imminente da uno Stato membro, l'autorità competente dovrebbe tenere conto della situazione personale del minore e dell'ambiente a cui è esposto”.
[64] In virtù del SIS (v. art. 7, Reg. 2018/1862), ciascuno Stato membro designa un'autorità nazionale, operativa 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, che garantisca lo scambio e la disponibilità di tutte le informazioni supplementari («ufficio SIRENE»)
[65] Più nel dettaglio, si ha cancellazione: “alla risoluzione del caso, ad esempio se il minore è stato reperito o rimpatriato o le autorità competenti dello Stato membro di esecuzione prendono una decisione sull'affidamento del minore”
[66] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5)
[67] Si pensi al caso di un bambino, che per le più svariate ragioni, abbia provvisoriamente dimora presso i nonni
[68] Art. 473-bis. 4, terzo comma, c.p.c.: “Nei procedimenti in cui si prende atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice procede all'ascolto soltanto se necessario”
[69] È la ripresa di quanto ha affermato la giurisprudenza di legittimità: Cass. civ., SS.UU. 29 luglio 2021, n. 21761
[70] Spadafora A., Autonomia privata nei rapporti familiari in Enciclopedia del Diritto, I tematici, IV-2022, 76
[71] Cass. civ., Sez. Un., 9 dicembre 2022 n. 36057
Le Sezioni Unite e i figli nati da maternità surrogata: una decisione di sistema. Ancora qualche riflessione sul principio di effettività nel diritto di famiglia[1]
di Mirzia Bianca
Sommario: 1. Riflessioni preliminari. - 2. Perchè si tratta di una decisione di sistema? L’ultima tappa di un lungo percorso - 3. Le ragioni della decisione e i diversi piani di lettura - 4. Il piano di lettura del principio di effettività.
1. Riflessioni preliminari
Il problema dei figli nati da maternità surrogata praticata all'estero da qualche anno affatica i giudici delle Corti nazionali ed europee alla ricerca della individuazione di un difficile equilibrio tra esigenze prima facie assolutamente inconciliabili: la conservazione del divieto della maternità surrogata e la realizzazione del miglior interesse del minore a vedersi riconosciuta la genitorialità di intenzione, ovvero la genitorialità del partner del genitore biologico che ha con questi condiviso il progetto genitoriale, pur non essendo genitore di sangue. Come è evidente, rispetto al passato la corte degli attori coinvolti è cambiata. Negli anni ‘70 e ‘80 il dibattito intorno alla maternità surrogata vedeva protagoniste in conflitto di interessi la madre committente e la madre uterina. Oggi, invece, i protagonisti del dibattito sono esclusivamente i genitori committenti e in particolare il problema attiene al riconoscimento del solo genitore di intenzione, sia esso il componente di una coppia omoaffettiva o di una coppia eteroaffettiva. La frizione tra le due rilevate opposte esigenze, che è emersa con chiarezza dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale[2] e della Cassazione a Sezioni Unite nella decisione n. 38162 del 30 dicembre 2022 che qui si commenta[3], si è tradotta plasticamente nella contrapposizione tra due opposte soluzioni: la trascrizione automatica del provvedimento straniero o l'adozione. Deve dirsi che questo dibattito, che affatica l'interprete da circa un decennio, è solo un segmento di quello di più ampia portata relativo ai diversi modelli di instaurazione della filiazione ed esso appare peculiare. In primo luogo perchè lo spostamento della pratica procreativa all'estero ha portato necessariamente ad una delocalizzazione[4] del dibattito che ha assunto profili del tutto diversi rispetto a quello ordinario sul divieto della maternità surrogata, implicando riflessioni di diritto internazionale privato e di rapporto tra gli ordinamenti. In secondo luogo perchè il problema attiene esclusivamente al riconoscimento del genitore di intenzione, dato che non si pongono problemi rispetto al genitore biologico, ovvero il genitore che utilizzando questa pratica ha dato il proprio materiale genetico. In terzo luogo perchè il dibattito è stato spesso inquinato dalla sovrapposizione dei diritti dei bambini con problemi degli adulti, come per esempio l'accesso alle pratiche procreative da parte delle coppie omoaffettive e la violazione del principio di non discriminazione[5]. In quarto luogo perchè almeno in Italia l'assenza di un intervento del legislatore, insieme alla mancanza di una moderna legge sull'adozione, a differenza di altri Paesi dell'Europa che hanno di recente legiferato[6], ha portato inevitabilmente a caricare tutto il peso del dibattito sulla giurisprudenza, che ha condotto un percorso talvolta accidentato e disseminato da vari ostacoli, che non ho avuto remore a chiamare “travagliato”[7]. La decisione che qui si annota rappresenta l'ultimo tassello di questo tortuoso percorso. Ho voluto fare queste precisazioni quale premessa fondamentale per capire l'importanza di questa decisione e il contesto ordinamentale in cui essa è inserita. Avendo già partecipato a questo dibattito con note a qualche significativa decisione[8], sarebbe stato preferibile da parte mia non intervenire anche adesso. La ragione per cui, leggendo questa decisione a Sezioni Unite, ho sentito la voglia di dedicare alcune riflessioni, cercherò di spiegarla nelle pagine che seguono. Posso solo anticipare che, a mio parere, con questa decisione la Corte di Cassazione ha tolto all'interprete la sensazione di incertezza che da tempo caratterizza l'attuale stagione del diritto di famiglia, contribuendo a definire una nuova stagione caratterizzata dalla speranza nella individuazione di un sistema di principi che, rappresentando le assi portanti del moderno diritto di famiglia[9], facilitano un dialogo tra le Corti, dialogo che in questa decisione appare a chi scrive connotato da ragionevolezza e da equilibrio.
2. Perchè si tratta di una decisione di sistema? L’ultima tappa di un lungo percorso
Come emerge dal titolo che ho voluto dare a questa mia nota, il dato caratterizzante di questa decisione a Sezioni Unite è che si tratta di una decisione di sistema. Prima di spiegare perchè, può essere utile per il lettore indicare, sia pure sinteticamente, le tappe di questo suggestivo ma, come detto, travagliato percorso giurisprudenziale, di cui questa decisione rappresenta l'ultima tappa. Nel silenzio del legislatore, una prima tappa di questo percorso è stata la decisione a Sezioni Unite del 2019 n. 12193 con la quale la Corte di cassazione, pur rifiutando la soluzione della trascrizione automatica per violazione del principio di ordine pubblico, si preoccupa della sorte dei figli nati da maternità surrogata, ritenendo adeguata la soluzione dell'adozione in casi particolari, meglio conosciuta come Stepchild Adoption. Nell'affermare la contrarietà all'ordine pubblico, la Corte ribadisce la riprovazione nei confronti della maternità surrogata, considerata in questa decisione, come in altre, pratica lesiva della dignità della donna e dell'istituto dell'adozione, oltre che strumento di sfruttamento della vulnerabilità femminile. A livello di giurisprudenza europea, la Corte europea dei diritti dell'uomo conferma la non obbligatorietà della scelta della soluzione della trascrizione automatica e la discrezionalità degli Stati nella scelta di una soluzione alternativa, ponendo il solo limite della individuazione di uno strumento celere ed efficiente. Una seconda tappa è stata la decisione della Corte costituzionale n. 33 del 2021[10]. In questa decisione la Corte ritiene non fondata la questione di legittimità dell'art. 12, comma 6 della legge 40, ribadendo l'importanza del mantenimento del divieto della maternità surrogata. La Corte ritiene tuttavia che la soluzione dell'adozione in casi particolari non sia da ritenersi del tutto adeguata a realizzare il migliore interesse del minore. Ciò in particolare in quanto questo istituto, a differenza dell'adozione piena e legittimante, richiede il consenso del genitore biologico e non determina l'instaurazione di rapporti di parentela. In questa decisione la Corte sollecita l'intervento del legislatore. La terza tappa è l'ordinanza della prima sezione civile della Corte di Cassazione n. 1842 del 2022, che ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. Qui la Corte, preso atto del silenzio del legislatore e della riconosciuta inadeguatezza dello strumento dell'adozione in casi particolari rilevata dalla Corte costituzionale, sollecita una decisione a Sezioni Unite per rispondere ad una serie di quesiti. Tra questi quello relativo al superamento del diritto vivente (espresso dalla Sezioni Unite nel 2019) con la conseguente affermazione di un vuoto normativo. Sul fronte del divieto della maternità surrogata, la Corte entra nel merito delle ragioni del divieto e cerca di scomporre la monoliticità del divieto e della conseguente violazione dell'ordine pubblico, proponendo una selezione di modelli di maternità surrogata non contrari all'ordine pubblico e quindi legittimanti la soluzione della trascrizione automatica. La quarta e ultima tappa è quella della decisione a Sezioni Unite oggetto di attenzione in queste pagine. La decisione che qui si commenta si è trovata in questo guado ordinamentale e, utilizzando tutti i dati del diritto effettivo che aveva a disposizione, ha dato una risposta sistematica e coerente che, nel ripercorrere tutti i passaggi della giurisprudenza, non ha mai smentito il passato, ma ha confermato i passi precedenti, integrandoli via via che il sistema ha mostrato segni di evoluzione. Inoltre questa decisione ha mostrato che in questa materia la giurisprudenza interna non si pone in conflitto ma dialoga con la giurisprudenza europea. Per queste ragioni a mio parere è una decisione di sistema, perché le ragioni poste a fondamento della soluzione prescelta non hanno nulla di ideologico, ma riconducono tutto a sistema, con un'operazione culturale di ricucimento delle varie tappe, che appaiono quindi portate tutte ad unità e coerenza. Questa decisione, al di là delle poche critiche che possono ad essa muoversi, assume così un importante valore simbolico perché si pone quale modello di giurisprudenza virtuosa che ingenera nell'interprete un sentimento di fiducia nel principio di effettività, talvolta messo a dura prova da orientamenti ondivaghi e troppo spesso contraddittori.
