Sommario: 1. Il tirocinio formativo quale canale privilegiato per l’ammissione al concorso in magistratura. - 2. Le criticità del tirocinio formativo. - 3. Il tirocinio formativo dopo la riforma del concorso di accesso alla magistratura: una crisi ineluttabile? - 4. Proposte per un rilancio del tirocinio in funzione preconcorsuale.
1. Il tirocinio formativo quale canale privilegiato per l’ammissione al concorso in magistratura.
L’istituzione del tirocinio formativo previsto dall’art. 73 del d.l. n. 69/2013 (successivamente modificato con d.l. n. 90/2014), ha costituito una delle più significative e proficue novità nell’attività degli uffici giudiziari, consentendo al contempo ad un numero progressivamente crescente di neolaureati in giurisprudenza, di colmare quel patologico gap esistente da sempre nel nostro Paese tra corso di studi universitari e attività del cd. giurista pratico (avvocato e magistrato), che costituisce pur sempre un terminale privilegiato del corso di laurea.
All’intrinseco interesse dei neodottori in giurisprudenza di acquisire consapevolezza delle modalità concrete di applicazione negli uffici giudiziari delle norme sostanziali e processuali oggetto del corso di studi, si è collegata, nella previsione del tirocinio formativo, l’acquisizione della legittimazione (al termine positivo dello stage) per la partecipazione alla prova concorsuale per l’accesso alla magistratura.
Non vi è dubbio che nella pregressa modalità del concorso di accesso alla magistratura (formulato come è noto sino alla modifica della cd. “Riforma Cartabia” come concorso di secondo livello), tra le ben undici ipotesi di titolo aggiuntivo necessarie per l’ammissione al concorso, (oltre alla laurea in giurisprudenza), la positiva conclusione dello stage formativo di diciotto mesi presso gli uffici giudiziari abbia costituito il canale preferenziale individuato dagli aspiranti magistrati.
Per quanto l’accesso al tirocinio formativo risulti subordinato al dato anagrafico (età inferiore agli anni trenta) ed al merito universitario (media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110), si è privilegiata (in un rapporto costi/benefici) la scelta del tirocinio formativo nella comparazione con tutti gli altri requisiti alternativi di ammissione.
Consegnate all’irrilevanza statistica le ipotesi di acquisizione della qualifica di magistrato amministrativo e contabile, tutti gli altri titoli di ammissione, ivi compresa l’abilitazione alla professione forense, anche in ragione della maggiore selettività, sono stati oggetto di scelta solo residuale in funzione concorsuale da parte degli aspiranti magistrati.
Unica eccezione va fatta per il diploma rilasciato dalle Scuole di Specializzazione delle Professioni Legali, non difficile da ottenere come anche il tirocinio formativo, ed in effetti alveo di iscrizioni post laurea fino al d.l. n. 69/2013, ma il confronto è risultato per lo stage ex art.73 certamente vincente.
Se la selettività di entrambi i percorsi di apprendimento deve ritenersi meramente virtuale (risultano confinati nell’eccezionalità i casi di mancato conseguimento del diploma presso le S.S.P.L. come anche una valutazione negativa del tirocinio formativo), la comparazione in un rapporto costi/benefici ha indotto i neolaureati in giurisprudenza a preferire lo stage presso gli uffici giudiziari piuttosto che l’iscrizione alle scuole post-universitarie.
La maggiore brevità dello stage (18 mesi rispetto al biennio delle S.S.P.L.), la gratuità, con anche la possibilità di un sussidio (rispetto all’onerosità delle Scuole accademiche), la maggiore concretezza dell’apprendimento (non polverizzato nella miriade di insegnamenti offerti dalle Scuole post-laurea, alcuni dei quali del tutto estranei alle materie delle prove scritte dell’esame di accesso alla magistratura), la maggiore efficacia didattica derivata dall’unicità e contiguità operativa con il magistrato affidatario (rispetto alla pluralità di docenti delle S.S.P.L.), costituiscono una somma di elementi convergenti nell’opzione verso il tirocinio formativo.
I rilievi statistici difatti ci consegnano una progressiva rarefazione delle iscrizioni alle S.S.P.L., di fatto appannaggio prevalente di una platea di utenti carente del requisito di merito accademico previsto dall’art. 73.1, ovvero con età superiore ai trent’anni (limite previsto per l’accesso allo stage).
