Il punteggio equalizzato per l’immatricolazione ai corsi di laurea in Medicina, Chirurgia e Odontoiatria (nota a Cons. di Stato, Sez. VII, 4 ottobre 2024, n. 8005)
di Carmine Filicetti
Sommario: 1. La vicenda giuridica – 2. Le questioni preliminari – 3. L’iter concorsuale – 4. Il punteggio equalizzato - 5. Il diritto allo studio - 6. Il giudizio di primo grado - 7. La decisone del Consiglio di Stato - 8. Considerazioni conclusive
1. La vicenda giuridica
La sentenza in commento interviene sul tema delle modalità d’ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso degli aspiranti medici che, puntualmente, ogni anno, genera un considerevole contenzioso[1].
Nel caso specifico, il Consiglio di Stato si è occupato della questione attinente ai criteri valutativi utilizzati all’interno delle prove d’esame necessarie per accedere ai Corsi di laurea in Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, indette con Decreto del Ministero dell’università e della ricerca del 24 settembre 2022, n. 1107.
Il candidato, in ragione del punteggio ottenuto nella graduatoria unica nazionale, non utile ad immatricolarsi in una delle sedi universitarie prescelte, ha agito in sede d’appello in via principale, dopo che in primo grado l’impugnazione era stata parzialmente accolta (Tar Lazio, sede di Roma, Sez. III, n. 863/2024)[2], pur non disponendo nulla circa la sua ammissione ai corsi di laurea in sovrannumero, oltre a non aver ordinato la ripetizione della prova.
Il giudizio si perfezionava con gli atti di costituzione degli enti resistenti - Ministero dell'Università e della Ricerca, Presidenza del Consiglio, diverse università ed il Consorzio interuniversitario sistemi integrati (Cisia) - e delle parti private che, per quanto di rispettivo interesse, hanno appellato la sentenza di primo grado in via incidentale contestando l’accoglimento del ricorso nel merito e censurando la mancata dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse ad agire, in ragione del mancato superamento della prova di resistenza e per non avere dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della salute.
2. Le questioni preliminari
Il Collegio, prima di entrare nel merito della vicenda, ha analizzato le questioni preliminari concernenti l’interesse ad agire del ricorrente e la legittimazione passiva delle amministrazioni pubbliche governative diverse dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Tali eccezioni, devolute in secondo grado a mezzo di appelli incidentali, non sono state ritenute fondate. Il Consiglio di Stato ha asserito quanto già disposto dal Tar e, relativamente al primo profilo, ha ritenuto superato il vaglio della prova di resistenza[3], considerata non già un mero adempimento formale quanto piuttosto un vero e proprio onus probandi che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava sulla parte ricorrente ed incide sulla sussistenza, o meno, dell’interesse ad agire in giudizio.
Ha poi sottolineato come le censure mosse hanno riguardato non solo i motivi di impugnazione dell’intera procedura concorsuale, ma anche quelli relativi alla prova d’esame. Dunque, dall’accoglimento di una o dell’altra censura si sarebbe certamente ottenuto il medesimo effetto: la reintegrazione del ricorrente nella chance di conseguire il bene della vita perseguito, dato dall’immatricolazione in un corso di laurea a numero programmato nell’anno accademico 2023-2024[4].
Quanto alla censura relativa alla qualità di «pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato», ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., le parti resistenti hanno ritenuto la chiamata in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri superflua in quanto amministrazione a cui non è ascrivibile una diretta paternità degli atti. Nondimeno, per il secondo decisore, tale considerazione non doveva essere intesa in senso restrittivo, poiché la Presidenza seppur non abbia emanato direttamente gli atti impugnati, ha certamente contribuito a riceverne gli effetti in quanto amministrazione concorrente alla loro formazione o comunque coinvolta nell’iter procedimentale degli stessi, a mezzo di atti presupposti, consequenziali o connessi e utilizzati nella fase programmatoria del fabbisogno professionale del settore sanitario[5]. Da tale base è, poi, stata stabilita l’offerta annua di posti per relativi corsi di laurea, i cui atti sono stati impugnati con il ricorso di primo grado unitamente a quelli della prova di ammissione, con motivi riproposti con l’appello principale.
Inoltre, aggiunge il giudice, le amministrazioni hanno manifestato il proprio interesse a resistere[6] già con la costituzione nel giudizio di primo grado e, poi, con gli appelli incidentali autonomi, il tutto a dimostrazione che le medesime hanno riconosciuto a pieno il ruolo di parte resistente e di essere destinatarie delle domande di annullamento proposte nei loro confronti.
3. L’iter concorsuale
Superati i profili preliminari, conformi al primo grado di giudizio, appare opportuno effettuare una breve disamina della vicenda concorsuale. Nella sentenza oggetto di gravame, il giudice di prime cure, si era espresso per l’illegittimità del criterio posto alla base dell’attribuzione del punteggio previsto dalla normativa concorsuale inserita nel citato decreto d’indizione delle prove. Tale atto ha previsto che per l’anno accademico 2023/2024 l’ammissione dei candidati[7], sarebbe avvenuta a seguito di superamento di apposita prova d’esame cd. TOLC (acronimo di Test OnLine Cisia) quale strumento utile a determinare i punteggi dei candidati da far, poi, confluire nel procedimento di formazione delle graduatorie di accesso ai corsi a numero programmato nazionale. Sono stati ammessi a partecipare ai TOLC, ai fini dell’accesso ai corsi di laurea, i candidati iscritti al quarto o al quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado italiane o quelli che erano in possesso di un diploma rilasciato in Italia da un istituto di istruzione secondaria di secondo grado.
La gestione della procedura selettiva è stata affidata al Consorzio Interuniversitario Sistemi integrati per l’accesso (per l’appunto il Cisia), ovvero organo di orientamento universitario e soggetto giuridico cui deve essere attribuita la paternità del nuovo modello scientifico stante alla base del criterio di selezione per le immatricolazioni. Non a caso le censure più rilevanti mosse dall’appellante, sia in primo che in secondo grado, riguardavano la modalità di attribuzione dei punteggi delle prove che, per tale sessione, si sono caratterizzate per l’utilizzo di un sistema “equalizzato”, predisposto dal Cisia e adottato dal Ministero competente[8].
Vi è da precisare che per l’annualità 2023 le sessioni propedeutiche all’ammissione ai corsi di laurea sono state fissate nel mese di aprile e nel mese di luglio e hanno avuto luogo secondo modalità e tempi definiti dal calendario adottato con decreto della competente Direzione generale del Ministero: ai fini della formazione delle graduatorie di accesso ai corsi di laurea a numero programmato nazionale disciplinati dal predetto decreto è stato utilizzato, su istanza del candidato, il miglior punteggio ottenuto nelle due sessioni disponibili per l’anno accademico 2023/2024.
Per ciascuna sessione dei TOLC la somministrazione dei test è stata effettuata in presenza, presso la sede scelta dal candidato all’atto della iscrizione alla prova. I test sono stati erogati per ciascun candidato, mediante la piattaforma informatica Cisia, in apposite postazioni, predisposte dagli atenei secondo le modalità definite con successivo decreto della competente Direzione generale del Ministero. Successivamente, i candidati hanno presentato la domanda di inserimento in graduatoria, ai sensi della lettera b) dell’art. 5 del citato D.M. n. 1107/2022.