3. Le ragioni della decisione e i diversi piani di lettura
L'attributo di decisione di sistema non attiene esclusivamente al tema della filiazione derivante da maternità surrogata, ma si estende a tutti i temi satellitari che questa delicata problematica evoca e che sono sintetizzabili nei diversi piani di lettura di questa decisione. I diversi piani di lettura sono: a) il contenuto e la portata del divieto della maternità surrogata; b) il contenuto del principio di dignità; c) la nozione e il contenuto dell'ordine pubblico; d) il contenuto del principio del migliore interesse del minore; e) l'evoluzione in materia di adozione in casi particolari; f) la definizione dei limiti della genitorialità di intenzione; g) il principio di effettività e il ruolo della giurisprudenza. Ciascuno di questi piani di lettura si presterebbe a note di commento autonome. In questa sede non è chiaramente possibile. Ciò che invece mi preme qui evidenziare è che in questa decisione tutti i piani di lettura sono stati composti in un piano armonico ed unitario, dal quale non risulta alcuna distonia del sistema ma, anche con riferimento a tematiche distinte, l'interprete ha finalmente la sensazione di una visione coerente e unitaria, come quella che si ha quando si ammira un paesaggio dall'alto di una veduta aerea. Procederò così ad analizzare ciascuno dei piani di lettura evidenziati sinteticamente e solo al fine di far emergere la sistematicità di questa decisione. Dedicherò un paragrafo a parte all'ultimo piano di lettura, quello attinente al principio di effettività e al ruolo della giurisprudenza.
Deve preliminarmente rilevarsi che con fermezza la Corte risponde negativamente ai primi quesiti sollevati in ordine al superamento del diritto vivente e all'esistenza di un vuoto normativo. Entrando nel merito delle questioni a) con riferimento alla maternità surrogata le Sezioni Unite respingono la suggestione contenuta nell'ordinanza della prima sezione in ordine alla scomposizione di diversi statuti della maternità surrogata e riaffermano il carattere monolitico del divieto, che vale anche nel caso in cui la maternità surrogata sia frutto di una libera scelta della donna e sia revocabile. L'affermato carattere monolitico del divieto non è tuttavia frutto di una presa di posizione precostituita ma raccoglie i dati del diritto effettivo. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale si riscontra un orientamento compatto che ha sempre riprovato questa pratica procreativa, in quanto ritenuta lesiva della dignità della donna e dell'istituto dell'adozione. La riprovazione di questa pratica appare compatta anche a livello di Paesi dell'Unione europea, fatta eccezione per quei pochi che ne ammettono la liceità. Inoltre deve rilevarsi che l'Unione europea, che già nel 2015 aveva condannato tale pratica inserendola nel dibattito dei diritti umani, ha di recente confermato e rafforzato tale giudizio anche in occasione della guerra in Ucraina, che ha enfatizzato il profilo dello sfruttamento delle donne, focalizzando l'attenzione su quella che a ragione è stata definita come una “un'industria” che lede la dignità della donna e del soggetto nato[11]. Nella motivazione della sentenza la condanna della maternità surrogata è ferma e riferita ad ogni modello di maternità surrogata: liberale[12], consapevole e libera, commerciale, in quanto il dato della illiceità è fondato condivisibilmente sulla rinuncia della donna alla maternità[13]. Tale affermazione consente alla Corte a Sezioni Unite di prendere posizione anche rispetto b) al principio di dignità, principio di cui si afferma qui la valenza oggettiva[14]. La nota vicenda del lancio dei nani della giurisprudenza amministrativa francese ha schiuso un dibattito tra due opposte nozioni della dignità: una meramente soggettiva, mutabile e derogabile in ragione del diverso soggetto coinvolto e una oggettiva, che valga per tutti e che non è derogabile neanche nel caso di una libera scelta del soggetto leso nella propria dignità[15]. La riaffermata riprovevolezza nei confronti della maternità surrogata, in quanto pratica lesiva del principio di dignità, dà ragione del mantenimento del divieto. Il mantenimento del divieto trova ragione in una scelta precisa dell'ordinamento italiano e non è il frutto di una arretratezza o di una dimenticanza del legislatore. L'interprete coglie un principio di continuità con scelte condotte dal giudice delle leggi, che non solo ha sempre mostrato di riprovare questa pratica, ma anche quando ha rimosso il divieto della fecondazione eterologa, ha mantenuto quello della maternità surrogata[16]. L'interprete coglie inoltre una continuità con la disciplina di Paesi contigui. Anche il legislatore francese, che di recente è intervenuto con la legge sulla bioetica[17], ha scelto comunque di mantenere il divieto. L'interprete coglie poi la conformità con il costante giudizio di riprovazione di questa pratica a livello di legislazione europea.
c) Quanto al principio di ordine pubblico[18], la Corte, ne afferma chiaramente la violazione e si esprime anche sul suo contenuto. L'ordine pubblico, sebbene si sia evoluto in una dimensione più ampia rispetto al ristretto ambito nazionale, deve “misurarsi con il portato della Costituzione e di quelle leggi che, come nervature sensibili, fibre dell'apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l'ordinamento costituzionale”. La Corte, utilizzando tale formula, si pone in una linea di continuità con quanto le Sezioni Unite hanno già affermato, sia con riferimento alla questione dei figli nati da maternità surrogata[19], sia con riferimento alla questione del riconoscimento di una sentenza straniera in materia di danni punitivi[20]. L'interprete si sente così rassicurato, in quanto consapevole che questa decisione non è una scheggia impazzita, ma parte di un disegno unitario e coerente. d) Anche con riferimento all'incerta formula del migliore interesse del minore, le Sezioni Unite prendono una posizione equilibrata e condivisibile. In primo luogo il migliore interesse del minore viene considerato anch'esso principio di ordine pubblico internazionale. Qui viene dato ascolto alla dottrina che aveva rifiutato una impostazione conflittuale della problematica dei figli nati da maternità surrogata, volta a contrapporre l'ordine pubblico con il migliore interesse del minore[21]. Inoltre, e questo è il dato più importante, ne viene affermato il carattere necessariamente concreto. Il migliore interesse del minore non è mai una formula astratta ma deve necessariamente fare i conti con la situazione concreta di quel singolo bambino, situazione che non è mai uguale a se stessa. Per queste ragioni le Sezioni Unite respingono la soluzione della trascrizione automatica, in quanto cristallizzerebbe una presunzione di migliore interesse applicabile a priori per tutte le situazioni. Nel rifiutare la soluzione della trascrizione automatica, inoltre, le Sezioni Unite si pongono in conformità con l'orientamento della giurisprudenza europea che ha sempre lasciato ampia discrezionalità ad ogni Stato, escludendo l'obbligatorietà della soluzione della trascrizione automatica. e) Con riferimento alla soluzione dell'adozione in casi particolari, le Sezioni Unite, non si limitano a confermare il diritto vivente già espresso nel 2019, ma lo adattano all'evoluzione nel frattempo operata dal sistema. L'intervenuta decisione del giudice delle leggi che nel 2022, con la decisione n. 79, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 55 l. adoz., ha consentito infatti alle Sezioni unite di considerare questa importante tappa evolutiva e di superare le critiche in ordine alla mancanza di un rapporto di parentela. Quanto alla critica in ordine al necessario consenso del padre biologico richiesto dalla disciplina dell'adozione in casi particolari, che potrebbe subordinare la richiesta di genitorialità alla situazione conflittuale tra genitore biologico e genitore di intenzione, lasciando quindi al solo padre biologico la scelta, le Sezioni Unite, sempre riferendosi al diritto effettivo, affermano che tale consenso non può essere inteso come l'esercizio di un potere arbitrario, “potestativo”, in quanto il giudice deve controllare che il rifiuto dello stesso sia conforme al migliore interesse del minore. f) Infine mi sembra che le Sezioni Unite in questa decisione abbiano portato a sistema i requisiti per il riconoscimento della genitorialità di intenzione. Per genitorialità di intenzione, non si intende infatti la traduzione letterale di genitorialità di volontà, ma una genitorialità non di sangue che tuttavia si caratterizza per due requisiti importanti che sono l'esistenza di un progetto genitoriale e la presenza di un concreto legame affettivo. La decisione a Sezioni Unite ci ricorda che tutti questi elementi devono essere presenti affinché possa essere riconosciuta una genitorialità non di sangue[22]. L'interprete si accorge chiaramente che questa soluzione compone con coerenza ed equilibrio altre ipotesi di genitorialità di intenzione, come quella adottiva. Anche qui, al fine di realizzare il migliore interesse del minore, il sistema rifiuta ogni automatismo e instaura una procedura che, oltre a prevedere un tempo dell'affidamento preadottivo, demanda al giudice il controllo in ordine alla capacità affettiva degli adottanti e quindi alla realizzazione del migliore interesse del minore.