Inutile negare come anche l’incentivo economico previsto dall’art. 73.8ter (una borsa di studio di €. 400,00 mensili), abbia contribuito ad incentivare la partecipazione al tirocinio formativo, limitando (se pure in misura del tutto parziale) la grave selezione censitaria venutasi a determinare nel percorso di accesso alla magistratura in ragione dell’inevitabile innalzamento dei tempi di attesa (e dell’età media di ingresso in ruolo) derivata dalla necessità di conseguire un titolo ulteriore e successivo alla laurea.
L’acquisizione di un sostegno economico, per quanto contenuto, ha costituito (e costituisce tuttora) un elemento di rilevante importanza, garantendo un introito immediatamente successivo al termine del percorso universitario, quasi sconosciuto nell’espletamento della pratica presso gli studi professionali.
Va peraltro ricordato come l’erogazione della borsa di studio non sia incondizionata, quanto subordinata all’inserimento del tirocinante nella graduatoria compilata sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del richiedente, computata sulla base delle risorse annualmente determinate dal Ministero della Giustizia.
Tanto ha comportato nel tempo un progressivo aumento dei tirocinanti esclusi dal beneficio economico, sia per l’incremento degli aspiranti, sia per la riduzione dello stanziamento ministeriale.
Non si hanno riscontri applicativi dell’art.73.17, laddove si prevede che “al fine di favorire l'accesso allo stage è in ogni caso consentito l'apporto finanziario di terzi, anche mediante l'istituzione di apposite borse di studio, sulla base di specifiche convenzioni stipulate con i capi degli uffici…”, che deve ritenersi rimasto allo stadio di mera indicazione programmatica.
Il progressivo incremento del numero di stagisti non ha trovato tuttavia esclusiva motivazione attrattiva nella potenziale borsa di studio e nell’acquisizione del titolo per la partecipazione al concorso.
Lo stage viene considerato infatti equivalente ad un anno di frequenza delle S.S.P.L. e di pratica forense e notarile (cfr. art. 73.13), nonchè titolo di preferenza per la nomina a magistrato onorario e nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia.
Al di là del valore legale del tirocinio, l’esperienza di questi anni ci consegna anche il proficuo affiancamento didattico di cui si sono giovati i tirocinanti con tanti magistrati formatori, acquisendo quasi esclusivamente presso gli uffici giudiziari ordinari (pur essendo previsto lo stage anche presso gli uffici della giustizia amministrativa) effettiva contezza del significato delle professioni legali.
Il tirocinio consente difatti, nel prolungato rapporto con il magistrato formatore, di verificare sul campo le specificità del lavoro del magistrato e dell’avvocato, garantendo l’acquisizione di preziosi elementi valutativi di orientamento professionale e di verifica attitudinale.
I magistrati al contempo, sin dall’esordio di questo innovativo istituto, vi si sono dedicati con adeguato impegno, sia negli uffici capoluogo di distretto (forti dell’esperienza formativa erogata ai magistrati ordinari in tirocinio) sia, e forse soprattutto, nei tanti uffici giudiziari periferici tradizionalmente esclusi dalla formazione iniziale dei m.o.t.
I dati statistici, i periodici monitoraggi ed i corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura hanno costantemente confermato l’utilità dell’apporto offerto degli stagisti agli Uffici giudiziari, sia in termini di qualità che di quantità della risposta alla domanda di giustizia.
Il tirocinio formativo, prima del rinato Ufficio Per il Processo (modello P.N.R.R.), ha costituito l’embrione di un “ufficio del giudice”, di cui i magistrati si sono avvalsi con sempre maggiore consapevolezza.
Così i tirocinanti, dopo una comprensibile fase iniziale di acquisizione informativa, assistono e coadiuvano il magistrato nello svolgimento delle sue attività, studiano i fascicoli processuali, partecipano alle udienze ed alle camere di consiglio, predispongono ricerche e redigono bozze di provvedimenti (acquisendo dimestichezza con lo “scrittura” giuridica quasi del tutto assente negli studi universitari).
