ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Premio “Giulia Cavallone” – anno 2022
Presunzione di innocenza Venerdì 25 novembre 2022, ore 15 - Roma Tre - Sala del consiglio - secondo piano- Dipartimento di Giurisprudenza
Giunge quest’anno alla sua seconda edizione il premio “Giulia Cavallone”, nato da un’iniziativa della Fondazione Piero Calamandrei e della Famiglia Cavallone per ricordare e onorare la memoria di Giulia Cavallone, una giovane donna, magistrato, scomparsa a soli trentasei anni dopo una lunga lotta contro il cancro. Una malattia che peraltro non le impedì di amministrare giustizia fino all’ultimo in quell’aula del Tribunale Penale di Roma che, per tale motivo, da allora porta il suo nome.
Giulia Cavallone è stata una donna e una giurista di respiro internazionale.
Dopo essersi laureata in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università Roma Tre, con una tesi dal titolo “Il reato transnazionale in materia di terrorismo”, conseguì successivamente il dottorato di ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma, in cotutela con l’Universitè Paris II – Panthéon Assas, con una tesi dal titolo “Obblighi europei di tutela penale e principio di legalità in Italia e in Francia”.
Grazie a numerose borse di studio vinte, svolse periodi di ricerca anche presso l’Università di Losanna e presso l’Istituto di diritto penale straniero e internazionale “Max Planck” di Friburgo, in Germania.
Svolse altresì uno stage presso la Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione Europea, a Bruxelles, ove ebbe modo di approfondire la sua conoscenza del diritto e delle istituzioni europee.
Fu giudice penale presso il Tribunale di Velletri, sino all’ottobre 2018, e successivamente ricoprì le medesime funzioni presso il Tribunale di Roma sino alla data della sua morte, prematura e ingiusta, avvenuta in una tiepida mattina del 17 aprile 2020.
In considerazione dell’apprezzamento unanime della sua figura professionale e umana, del prestigio acquisito in Italia e all’estero nonostante la giovane età, del suo instancabile esercizio della funzione giurisdizionale, che la portò a presiedere sino all’ultimo le udienze di un delicato processo d’interesse nazionale, nonché del suo impegno sociale nel promuovere in prima persona l’emancipazione e la difesa dei diritti delle donne lavoratrici in Senegal, la Giunta Capitolina di Roma ha deliberato il 30 ottobre 2020 di riservarle un’area presso il Cimitero Monumentale del Verano, quale persona che ha onorato con la sua vita la città di Roma in Italia e nel mondo.
Anche il Tribunale di Velletri, sua prima sede di servizio ha deliberato, come già avvenuto a Roma, di intitolarle l’aula dove ella aveva tenuto le sue udienze.
In linea con la sua storia personale, il Premio “Giulia Cavallone” ha pertanto lo scopo di finanziare soggiorni di studio presso Università e altri centri esteri di riconosciuto prestigio per consentire a giovani dottorandi nel campo del diritto e della procedura penale di ampliare le loro conoscenze, così da formare giuristi sensibili alle diversità culturali, con una mente aperta, critica e disposta al confronto, la cui azione sia improntata ai valori della solidarietà e della tutela della persona, così com’era Giulia Cavallone.
Come hanno già scritto di lei, Giulia Cavallone “era arrivata in magistratura dopo anni di vita vissuta, dedicati con passione alla ricerca e all’accademia, da giurista (e da persona) matura e raffinata, cui erano bastati pochi mesi di preparazione per superare il concorso. Pochi mesi in cui Giulia studiava di sera, in un monolocale al sesto piano senza ascensore dal cui abbaino si vedeva la Tour Eiffel, di ritorno da lunghe giornate passate all’Institut de Droit Pénal china sulla sua tesi di dottorato. Pochi mesi durante i quali aveva vinto prestigiose borse di studio internazionali, aveva fatto la spola tra Parigi ed Heidelberg, aveva pubblicato articoli scientifici in lingue diverse, e diverse dalla propria, si era fatta ospitare a casa degli amici la sera prima delle conferenze internazionali in cui aveva relazionato. Mesi in cui aveva portato avanti il suo impegno nel volontariato, dando il via a nuovi importanti progetti, partendo per l’Africa. Tutto questo senza mai mancare una serata a teatro, una mostra, un concerto, un’occasione di viaggio, una cena con gli amici. E a cena Giulia dava il meglio di sé. Era una delle persone più brillanti che si potesse sperare di avere intorno. Il suo senso dell’umorismo era la punta dell’iceberg della sua intelligenza. Portava la propria erudizione ed il proprio spessore come si portano un paio di jeans, con la stessa leggerezza con cui, poi, avrebbe portato il fardello della malattia. Che non le avrebbe impedito di continuare a viaggiare, di costruire una casa con il suo compagno, di rinsaldare e coltivare le sue amicizie ed i suoi interessi, ed anzi l’avrebbe spinta a farlo con sempre maggior convinzione. La fatica fisica e morale delle cure, l’apprensione con cui parlava della malattia, l’estenuante alternarsi di speranza e sconforto, nel suo quotidiano sbiadivano dietro l’ironia con cui sapeva celarli …. La gentilezza di cui tutti raccontano era il sintomo di una grande maturità e consapevolezza di sé: non solo indole, ma frutto delle tante esperienze fatte, di un convinto e profondo umanismo. Di pari passo con la dedizione per il lavoro in cui così tanto credeva andava l’impegno che metteva in ogni altro aspetto del vivere, la cura che dedicava alle proprie relazioni, ai propri interessi e passioni, al costruire la propria esistenza di essere umano. Giulia aveva compreso che l’unico modo per essere un buon giudice, un giudice giusto, è essere una persona giusta, qualsiasi cosa voglia dire. Rispettosa della vita e del mondo. Studiosa non solo del diritto, ma dell’umano.(Sibilla Ottoni, Giustizia Insieme, 17 Aprile 2021)”
In un momento storico in cui sembrano prevalere su tutto l’incompetenza, la superficialità, l’incontinenza verbale ed emotiva, il desiderio di fama e di potere come massima realizzazione dell’essere umano, l’eredità che ci lascia Giulia Cavallone è quella di un esercizio della funzione giurisdizionale come servizio da rendere, mai come un privilegio, sempre con competenza, compostezza, garbo e umanità.
In questo spirito, il Premio si propone quindi come obiettivo di contribuire a formare non soltanto migliori operatori del diritto ma, anche, buoni cittadini.
Nell’edizione del 2021 il Premio è stato assegnato alla dottoressa Alice Giannini, dottoranda presso l’Università di Firenze, per un progetto di ricerca di carattere internazionale svolto sull’Intelligenza Artificiale nei suoi riflessi sulla responsabilità penale. Il progetto verteva sulla possibilità di individuare parametri di riferimento per una responsabilità intesa come accountability , atteso che l’imprevedibilità dell’azione operata autonomamente dalla “macchina” pone il problema di come determinare con un grado di certezza giuridicamente ammissibile se un danno causato come conseguenza di un’azione autonoma ed imprevedibile di un’I.A. possa essere attribuito ad un agente umano coinvolto nella catena causale degli eventi. Il suo percorso di ricerca all’estero si è svolto presso la Facoltà di Legge dell’Università di Maastricht.
E’ significativo che la Commissione giudicatrice abbia valutato molto favorevolmente l’impegno duraturo della vincitrice quale Avvocato di strada e nell’assistenza legale ai detenuti. Una forma di volontariato non richiesta dal bando ma ritenuta non estranea allo spirito del Premio, “che ricorda una giovane donna, impegnata nel suo lavoro di magistrata ma sempre con sguardo alto, rivolto agli altri e, tra questi, agli ultimi”.
Nell’edizione 2022 la Commissione esaminatrice ha attribuito il premio alla dottoressa Laura De Stradis, dottoranda presso l’Università del Salento, con un progetto che nuovamente affronta la problematica dell’I.A., questa volta sotto il profilo dell’inserimento dell’intelligenza artificiale nel sistema della compliance aziendale, al fine di ottimizzare le chances di prevenzione del rischio-reato, con particolare riferimento ai reati finanziari, e apportando un contributo in chiave di innovazione digitale. Lo studio, come si legge nel progetto “si focalizzerà in particolar modo sul ruolo dei modelli di organizzazione, gestione e controllo del rischio-reato, cuore pulsante del sistema 231 e chiave di volta per la comprensione della vocazione preventiva del sistema della corporate criminal liability, nonché per la valorizzazione del profilo della rimproverabilità dell’ente, nel rispetto del principio di colpevolezza ex art. 27, comma 1, Cost.”. Il programmato soggiorno di studio all’estero si svolgerà presso l’Universidad de Castilla – La Mancha e contribuirà certamente al conseguimento degli obiettivi scientifici sottesi al progetto di ricerca.
E’ auspicio della Fondazione Calamandrei e della Famiglia Cavallone che, anche per il futuro, l’esempio di Giulia possa contribuire a cambiamenti verso una società più giusta, in armonia con quello che può essere ricordato come il suo invito rivolto a tutti noi: “Siate giusti, siate gentili”.
