Riflessioni sulla riforma del processo tributario in Cassazione. La nuova Sezione Tributaria della Cassazione, la pace fiscale ed il rinvio pregiudiziale
di Rosita d’Angiolella
Sommario: 1. Il PNRR sfida la Suprema Corte di Cassazione: “(R)ipresa” o “(R)esilienza”? – 2. Misure organizzative per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione. – 3. Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione – 4. La definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione.
1. Il PNRR sfida la Suprema Corte di Cassazione: “(R)ipresa” o “(R)esilienza”?
Il traguardo (Milestone M1C1-35) posto con il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR) di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria italiana e di ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione[1], è stato raggiunto con la legge 31 agosto 2022 n. 130, attuandosi, così, una delle principali misure di programmazione economico-sociale con le quali la Commissione Europea è intervenuta nei confronti dell’Italia, Paese “resiliente”.
Ed infatti, al di là dello scarso gradimento, in contesto giuridico, dell’uso del termine “resilienza”, è innegabile che tale sostantivo abbia innescato un’inusitata fortuna, in considerazione dell’attenzione riservata dalla Commissione Europea all’Italia, avviandone un’importante stagione di riforma in tutti i settori della giustizia, civile (l. 26 novembre 2021 n. 206), penale (l. 27 settembre 2021 n. 134) e tributaria (l. 9 agosto 2022 n. 130).
In tale contesto, gli spunti di riflessione che seguono - limitati al nuovo impianto organizzativo della sezione della Corte di cassazione deputata agli affari tributari ed ai nuovi istituti della “pace fiscale” e del rinvio pregiudiziale - non possono che muoversi, anche in base ai criteri interpretativi positivizzati nel nostro ordinamento dall’art. 12 preleggi, da un approccio ermeneutico funzionalmente “resiliente” considerato che l’intenzione del legislatore è ispirata alla “milestone M1C1-35” ed ai traguardi con essa posti. Il tentativo, cioè, è quello di proporre un’interpretazione che non indulga in esasperati formalismi, ma che agisca « “in maniera costruttiva, non sterile”, senza arroccarsi nella difesa dello status quo, tenendo conto che “se la qualità delle proposte è essenziale, la loro percezione non è di secondaria importanza, ma può essere determinante nel successo delle riforme”».[2]
Tale approccio ermeneutico appare necessitato dal fatto che il PNRR ha imputato ai ritardi eccessivi della giustizia italiana il principale fattore di decrescita economica del nostro Paese[3], condizionando alla messa in campo di strumenti di “riduzione dei tempi del giudizio” l’accesso ai benefici degli strumenti del Next generation EU e, quindi, l’accesso alle risorse del Recovery Found.
In tale stregua, i lavori preparatori alla legislazione di riforma hanno ben avuto chiaro che l’intervento che andava a farsi non potesse limitarsi alle sole misure di carattere processuale, ma dovesse aggredire “nodi organizzativi irrisolti”, muovendosi, contestualmente, “su tre direttrici tra loro inscindibili e complementari”, incidenti, cioè, “sul piano organizzativo, nella dimensione extra processuale e nella dimensione endoprocessuale”.[4]
La consapevolezza che, per attuare una compiuta riforma della giustizia tributaria, occorresse abbandonare l’approccio fondato esclusivamente sul rito del processo per puntare, invece, sulla dimensione strettamente organizzativa degli uffici giudiziari[5], ha portato all’adozione di misure certamente innovative che investono l’assetto ordinamentale della magistratura tributaria e, contestualmente, il sistema processuale tributario.
Ed invero, ad uno sguardo complessivo della legge n. 130 del 2022, è evidente come, a differenza delle parallele riforme del processo penale e di quello civile, la materia tributaria è stata la protagonista principale dell’attuazione degli obiettivi individuati dal PNRR per la riforma della giustizia, introducendosi novità sia sul piano strettamente organizzativo (reclutamento dei nuovi giudici tributari, elezioni componenti CPTG, nuovo assetto organizzativo della sezione tributaria della Corte di Cassazione), sia sul piano endoprocedimentale (per quel che qui interessa, rinvio pregiudiziale e pace fiscale), sia su quello extra processuale, di cui la pace fiscale e la disciplina di dettaglio delle misure organizzative ne rappresentano l’emblema.
È che, dunque, di “pietra miliare” (milestone) si sia trattato, non pare revocabile in dubbio, non foss’altro perché, con tale riforma, si sono affrontate importanti questioni, giuridiche e di prassi organizzative, di cui da tempo si reclamava una definizione.
La sfida più interessante agli occhi di chi scrive, riguarda le disposizioni che attengono alla Corte di Cassazione, frutto di un inusitato incontro tra le empiriche logiche economiche del PNRR e la sacralità delle regole del giudizio di legittimità, che pone la domanda del se, con esse, si sia intrapresa la strada della “Ripresa” o si sia soltanto enfatizzata la “Resilienza”, virtù quest’ultima da tempo funzionale all’attività giudiziaria della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, ove, come è noto, pendono la gran parte delle cause del settore civile della Corte di legittimità.[6]
Le seguenti brevi riflessioni attengono alle novità contenute nell’art. 3 (Misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione) e nell’art. 5 (Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione) della legge del 9 agosto 2022 n. 130 (entrata in vigore il 16 settembre 2022), nonché nell’art. 363 bis cod. proc. civ., come introdotto dal legislatore delegato alla riforma del rito civile (d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, entrato in vigore il 18 ottobre 2022).