4. Il piano di lettura del principio di effettività
L'analisi dei diversi piani di lettura mostra all'interprete uno scenario in cui questa decisione è parte di un sistema di diritto effettivo coerente. Per queste ragioni si tratta di una decisione che è il frutto dell'applicazione del principio di effettività, che rappresenta l'ultimo importante piano di lettura di questa ricca e complessa decisione. Potremmo dire che la metodologia sostanzialistica del principio di effettività, espresso nella formula “Ex facto oritur ius”[23] emerge dalla metodica che è stata seguita nella stesura di questa decisione che, in relazione ai vari piani di lettura evocati da questa complessa problematica, applica con coerenza e continuità quello che è l'orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza, non solo interna ma anche europea. La formula del diritto che emerge dal fatto e dalla realtà delle cose trova qui piena ed espressa applicazione, in quanto il diritto che si applica non è semplicemente la norma giuridica, ma la norma giuridica così come essa è interpretata dalla giurisprudenza. Ma il rinvio al principio di effettività entra anche nella motivazione di questa decisione che coglie l'occasione per rimeditare sul contenuto di questo principio e sul ruolo assegnato alla giurisprudenza. Si legge infatti in motivazione che “la giurisprudenza non è fonte del diritto”. Questa affermazione evoca le elaborazioni più raffinate del principio di effettività che, pur riconoscendo nella giurisprudenza il canale per veicolare le rinnovate istanze della realtà sociale, hanno ribadito che la giurisprudenza non è fonte formale del diritto e in questo senso essa non si sostituisce al legislatore[24]. Significativo al riguardo un passaggio della motivazione: “Si tratta di temi, infatti, in rapporto ai quali lo stesso diritto di famiglia, nel mentre riflette, come uno specchio, lo stato dell’evoluzione delle relazioni familiari nel contesto sociale, tuttavia non può prescindere dal sistema, affidato anche alle cure del legislatore”. Queste importanti riflessioni sul principio di effettività nel diritto di famiglia offrono all'interprete gli strumenti per affinare il contenuto dello stesso, proprio in materie come questa in cui la forza del fatto si manifesta con maggiore incidenza rispetto ad altri settori del diritto, assumendo talvolta il vigore e l'ineluttabilità del fatto compiuto. Sono infatti proprio problematiche delicate e a così alto contenuto etico che consentono di riflettere ancora sul principio di effettività e di integrarne i contenuti, anche alla luce della avvertita complessità del sistema. Tale principio, che rappresenta l'ossatura portante di una metodologia sostanzialistica del diritto, e che trova proprio nel diritto di famiglia una costante applicazione, non può tuttavia prescindere da due caratteri, che sono a mio parere la coerenza e la gradualità. Quanto alla coerenza[25], deve dirsi che la forza del principio di effettività intanto può spiegarsi in quanto il diritto che emerge dal fatto esprima un sistema coerente di principi. Il pericolo della sua scomparsa o della sua dissoluzione si annida in un sistema in cui si azzera il dialogo tra le Corti e in cui ognuna di esse crea diverse monadi giuridiche, tra loro incomunicabili, deriva che ingenera nell'interprete un sentimento di perenne smarrimento. L'incoerenza si traduce poi in ultima istanza inevitabilmente in una negazione della verità[26] e della giustizia. Quanto all'attributo della gradualità, esso emerge da un passaggio della motivazione di questa decisione laddove si afferma che “...la ricerca dell’effettività richiede un camminare in direzione di una meta non ancora completamente a portata di mano, perché la gradualità concorre a far assorbire il cambiamento e le novità nel sistema, con la giurisprudenza che accompagna ed asseconda l’evoluzione che si realizza nel costume e nella coscienza sociale”. E' proprio la mobilità del diritto di famiglia e il suo saldo legame con le istanze della società e con il costume che chiama in causa il valore della gradualità, perchè la verità è che i cambiamenti culturali e sociali sono quelli che richiedono una più profonda elaborazione da parte della società, elaborazione che spesso è inconsapevole. Per questo si comprende perchè autorevole dottrina, pur affermando il valore del principio di effettività, ha riconosciuto nell'intervento del legislatore la forza di incentivare il processo di evoluzione della società e dei costumi[27].
Potrei continuare ancora ad enumerare altre ragioni per le quali questa è una decisione di sistema, ma credo che ormai il lettore ha capito il perchè e soprattutto ha capito perchè questa decisione mi piace.
[1]Dedico anche questo mio scritto al mio caro ed adorato padre, per continuare con lui un dialogo che non si è mai interrotto.
[2]C. Cost. 9 marzo 2021, n. 33, così testualmente in motivazione: “...Gli interessi del minore dovranno essere allora bilanciati, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall'ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore”.
[3]Così testualmente in motivazione: “L’esigenza di salvaguardare i valori ispiratori dell’ordinamento ita-liano si traduce in una finalità general-preventiva: scoraggiare i cittadini dal ricorso all’estero ad un metodo di procreazione che l’Italia vieta nel suo territorio, perché ritenuto lesivo di valori primari.
Dall’altro lato, si profila, una volta che il bambino è nato, l’esigenza di proteggere il diritto fondamentale del minore alla continuità del rapporto affettivo con entrambi i soggetti che hanno condi-viso la decisione di farlo venire al mondo, senza che vi osti la modalità procreativa”.
[4] M. PARADISO, Au bon marché des droits. Tra globalizzazione dei diritti e globalizzazione della
procreazione, in Riv. dir. civ., 2018, 983 ss.
[5] In questo senso si v. C. Cost. 23 ottobre 2019, n. 221 e 15 novembre 2019, n. 237. Entrambe le decisioni hanno respinto il giudizio di illegittimità di norme per violazione del divieto di discriminazione.
[6]V. al riguardo la recente legge francese e la recente legge svizzera, che hanno riformato l'originario impianto delle adozioni.
[7]V. il mio Il travagliato percorso della tutela del bambino nato da maternità surrogata. Brevi note a margine dell'ordinanza di rinvio alle sezioni Unite n. 1842 del 2022, in Giustiziainsieme del 27 ottobre 2022.
[8]V. al riguardo la mia nota alla decisione a Sezioni unite della Corte di Cassazione n. 12193 dell'8 maggio 2019, La tanto attesa decisione delle Sezioni unite. Ordine pubblico versus interesse del minore?, in Familia 2019, 369 e ss. Nel 2020 ho poi commentato la decisione della Corte costituzionale n. 230 sul riconoscimento della genitorialità di intenzione nel caso di coppia omoaffettiva femminile, La genitorialità d'intenzione e il principio di effettività. Riflessioni a margine di Corte cost. n. 230/2020, in questa rivista il 16 dicembre 2020; la mia nota a Cass. civ., sez. I, ord., 29 aprile 2020, n. 8325, in giudicedonna.it, 2/2020, Il revirement della Cassazione dopo la decisione delle Sezioni Unite. Conflitto o dialogo con la Corte di Strasburgo? Alcune notazioni sul diritto vivente delle azioni di stato. Ho poi commentato la decisione della Corte costituzionale n. 79 del 2022 in tema di adozione in casi particolari: La corte costituzionale e il figlio di coppia omoaffettiva. Riflessioni sull'evoluzione dei modelli di adozione, in Familia 2022, 364 e ss. Infine ho commentato l'ordinanza della I sezione della Corte di Cassazione di rinvio alle Sezioni Unite n. 1842 del 2022: Il travagliato percorso della tutela del bambino nato da maternità surrogata. Brevi note a margine dell'ordinanza di rinvio alle Sezioni Unite n. 1842 del 2022, in questa rivista il 27 ottobre 2022.
