Oggi 25 aprile è la festa della resistenza, della liberazione dell’Italia dal fascismo.
Sono passati 78 anni dal 25 aprile del 1945, ma il tempo non attenua il dovere di onorare i caduti per la libertà e festeggiare il giorno della liberazione.
E poi il 25 aprile è anche la festa della memoria.
E’ il giorno in cui la storia va riraccontata perché permanga la consapevolezza della notte nera che attraversò l’Italia nel ventennio fascista perché la storia non si ripeta.
Quello della vigilanza è un impegno da non tralasciare perché nulla è ineluttabile negli snodi della storia.
La storia avrebbe potuto avere un corso diverso se, ad esempio, dopo l’omicidio del deputato Giacomo Matteotti ci fosse stata una maggiore consapevolezza di quello che stava realmente accadendo in Italia, oppure, se in altro crocicchio fondamentale, prima della marcia su Roma, il re avesse firmato lo stato di assedio deliberato dal parlamento.
Ma la vita dei popoli si intreccia indissolubilmente con quella degli uomini e come essa dipende da accidenti incontrollabili ovvero da incidenti controllabili, ma controllati male.
Nei romanzi storici di Antonio Scurati (“M” il figlio del secolo, sull’ascesa di Benito Mussolini, “M” l’uomo della Provvidenza, sulla politica liberticida fascista, Gli ultimi giorni dell’Europa, sulla fine del nazifascismo), l’autore ad ogni pagina, lascia il lettore con il fiato sospeso perché riesce a renderlo consapevole, come raramente accade, che la storia avrebbe potuto assumere un corso diverso.
La scelta della storia al bivio cruciale dipende, più di quanto non si consideri, dalle scelte umane.
E’ fondamentale allora essere presenti e partecipi alla res pubblica, attenti all’esercizio dei diritti civici per i quali i martiri del fascismo e i partigiani – che oggi onoriamo- hanno offerto la propria vita.
Oggi dobbiamo ricordarci che l’antipolitica, il populismo, il rifiuto dalla partecipazione che culmina nell’astensione dall’esercizio dell’elettorato attivo, mettono sempre fortemente a rischio la democrazia.
Non bisogna dunque dare mai per scontati i diritti riacquistati con il sangue dei caduti per la resistenza.
Evocative sono, sotto tale profilo, le parole di Pietro Nenni in risposta a una domanda di Oriana Fallaci nel corso di un’intervista del 1971. Alla domanda in ordine ai rischi del ripetersi della storia Nenni rispose: <<Lei mi ricorda quanti, nella crisi 1920-22, dicevano: “Ma tu prendi troppo sul serio quel Mussolini! Dev’essere perché sei stato in galera con lui. Ma come vuoi che un tipo simile possa assumere il potere? Manca l’uomo per realizzare una dittatura in Italia!”. Cosa significa “manca l’uomo”? Non c’è mica bisogno di un tipo eccezionale per farne un simbolo di una situazione! Basta un esaltato qualsiasi, uno stravagante ritenuto innocuo, un vanitoso in cerca di successo. Mussolini, del resto, cos’era nel 1920 e anche nel 1921 e ’22? Aveva preso quattromila voti nelle elezioni del 1919: quattromila voti a Milano, la città che praticamente dominava dal 1913, quand’era divenuto direttore dell’“Avanti!”. Era pronto a scappare in Svizzera, credeva più in questa ipotesi che in quella di recarsi a Roma per formare un governo. E invece si recò a Roma. Come io temevo. Perché sapevo che quando gli avventurieri, anzi i “condottieri”, agiscono in una società malata, tutto diventa possibile. Sicché è da incoscienti sorridere e dire dov’è-oggi-un-Mussolini, dov’è-oggi-un-Hitler. Lo si inventa un Mussolini, lo si inventa un Hitler. E per inventarlo bastano cento giornali che quotidianamente dicano “è un grand’uomo”, un papa che dichiari “è l’uomo della provvidenza”, magari un Churchill che affermi “è il primo dietro il quale sento una volontà italiana”. Come accadde per Mussolini.