2. Misure organizzative per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione.
L’art. 3 della legge n. 130 del 2022 - rubricato: “Misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione” - così dispone:
«Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria. 2. Il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l'acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione civile di cui al comma 1.».
Del perché l’esercizio della funzione nomofilattica in materia fiscale sia stato inserito nel perimetro di attuazione della principale misura di programmazione economica sociale progettata dal Governo italiano, di concerto con l’Unione Europea, si è detto, se pur brevemente, in premessa.[7]
Come evidenziato, la leva per muovere una previsione di tal genere - che arriva a rimarcare i normali poteri di indirizzo organizzativo del Primo Presidente - è mossa dai dati statistici riguardanti il numero di ricorsi pendenti presso la sezione tributaria e dall’enorme valore economico delle controversie che da sole fanno, in realtà, la cifra economica della giustizia di legittimità.[8]
Quale consigliere di Cassazione della sezione deputata alla trattazione delle controversie tributarie (neonominata “Sezione Tributaria”), si comprende la preoccupazione di quanti hanno ritenuto che le disposizioni di cui all’art. 3 l. cit. abbiano un valore di “bandiera”, e non sostanziale, considerato, che la Sezione Tributaria e la cifra che esprime in termini di contenzioso, già esistono da tempo, così come i poteri organizzativi della massima autorità della Suprema Corte, pleonasticamente rimarcati dalla specifica disposizione normativa.[9].
Tuttavia, se, in base all’approccio resiliente di cui si è detto innanzi, il successo delle riforme è dato oltre che dalla qualità delle proposte anche dalla loro percezione,[10] non può negarsi che assume una certa significatività l’istituzione ex lege– come già fatto negli anni 70 per la Sezione Lavoro della Corte – della Sezione Tributaria, al fine di caratterizzare le sue competenze specialistiche e di differenziarla dagli altri settori del diritto civile, trattati in seno alla Corte di Cassazione.
Significativamente percettiva è, altresì, la disposizione in parola nella parte in cui ha rimarcato i poteri di indirizzo organizzativo del Primo Presidente, indicandoli come specificamente diretti alla Sezione Tributaria, al fine di a) “stabilizzare” gli orientamenti di legittimità in materia tributaria, b) porre in essere tutte le misure idonee ad agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione, c) di favorire l'acquisizione di una specifica competenza in materia tributaria da parte dei magistrati assegnati alla sezione tributaria.
Sebbene il potere organizzativo del Primo Presidente sia stato, nel corso degli anni, costantemente esercitato nei confronti della sezione civile deputata agli affari tributari della Corte di legittimità, con la riforma, tale potere è percepito con una specificità propria in quanto il Primo Presidente è tenuto all’adozione di misure specifiche e dirette a snellire la definizione dei procedimenti tributari pendenti in Corte di Cassazione.
Nei fatti, ciò ha coinciso, tra l’altro, con l’adozione del decreto di assegnazione dei nuovi consiglieri (n. 131 del 9/11/22) che, a memoria di chi scrive, ha tenuto conto per la prima volta, nei criteri di assegnazione, della specifica competenza dei consiglieri di assegnare alla Sezione Tributaria (svolgimento delle funzioni di giudice delle Corti di Giustizia tributaria di primo e di secondo grado). L’assegnazione stabile di magistrati specializzati in materia tributaria rappresenta senz’altro un caposaldo della riforma, ponendosi fine a misure “precarie” e non dirimenti che hanno visto l’assegnazione, di ufficio, dei giudici del Massimario – nonché di magistrati in pensione.[11]
Il momento attuativo di tale riforma non è di poco momento, considerato che la nuova organizzazione della Sezione tributaria, si innesta con la riforma del processo civile, per la quale il Primo Presidente ha messo in campo una serie di provvedimenti per dar modo da tutte le sezioni civili della Corte di attuare la riforma in maniera effettiva e coordinata. Proprio alle porte di quest’autunno, infatti, il processo riformatore avviato con la legge delega per la riforma del processo civile (l. 26 novembre 2021 n. 206), si è completato con la pubblicazione del decreto delegato del 10 ottobre 2022 n. 149, pubblicato in pari data al decreto delegato n. 151 per l’Ufficio del processo[12].
Con la riforma del processo civile, l’intervento del Governo, come esposto nella relazione tecnica[13] allo schema di decreto legislativo, è stato diretto, tra l’altro, a razionalizzare i procedimenti dinanzi alla Suprema Corte, riducendone i tempi di durata e modellando i riti sia camerali che in pubblica udienza con misure di semplificazione, snellimento ed accelerazione degli adempimenti.