Per quanto riguarda la strutturazione dei quesiti, le prove erogate nelle due sessioni hanno riguardato argomenti relativi alle sezioni di cui all’allegato 1 al D.M. n. 1107/2022[9], il test TOLC è stato sostenuto in una qualsiasi sede scelta dal candidato all’atto dell’iscrizione, anche se diversa da quella in cui il candidato si sarebbe poi immatricolato.
Ricostruito l’iter concorsuale, è d’obbligo analizzare la metodologia utilizzata per il calcolo dei risultati delle prove degli aspiranti medici: il punteggio equalizzato, strumento dichiarato capace di «misura(re) la difficoltà della prova», ed ottenuto secondo il «modello scientifico e il sistema di attribuzione dei punteggi equalizzati», enunciato nell’allegato 2 al decreto ministeriale richiamato[10].
4. Il punteggio equalizzato
Il MUR con l’introduzione del modello scientifico del sistema di attribuzione dei punteggi equalizzati[11], si è posto come obiettivo quello di avere un indicatore capace di armonizzare la facilità delle prove[12] e parametrare le risposte fornite in ragione della difficoltà (o facilità) di ciascun quesito[13], estratto da una banca dati previamente formata e composta da 1700 quiz.
L’obiettivo perseguito era quello di porre i candidati in condizioni di parità[14], nella prevista prospettiva della ripetibilità della prova stessa oltre che della diversità dei quesiti che la compongono. A tal proposito, per ogni quesito è stato misurato il relativo livello di difficoltà, attraverso l’attribuzione di un coefficiente di facilità fondato su un criterio di carattere statistico, incentrato sulla media dei punteggi registrati nella prima sessione, ovvero quella di aprile (ridenominata in base alla normativa concorsuale «periodo di calibrazione»). La somma dei coefficienti di difficoltà dei quesiti di cui si è composta ciascuna prova è stata poi sottratta dal valore massimo ottenibile in base alle risposte esatte (50) e il risultato così ottenuto è stato infine aggiunto al punteggio risultante dalle risposte date dal candidato.
Ciò posto, le modalità di funzionamento e di valutazione sono state puntualmente descritte nel D.M. n. 1107/2022 che, nella sezione apposita relativa alla valutazione delle prove con punteggio equalizzato, stabiliva come «Il punteggio che viene assegnato al partecipante, detto punteggio equalizzato, è ottenuto sommando il punteggio ottenuto dal partecipante con le risposte date ai quesiti, detto punteggio non equalizzato, e un numero che misura la difficoltà della prova, chiamato coefficiente di equalizzazione della prova».
È comprensibile come tale meccanismo, utilizzato per la prima volta nella sessione in narrativa e caratterizzato da una forte vocazione matematica, sia stato oggetto di pesanti censure. Non a caso entrambe le difese, di ambo i lati, sono state affiancate da relazione tecnica a sostegno delle diverse tesi. Parte appellante ha contestato la funzione uniformatrice auspicata dall’amministrazione in quanto tale criterio, a suo dire, era stato capace di alterare la par condicio tra i concorrenti[15] venendo meno al suo fine dichiarato di armonizzare la prova.
5. Il diritto allo studio
Compresi i principali profili di merito attinenti alla metodologia utilizzata per la scelta dei candidati
più validi, di natura strettamente tecnica e forse poco utile a far comprendere, in tale sede, gli interessi posti in gioco, è necessario descrivere la più ampia cornice del diritto allo studio[16], ove deve essere calata la presente vertenza.
Il punto cardine della materia, a livello nazionale, è certamente quello rinvenuto all’interno del dettato costituzionale pacificamente individuato nell’art. 34 Cost., che sancisce come «la scuola è aperta a tutti», e prosegue con la previsione dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni (co. 2) e del diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (co. 3) e chiude gravando la Repubblica del compito di rendere effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (co. 4) [17].
Ai fini del presente commento occorre soffermarsi, in particolar modo, sul co. 3 dell’art. 34 Cost., ove si configura un sistema utile a garantire la meritocrazia dei più capaci, aldilà della propria condizione di partenza[18] al fine di garantire il principio d’uguaglianza, in ossequio all’art. 3 Cost., co. 2, oltre quanto previsto all’art. 9, co. 1, ove è dichiarato che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica».
Ulteriori disposizioni costituzionali vengono, poi, richiamate dallo stesso Tar Lazio nella sentenza di primo grado e poi riformata dalla pronuncia in commento: «Tali previsioni non soltanto attuano il principio personalistico (art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”), ma si rivelano funzionali all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà richiamati dal medesimo art. 2, in vista dello svolgimento da parte di ciascuno “secondo le proprie possibilità e la propria scelta, [di] un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
Il tutto in ossequio a quanto previsto ed avallato dalla Corte Costituzionale, la quale nel 2002 ha fatto proprio il principio di “diritto allo studio” inteso come «il diritto di studiare, nelle strutture a ciò deputate, al fine di acquisire o di arricchire competenze anche in funzione di una mobilità sociale e professionale, è d'altra parte strumento essenziale perché sia assicurata a ciascuno, in una società aperta, la possibilità di sviluppare la propria personalità, secondo i principi espressi negli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione»[19] e sempre nella stessa sentenza, ha anche chiarito quelli che devono essere i criteri per accedere all’istruzione superiore[20] .
Anche a livello sovranazionale le considerazioni restano ferme e univoche, il diritto all’istruzione è sancito dall’art. 2 del protocollo addizionale alla CEDU, secondo cui «il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno». Sul punto la Corte EDU[21] ha, allora, precisato che il suddetto diritto non è assoluto, potendo essere sottoposto a limitazioni, purché queste siano prevedibili e perseguano un obiettivo legittimo capace di azionare un filtro utile a garantire l’ingresso soltanto a quei soggetti adatti ad assicurare un elevato livello di professionalità.
Anche la Corte di Giustizia si è occupata dei corsi universitari a numero chiuso, nello specifico caso Bressol (C-73/08), nell’ambito di una controversia insorta nell’ordinamento belga relativamente alle restrizioni previste per l’accesso di studenti stranieri ai corsi di formazione medica e paramedica, caratterizzate dalla previsione di un livello massimo di studenti ammissibili stabilito per decreto, nonché dall’estrazione a sorte, da parte degli istituti interessati, ai fini dell’ingresso nel predetto contingente. In quella sede la Corte si era limitata a stabilire il principio generale per cui «Le restrizioni all’accesso ai detti studi, introdotte da uno Stato membro, devono essere [...] limitate a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti e devono consentire un accesso sufficientemente ampio per i detti studenti agli studi superiori», demandando al giudice del rinvio la mera verifica delle modalità «di selezione degli studenti non residenti si limiti all’estrazione a sorte e, in tal caso, se tale modalità di selezione fondata non sulle capacità dei candidati interessati, bensì sull’alea, risulti necessaria ai fini del raggiungimento degli obiettivi perseguiti». Nel caso sottoposto alla Corte di Giustizia, da cui prende le mosse il Tar Lazio per la decisione di primo grado, poi appellata, è certamente lampante l’elemento aleatorio, che ben si identifica con la scelta di estrarre “a sorte” i candidati da selezionare. Nondimeno, il giudice di primo grado, partendo da tale massimo concetto di alea ha delineato tutta una serie di argomentazioni utili a ritenere la procedura de qua afflitta da elementi aleatori o quantomeno discutibili, tale da viziarne il meccanismo di selezione.