A quel tempo non conoscevamo il fascismo ed ora lo conosciamo fin troppo, né siamo disposti a subirlo una seconda volta. Però v’è un punto che presenta forti analogie tra l’Italia del ’71 e l’Italia del ’22: quello che prospettai al Senato quando ricordai che a perderci, nel 1922, non fu la forza offensiva del fascismo. Fu la debolezza della classe politica dirigente. Furono le divisioni meschine che smembravano gli uomini politici in gelosie, ripicchi, attese. Nessuno credeva alla minaccia. Ciascuno aspettava. Giolitti aspettava a Vichy, meditando non si sa bene cosa. Forse la tremenda frase di Cromwell: “Bisogna che le cose vadano peggio perché si possa sperare che vadano meglio”>>.
Ecco il perché dell’importanza della memoria e la necessità, sempre impellente, di stringersi attorno alla nostra Costituzione perché, per usare le parole di Elly Schlein, “l'antifascismo è la nostra costituzione”, il prodotto della resistenza e dello stesso antifascismo dei padri costituenti.
Il fil rouge dell’antifascismo che tiene insieme gli articoli in cui si snoda la Costituzione, inizia con l’articolo 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo e prosegue La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2). Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (art. 3) Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge (art. 8). L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli (art. 11). La libertà personale è inviolabile (art. 13). Il domicilio è inviolabile ( art. 14) La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili ( art. 15) Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi ( art. 16). I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente ( art. 17). I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente ( art. 18) Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa (art. 19) Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative (art. 20).Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure (art. 21). Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica della cittadinanza (art. 22). L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento (art. 33). E’ riconosciuto il diritto di sciopero (art.40). Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49).
Se ci si sofferma con attenzione su ciascuno dei principi appena richiamati in questa rapida rassegna non è difficile scorgere come, ciascuno di essi, abbia la propria ragione d’essere in quanto antitesi ad altrettante leggi fasciste e lo scopo di impedire per il futuro l’introduzione di provvedimenti legislativi di analogo tenore.
Gran parte dei diritti inviolabili elencati può forse far sorridere i giovani di oggi tanto sembrano scontati. Ad esempio, possono sembrare inutili gli art. 8, 19 e 20 per chi non sa delle leggi razziali emanate tra il 1938 e il 1945 le quali contenevano svariati divieti per i cittadini italiani ebrei tra i quali: l’impedimento ad insegnare o a frequentare scuole e università, la proibizione a contrarre matrimonio con cittadini non ebrei, a possedere aziende importanti per la difesa nazionale o aziende, terreni fabbricati che superassero certe dimensioni, a prestare servizio alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, civili e militari, o ad iscriversi agli albi professionali. Possono apparire pleonastici gli articoli dal 13 al 18 per quelli che non conoscono le leggi speciali di polizia contenute nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza Regio Decreto n. 1848/1926 o le leggi c. d. “fascistissime”, secondo la nomenclatura dallo stesso regime, emanate tra il 1925 e il 1926, che trasformarono l'ordinamento giuridico del Regno d’Italia in un regime totalitario. Oppure l’articolo 21 per chi non conosce la legge n. 2307del 31 dicembre 1925 in tema di controllo e censura della stampa.
La vigilanza è essenziale soprattutto nelle contingenze in cui si sottovaluta l’importanza di ricordare che la nostra costituzione è antifascista oppure quando si assumono atteggiamenti retorici che ghettizzano, anche solo a parole, talune categorie di cittadini. Ci si riferisce all’atteggiamento di alcuni politici italiani in tema di diritti di genere, stigmatizzato dal Parlamento Europeo che forse non ha avuto in Italia la dovuta risonanza. E’ dei giorni scorsi, infatti, la ferma condanna ricevuta dall’Italia da parte dell’Europarlamento per la diffusione di retorica anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtq da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell'Ue. L’emendamento approvato è del seguente tenore "l'Europarlamento esprime preoccupazione per gli attuali movimenti retorici anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtq a livello globale, alimentati da alcuni leader politici e religiosi in tutto il mondo, anche nell'Ue; ritiene che tali movimenti ostacolino notevolmente gli sforzi volti a conseguire la depenalizzazione universale dell'omosessualità e dell'identità transgender, in quanto legittimano la retorica secondo cui le persone Lgbtq sono un'ideologia anziché esseri umani; condanna fermamente la diffusione di tale retorica da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell'Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia".
Per usare le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “è importante tener viva la memoria di un periodo tra i più drammatici della nostra storia contribuendo in ampia misura a far conoscere e non dimenticare quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà che permisero la liberazione dell'Italia dall'oppressione nazi-fascista".
Festeggiamo dunque questo 25 aprile del 2023 per onorare coloro che hanno sacrificato la propria vita affinché potesse essere scritta la nostra bella Costituzione antifascista!