Il soccorso istruttorio e l’omologazione del concordato in continuità nelle procedure ad evidenza pubblica (nota a Cons. St., Sez. III, n. 9147/2022)
di Tania Linardi
Sommario: 1. Fatto e vicenda processuale. 2. Sulla portata applicativa del soccorso istruttorio della stazione appaltante. Brevi cenni: casistica giurisprudenziale. 2.1. La posizione del Consiglio di Stato sull’operatività del soccorso istruttorio in caso di mancata presentazione della domanda di partecipazione. 3. Sugli effetti dell’omologazione del concordato: il dibattito giurisprudenziale e la soluzione adottata nel caso in esame. 4. Rilievi conclusivi: verso l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.
1. Fatto e vicenda processuale.
I fatti da cui scaturisce la vicenda posta alla base del presente commento riguardano gli esiti di una procedura indetta per l’affidamento del servizio di vigilanza attiva e passiva di un’Azienda ospedaliera sita in Campania, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel particolare, la società classificatasi in seconda posizione presentava ricorso avverso la deliberazione del Direttore generale con cui veniva aggiudicato il lotto numero 1 della suddetta procedura negoziata. Le censure ivi enucleate concernevano l’asserita sussistenza di tre ordini di ragioni in grado di comportare l’esclusione della società dalla procedura: (a) la mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara; (b) il mancato ottenimento dell’autorizzazione di cui all’art. 186 –bis, comma 4, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare); (c) una situazione di grave irregolarità contributiva dell’operatore aggiudicatario. Inoltre, la ricorrente deduceva la presenza di un’erronea valutazione delle offerte tecniche, l’illegittima modifica dei criteri di valutazione delle offerte, nonché l’incompetenza dei componenti della commissione di gara.
Sul punto, il Tribunale Amministrativo Regionale competente, con la sentenza n. 4325 del 24 giugno 2022, disponeva il rigetto di tutti i motivi di ricorso.
Quanto al primo motivo, il Collegio chiariva che, alla luce della formulazione dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, dovesse ritenersi attratta nel perimetro applicativo della norma anche l’ipotesi della mancata presentazione della domanda di partecipazione “allorquando, come nella specie, non risulti affatto pregiudicato l’interesse sostanziale dell’amministrazione, in ragione della possibilità di desumere – dall’offerta tecnica ed economica del concorrente, nonché dal DGUE (comunque presentati nel rispetto dei termini di scadenza e dei requisiti partecipativi richiesti a tale data) – non solo la sicura manifestazione di volontà, sia pure non formalmente espressa, riferibile ad un preciso operatore economico, di partecipare alla gara, ma anche il complesso delle informazioni rilevanti ai fini della partecipazione (…).
Ancor più nel particolare, il Tar precisava che dovesse ritenersi esclusa l’applicazione della sanzione espulsiva, invece invocata dalla ricorrente, in ragione della natura meramente formale e non sostanziale riconducibile all’ipotesi della mancata presentazione della domanda di partecipazione da parte dell’operatore economico. Si riteneva, infatti, sproporzionata siffatta sanzione, ponendosi essa in contrasto con la logica della massima partecipazione nell’ottica della più ampia concorrenza nel mercato di riferimento.
Ulteriormente, per quel che rileva ai fini della presente trattazione, il Collegio respingeva anche il motivo di ricorso concernente la sussistenza di un motivo di esclusione per non aver l’aggiudicataria richiesto al giudice delegato l’autorizzazione alla partecipazione alla gara, pur essendo coinvolta in una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale.
In proposito, il Collegio evidenziava che, a seguito dell’intervento dell’omologa del concordato preventivo, l’operatore economico dovesse ritenersi collocato nella separata fase di esecuzione, quale momento non riconducibile alla procedura concordataria propriamente intesa ormai già conclusa, come desumibile anche dall’art. 181, l. fallimentare. In termini, testualmente si precisava che, dopo l’omologazione, “(…) l’impresa riacquista la piena capacità di agire ai fini del compimento di tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, in ragione della restituzione della capacità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda in capo all’organo gestorio, che deve operare nel rispetto del piano, senza necessità di autorizzazione, ferma restando la vigilanza degli organi della procedura”. Nel solco di tali rilievi, i Giudici ponevano in luce la funzione meramente di “controllo” ascritta al commissario giudiziale, ragion per cui l’impresa non avrebbe necessitato di alcuna specifica autorizzazione ai fini della regolare partecipazione alle gare pubbliche. In altri termini, si riteneva non applicabile l’art. 186 bis, co. 4, l. fallimentare, in quanto riferibile alla differente ipotesi in cui non vi fosse l’omologazione del concordato.
Così, veniva proposto appello avverso la suesposta decisione, evidenziandosi taluni profili di contraddittorietà. Dall’analisi della stessa giurisprudenza richiamata dai giudici di prime cure ai fini della risoluzione della questione giuridica, infatti, si desumeva che il soccorso istruttorio non avrebbe consentito “all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte”.
Inoltre, si osservava che, in ossequio a quanto previsto dal Disciplinare di gara, la controinteressata avrebbe dovuto inserire alcune specifiche “dichiarazioni integrative”, non desumibili nemmeno implicitamente dagli altri documenti prodotti.
Secondo quanto sancito da parte della giurisprudenza civile[1], si precisava che l’omologazione non fosse di per sé sola idonea ad attribuire al debitore la piena disponibilità del patrimonio, essendo quest’ultimo in ogni caso “vincolato all’attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata”, ai sensi degli artt. 180 e 185 della legge fallimentare. Si evidenziava, altresì, anche la posizione di quella giurisprudenza del Consiglio di Stato[2] a detta della quale, a seguito dell’omologazione, l’operatore economico non riacquisterebbe la piena capacità di agire, che sarebbe, invece, ottenibile in sede di adozione del decreto teso ad accertare l’adempimento del piano concordatario.
Quindi, ai sensi degli indirizzi giurisprudenziali sopra richiamati, la parte appellante sosteneva che, nella fase successiva alla pronuncia di omologazione, l’operatore avrebbe dovuto richiedere (ed ottenere) una specifica autorizzazione da parte del giudice delegato ai fini della regolare partecipazione alle gare pubbliche.
2. Sulla portata applicativa del soccorso istruttorio della stazione appaltante. Brevi cenni: casistica giurisprudenziale.
