L’incidente probatorio e l’audizione protetta di Egle Pilla
Il presente contributo, che costituisce il testo della relazione tenuta dall’autrice all’incontro di studio organizzato dalla Formazione Decentrata del Distretto di Catanzaro tenutosi presso la Corte d’Appello di Catanzaro l’11 dicembre 2018 sul tema della “Violenza di genere e violenza endofamiliare. Profili civilistici e penalistici”, intende offrire al lettore spunti di riflessione in ordine al nuovo ruolo rivestito dalla persona offesa all’interno del processo a seguito delle novità normative che hanno profondamente modificato la fisionomia del processo.
In particolare le modifiche hanno inciso sullo statuto della prova dichiarativa della persona offesa attraverso il riconoscimento della vittima vulnerabile “ atipica”.
L’estensione dell’area delle vittime vulnerabili ha comportato una significativa espansione dell’area di applicazione dell’incidente probatorio, nonché dei casi e dei modi in cui la assunzione protetta si deve svolgere.
L’articolo affronta altresì gli aspetti pratici e problematici che presenta l’audizione protetta atteso che le modalità non sono predeterminate e predefinite dalle norme se non in relazione ad alcune indicazioni contenute in pochi articoli.
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. L’offeso vulnerabile – 3. Le modalità di audizione dell’offeso in sede di incidente probatorio. L’audizione protetta – 4. L’incidente probatorio della vittima vulnerabile alla luce delle modifiche normative e dei principi di diritto fissati dalle Sezioni Unite Dasgupta, Patalano e Troise
1.Premessa
Le modifiche normative che hanno riguardato negli ultimi anni il tema della persona offesa e il ruolo dalla stessa rivestito all’interno del processo hanno profondamente modificato la fisionomia del processo.
Il riconoscimento della vittima tra i soggetti processuali a seguito dell’intervento di attuazione della direttiva 2012/29/UE, realizzatosi con il decreto legislativo 15.12.2015 n.212, ha ridefinito il volto del processo che presenta “ una inedita dimensione triadica”.[1]
Ciò significa che alla vittima sono riconosciuti sin dalla fase delle indagini preliminari ampi diritti di informazione e di partecipazione. Il processo è dunque volto a tutelare anche l’interesse individuale della vittima all’accertamento della responsabilità oltre che alla sua integrità psicofisica.
Ciò comunque non determina un mutamento della struttura pubblicistica del processo: l’offeso resta comunque un soggetto eventuale del processo; può partecipare ma non è obbligato a farlo.
2.L’offeso vulnerabile
Non tutte le persone offese sono “eguali”: gli offesi vulnerabili e le vittime di crimine violento godono di una tutela privilegiata.
Siffatta tutela si esplica in sede di assunzione testimoniale e, per le vittime di reato violento, anche in sede cautelare e in tema di archiviazione.
La maggiore novità riguarda senz’altro lo statuto della prova dichiarativa della vittima vulnerabile attraverso il riconoscimento della figura del “vulnerabile atipico”.
Attorno al vulnerabile atipico si realizza un sistema di raccolta speciale della testimonianza che nel creare un canale di protezione per la vittima determina una sistematica anticipazione della prova dichiarativa in sede incidentale con significative ripercussioni sul rispetto del principio di oralità da intendersi come immediatezza correlata all’assunzione diretta della prova dal giudice che decide.
L’offeso vulnerabile è tutelato:
- in sede di indagini preliminari attraverso la escussione con la mediazione di uno psicologo (art.351 comma 1- ter c.p.p. e art.362 comma 1- bis c.p.p.);
-nel momento centrale dell’incidente probatorio svolto con le speciali modalità dell’assenza del contatto diretto con le parti che svolgono le domande in via mediata attraverso il giudice o lo psicologo ( art.392 comma 1- bis, secondo periodo c.p.p.);
L’incidente probatorio è individuato quale ultimo momento dichiarativo tenuto conto dello sbarramento della riedizione dibattimentale della testimonianza sui medesimi fatti come previsto dall’art.190 bis comma 1- bis c.p.p.
Siffatta limitazione delle audizioni non nasce solo dalla esigenza di tutelare il dichiarante dal rischio di vittimizzazione secondaria, ma anche dalla necessità di garantire l’affidabilità dei contenuti della dichiarazione.