Chiarito, dunque, il quadro nazionale e sovranazionale, entro il quale il giudice amministrativo è stato chiamato ad operare, è necessario soffermarsi sulle previsioni del caso, in primo e secondo grado, della sentenza in commento.
6. Il giudizio di primo grado
L’accoglimento del ricorso da parte del Tar e poi riformato dal secondo giudicante, partiva dal presupposto che, nel contesto di principio poc’anzi richiamato, un sistema di selezione dei più meritevoli da ammettere ai corsi superiori ma caratterizzato da elementi fortemente aleatori avrebbe avuto come conseguenza quella di smentire il dettato costituzionale che garantisce, ai capaci e meritevoli, l’accesso agli studi superiori.
Nella sentenza impugnata, il primo giudice, in riferimento all’alea si era espresso nettamente a sfavore del meccanismo equalizzato, in quanto a suo dire questo non era in grado di soddisfare le esigenze selettive poiché presentava: «elementi di alea che, da un lato, non sono giustificati da esigenze oggettive della selezione e, dall’altro, non consentono un ordinamento degli aspiranti sulla base della sola performance, essendo la relativa posizione influenzata, in maniera anche significativa e determinante l’accesso ai corsi di laurea, dall’attribuzione di un fattore di parametrazione del punteggio che limita, in modo per ciascuno diverso, il punteggio massimo raggiungibile e che mina, pertanto, la par condicio tra i candidati».
Ulteriori spunti sono emersi dalla relazione tecnica depositata dal Cisia in primo grado, dalla quale il giudice aveva estratto gli aspetti principali del criterio equalizzato quali: «una banca dati composta di 1.700 quesiti quindi, sarebbero (in base a quanto affermato da Cisia, ancorché vi sia agli atti obiettiva evidenza) state composte prove (intese come insieme di quesiti da sottoporre ai candidati) valutate ex ante analoghe in termini di difficoltà assegnata dagli esperti e identiche per struttura; all’esito della prima sessione di esami è stato calcato il coefficiente di equalizzazione dei singoli quesiti, e quindi delle prove, sottraendo dal numero dei quesiti, 50, la somma dei punteggi medi (arrotondati ai centesimi) ottenuti dai quesiti nel periodo di calibrazione. Il punteggio equalizzato è, quindi, ottenuto sommando il punteggio grezzo, dato dalla sommatoria del risultato ottenuto sulla base delle risposte esatte (1 punto), omesse (0 punti) o errate (-0,25 punti), e il coefficiente di equalizzazione; il coefficiente di equalizzazione è stato calcolato sottoponendo ciascun quesito a una popolazione, suddivisa in cluster, analoga alla popolazione nazionale iscritta al test;- il coefficiente calcolato al termine della sessione di aprile è stato utilizzato anche per la determinazione del punteggio equalizzato nella sessione di luglio».
In virtù di tali assunti era arrivato a convincersi del fatto che le prove somministrate ai candidati non erano omogenee quanto a difficoltà complessiva individuata attraverso il coefficiente di equalizzazione. Il tutto veniva, invece, smentito dalla resistente Cisia che affermava come la tendenziale omogeneità delle prove sarebbe stata assicurata attraverso un duplice criterio: il primo, attinente all’attribuzione di un livello di difficoltà ai quesiti componenti le prove, determinato in base a una valutazione ex ante; successivamente, tale primo gradiente di difficoltà veniva corretto attraverso il metodo statistico, sulla base delle percentuali di successo nelle risposte effettivamente riscontrate nel corso della prima sessione di aprile cd. periodo di calibrazione.
La difesa delle resistenti non aveva convinto appieno il Tar che, sulla base di tali presupposti, si era persuaso per l’inomogeneità delle prove quanto a difficoltà complessiva individuata attraverso il coefficiente di equalizzazione, che aveva precluso la possibilità di raggiungere il «punteggio massimo conseguibile», a causa di un «fattore, non controllabile dal candidato, di premialità o penalizzazione suscettibile, di per sé, di influenzare l’accesso o l’esclusione dai corsi», oltre che di porre lo stesso candidato «in una situazione di partenza diversa l’uno dall’altro e del tutto affidata al caso».
Di conseguenza, il vaglio di legittimità del sistema equalizzato non risultava superato e pertanto ne seguiva l’annullamento di tutti quegli atti connessi e consequenziali al citato D.M di indizione delle prove, ivi compresi i bandi di concorso per l’accesso ai corsi di laurea e della graduatoria unica nazionale del concorso per l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2023/2024. Tuttavia, come anticipato in premessa, l’accoglimento risultava parziale in quanto escludeva la caducazione degli atti posti in essere in esecuzione degli atti annullati e, in particolare, delle immatricolazioni già avvenute e di quelle in via di perfezionamento per il succitato anno accademico, negando così l’immatricolazione in soprannumero dei candidati utilmente collocati in graduatoria, per non essere stato dimostrato «un nesso di implicazione diretta tra l’adozione del meccanismo di equalizzazione e la mancata ammissione ai corsi per quanto riguarda parte ricorrente». Inoltre, non veniva prevista alcuna ripetizione della prova, rispetto alla quale è stato considerato ostativo l’aspetto organizzativo e venivano esclusi gli effetti invalidanti nei confronti delle immatricolazioni «già avvenute e di quelle in via di perfezionamento» sulla base della graduatoria annullata nonché degli eventuali scorrimenti[22].
Ciò posto, il candidato rimasto escluso in sovrannumero, proponeva appello al secondo giudice che ripercorreva il primo grado di giudizio.
7. La decisone del Consiglio di Stato
Come precedentemente esposto, la sentenza di primo grado ha giudicato illegittimo il modello scientifico che presiedeva al sistema di attribuzione del punteggio equalizzato, sulla cui base veniva definito l’ordine di graduatoria.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha rinvenuto elementi in senso contrario, direttamente ricavabili dal sistema di attribuzione dei punteggi equalizzati. Si è, infatti, evidenziato come lo strumento era stato concepito in funzione della «ripetibilità delle prove» prevista dalla normativa concorsuale, per cui il fatto che ogni candidato avrebbe potuto partecipare ad una doppia sessione di test legittimava l’utilizzo di una formula astrattamente capace di “migliorarsi” tra una sessione e l’altra.
Il giudice ha, poi, ricostruito la forbice dell’intervallo numerico entro il quale il meccanismo operava[23], tale elaborazione ha consentito al giudicante di demolire l’assunto del Tar circa l’esito della prova demandata «ad un fattore non controllabile dal candidato e pertanto non dipendente dalle sue capacità, a causa del diverso coefficiente di equalizzazione applicabile a ciascuna prova».
L’equalizzazione, dunque, avrebbe garantito la giusta parametrazione dei quesiti operata su base statistica e gli scostamenti di punteggio rispetto al massimo ottenibile sarebbero stati frutto di un «fondamento razionale in un inoppugnabile e non contestato sistema di misurazione della difficoltà dei quesiti avente base statistica».
In estrema sintesi la procedura è stata ritenuta salvabile poiché in linea con il principio di parità, garantito da un sistema di formazione del punteggio finale capace di tener conto del potenziale fattore di alterazione della parità di trattamento dei candidati, insito nell’estrazione causale dalla relativa banca dati di quesiti di diverso livello di difficoltà e dunque nel potenziale differente livello di difficoltà di ciascuna prova nel suo complesso.