L’istituto del soccorso istruttorio, specie con riferimento alle procedure ad evidenza pubblica, svolge un ruolo essenziale nella graduazione dei poteri espulsivi dell’Amministrazione, imponendo, alle condizioni normativamente previste, l’attivazione di quel “dialogo procedimentale”[3] con gli operatori economici teso a colmare talune carenze o errori nella produzione dei documenti di gara. [4]
In via generale, il meccanismo del c.d. soccorso istruttorio procedimentale è rinvenibile nell’art. 6, co. 1, lett. b), legge n. 241 del 1990, ascrivendosi tra i compiti del responsabile del procedimento, il quale, secondo la formulazione letterale della norma in esame, “può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali”.
Sul punto, la dottrina ha evidenziato la valenza molto ampia di tale istituto, tanto da qualificarlo alla stregua di un vero e proprio principio di portata generale inserito nel contesto di un’ottica collaborativa[5], essendo ravvisabile un potere-dovere in capo alla P.A. di chiedere le integrazioni documentali o delle dichiarazioni fornite dal privato nell’ambito della fase istruttoria del procedimento amministrativo[6].
Ciò emerge anche dall’analisi sistematica delle norme collocate nel Capo II, rubricato Responsabile del procedimento, della Legge generale sul procedimento amministrativo, ove dalla lettura degli artt. 4, 5, 6 si desume l’assoluta centralità della fase istruttoria e delle attività connesse, in quanto prodromiche all’adozione del provvedimento finale[7]. Per tale ragione, anche a livello terminologico, si assiste, con riferimento ai compiti assegnati al responsabile del procedimento, all’utilizzo da parte del Legislatore di talune formule lessicali spesso molto ampie e dal contenuto indeterminato, in grado di abbracciare un’ampia varietà di ipotesi concrete, sempreché finalisticamente orientate a garantire l’adeguatezza e la ragionevole celerità dell’istruttoria ai fini dell’adozione del provvedimento finale [8], in ossequio ai criteri di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, di cui all’art. 1, legge n. 241 del 1990.
In sede pretoria, l’istituto de quo è stato qualificato come uno strumento in grado di incentivare la leale collaborazione tra i privati e l’Amministrazione procedente, quale corollario del canone del buon andamento amministrativo cristallizzato nell’art. 97 della Carta costituzionale[9]. Tuttavia, si è evidenziato come la valenza operativa del c.d. soccorso istruttorio procedimentale non abbia, in realtà, una portata assoluta ed illimitata, dovendosi effettuare, specie nelle procedure selettive, un ragionevole bilanciamento con il principio di “autoresponsabilità” gravante sui candidati. Essi, infatti, sono tenuti a rispettare quegli obblighi minimi di cooperazione nella presentazione e compilazione dei documenti, ove ciò sia richiesto in modo chiaro dalla legge di gara e non comporti particolari oneri o difficoltà tecnico informatiche, nell’ottica del rispetto del principio della par condicio tra i concorrenti[10]. Tali obblighi di correttezza, come noto, troverebbero specifica copertura costituzionale negli artt. 2 e 97 Cost., che costituiscono il fondamento sostanziale del principio della solidarietà[11] e della autoresponsabilità[12].
In concreto, le problematiche connesse all’attività interpretativa di bilanciamento tra i suddetti principi talvolta venivano risolte ritenendo ammissibile il ricorso al meccanismo del soccorso istruttorio soltanto nelle ipotesi in cui fosse necessario effettuare una mera attività di regolarizzazione documentale.[13] Invece, si escludeva l’operatività del soccorso in caso di integrazione di documenti non prodotti dal privato e richiesti a pena di esclusione[14] oppure nelle ipotesi di carenza non sanabile, laddove afferente ad un elemento essenziale della domanda[15].
Circa la natura giuridica del potere di soccorso, pur non registrandosi unanimità di vedute nella giurisprudenza, di recente appare prevalere quell’indirizzo interpretativo che qualifica l’invito del responsabile del procedimento alla regolarizzazione non già in termini di mero potere[16], bensì quale vero e proprio “dovere”[17].
Quest’ultima impostazione appare rinvenibile soprattutto nel settore delle procedure ad evidenza pubblica, anche nella vigenza del codice del 2006[18], specie a far data dalle modificate apportate agli artt. 46 e 38, d. lgs. n. 163 del 2006, dalla l. n. 114 del 2014. È stato, infatti, introdotto un meccanismo dal contenuto più ampio che presenta i caratteri della doverosità, essendo esperibile il soccorso istruttorio anche per consentire integrazioni di documenti non prodotti dai concorrenti. In tal modo, infatti, è stata valorizzata maggiormente la portata applicativa del principio del favor partecipationis e la prevalenza della “sostanza” (quanto alla verifica della effettiva sussistenza dei requisiti di partecipazione, nonché della capacità tecnica ed economica degli operatori), rispetto alle esigenze di mero formalismo, potenzialmente idonee ad introdurre talune barriere all’ingresso nel mercato contrattuale di riferimento.[19]
Il carattere doveroso[20] dell’attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante è evincibile anche dall’attuale formulazione dell’art. 83, co. 9[21], d.lgs. n. 50 del 2016[22], ove si prevede che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio (…)”. La disposizione in commento prosegue, poi, enucleando più nel dettaglio le differenti ipotesi mediante le quali tali “carenze” potrebbero manifestarsi, richiamando la più grave forma della “mancanza”, nonché quella della “incompletezza” degli elementi prodotti. Il carattere non tassativo dell’elenco presente nella norma in esame si desume dal successivo riferimento ad “ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’art. 85”. L’ampiezza di tale “clausola aperta”, idonea a ricomprendere potenzialmente al suo interno una varietà indefinita di situazioni suscettibili di ricadere nel perimetro applicativo del soccorso istruttorio, ha consentito alle elaborazioni pretorie di chiarirne, di volta in volta, la concreta operatività. L’unico limite espressamente previsto dal Legislatore quanto all’ambito oggettivo di applicazione del soccorso istruttorio concerne, infatti, i casi di carenze relative all’offerta economica e tecnica, nonché quelle in grado di compromettere “l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”, qualificate in termini di irregolarità essenziali non sanabili.