Il quadro costituzionale e le opzioni politiche nostrane. A proposito delle vicende belliche in atto
di Antonio D’Andrea
Ragionare di “pace” e correlativamente di “guerra” in termini etici e morali – diciamo pure restando sul piano teorico generale – serve ad esprimere, in prima battuta, un bisogno che parte dal profondo dell’animo umano e informa di sé mente e cuore di ciascun individuo orientandone opzioni culturali prevalentemente in termini valutativi rispetto a quello che accade e di cui sono responsabili “altri” (specie se considerati portatori di valori differenti rispetto ai propri riferimenti ideali), così come pure, per quel che può valere, finisce per orientare concretamente azioni e comportamenti personali: si oscilla dalla più banale partecipazione ad una manifestazione pubblica, pro o contra una delle due o più parti del conflitto in atto, sino ad indurre taluno che voglia esprimere un più radicale convincimento a schierarsi apertamente e con slancio, anche solo con sforzi di natura argomentativa quali sono quelli che competono agli intellettuali indotti a ragionare sugli accadimenti che si dipanano sotto i loro occhi, ora a fianco di una parte belligerante di cui si riconoscono le buone ragioni (ad esempio quella di difendersi da un’aggressione alla propria integrità territoriale e alla libertà di autodeterminazione sul piano delle scelte interne e internazionali) ora spendendosi in favore di una visione “pacifista” – ancorché non necessariamente equidistante rispetto al conflitto bellico in atto – sul presupposto della inaccettabilità in ogni caso della guerra (anche ove ci si sforzi lo stesso di darne una spiegazione in chiave geopolitica), conflitto dal quale occorrerebbe uscire ricorrendo esclusivamente a mezzi politico-diplomatici, tanto più per evitare il prolungamento delle sofferenze patite da chi è vittima delle terribili azioni ad esso connesse. Vale a dire, per restare al caso attualmente sotto la lente di ingrandimento europea, sicuramente il popolo ucraino. L’opzione pacifista, come è noto, oltretutto viene spesso invocata come l’unica in grado di evitare l’ulteriore allargamento del conflitto ad altri contesti (nel caso di specie l’area dei Paesi Nato, sul confine tra Ucraina e Russia oltre che gli Stati del nord Europa, al momento “neutrali”) come pure il possibile uso di strumenti di distruzione di massa quali le armi nucleari nella disponibilità dell’invasore russo. Naturalmente per parlare di “guerra” e di “pace” in termini più stringenti rispetto a quanto accade “sul terreno”, al di là di quello che ci viene direttamente documentato in modo molto spesso esemplare per non dire eroico, ci sono competenze “tecniche” specifiche che investono lo studio e l’analisi delle questioni geopolitiche che sono deflagrate così drammaticamente nel nostro Continente. Egualmente abbiamo imparato a conoscere studiosi, più o meno accreditati, ma pur sempre “addetti ai lavori” delle relazioni internazionali e delle prassi diplomatiche e ancora esperti di strategia militare i quali, nel caso di specie, al punto in cui si è giunti, meritano, almeno a mio avviso, di essere ascoltati più di altri che potremmo definire incompetenti generici o, se si vuole, competenti relativi (siano essi giuristi, filosofi, sociologi, storici, politologi) i quali, almeno a mio giudizio, intervengono copiosamente nel dibattito pubblico spesso in modo del tutto approssimativo, ricostruendo, nella migliore delle ipotesi, il loro astratto punto di vista intorno alle “condizioni” sopra evocate senza fornire chiarimenti e opinioni utili su quel che accade oltre il campo visivo, fuori cioè dalle immagini e dai resoconti che rimbalzano dal fronte, e neppure fornendo chiavi di lettura che aiutino a ragionare gli altri – i più – illustrando indispensabili e realistici “punti di vista” su quel che ci si potrà aspettare da qui in avanti.
Non sempre del resto – capita a tutti – si è in grado di esprimere un’opinione autorevole, ancorché si abbia pur sempre un’opinione, che, dunque, di fronte a scenari così terribili da lasciare sbigottiti e, mi pare, senza l’ausilio di una bussola funzionante per comprendere effettivamente i termini delle questioni e degli interessi in gioco, al di là di quel che ciascuno legittimamente pensa dell’invasione russa, della resistenza ucraina, dell’azione o inazione dell’Unione europea, degli interessi americani e del ruolo difensivo o espansivo della Nato, della possibile mediazione cinese, dell’efficacia delle sanzioni economiche promosse nei confronti della Russia e delle inevitabili ricadute in questo o in quel Paese, a partire dal nostro, ci dovrebbe essere risparmiata almeno dai mezzi di informazione più accreditati, specie se da ricondurre al servizio pubblico. E, invece, in tanti “pontificano” non proprio con il rigore e persino la continenza (e la competenza) necessaria, specie quando si accede, e talvolta non si capisce perché, agli ambiti in cui si svolge la comunicazione più pervasiva nei confronti della pubblica opinione (non ho dunque in mente i cc.dd. social, che ovviamente restano spalti e tribune poco consone a valutazioni di principio).
Resta inteso che, se da un piano istintuale e in ogni caso intimamente collegato persino alla moralità della persona e, se si vuole, allo sviluppo del pensiero filosofico e antropologico si volesse davvero passare (al tentativo) di una configurazione strettamente giuridica di fenomeni che hanno da sempre contrassegnato le relazioni tra Stati sovrani – che restano tuttora presenti sulla scena internazionale ancorché impegnati a far parte di organizzazioni sovranazionali operanti su scale differenti, segnandone in profondità i loro destini – occorrerebbe, in primo luogo, partire dalla qualificazione normativa che ciascun ordinamento finisce per dare, direttamente o indirettamente, della “guerra” e della “pace”. Non fosse altro perché, nel secondo dopoguerra, l’aspirazione, ben colta e assecondata nella nostra Costituzione repubblicana, di dare vita ad un nuovo “ordinamento internazionale” non consente una regolamentazione solo domestica di tali “mezzi”. Credo che, in effetti, su questo terreno, almeno per il costituzionalista e per chiunque voglia restare sul piano di una valutazione giuridica, non valga tanto il sentimento più o meno diffuso che si afferma nella Comunità in relazione ad una specifica vicenda che può coinvolgere “emotivamente” lo Stato e i suoi appartenenti, quanto piuttosto il riferirsi alla legittimità o illegittimità di azioni e comportamenti riconducibili immediatamente a quanti detengono le leve del governo statuale che potrebbe muoversi – e si muove – sul piano interno e/o internazionale in una o nell’altra direzione.
Da questo punto di vista, probabilmente insignificante ma almeno tecnicamente definito in un ambito circoscritto, dal quale peraltro molti entrano ed escono con sconcertante disinvoltura, due mi sembrano i precetti costituzionali ricavabili da una lettura sistematica delle disposizioni costituzionali (dunque non solo dall’articolo 11, ma anche, almeno, dagli articoli 78, 80, 87, ottavo e nono comma, della Costituzione) dai quali muovere e che, come spesso accade, esprimono sensibilità non proprio coincidenti, ovviamente da bilanciare, senza che uno possa annullare o svuotare del tutto l’altro per orientare le scelte legittime che ricadono nella piena responsabilità degli organi di indirizzo politico del nostro Paese, a prescindere – mi verrebbe da dire – dagli umori inevitabili della “piazza” che liberamente manifesta e, eventualmente, “spinge” in uno dei due sensi, ma non si assume in nessun caso la responsabilità di governare direttamente. Ometto, a tal proposito, di affrontare il tema del coinvolgimento, peraltro inevitabile e costituzionalmente necessario, degli organi parlamentari sulle scelte che vengono assunte dallo Stato poiché tocca – ahimè – lo stato viziato da molti decenni nelle relazioni istituzionali che intercorrono tra Parlamento e Governo. Dunque, prescindendo da ciò, si fronteggiano con pari dignità costituzionale due principi: il ripudio della guerra per risolvere controversie internazionali (il tema è dunque quello della promozione sul piano internazionale, a partire certo da quello europeo, di attività finalizzate ad ottenere la cessazione dello “sbocco” bellico sia in funzione preventiva sia una volta determinatosi lo scenario di guerra, a prescindere dallo stesso coinvolgimento diretto o indiretto del nostro Paese in quello scenario); e la reattività sul piano militare ad un’aggressione bellica in atto, che comporta conseguentemente la legittimità della guerra difensiva (il che autorizza, a mio modo di intendere, lo stesso ausilio armato che il nostro Paese ritenesse di dover fornire ad uno Stato considerato “aggredito” da altro Stato, prescindendo da obblighi internazionali di difesa comune contratti in favore di Stati alleati). Riguardo a tale “ausilio”, esso mi parrebbe coerente proprio con la salvaguardia delle ragioni dovute al mantenimento della sovranità degli ordinamenti, laddove non “ceduta” in condizioni di parità, come richiesto proprio dallo stesso articolo 11 della Costituzione, al fine di promuovere e favorire pace e giustizia tra le Nazioni attraverso nuovi assetti organizzativi tra gli Stati, e non altro.