Il Collegio ha visto, in senso opposto al Tar, nel coefficiente di equalizzazione una vera e propria funzione omogenizzante utile a garantire il riequilibrio del diverso livello difficoltà della prova e di correzione della casualità insita nel suo meccanismo di formazione; il tutto in coerenza con i canoni di par condicio, di selezione imparziale a stampo meritocratico che sul piano della legittimità amministrativa regolano il funzionamento dei pubblici concorsi.
Viene, poi, respinto energicamente l’automatismo secondo il quale «qualsiasi equalizzazione comporterebbe una distorsione», anzi ne viene sottolineata la funzione correttiva svolta dal coefficiente rispetto al diverso livello di difficoltà delle prove sostenute.
Vengono, poi, superate le ulteriori contestazioni di carattere tecnico di parte appellante, supportate dalla relazione prodotta, ma smentite dalle controdeduzioni del Cisia. Esse riguardavano rispettivamente le scelte di: impostare l’equalizzazione a livello dei singoli quesiti; limitare la rilevazione (il c.d. periodo di calibrazione) alla sola sessione di aprile e non anche a quella di luglio; ridurre l’ampiezza della banca dati; impostare il sistema di calcolo dei coefficienti di difficoltà dei quesiti con arrotondamento alla seconda cifra decimale. Tutte considerazioni che non hanno trovato presa nel giudizio di appello.
Ancora, ritenute inammissibili, sono state le ulteriori censure riproposte con l’appello principale, ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., relative alla scelta dell’amministrazione di non aver somministrato quesiti differenti per ognuna delle due sessioni, non scongiurando il rischio di una fuga di domande tra la prima e la seconda sessione di prove. Il rischio palesato era quello di attribuire un vantaggio ai partecipanti delle rispettive prove ledendo la par condicio, sulla base del criterio di pericolo astratto[24]. Tuttavia, il ricorrente non avendo specificato la sessione di suo interesse è decaduto dalla possibilità di approfondimento di una eventuale lesione del suo interesse legittimo.
Il giudice, poi, rinviene nella possibilità dei candidati di scegliere a quale sessione partecipare un importate appiglio in termini di equità di trattamento. Il fatto che l’art. 8, comma 2, del decreto ministeriale del 24 settembre 2022, n. 1107, aveva previsto tale circostanza è utilizzata del giudicante per escludere qualsiasi forma di illegittimità relativa ai coefficienti di facilità dei quesiti, calcolati unicamente al termine della sessione di aprile, sulla base delle risposte fornite dai candidati che vi avevano partecipato, e non anche in base agli esiti delle prove della sessione di luglio.
Sempre inammissibili sono state ritenute le censure relative alla ripartizione del tempo a disposizione dei candidati (90 minuti) in base alle 4 sezioni in cui era articolata la prova, raccolte all’interno del d.d. n. 1925/2022, che aveva previsto che «ogni sezione ha un tempo prestabilito, al termine del tempo di una sezione il candidato deve procedere e avviare la successiva (…); il candidato può utilizzare tutto il tempo assegnato a ciascuna sezione o chiuderla in anticipo rinunciando al tempo residuo»[25]. Tuttavia, di tali aspetti, secondo il Collegio non sono state prodotte le allegazioni utili a dimostrare il pregiudizio del ricorrente[26].
Infine, sono state ritenute generiche ed infondate le censure relative al preteso sottodimensionamento dei posti a disposizione per l’immatricolazione nei corsi di laurea a numero programmato per l’anno accademico in contestazione[27], poiché attinenti a profili di carattere discrezionale, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge 2 agosto 1999, n. 264[28]. Il giudice ha ribadito come la valutazione relativa ai posti da mettere a bando risponda ad esigenze di tipo organizzativo, non sindacabili in sede giurisdizionale e non ascrivibili ad alcun sintomo di eccesso di potere, ha poi troncato la censura mossa, anche, in ragione dello sforzo numerico compiuto dall’amministrazione che si è adoperata a bandire 19.544 posti per l’anno accademico 2023-2024, quando, in realtà, in sede governativa, ne erano stati ritenuti sufficienti 18.133[29].
In definitiva, il Consiglio di Stato ha sancito che il meccanismo di attribuzione dei punteggi utilizzato è risultato coerente con i canoni guida di imparzialità e parità di condizioni che sul piano della legittimità amministrativa presiedono al funzionamento dei concorsi pubblici: la sentenza non lascia spazio alcuno circa la validità del sistema di equalizzazione dei punteggi.
8. Considerazioni conclusive
La pronuncia in commento si è adoperata per legittimare l’operato delle amministrazioni coinvolte circa l’utilizzo di un innovativo sistema di calibrazione dei punteggi, demolito in primo grado e energicamente riabilitato in secondo.
Le considerazioni del Consiglio di Stato, seppur ampliamente motivate, attengono principalmente ad aspetti tecnici circa le modalità di funzionamento del metodo equalizzatore estratti dalla relazione presentata dal Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso, poiché tali erano i principali profili di merito portati dinanzi all’attenzione del giudicante.
Tuttavia, mettendo da parte i profili tecnici, supra analizzati, e legittimati dal massimo organo della giustizia amministrativa, in tale sede sorge spontaneo spostare l’attenzione sulle finalità del sistema, orientato ad assicurare l’effettività del diritto allo studio e la selezione dei più capaci e meritevoli.
Se è vero che la necessità del filtro all’ingresso sia utile a garantire una scrematura degli aspiranti medici e che questo, per come descritto, sia compatibile con la normativa nazionale ed europea, non è da sottovalutare l’aspetto relativo alla somministrazione di quiz a batteria quale strumento (aldilà del metodo utilizzato per il calcolo del punteggio) potenzialmente dannoso nei confronti di tutti quegli studenti contraddistinti da una mancanza di prontezza e di caratteristiche necessarie al superamento di una prova di tale impostazione che risulta, tra l’altro, lontana dal profilo umanistico dei corsi di laurea degli aspiranti medici.
Ciò posto, appare pretestuoso pensare che soltanto chi sia in grado di cimentarsi con successo in una selezione così asettica sia poi effettivamente coincidente con quel soggetto che, con maggiore probabilità, raggiungerà con successo la conclusione del percorso di studi e potrà, in prospettiva, maggiormente contribuire al progresso della società, visto anche l’aspetto umano che deve caratterizzare il futuro medico.
Ovviamente, per chi scrive, tali motivazioni non devono indurre ad abbandonare il criterio della capacità e del merito che deve sempre guidare l’amministrazione nella configurazione dei sistemi di accesso ai corsi a numero programmato, in modo che siano assicurati l’imparzialità e il buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.) in un contesto caratterizzato dall’esigenza di assicurare l’equilibrio di bilancio (artt. 81 e 97 Cost.).