In giurisprudenza, le numerose problematiche interpretative emerse in subiecta materia hanno riguardato, a titolo meramente esemplificativo, le ipotesi di irregolarità afferenti alla domanda partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica. Come anticipato, il comma 9 dell’art. 83 cit. sancisce espressamente, nell’incipit, che mediante il soccorso istruttorio possono essere sanate le “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, lasciando aperta la questione interpretativa relativa all’esatta perimetrazione delle tipologie di vizi formali suscettibili di ricadere nello spazio di operatività della norma. Appare desumibile, effettuando un’interpretazione a contrario della disposizione, che i vizi sostanziali inficianti la domanda non potrebbero essere sanati dal meccanismo del soccorso istruttorio. La disposizione in commento sembrerebbe sancire, a livello letterale, che l’operatività del soccorso sia subordinata alla presenza di una carenza di un elemento della domanda, non già della domanda di partecipazione tout court. [23] Tuttavia, la giurisprudenza più recente appare tendenzialmente orientata ad adottare un approccio di stampo eminentemente sostanzialistico, a seconda delle specificità del singolo caso concreto, ritenendo che l’operatore economico che non abbia allegato la domanda di partecipazione non possa, solo per tale ragione, automaticamente essere escluso dalla procedura se la volontà di partecipare alla gara sia comunque desumibile in modo inequivoco dagli altri documenti prodotti[24] e se ciò non si traduca in un’incertezza sulla provenienza dell’offerta o sul suo contenuto.
Ulteriore ipotesi analizzata recentemente dalla giurisprudenza concerne la valutazione delle conseguenze derivanti dalla mancata produzione, da parte di un operatore economico, di un attestato di equipollenza di un titolo di studio estero nell’ambito della procedura di gara. Nel particolare, nell’ambito del giudizio di appello[25] è stata ritenuta illegittima l’esclusione dell’impresa dal procedimento di gara per il solo fatto di non aver prodotto tale attestato. Invero, si evidenziava come la stazione appaltante avrebbe potuto dare seguito al soccorso istruttorio, anche sollecitando la produzione del certificato, nonché prendere in considerazione alternativamente il curriculum di altra risorsa che la società aveva prodotto. In ogni caso, si precisava che il documento de quo dovesse includersi tra la documentazione amministrativa a comprova dei requisiti che, se incompleta come nel caso di specie, era suscettibile di integrazione in sede di soccorso istruttorio, nel solco del principio del favor partecipationis. Sussistendo in concreto i requisiti richiesti, infatti, si evidenziava come nessun vulnus dovesse rintracciarsi al principio della par condicio tra i concorrenti. [26]
Viene in rilievo anche la questione sulla mancata iscrizione di un operatore economico ad una piattaforma telematica, in termini di esclusione dalla procedura, nel caso in cui ciò sia previsto ai fini della regolare partecipazione alla gara. Interessanti taluni dei rilievi effettuati nel caso di specie dal Collegio, che precisava come: “a prescindere dal fatto che l’iscrizione alla piattaforma informatica Me.PA sia stata qui intesa quale mera modalità procedimentale ovvero come requisito di qualificazione o di idoneità professionale, va comunque sempre data sostanziale prevalenza, rispetto alla mera procedimentalizzazione formale, alla garanzia della piena concorrenzialità e massima partecipazione alle gare, cui la stessa digitalizzazione è preordinata”. [27]
Così, dalle suddette pronunce passate in rassegna emerge la prevalenza di quegli orientamenti “estensivi” sulla portata applicativa dell’istituto del soccorso istruttorio di cui all’art. 83, co. 9, d.lgs. n. 50 del 2016, assistendosi, in via generale, ad una valorizzazione del dato sostanziale e ad una riduzione dell’incidenza dei vizi meramente formali della produzione documentale nell’ambito delle procedure di gara, nonché nelle ipotesi delle procedure comparative e di massa.[28]
2.1. La posizione del Consiglio di Stato sull’operatività del soccorso istruttorio in caso di mancata presentazione della domanda di partecipazione.
Poste tali premesse su alcuni dei recenti orientamenti giurisprudenziali registratisi sul tema, occorre ora soffermarsi sulle considerazioni effettuate dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 9147 del 2022.
In primo luogo, viene in rilievo il motivo di appello finalizzato a contestare la mancata esclusione dell’operatore economico aggiudicatario per non aver prodotto la domanda di partecipazione alla procedura di gara, ipotesi asseritamente ritenuta insuscettibile di integrazione postuma mediante l’istituto del soccorso istruttorio. Ciò in ragione della circostanza che il soccorso istruttorio non consentirebbe all’offerente di “formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte”.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia l’ampiezza del tema relativo alla distinzione delle ipotesi integranti mere imperfezioni della documentazione prodotta dall’operatore concorrente, rientrante nel perimetro applicativo del soccorso istruttorio, rispetto a quelle idonee ad escludere dalla gara il concorrente.
Più nel particolare, nell’ambito dell’analisi esegetica dell’art. 83, co. 9, d.lgs. n. 50 del 2016, il Consiglio di Stato pone l’attenzione sull’assoluta centralità del criterio discretivo tra le due categorie di vizi poc’anzi illustrate: il carattere formale, o meno, dell’errore inficiante la documentazione di gara. Al riguardo, si sancisce espressamente che “le carenze formali, emendabili mediante il soccorso istruttorio, sono, in senso ampio, tutte quelle attinenti alla estrinsecazione della dichiarazione partecipativa e di quelle accessorie, come ad esempio le dichiarazioni aventi ad oggetto il possesso dei requisiti di partecipazione, comprese le lacune, di carattere più radicale, consistenti nella mancanza stessa della dichiarazione o di sue componenti essenziali (…)”.
Ulteriormente, si precisa che la distinzione tra i vizi dei requisiti partecipativi meramente formali e quelli più gravi aventi natura sostanziale debba rinvenirsi nella contrapposizione, rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 83, co. 9, in commento, tra “esistenza ab initio del requisito medesimo (riconducibile, appunto, all’aspetto “sostanziale” della fattispecie partecipativa ed insuscettibile di venire ad esistenza a posteriori, veicolato dal soccorso istruttorio) e sua dichiarazione (attinente all’aspetto “formale” della stessa e in quanto tale, in base alla citata disposizione, sempre regolarizzabile).
Così, al fine di comprendere quali siano le conseguenze imputabili all’operatore aggiudicatario per non aver prodotto la domanda di partecipazione alla procedura di gara, il Collegio ritiene utile chiarire che il contenuto essenziale della domanda è quello riconducibile agli elementi che debbono preesistere alla scadenza del termine di presentazione delle offerte. Nel caso in cui questi venissero tardivamente prodotti, infatti, si evidenzia come si darebbe luogo ad una inammissibile partecipazione tardiva dell’operatore stesso, ipotesi verificabile ad esempio ove una domanda di partecipazione non risulti assolutamente rilevabile “nemmeno de relato da altre componenti della documentazione di gara (…)”. [29]
Invece, si ritiene che possa considerarsi sanabile quella “carenza strettamente formale della sua manifestazione esteriore, come accade nel caso in cui la suddetta volontà, pur non consacrata in un documento all’uopo destinato, conforme al modello eventualmente predisposto dalla stazione appaltante, sia comunque desumibile da altri documenti di gara, come nella specie – secondo il ragionamento svolto dal T.A.R. – dal DGUE”.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Sezione ha, quindi, disposto il rigetto del corrispondente motivo di appello, per l’effetto confermando in parte qua la sentenza del giudice di prime cure.