In particolare, per quanto concerne il giudizio di cassazione, la delega prevede:
a) la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso. Quest'ultima possibilità è incentivata escludendo, per il soccombente, il pagamento del contributo unificato altrimenti dovuto a titolo sanzionatorio.
b) al fine di dare attuazione ai criteri e principi di delega previsti dai commi 9 e 10 dell'articolo unico della l. n. 206 del 2021, l’art. 3, commi 27, 28, e 29, d.lgs. n. 206 del 2022 (i) unifica i riti camerali attraverso la soppressione della sezione di cui all'art. 376 cod. proc. civ., concentrando la relativa competenza dinanzi alle sezioni semplici con il mantenimento della disciplina di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ, con deposito immediato in cancelleria dell'ordinanza succintamente motivata; (ii) prevede, rispetto all'ordinaria sede camerale, un procedimento accelerato per la dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza; (iii) introduce il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in Cassazione (v. infra, paragrafo 3), (iv) introduce anche una nuova ipotesi di revocazione delle sentenze il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in tutto in parte contrario stato alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ovvero ad uno dei suoi protocolli, e non sia possibile rimuovere la violazione tramite la tutela per equivalente.[14]
Tornando all’art. 3, della l. n. 130 del 2022, è stato evidenziato che la disposizione in parola, nella parte in cui ha riguardo al potere organizzativo del Primo Presidente, sottintende, in realtà, «[…] evidenti responsabilità al riguardo del Consiglio direttivo della Corte ed anche di più del Consiglio Superiore della Magistratura».[15] Quest’ultimo, in particolare, sarebbe tenuto «a dare attuazione alla disposizione legislativa primaria con la normazione secondaria, sia tabellare che concorsuale, trovando i modi più appropriati per implementare l’influsso delle risorse, anche specialistiche, alla Cassazione, giacché, altrimenti, le attribuzioni presidenziali ne risulterebbero fortemente limitate e sostanzialmente la scelta riformatrice verrebbe vanificata»[16].
Al di là dei profili di eventuale responsabilità in caso di mancata attuazione dei provvedimenti del Primo Presidente – che fuoriescono dalla presente analisi - è innegabile che la nuova disposizione si innesca nel più ampio meccanismo del sistema di governo autonomo della Magistratura. L’auspicio è che la nuova normativa ponga le basi per una sinergia tra i vari attori istituzionali per operare nel senso dello snellimento del carico di lavoro della Sezione Tributaria, adottando misure organizzative organiche, omogenee e coerenti con tutto l’impianto riformatore.
In tale prospettiva, anche il potere di indirizzo formativo in carico alla Scuola Superiore della Magistratura, potrà trovare nella norma in parola specifici criteri guida per rafforzare l’offerta formativa nella materia tributaria.
3.Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione
Il disegno di legge delega governativo conteneva due disposizioni processuali, di notevole rilievo, direttamente disciplinanti il giudizio di Cassazione: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del procuratore generale presso la Corte nell'interesse della legge.
In sede parlamentare si è scelto di epurare la legge n. 130 del 2022 di tali disposizioni scegliendo, da un alto, di collocare l’istituto del rinvio pregiudiziale nel codice di procedura civile (art. 363 bis) e, dall’altro, di eliminare la previsione del ricorso del procuratore generale nell’interesse della legge.
Entrambe le scelte appaiono senz’altro coerenti e funzionali al sistema ordinamentale del codice di rito in cassazione. Ed invero, il rito del processo civile in Cassazione è unico, indipendentemente dalla materia trattata, sicché le misure che investono la funzione giurisdizionale della Corte di legittimità, devono innestarsi nell’ambito dell’impianto generale che regola il processo di legittimità, evitandosi distonie processuali che finirebbero con l’incidere inevitabilmente sul diritto di difesa costituzionalmente garantito. Ciò, a maggior ragione, considerando che la Sezione Tributaria, per quanto concepita come sezione specializzata, non realizza un ordine autonomo e specializzato (art. 103 Cost.), sicché se fosse rimasta la previsione di una funzione di legittimità (nel caso il rinvio, pregiudiziale) deputata solo alla materia tributaria, tale previsione sarebbe stata sicuramente incompatibile con il sistema del nostro ordinamento processuale.
In tale cornice, si comprende anche il perché la legittimazione del procuratore generale a ricorrere nell’interesse della legge, avrebbe rappresentato una scelta del tutto spuria rispetto al sistema ordinamentale del rito civile di cassazione.[17]
L’istituto del rinvio pregiudiziale rappresenta, senz’altro, una delle principali novità del processo in cassazione.
Tale strumento, già presente in altri ordinamenti, in particolare in quello francese (cd. saisine pour avis), consiste nella possibilità per il giudice di merito di sottoporre direttamente alla Suprema Corte una questione di diritto, sulla quale deve decidere ed in relazione alla quale ha preventivamente provocato il contraddittorio tra le parti.
Il primo comma dell’art. 363 bis cod. proc. civ. delimita le questioni del possibile rinvio, prevedendo che: 1) la questione sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e che non sia stata ancora risolta dalla Corte di cassazione; 2) la questione presenti gravi difficoltà interpretative; 3) sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
Il secondo comma della norma in parola, invece, instrada il giudice di merito sui paletti di inammissibilità, descrivendo le caratteristiche che l’ordinanza di rimessione deve avere; essa deve essere motivata con riferimento a tutti i requisiti previsti dal primo comma della disposizione in parola (analogamente a quelle con cui viene sollevata una questione di legittimità costituzionale) ed in particolare, con riferimento al requisito delle “gravi difficoltà interpretative”, dando specifica indicazione delle diverse interpretazioni “possibili” e, quindi, attendibili, rispetto al sistema ordinamentale[18].