Il contributo offerto al magistrato formatore, incrementandosi progressivamente, non è quasi mai indifferente, ed il tempo di affiancamento di ben diciotto mesi (ampiamente maggiore rispetto a quello, necessariamente segmentato, dei magistrati in tirocinio), induce a ritenere competitivo l’apporto dello stagista al singolo formatore rispetto a quello del m.o.t. che ha già superato il concorso.
Non di rado il modulo formativo del tirocinio ha consolidato nello stagista la determinazione nell’intraprendere (o proseguire) l’impervio percorso verso il concorso di accesso alla magistratura, per la suggestione determinata da un lavoro percepito come di peculiare interesse, ma anche (fatalmente) per l’esempio motivazionale costituito dal magistrato formatore.
A tale proposito non sembra inutile ricordare come, nella interessante indagine demoscopica “Magistrati e cittadini”, su identità, ruolo e immagine sociale dei magistrati italiani, operata dalla S.S.M. nel 2016, alla domanda sulla propensione ad intraprendere nuovamente la professione nel caso l’intervistato potesse tornare indietro nel tempo, la risposta decisamente positiva, su un significativo campione di magistrati, si è attestata sul 76% , confinando quella negativa all’1,8%.
L’effetto motivazionale sui giovani stagisti è figlio (anche) di questa consapevolezza, di cui i tanti magistrati formatori hanno acquisito la positiva “responsabilità”, inducendo gli stagisti a perseverare nella preparazione al concorso e fornendo loro un contributo tecnico certamente non trascurabile.
Alla presenza negli uffici si somma, per i tirocinanti, anche la partecipazione ai corsi organizzati dalle strutture territoriali della S.S.M., che costituiscono un ulteriore arricchimento del bagaglio formativo.
Senza contare poi, nell’elenco dei benefit offerti dallo stage, anche l’accesso (gratuito) alle principali banche dati giuridiche, quali Italgiure della Corte Cassazione e l’archivio della documentazione a corredo di tutti i corsi organizzati dalla S.S.M.: supporto di grande utilità non solo per il tirocinio ma anche per la preparazione concorsuale.
È naturalmente indubbio che l’offerta formativa del tirocinio (anche perché ricomprende per ampia parte il diritto processuale, estraneo alle prove scritte selettive) non sia certamente sufficiente a garantire il superamento del concorso, ed è per questo che un’elevata percentuale dei tirocinanti frequenta le (onerose) scuole private.
È altrettanto indubbio però che l’esperienza del tirocinio, proprio nel corso degli anni di intensiva preparazione che richiede il concorso di magistratura, contribuisca a scongiurare quel pericolo di “alienazione” da studio post-universitario che aleggia attorno ai neolaureati decisi a intraprendere questo percorso. La possibilità di non smarrirsi in un mare magnum fatto di corsi, manualistica e poderoso materiale formativo: affiancare allo studio un’attività dall’eminente rilievo pratico costituisce per l’aspirante magistrato un braccio teso che aiuta lo studente.
Del resto, se è vero che per tenere lo sguardo fisso verso l’obiettivo serve visualizzare un centro, allora la forte spinta motivazionale proveniente dal tirocinio ex art. 73 si rivela un alleato importante altresì nel rammentare “perché si è cominciato”.
Del resto l’obbligo di frequenza degli uffici non è codificato, e l’impegno risulta certamente compatibile con la necessaria formazione parallela gestita elettivamente dal singolo stagista nelle forme ritenute più congeniali, oltre che con lo svolgimento di altre attività (dottorato di ricerca, tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio, ecc.) come previsto dall’art. 73.10.
La panoramica descritta, ad avviso di chi scrive, qualifica il tirocinio formativo come un approdo successivo alla laurea particolarmente utile per la maturazione delle scelte lavorative del neolaureato in giurisprudenza, anche in funzione dei risultati conseguiti, considerando il numero rilevante di stagisti che risultano vincitori di concorsi, diversi da quello in magistratura, in vari settori della P.A.
2. Le criticità del tirocinio formativo.
Naturalmente esistono criticità anche nell’organizzazione dello stage, in qualche modo riconducibili all’irrisolta ambiguità del tirocinio medesimo: inteso da un lato ad acquisire un supporto per l’attività del magistrato e dell’ufficio giudiziario di appartenenza (secondo la sua genesi), e dall’altro ad offrire una formazione adeguata al tirocinante.