[9]Sulla stagione dell'incertezza e dello smarrimento e sulla stagione della speranza rinvio al mio Il diritto di famiglia e il ruolo del giurista nelle diverse stagioni, in in M. CAVALLARO-F. ROMEO-E. BIVONA-M. LAZZARA, (cur.), Sui mobili confini del diritto, Torino, 2022, Vol. I, 118 ss. Considerazioni analoghe si rinvengono nella mia voce Minori (tutela sostanziale in generale), in Enc dir. Volume Famiglia, diretto da F. Macario, Milano, 2022, 886 e ss.
[10]V. al riguardo il bel commento di A. MORACE PINELLI, La Corte costituzionale interviene sui diritti del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata. Brevi note a Corte cost. 9 marzo 2021, n. 33.
[11]V. Risoluzione del Parlamento europeo del 5 maggio 2022 sull'impatto della guerra contro l'Ucraina sulle donne: “....ricorda che lo sfruttamento sessuale a fini di maternità surrogata e a fini riproduttivi è inaccettabile e costituisce una violazione della dignità umana e dei diritti umani; condanna la pratica della maternità surrogata, che può esporre allo sfruttamento le donne di tutto il mondo, in particolare quelle più povere e in situazioni di vulnerabilità, come nel contesto della guerra; chiede che l'UE e i suoi Stati membri prestino particolare attenzione alla protezione delle madri surrogate durante la gravidanza, il parto e il puerperio e rispettino tutti i loro diritti nonché quelli dei neonati; sottolinea le gravi ripercussioni della maternità surrogata sulle donne, sui loro diritti e sulla loro salute, le conseguenze negative per l'uguaglianza di genere nonché le sfide derivanti dalle implicazioni transfrontaliere di tale pratica, come è avvenuto nel caso delle donne e dei bambini colpiti dalla guerra contro l'Ucraina; chiede che l'UE e i suoi Stati membri analizzino le dimensioni di tale industria (il corsivo è mio), il contesto socioeconomico e la situazione delle donne incinte, nonché le conseguenze per la loro salute fisica e mentale e per il benessere dei neonati; chiede l'introduzione di misure vincolanti volte a contrastare la maternità surrogata, tutelando i diritti delle donne e dei neonati”. Sulla maternità surrogata come “mercificazione della maternità”, v. A. MORACE PINELLI, Il problema della maternità surrogata torna all'esame delle Sezioni Unite, in Familia, 2022, 437 e ss.
[12]V. invece A. GRASSO, Maternità surrogata altruistica e tecniche di costituzione dello status, Torino, 2022, 74 e ss.
[13]V. testualmente in motivazione: “...L’ordinamento italiano non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata. L’accordo con il quale una donna si impegna ad attuare e a portare a termine una gravidanza per conto di terzi, rinunciando preventivamente a “reclamare diritti” sul bambino che nascerà, non ha cittadinanza nel nostro ordinamento. Tale pratica è vie-tata in assoluto, sotto minaccia di sanzione penale, dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004. Il divieto è presidiato dalla reclusione e dalla multa per “chiunque, in qualsiasi forma”, la “realizza, organizza o pubblicizza”.
[14]Sulla valenza oggettiva della dignità nel caso della maternità surrogata, v. le belle pagine di G. LUCCIOLI, Il parere preventivo della Corte Edu e il diritto vivente italiano in materia di maternità surrogata: un conflitto inesistente o un conflitto mal risolto dalla Corte di Cassazione, saggio pubblicato il 22 maggio 2020 in questa rivista. Si rinvia anche alle recenti e belle pagine di A. MORACE PINELLI, Le persistenti ragioni del divieto della maternità surrogata e il problema della tutela di colui che nasce dalla pratica illecita. In attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, in Fam e dir. 2022, 1175, il quale, oltre a confermare il carattere oggettivo della lesione della dignità, ha collocato il dibattito sul divieto della maternità surrogata nel più ampio dibattito civilistico in ordine all'esercizio dei poteri privati. Questa collocazione è particolarmente suggestiva in quanto richiama la monografia di mio padre Le autorità private, Napoli, 1977.
[15]Per questo dibattito v. in questa rivista l'intervista di R. CONTI ai costituzionalisti D’Aloia, D’ Amico e Repetto pubblicata il 22 maggio 2019.
[16]C. cost. n. 162 del 2014.
[17] Loi n° 2021-1017 du 2 août 2021 relative à la bioéthique.
[18]Sul principio di ordine pubblico v. gli scritti di V. CALDERAI e da ultimo il bel saggio Ordine pubblco internazionale e Drittwirkung dei diritti dell'infanzia, in Riv dir civ 2022, 478 e ss.
[19]V. C. S.U. n. 12193 del 2019
[20]C. S.U. n. 16601 del 2017.
[21]Sia consentito un rinvio alla mia nota delle Sezioni Unite del 2019, La tanto attesa decisione delle Sezioni unite. Ordine pubblico versus interesse del minore?, cit.
[22]Per queste considerazioni rinvio alla mia nota all'ordinanza di rinvio alle Sezioni Unite n. 1842: Il travagliato percorso della tutela del bambino nato da maternità surrogata. Brevi note a margine dell'ordinanza di rinvio alle sezioni Unite n. 1842 del 2022, cit.
[23]V. C.M. BIANCA, Ex facto oritur ius, in Riv. dir. civ., 1995, I, 787 ora in Realtà sociale ed effettività
della norma giuridica. Scritti giuridici, vol. I, t. 1, Milano, 2002, 189 ss. Il tema era stato da Lui trattato
già precedentemente nel saggio: Il principio di effettività come fondamento della norma di diritto
positivo: un problema di metodo della dottrina privatistica, in Estudios de derecho civil en honor del
prof. Castán Tobeñas, vol. II, Pamplona, 61 ss. e ora in Realtà sociale ed effettività della norma giuridica.
Scritti giuridici, vol. I, t. 1, cit., 35 ss. Sulla considerazione di questa formula quale filo rosso dell'impostazione metodologica del pensiero di C.M. Bianca, si rinvia a M. BIANCA, Il diritto di famiglia e la missione del giurista. L'insegnamento di mio padre Cesare Massimo Bianca, in Familia, 2021, 125 e ss e da ultimo il mio Cesare Massimo Bianca e il saggio ex facto oritur ius, in Vita not. 2022, 569 e ss.
[24]C.M. BIANCA, Ex facto oritur ius, cit.: “Prendere atto del principio di effettività non vuol dire tuttavia conferire né riconoscere un potere normativo ai giudici né dare ingresso alla 'consuetudine giurisprudenziale' come fonte del diritto”.
[25]Sulla coerenza quale valore dell'ordinamento si rinvia alla Relazione inedita di E. NAVARRETTA al Convegno che si è tenuto all'Università La Sapienza il 14 e il 15 ottobre 2022, Persone, minorenni e famiglie. Il cammino dei diritti e delle tutele. Dedicato a Cesare Massimo Bianca e a coloro che aprono nuove vie.
[26]Sul principio di verità v. R. CONTI, Relazione inedita al Convegno Persone, minorenni e famiglie. Il cammino dei diritti e delle tutele. Dedicato a Cesare Massimo Bianca e a coloro che aprono nuove vie, cit.
[27]Così C.M. BIANCA, Lo pseudoriconoscimento dei figli adulterini, in La riforma del diritto di famiglia, Atti del Convegno di Venezia svolto presso la Fondazione “Giorgio Cini” nei giorni 30 aprile-1° maggio 1967, Padova, 1967, 183 e ss. e ora in Realtà sociale ed effettività della norma giuridica. Scritti giuridici, vol. I, T. 1, Milano, 2002, 303 e ss.
Diritti fondamentali della persona di minore età e best interests of the child*
di Elisabetta Lamarque
L’autrice mette alla prova della giurisprudenza più recente le due principali conclusioni a cui era giunta in uno scritto di qualche anno fa circa la portata del principio dei best interests of the child come principio di rango costituzionale: a) il principio non impone che l’interesse della persona di minore età debba sempre automaticamente prevalere su tutto e su tutti; b) il principio diffida delle previsioni legislative rigide.