Se questa è la cornice costituzionale nella quale restare, per il nostro Paese è evidente che la strada da perseguire sul piano della legittimità dell’indirizzo politico non è l’assoluto prevalere di un principio sull’altro, ma il contemperamento delle due esigenze sopra richiamate in una gradazione che certo rappresenterà pur sempre, inevitabilmente, l’accentuazione anche momentanea dell’una rispetto all’altra.
In fondo il processo per arrivare alla pace, che non c’è, presuppone l’incamminamento su una strada lunga e impervia senza nascondersi che l’obiettivo resta lontano e non si potrà raggiungere con slogan urlati fuori dal contesto interessato dalla guerra, che viceversa è drammaticamente in atto, o con suggestioni irrilevanti per chi la guerra la vive sulla propria pelle.
Scheda n. 5 - Udienza preliminare (artt. 416 ss. c.p.p.)
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
La finalità della riforma, in tema di udienza preliminare, risulta quella di concentrare nella fase predibattimentale una serie di controlli in ordine, in particolare, alla esatta individuazione della competenza territoriale nonché della corretta e precisa enunciazione del fatto oggetto di contestazione, in modo così da evitare successive indebite regressioni procedimentali nel corso del giudizio e contenere così i tempi di definizione dei procedimenti; coerente con tale esigenza risultano poi le novità in tema di (nuovi) casi in cui l’imputato deve essere considerato presente e quelle che garantiscono maggior facilità per la costituzione di parte civile.
Così come, peraltro, anche la nuova regola di giudizio delineata dall’art. 425 c.p.p. risulta rispondere alla necessità che la celebrazione del dibattimento sia limitata ai casi in cui la previsione di condanna sia ragionevole.
APERTURA DELL’UDIENZA PRELIMINARE
La prima innovazione relativa alla disciplina dell’udienza preliminare è contenuta all’art. 416 c.p.p. (“Presentazione della richiesta del pubblico ministero”), ove è stato abrogato il comma 2-bis, già introdotto dalla l. n. 102/2006, che prevedeva che, in caso di procedimento per reati di cui all’art. 589, comma II c.p. (omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e all’art. 589-bis c.p. (omicidio stradale), la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero doveva essere depositata entro il termine di trenta giorni dalla chiusura delle indagini.
All’art. 419 c.p.p. (“Atti introduttivi”), poi, con riguardo all’avviso di fissazione del giorno, ora e luogo dell’udienza preliminare, viene implementato il novero degli avvisi da dare all’imputato in ordine alla possibilità di celebrazione del processo in sua assenza, mediante l’indicazione – oltre che dei già previsti artt. 420-bis, 420-ter, 420-quater, 420-quinquies c.p.p. – anche dell’art. 420-sexies c.p.p., che ha introdotto, nella rinnovata formulazione della disciplina dell’assenza, la revoca della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo. Si prevede anche l’informazione all’imputato e alla persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
COSTITUZIONE DELLE PARTI
TESTO RIFORMATO |
Art. 420 c.p.p. - Costituzione delle parti. (Omissis) 2-bis. In caso di regolarità delle notificazioni, se l’imputato non è presente e non ricorrono i presupposti di cui all’articolo 420-ter, il giudice procede ai sensi dell’articolo 420-bis. 2-ter. Salvo che la legge disponga altrimenti, l’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza o che, presente ad una udienza, non compare alle successive, è considerato presente ed è rappresentato dal difensore. È considerato presente anche l’imputato che ha richiesto per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale. (Omissis) |
All’art. 420 c.p.p. (“Costituzione delle parti”) vengono introdotti due nuovi commi, il 2-bis e il 2-ter.
Il comma 2-bis prevede che si procede alla verifica dei presupposti per la dichiarazione di assenza dell’imputato “in caso di regolarità delle notificazioni”, quando l’imputato non è presente e non ricorrono i presupposti di cui all’art. 420-ter (“Impedimento a comparire dell’imputato o del difensore”); viene quindi ribadita con maggior forza la sequenza procedimentale per cui solo a seguito della positiva verifica della regolarità della notifica è possibile poi passare alla valutazione relativa alla procedibilità in assenza.
Il comma 2-ter ridefinisce invece i casi in cui l’imputato deve considerarsi presente, aggiungendo a quelli tradizionali e già previsti all’art. 420-bis, 3° comma c.p.p. dell’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza o che, presente ad una udienza, non compare alle successive (ma, per entrambi i casi “Salvo che la legge disponga diversamente”), i casi in cui “l’imputato che ha richiesto per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale”.
Vanno poi segnalate due novità che, ancorché estranee al Titolo IX del Libro V del codice di rito, ove trova sede la disciplina dell’udienza preliminare, sono destinate a produrre effetti anche in relazione ad essa.
COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE
La prima attiene al “Termine per la costituzione di parte civile”, art. 79 c.p.p.; fermo restando che “La costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare”, si specifica ora che tale termine è individuato “prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti”; è in ogni caso confermato, al comma II dell’art. 79 c.p.p., che il (nuovo) termine così precisato è stabilito a pena di decadenza.
Peraltro, per completezza, va osservato che all’art. 78 (“Formalità della costituzione di parte civile”) è stato introdotto un nuovo comma 1-bis, volto a facilitare la costituzione mediante sostituzione, prevedendo che “Il difensore cui sia stata conferita la procura speciale ai sensi dell’articolo 100, nonché la procura per la costituzione di parte civile a norma dell’articolo 122, se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, può conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l’atto di costituzione”.
RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI CASSAZIONE PER LA DECISIONE SULLA COMPETENZA PER TERRITORIO
La seconda novità rilevante anche per l’udienza preliminare è quella dal nuovo art. 24-bis c.p.p. (“Rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio”).
La norma così introdotta prevede la facoltà del giudice di rimettere, anche d’ufficio, la questione concernente la competenza per territorio, alla Corte di Cassazione; in tal caso il giudice pronuncia ordinanza con la quale rimette gli atti alla Corte di Cassazione insieme agli atti necessari alla risoluzione della questione, con l’indicazione delle parti e dei difensori; la novellata disciplina risulta quindi costruita sul modello della proposizione e della risoluzione dei conflitti di giurisdizione e competenza, pur con alcuni specifici adattamenti; in particolare, nel caso di risoluzione di conflitto di competenza, la Corte di Cassazione, se dichiara l’incompetenza del giudice procedente, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente; l’estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice rimettente, a quello competente – se diverso – nonché ai pubblici ministeri presso i medesimi giudici e alle parti private.
Il termine entro il quale il giudice può disporre il rinvio è individuato dall’art. 24-bis c.p.p. in “prima della conclusione dell’udienza preliminare”; viene inoltre previsto al comma 6° dell’art. 24-bis c.p.p. che la parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la remissione della decisione alla Corte di Cassazione, decade dalla possibilità di riproporre l’eccezione nel corso del procedimento.
MODIFICA DELL’IMPUTAZIONE
TESTO RIFORMATO |
Art. 421 c.p.p. – Discussione. 1.Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti il giudice dichiara aperta la discussione, se rileva una violazione dell’articolo 417, comma 1, lett. b), il giudice, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l’imputazione. Qualora il pubblico ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d’ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero. 1-bis. L’imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all’imputato presente. Quando l’imputato non è fisicamente presente, il giudice rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all’imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza. 2. Se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, il giudice dichiara aperta la discussione. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta diparte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola, nell'or- dine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta. (Omissis) |
Tornando alle novità previste nel Titolo IX, due innovazioni di significato attengono al controllo, in sede di udienza preliminare, in ordine alla contestazione contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, da un lato sotto sotto il profilo della specificità e, dall’altro, in ordine alla sua corrispondenza alle risultanze degli atti di indagine, con previsione di specifici ed immediati rimedi.
Quanto al primo profilo, all’art. 421 c.p.p. (“Discussione”) commi 1 e 1-bis, è previsto che, conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e prima di procedere alla discussione, il giudice, se rileva che la richiesta di rinvio a giudizio non presenta una “enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge” (art. 417, comma 1, lett. b c.p.p.), sentite le parti, deve invitare il pubblico ministero a riformulare l’imputazione.
Qualora il pubblico ministero provveda alla riformulazione, l’imputazione modificata va inserita nel verbale di udienza e contestata all’imputato se è presente in aula, anche mediante collegamento a distanza; se invece l’imputato non è presente, il giudice sospende il processo e rinvia a nuova udienza, disponendo la notifica del verbale contenente la nuova imputazione entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (art. 421, comma 1-bis c.p.p.).
Qualora, invece, il pubblico ministero non provveda alla riformulazione a seguito dell’invito, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d’ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero (art. 421, comma 1 c.p.p.).