Sembra difficile negare come, nonostante lo specifico collegamento (anche lessicale) del tirocinio ad una valenza “formativa” specificamente orientata verso il concorso di accesso alla magistratura, non sempre si è riusciti a contemperare questo obiettivo con l’esigenza di assicurare un contributo all’attività giudiziaria in perenne emergenza.
Non poche volte difatti, l’obiettivo formativo del tirocinio risulta sacrificato da necessità contingenti.
Può essere esemplificativa a tale proposito, la disposizione di carattere strutturale, che contempla l’affidamento degli ammessi allo stage (secondo il dettato dell’art. 73.4) “ad un magistrato che ha espresso la disponibilità”.
Si determina così una rigidità nell’assecondare le esigenze formative dello stagista in quanto, se pure temperata dalla possibilità concessagli di “..esprimere nella domanda una preferenza ai fini dell'assegnazione…” (art. 73.3), risulta condizionata nella sua valutazione dalle “esigenze dell’ufficio”, che rendono pertanto aleatorio lo sviluppo tematico di un così lungo e impegnativo iter di formazione.
Come è noto, non possono essere affidati al singolo magistrato più di due tirocinanti, salvo ulteriori attribuzioni nel caso che ci si trovi nell’ultimo semestre di stage, per assicurare al magistrato ….“la continuità dell’attività di assistenza e ausilio”, e tanto avvalora ulteriormente le funzionalità di un tirocinio piegato alle esigenze del formatore piuttosto che a quelle del suo protagonista.
Secondo la prevalente interpretazione organizzativa dell’art.73, lo stagista viene pertanto assegnato ad un unico magistrato per tutti i diciotto mesi del tirocinio.
Inevitabilmente, le acquisizioni del tirocinante in un periodo così lungo e svolto sempre nel medesimo ambito specialistico, finiscono per sovrapporsi, limitando il suo percorso di formazione solo ad una delle materie oggetto della prova scritta del concorso.
Si tratta, probabilmente, della principale lacuna formativa del tirocinio, in tutta evidenza derivata dall’esigenza di ottimizzare l’apporto assicurato da uno stagista affidato al medesimo formatore, sicuramente maggiore rispetto a quella derivante da un affidamento frazionato del tirocinante a più magistrati, anche in settori diversi dell’ufficio giudiziario.
La soluzione prospettata, intesa a privilegiare il contributo offerto dal tirocinante, piuttosto che l’esigenza formativa del medesimo, va evidentemente circoscritta agli uffici giudicanti, atteso che il settore requirente risulta monopolio penalistico.
La prevalente destinazione degli stagisti agli uffici giudicanti (di primo e secondo grado), accredita l’ampiezza del problema atteso che, in tutta evidenza, risulta più “formativa” (anche ai fini concorsuali) un’esperienza che contempli lo stage sia nel settore penale che in quello civile.
Solo in un numero ridotto di uffici si affida al tirocinante il ruolo di soggetto attivo del tirocinio, consentendogli di organizzare il percorso formativo secondo le esigenze personali, anche optando per una duplicità di impegno in settori diversi.
Si tratta di una soluzione certamente più congeniale alle esigenze formative e, se pure utilizzando un’esegesi “intraprendente”, non del tutto incompatibile con il disposto normativo, atteso che l’art. 73.4 prevede l’affidamento dello stagista “…a un magistrato”, escludendo un affidamento plurimo contemporaneo, ma non successivo.
La limitazione attuale, se contemperata con la necessità di espletamento del tirocinio ai fini dell’ammissione al concorso in magistratura, potrebbe assumere una connotazione negativa e disincentivante nel nuovo regime concorsuale (cfr. infra sub § 4).
Altra criticità può essere individuata nelle eccessive difformità esistenti, nella prassi di sviluppo dei vari tirocini, tra le diverse sedi giudiziarie (accentuatesi per effetto della crisi pandemica).
Tempi di presenza negli uffici, modalità di accoglienza e di impiego, controllo e valutazione dell’attività degli stagisti, risultano molto (forse troppo) difformi tra ufficio e ufficio, ed anche all’interno del medesimo.