Tuttavia, il contenzioso legato al sistema d’ingresso ai corsi di medicina non è certo novità dell’ultima sessione[30]. Il ricorso giurisdizionale, spesse volte in doppio grado di giudizio, è quasi divenuto passaggio obbligatorio per il candidato che voglia avere un’ulteriore possibilità di immatricolazione al corso di laurea ambito. Tale aggiuntiva chance confluisce in una richiesta economica alla famiglia utile a garantire all’aspirante medico, che non sia nella condizione economica di presentare un ricorso individuale, la partecipazione come candidato-ricorrente ad azioni massive di tutela giurisdizionale in forma collettiva, organizzate da professionisti che raggruppano tutti quegli interessi comuni agli esclusi e che tentano di cristallizzare le medesime ragioni all’interno di un singolo atto capace di tutelare contemporaneamente diversi interessi e, allo stesso tempo, di abbattere i costi della giustizia amministrativa.
In tal senso appare opportuno effettuare una riflessione sull’utilità del modello a “quiz” per l’accesso ai corsi di studi, destinati alla formazione del personale medico e quindi, in definitiva, alla spiegazione di meccanismi atti ad assicurare, attraverso l’individuazione delle risorse umane da destinare al settore sanitario, l’attuazione del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), risultando del tutto evidente che una selezione influenzata da fattori casuali delle suddette risorse non potrebbe in alcun modo ritenersi confacente all’obbligo della Repubblica, costituzionalmente sancito, di tutelare tale diritto.
L’accesso ai corsi di laurea in commento va, poi, analizzato nella prospettiva d’ingresso dei futuri medici all’interno degli organici della pubblica amministrazione[31], notoriamente segnati da gravi carenze: basti pensare al blocco del turn overche sin dai primi anni 2000[32], e poi con maggiore intensità dal 2010, ha contribuito alla costante riduzione del numero dei dipendenti pubblici e al progressivo invecchiamento della forza lavoro impiegata[33]. Il quadro è stato notevolmente aggravato dalle successive politiche di austerity seguenti alla crisi del 2008 che hanno, di fatto, sancito un pesante blocco assunzionale[34]. Tali politiche hanno visivamente segnato i più giovani i quali hanno scontato un pesante sbarramento all’accesso del mondo lavorativo, ivi compresi i camici bianchi. Il risultato ottenuto è stato quello di un ritardo nel ricambio generazionale, con logico deterioramento della qualità delle competenze e delle professionalità a servizio dell’amministrazione[35], il tutto in un momento cruciale poiché coincidente con il processo di transizione digitale[36]. Negli anni più recenti, a partire dalla legge delega n. 124/2015, il legislatore ha tentato di spezzare il trend negativo delle assunzioni pubbliche introducendo elementi di innovazione, superando il concetto di «dotazione organica» in favore della più ponderata nozione di «piani di fabbisogno del personale»[37], la quale, per come accennato anche nella sentenza in commento, è demandata a scelte discrezionali. Nell’opera di riassetto organizzativo il legislatore con il decreto legislativo n. 75 del 2017 ha operato modifiche sostanziali al decreto legislativo 165 del 2001 (agli artt. 6[38] e 6-ter[39]) implementando la disciplina dei piani fabbisogni di personale e, con la l. 56/2019, ha poi previsto che le amministrazioni nella redazione del piano del fabbisogno debbano tener conto anche «dell’esigenza di assicurare l’effettivo ricambio generazionale e la migliore organizzazione del lavoro, nonché, in via prioritaria, di reclutare figure professionali con elevate competenze»[40].
Tale breve ricostruzione è valida per rimarcare come gli interventi normativi dell’ultimo decennio siano orientati verso una rotta capace di rimpolpare le maglie dell’amministrazione, tuttavia, nel sistema di accesso alle professioni sanitarie, tale fine viene ostacolato dalle difficoltà generate dai meccanismi d’accesso. Gli studenti, in spesse occasioni, hanno attuato sistemi evasivi del sistema nazionale dei test, tramite iscrizione ad università dell’Ue maggiormente permissive in termini di entrata, per poi rientrare all’interno del sistema nazionale con il riconoscimento degli esami conseguiti all’estero[41] o, in ipotesi più estreme, abbandonando definitivamente la penisola e permanendo stabilmente ove si sono condotti gli studi esteri.
Ancora, numerosi medici, già affermati, hanno deciso di abbandonare il sistema nazionale per recarsi in paesi arabi, ove è garantito un altissimo livello di welfare oltre che a tutta una serie di vantaggi dal punto di vista retributivo e di qualità degli ambienti del lavoro[42].
Tali forti rigidità all’ingresso del sistema non appaiono, in definitiva, in linea con quelle che sono le reali esigenze del Paese; d’altro canto, il sistema a numero chiuso garantisce una maggiore qualità degli insegnamenti che, come già ribadito, attengono a beni di rango primario.
È allora auspicabile una riforma del sistema e, in tal senso, l’esecutivo ha preso atto di tali criticità e proprio lo scorso novembre è stata discussa in Senato la riforma dell’accesso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Il disegno mira a potenziare il SSN, incrementando il numero e la qualità dei professionisti sanitari e a tale scopo ha delegato il Governo ad introdurre un accesso libero al primo semestre dei corsi di laurea, eliminando quindi lo sbarramento all’ingresso, con un’ulteriore selezione per il secondo semestre, basata su esami e una graduatoria nazionale di merito.
Secondo la nuova impostazione, dunque, la selezione avverrà al termine di un primo semestre comune a tutti gli iscritti e solo dopo tale periodo verrà stabilito chi potrà proseguire in ragione degli esami svolti e del conseguimento dei relativi crediti negli insegnamenti ritenuti cruciali per il prosieguo del percorso universitario. Attualmente il provvedimento è nelle mani della Camera, successivamente, serviranno alcuni provvedimenti attuativi da parte del ministero e l’auspicata modifica al sistema d’accesso sarà operativa già dal 2025/26 soltanto se l’iter approvativo verrà ultimato prima dell’estate 2025, in caso contrario l’attuazione slitterà certamente al 2026[43].
[1] Tra le questioni più significative che hanno visto intervenire il Giudice amministrativo si segnala in particolare quella relativa all’anonimato delle prove, che ha originato le pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28 con riferimento alla modalità di ammissione per l’a.a. 2010/2011, e della Sez. VI, n. 15/2015 per l’a.a. 2014/2015. Sul tema dell’anonimato nelle prove di concorso, il giudice amministrativo ha stabilito come questi sia corollario del principio costituzionale di uguaglianza nonché di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati; tale criterio, costituendo applicazione di precetti costituzionali, assume una valenza generale ed incondizionata, mirando esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti. Qualora l’Amministrazione si discosti in modo percepibile dall’osservanza delle norme in materia di anonimato delle prove scritte di concorso, si determina una illegittimità di per se rilevante e insanabile, venendo in rilievo una condotta già ex ante implicitamente considerata come offensiva in quanto appunto connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto minacciare il bene protetto dalle regole stesse; mutuando la antica terminologia penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.
[2] In senso opposto alla sentenza in commento, invece, la vicenda riguardante l’ammissione relativa all’anno accademico 2018/2019. In quell’occasione il Tar aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto per l’annullamento del D.M. 337/18 (ovvero il bando che definiva le modalità per l’accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia e al corso di odontoiatria e protesi dentaria per l’a. a. 2018/2019). Tuttavia, in secondo grado, la decisione veniva totalmente ribaltata sulla scorta di un duplice profilo attinente: “da un lato, quella di consentire agli Atenei, sotto il profilo organizzativo, la possibilità di garantire un’offerta formativa compatibile con le proprie risorse strumentali e umane, dall’altro, quella di assicurare l’accesso al predetto corso ai soggetti in possesso delle cognizioni tecniche e delle capacità attitudinali necessarie per la proficua frequenza di corsi universitari di così elevato livello formativo”. Cons. Stato, Sez. VII, n. 8213/2022.