TESTO RIFORMATO |
Art. 423 c.p.p. – Modificazione dell’imputazione. 1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione. 1-bis. Se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni. Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero. 1-ter. Nei casi di modifica dell’imputazione ai sensi dei commi 1 e 1-bis, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 421, comma 1-bis. (Omissis) |
Quanto al secondo profilo, l’art. 423 c.p.p. (“Modifica dell’imputazione”), fermo il già previsto potere del pubblico ministero di modificare la contestazione se nel corso dell’udienza preliminare il fatto risulta diverso da come descritto nell’imputazione ovvero se emerge un reato connesso a norma dell’art. 12 comma 1, lett. b) o una circostanza aggravante, viene ora previsto che se emerge che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza non sono indicate nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni.
Qualora il pubblico ministero provveda alla modifica dell’imputazione, si segue la sequenza già indicata prevista dal nuovo comma 1-bis dell’art. 421 c.p.p.
Qualora invece il pubblico ministero non provveda alla modifica o comunque “se la difformità indicata permane”, anche il tal caso il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero.
La finalità di queste due innovazioni – si legge nella Relazione Illustrativa allo schema di d.l. recante attuazione della l. n. 134/2021 - è quella di “rispondere all’esigenza della celere definizione dei procedimenti, in quanto la completezza dell’imputazione e la sua correttezza (in punto di fatto e di diritto), per di più realizzata (salvo contrasti) senza retrocessione degli atti e nel contraddittorio con le parti, per un verso, consente il più rapido superamento dei casi problematici, per altro verso, facilita l’accesso ai riti alternativi, soprattutto se preclusi proprio dalla qualificazione giuridica o, in ogni caso, scoraggiati da fatti mal descritti o qualificazioni errate. La soluzione adottata, oltre a impedire il verificarsi dell’evento anomalo per cui è solo con il decreto di rinvio a giudizio che emerge la qualificazione ritenuta dal giudice, consente altresì di svolgere il dibattimento su un oggetto (in fatto e in diritto) corretto, riducendo il rischio tanto di istruttorie inutili quanto di modifiche (ex art. 516 ss. c.p.p.) o retrocessioni (art. 521 c.p.p.) in corso di dibattimento o, addirittura, in esito ad esso.
I nuovi poteri attribuiti al giudice dell’udienza preliminare in ordine al controllo sulla corretta descrizione del fatto e sulla sua rispondenza alle risultanze delle indagini preliminari rendono superflua la previsione dell’art. 429, comma 2-bis, che disciplina una situazione non più suscettibile di verificarsi (la norma, infatti, recita: «Se si procede per delitto punito con la pena dell’ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell’art. 485»). L’abrogazione in parola consentirà, oltre tutto, di concentrare la celebrazione del rito abbreviato per tutti i reati per i quali è prevista l’udienza preliminare innanzi al GUP, poiché l’imputazione dovrà essere in ogni caso modificata in udienza preliminare dal pubblico ministero e non potrà essere disposta autonomamente dal giudice in sede di decreto di rinvio a giudizio”.
SVOLGIMENTO DELL’UDIENZA
Ulteriore innovazione è relativa all’art. 422 c.p.p. (“Attività di integrazione probatoria del giudice”), prevedendosi ora che nel caso in cui il giudice abbia disposto l’assunzione di una prova di cui appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere, è possibile disporre che l’esame si svolga a distanza se vi è una particolare disposizione di legge che lo prevede o se comunque le parti vi consentono.
SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE
Rinnovata è anche la regola di giudizio per l’udienza preliminare, art. 425 c.p.p. (“Sentenza di non luogo a procedere”).
Fermo restando che il giudice pronuncia la predetta sentenza negli ordinari casi di cui al I comma, al comma III la previgente formulazione secondo cui il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti “risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio” è sostituita con quella secondo cui il giudice pronuncia tale sentenza anche quando essi “non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”.
Con tale formula, quindi, la regola di giudizio si allinea con quella prevista ora in tema di archiviazione ai sensi del novellato art. 408 c.p.p. che dispone che il pubblico ministero presenta richiesta di archiviazione “quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca”.
Quanto all’ “Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere” (art. 428 c.p.p.), viene riscritto il comma 3-quater prevedendo che sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative – non più solo a “contravvenzioni” punite con l’ammenda o con pena alternativa – ma a “reati” puniti con la sola “pena pecuniaria o con pena alternativa”.
DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO
Quanto al “Decreto che dispone il giudizio” (art. 429 c.p.p.), è ora previsto che esso deve contenere anche, alla nuova lett. d-bis), l’avviso all’imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; inoltre viene riscritta la lett. f), prevedendo che il decreto contiene “l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento”.
Sempre all’art. 429 c.p.p. viene infine soppresso il comma 4, che prevedeva che “Il decreto è notificato all’imputato contumace nonché all’imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell’art. 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio”.
Tale soppressione - si legge nella Relazione Illustrativa allo schema di d.l. recante attuazione della l. n. 134/2021 – è conseguenza della nuova disciplina in tema di assenza e, in particolare, dalla delega, “la quale al punto d) prevede che il giudice verifica la rinuncia a comparire dell’imputato o, in mancanza, l'effettiva conoscenza dell'atto introduttivo oppure della sussistenza delle altre condizioni che consentono di procedere in assenza “all'udienza preliminare o, quando questa manca, alla prima udienza fissata per il giudizio”. Di conseguenza – continua la Relazione Illustrativa - quel che accade attualmente, per cui vi è una verifica dell’assenza sia in udienza preliminare che alla successiva prima udienza fissata per il giudizio deve essere escluso.
Questa scelta, d’altro canto, muove dall’assunto che il momento in cui si incardina il rapporto processuale con l’imputato e si valuta, quindi, la sua piena consapevolezza di essere sottoposto ad un processo è, nei riti con udienza preliminare, proprio l’udienza preliminare. E’ rispetto a quel momento, infatti, che, in modo connesso, si pretende un livello qualitativo più elevato della notifica dell’atto introduttivo ed è in quella sede che si debbono compiere le accurate verifiche di cui si è detto circa la effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, per cui è del tutto logico che a quel momento si colleghi la posizione processuale dell’imputato, senza alcuna necessità di rinnovarne la verifica in una fase successiva che ne è la mera prosecuzione, già fisiologicamente prevista come tale dal processo e, quindi, già conosciuta anche dall’imputato.
In ragione di ciò, la verifica dell’assenza in sede di dibattimento (salva sempre la verifica dell’esistenza di impedimenti) è compiuta solo nei casi in cui manca l’udienza preliminare. Nel qual caso soltanto trovano applicazioni le disposizioni di cui agli articoli 420, 420-bis, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies”.
NORME TRANSITORIE
Quanto al momento di entrata in vigore e applicazione di queste nuove norme in tema di udienza preliminare, in forza di quanto previsto dall’art. 6 d.l. n. 162/2022, che ha introdotto nel decreto legislativo n. 150/2022, l’art. 99-bis, essa è prevista per il 30 dicembre 2022.
Scheda n. 6 - Le modalità e la nuova disciplina del processo penale telematico (PPT)
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Le norme richiamate mirano a realizzare la transizione digitale e telematica del processo penale, attraverso significative innovazioni in tema di formazione, deposito, notificazione e comunicazione degli atti e in materia di registrazioni audiovisive e partecipazione a distanza ad alcuni atti del procedimento o all’udienza. La digitalizzazione della giustizia penale e lo sviluppo del processo penale telematico rappresentano aspetti cruciali proprio perché costituiscono uno degli obiettivi del PNRR.
LE DISPOSIZIONI GENERALI SUGLI ATTI
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 110. Sottoscrizione degli atti 1. Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare. *** *** 2. Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni di- versi dalla scrittura. *** *** *** *** 3. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo. *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 110. Forma degli atti 1. Quando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza. 2. Gli atti redatti in forma di documento informatico rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico. 4. Gli atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. |
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 111. Data degli atti 1. Quando la legge richiede la data di un atto, sono indicati il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. L'indicazione dell'ora è necessaria solo se espressamente descritta. *** 2. Se l'indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti a questo connessi. *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 111. Data e sottoscrizione degli atti 1. Quando la legge richiede la data di un atto informatico o analogico, sono indicati il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. L'indicazione dell'ora è necessaria solo se espressamente descritta. 2. Se l'indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti a questo connessi. 2-bis. L’atto redatto in forma di documento informatico è sottoscritto nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 2-ter. La ricezione di un atto orale, trascritto in forma di documento informatico, contiene l’attestazione da parte dell’autorità procedente, che sottoscrive il documento a norma del comma 2-bis, della identità della persona che lo ha reso. 2-quater. Quando l’atto è redatto in forma di documento analogico e ne è richiesta la sottoscrizione, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa attestazione in fine dell'atto medesimo. |
Il legislatore ha introdotto alcune previsioni nuove nel Libro II del codice di procedura penale, dedicato agli atti del procedimento, decidendo contestualmente di non introdurre nuove previsioni in materia di invalidità degli atti, ma di adattare quelle esistenti alla transizione digitale, sulla base della considerazione che un sistema, già denso di previsioni invalidanti, non necessitasse di disposizioni ulteriori.