Il deposito dell’ordinanza che dispone il rinvio pregiudiziale comporta, inoltre, l’automatica sospensione del procedimento di merito, salvo il compimento degli atti urgenti e dell'attività istruttorie, non dipendente dalla soluzione della questione oggetto di rinvio pregiudiziale.
Il terzo comma introduce il filtro delle ordinanze di rimessione da parte del Primo presidente della Corte di cassazione, il quale, ricevuti gli atti, entro il termine di novanta giorni, valuta la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma. In caso di valutazione positiva, assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice (secondo le ordinarie regole di riparto degli affari); mentre in caso di valutazione negativa, dichiara inammissibile la questione con decreto.
La relazione illustrativa evidenzia che poiché il rinvio è possibile solo ove si tratti di questione necessaria alla definizione anche parziale del giudizio, che non sia stata risolta dalla Corte di Cassazione, che presenti gravi difficoltà interpretative, nonché sia suscettibile di porsi numerosi giudizi (art. 363 bis primo comma), si è previsto che la Corte, sia a sezioni unite che a sezioni semplici, pronunci sempre in pubblica udienza con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con la facoltà per le parti di depositare brevi memorie nei termini di cui all'articolo 378 cod. proc. civ. (363 bis, quarto comma).
Se il Primo Presidente non dichiara l'inammissibilità della questione oggetto di rinvio pregiudiziale per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 363 bis cod. proc. civ. (363 bis, terzo comma), il procedimento si conclude con l'enunciazione del principio di diritto da parte della Corte, espressamente previsto come vincolante nel giudizio nell'ambito del quale è stata rimessa la questione (363 bis, sesto comma).
Il nuovo istituto pone non poche questioni problematiche.
La prima, di carattere generale, riguarda la legittimazione a proporre il rinvio pregiudiziale, se cioè tra i “giudici di merito” rientrino, oltre ai giudici ordinari anche quelli speciali (amministrativi, contabili e tributari).
La questione, posta in maniera critica dall’Ufficio del Massimario con la relazione n. 96/2022, trova la soluzione all’interno del sistema che regola il rapporto tra le giurisdizioni speciali ed ordinarie.
In virtù di tale rapporto, senz’altro i giudici tributari sono ammessi alla proposizione di tale rinvio pregiudiziale, stante il disposto dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 che stabilisce che i giudici tributari applicano le norme del predetto decreto e, per tutto quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile. Per tale espresso rinvio, dunque, i giudici tributari possono ricorrere al rinvio pregiudiziale; alle stesse conclusioni si perviene anche tenuto conto delle intenzioni del legislatore, considerato che, come si è detto sopra, nel progetto di riforma del giudizio tributario era stato introdotto appositamente tale istituto, poi eliminato, alla luce del rinvio generale previsto dal citato art. 1, comma 2, d.lgs. n. 547 del 1992 nonché per ragioni di politica legislativa che lo ha voluto come strumento estensibile a tutti i giudici di merito al fine di consentire l’uniformità e la certezza del diritto.
Viceversa, non rientra tra i soggetti legittimati, il giudice amministrativo, le cui pronunce possono essere impugnate dinanzi alla Corte di cassazione solo per questioni di giurisdizione (art. 111, comma 8, Cost.).
Altra questione che si pone riguarda i limiti temporali entro cui la questione di diritto può essere sollevata dal giudice di merito, potendo un rinvio “precoce” rendere inattuabile il principio di diritto per la mutata situazione dei fatti accertati nel frattempo. Ci si chiede, cioè, cosa accade nel caso in cui il rinvio pregiudiziale venga sollevato in un “momento anteriore alla fissazione definitiva dei fatti”, per il concreto il rischio, in tal caso, che il principio di diritto enunciato risulti «eccessivamente opinabile per il giudice e per le parti per non corrispondenza o completezza dei fatti al principio di diritto enunciato»[19].
Nel silenzio del legislatore, che non pone alcun sbarramento temporale al rinvio pregiudiziale, tale questione deve essere affrontata in considerazione della vincolatività del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione.[20]
Ed invero, una volta enunciato il principio di diritto, la questione giuridica è definitivamente risolta ed il vincolo diventa efficace nei confronti di tutti i giudici chiamati a pronunciarsi all’interno del procedimento, anche del giudice di appello (in caso di rinvio pregiudiziale da parte del giudice di primo grado) e della stessa Corte di Cassazione.