All’interno della categoria degli offesi vulnerabili possiamo inserire:
- Le vittime a vulnerabilità presunta che sono individuate per il solo fatto di essere offese da reati a riconosciuto impatto traumatico. Siffatti reati sono espressamente e specificamente individuati negli artt.351 comma 1- ter e 392 comma 1-bis c.p.p.[2];
- Le vittime vulnerabili atipiche che sono una categoria di persone da individuare in concreto sulla base delle indicazioni fornite dall’art. 90 quater c.p.p.[3] (Condizione di particolare vulnerabilità) che fornisce gli indici sintomatici e rivelatori della condizione di vulnerabilità.
In particolare la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta oltre che dalla età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede.
La norma opera altresì un richiamo alle ipotesi in cui il fatto sia commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo anche internazionale o di tratta di esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, se la persona offesa è effettivamente psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato.
La figura del vulnerabile atipico è dunque individuata dal PM prima e dal Giudice poi dal momento che da siffatta qualificazione discendono rilevanti conseguenze: prima fra tutte il binario privilegiato per la raccolta della testimonianza sia nella fase delle indagini che attraverso il ricorso all’incidente probatorio.
L’estensione dell’area delle vittime vulnerabili comporta una significativa espansione dell’area di applicazione dell’incidente probatorio, un aumento del contraddittorio incidentale attraverso una testimonianza che diventa cartolare in quanto trasmessa al giudice che dovrà decidere, sia pure accompagnata da supporti audiovisivi.
Ciò che è importante sottolineare è che la modifica normativa consente il ricorso allo strumento dell’incidente probatorio non solo in relazione alla testimonianza delle persone offese di quei reati tassativi e tipici progressivamente individuati ed inseriti nell’art.392 comma 1 bis c.p.p. , ma anche in tutte le situazioni in cui il Pm prima e il giudice dopo ravviserà quella condizione di particolare vulnerabilità sulla base di quei parametri indicati dall’art. 90 quater c.p.p. a prescindere dal titolo di reato del quale la persona offesa è vittima (si pensi alla vittima di una estorsione con metodo mafioso che è incapace di reagire fisiologicamente all’esame condotto con modalità ordinarie e che possa essere qualificata vittima vulnerabile con le conseguenze suindicate).
Possiamo dunque dire che l’audizione nella fase dibattimentale della vittima può diventare un evento residuale in ragione della estensione dello spazio riservato alla raccolta anticipata della medesima testimonianza attraverso lo strumento dell’incidente probatorio.
Dunque il primo giudizio sulla sussistenza di una condizione di particolare vulnerabilità non presunta spetterà al PM nella fase della assunzione delle sommarie informazioni testimoniali.
In tali casi il PM, come anche la polizia giudiziaria, si avvarranno di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile. La norma aggiunge altresì che nel corso dell’assunzione testimoniale della persona offesa particolarmente vulnerabile bisogna assicurare che la stessa non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata a rendere più volte le sommarie informazioni testimoniali, salva l'assoluta necessità per le indagini.
Nel conferire l’incarico al mediatore il PM dovrà chiarire all’esperto nominato quali sono le ragioni per le quali ritiene il soggetto vulnerabile e dunque i motivi che giustificano il ricorso a siffatto binario privilegiato di assunzione delle dichiarazioni[4].
La valutazione effettuata dal PM, circa la sussistenza delle condizioni di vittima vulnerabile nelle ipotesi di vulnerabile atipico dovrà essere ripetuta dal Giudice in sede di ammissione dell’incidente probatorio. Si tratterà di verificare se persistono le condizioni che avevano già indotto il PM in occasione della eventuale audizione unilaterale a considerare la persona offesa quale vittima vulnerabile.
Gli strumenti offerti dagli artt. 392 c.p.p. relativi alla disciplina dell’incidente probatorio prevedono un momento di contraddittorio cartolare circa la ammissibilità dell’incidente probatorio, al quale tuttavia non partecipa la persona offesa, contraddittorio che eventualmente consentirà alla difesa dell’indagato di interloquire sulla mancanza/sussistenza della qualifica di vittima vulnerabile del soggetto da escutere.
La statuizione del giudice sul punto è tuttavia non autonomamente impugnabile, ma potrà essere oggetto di doglianze difensive unicamente con la impugnazione della sentenza[5], in ragione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.
3.Le modalità di audizione dell’offeso in sede di incidente probatorio.
L’audizione protetta.
L’audizione delle persone offese come sinora descritte in sede di incidente probatorio può, e in alcuni casi deve, svolgersi con “modalità protette”.