The author tests the most recent case law on the two main conclusions she reached in a booklet written a few years ago regarding the scope of the best interests of the child principle as a constitutional principle: a) the principle does not impose that the interest of the child must always automatically prevail over everything and everyone; b) the principle does not tolerate rigid legislative provisions.
Sommario: 1. Premessa. 2. Nessuna superiorità gerarchica, nessuna automatica prevalenza, nessuna tirannia del principio. 3. Le origini. 4. La giurisprudenza di Strasburgo. 5. Chiarezza concettuale e precisione lessicale nella più recente giurisprudenza costituzionale. 6. Flessibilità delle regole legislative. 7. Cosa ci attende nel prossimo futuro.
1. Premessa
Qualche anno fa avevo scritto un libretto sui best interests of the child nella prospettiva del diritto costituzionale[1]. In quel libretto avevo provato ad andare oltre alle conclusioni nichilistiche allora dominanti, che vedevano l’interesse del minore come una “scatola vuota” che poteva essere riempita di qualunque contenuto a seconda dei parametri culturali, o comunque extragiuridici, di riferimento dell’interprete, ma soprattutto avevo tentato di combattere l’uso retorico che gli operatori del diritto – giudici, avvocati ma anche la dottrina – spesso facevano del principio del preminente, o superiore, interesse del minore, locuzione che allora – ma per fortuna forse non più oggi, come argomenterò più avanti – con poca consapevolezza invariabilmente si preferiva per rendere in italiano il principio appunto dei best interests of the child.
Quel principio, invece, avrebbe richiesto di essere maneggiato dagli giuristi italiani con maggiore attenzione, addirittura con prudenza, essendo nato ed essendosi sviluppato in un ambiente culturale profondamente diverso dal nostro, quello angloamericano, ed essendosi proprio da lì diffuso sulla scena internazionale grazie soprattutto alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, che lo enuncia in via generale all’art. 3[2], per poi consolidarsi in ambito europeo prima tramite la giurisprudenza di Strasburgo e poi attraverso la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Avevo scelto di occuparmi del principio dei best interests, dunque, proprio perché mi ero accorta che il principio era invocato in tutte le occasioni nelle quali veniva in rilievo la posizione di una persona di minore età quasi come formula di stile, in modo indiscriminato e a volte anche a sproposito, e avevo constatato con preoccupazione che troppo spesso gli interpreti ne facevano un uso poco avvertito, superficiale, generico e dunque appunto retorico, se non addirittura strumentale, servendosene da pretesto per ‘coprire’ scelte volte a favorire – nel singolo caso concreto – gli interessi degli adulti.
In effetti, il “superiore” interesse del minore è un’espressione efficace, perché mette tutti a tacere. Chi oserebbe sostenere oggi l’idea opposta, che il bene degli adulti viene prima di quello dei bambini?
Ed è anche un abito buono per tutte le stagioni e per tutte le occasioni. Quanto volte abbiamo visto, soprattutto in passato, nei discorsi politici e giornalistici, ma spesso purtroppo anche in quelli dei giuristi[3], che nel suo nome si vuole giustificare una soluzione a un problema sociale, etico e giuridico, ma anche la soluzione esattamente contraria?
Quanto ai contenuti di quello studio, che risale al 2016, ormai sette anni fa, avevo innanzitutto approfondito un aspetto che già a quei tempi era data per scontata, e cioè la circostanza che nel nostro ordinamento il principio dei best interests si collochi a livello costituzionale, si imponga quindi alla legislazione primaria. Che il principio abbia rango costituzionale si ricava infatti sia da una lettura sistematica ed evolutiva della Costituzione italiana – una lettura che peraltro allora non tutti ricordavano che la Corte costituzionale avesse già offerto nel lontano 1981[4] –, sia da una ricognizione degli effetti sull’ordinamento costituzionale dei bill of rights internazionali e sovranazionali. Su questo punto non serve ora ritornare.
Per il resto, avevo raggiunto alcune conclusioni – due le principali – riguardo alla portata del principio che allora mi parvero non banali, e che qui è utile richiamare per metterle a confronto con i più recenti sviluppi giurisprudenziali.
Erano tuttavia due punti fermi – se di punti fermi è mai possibile parlare, nel campo del diritto – entrambi di segno negativo, relativi a ciò che il principio dei best interests certamente non vuole, non impone, non richiede. Un po’ come nella poesia di Montale: Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo[5].
In primo luogo, avevo concluso che il principio dei best interests non impone affatto all’interprete di far prevalere sempre e comunque i diritti del bambino o dell’adolescente sui diritti degli adulti che si trovano in relazione con lui o su altri beni della collettività del medesimo rango costituzionale, al contrario di ciò che sembrerebbe suggerire l’espressione italiana che lo traduce nei termini di “preminente” o “superiore” interesse del minore.
In secondo luogo, avevo constatato che principio dei best interests non sopporta – o, meglio, male sopporta – gli automatismi, o comunque più in generale diffida delle previsioni legislative rigide, prive di flessibilità, che impediscono all’organo pubblico incaricato di decidere nel caso concreto (un giudice, di solito, ma anche un altro operatore) di compiere una scelta ritagliata, modellata, sulle peculiarità, sulle sfumature, che quel caso presenta.
2. Nessuna superiorità gerarchica, nessuna automatica prevalenza, nessuna tirannia del principio
Prendiamo dunque le mosse dal primo punto: il principio dei best interests of the child non impone che l’interesse della persona di minore età debba sempre automaticamente prevalere su tutto e su tutti.
Ce lo insegnano la nascita e gli sviluppi storici del principio; ce lo fa chiaramente capire la Corte di Strasburgo; ma soprattutto ce lo dice esplicitamente da qualche anno – almeno dal 2017 – la nostra Corte costituzionale.
Motiverò ora brevemente, nell’ordine, tutte e tre queste affermazioni, partendo dalle origini storiche del principio.
3. Le origini
Nella preistoria del principio, nell’Ottocento, la best interests of the child doctrine nasce, nei paesi di common law, per consentire, nel caso di separazione o divorzio, singole eccezioni alla rigida regola, tipica di una società patriarcale, che imponeva di affidare i figli al padre.
L’affidamento alla madre all’inizio era disposto dalle corti in casi rarissimi, se i figli erano molti piccoli e quando il padre legale era all’evidenza del tutto inadatto, ad esempio perché vagabondo, alcolizzato o violento.
A un certo punto, però, e siamo già nella seconda metà del secolo scorso, il principio dei best interests esce dal ristretto ambito del diritto di famiglia – affidamento e adozione – e diventa uno dei cardini del vastissimo dibattito sui children’s rights in ambito nord americano.
Si tratta di un dibattito per noi europei continentali molto difficile da comprendere perché controverte su ciò che da noi è invece dato sempre per scontato, e cioè sulla circostanza che i bambini, in quanto persone umane, siano titolari di diritti fondamentali.
Nel dibattito nord americano sui children’s rights, infatti, si contrappongono – semplificando molto – due orientamenti.
Da una parte stanno coloro che ritengono che anche i bambini e gli adolescenti siano titolari di rights, intesi naturalmente come in generale sono intesi i rights in quell’area culturale, e cioè come diritti di autodeterminazione in tutte le sfere della propria vita.
Si tratta dell’orientamento dell’autonomy o della self-determination, che denuncia l’ingerenza del potere pubblico nelle decisioni che riguardano la vita di una persona di minore età e che per questo motivo ritiene che i bambini e gli adolescenti siano soggetti oppressi, the last minority, “l’ultima minoranza” da liberare, dopo le donne, i neri e gli omosessuali.
Dalla parte opposta si situano invece coloro che tremano al pensiero di abbandonare i bambini e gli adolescenti ai loro diritti, e cioè alle loro scelte, le quali possono sempre ritorcersi a loro danno, e sostengono che sia piuttosto necessario intervenire per compensare la loro debolezza e vulnerabilità.
È questo l’orientamento della protection o della salvation, a volte denominato anche nurturance orientation.
È esattamente al cuore di questo secondo orientamento che nasce e si sviluppa il nostro principio. Secondo questa linea di pensiero, infatti, ai children non devono essere garantiti rights, intesi nel senso di poteri di autodeterminazione, ma al contrario protection, e a tale scopo altri soggetti (pubblici o privati, ma su questo punto le varie concezioni divergono) devono essere incaricati di decidere per loro e al posto loro in che cosa consistano i loro best interests, e cioè in quale modo si realizzi meglio il loro welfare o il loro well-being (termini che non a caso nella tradizione anglo-americana dei children’s rights sono spesso utilizzati come sinonimi dei best interests).