Pertanto, l’art. 110 c.p.p. individua come regola la forma digitale dell’atto penale, sin dalla sua formazione. Vale, in questa ottica, una condizionata libertà di forme: ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti della autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità, interoperabilità e, ove previsto dalla legge, segretezza, caratteristiche che sono diretto precipitato della normativa sovranazionale e, in particolare, europea in materia di documenti informatici.
Il comma 3 disciplina i casi di deroga alla regola della formazione degli atti penali in formato digitale: è stata prevista una formula volutamente ampia così da consentire il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento disciplinati dall’art. 175-bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale (la relazione illustrativa fa come esempio la memoria redatta dall’imputato in stato di detenzione o di situazioni contingenti anche di impedimenti tecnici che non hanno le caratteristiche di un malfunzionamento nel senso dell’articolo 175-bis c.p.p.).
Il comma 4 dispone che gli atti redatti in forma di documento analogico siano convertiti, senza ritardo, in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti. Il termine “senza ritardo” comporta che trattasi di termine ordinatorio non soggetto ad alcuna nullità.
Per le definizioni di documento informatico e documento analogico, nonché per la disciplina della conversione del documento analogico in informatico e viceversa, la relazione illustrativa fa espresso richiamo al CAD (Codice Amministrazione Digitale).
In conclusione, possiamo affermare che dall’entrata in vigore delle nuove norme, la regola sarà la forma digitale degli atti penali, mentre gli atti prodotti e depositati in formato analogico devono essere convertiti in copia informatica, così da rendere il fascicolo penale digitale completo.
LE DISPOSIZIONI SUL DEPOSITO TELEMATICO E SUL FASCICOLO INFORMATICO
Le nuove disposizioni di cui agli artt. 111-bis e 111-ter c.p.p. concorrono, con le disposizioni già analizzate, a costruire l’architrave del nuovo processo telematico.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 111-bis. Deposito telematico 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 175-bis, in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. 2. Il deposito telematico assicura la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché l’identità del mittente e del destinatario, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. 3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti e ai documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica. 4. Gli atti che le parti compiono personalmente possono essere depositati anche con modalità non telematiche. |
L’art. 111-bis prevede, al comma 1, l’obbligatorietà e la esclusività del deposito telematico di atti e documenti.
I commi 3 e 4 dell’art. 111-bis c.p.p. prevedono due casi di deroga alla regola generale:
- il comma 3 precisa che la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico “non si applica per gli atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica”: la relazione illustrativa fa l’esempio dei documenti aventi contenuto dichiarativo preformati rispetto al processo penale (una scrittura privata, un testamento olografo) di cui si contesti l’autenticità o documenti, quali ad esempio planimetrie, estratti di mappa, fotografie aeree e satellitari, per i quali appare indispensabile il deposito in forma di documento analogico, posto che l’acquisizione in forma di documento informatico priverebbe di nitidezza e precisione i relativi dati, incidendo sul loro valore dimostrativo in sede processuale;
- il comma 4 attribuisce la facoltà alle parti di depositare in forma analogica gli atti che compiono personalmente. Sul punto giova precisare che l’utilizzo del termine “parti” appare tecnicamente inesatto in quanto certamente da questa facoltà è esclusa la “parte pubblica” e in ogni caso pare rivolgersi ai soli soggetti privati e non già, ad esempio, ai loro difensori, come si può evincere dalla dicitura “atti che le parti compiono personalmente”.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 111-ter. Fascicolo informatico e accesso agli atti 1. I fascicoli informatici del procedimento penale sono formati, conservati, aggiornati e trasmessi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente il fascicolo informatico, in maniera da assicurarne l’autenticità, l’integrità, l’accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché l’agevole consultazione telematica. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche quando la legge prevede la trasmissione di singoli atti e documenti contenuti nel fascicolo informatico. 3. Gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico sono convertiti, senza ritardo, in documento informatico e inseriti nel fascicolo informatico, secondo quanto previsto dal comma 1, salvo che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. In tal caso, nel fascicolo informatico è inserito elenco dettagliato degli atti e dei documenti acquisiti in forma di documento analogico. 4. Le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e dei documenti processuali redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale. |
L’art. 111-ter c.p.p. concerne la formazione e la tenuta dei fascicoli informatici. La norma prevede che i fascicoli informatici del procedimento penale siano formati, conservati, aggiornati e trasmessi in modalità digitale, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché un’efficace e agevole consultazione telematica. Secondo la relazione illustrativa, la riforma, a regime, dovrebbe dunque garantire una maggiore effettività del diritto di difendersi, attraverso un accesso alle informazioni nel fascicolo veloce, completo, di facile lettura.
Al comma 2 è previsto che anche la trasmissione di singoli atti e documenti, disgiunti dal fascicolo processuale, avvenga in forma digitale.
Per gli atti depositati in modalità analogica (modalità che, come detto, è sempre possibile per il deposito operato personalmente dalle parti), si prescrive al comma 3 una pronta conversione in copia informatica ai fini del loro inserimento nel fascicolo informatico, con la stessa clausola di salvezza (questa volta ai fini specifici dell’inserimento nel fascicolo) prevista per gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. Tale disposizione vale, tra l’altro, ad estendere la clausola di salvezza a tutte le ipotesi e le forme di acquisizione di originali di scritti e documenti di cui all’art. 234 c.p.p. Si è comunque precisato che nel fascicolo informatico debba essere inserito un elenco dettagliato di tutti gli atti e documenti che, per qualsiasi ragione, siano acquisiti in forma di documento analogico e non siano stati convertiti in copia informatica. Tale disposizione vale a preservare completezza e continuità del fascicolo processuale anche laddove parte dello stesso fascicolo sia in forma di documento analogico, al contempo offrendo alle parti uno strumento utile per comprendere, consultando telematicamente il fascicolo, quali e quanti degli atti e documenti che compongono quel fascicolo siano presenti solo in cartaceo.
Al comma 4 si è, infine, precisato che le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e documenti processuali, redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale.
In conclusione, possiamo affermare che il fascicolo penale è e rimarrà unico e non vi sarà un regime di duplicazione (uno in formato digitale e uno in formato cartaceo). Il fascicolo, però, seppure unico, potrà essere in composizione mista: ferma, difatti, la regola del fascicolo digitale (che diventa il formato ordinario), sarà possibile che alcuni atti (e in particolare i documenti analogici che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possono essere acquisiti o convertiti in copia informatica) siano conservati in formato cartaceo. Questo comporterà, come per il processo civile, di fatto un doppio binario.
TESTO PREVIGENTE | TESTO RIFORMATO |
Art. 172 c.p.p. - Regole generali (Omissis) *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** | Art. 172 c.p.p. - Regole generali (Omissis) 6-bis. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile. 6-ter. Salvo che non sia diversamente stabilito, i termini decorrenti dal deposito telematico, quando lo stesso è effettuato fuori dell’orario di ufficio stabilito dal regolamento, si computano dalla data della prima apertura immediatamente successiva dell’ufficio. |
L’art. 172 c.p.p., che detta la disciplina generale in materia di termini processuali, vede aggiungersi due commi: il 6 bis e il 6 ter. Il primo è dettato in un’ottica di favor per il diritto di difesa e stabilisce che il termine per il deposito di atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile.
L’altro è volto a contemperare le esigenze difensive con la necessità di non compromettere l’organizzazione giudiziaria stabilendo che il termine per provvedere sulla domanda depositata telematicamente fuori orario d’ufficio decorre dalla prima apertura successiva dell’ufficio competente.
ARTICOLO INTRODOTTO |
Art. 175-bis. Malfunzionamento dei sistemi informatici 1. Il malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Il ripristino del corretto funzionamento è certificato, attestato e comunicato con le medesime modalità. 2. Le certificazioni, attestazioni e comunicazioni di cui al comma 1 contengono l’indicazione della data dell’inizio e della fine del malfunzionamento, registrate, in relazione a ciascun settore interessato, dal direttore generale per i servizi informativi del Ministero della giustizia. 3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, a decorrere dall’inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, atti e documenti sono redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, fermo quanto disposto dagli articoli 110, comma 4, e 111-ter, comma 4. 4. La disposizione di cui al comma 3 si applica, altresì, nel caso di malfunzionamento del sistema non certificato ai sensi del comma 1, accertato ed attestato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, e comunicato con modalità tali da assicurare la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati della data di inizio e della fine del malfunzionamento. 5. Se la scadenza di un termine previsto a pena di decadenza si verifica nel periodo di malfunzionamento certificato ai sensi dei commi 1 e 2 o accertato ai sensi del comma 4, si applicano le disposizioni dell’articolo 175. |
Vengono, pertanto, previste due ipotesi: la prima (disciplinata ai commi 1 e 2 della nuova disposizione), riguarda il malfunzionamento c.d. certificato, ovvero le ipotesi di malfunzionamento generalizzato dei domini del Ministero della Giustizia: in tal caso il malfunzionamento è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia. La seconda ipotesi (disciplinata al comma 4) riguarda il malfunzionamento “non certificato”, ovvero quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale e in tal caso il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio. In tali casi è consentito il deposito in formato analogico.