E’ importante ancora una volta sottolineare che le modalità di audizione protetta sono previste non solo per tutelare la integrità psicofisica del dichiarante, ma anche per garantire maggiormente la affidabilità dei contenuti della prova raccolta.
Circa i casi e i modi con cui la assunzione protetta si deve svolgere può evidenziarsi che le modalità non sono predeterminate e predefinite dalle norme se non in relazione ad alcune indicazioni contenute in alcuni articoli che verranno in questa sede richiamati e commentati: molto è stato realizzato attraverso virtuose prassi, indicazioni giurisprudenziali e protocolli negli uffici.
La difficoltà di applicazione e di interpretazione nasce anche dalla stratificazione normativa in questo campo che si è già evidenziata in precedenza.
Punto di riferimento fondamentale è costituito dall’audizione protetta del minore.[6]
Le due prime norme di riferimento sono rappresentate dall’art. 398 comma 5-bis c.p.p. e dall’art.498 commi 4,4-bis e 4-ter c.p.p., quest’ultimo applicabile per il rinvio operato dall’art.401 c.p.p. alle norme previste per il dibattimento, anche in sede di incidente probatorio.
In base alla prima delle citate norme il giudice e, dunque di ufficio, nell’ipotesi in cui la prova da assumere (e dunque non solo la prova testimoniale ) riguardi un minorenne in relazione ai reati di cui all’art.392 comma 1-bis c.p.p. e dunque quelli tassativi e tipici fissati dal legislatore oggetto di vulnerabilità presunta, con l’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio stabilisce “.. il luogo, il tempo, e le modalità particolari attraverso cui procedere ad incidente probatorio quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario ed opportuno..”.
Il tenore della norma è volutamente generico e non indica quale siano le modalità particolari a cui il giudice può ricorrere. Tuttavia una specificazione si coglie nel periodo successivo laddove si prevede che l’udienza dedicata all’assunzione possa svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale e, ove esistano, presso strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione della persona interessata alla prova.
Il rinvio operato poi attraverso l’art. 401 c.p.p., alle disposizioni di cui all’art.498 c.p.p. in tema di esame testimoniale dei minori consente altresì il ricorso all’uso del vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico e la possibilità che l’esame sia condotto attraverso la mediazione del giudice. Il giudice può inoltre avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile.
In relazione alla mia esperienza personale e alle prassi seguite in molti uffici di regola l’audizione protetta del minore si svolge attraverso l’utilizzo del vetro specchio e dell’impianto citofonico. Nella stanza in cui è presente il minore ( in alcuni uffici la stanza è arredata con giochi e pupazzi per consentire al minore di essere accolto in un ambiente adatto alla sua età) è altresì presente lo psicologo /esperto il quale, attraverso l’impianto citofonico, riceverà le domande che nell’aula contigua, in presenza delle parti, il giudice che conduce l’esame riterrà ammissibili e a sua volta le proporrà al minore in ragione della sua qualifica e della sua professionalità traducendole nel linguaggio più idoneo al minore, nel rispetto tuttavia delle regole che presiedono l’esame testimoniale e dunque evitando qualsiasi tipo di condizionamento o suggestione .
Va tuttavia ricordato che anche secondo la giurisprudenza di legittimità,[7] nel caso di esame protetto di minori nelle forme dell’incidente probatorio, non ricorre alcuna forma di nullità qualora sia il giudice a condurre direttamente l’assunzione della prova dal momento che l’esperto eventualmente nominato ha solo funzione di assistere il giudice fornendo sostegno psicologico al minore o indicando quali sono le modalità con cui devono essere eventualmente le domande.
In realtà il ricorso all’esperto dipende da una serie di circostanze da valutare in concreto e, con riferimento al minore, dipende principalmente dall’età dello stesso: solitamente sono i minori in tenera età che, qualora vittime di siffatti reati, necessitano di una mediazione di un esperto in psicologia infantile per “dialogare” con gli adulti. Diversamente è a dirsi nell’ipotesi in cui si tratti di minori che abbiano già compiuto il decimo anno di età. In tal caso può immaginarsi che i bambini siano in grado, sia pure nelle forme dell’audizione protetta, di interloquire direttamente con il giudice.
Il tema è strettamente connesso ad un altro molto delicato che si presenta in tema di audizione protetta dei minori e cioè quello della loro capacità a testimoniare .
Sia nella fase procedimentale delle indagini preliminari, sia nel successivo giudizio di merito le parti possono far ricorso all’apporto di conoscenza derivante dalla consulenza scientifica.