Per spiegare il significato che ha il principio dei best interests nell’area culturale dove è storicamente nato – un significato che certamente il principio porta con sé quando irrompe sulla scena internazionale e sovranazionale – si potrebbe allora dire così.
In base a questo principio, chi si trova a dover prendere una decisione che riguarda la vita di una persona di minore età – che di solito da noi è un’autorità pubblica come un giudice o un assistente sociale – deve abbandonare ogni preconcetto e ogni idea personale per mettersi nei panni del bambino (in the child’s skin), e da questa prospettiva deve individuare ciò che conta di più per la vita del bambino e che gli garantisce il massimo benessere possibile (well-being o welfare, appunto).
Ne consegue che la decisione finale dovrà tendere a realizzare la soluzione migliore per il bambino che si trova in quella determinata situazione concreta, senza tuttavia trascurare o pretermettere i diritti degli adulti che sono in relazione con lui e le altre eventuali esigenze proprie della società. Diritti ed esigenze, dunque, che continuano a mantenere un peso e che richiedono di essere considerati ai fini della decisione stessa.
Del resto, se ci si pensa bene, il tenore testuale dell’espressione inglese va inequivocabilmente in questa direzione. Interests è al plurale e dunque la parola indica i vari possibili interessi/esigenze/bisogni che ogni bambino nutre; best è il superlativo relativo di good, buono. Essa richiede quindi semplicemente che ‘i migliori’ – e cioè i più significativi, i più importanti – tra i numerosi interessi/esigenze/bisogni del bambino siano tenuti in conto e garantiti da chi deve decidere al posto suo. E il ‘pacchetto’ dei più significativi tra questi interessi/esigenze/bisogni primari della persona di minore età è proprio ciò che le assicurerà il benessere, e cioè il welfare e il well-being.
Già allora, di conseguenza, proponevo che l’espressione inglese best interests of the child fosse resa in italiano con locuzioni più vicine al suo reale significato, e meno ingannevoli, quali ad esempio ‘il migliore interesse’ o ‘il massimo benessere possibile’ della persona di minore età, oppure ancora ‘la soluzione migliore’ (tra tutte quelle possibili) per il bambino o l’adolescente.
Queste traduzioni, alternative a quella corrente, assicurano che il superlativo relativo resti tutto interno al novero degli interessi della stessa persona di minore età, interessi dei quali i più importanti devono essere considerati e protetti.
Al contrario, con queste traduzioni rimane correttamente assente l’elemento della comparazione con altre esigenze e diritti tutelati dall’ordinamento, sui quali il ‘pacchetto’ di interessi/esigenze/bisogni, e anche diritti, del bambino e dell’adolescente non è detto che debba sempre prevalere, al contrario di ciò che suggerisce la più tradizionale traduzione italiana nei termini di “superiore” o “preminente” interesse del minore’.
4. La giurisprudenza di Strasburgo
I segnali che provengono dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo vanno inequivocabilmente in quest’ultimo senso.
Lasciamo perdere il fatto che ci sarebbe molto da dire sulla alluvionale giurisprudenza di Strasburgo sui best interests, e molto anche da criticare: quanto all’incertezza del fondamento del principio nella Cedu (art. 8 primo o secondo paragrafo?), quanto all’incoerenza di molte sue applicazioni, ma anche quanto alla contraddittorietà stessa di alcune sue affermazioni di principio contenute in quella parte sempre uguale delle sentenze di Strasburgo che precede l’applicazione della Convenzione al caso di specie in cui a volte si legge, a distanza di poche righe e magari all’interno della stessa pagina, un’affermazione e anche il suo contrario.
Il punto che qui interessa è invece chiaramente enucleabile da tutta la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, e può essere riassunto nel modo che segue.
È vero che l’interesse del bambino e dell’adolescente ha sempre “particolare importanza”, ma quando l’interesse del minore e quello ad esempio dei suoi genitori biologici sono in conflitto, l’art. 8 Cedu “esige che le autorità nazionali garantiscano un giusto equilibrio tra tutti questi interessi – da noi si dice un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali – nel quale l’interesse del minore, “a seconda della sua natura e complessità”, può – attenzione: può, non deve! – avere la precedenza su quello dei genitori.
Esemplare, in questo senso, tra le moltissime, la nota sentenza Strand Lobben del 2019, seguita anche da altre molto recenti, tra cui anche sentenze di condanna dell’Italia, come A.I. del 2021[6].
Nella giurisprudenza di Strasburgo l’idea che l’interesse e i diritti del minore debbano essere sottoposti a bilanciamento, e non debbano al contrario automaticamente prevalere su ogni altro interesse o diritto altrui, è sempre presente e soprattutto sempre praticata.
È interessante notare che ciò accade anche quando sull’altro piatto della bilancia, rispetto ai diritti e agli interessi del minore, non ci sono i diritti degli adulti ricorrenti davanti alla Corte di Strasburgo (tipicamente, per fare un esempio, il diritto dei genitori biologici a non vedersi spezzato il legame con il figlio), bensì ci sono interessi generali della società come quelli che vengono in rilievo quando si tratta di riconoscere una surrogazione di maternità avvenuta all’estero. In questo è chiarissima, ad esempio, la recente sentenza K.K. contro Danimarca del 2022[7].
5. Chiarezza concettuale e precisione lessicale nella più recente giurisprudenza costituzionale
Ancora più significativa, oltre che molto più coerente al proprio interno, è la giurisprudenza della nostra Corte costituzionale, che almeno a partire dal 2017 presenta un crescendo davvero notevole di chiarezza concettuale.
Prendiamo, tra le molte, la nota sentenza n. 33 del 2021, che dichiara inammissibile per discrezionalità del legislatore la questione relativa alla possibilità di iscrivere all’anagrafe come figlio della coppia committente il bambino nato all’estero a seguito di una pratica di gestazione per altri[8].
C’è, nella sentenza n. 33, la massima attenzione a sottolineare che “l’interesse del bambino non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto a ogni altro controinteresse in gioco”.
E ciò perché «se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona»“.
Ne consegue che gli interessi del bambino possono e devono essere sottoposti a un equo bilanciamento con diritti fondamentali altrui ed esigenze e interessi di pari rango costituzionale.
Non è un caso che i termini “bilanciamento” e “bilanciati” ricorrano ben cinque volte nel Considerato in diritto della sentenza n. 33 la quale, come noto, conclude: “Gli interessi del minore dovranno essere bilanciati, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore”.
A una simile ritrovata chiarezza concettuale corrisponde, nella motivazione delle sentenze costituzionali più recenti, la ricerca di nuove espressioni linguistiche per indicare il nostro principio, differenti da quella tradizionale e capaci di sgombrare il campo da ogni residua possibilità di fraintendimento.
In alcune importanti sentenze del 2020 (la 102, sulla sospensione della responsabilità genitoriale per il reato di sottrazione di minore)[9], e del 2021 (la sentenza n. 32, ad esempio, e ancora una volta la n. 33)[10] la Corte costituzionale è esplicita nel proporre un nome più adeguato per il nostro principio, suggerendo di chiamarlo principio della “soluzione ottimale per il minore”, o della “soluzione ottimale in concreto per l’interesse del minore”, o ancora “principio del miglior interesse del minore”.
Tuttavia, nella motivazione di quelle stesse sentenze del 2020 e del 2021 gli aggettivi “superiore” e “preminente”, o “superiori” e “preminenti”, accompagnati a “interesse” o “interessi” del minore o del bambino, riaffiorano a tratti, quasi per abitudine o inerzia.
La svolta si ha invece nella più recente sentenza sull’adozione in casi particolari, la n. 79 del 2022, con la quale la Corte costituzionale estende all’adottato la parentela con i parenti dell’adottante[11].
Nella motivazione di questa pronuncia la Corte costituzionale si riferisce sempre al principio “del miglior interesse del minore”, oppure qualifica tale interesse come “primario” – e dunque, attenzione, un interesse molto importante, ma non già per forza prevalente qualsiasi altro[12]. – mentre gli aggettivi “preminente” e “superiore” compaiono solo come relitti del passato, nelle citazioni testuali di atti meno recenti.
La stessa accuratezza nella scelta delle parole, invece, non si ritrova ancora nella giurisprudenza della Cassazione dove – si pensi ad esempio alla sentenza delle Sezioni Unite dello scorso dicembre sullo status del nato all’estero da surrogazione di maternità[13] – convivono pacificamente la versione ‘ripulita’ e aggiornata del nome italiano del principio dei best interests e la formulazione tradizionale, con tutta la sua pericolosa carica di ambiguità.