Analogamente a quanto accade con riguardo alla violazione del principio di diritto ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., la mancata applicazione da parte del giudice del procedimento del principio di diritto è denunciabile in sede di impugnazione, come violazione della regola iuris ivi enunciata. Ed infatti, il principio di diritto, non può essere sindacato o eluso dal giudice del rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale, o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile né dallo stesso giudice del rinvio, né dalla Corte di Cassazione, neppure sulla base di arresti giurisprudenziali successivi diversamente orientati.[21]
La vincolatività del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, viene meno solo nel caso di sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme in questione, ovvero di mutamento normativo prodotto da una sentenza della Corte di giustizia, oppure se la norma sia stata modificata, sostituita, abrogata per effetto dello ius superveniens, in quanto l'efficacia vincolante della sentenza della Corte, presuppone il permanere della disciplina normativa in base alla quale è stato enunciato il principio di diritto stesso.[22]
Stante, dunque, la vincolatività del principio di diritto, la soluzione alla questione posta non può che ritrovarsi in un’interpretazione di sistema che investa sia il giudice del rinvio - il quale, nel disporre il rinvio, sarà tenuto a compiere anche una valutazione del merito della controversia per dare chiarezza alla fattispecie rispetto alla quale l’enunciazione del principio è richiesta – sia, il filtro di ammissibilità esercitato dal Primo Presidente, il quale, là dove la fattispecie non consente la chiara identificabilità della questioni di fatto (dalle quali muove la questione di diritto oggetto del rinvio pregiudiziale) ben potrà ritenere la questione inammissibile per carenza delle condizioni legittimati il rinvio.
Ciò, fermo restando che, non diversamente da quanto accade per il giudizio di rinvio disciplinato dall’art. 384 cod. proc. civ., il giudice di merito rimarrà libero dal vincolo tutte le volte in cui vengano successivamente accertati – entro i limiti delle preclusioni eventualmente maturate - ulteriori e diversi profili di fatto che configurino un nuovo thema decidendum non affrontato, negli stessi termini, dalla decisione della Corte.[23]
In considerazione di tali problematiche, è stato evidenziato che « il rinvio pregiudiziale dovrebbe essere anzitutto (ed essenzialmente) disposto (e ritenuto ammissibile) in relazione a disposizioni caratterizzate da alto tasso di tecnicismo, meno incise dalle specificità delle situazioni di fatto (come per talune norme processuali e non poche proprio in ambito tributario) e, quindi, caratterizzate dalla astratta idoneità a consentire l'identificazione di una regola iuris non condizionata dalle stesse».[24]
Allo stato, stante la giovanissima entrata in vigore dalla norma introduttiva del rinvio pregiudiziale (ottobre 2022) che fa mancare una casistica applicativa, non rimane che attendere, per chiarire le incertezze che la norma pone, il successivo sviluppo giurisprudenziale che senz’altro contribuirà a dipanare anche le questioni oggetto della presente trattazione.[25]
L’ultima finale considerazione non può che riguardare l’impatto politico/giudiziario che tale previsione, anche in termini di prospettiva, pone.
Con il rinvio pregiudiziale si è voluto garantire il tempestivo intervento nomofilattico della Corte di legittimità per ovviare alle incertezze causate dalle interpretazioni divergenti e dagli orientamenti contrastanti, scaturenti oltre che da una normativa alluvionale, che incide sulla durata dei giudizi, anche dal numero delle impugnazioni in Cassazione. L'obiettivo esplicitato nelle relazioni della Commissione Luiso e della Commissione della Cananea è stato quello di ridurre i tempi del giudizio in Cassazione anche mediante un meccanismo in grado di incidere sui presupposti dell'impugnazione della sentenza con ricorso per Cassazione, assicurando il tempestivo intervento della Corte di Cassazione per prevenire, tramite l'enunciazione del principio di diritto, un probabile contenzioso su una normativa nuova o sulla quale non si sia ancora pronunciata la giurisprudenza di legittimità.
Le stesse Commissioni di studio hanno rilevato che l'istituto del rinvio pregiudiziale è «anche coerente con il ruolo di jus dicere proprio del giudice di legittimità. In questo modo infatti la Corte di legittimità assolve completamente al proprio compito di sommo organo regolatore, proteso all'armonico sviluppo del diritto nell'ordinamento»;[26] in particolare, per il diritto tributario «l'esigenza di assicurare una tempestiva interpretazione uniforme è particolarmente avvertita per due ordini di ragioni: il continuo succedersi di norme di nuove introduzioni, rispetto alle quali il giudice del merito non ha un indirizzo interpretativo di legittimità a cui fare riferimento è la serialità dell'applicazione le norme che si riflette sulla serialità del contenzioso».[27]
Nonostante il consueto approccio ermeneutico “resiliente”, rimangono notevoli dubbi sulla possibilità di realizzare, con il rinvio pregiudiziale, uno strumento di facilitazione e snellimento del contenzioso tributario, nonché di certezza del diritto. Ed infatti, se sul piano teorico, senz’altro lo strumento del rinvio pregiudiziale, integrato secondo i canoni normativi del sistema processuale del giudizio di legittimità, pone le basi per introdurre un importante strumento di nomifilachia preventiva che potrebbe giovare al giudizio tributario che risente del continuo cambio della normativa applicabile (basti pensare soltanto alle leggi finanziarie di anno in anno incidenti sulle singole disposizioni che regolano le imposte dirette, indirette e locali) e della ingente quantità dei ricorsi azionati dalla parte privata o dal Fisco, sul piano pratico, le attuali condizioni della giustizia italiana - che la stessa Commissione Europea ha attenzionato come la principale causa di decrescita del nostro Paese – sembrano preludere ad esiti negativi della nuova misura.