3. Sugli effetti dell’omologazione del concordato: il dibattito giurisprudenziale e la soluzione adottata nel caso in esame.
Come anticipato, altro nodo problematico affrontato dal Consiglio di Stato nella sentenza oggetto della presente trattazione concerne la quaestio iuris relativa alla discussa necessità di ottenere una specifica autorizzazione giudiziale, ai fini della partecipazione ad una gara pubblica, per l’impresa coinvolta in un concordato preventivo con continuità aziendale[30], anche nel segmento temporale successivo all’intervento del decreto di omologazione[31], di cui all’art. 180, co. 3, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare)[32].
Il Consiglio di Stato si sofferma, in particolare, sull’analisi esegetica della disposizione di cui all’art. 186 bis L.F., riscontrando talune criticità, stante l’assenza di un’espressa indicazione del dies ad quem di operatività dell’obbligo di acquisire la suddetta autorizzazione giudiziale.[33] Da ciò si fa, infatti, discendere la prospettazione di due differenti opzioni interpretative.
Secondo una ricostruzione più rigorosa[34], l’obbligatorietà del possesso dell’autorizzazione per partecipare alle gare pubbliche sussisterebbe sino al momento della completa esecuzione del piano concordatario, ai sensi dell’art. 136 L.F. A sostegno di tale tesi, si evidenzia che l’intervento del decreto di omologazione del concordato non risulterebbe di per sé idoneo a consentire il ritorno in bonis del debitore, dovendosi ritenere pienamente applicabili le norme di cui agli artt.186 bis L.F. ed 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016. Ciò in quanto, si precisa, anche successivamente alla chiusura del concordato, di cui all’art. 181 L.F., il debitore non acquista la piena capacità di disporre del proprio patrimonio, su cui gravano i vincoli assunti con la proposta omologata. Ulteriore argomento a suffragio di tale orientamento sarebbe rinvenibile nella funzione stessa della fase di esecuzione, essendo finalizzata all’adempimento del concordato nel solco degli obiettivi previamente stabiliti nel decreto di omologazione e sotto la sorveglianza del Commissario giudiziale.
Diversamente, altra opzione interpretativa[35] ritiene che l’obbligo di ottenere l’autorizzazione giudiziale non opererebbe successivamente all’adozione del decreto di omologazione, stante quanto evincibile dall’art. 181 L.F, il quale sancisce che “la procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’art. 180”. Si precisa che, secondo la disposizione in commento, a seguito dell’omologazione l’impresa non potrebbe qualificarsi né “in stato”[36] né “in corso” di procedura di concordato, dovendosi, quindi, escludere l’operatività degli obblighi documentali ed i divieti di legge relativi alla partecipazione alle gare pubbliche, sanciti dall’art. 186 bis, co. 4 e 5, L.F. Altro elemento invocato a sostegno della riferita opzione ermeneutica concerne le differenti funzioni spettanti al giudice delegato dopo l’intervento dell’omologazione del concordato, titolare di poteri di mera vigilanza e controllo sull’esecuzione del piano concordatario, non già dei più ampi poteri autorizzatori come avveniva nella precedente fase della procedura. [37]Tali rilievi sarebbero desumibili anche dall’art. 110, d.lgs. n. 50 del 2016 che, nel richiamare l’art. 186 bis L.F., chiarisce che la normativa che subordina, per le imprese in concordato con continuità aziendale, l’ottenimento di un’autorizzazione del giudice delegato ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, non troverebbe applicazione dopo l’omologazione, in virtù dei poteri di mero controllo del Tribunale.
Di talché, la tesi in commento sostiene che l’omologazione del concordato con continuità aziendale dispieghi taluni importanti effetti sul piano della “riacquisizione”[38], da parte dell’impresa, della piena capacità giuridica ed operativa dal punto di vista finanziario ed economico, non essendo più necessario, in questa fase, richiedere specifiche autorizzazioni o valutazioni giudiziali[39].
La riferita impostazione si avvale anche di un argomento di carattere generale per giungere a tali conclusioni, sottolineando il fatto che la capacità di agire e, nel particolare, quella di contrarre, possano essere limitate soltanto per espressa previsione normativa. Da qui la constatazione che, dopo l’intervento dell’omologazione, non vi sarebbe alcuna copertura normativa in grado di giustificare l’operatività degli obblighi e delle limitazioni invece letteralmente riferite, dall’art. 186 bis, L.F., alle “imprese ammesse al concordato”. Diversamente opinando, infatti, si darebbe luogo ad una inammissibile interpretazione estensiva della disposizione in commento, con la conseguente violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione[40].
Poste tali premesse in ordine ad alcuni degli orientamenti giurisprudenziali presenti in subiecta materia, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9147 del 2022, ritiene preferibile aderire alla tesi meno restrittiva, tuttavia, effettuando talune precisazioni.
Si evidenzia, infatti, che il dies ad quem di operatività degli obblighi autorizzativi, di cui all’art. 186 bis L.F., non potrebbe implicitamente desumersi “dal fatto che, una volta che l’impresa abbia ottenuto l’omologazione, essa non si troverebbe più in stato di concordato preventivo, ex art. 80, comma 5, lett. b), d.lvo n. 50/2016”. Ciò in ragione del fatto che gli effetti promananti dall’omologazione del concordato non sarebbero tali da comportare una “cesura netta” tra la fase della procedura di concordato e quella della relativa esecuzione.
Nonostante tali preliminari considerazioni, il Collegio ritiene che, ad ogni modo, debba escludersi l’esistenza di un regime di “ultrattività” delle limitazioni alla capacità di agire del debitore a seguito della chiusura della procedura di concordato e, conseguentemente, dell’intervento della omologazione. Tale affermazione troverebbe conferma, nel particolare, dall’analisi testuale dell’art. 161, co. 7, L.F., specie nella parte in cui si individua il limite temporale di operatività dell’obbligo di ottenere l’autorizzazione del tribunale in un momento precedente rispetto all’intervento della omologazione[41].