Non bisognerebbe mai dimenticare, invece, che la formulazione tradizionale consente di utilizzare il principio nelle nostre aule giudiziarie in modo vuoto, retorico o addirittura fraudolento, dato che consente al giudice di non motivare in modo approfondito sulle circostanze di fatto del singolo caso concreto a cui invece la sua decisione dovrebbe sempre correlarsi.
6. Flessibilità delle regole legislative
Passo ora, molto molto più brevemente, al secondo punto, che dopo quello che ho detto finora risulterà chiarissimo.
Il principio dei best interests non ama gli automatismi legislativi, e anzi è ontologicamente incompatibile con le soluzioni legislative rigide che non consentono all’organo pubblico che deve in un determinato momento assumere una decisione che riguarda la vita di un bambino o di un adolescente di modularla su tutte le circostanze di fatto a sua conoscenza – che siano circostanze positive o negative, risorse o difficoltà –, comprese quelle relative al passare del tempo e all’avvenuto consolidamento di alcune situazioni di fatto[14]. E ciò allo scopo di assicurare a quel bambino o a quell’adolescente di godere, nei limiti del possibile, date appunto le circostanze in cui si trova, degli interessi/delle esigenze/dei bisogni più importanti, fondamentali per il suo pieno sviluppo.
Ma come si fa se la legge è rigida, se prevede un automatismo? La risposta è ovvia: se il testo della legge, o l’intero sistema legislativo, impone al giudice un’unica soluzione, la quale appare al giudice stesso dissintona rispetto alle esigenze del minore in carne e ossa che ha di fronte, il giudice non ha altra strada, per recuperare il potere di decidere diversamente, che adire la Corte costituzionale, chiedendole di cambiare, di manipolare, la legge per introdurvi la flessibilità richiesta dal principio dei best interests.
Le manipolative di accoglimento della Corte costituzionale che rispondono positivamente a simili accorati appelli dei giudici comuni sono molto numerose. Tra le più antiche, esemplare è la sentenza dell’inizio degli anni Novanta che introduce la possibilità per il giudice di derogare al limite dei quaranta anni massimi di differenza di età tra adottante e adottato nell’adozione internazionale, qualora lo richieda l’interesse del figlio[15], che è poi stata seguita da molte altre successive, in tutti i settori del diritto, dal diritto civile, a quello penale, processuale penale e dell’esecuzione penale.
Negli anni più vicini a noi, ad esempio, sono molto note e commentate le sentenze che eliminano l’automatica applicazione della pena accessoria della decadenza dalla responsabilità genitoriale per i delitti di soppressione e di alterazione di stato[16], o più di recente la sentenza che fa fuori l’automatismo nella sospensione della responsabilità genitoriale per il ben più grave delitto di sottrazione e mantenimento del minore all’estero[17].
7. Cosa ci attende nel prossimo futuro
In conclusione di queste riflessioni si possono richiamare due casi recenti per i quali auspico che possano presto intervenire analoghe pronunce costituzionali manipolative.
In primo luogo segnalo un’ordinanza di rimessione della Cassazione, prima sezione civile, depositata pochi giorni fa, che chiede alla Corte costituzionale di rendere flessibile la rigidissima regola della legge sull’adozione del 1983 secondo cui con l’adozione piena, legittimante, cessano irreversibilmente i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, intesa come comprensiva dei parenti fino al quarto grado[18].
Viene quindi sottoposta al giudizio di legittimità costituzionale una regola legislativa che nei suoi primi quarant’anni di vita non era mai stata messa in discussione proprio perché era universalmente ritenuta indispensabile per mettere al sicuro, in una botte di ferro, tutti gli adottati, sancendone l’esclusiva appartenenza alla nuova famiglia adottiva.
Oggi invece, la Cassazione ritiene che, se riferita a un caso difficile come quello sottoposto al suo giudizio, di due fratelli rimasti orfani di madre a seguito di un femminicidio, tale regola contrasta con il principio dei best interests proprio perché eccessivamente rigida. Essa infatti vieta, una volta dichiarata l’adozione piena dei due bambini – o, meglio, una volta dichiarato lo stato di abbandono che prelude all’adozione – di mantenere vivi i loro rapporti con tutti i parenti di sangue anche se la relazione con alcuni di loro, se coltivata “secondo le modalità stabilite in via giudiziale”, potrebbe contribuire al benessere dei bambini.
Un secondo caso di notevole attualità è quello che riguarda l’adozione in casi particolari del nato all’estero da surrogazione di maternità da parte del partner del genitore biologico che aveva condiviso il progetto procreativo.
Qui mi spiace un po’ intervenire in senso leggermente critico, o perlomeno dubbioso, sulla sentenza delle Sezioni Unite dello scorso dicembre, già richiamata[19], che – tengo a precisare – condivido invece pienamente nel suo esito.
Al par. 11 le Sezioni Unite ricordano che secondo la stessa Corte costituzionale uno degli aspetti di inadeguatezza della soluzione di compromesso – di negare la trascrizione della doppia genitorialità e di consentire invece l’adozione in casi particolari da parte del genitore non biologico – risiede nel fatto che, seguendo il dettato della legge del 1983, sarebbe impossibile pronunciare l’adozione quando manca l’assenso del genitore biologico.
Ebbene, le Sezioni Unite affermano che i giudici, in casi come questi, sono chiamati a considerare “le potenzialità dell’interpretazione costituzionalmente conforme” per superare, se l’interesse del figlio lo richiede, il dissenso del genitore biologico all’adozione da parte del genitore non biologico, “senza che occorra sollevare, persistendo l’omissione da parte del legislatore, una questione di legittimità costituzionale”.
Non condivido questo suggerimento.
È vero che le Sezioni Unite non avrebbero potuto sollevare loro stesse il dubbio di costituzionalità per carenza assoluta di rilevanza.
Tuttavia, in un diverso futuro giudizio, instaurato proprio da un genitore non biologico che volesse superare il rifiuto da parte del genitore biologico, a mio parere la lettera della legge sull’adozione, che testualmente richiede sempre il suo consenso, non potrebbe essere aggirata in via interpretativa.
Pronunciare lo stesso l’adozione in casi particolari nonostante il dissenso del genitore biologico sarebbe come disapplicare la legge nel caso concreto: operazione che, in un sistema accentrato di controllo di costituzionalità, al giudice non è mai consentita.
Al contrario, il giudice potrebbe, e dovrebbe, attivare un nuovo incidente di costituzionalità per ottenere dalla Corte costituzionale – con il consueto meccanismo – una manipolazione del rigido testo di legge che dia ingresso alla valutazione caso per caso, da parte del giudice stesso, della rispondenza della richiesta adozione ai bisogni fondamentali del nato dalla pratica di surrogazione di maternità.
Senza contare che l’intervento solitario di un giudice che opera un’interpretazione conforme della legge vale solo provvisoriamente, salvo impugnazione della sua sentenza, e comunque vale soltanto per le parti del suo giudizio.
Al contrario, se quello stesso giudice si rivolge alla Corte costituzionale, la Corte può rimuovere il problema una volta per tutte, non solo per tutti i casi futuri ma anche per quelli in itinere, con benèfici e stabili effetti erga omnes.
Alla continua correzione dei testi di legge da parte del virtuoso raccordo Corte costituzionale-giudici comuni, del resto, siamo da tempo tutti abituati, nel campo del diritto di famiglia come in molti altri settori dell’ordinamento, dato l’endemico ritardo, la colpevole inerzia, dei nostri legislatori di ogni colore, incapaci di adeguare tempestivamente il tessuto normativo ai mutamenti già avvenuti nelle relazioni umane in seno alla società.
* Il testo è una versione rivista e corredata di note della relazione presentata al convegno sul tema Le relazioni giuridiche familiari tra natura e storia. Prospettive culturali e questioni aperte che si è tenuto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca nei giorni 26, 27 e 28 gennaio 2023.
[1] E. Lamarque, Prima i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva costituzionale, FrancoAngeli, Milano, 2016.
In proposito avverto che molte delle osservazioni svolte nel presente contributo sono tratte, anche testualmente, da quel volume e da altri miei scritti successivi sul tema, tra cui segnalo soltanto E. Lamarque, I best interests of the child, in La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Conquiste e prospettive a 30 anni dall’adozione, a cura dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Roma, 2019, 140 ss., in open access all’indirizzo www.garanteinfanzia.org, e, da ultimo, G. Mingardo ed E. Lamarque, Gestazione per altri e best interests of the child. La prospettiva della Corte costituzionale italiana, in La surrogazione di maternità nel prisma del diritto. Problemi aperti e sfide future, a cura di F. Pesce, Editoriale Scientifica, Napoli, 2022, 123 ss.