Nei procedimenti che vedono protagonisti le vittime vulnerabili è sicuramente di ausilio l’accertamento tecnico in senso stretto, ripetibile o non (artt.359,360 c.p.p.), a contenuto valutativo che necessita di specifiche competenze e della nomina di consulenti da parte dell’organo di accusa e della difesa.
Per tutelare l’integrità psicofisica del minore e della vittima vulnerabile in senso lato, garantendo dunque l’acquisizione della prova, il Pm e il giudice possono avvalersi dell’apporto di neuropsichiatri infantili, psichiatri e psicologi.
A differenza di quelle che sono considerate vere e proprie scienze, la psichiatria e la psicologia rientrano nelle cosiddette scienze sociali che difettano della verifica empirica attraverso la ripetibilità dell’esperimento, avendo ad oggetto la mente e l’animo umano.
L’incarico agli esperti consiste nell’accertamento dell’attitudine del minore ad esporre le vicende in modo esatto e nell’approfondimento della sua posizione psicologica rispetto al contesto della vicenda di cui è vittima.
Con particolare riguardo al teste/ minore questi possiede, come gli adulti, la piena capacità a deporre ai sensi dell’art. 196 comma 1 c.p.p. e può essere sentito in qualità di testimone in ordine a tutti i fatti del procedimento penale.
Secondo l’art. 497 comma 2 c.p.p. il minore non subisce le conseguenze penali derivanti dalla violazione dell’obbligo di dire la verità e pertanto non viene ammonito sulle conseguenze penali connesse alla violazione dell’obbligo. Al minore andrà rivolto soltanto il primo avvertimento che attiene, in generale, all’obbligo di dire la verità: infatti l’adempimento del dovere civico di dire la verità grava indistintamente su tutti i cittadini e sotto questo aspetto la testimonianza di un maggiore di 14 anni e quella di un minore sono equiparabili.
La minore età non incide dunque sulla capacità di testimoniare, ma può incidere sulla attendibilità della testimonianza.
Da qui l’esigenza che il giudice si avvalga dell’ausilio degli esperti, quale mezzo di ricerca della prova, funzionale ad una giusta decisione sull’attendibilità del minore senza cedere alla falsa idea che sia sufficiente la generica capacità “di conoscere il mondo dei piccoli”.
La specificità delle competenze degli esperti consente loro di esprimere giudizi di ordine clinico in ordine a due aspetti fondamentali[8]:
1. l’attitudine del minore a testimoniare sotto il profilo intellettivo e affettivo : l’esperto deve cioè verificare la capacità del minore di recepire le informazioni, di ricordarle e di esprimerle, nonché il possesso di funzioni psichiche che consentano di rendere testimonianza (competenze linguistiche, capacità di percezione, memoria, coerenza del pensiero, capacità di distinguere la realtà dall’immaginazione);
2. la credibilità del minore : questa riguarda i meccanismi psichici che dal punto di vista clinico possono influenzare il processo di rivelazione del fatto e la propensione alla sincerità , il modo in cui il bambino ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e verità.; la credibilità è cosa diversa dall’attendibilità: è la capacità di dire la verità , ma non la certezza che la dica in quel caso .
A mio parere l’esperto non può esprimersi sui fatti oggetto dell’accertamento, né in realtà è opportuno che si esprima sulla cosiddetta “compatibilità” della condizione psicologica del minore con il presunto abuso (anche se a volte ancora la formulazione dei quesiti posti dal giudice lo ricomprende).
E’ importante nel procedimento finalizzato alla raccolta della prova dichiarativa della vittima che il giudizio formulato dall’esperto in termini di credibilità del minore sia cosa diversa dalla attendibilità della sua deposizione: infatti l’accertamento della verità processuale rientra nel compito esclusivo del giudice.
Nessun accertamento è consentito all’esperto in ordine alla attendibilità della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice, il quale soltanto deve esaminare il modo in cui i minori, vittime di abusi sessuali, hanno vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna. Nell’espletamento del suo incarico lo specialista raccoglierà un ampio materiale di informazioni e procederà ad interrogare il minore e le altre persone che riterrà.
Non conviene limitare gli accertamenti soltanto al bambino ma è sempre opportuno estenderli all’intero nucleo familiare (in tal senso anche le indicazioni della Carta di Noto).
Il perito o il consulente dovrebbero intervistare i componenti della famiglia, anche nel caso in cui uno di essi sia la persona sottoposta ad indagini (o imputato).