L’auspicio (resiliente) è che la nomifilachia preventiva riesca ad incanalarsi in un ciclo processuale virtuoso, che non sia interpretato dal giudice di merito come una facile scappatoia per eludere questioni di diritto comunque risolvibili appesantendo ulteriormente, in termini di contenzioso, l’attività giudiziaria della Corte Cassazione, che, tra filtro di ammissibilità e risoluzione della questioni di diritto, molto probabilmente si troverà a gestire un meccanismo processuale, parallelo a quello ordinario, che, anziché giovare, potrebbe ancor più limitare la funzione nomofilattica.
4. La definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione.
L’art. 5 della legge n. 130 del 2022 reca la disciplina della definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione. Tale definizione realizza l’ultima di una lunga serie di definizioni agevolate delle liti che si sono susseguite nella legislazione degli ultimi anni (art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289; art. 39, comma 12 del d.l. 6 luglio 2011 n. 98; art. 11 del d.l. n. 24 aprile 2017 n. 50; art. 6 del d.l. 23 ottobre 2018 n. 119, come conv. l. 17 dicembre 2018 n. 136).
La domanda di definizione deve essere presentata dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, il quale, ai sensi dell’art. 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130, intende definire i giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Sono definibili le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l’Agenzia delle entrate risulti: a) integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'art. 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3; b) soccombente, in tutto o in parte, in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002 n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Come precisato dal provvedimento Prot. n. 356446/2022 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, di attuazione della disposizione in esame, «per valore della controversia, da assumere a base del calcolo per la definizione, si intende l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; per le controversie relative esclusivamente a sanzioni non collegate al tributo, il valore della lite è determinato dall’importo delle stesse. Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dai tributi in esso indicati. Ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 31 agosto 2022, n. 130, per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge (16 settembre 2022), purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore del citato articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130».
La disposizione in parola esclude dalla definizione le controversie concernenti, anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Quanto ai riflessi processuali, la disposizione in commento dispone che le controversie definibili non sono sospese salvo che il contribuente con apposita richiesta al giudice dichiara di potersi avvalere della definizione agevolata; in tal caso il processo è sospeso fino alla scadenza del termine di 120 giorni dalla data in vigore del provvedimento in esame.
Inoltre, come per ogni definizione agevolata, è previsto il diniego da parte dell'Agenzia delle entrate da notificarsi entro 30 giorni nella modalità degli atti processuali; il diniego è a sua volta impugnabile entro 60 giorni innanzi alla Corte di Cassazione e, in mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, il processo si dichiara estinto.
La peculiarità della definizione agevolata introdotta dal legislatore del 2022 si ritrova nell’ambito applicativo che, rispetto alle misure condonistiche precedenti, risulta particolarmente ristretto.[28]
Ed invero, mentre per le ipotesi precedenti di definizione agevolata delle liti, la soccombenza dell’amministrazione in alcuni gradi di giudizio non definitivi incideva soltanto sul quantum della definizione (che diminuiva più erano i gradi di soccombenza per l’amministrazione e più avanzato era lo stato del giudizio), nella nuova ipotesi incide anche sull’an, potendosi definire in via agevolata soltanto le cause pendenti esclusivamente in Cassazione nelle quali l’amministrazione sia risultata soccombente in almeno un grado di giudizio di merito precedente e sempre che il valore della controversia sia contenuto entro i limiti suddetti, peraltro, abbastanza ridotti.
Il ristretto perimetro applicativo di tale definizione ha immediatamente levato critiche negative, specie confrontandola con la precedente “pace fiscale” (art. 6 d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. 136 del 2018) che consentiva di chiudere tutte le controversie a prescindere dal valore, all’unica condizione che il ricorso introduttivo fosse stato notificato alla data del 24 ottobre 2018.
Le immediate critiche sono state da subito taciute in considerazione della finalità principale perseguita con questo nuovo istituto che è quella dello smaltimento dell’arretrato tributario pendente presso la Suprema Corte, piuttosto che, come nei precedenti condoni, dell’incasso del gettito fiscale suscettibile di essere ricavato dall’adesione alla definizione.
È quanto, del resto, espressamente chiarito nella relazione illustrativa al d.d.l. A.S. 2636 dove si afferma (pag. 12) la necessità di «incisive disposizioni legislative per la definizione agevolata delle controversie pendenti avanti la sezione specializzata, pur limitandole allo stretto necessario per raggiungere una «soglia critica» di deflazione immediata che consenta, de residuo, l’impostazione di un programma triennale di smaltimento dell’arretrato e di stabilizzazione operativa con ragionevoli probabilità di successo». Ciò sempre, in attuazione della “pietra miliare” posta dal PNRR, per lo smaltimento dell’arretrato (v. supra, paragrafo 1).
D’altro canto, dall’analisi svolta dai tecnici del Ministero della Giustizia circa i parametri del contenzioso in cassazione, si evince che una definizione delle liti di valore fino ad euro 100.000, 00, interesserebbe complessivamente circa il 63,89% del contenzioso pendente in Cassazione al 2020, per un totale di 33.337 controversie.[29]
Dall’elenco generale, predisposto dagli Uffici della Sezione Tributaria, delle cause interessate al condono in oggetto, aggiornato al 7/11/2022, risultano presentate 441 istanze e 23 dinieghi, il che dimostra l’efficacia della misura nel giro di pochi giorni di applicazione. Tale elenco contiene anche la provenienza regionale delle domande in questione, ove il primo posto è della Lombardia (con 65 domande), che precede solo la Campania (61 domande), mentre l’ultimo posto è di Bolzano (con “0” domande), cui segue la Basilicata con n. 2 domande.