Ciò detto, la Sezione si sofferma sull’analisi interpretativa delle disposizioni concernenti la fase “post-omologazione” del concordato, evidenziando che l’art. 185 della legge in esame, diversamente dall’art. 186 bis, co. 4, sancisce l’imputazione del potere di sorveglianza (quanto all’adempimento del concordato) al Commissario giudiziale, non già al Tribunale o al Giudice delegato.
Per tale ragione, si deduce, da un lato, che i poteri autorizzatori di questi ultimi organi non possano essere esercitati dopo l’intervento dell’omologazione; dall’altro lato, che gli obblighi gravanti sul debitore nella fase esecutiva abbiano natura “attiva”. Essi, come sottolineato dai giudici amministrativi, risulterebbero finalisticamente orientati alla corretta esecuzione del piano concordatario, non involgendo divieti all’esercizio di attività imprenditoriali del debitore, tra le quali può annoverarsi la partecipazione ad una gara pubblica[42].
Del pari, il Collegio si sofferma sulla natura dell’omologazione del piano di concordato preventivo con continuità aziendale che, rappresentando il fulcro di una ponderata “valutazione della sostenibilità economico-finanziaria della stessa oltre che della sua utilità per i creditori”, secondo quanto previsto dall’art. 186 bis, co. 2, L.F., presuppone un accertamento della capacità del debitore di svolgere utilmente l’attività di impresa nel libero esercizio dell’attività economica.
Sulla scorta di tali rilievi, la Sezione ritiene di non aderire alle prospettazioni della parte appellante, disponendo il rigetto del corrispondente motivo di appello diretto a contestare la mancata esclusione dell’aggiudicataria per non aver ottenuto apposita autorizzazione alla partecipazione alla gara.
4. Rilievi conclusivi: verso l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.
La posizione espressa dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 9147 del 2022 concerne, come evidenziato nei precedenti paragrafi, una duplice questione. La prima tematica riguarda la portata applicativa del soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica. La seconda, invece, attiene alla necessità, o meno, per l’operatore economico in concordato preventivo con continuità aziendale, di ottenere un’autorizzazione giudiziale ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, nella specifica ipotesi in cui sia intervenuta l’omologazione del concordato.
La sentenza in commento evidenzia, anzitutto, come non sia meritevole di accoglimento il motivo di appello teso a contestare, per ciò che qui rileva, la mancata esclusione dalla gara pubblica dell’impresa aggiudicataria per non aver prodotto la relativa domanda di partecipazione, sul presupposto dell’asserita inapplicabilità dell’istituto del soccorso istruttorio nella fattispecie de qua.
A tale proposito, dal decisum si evince che la quaestio iuris relativa all’individuazione delle lacune della domanda emendabili in via postuma ai sensi dell’art. 83, co. 9, Codice dei contratti pubblici, debba essere risolta indagando principalmente sul carattere “formale”, o meno, delle carenze, come evincibile dall’incipit del primo periodo della disposizione in commento. Nel particolare, il Collegio chiarisce che la distinzione rispetto alla categoria delle carenze o irregolarità di natura sostanziale, invece non sanabili, risiederebbe nella riferibilità di queste ultime alle ipotesi in cui la dichiarazione o la documentazione mancante riguardi il possesso di un requisito partecipativo non esistente in rerum natura alla scadenza del termine di presentazione delle offerte. Da ciò si fa discendere la conseguenza che, pur rappresentando la mancata presentazione della domanda di partecipazione ad una gara una condizione necessaria per il perfezionamento della fattispecie partecipativa stessa, non possa in modo automatico disporsi l’esclusione dell’operatore economico se la volontà di partecipare sia, in concreto, desumibile da altri documenti di gara, come il DGUE tempestivamente prodotto. Nel qual caso, infatti, si sostiene trattasi di una carenza meramente formale concernente soltanto le modalità di manifestazione esteriore (della volontà partecipativa), non anche l’esistenza ab initio del requisito stesso.
Siffatti rilievi ermeneutici, nel solco di una lettura “estensiva” della portata applicativa del soccorso istruttorio nella fattispecie de qua, sembrerebbero porsi in linea anche con l’art. 101 dello Schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici, ove, in particolare alla lett. b), è sancito che è possibile “sanare ogni omissione, inesattezza o irregolarità della domanda di partecipazione (…)”.[43]
Sempreché tale formulazione risulti confermata sino all’entrata in vigore del nuovo Codice, si profila interessante osservare come sia stata espressamente prevista nella disposizione de qua la fattispecie relativa alla “omissione della domanda di partecipazione”, superandosi, in tal modo, eventuali dubbi circa la riconducibilità di essa nel perimetro applicativo del soccorso istruttorio. Invece, non appaiono rinvenibili nell’art. 101 cit. riferimenti al carattere “formale” degli elementi della domanda sanabili, diversamente da quanto sancito dall’attuale formulazione dell’art. 83, co. 9, D.lgs. n. 50 del 2016.
Dall’analisi dell’art. 101, lett. a), Schema di Codice dei contratti pubblici, sembrerebbe invece potersi desumere il riferimento a quel concetto di matrice pretoria legato al carattere “sostanziale” dei requisiti che debbono sussistere in rerum natura prima della scadenza della presentazione delle offerte.[44]
Da qui la constatazione che, in via generale, lo sviluppo della tipizzazione e della procedimentalizzazione delle fattispecie emendabili con l’attivazione del soccorso potrebbero incidere positivamente sul funzionamento del mercato, consentendo sia agli operatori privati di agire in un quadro connotato da maggiore chiarezza sia all’Amministrazione di perseguire il migliore risultato economico in un mercato maggiormente efficiente sotto il profilo della corretta circolazione delle informazioni.[45]
Infine, per ciò che attiene alla seconda tematica affrontata dalla sentenza in commento, il Collegio, nel disporre il rigetto del correlativo motivo di appello, ha specificato l’insussistenza di uno specifico obbligo di ottenere l’autorizzazione giudiziale ai fini partecipativi per l’impresa concorrente che abbia ottenuto l’omologazione del concordato ex art. 180, co. 3, L.F.
A sostegno di tali rilievi, si è evidenziato che l’impresa coinvolta nella procedura concordataria di cui all’art. 186 bis, l. cit., pur in assenza di una espressa indicazione del dies ad quem dell’obbligo di acquisire l’autorizzazione del giudice ai fini partecipativi, non possa essere esclusa dalla gara pubblica. Ciò sulla base dell’interpretazione delle disposizioni relative alla fase dell’esecuzione “post-omologazione” del concordato, tra cui è possibile citare, in particolare, l’art. 185 sui poteri di “sorveglianza” del commissario giudiziale (diversamente dai poteri autorizzatori contemplati nell’art. 186 bis, co. 4).