[3] Per tale superamento si intende quel bisogno effettivo di tutela giurisdizionale e, come tale, rilevante quale condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., nel senso che l’annullamento degli atti gravati deve risultare idoneo ad arrecare al ricorrente un’effettiva utilità. Sul punto per consolidata giurisprudenza nelle controversie relative alla contestazione dei risultati di un concorso pubblico non può prescindersi - ai fini della verifica della sussistenza di un concreto ed attuale interesse al ricorso - dalla c.d. prova di resistenza, dovendo, infatti, il ricorrente principale dimostrare (o comunque quantomeno fornire un principio di prova in ordine al) la possibilità di ottenere un collocamento in graduatoria in posizione utile in caso di eventuale accoglimento dei motivi di ricorso proposti, essendo altrimenti inammissibile la domanda formulata. Infatti, il candidato, che impugna i risultati di una procedura concorsuale, ha l'onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestare la graduatoria, non potendo egli far valere, quale defensor legitimitatis, un astratto interesse dell'ordinamento ad una corretta formulazione della graduatoria, se tale corretta formulazione non comporti per lui alcun apprezzabile risultato concreto. (ex multis, C.G.A., 4 marzo 2019, n. 201; Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2019 n. 5837; sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4963 e 20 maggio 2009, n. 3099; sez. III, 5 febbraio 2014 n. 571).
[4] Sul punto Cons. Stato, VII, 26 giugno 2023, nn. 6237 e 6238.
[5] V. nota n. 28.
[6] V. Cons. Stato, Ad. plen., 9 novembre 2021, n. 22.
[7] Per candidati si intendono i soggetti dei Paesi UE e dei Paesi non UE di cui all’art. 39, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nonché dei Paesi non UE residenti all’estero ai corsi laurea magistrale a ciclo unico di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria in lingua italiana di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264.
[8] Ai sensi dell’art. 6, c. 4, D.M. n. 1107/2022, infatti, è stato previsto che: “Al candidato che ha sostenuto il test TOLC è assegnato un punteggio c.d. “equalizzato” che è ottenuto sommando il punteggio conseguito dal candidato con le risposte fornite ai quesiti 8 (punteggio c.d. “non equalizzato”) e un numero che misura la difficoltà della prova denominato “coefficiente di equalizzazione della prova”. L’attribuzione del punteggio non equalizzato avviene come segue: - 1,00 punti per ogni risposta esatta; - meno 0,25 punti per ogni risposta errata; - 0 punti per ogni risposta omessa. Il modello scientifico e i criteri di valutazione delle prove secondo il coefficiente di equalizzazione sono disciplinati nell’Allegato 2, che costituisce parte integrante del presente decreto.”
[9] Nello specifico riguardavano: competenze di lettura e conoscenze acquisite negli studi, biologia, chimica, fisica, matematica e ragionamento.
[10] Ai sensi dell’allegato 2 del D.M. n. 1107 del 24 settembre 2022, Modello scientifico e sistema di attribuzione dei punteggi equalizzati, questi viene descritto come: “Il nuovo sistema di accesso prevede un cambiamento sostanziale rispetto al modello previgente ed ha l’obiettivo di realizzare una selezione in ingresso equa ed efficace, che garantisca pari opportunità di accesso, ripetibilità delle prove e possibilità di attingere a strumenti di miglioramento della preparazione iniziale. Coerentemente con tale obiettivo, il nuovo modello di selezione ed accesso costituirà altresì un efficace strumento di orientamento che supporterà i partecipanti nella scelta consapevole del proprio percorso formativo. La predisposizione e la custodia dei quesiti è conseguente agli obiettivi posti alla base del modello scientifico. Elemento essenziale del modello, garantito dal CISIA, è costituito dal costante monitoraggio e dall’analisi dei risultati al fine di migliorare nel tempo la capacità orientativa e la capacità predittiva del test. Più nel dettaglio le prove saranno composte da quesiti la cui effettiva difficoltà sarà determinata a valle dell’erogazione. I punteggi assegnati ai partecipanti sono calcolati introducendo un coefficiente di equalizzazione che tiene conto delle difficoltà misurate dei singoli quesiti e rende equa la comparazione di tutte le prove sostenute, anche se composte da quesiti diversi e svolte in momenti diversi. Ne consegue che i quesiti presenti nelle prove devono necessariamente costituire una banca dati riservata non pubblica, di proprietà del CISIA, progressivamente alimentata e aggiornata, in grado di soddisfare l’esigenza di migliorare e mantenere nel tempo la qualità della selezione. Anche in presenza di una banca dati riservata, è possibile comunque garantire tutti gli elementi di trasparenza attraverso la comunicazione dei criteri e dei singoli argomenti con cui si costruisce il test e delle procedure attraverso le quali si garantisce l’analoga difficoltà/selettività dei test sostenuti e la pubblicazione di esercitazioni molto simili al test per argomenti e difficoltà. In casi motivati sarà comunque garantito l’accesso secondo modalità stabilite dagli Atenei e dal CISIA.”
[11] Il punteggio equalizzato della prova (𝑃𝑒𝑞) di ogni partecipante si ottiene sommando al punteggio non equalizzato della prova (𝑃𝑛𝑒) il coefficiente di equalizzazione della prova (𝐶𝑒𝑞). V. Decreto Ministeriale n. 1107/2022, all. 2.
[12] Si definisce coefficiente di facilità di una prova (𝐶𝑑𝐹𝑃) la somma dei coefficienti di facilità dei 𝑘 quesiti (𝐶𝑑𝐹𝑖) che la compongono. V. Decreto Ministeriale n. 1107/2022, all. 2.
[13] Si definisce coefficiente di facilità (CdF) di un quesito erogato il valor medio dei punteggi ottenuti per quello specifico quesito dagli 𝑁partecipanti ai quali il quesito è stato somministrato durante il periodo di calibrazione. V. Decreto Ministeriale n. 1107/2022, all. 2.
[14] V. nota successiva.
[15] Le norme relative alla condizione di parità che deve essere sempre garantita in sede concorsuale sono rinvenibili nei canoni dell’art. 97 della Costituzione; nei principi di cui all’art. 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) in relazione ai generali canoni volti a guidare l’intera attività amministrativa; nella disciplina di dettaglio del D.P.R. 9 maggio 1994, N. 487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi).
[16] Interessante ricostruzione sul tema del diritto allo studio - nel quadro dei principi costituzionali fondamentali, della giurisprudenza costituzionale, nonché della più recente legislazione statale e regionale – è effettuata da M. ROSINI, Capacità, merito e carenza di mezzi. Riflessioni critiche sul diritto allo studio, in Federalismi, 2022.