Quanto all’impegno dei formatori, risulta inevitabilmente diversificato e consegnato allo scrupolo individuale ed alla propensione per l’attività formativa, che resta pur sempre l’autentico incentivo per l’assunzione di un incarico ricco di gratificazioni nel rapporto con gli stagisti, potendosi ritenere solo virtuale la previsione per cui “l'attività di magistrato formatore è considerata ai fini della valutazione di professionalità e per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito” (art. 73.4).
3. Il tirocinio formativo dopo la riforma del concorso di accesso alla magistratura: una crisi ineluttabile?
Come anticipato in precedenza, con il d.l. n. 144 del 23.9.2022 (convertito in legge n. 175/2022) è radicalmente mutato il sistema di accesso alla magistratura, in attuazione delle delega di cui all’art.4 della legge 17.6.2022 n.71.
Eliminato tra i requisiti necessari per la partecipazione alle prove di esame (insieme al conseguimento del diploma presso le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali) anche il positivo espletamento dello stage formativo di cui all’art. 73 del d.l. 21.6.2013, n. 69, il concorso per l’accesso alla magistratura è tornato alla sua originaria formulazione antecedente al d.lgs.vo n. 398 del 1997, riproponendo la legittimazione ai titolari anche della sola laurea in giurisprudenza.
La prima applicazione del nuovo regime di accesso si è avuta con il concorso bandito con il d.m. 18.10.2022 che ha registrato un numero di 21.768 domande (significativamente superiore alle 13.803 del precedente bando).
Se l’effetto inflattivo degli aspiranti alla magistratura è risultato rilevante (ma forse inferiore alle più pessimistiche previsioni), i primi riscontri indicano come la modifica normativa (come del resto del tutto prevedibile) abbia fortemente inciso sul numero delle domande dei neolaureati pervenute presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 73.
Se pure il ridotto ambito cronologico non consenta l’acquisizione di dati statisticamente probanti, è indubbio che il tirocinio formativo, perdendo il più significativo appeal concernente la legittimazione al concorso di accesso alla magistratura, comporterà una drastica riduzione dei tirocinanti (condividendo il calo delle iscrizioni con le Scuole di Specializzazione).
Venendo meno la necessità di acquisire un ulteriore titolo per il concorso, l’aspirante magistrato si concentrerà dopo la laurea sullo studio delle materie delle prove scritte (anche frequentando i corsi privati di preparazione), abbandonando quell’esperienza pratica negli uffici giudiziari che ha finora costituito il canale privilegiato per il concorso di accesso.
La verifica statistica del vantaggio in termini di preparazione offerta dal tirocinio ai fini del superamento del concorso è resa impossibile dalla frequente compresenza anche del corso di studi privato, né sono noti i dati relativi al numero complessivo di aspiranti magistrati che, forti del positivo espletamento dello stage, abbiano partecipato alle prove selettive del concorso in magistratura.
L’analisi delle graduatorie dei vincitori degli ultimi concorsi offre comunque indicazioni interessanti: la percentuale degli idonei forti dell’espletamento del tirocinio formativo si è rivelata in incremento esponenziale.
Si passa dal 7,9% (solo 28 su 351) del primo concorso idoneo a ricomprendere i tirocinanti ex art.73 (bandito con d.m. 22.10.2015) al 27,4% (del d.m. 19.10.2016), al 34,5% (del d.m. 31.5.2017), al 52,6% (del d.m. 10.10.2018), fino a raggiungere il 55% (115 su 209 vincitori del concorso) dell’ultimo bandito con d.m. 29.10.2019.
Prima della modifica del percorso di accesso quindi più della metà dei m.o.t. aveva completato il tirocinio formativo, garantendo di fatto una sorta di (parziale) anticipazione del tirocinio formativo con un oggettivo incremento della preparazione per una quota significativa dei neomagistrati, con relative conseguenze anche per l’allestimento del percorso didattico della Scuola superiore della magistratura.
I prossimi mesi ci diranno se la riforma abbia segnato la fine della (sin qui estremamente positiva) esperienza del tirocinio formativo, ma non vi è dubbio che il ripristino (più che opportuno) di un concorso “di primo livello” per l’accesso alla magistratura, abbia cancellato la principale motivazione per l’accesso al tirocinio.