Elemento ulteriore posto a fondamento del ragionamento del Collegio risiede nella ritenuta riacquisizione della “legittimazione dell’imprenditore al libero esercizio della sua iniziativa economica”[46], sul presupposto della preventiva valutazione di sostenibilità economico-finanziaria, quanto al soddisfacimento degli interessi dei creditori, effettuata con l’adozione del decreto di omologazione.
Nel delineato contesto, quindi, assumono una funzione centrale la portata applicativa del principio di tassatività delle cause di esclusione, da un lato, e l’omologazione giudiziale del concordato, dall’altro, rappresentando uno strumento di “controllo” e “vaglio preliminare” della capacità dell’impresa quanto alla sana prosecuzione dell’attività economica. Di talché, la constatazione che il debitore riacquisti la libera disponibilità del suo patrimonio[47], condivisibilmente con quanto sancito dai Giudici amministrativi, impone di effettuare una lettura in chiave restrittiva del potere autorizzatorio e dei relativi presupposti ex art. 186 bis, co. 4, L.F., valorizzandosi la libertà di iniziativa privata economica, di cui all’art. 41 della Carta costituzionale, nonché il principio generale del favor partecipationis.
[1] Sul tema, cfr., tra le altre, Cass. civ., Sez. VI, n. 2656/2021; Cass. civ., Sez. I, n. 380/2018.
[2] Cons. St., Sez. V, n. 4302/2021; Cons. St., Sez. V, n. 69/2019, nonché n. 3938/2019.
[3] Cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2015, p. 238; nonché, sul tema, v. S. TARULLO, Il divieto di aggravamento del procedimento amministrativo quale dovere codificato di correttezza amministrativa, in Dir. amm., 2008, 437 ss.; F. GAMBARDELLA, Le regole del dialogo e la nuova disciplina dell’evidenza pubblica, Torino, 2016, p. 89 ss.
[4] Per approfondimenti sul tema, cfr. F. APERIO BELLA, S. CALDARELLI, E.M. SANTORO, S. TRANQUILLI, Verifica dei requisiti e soccorso istruttorio, in Trattato sui contratti pubblici, v. II, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, 2019, Giuffré, p. 1468 ss.; E. FREDIANI, Il soccorso della stazione appaltante tra fairness contrattuale e logica del risultato economico, in Diritto Amministrativo, fasc. 3, 2018, p. 623 ss. In giurisprudenza, tra gli altri, v. Tar Lazio, Roma, Sez. III, n. 15232.2022, pubblicata il 17.11.2022.
[5] F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, 1967, 384 ss.
[6] F. APERIO BELLA, L’istruttoria procedimentale, in Princìpi e regole dell’azione amministrativa, a cura di M.A. SANDULLI, Giuffrè, 2020; N. SAITTA, Sul c.d. soccorso istruttorio nel procedimento e nel processo, in Giustamm.it, 2013; E. FREDIANI, Il dovere di soccorso procedimentale, Napoli, 2016.
[7] Sul tema dell’istruttoria procedimentale, cfr., per approfondimenti, C. MARZUOLI, Il principio di buon andamento e il divieto di aggravamento del procedimento, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, 2011, p. 206 ss.; F. MANGANARO, Il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo, ivi, 2017, p. 261 ss.; M.P. VIPIANA, La sospensione del procedimento amministrativo per finalità istruttorie, in GDA, 8, 2010p. 869 ss.; A. ZITO, Compiti del responsabile del procedimento, in N. PAOLANTONIO, A. POLICE, A. ZITO (a cura di) La pubblica amministrazione e la sua azione. Saggi critici sulla legge n. 241/1990 riformata dalle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005, Torino, 2005, 190; M.A. SANDULLI, L. MUSSELLI, Articoli 4, 5 e 6 in V. ITALIA (a cura di) L’azione amministrativa. Commento alla l. 7 agosto 1990, modificata dalla l. 11 febbraio 200, n. 5 e dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, Milano, 2005; F. SAITTA, Interrogativi sul c.d. divieto di aggravamento: il difficile obiettivo di un’azione amministrativa “economica” tra libertà e ragionevole proporzionalità dell’istruttoria, in D SOC, 2001, 507 ss.
[8] A tale proposito, vedasi l’art. 4, l. n. 241 del 1990, nella parte in cui prescrive la necessità di individuare “l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale (…)”; nonché l’art. 5, ove richiama “ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento”; infine l’art. 6 che, alla lett. b), sancisce che il responsabile del procedimento debba adottare “ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria”.
[9] In tal senso, tra le altre, v. Cons. St., Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3486.
[10] Cons. St., Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1236.
[11] Per un’ampia ricostruzione del principio di solidarietà, anche in chiave storica, cfr. F.P. CASAVOLA, Dalla proprietà alla solidarietà: appunti per una riflessione in tema di diritti individuali e sociali, Prolusione all’Anno Accademico 1993/94, Padova, 6 dicembre 1993; F. CASAVOLA, Assimilazione e pluralismo come modelli giuridici di rapporto con le minoranze, in Dalla tolleranza alla solidarietà, Angeli, Milano, 1990, p. 87 ss.
[12] Cfr. Cons. St. Sez. III, 4 gennaio 2019, n. 96; Id., 26 febbraio 2016, n. 796.
[13] Per approfondimenti sulla distinzione tra integrazione e regolarizzazione documentale, v. Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro amm., 2014, II, 387.
[14] Cfr. Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I, 28 marzo 2019, n. 94.
[15] In tal senso, cfr. Tar Umbria, Sez. I, 9 giugno 2016, n. 483.
[16] Sulla tesi della mera facoltà, invece, v. Tar Lazio, Roma, Sez. II quater, 8 ottobre 2008, n. 8825; Cons. St., Sez. V, 17 settembre 2008, n. 4397.
[17] Sulla tesi della doverosità dell’invito alla regolarizzazione, v., tra le altre, Cons. St., Sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 6427; Tar Lazio, Roma, Sez. III-bis, 16 luglio 2015, n. 9540; Tar Umbria, Sez. I, 15 gennaio 2015, n. 20; Cons. St., Sez. VI, 6 settembre 2010, n. 6463. Inoltre, per la individuazione delle diverse declinazioni del potere di soccorso istruttorio nei procedimenti amministrativi, v. anche Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9.