[17] Autorevoli commenti dell’art. 34 Cost.: M. BENVENUTI, Articolo 34, in F. CLEMENTI, L. CUOCOLO, F. ROSA, G.E. VIGEVANI (a cura di), La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, Bologna 2021, p. 238ss.; Q. CAMERLENGO, Art. 34 Cost., in S. BARTOLE, R. BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova 2008, p. 341ss; A. POGGI, Art. 34, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. I, Torino 2006, p. 704ss.; B. CARAVITA, Art. 33 e 34, in V. CRISAFULLI, L. PALADIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova 1990, p. 232; S. CASSESE, A. MURA, Art. 33 e 34, in M. BESSONE, L. MONTUSCHI, D. VINCENZI AMATO, S. CASSESE, A. MURA, Rapporti etico-sociali. Commentario della Costituzione, diretto da G. Branca, Roma 1976, p. 252 ss.
[18] F. GRANDI, L’accesso ai più alti gradi dell’istruzione (il diritto allo studio attraverso la lente del principio personalista), in M. DELLA MORTE (a cura di), La dis-eguaglianza nello Stato costituzionale, Quaderni del Gruppo di Pisa, Napoli 2016, p. 61.
[19] Corte cost. 29 maggio 2002, n. 219, punto 4 del Considerato in diritto.
[20] Per il giudice della legalità costituzionale delle leggi: “Il diritto allo studio comporta non solo il diritto di tutti di accedere gratuitamente alla istruzione inferiore, ma altresì quello – in un sistema in cui "la scuola è aperta a tutti" (art. 34, primo comma, della Costituzione) – di accedere, in base alle proprie capacità e ai propri meriti, ai "gradi più alti degli studi" (art. 34, terzo comma): espressione, quest’ultima, in cui deve ritenersi incluso ogni livello e ogni ambito di formazione previsti dall’ordinamento”. Con la conseguenza che “Il legislatore [...] può regolare l’accesso agli studi, anche orientandolo e variamente incentivandolo o limitandolo in relazione a requisiti di capacità e di merito, sempre in condizioni di eguaglianza, e anche in vista di obiettivi di utilità sociale”, Corte cost. cit., n. 219 ripresa dalla più recente Corte cost. 19.3.2021, n. 42.
[21] Nei punti 48 e 49 della sentenza 2 aprile 2013 Tarantino e altri c. Italia: “48. The Court further considers that these restrictions conform to the legitimate aim of achieving high levels of professionalism, by ensuring a minimum and adequate education level in universities running in appropriate conditions, which is in the general interest. 49. As to the proportionality of the restrictions, firstly in relation to the entrance examination, the Court notes that assessing candidates through relevant tests in order to identify the most meritorious students is a proportionate measure to ensure a minimum and adequate education level in the universities”.
[22] Cfr. ex multis: T.A.R., Lazio, Roma, III n. 18980/2023; T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 11328/2021, pagg. da 17 a 19; T.A.R. Lazio, Roma, III, 7 giugno n. 7358/2022; Cons.St., VI, n. 2296/2022; Cons. St., VI, n. 2302/2022, p. 3.2.
[23] V. punti nn. 10 e 11 della sentenza in nota.
[24] V. nota n. 1.
[25] Art. 4, comma 7, lett. b, del decreto direttoriale del 30 novembre 2022, n. 1925, recante la definizione delle modalità di svolgimento della prova d’esame.
[26] Si è anche tentato di specificare come il meccanismo avrebbe inciso sulla posizione di tutti i partecipanti in ragione di un palesato interesse astratto alla mera legalità amministrativa, non coerente con le caratteristiche di giurisdizione di tipo soggettivo quale quella amministrativa. Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 13 aprile 2015, n. 4.
[27] Per l’anno accademico 2018/2019 si era invece stabilito come “Considerato che l’aumento dei posti complessivi nelle Università italiane per detti corsi di laurea, disposto sia pur a partire dell’a. acc. 2019/2020, è indizio serio e non revocabile in dubbio della fondatezza della censura sul sottodimensionamento dei posti fin qui resi disponibili, compresi quelli per cui è causa, cosa, questa, che non smentisce, ma rende l’accesso programmato ai corsi medesimi fondato su numeri dell’offerta formativa, al contempo più realistici in sé ed adeguati ai prevedibili fabbisogni sanitari futuri”. Cons. Stato, sez. VI, ord. 25 luglio 2019 n. 3784.
[28] Nello specifico la norma individua “la valutazione dell'offerta potenziale, al fine di determinare i posti disponibili di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, è effettuata sulla base: a) dei seguenti parametri: 1) posti nelle aule; 2) attrezzature e laboratori scientifici per la didattica; 3) personale docente; 4) personale tecnico; 5) servizi di assistenza e tutorato; b) del numero dei tirocini attivabili e dei posti disponibili nei laboratori e nelle aule attrezzate per le attività pratiche, nel caso di corsi di studio per i quali gli ordinamenti didattici prevedono l'obbligo di tirocinio come parte integrante del percorso formativo, di attività tecnico-pratiche e di laboratorio; c) delle modalità di partecipazione degli studenti alle attività formative obbligatorie, delle possibilità di organizzare, in più turni, le attività didattiche nei laboratori e nelle aule attrezzate, nonché dell'utilizzo di tecnologie e metodologie per la formazione a distanza.”
[29] G. GENTILE, Il reclutamento pubblico: aspetti organizzativi, modelli di selezione e nuovi assetti, Giappichelli Editore, 2023, p. 27 e ss., ove si sottolinea come la programmazione del fabbisogno di personale costituisce il momento strategico in cui le amministrazioni pubbliche danno vita alla mappa delle professionalità che, poi, troveranno un concreto riscontro nel momento della redazione del bando di concorso. Sul tema tra i tanti, S. GASPARRINI, Conoscere per reclutare, in Giorn. dir. amm., 2021, p. 337 ss.; G. VECCHI, Fabbisogni e change management nella PA: per un reclutamento selettivo basato su progetti di riorganizzazione, in U. CARABELLI, L. ZOPPOLI (a cura di), Rinnovamento delle PA e nuovo reclutamento, in Riv. giur. lav., Quad. 6, 2021, p. 21 ss.; H. BONURA, Pianificazione e analisi dei fabbisogni, in Il lavoro pubblico, a cura di G. AMOROSO, V. DI CERBO, L. FIORILLO, A. MARESCA, Collana «Le fonti del diritto italiano», Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, p. 321 ss.; M. ESPOSITO, Sisifo unchained? La pianificazione delle risorse umane nel lavoro pubblico: antiche questioni (irrisolte) e nomenclature “di seconda mano”, in Lav. pubbl. amm., 3, 2018, p. 67; A. RICCOBONO, La nuova disciplina sugli organici tra opportunità e occasioni mancate, in Il lavoro alle dipendenze della P.A. dopo la “Riforma Madia”, a cura di A. GARILLI, A. RICCOBONO, C. DE MARCO, A. BELLAVISTA, M. MARINELLI, M. NICOLOSI, A. GABRIELE, Cedam, Padova, 2018, p. 21 ss.; M. D’ONGHIA, Organizzazione degli uffici e superamento delle dotazioni organiche, in M. ESPOSITO, V. LUCIANI, A. ZOPPOLI, L. ZOPPOLI (a cura di), La riforma dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Commento alle innovazioni della XVII legislatura (2013-2018) con particolare riferimento ai d.lgs. n. 74 e 75 del 25 maggio 2017 (c.d. Riforma Madia), cit., p. 77 ss.
[30] Cfr. note nn. 1 e 2.