Restano indubbiamente i non pochi elementi positivi intrinseci al tirocinio formativo di cui si è detto in precedenza, cui può aggiungersi anche un incremento dell’aspettativa di sostegno economico previsto dall’art.73.8ter, in quanto è ragionevole ritenere che la riduzione del numero degli stagisti possa consentire una garanzia di acquisizione della borsa di studio molto maggiore di quella attuale.
Senza tralasciare poi che tale borsa di studio può rappresentare un valido contributo alle non trascurabili spese che comportano gli anni di preparazione per il concorso stesso, in relazione tanto ai corsi privati quanto al materiale necessario per fronteggiare un iter richiedente costante aggiornamento.
Tuttavia è arduo ritenere che, senza quella sorta di “incentivo di Stato” offerto dalla precedente disciplina del concorso con la legittimazione “riservata” al concorso in magistratura, anche il tirocinio ex art.73 possa restare immune dalla crisi di vocazioni che ha investito le S.S.P.L.
Va ricordato come la legge n. 71/2022 non ha trascurato il tirocinio formativo, inserendo delle indicazioni intese a valorizzarlo cui dovrà attenersi il legislatore in sede attuativa.
Tra le direttive previste dalla delega (all’art. 4.1 lett.b), si è inserita anche quella di “prevedere la facoltà di iniziare il tirocinio formativo di cui all’articolo 73 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, a seguito del superamento dell’ultimo esame previsto dal corso di laurea”.
Appare peraltro verosimile ritenere che questa innovazione, pur opportuna e significativa, non costituirà un efficace incoraggiamento al tirocinio, per la sostanziale irrilevanza dell’anticipazione cronologica (il tempo intercorrente tra l’ultimo esame e la seduta di laurea non è generalmente significativo).
Forse sarebbe stato più opportuno, per garantirne una maggiore praticabilità, consentire l’inizio del tirocinio nell’ultimo anno del corso di laurea, acquisendone tutti i vantaggi in tema di orientamento professionale per l’aspirante “giurista pratico”, pur considerando le oggettive difficoltà di contemperare la fase finale degli studi di giurisprudenza con la necessaria frequenza dell’ufficio giudiziario.
Ovvero (ma non alternativamente), in direzione ampliativa, rimodulare i parametri di accesso al tirocinio, per aumentare la platea di fruitori.
All’art. 4.1 lett.c) si è altresì demandato alla Scuola superiore della magistratura “…. il compito di organizzare, anche in sede decentrata, corsi di preparazione al concorso per magistrato ordinario per laureati …. che abbiano in corso o abbiano svolto il tirocinio formativo…”.
Lo stage ex art. 73 risulta così retrocesso da requisito di ammissione al concorso, a titolo di partecipazione a corsi di formazione per il concorso.
La prospettazione, per quanto ispirata alla condivisibile filosofia di riportare in ambito pubblico la delicata ed importante fase di preparazione teorica degli aspiranti magistrati, oggi quasi interamente appannaggio di (onerose) strutture private, potrebbe rivelarsi del tutto velleitaria.
La costante domanda di formazione preconcorsuale difatti trova oggi nei corsi privati (da sempre privi di valore legale) una risposta più che adeguata alle aspettative degli utenti, per cui la concorrenza pubblica, secondo le consuete leggi del mercato, dovrebbe affermarsi offrendo un prodotto migliore di quello esistente.
Ad oggi la struttura della S.S.M. non è certamente in grado di proporsi come competitiva (cfr. in proposito: DE ROBBIO “I corsi di preparazione al concorso e il futuro ruolo della Scuola superiore della magistratura”, in …………………………………………………….), per cui la riserva di partecipazione ai corsi (se pure gratuiti) prefigurati dalla riforma ai tirocinanti ex art. 73, non appare realisticamente suscettibile di garantire un effettivo valore aggiunto al tirocinio.
4. Proposte per un rilancio del tirocinio in funzione preconcorsuale.
Partendo dalla convinta utilità (sia per i tirocinanti che per l’Ufficio) dello stage ex art.73, si ritiene opportuno formulare una serie di proposte intese a recuperare l’appeal del tirocinio formativo atteso.