[2] Art. 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – Convention on the Rights of the Child (CRC), adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 1991: “In all actions concerning children, whether undertaken by public or private social welfare institutions, courts of law, administrative authorities or legislative bodies, the best interests of the child shall be a primary consideration”.
[3] Lo nota, con particolare riferimento ai temi legati alla PMA, M. Acierno, Il mantra del preminente interesse del minore, in Questione Giustizia, 2019.
[4] Corte cost., sent. n. 11 del 1981, redattore Leopoldo Elia. Ora invece questa sentenza capostipite è ricordata come tale dalla Corte costituzionale (si veda ad esempio il punto 4.1. del Considerato in diritto di Corte cost., sent. n. 102 del 2020, il punto 5.3. del Considerato in diritto di Corte cost., sent. n. 33 del 2021 e il punto 5.2.3. del Considerato in diritto di Corte cost., sent. n. 79 del 2022).
[5] E. Montale, Non chiederci la parola, in Ossi di seppia, Piero Gobetti Editore, Torino, 1925.
[6] Strand Lobben e altri contro Norvegia, Grande Camera, 1 settembre 2019, n. 37283/13, parr. 204 e 220 e A.I. contro Italia, prima sezione 1 aprile 2021, n. 70896/17, parr. 87 e 94.
[7] Corte eur. dir. Uomo, seconda sezione, sentenza 6 dicembre 2022, no. 25212/21, par. 57.
[8] Si occupano di questa sentenza e di quella che immediatamente la precede (Corte cost., sentt. nn. 32 e 33 del 2021), tra i molti, M. Sesta, La prospettiva paidocentrica quale ‘fil rouge’ dell’attuale disciplina giuridica della famiglia, in Famiglia e diritto, n. 7/2021; M. Dogliotti, Due madri e due padri: qualcosa di nuovo alla Corte costituzionale, ma la via di inammissibilità è l’unica percorribile?, in Famiglia e diritto, n. 7/2021; G. Ferrando, La Corte costituzionale riconosce il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori?, in Famiglia e diritto, n. 7/2021; G. Recinto, Le “pericolose oscillazioni” della Suprema Corte e della Consulta rispetto alla maternità surrogata, in Famiglia e diritto, n. 11/2021; R. Bin, L’interpretazione della Costituzione in conformità delle leggi. Il caso della famiglia, in Famiglia e diritto, n. 2/2022; M.N. Bugetti, Lo status di figlio di coppia omosessuale a dieci anni dall’introduzione dello stato unico di filiazione. Un ‘excursus’ giurisprudenziale (e qualche riflessione), in Famiglia e diritto, n. 8-9/2022; R. Bin, Tecniche procreative, ordine pubblico, interesse del minore. Conclusioni, in Rivista di Biodiritto, n. 3/2021; M. Acierno, La Corte costituzionale “minaccia” un cambio di passo sull’omogenitorialità?, in Questione Giustizia, 2021; E. Frontoni, L’adozione in “casi particolari” non è più sufficiente per tutelare l’interesse dei minori nati attraverso maternità surrogata, in Nomos, n. 2/2021; F. Astone, Procreazione di coppie ‘same sex’ e ‘status’ dei figli: un problema di discrezionalità legislativa?, in Giur. cost., n. 2/2021; V. Calderai, Il dito e la luna. I diritti fondamentali dell’infanzia dopo Corte cost. n. 33/2021, in Giur. it., n. 2/2022; M. Caldiroli, Surrogazione di maternità e ordine pubblico: verso un cambio di rotta, in Rivista di Biodiritto, n.2/2022; M. Caldiroli, La genitorialità intenzionale e l’interesse del minore: un vuoto di tutele intollerabile, in Osservatorio costituzionale, n. 3/2021; B. Carminati, Corte costituzionale, sent. 33/2021: tutela dei figli nati all’estero tramite maternità surrogata, in Rivista di Biodiritto, n. 2021; G. D’Amico, La Corte e il “non detto”. Riflessioni a partire dalle sentt. n. 32 e n. 33 del 2021, in La nuova giurisprudenza civile commentata, n. 4/2021; G. D’Amico, La preminente ... discrezionalità del legislatore e il “giuoco delle parti”, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 3/2021; G. Mingardo, Approdi e partenze: lo stato della gestazione per altri e la prospettiva futura, in Rivista Aic, n. 3/2021; F. Paterniti, Status di figlio e limiti alle possibilità genitoriali delle coppie omoaffettive: lacune dell’ordinamento, attese legislative e (problematici) arresti giurisprudenziali, in Rivista Aic, n. 3/2021; F. Rimoli, Diritto all’omogenitorialità, ‘best interest of the child’ e ‘famiglia naturale’: un problema ancora irrisolto, in Giur. cost., n. 2/2021; A. Ruggeri, La PMA alla Consulta e l’uso discrezionale della discrezionalità del legislatore, in Consulta Online, n. 1/2021; U. Salanitro, L’adozione e i suoi confini. Per una disciplina della filiazione da procreazione assistita illecita, in La nuova giurisprudenza civile commentata, n. 4/2021; S. Tonolo, La Corte costituzionale e la genitorialità delle coppie dello stesso sesso tra trascrizione degli atti di nascita esteri e soluzioni alternative, in Corr. giur., n. 8-9/2021; P. Veronesi, Ancora sull’incerto mestiere del nascere e del diventare genitori: i casi di cui alle sentenze nn. 32 e 33 della Corte costituzionale, in Rivista di Biodiritto, n. 3/2021.
[9] Su cui, tra gli altri, P. Pittaro, La sospensione della responsabilità genitoriale come pena accessoria. incostituzionale se automatica, in Famiglia e diritto, n. 10/2020; G. Matucci, “Cecità” della legge e interesse concreto del minore. Sull’incostituzionalità dell’automatica sospensione della responsabilità genitoriale, in Giur. cost., n. 3/2020; G. Laneve, Pene accessorie che incidono sulla responsabilità genitoriale: dalla “cecità” dell’automatismo legislativo allo sguardo sulla relazione genitore-figlio, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, n. 4/2020; L. Delli Priscoli, Sottrazione internazionale dei minori e “the best interest of the child” quale interesse alla bigenitorialità, in La giustizia penale, n. 8-9/2020.
[10] Si veda supra la nota 6.
[11] Su questa sentenza M.C. Carbone, Famiglia e nuovi rapporti di parentela: la Corte costituzionale traccia il sentiero per il riconoscimento giudico della “familiarità sociale”, in Consulta Online, n. 3/2022 e M.C. Errigo, Garantire le relazioni familiari. La decisione della Corte costituzionale n. 79/2022, in Osservatorio costituzionale, n. 3/2022.
[12] Analogamente Corte cost., sent. 33 del 2021 aveva ritenuto che agli interessi del minore dovesse essere assegnato uno speciale peso in ogni bilanciamento, ma aveva subito chiarito che ciò non significa assegnare all’interesse del minore una assoluta prevalenza sugli altri diritti individuali e interessi della collettività: “la frequente sottolineatura della ‘preminenza’ di tale interesse ne segnala bensì l’importanza, e lo speciale ‘peso’ in qualsiasi bilanciamento; ma anche rispetto all’interesse del minore non può non rammentarsi che tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe ‘tiranno’ nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”.
È davvero curioso notare che, tutto all’opposto, nella giurisprudenza costituzionale più antica, precedente Corte cost., sent. n. 11 del 1981, cit., lo speciale peso nel bilanciamento con gli interessi della persona minore di età sembrava doversi assegnare “al superiore interesse della società” (così Corte cost., sent. n. 156 del 1967, tra l’altro relativa al delicatissimo tema dell’ispezione corporale del imputato minorenne).
[13] Cass., SS.UU., 30 dicembre 2022, n. 38162.
[14] Corte eur. dir. Uomo, prima sezione, sent. T.C. contro Italia, 19 maggio 2022, n. 54032, parr. 57-58, oltre a quelle richiamate al par. 349 della guida all’art. 8 Cedu, predisposta dalla cancelleria della stessa Corte di Strasburgo (Guide on Article 8 of the European Convention on Human Rights. Right to respect for private and family life, home and correspondence, Updated on 31 August 2022, all’indirizzo https://www.echr.coe.int/documents/guide_art_8_eng.pdf).
[15] Corte cost., sent. n. 148 del 1992.
[16] Corte cost., sentt. n. 31 del 2012 e n. 7 del 2013.
[17] Corte cost., sent. n. 102 del 2020, cit.
[18] Cass. sez. I civ., ord. 5 gennaio 2023, n. 230.
[19] Cass., SS.UU., 30 dicembre 2022, n. 38162, cit.
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