[31] Sul tema, A. MARRA, I pubblici impiegati tra vecchi e nuovi concorsi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1, 2019, p. 233 s.; S. PEDRABISSI, Il procedimento concorsuale nel prisma dei saperi necessari alla Pubblica Amministrazione, in Var. tem. dir. lav., 1, 2020, p. 127 ss.; A. BOSCATI, Dalle esigenze dell’organizzazione alle modalità di reclutamento: punti critici della disciplina vigente e possibili interventi di riforma, in U. CARABELLI, L. ZOPPOLI (a cura di), Rinnovamento delle PA e nuovo reclutamento, in Riv. giur. lav., Quad. 6, 2021, p. 55; S. GASPARRINI, Conoscere per reclutare, in Giorn. dir. amm., 2021, p. 337 ss.
[32] Il blocco delle assunzioni ha inizio formalmente con l’art. 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) per poi proseguire con più vigore dal 2010.
[33] Cfr. RAPPORTO INAPP 2021, Lavoro, formazione e società in Italia nel passaggio all’era post Covid-19, maggio 2021, p. 98, relativamente all’innalzamento dell’età media dei dipendenti pubblici (da 44,8 a 50,72) e all’incidenza del numero dei dipendenti pubblici rispetto alla popolazione (il più basso d’Europa con il 5,5%, rispetto all’8,4% della Francia, al 5,8% della Germania, e al 6,7% della Spagna). V. anche RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO, La distribuzione per classi di età e andamento dell’età media nel periodo 2003-2019, 2020; CORTE DEI CONTI, Relazione sul costo del lavoro pubblico 2020, in www.cortedeiconti.it; FORUM PA, Lavoro pubblico 2021, giugno 2021, in www. forumpa.it; CAMERA DEI DEPUTATI – SERVIZIO STUDI XVIII LEGISLATURA, Concorsi, limiti assunzionali e dotazioni organiche nella P.A., 22 luglio 2022. In chiave comparata con gli apparati pubblici europei, v. anche R. REALFONZO, A. VISCIONE, Costi ed efficienza dell’amministrazione pubblica italiana nel confronto internazionale, in Riv. giur. lav., I, 2015, p. 497 ss.
[34] Conseguentemente è scaturita una diminuzione di unità di personale, ma anche una contrazione della spesa pubblica per stipendi di 1,8 miliardi di euro in dieci anni tra il 2008 e il 2018 (Fonte: EUROSTAT). Negli anni successivi allo sblocco del turn over, i dati aggregati per comparto hanno evidenziato significative diversità all’interno dell’apparato del pubblico impiego: a fronte di una diminuzione costante del numero dei dipendenti nelle Funzioni Centrali e Locali, si è invece assistiti, dal 2018, ad una crescita delle assunzioni nel comparto sanità, cfr. COMITATO SCIENTIFICO PER LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELLE RIFORME IN MATERIA DI CAPITALE UMANO PUBBLICO, Rapporto 2022, p. 11
[35] M. D’ONGHIA, La centralità della pianificazione dei fabbisogni e del sistema di reclutamento per una pubblica amministrazione efficiente, in Var. tem. dir. lav., 1, 2020, p. 76.
[36] Sul tema L. ZOPPOLI, P. MONDA, Innovazioni tecnologiche e lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Dir. rel. ind., 2, 2020; C. ACOCELLA, A. DI MARTINO, Il rinnovamento delle competenze nell’amministrazione digitale, in Riv. di Digital Politics, 1-2, 2022, p. 93 ss.; S. STACCA, La selezione del personale pubblico al tempo delle tecnologie digitali, paper presentato al Convegno AIPDA 2019, aipda.it.
[37] Si v. R. GUIZZARDI, Come cambia il rapporto tra dotazione organica, fabbisogno triennale e assunzioni a seguito dell’entrata in vigore della riforma della PA, in Aziendaitalia – Il Personale, n. 6/2017, pp. 333-338. Per una analisi sul superamento delle dotazioni organiche si V. anche M. D’ONGHIA, Organizzazione degli uffici e superamento delle dotazioni organiche, in M. ESPOSITO, V. LUCIANI, A. ZOPPOLI (a cura di), La riforma dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Cit., p. 77 e ss; A. BOSCATI, Il reclutamento riformato, in A. BOSCATI, A. ZILLI (a cura di), Il reclutamento nella p.a. dall’emergenza alla nuova normalità, cit., p. 64
[38] L’art. 6, d.lgs. n. 165/2001, come modificato dall’art. 4, d.lgs. n. 75/2017 (in attuazione della direttiva generale posta dall’art. 17, comma 1, lett. q) della legge delega n. 124/2015 e volta ad un «progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni».
[39] Con le Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle PA previste dall’art. 6-ter – adottate con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze il 9 maggio 2018 – sono stati elaborati i «criteri che le pubbliche amministrazioni devono seguire nella elaborazione del Piano Triennale». Sul punto V. G. GENTILE, Il reclutamento del personale pubblico, in M. ESPOSITO, V. LUCIANI, A. ZOPPOLI (a cura di), La riforma dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Commento alle innovazioni della XVII legislatura (2013-2018) con particolare riferimento ai d.lgs. nn. 74 e 75 del 25 maggio 20 17 (c.d. riforma Madia), Torino, 2018, p. 95 e ss.
[40] La cd. “Legge concretezza” all’art. 3, legge 19 giugno 2019, n. 56, fa riferimento a «figure professionali con elevate competenze in materia di: a) digitalizzazione; b) razionalizzazione e semplificazione dei processi e dei procedimenti amministrativi; c) qualità dei servizi pubblici; d) gestione dei fondi strutturali e della capacità di investimento; e) contrattualistica pubblica; f) controllo di gestione e attività ispettiva; g) contabilità pubblica e gestione finanziaria» (per un commento, cfr. V. TALAMO, Il pubblico impiego, in Giorn. dir. amm., 2, 2019, p. 176; B.G. MATTARELLA, La concretezza dell’amministrazione e quella della legge, in Giorn. dir. amm., 6, 2019, pp. 714-718; A. ZILLI, Alla ricerca dell’efficienza delle pp.aa., tra concorrenza, mille proroghe e bilancio, in Lav. giur., 3, 2020, p. 226 ss.).
[41] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, Sent. n. 2746/2015, ove il giudice stabiliva che “È illegittima la delibera con la quale il Consiglio di Corso di laurea in medicina e chirurgia di una università italiana respinge l’istanza avanzata da studenti iscritti al primo anno di studi di Facoltà di medicina di una università straniera, volta ad ottenere il trasferimento presso l’università italiana con iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea in medicina e chirurgia con la motivazione che tali studenti, provenendo da università straniere, non avrebbero superato in Italia l’esame di ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia, requisito essenziale previsto dal manifesto degli studi (L. n. 264/1999)”. Confermando la sentenza del Tar Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 37/2014; in senso conforme Cons. Stato n. 2744/2015.
[42] Dati analizzati dall'Associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l'Unione medica euro mediterranea (Umem): dei 450 professionisti della sanità italiani e dei 50 europei residenti in Italia che nell’ultimo trimestre hanno iniziato a programmare un lavoro nei Paesi del Golfo, 250 sono medici specialisti, 150 sono infermieri e 100 sono medici generici, fisioterapisti, farmacisti, podologi e dietisti, 2023.
[43] Come anche riportato in www.ilsole24ore.com/art/test-d-ingresso-medicina-addio-piu-dopo-l-ok-senato-riforma-AGijpPRB .