[18] Sulla precedente formulazione, di cui all’art. 46, co. 1, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, v., in dottrina, F. VENTURA, Commento all’art. 46, in Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, a cura di A. CARULLO e G. IUDICA, Padova, Cedam, 2008; S. MONZANI, L’integrazione documentale nell’ambito di un appalto pubblico tra esigenze di buon andamento e di tutela della par condicio dei concorrenti, in Foro amm. – TAR, 2009, n. 10, 2346 ss.; F. DELFINO, Commento all’art. 46, in Codice degli appalti pubblici, a cura di R. GAROFOLI e G. FERRARI, I, Roma, Neldiritto, 2013; R. CARANTA, I contratti pubblici, Torino, Giappichelli, 2012, sub art. 46; E. FREDIANI, Il soccorso istruttorio: un istituto in cerca di identità, in Giorn. dir. amm., 2014, n. 5, 503 ss.; F. LACAVA, La richiesta di integrazioni e chiarimenti documentali da parte della stazione appaltante, in Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cura di F. SAITTA, Padova, Cedam, 2008; M. MONTEDURO, Dichiarazioni non conformi a clausole del bando sanzionate con l’esclusione: il labile discrimen tra ‹integrazione› e ‹modificazione›, in Foro amm.- TAR , 2007, 3667 ss.; I. PAGANI, Integrazione documentale e tutela della par condicio, in Urb. app. , 2006, 1185 ss.; D. SPINELLI e M. PECORARI, Chiarimenti ed integrazioni documentali e offerta, in Repertorio degli appalti pubblici, a cura di L.R. PERFETTI, I, Padova, Cedam, 2005, 420 ss.
[19] Cfr. E. FREDIANI, Il soccorso della stazione appaltante tra fairness contrattuale e logica del risultato economico, in Diritto Amministrativo, fasc. 3, 2018, 623 ss.; G. GUARINO, Atto amministrativo, organizzazione e giustizia amministrativa, in Riv. amm., 1984, 774 ss.; V. CERULLI IRELLI, Considerazioni in tema di sanatoria dei vizi formali, in V. PARISIO (a cura di) Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, Milano, 2004, 101 ss.; A. PAJNO, Giustizia amministrativa ed economia, in Dir. proc. amm., 2015, 952 ss.
[20] Per alcuni rilievi comparatistici sulla doverosità, o meno, dell’attivazione del soccorso istruttorio per le stazioni appaltanti, v. P. PATRITO, La regolarizzazione documentale: dal diritto europeo ai diritti nazionali (Belgio, Francia e Italia), in Urb. app., 2015, 137.
[21] Come noto, la norma in esame rappresenta il frutto del recepimento dell’art. 55, par. 3, della direttiva 2014/24/UE, ove si prevede che “Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza.”
[22] Per approfondimenti, v. F. APERIO BELLA, S. CALDARELLI, E. M. SANTORO, S. TRANQUILLI, Verifica dei requisiti e soccorso istruttorio, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M. A. SANDULLI e R. DE NICTOLIS, II, 2019, Milano, Giuffrè, 1467 ss.; R. DAMONTE, E. MORO, Il soccorso istruttorio e fase di verifica dei requisiti di idoneità, in Urb. app., 2017, 246 ss.; A. GIANNELLI, P. PROVENZANO, A. GIUSTI, Commento all’art. 83, in Codice dei contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, a cura di G.M. ESPOSITO, I, Milano, Utet, 2017, 1043 ss.; F. MASTRAGOSTINO, Motivi di esclusione e soccorso istruttorio dopo il correttivo al codice dei contratti pubblici, in Urb. app., 2017, n. 6, 745 ss.; P. PROVENZANO, Il soccorso istruttorio nel nuovo Codice degli appalti: pre e post D.Lgs. n. 56 del 2017, in Dir. econ., 2017, n. 3, 817 ss.
[23] Sui rilievi critici della dottrina quanto alla non perfetta sovrapponibilità dell’ipotesi dei vizi formali della domanda a quella contemplata nel secondo periodo della norma, cfr. F. APERIO BELLA, S. CALDARELLI, E. M. SANTORO, S. TRANQUILLI, Verifica dei requisiti e soccorso istruttorio, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M. A. SANDULLI e R. DE NICTOLIS, II, 2019, Milano, Giuffré, in particolare p. 1489 ss.
[24] In tal senso, oltre alla sentenza (oggetto del presente commento) del Cons. St., Sez. III, n. 9147, pubblicata il 27.10.2022, cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Brescia, n. 1304 del 2 novembre 2017; TAR Puglia, Bari, n. 815 del 14 luglio 2017.
[25] Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure che, con la sentenza n. 2563 del 13 settembre 2022, TAR Sicilia, Sez. III, disponeva il rigetto del ricorso.
[26] Cfr. CGARS, sentenza n. 4 del 2023, pubblicata il 2.01.2023.
[27] In tal senso, v. Cons. St., Sez. V, n. 68.2023, pubblicata il 3.01.2023.
[28] Sugli orientamenti estensivi, cfr., tra gli altri, TAR Lazio, Roma, Sez. II quater, n. 17537 del 2022, pubblicata il 24.12.2022; Cons. St., Sez. V, n. 10241 del 21 novembre 2022; Cons. St., Sez. VI, n. 3664 del 10 maggio 2022; TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, n. 11880 del 16 settembre 2022; Cons. St., Sez. VI, n. 1308 del 24 febbraio 2022.
[29] A tal proposito, il Collegio evidenzia che in casi analoghi non possa ritenersi perfezionata alcuna fattispecie partecipativa rispetto alla procedura di gara.
[30] Sul tema relativo al rapporto tra l’istituto del concordato preventivo “in bianco” e la partecipazione alle gare pubbliche, cfr. Ad. Plen., n. 9 del 2021, nonché i numeri 10 ed 11, su cui sia consentito rinviare a T. LINARDI, Il concordato in bianco fra genesi della disciplina del “decoctor” e codice dei contratti pubblici (nota a Ad. Plen. n. 9/2021), in Giustizia insieme, 3 febbraio 2022.