DISCIPLINA TRANSITORIA
Viene dettata una disciplina transitoria che prevede che il entro il 31.12.2023 il Ministro della Giustizia debba adottare un decreto con cui le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale, nonché un altro decreto in cui preveda i termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione.
Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei suddetti provvedimenti continuano ad applicarsi, nel testo attuale, le disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3 bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4 c.p.p., nonché le disposizioni di cui l’articolo 154, commi 2, 3 e 4 disp. att. c.p.p.
Le disposizioni di nuova introduzione (e in particolare gli artt. 111, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater, 111 bis e 111 ter c.p.p., ma anche gli artt. 122, comma 2 bis, 172, commi 6 bis e 6 ter, 175 bis, 386, comma 1 ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis c.p.p.) si applicano a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei provvedimenti di cui sopra.
Le legge 30 dicembre 2022 n. 199 di conversione del d.l. 162/2022 ha introdotto l’art. 87 bis, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze”.
La norma detta un regime transitorio che, a decorrere dal 31.12.2022 e in attesa dell’entrata in vigore dei commi 6 bis e 6 ter dell’art. 172 c.p.p., attribuisce valore legale al deposito degli atti mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata.
Tale indirizzo PEC deve essere inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici previsto all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, mentre gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari sono esclusivamente quelli indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.
Quanto all’oggetto, possono essere depositati a mezzo PEC tutti gli atti, i documenti e le istanze comunque denominati diversi da quelli relativi alla fase d’indagini, per i quali il deposito deve invece essere fatto mediante il portale del processo penale telematico.
Le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale e le ulteriori modalità di invio sono demandate al medesimo provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati.
Richiamando quanto previsto all’art. 172 co 6 bis c.p.p., la norma prevede che “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”.
Infine, la norma prevede che il personale di segreteria e di cancelleria debba attestare il deposito degli atti dei difensori inviati tramite PEC annotando nel registro la data di ricezione, per poi inserire l'atto sia nel fascicolo telematico, sia nel fascicolo cartaceo mediante inserimento di copia analogica dell'atto ricevuto munito di attestazione della data di ricezione e di intestazione della casella di posta elettronica certificata di provenienza.
I commi 3, 4 e 5 dell’art. 87 bis dettano una particolare disciplina per gli atti di impugnazione, ivi compresi i motivi nuovi e le memorie, con ciò dovendosi intendere “tutti gli atti di impugnazione comunque denominati e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354”, per i quali è richiesta la specifica indicazione degli allegati, che devono essere trasmessi in copia informatica per immagine sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale, mentre le specifiche tecniche sono demandate al provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati.
Scheda n. 3 - Indagini preliminari
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Nell’area di intervento attinente alla fase delle indagini, le modifiche attuative della delega perseguono due obiettivi: ridurre i tempi delle indagini incidendo sui termini di durata e introducendo rimedi giurisdizionali alla eventuale stasi del procedimento, determinata dall’inerzia del p.m.; filtrare maggiormente i procedimenti meritevoli di essere portati all’attenzione del giudice, esercitando l’azione penale; il tutto avendo sempre attenzione alla salvaguardia dei diritti delle parti.
Nella generale prospettiva di introdurre efficaci forme di controllo sulla gestione dei tempi delle indagini, si evidenziano: la disciplina con maggiore dettaglio del momento delicato di iscrizione della notizia di reato, perseguendo l’obiettivo di circoscrivere all’ambito del procedimento penale la rilevanza della valutazione compiuta dal P.M. al momento dell’iscrizione; l’introduzione di un procedimento incidentale di sindacato sulla tempestività dell’iscrizione, potenzialmente idoneo a produrre effetti di rilievo sulla base cognitiva del giudizio; la discovery forzosa quale strumento volto per un verso a dissuadere ingiustificati temporeggiamenti decisori del pubblico ministero, per altro verso a favorire l’individuazione e la chiusura dei procedimenti suscettivi d’essere definiti grazie a possibili apporti conoscitivi ad opera delle “parti” del procedimento.
NOTIZIA DI REATO
TESTO RIFORMATO |
Art. 335 c.p.p. - Registro delle notizie di reato. 1.Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito., contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto. 1-bis. Il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico. 1-ter. Quando non ha provveduto tempestivamente ai sensi dei commi 1 e 1-bis, all’atto di disporre l’iscrizione il pubblico ministero può altresì indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata. (Omissis) |
Il P.M. ha l’onere di iscrivere la notizia di reato che contenga la rappresentazione di un fatto determinato e non inverosimile e riconducibile a una fattispecie incriminatrice. Si mira a esonerare il P.M. dall’iscrizione di fatti palesemente infondati o penalmente irrilevanti.
L’iscrizione del nome dell’indagato deve essere effettuata appena emergano indizi a suo carico.
Se non provvede tempestivamente all’iscrizione, all’atto di iscrivere il P.M. può indicare la data anteriore a partire dalla quale l’iscrizione stessa deve intendersi effettuata.
A seguito dell’introduzione dell’art. 335-ter c.p.p., inoltre, si onera il GIP, al momento in cui debba compiere un atto del procedimento, di ordinare al P.M. con decreto motivato di iscrivere il nome del soggetto al quale ritiene debba essere attribuito il reato per il quale si procede.
Il P.M. deve provvedervi, indicando anche la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini.
A tal proposito, ai sensi del nuovo art. 335-quater c.p., l’indagato può chiedere al giudice che procede, o nel corso delle indagini al GIP, di accertare la tempestività dell’iscrizione che lo riguardi.
La richiesta può essere presentata:
- in udienza preliminare o dibattimentale, depositandola in cancelleria. La richiesta viene quindi trattata e decisa in udienza;
- nel corso delle indagini preliminari, quando il giudice deve adottare una decisione con l’intervento del P.M. e dell’indagato. In tal caso la retrodatazione deve essere rilevante per la decisione, e viene trattata e decisa nelle forme del procedimento in corso;
- mediante deposito nella cancelleria del giudice che procede, con la prova della notifica al P.M. il quale ha 7 giorni per presentare memorie. Decorso tale termine entrambe le parti hanno facoltà di presentare ulteriori memorie entro 7 giorni. Il giudice può quindi decidere allo stato degli atti o fissare udienza ex art. 127 c.p.p.
Il giudice, quando il ritardo è inequivocabile e non giustificato, dispone la retrodatazione indicando la data a partire dalla quale deve intendersi iscritta la notitia criminis e il nome dell’indagato.
La richiesta è inammissibile se non indica: 1) le ragioni che la sorreggono; 2) gli atti del procedimento dai quali si desume il ritardo; 3) e se non è presentata entro venti giorni da quando l’indagato ha avuto facoltà di prendere conoscenza degli atti che dimostrano il ritardo nell’iscrizione.
P.M. e parte civile, in caso di accoglimento della richiesta, o il richiedente in caso di suo rigetto, possono chiedere di riesaminare la questione: 1) prima della conclusione dell’udienza preliminare; 2) entro il termine ex art. 491 comma 1 c.p.p. nel dibattimento; 3) nel dibattimento preceduto da udienza preliminare, inoltre, la richiesta può essere ripresentata solo se già presentata in udienza preliminare.
Così come prescritto dall’art. 3-bis disp. att., nella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero si conforma ai criteri di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 335-quater c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 335-quater c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Nessuna deroga è invece prevista nei casi di procedimenti relativi a reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ai quali l’art. 335-quater c.p.p. si applica in ogni caso.
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 335-quater c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
ATTIVITA’ A INIZIATIVA DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA
L’articolo 349 c.p.p. (Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone) viene modificato nella parte relativa alle informazioni richieste dalla P.G. che procede al redigere il verbale di identificazione e di elezione di domicilio nei confronti del sottoposto a indagini.
Oltre all’invito a dichiarare o eleggere domicilio, infatti, l’indagato viene richiesto di fornire:
- il recapito della casa di abitazione;
- il recapito del luogo di lavoro;
- il recapito del luogo dove ha temporanea dimora o domicilio;
- i recapiti telefonici o di posta elettronica di cui ha la disponibilità.
Viene, altresì, prevista ai sensi dell’art. 350 c.p.p. la facoltà per la P.G. di richiedere al P.M., previo consenso dell’indagato e del difensore, di assumere le sommarie informazioni con sistemi di collegamento a distanza.
Per le modalità di compimento dell’atto si osservano le disposizioni dell’art. 133-ter c.p.p.