Molti i nodi che rimangono irrisolti.
Se l’obiettivo era quello di ridurre il numero di ricorsi in cassazione, concreti dubbi sull'effettiva riduzione del contenzioso nascono dall’ulteriore dato statistico che la maggior parte dei ricorsi tributari definiti in cassazione è proposto dall’Agenzia delle entrate (al dicembre 2021 su un totale di 7.994 definiti, l’Agenzia delle entrate è parte ricorrente nel 51% del totale, per un valore economico di 6.880.604.918, pari al 73,3% del valore complessivo)[30]; inoltre, sempre in chiave critica, non può mancarsi di evidenziare che la definizione agevolata introdotta con la legge n. 130 del 2022 non è automatica in quanto, nonostante il contribuente abbia versato il dovuto (5%-20% del valore della controversia) l'Agenzia può sempre opporsi alla definizione, con l'effetto di creare un'ulteriore aumento del contenzioso atteso che il diniego, discrezionale, dell'Agenzia delle entrate è impugnabile entro 60 giorni innanzi alla Corte di Cassazione, generando ulteriore contenzioso.
Sotto altro e più specifico profilo, va attenzionato il comma 9 dell’art. 5 che prevede, tout court che «la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa», senza curarsi di far salvi «i casi di soccombenza dell’amministrazione finanziaria dello Stato» come, invece, facevano l’art. 16, comma 5, della l. n. 289/2002 e l’art. 39, comma 12, del d.l. 98/2011, il che precluderebbe il giudizio d’ottemperanza nel caso in cui il contribuente abbia diritto alla restituzione delle somme pagate a titolo provvisorio. Ci si chiede, infatti, se tale aspetto limiterà l’appetibilità della definizione stessa, in quanto non ricevendo il contribuente la restituzione delle somme versate in maniera eccedente, ciò comporterà che non avrà interesse a definire la controversia in via agevolata, soprattutto quando, dopo la soccombenza in secondo grado, sia stato già costretto a pagare l'intero importo indicato nell'atto impugnato, come previsto l'art. 68, comma 1, lettera g), d.lgs. n. 546 del 1992.
Solo la prassi applicativa potrà dire della reale consistente deflattiva di tale misura che, nei fatti, appare già superata dalle intenzioni del Governo che, nel preparare la legge finanziaria 2022, all’art. 42 della bozza di proposta in circolazione, pur sottolineando che resta ferma, in alternativa, la definizione agevolata prevista per le controversie pendenti in Cassazione dall’art. 5 della legge n. 130 del 2022, prevede che tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione, ed anche a seguito di rinvio, possono essere definite dall’interessato con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, superando così, con un colpo di spugna, le maglie strette dell’art. 5 in commento.
Il Governo ha, poi, indicato una “terza via” [31] da estendere alle liti tributarie pendenti presso la Suprema Corte, rappresentata dalla conciliazione giudiziale con sanzioni al 5% di fatto dando la possibilità di trovare un accordo con il Fisco anche in ipotesi di precedente soccombenza del contribuente. In questo modo, la definizione agevolata passerà dal pagamento di un importo del 40% del valore in caso di soccombenza del Fisco in primo grado, mentre l’importo dovuto sarebbe del 15% se l’amministrazione finanziaria fosse risultata perdente in appello.
[1] La Milestone M1C1-35 prevede che: «La riforma del quadro giuridico deve avere l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria e ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione».
[2] v. L. SALVATO, in Giustizia Insieme, Verso la Riforma del processo tributario: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del PG nell’interesse della legge; che rimanda, tra l’altro, negli incisi virgolettati, a G. DELLA CANANEA, Perché lo status quo della giustizia è il vero ostacolo delle riforme, Il Foglio, 3 luglio 2021.
[3] “Una giustizia inefficiente peggiora le condizioni di finanziamento delle famiglie e delle imprese”, (it/component/easyarticles/composer#-ftnref9).
[4] v. lavori della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria presieduta dal Prof. Giacinto Di Cananea, consultabile su www.fiscooggi.it
[5] v. G. VERDE, La Giustizia non si risolve modificando le regole del processo, in Giustizia Insieme, 3 luglio 2021.
[6] Grazie all’impegno dei Presidenti, dei Consiglieri del personale amministrativo della Sezione Tributaria, già nel 2021 sono stati definiti 15.591 controversie di legittimità, rispetto alle 9.141 del 2022 e alle 11461 del 2019, v. Relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione 12 gennaio 2022, apertura dell’anno giudiziario 2022, pagg. 125-126, ove è, tra l’altro riportata, la percentuale dei ricorsi pendenti per il settore civile (2018 - 51%, 2019 - 55%, 2020 - 56%,2021 - 57%) e per il settore tributario (2018-49%, 2019-45%, 2020-44%, 2021-43%), con un indice di ricambio per il settore tributario pari al 166%.
[7] cfr. Relazione Commissione Luiso, (it/component/easyarticles/composer#-ftnref10) e Relazione Commissione Cananea (it/component/easyarticles/composer#-ftnref12).