[31] Per approfondimenti sul procedimento di omologazione del concordato preventivo, vedasi G. LO CASCIO, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Giuffrè, Milano, 2017, p. 627 ss.; G. BOZZA, L’omologazione della proposta (i limiti alla valutazione del giudice), in Fallimento, 2006, p. 1067; I. PAGNI, Il nuovo concordato preventivo, Il procedimento di omologa (profili processuali), ivi 2006, p. 1074 ss.; Id., Contratto e processo nel concordato preventivo in AA.VV. Trattato di diritto fallimentare, a cura di V. BUONOCORE – A. BASSI, Padova, 2010, p. 558 ss.; S. AMBROSINI, Il sindacato in itinere sulla fattibilità del piano concordatario nel dialogo tra dottrina e giurisprudenza, in Fallimento, 2011, p, 941; P. BRENCA, Osservazioni a margine dei poteri del tribunale in fase di omologa e del reclamo avverso il decreto di revoca dell’ammissione al concordato preventivo, in Dir. fall., 2011, II, p. 259; V. CALANDRA BONURA, Disomogeneità di interessi dei creditori concordatari e valutazione di convenienza del concordato, in Giur. comm., 2012, I, p. 14; A. D’AMBROSIO, Il sindacato del tribunale sulla fattibilità del piano concordatario e sugli ‹altri atti di frode› ai sensi dell’art. 173 legge fallim., ivi, 2012, II, p. 220; G. FAUCEGLIA, Brevi considerazioni sui poteri del tribunale in tema di concordato preventivo, in Dir. fall., 2011, II, p. 18; I. PAGNI, Il controllo di fattibilità del piano di concordato dopo la sentenza 23 gennaio 2013 n. 1521: il richiamo alla “causa concreta”, come funzione economico –individuale del concordato, in Fallimento, 2013, p. 286; P. VELLA, L’affinamento della giurisprudenza di legittimità dopo le Sezioni Unite sulla “causa concreta” del concordato: distinzione tra fattibilità giuridica ed economica?, in Fallimento, 2015, pp. 435, 438; D. BONACCORSI DI PATTI, Sui poteri del tribunale in ordine alle modalità di esecuzione del concordato preventivo in continuità omologato, e sulla pubblicità del provvedimento di chiusura ex art. 181 legge fallim. Della procedura concordataria, in nota a Trib. Padova 16 luglio 2015, decr., in Dir. fall., II, p. 330 ss.
[32] Applicabile ratione temporis alla fattispecie sottoposta allo scrutinio del Consiglio di Stato. Come noto, dopo numerosi rinvii, il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza è entrato in vigore il 15 luglio 2022. Per approfondimenti, cfr. A. NIGRO-D. VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Il Mulino, Bologna, 2021, in particolare p. 33 ss.
[33] Diversamente da quanto, invece, previsto rispetto all’indicazione del dies a quo, coincidente con il “deposito della domanda di cui all’art. 161”.
[34] Per la tesi più rigorosa, cfr., tra le altre, Cons. St., Sez. V, 7 giugno 2021, n. 4302; Cass. civ., Sez. VI, 4 febbraio 2021, n. 2656; Cons. St., Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69; Cass. civ., Sez. I, ord. 10 gennaio 2018, n. 380.
[35] Per differente opzione interpretativa, cfr. Cons. St., Sez. V, 24 agosto 2022, n. 7445; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3 gennaio 2022, n. 14; Cons. St., Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6030; Cons. St., Sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225; Cons. St., Sez. III, 19 aprile 2012, n. 2305; Cass. civ., Sez. I, 15 novembre 2007, n. 23638.
[36] Nel particolare, il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza del 29 maggio 2018, n. 3225, evidenzia come la dizione “in stato” debba riferirsi alla “fase precedente all’omologazione del concordato, la quale chiude definitivamente la procedura iniziata con il decreto di ammissione adottato ai sensi dell’art. 163 legge fallimentare (…)”.
[37] In dottrina, sui poteri del commissario giudiziale e del giudice delegato dopo l’intervento dell’omologazione del concordato, v. G. LO CASCIO, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, cit. p. 679 ss.; nonché, in generale sulla fase esecutiva del concordato preventivo, cfr., tra molti, AA.VV. (G. PIZZOLI), Trattato delle procedure concorsuali diretto da L. GHIA- C. PICCININI- F. SEVERINI, Vol. IV, 2011, Torino, Utet giuridica, p. 549; V. BUONOCORE – A. BASSI, coordinato da G. CAPO- F. DE SANTIS, B. MEOLI, G. RACUGNO, Concordato preventivo, Accordi di ristrutturazione e transazione fiscale, Padova, 2010, p. 541; AA.VV. (G. DI CECCO), La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. NIGRO e M. SANDULLI, in Le nuove leggi del diritto dell’economia, collana diretta da A. NIGRO- M. SANDULLI- V. SANTORO, Tomo III, artt. 160-215, Torino, 2010, p. 2232; AA.VV. (G. FAUCEGLIA), Fallimento e altre procedure concorsuali, a cura di G. FAUCEGLIA – L. PANZANI, Torino, Utet giuridica, 2009, p. 1757.
[38] Sugli effetti dell’omologazione del concordato preventivo e sulla considerazione che “il debitore riacquista la libera disponibilità del suo patrimonio”, si consulti: G. LO CASCIO, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, ivi, in particolare p. 681.
[39] A tal proposito, si profilano interessanti taluni rilievi espressi in Cass. civ., Sez. I, 15 novembre 2007, n. 23638, ove si afferma che: “la sentenza di omologazione del concordato preventivo determina la cessazione della relativa procedura, liberando il debitore da ogni vincolo, che non sia quello dell’osservanza delle condizioni del concordato, facendogli riacquistare in tal modo la capacità giuridica e la piena libertà di esercizio della sua impresa (…)”.
[40] Sul punto, cfr. Cons. St., Sez. V. 29 maggio 2018, n. 3225; nonché, tra le altre, v. TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3 gennaio 2022, n. 14.
[41] In disparte la qualificazione della partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica (nonché della successiva stipulazione del contratto con la Pubblica Amministrazione) in termini di atto di “straordinaria” od “ordinaria” amministrazione, peraltro oggetto di numerosi dibattiti giurisprudenziali.
[42] Sempreché tali iniziative non risultino in conflitto con gli obblighi previamente assunti dal debitore concordatario.
[43] Cfr. Schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici, consultabile su Giustizia insieme, 14 dicembre 2022. Sul tema, in dottrina, v. M.A. SANDULLI, Prime considerazioni sullo Schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, in l’Amministrativista, 19 dicembre 2022, pubblicato anche su Giustizia insieme, 21 dicembre 2022.
[44] Ci si riferisce, nel particolare alla parte in cui si ammette la sanabilità “mediante documenti aventi data certa anteriore al termine fissato per la presentazione delle offerte”.
[45] Per approfondimenti, si consulti G. NAPOLITANO – A. ABRESCIA, Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, 2009, 67 ss.
[46] Tenuto conto delle eventuali condizioni limitative apposte nella omologazione.
[47] Cfr. G. LO CASCIO, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, cit., p. 681.