Diversamente, nel riformato art. 351 c.p.p., non viene prevista la possibilità di utilizzo di sistemi di collegamento a distanza: il dichiarante, difatti, può unicamente chiedere che le sue dichiarazioni siano documentate mediante registrazione audio.
TESTO RIFORMATO |
Art. 352 c.p.p. – Perquisizioni. (Omissis) 4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, decide con decreto motivato sulla convalida della perquisizione. 4-bis. Salvo che alla perquisizione sia seguito il sequestro, entro dieci giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127. Si applica la disposizione di cui all’articolo 252-bis, comma 3. |
L’indagato o il soggetto sottoposto a perquisizione possono, entro dieci giorni dalla conoscenza del decreto di convalida emesso dal P.M., proporre opposizione. Il giudice provvede nelle forme dell’art. 127 c.p.p.
Se la perquisizione è stata disposta fuori dai casi previsti dalla legge, il giudice accoglie l’opposizione.
L’articolo di legge non dice quale sia il contenuto del provvedimento: probabilmente dovrà essere disposto l’annullamento della convalida.
Tale norma è speculare all’art. 252-bis c.p.p., che disciplina in modo analogo l’opposizione al decreto di perquisizione emesso dal P.M.
Ai sensi del riformato art. 357 c.p.p., si prevede che la P.G. che assume sommarie informazioni (art. 351 c.p.p.) nei casi:
1. di indagini per delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A;
2. o quando il dichiarante ne faccia richiesta
deve audioregistrare la deposizione, salvo che la strumentazione non sia disponibile.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La violazione è priva di sanzione nel caso ordinario ed è invece sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto nel caso di minori, infermi di mente o soggetti vulnerabili.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla P.G. stessa.
Previsione simile è prevista per le dichiarazioni e gli interrogatori resi al Pubblico Ministero e (artt. 362 e 370 c.p.p.: vedi ultra) e per le dichiarazioni assunte dal difensore (art. 391-ter c.p.p.).
ATTIVITÀ DEL PUBBLICO MINISTERO
Il nuovo art. 360 c.p.p. prescrive che l’indagato, la persona offesa, i difensori e i consulenti tecnici che lo richiedono possono essere autorizzati dal P.M. a partecipare a distanza al conferimento dell’incarico o agli accertamenti.
Il P.M., inoltre, ai sensi dell’art. 362 comma 1-quater c.p.p., avvisa la persona chiamata a rendere sommarie informazioni che ha diritto di chiedere l’audioregistrazione della sua deposizione. Rimane salva l’indisponibilità contingente di strumenti tecnici.
TESTO RIFORMATO |
Art. 369 c.p.p. - Informazione di garanzia. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero notifica invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. 1-bis. Il pubblico ministero informa altresì la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa del diritto alla comunicazione previsto dall'articolo 335, comma 3. 1-ter. Il pubblico ministero avvisa inoltre la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151. |
L’informazione di garanzia deve essere notificata nelle forme previste dai nuovi artt. 148 e 149 c.p.p. e iene, altresì, eliminato il rinvio all’art. 151 c.p.p., in quanto abrogato.
Nell’informazione di garanzia deve essere contenuto l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Ai sensi dell’art. 370 c.p.p., inoltre, l’interrogatorio davanti al P.M. o delegato alla P.G. può svolgersi a distanza se difensore e indagato lo consentono. In tal caso si applicano le disposizioni dell’art. 133-ter c.p.p. (che disciplina le modalità della partecipazione a distanza).
Il P.M. non è comunque obbligato a procedere a distanza, potendo delegare il P.M. presso il Tribunale del luogo dove si trova il soggetto da interrogare.
TESTO RIFORMATO |
Art. 373 c.p.p. – Documentazione degli atti. (Omissis) 2-bis. Alla documentazione degli interrogatori di cui al comma 1, lettere b) e d-bis), si procede anche con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. 2-ter. Quando le indagini riguardano taluno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), oppure quando la persona chiamata a rendere informazioni ne faccia richiesta, alla documentazione delle informazioni di cui al comma 1, lettera d), si procede altresì mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico. 2-quater. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. 2-quinquies. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica di cui ai commi 2-bis e 2-ter è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pubblico ministero. (Omissis) |
La documentazione di:
1. interrogatorio dell’indagato;
2. interrogatorio dell’imputato in procedimento connesso;
deve essere effettuata anche con videoregistrazione. È consentita l’audioregistrazione solo quando vi sia la contingente indisponibilità di strumenti o di personale tecnico.
La documentazione delle informazioni assunte dal P.M. (art. 362 c.p.p.) nei casi:
1. di indagini per delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.;
2. o quando il dichiarante ne faccia richiesta;
deve essere effettuata anche con audioregistrazione.
La previsione di cui al punto 2 è già prevista dall’art. 362 c.p.p.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla P.G. che assiste il P.M.
ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO
Ai sensi del riformato art. 386 c.p.p., si prevede che la comunicazione consegnata all’arrestato o al fermato contenga l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Il giudice, inoltre, può autorizzare la partecipazione a distanza di arrestato o fermato e del difensore all’udienza di convalida, se gli interessati ne fanno richiesta ex art. 391, co. 1, secondo periodo, c.p.p.
INVESTIGAZIONI DIFENSIVE
TESTO RIFORMATO |
Art. 391-ter c.p.p. - Documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni. (Omissis) 3-bis. Le informazioni di cui al comma 3 sono documentate anche mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione. 3-ter. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. 3-quater. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica di cui ai commi 3-bis e 3-ter è disposta solo se assolutamente indispensabile. |
Nel riformato art. 391-ter c.p.p., Anche le dichiarazioni rese al difensore nell’ambito delle indagini difensive devono essere audioregistrate, salva la contingente indisponibilità di strumenti idonei.
Nel caso di dichiarazioni rese da:
1. minorenne;
2. infermo di mente;
3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità;
le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.
La violazione è priva di sanzione nel caso ordinario ed è invece sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto nel caso di minori, infermi di mente o soggetti vulnerabili.
La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile.
INCIDENTE PROBATORIO
L’unica aggiunta disposta al testo dell’art. 401 c.p.p. prevede che le prove vengano non solo assunte ma anche documentate con le forme stabilite per il dibattimento.
CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI
TESTO RIFORMATO |
Art. 405 c.p.p. – Termini per la conclusione delle indagini preliminari. 1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio. 2. Salvo quanto previsto dagli articoli 406 e 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi conclude le indagini preliminari entro il termine di un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di sei mesi, se si procede per una contravvenzione e di un anno e sei mesi se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a). (Omissis) |
Salve le proroghe e le nuove previsioni dell’art. 415-bis c.p.p., il P.M. conclude le indagini (non più richiede il rinvio a giudizio) entro il termine di un anno dall’iscrizione del nome dell’indagato nel registro delle notizie di reato.
Il termine è invece:
1. di sei mesi per le contravvenzioni;
2. di un anno e sei mesi per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.
Il nuovo art. 406 c.p.p., prevede che la proroga può essere chiesta al GIP quando le indagini sono complesse (e non più per giusta causa).
È possibile una sola proroga per un tempo non superiore a sei mesi.
Gli atti di indagine assunti dopo la scadenza dei termini non possono essere utilizzati, salvo quanto previsto dall’art. 415-bis c.p.p.
Le modalità di esercizio dell’azione penale e i relativi termini sono stati modificati, abrogando il comma 3-bis dell’art. 407 c.p.p. e introducendo l’art. 407-bis c.p.p in forza del quale il P.M. che non chiede l’archiviazione esercita l’azione penale con richiesta di rinvio a giudizio o formulando l’imputazione nei casi di richiesta di patteggiamento, giudizio direttissimo, giudizio immediato, decreto penale e messa alla prova.
L’azione penale deve essere esercitata entro tre mesi dalla scadenza del termine di cui all’art 405 c.p.p. oppure, se è stato notificato l’avviso ex art. 415-bis c.p.p., entro tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415-bis, commi 3 e 4 c.p.p.
Il termine è di nove mesi nei casi di delitti previsti dall’art. 407, comma 2 c.p.p.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 407-bis c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto, nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 407-bis c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 407-bis c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
TESTO RIFORMATO |
Art. 408 c.p.p. - Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, Quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, il pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione. 2. Fuori dei casi di rimessione della querela, l’avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione. 3. Nell'avviso è precisato che, nel termine di venti giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Nell’avviso è indicata anche l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 3-bis. Per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all'articolo 624-bis del codice penale, l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa ed il termine di cui al comma 3 è elevato a trenta giorni. |
Viene modificato il presupposto che giustifica la richiesta di archiviazione: da “se la notizia di reato è infondata” si passa a “quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.”
L’avviso della richiesta è notificato alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta, ma non nei casi di rimessione della querela.
Quando il GIP non concordi sulla richiesta di archiviazione, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., nel provvedimento che fissa l’udienza camerale deve essere contenuto l’avviso della facoltà di accedere al programma di giustizia riparativa.