Ad oggi, quanto al collegamento con il concorso di selezione per l’accesso alla magistratura, residua unicamente la priorità garantita nella graduatoria finale a chi abbia positivamente completato la stage ex art.73 del d.l. n. 69/2013 (peraltro vantaggio rivelatosi non particolarmente significativo per il già ricordato numero elevato di vincitori di concorso titolari del medesimo titolo preferenziale).
Vero è che l’espletamento del tirocinio garantisce anche, ex art. 4.3 lett. g) del d.lgs.vo n. 116/2017, titolo preferenziale per il conferimento dell’incarico di magistrato onorario di pace, ma trattasi di titolo subvalente a numerosi altri (in primis l’esercizio per almeno un biennio della professione di avvocato) per cui, atteso il rilievo anagrafico degli stagisti, non viene a determinarsi certamente un riferimento rassicurante.
Si ritiene opportuno, pertanto, formulare alcune proposte intese ad accreditare il percorso dei diciotto mesi di tirocinio presso gli uffici giudiziari, e a salvaguardare l’istituto del tirocinio formativo ovvero (quanto meno) a limitarne l’abbandono.
In tale senso si potrebbe:
a) estendere la possibilità di accedere allo stage agli studenti di giurisprudenza nell’ultimo anno del corso di studi universitari, sul modello di quanto già avviene per la pratica forense anticipata, accreditandone il profilo di orientamento professionale intrinseco al tirocinio;
b) eliminare la restrizione che condiziona l’accesso ad una media di rendimento privilegiato, atteso che, quanto al punteggio minimo di laurea, l’indicazione è ormai incompatibile con l’indicazione della delega che anticipa l’inizio dello stage rispetto all’esito finale del percorso universitario;
c) prevedere l’attività di tirocinio utile per il conseguimento di crediti formativi universitari;
d) valorizzare maggiormente il profilo “formativo” del tirocinio, per accreditarne una concreta utilità rispetto al concorso per l’accesso alla magistratura, mediante un protocollo di attività da demandare allo stagista meno soggetto all’attuale discrezionalità del singolo affidatario;
e) attribuire agli stagisti anche il compito di massimare le pronunzie di particolare interesse del formatore, per contribuire alla predisposizione di quella banca dati di giurisprudenza demandata all’ U.P.P. ma che può ben essere aperta anche al contributo dei tirocinanti ex art. 73;
f) codificare l’interpretazione dell’art.73.4 cui si è fatto riferimento in precedenza (v. supra sub § 2) consentendo al tirocinante uno switch intermedio coprendo entrambi i settori (civile e penale) dell’ufficio; concretando un incentivo non irrilevante ad accedere allo stage;
g) governare con maggiore attenzione la duplicazione del supporto all’attività giudiziaria derivato dal recente afflusso di un numero considerevole di funzionari dell’U.P.P., molti dei quali reduci dall’esperienze del tirocinio formativo; occorre distinguere compiti ed attribuzioni di figure funzionalmente distinte.
Un recente monitoraggio dell’ A.N.M. ha accertato come, in non pochi uffici giudiziari, l’impiego dei componenti dell’ U.P.P., affidati ai singoli magistrati, abbia riproposto il modello organizzativo individuale dei tirocinanti, determinando una sovrapposizione di ruoli e competenze con il rischio di uniformare figure diverse sia per qualificazione sia (e soprattutto) per funzioni.
I prossimi mesi ci diranno quanto avrà inciso, nell’approdo al tirocinio formativo ex art.73, il ripristino del modello concorsuale di primo livello per l’accesso alla magistratura.
L’auspicio è che i neolaureati in giurisprudenza, anche sulla scorta delle positive comunicazioni esperienziali acquisite da chi li ha preceduti nello stage, non sottovalutino la possibilità, dopo tanti anni di studio necessariamente teorico, di verificare l’applicazione concreta del diritto presso gli uffici giudiziari.
Ne potranno ricavare utili indicazioni per le future scelte professionali ed anche implementare la loro preparazione in vista sia dell’esame di avvocato che di quello per magistrato cui i più fortunati potranno accedere con un valore aggiunto di preparazione che potrà rivelarsi particolarmente prezioso anche nella fase di tirocinio iniziale come m.o.t.