[8] Con specifico riferimento ai ricorsi definiti nel 2021, la relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione del 12 gennaio 2022, apertura anno giudiziario 2022, indica che il valore economico complessivo dei ricorsi definiti in Corte, per il 2021, è di circa di 9.4 miliardi di euro; l’Agenzia delle Entrate è risultato essere l’attore più importante, con 7.994 ricorsi (pari al 51,7% del numero di ricorsi definiti) per un valore economico di quasi 7 miliardi di euro (pari al 73,3% del valore complessivo); i contribuenti hanno attivato 6.605 ricorsi (pari al 42,7% del numero di ricorsi definiti) per un valore economico di quasi 2.3 miliardi di euro (pari al 24,4% del valore complessivo).
[9] Secondo taluni, demandando integralmente al Primo Presidente le decisioni sull’organico e sul suo funzionamento, peraltro senza fornire alcun criterio e direttiva di massima, rimarrebbe incerta l’effettiva soddisfazione della riserva di legge di cui all’art. 108, comma 1 Cost., v. CONTRINO – F. FARRI, in centrostudiilvatino.it, La nuova giustizia tributaria – 3. la nuova “definizione agevolata” delle liti tributarie in cassazione: vizi, virtù e possibile (in)efficacia nel contesto dell’attuale assetto della Suprema Corte.
[10] v. nota 6.
[11] Come evidenziato dal Presidente Curzio nella relazione annuale del 12 gennaio 2022, entrambe le misure non hanno avuto il successo sperato; per i magistrati in pensione, probabilmente a causa della insufficienza dell’incentivo economico rispetto alla gravosità dell’impegno, per i magistrati del Massimario e del ruolo, sebbene abbiano fornito un contributo di una certa consistenza al lavoro della Sezione, sono stati sottratti alle preziose all’attività del Massimario.
[12] v. nota prot. 3680 del 3/11/2022 del Primo Presidente della Corte di Cassazione di attuazione della riforma del processo civile che ha riguardato anche la Sezione Tributaria.
[13] v. Dossier dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati A.G. n. 407 del 6 settembre 2022.
[14] v. Relazione n. 96 del 6 ottobre 2022 dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione.
[15] v. E. MANZON, La Cassazione civile tributaria alla sfida del PNRR, in sintesi ed in prospettiva, Giustizia Insieme, 24 novembre 2022.
[16] v. E. MANZON, cit.
[17] « (…) Si trattava di una fuga in avanti o forse meglio di un passo davvero troppo spinto verso la de-processualizzazione, quindi, è stato opportuno ripensarci e non vararla», v. E. MANZON, La Cassazione civile tributaria alla sfida del PNRR, in sintesi ed in prospettiva, Giustizia Insieme, 24 novembre 2022.
[18] Per la corretta interpretazione delle condizioni di ammissibilità, può aversi riguardo alla giurisprudenza in tema di presupposti del ricorso del PG nell'interesse della legge, del rinvio di costituzionalità e del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, questi ultimi non direttamente evocabili ma senz'altro utili nell'individuazione dei confini e delimiti del giudizio di rinvio, v., sul punto, B. CAPPONI, E’ opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione?, Giustizia Insieme, 19 giugno 2021.
[19] v. G. SCARSELLI, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in Giustizia Insieme, 5 luglio 2021.
[20] v. L. SALVATO, Verso la Riforma del processo tributario: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del PG nell’interesse della legge, in Giustizia Insieme, 19 luglio 2021.
[21] « I limiti e l'oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione, la quale non può essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile dal giudice del rinvio neanche alla stregua di arresti giurisprudenziali successivi della corte di legittimità”» (così, Cass., 29/10/2018, n. 27343; id., Cass. 14/01/2021 n. 448).
[22] v. Cass., 04/02/2015 n. 1995; Cass., 27/10/2006, n. 23169.
[23] v., tra le tante, Cass., 19/10/2018 n. 26521.
[24] v. L. SALVATO, in Giustizia Insieme, cit., il quale richiama, altresì, le considerazioni dell’avvocato generale Michal Bobek, secondo cui il rinvio pregiudiziale dovrebbe essere disposto, ed andrebbe giudicato ammissibile dalla Corte di Cassazione, tutte le volte che il giudice “si trovi di fronte ad una questione di interpretazione di diritto […] formulata a livello di astrazione ragionevole e appropriato. Tale livello di astrazione è logicamente definito dalla portata e dallo scopo della norma giuridica di cui trattasi”.
[25] v. C.V. GIOBADO, In difesa della Monofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, in Giustizia Insieme, 22 giugno 2021.
[26] v. Relazione della Commissione Luiso.
[27] v. relazione della Commissione della Cananea.[28] v. A. CONTRINO – F. FARRI, in centrostudiilvatino.it, “la nuova giustizia tributaria – 3. la nuova “definizione agevolata” delle liti tributarie in cassazione: vizi, virtù e possibile (in)efficacia nel contesto dell’attuale assetto della suprema corte”.
[29] v. Contributo tecnico per la commissione interministeriale per la giustizia tributaria.
[30] v. Relazione inaugurale del 12 gennaio 2022 del Primo Presidente.
[31] Così, M. MOBILI- G. PARENTE, Tregua fiscale sui mini debiti e sanatoria lite più ampia, in NT+Fisco, 23 novembre 2022.