Alla luce di quanto previsto dal riformato art. 412 c.p.p., il P.G. presso la Corte di Appello può disporre l’avocazione delle indagini:
1. se il P.M. non ha disposto la notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. o non ha esercitato l’azione penale o non ha richiesto l’archiviazione nei nuovi termini previsti (la norma elimina il richiamo puro e semplice al termine dell’art. 407, comma 3-bis, c.p.p. e lo sostituisce con i termini previsti dagli artt. 407-bis, comma 2 (termine ordinario di tre mesi dalla scadenza delle indagini), 415-bis, comma 5 quinquies (venti giorni dall’ordine impartito dal GIP di assumere le determinazioni sull’azione penale), 415-ter, comma 3 (inerzia del P.M. a fronte dell’ordine del P.G.);
2. nel caso di fissazione di udienza camerale per richiesta di archiviazione non accolta;
3. nel caso di richiesta dell’indagato o della persona offesa al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni sull’azione penale (art. 415-bis, comma 5-quater).
In forza delle modifiche apportate anche all’art. 414 c.p.p., si prevede che il GIP respinga la richiesta di riapertura delle indagini quando non è ragionevolmente prevedibile che saranno individuate nuove fonti di prova idonee a portare all’esercizio dell’azione penale, pertanto non si consente al P.M. di indagare in attesa del provvedimento di autorizzazione alla riapertura: gli atti compiuti in assenza del provvedimento sono inutilizzabili.
All’interno dell’art. 415 c.p.p. viene eliminato il capoverso relativo all’ordine di iscrizione del nome dell’indagato impartito dal GIP, in quanto la previsione è contenuta nel nuovo art. 335-ter c.p.p. (vedi supra).
TESTO RIFORMATO |
Art. 415-bis c.p.p. – Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. (Omissis) 3-bis. L’avviso contiene inoltre l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. (Omissis) 5-bis. Il pubblico ministero, prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell’articolo 405, può presentare richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di cui al comma 1 al procuratore generale presso la corte di appello: a) quando è stata richiesta l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita; b) quando la conoscenza degli atti d’indagine può concretamente mettere in pericolo la vita di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all’accertamento dei fatti, all’individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca. 5-ter. Entro venti giorni dal deposito della richiesta del pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, il procuratore generale autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, non superiore a un anno. In caso contrario, il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto con cui il procuratore generale rigetta la richiesta di differimento del pubblico ministero è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa. 5-quater. Alla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l’azione penale, né richiesto l’archiviazione, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni sull’azione penale. Sulla richiesta il giudice provvede, nei venti giorni successivi, con decreto motivato. In caso di accoglimento, il giudice ordina al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni sull’azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero e al procuratore generale presso la corte d’appello e notificato alla persona che ha formulato la richiesta. 5-quinquies. Il pubblico ministero trasmette al giudice e al procuratore generale copia dei provvedimenti assunti in conseguenza dell’ordine emesso ai sensi del comma 5-quater. 5-sexies. Nei casi di cui al comma 1-quater, se non ha già ricevuto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi del comma 1, alla persona offesa dal reato è notificato l’avviso previsto dal comma 1 dell’articolo 415-ter. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 415-ter. |
Anche l’avviso ex art. 415-bis c.p.p. deve contenere l’informazione della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Il P.M., prima della scadenza delle indagini (termine ex art. 405, comma 2, c.p.p.), può chiedere al P.G. presso la Corte di Appello di differire la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini:
1. quando aveva chiesto una misura custodiale e il giudice non vi ha ancora provveduto o, pur avendo provveduto, la misura non è stata ancora eseguita. La previsione non si applica in caso di latitanza;
2. in una serie di gravi ipotesi di pericolo per la vita, di sicurezza dello Stato, di pregiudizio alle indagini tassativamente indicate.
Il P.G. può:
1. accogliere la richiesta e differire il termine per un periodo non superiore a sei mesi (un anno per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.);
2. non accoglierla e ordinare al P.M. di notificare l’avviso di conclusione entro venti giorni.
Scaduti i termini previsti dall’art. 407-bis, comma 2 (vale a dire tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415-bis, commi 3 e 4, o nove mesi nei casi di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.), se il P.M. rimane inerte l’indagato e la persona offesa possono chiedere al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni sull’azione penale.
Il GIP ha venti giorni per provvedere con decreto motivato.
Se accoglie ordina al P.M. di assumere le sue determinazioni entro venti giorni.
Il P.M., in tal caso, trasmette al GIP e al P.G. copia dei provvedimenti assunti in conseguenza dell’ordine.
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 415-ter c.p.p. - Diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari. 1. Salvo quanto previsto dal comma 4, alla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è altresì immediatamente notificato avviso dell’avvenuto deposito e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L’avviso contiene altresì l’indicazione della facoltà di cui al comma 3. Copia dell’avviso è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. 2. Quando, decorsi dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, non riceve la comunicazione prevista al comma 1, se non dispone l’avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di deposito di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini. 3. Se dalla notifica dell’avviso di deposito indicato al comma 1 o del decreto indicato al comma 2 è decorso un termine pari a un mese senza che il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni sull’azione penale, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di provvedere. Il termine è pari a tre mesi nei casi di cui all’articolo 407, comma 2. Si applicano il secondo, il terzo e il quarto periodo del comma 5-quater nonché il comma 5-quinquies dell’articolo 415-bis. Quando, in conseguenza dell’ordine emesso dal giudice, è notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, i termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2, sono ridotti di due terzi. 4. Prima della scadenza dei termini previsti dall’articolo 407-bis, comma 2, quando ricorrono le circostanze di cui al comma 5-bis dell’articolo 415-bis, il pubblico ministero può presentare richiesta motivata di differimento del deposito e della notifica dell’avviso di deposito di cui al comma 1 al procuratore generale. Sulla richiesta il procuratore generale provvede ai sensi del comma 5-ter dell’articolo 415-bis. Le disposizioni del presente comma non si applicano quando il pubblico ministero ha già presentato la richiesta di differimento prevista dal comma 5-bis dell’articolo 415-bis. |
Scaduto il termine di cui all’art. 407-bis, comma 2, il P.M. deve effettuare la discovery depositando in segreteria gli atti di indagine compiuti e notificando l’avviso di deposito.
Se alla scadenza di tale termine il P.G. non riceve l’avviso di deposito e se non dispone l’avocazione, ordina con decreto al P.M. di notificarlo entro venti giorni a indagato e persona offesa.
Se decorso un mese dalla notifica dell’avviso di discovery o dalla notifica al P.M. del decreto del P.G. non sono state assunte le determinazioni sull’azione penale, l’indagato e la persona offesa possono chiedere al GIP di ordinare al P.M. di assumere le determinazioni (si applica, in tal caso, la disciplina processuale descritta sub art. 415-bis c.p.p.).
Il P.M. può presentare al P.G. richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di discovery nel caso dell’art. 415-bis, comma 5-bis:
1. quando aveva chiesto una misura custodiale e il giudice non vi ha ancora provveduto o, pur avendo provveduto, la misura non è stata ancora eseguita. La previsione non si applica in caso di latitanza;
2. in una serie di gravi ipotesi di pericolo per la vita, di sicurezza dello Stato, di pregiudizio alle indagini tassativamente indicate.
Il P.G. può:
1. accogliere la richiesta e differire il termine per un periodo non superiore a sei mesi (un anno per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. A, c.p.p.);
2. non accoglierla e ordinare al P.M. di notificare l’avviso di discovery entro venti giorni.
La richiesta prevista da questo articolo non può essere presentata se il P.M. aveva già chiesto il differimento dell’avviso di conclusione delle indagini.
DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 88-bis del d.l. 162/2022, convertito in l. 199/2022, recante disposizioni transitorie relative al d. lgs. 150/2022, prevede che l’art. 415-ter c.p.p. non si applica ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p.
Non si applica, inoltre, alle notizie di reato iscritte successivamente all’entrata in vigore del decreto nei seguenti casi: 1) nel caso di connessione tra procedimenti ex art. 12 c.p.p., disposizione che pare doversi leggere nel senso che quando l’iscrizione venga disposta dopo l’entrata in vigore del decreto, in relazione a un reato che risulti connesso ad altro per il quale la disciplina dettata dall’art. 415-ter c.p.p. non si applica (in quanto già iscritto alla data di entrata in vigore del decreto), l’esclusione opera anche per il reato iscritto successivamente); 2) quando si procede per i delitti di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p., l’esclusione opera anche nei casi di collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. B) e C).
Ai procedimenti per i quali è esclusa l’applicazione dell’art. 415-ter c.p.p., si applicano le previsioni degli artt. 405 c.p.p. (inizio dell’azione penale), 406 c.p.p. (proroga del termine), 407 c.p.p. (termine di durata massima delle indagini preliminari), 412 c.p.p. (avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale), 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) e 127 disp. att. c.p.p. (comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale) nella versione in vigore prima del d. lgs. 150/2022.
To install this Web App in your iPhone/iPad press icon.
And then Add to Home Screen.