Anche in siffatta materia così fortemente caratterizzata, in ragione della peculiarità dell’oggetto dell’accertamento, è comunque rimesso al giudice l’accertamento dell’effettiva esigenza dell’apporto del perito in relazione all’insufficienza delle prove già acquisite (tra le quali eventuali consulenti di parte).
Compete quindi al giudice, in base al vaglio critico sugli elementi acquisiti, valutare la necessità dell’accertamento peritale e l’indicazione della necessità di un accertamento psicodiagnostico dovrà emergere caso per caso, in relazione all’età del minore e alle altre ragioni per le quali si ravvisi la necessità che la testimonianza debba essere preceduta da una valutazione clinico-psicologica sulla capacità del minore a testimoniare.
Va altresì segnalato che è preferibile[9] evitare sovrapposizioni di ruolo tra gli esperti che assumono l’incarico peritale e i professionisti che garantiscono l’assistenza in udienza in ossequio ai principi fissati dalla Carta di Noto che prescrive che la funzione di esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore ai fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e al trattamento del minore medesimo.
Alla luce di quanto sinora esposto appare evidente che l’audizione mediata comprime inevitabilmente i diritti della difesa costretta ad interloquire con il minore solo attraverso il filtro del giudice e dell’esperto. [10]
Ciò responsabilizza fortemente nella conduzione dell’esame: il giudice dovrà essere molto attento nel concedere alle parti di formulare domande anche se le stesse saranno da lui filtrate. Ed altrettanto importante è la modalità di redazione del verbale di udienza che accompagna la registrazione audio e video dell’incidente probatorio dal momento che siffatto verbale dovrà cercare di descrivere nel modo più fedele possibile ciò che accade nella stanza in cui sono presenti il giudice e le parti.
E va altresì ricordato che l’esame deve essere documentato con forme di riproduzione fonografica o audiovisiva ( art.398 comma 5-bis c.p.p.) perché ciò consente nelle successive fasi processuali di avere piena contezza di quanto è accaduto nel corso dell’incidente probatorio anche avuto riguardo a modalità di comunicazioni non verbali del minore e dunque ad una gestualità o atteggiamenti che possono rilevare al pari della parola.[11]
Si segnala altresì l’inserimento di un ulteriore periodo nel comma 4 dell’art.134 c.p.p. con il d.lvo 215/12 in base al quale: “ la riproduzione audiovisiva delle dichiarazioni della persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità è in ogni caso consentita, anche al di fuori delle ipotesi di assoluta indispensabilità”.
L’audizione in incidente probatorio con modalità protette è attivata di ufficio unicamente nelle ipotesi previste dall’art.398 comma 5-bis c.p.p. e dunque in relazione ai minori e agli infermi di mente, anche maggiorenni offesi dai reati ad alto impatto traumatico tassativamente indicati all’art.392 comma 1-bis c.p.p.
Per i vulnerabili atipici la previsione di cui all’art. 398 comma 5-quater, introdotta con il d.lvo 215/12, opera un rinvio alla disciplina dibattimentale e precisamente all’art.498 comma 4 quater c.p.p.( anche esso riformulato dal d.lvo 212/15) di talchè l’audizione nelle forme protette potrà essere attivata solo su richiesta della parte.
Nel tentativo di fornire un quadro esaustivo dell’attuale configurazione normativa in materia va altresì segnalato che in ragione di questa “ convulsa stratificazione normativa[12]” il d.lvo n.24 del 2014 ha introdotto anche un ulteriore comma e precisamente il comma 5-ter dell’art.398 c.p.p. che consente di ricorrere a modalità protette non solo nei confronti di vittime in condizioni di vulnerabilità, ma anche nei confronti di testimoni che presentino tali caratteristiche nelle altre ipotesi previste dall’art.392 c.p.p. di cui alle lettere a) e b) .
4. L’incidente probatorio della vittima vulnerabile alla luce delle modifiche normative e dei principi di diritto fissati dalle Sezioni Unite Dasgupta, Patalano e Troise.
Un profilo di estrema attualità, a cui va dedicata qualche pur breve e finale considerazione, riguarda il rapporto tra la disciplina sinora commentata e le modifiche normative di cui all’art.603 c.p.p. introdotte ad opera della cd. “Riforma Orlando” con il comma 3- bis.
La modifica normativa recepisce il percorso interpretativo giurisprudenziale contenuto nelle due sentenze a Sezioni unite imp. Dasgupta, Patalano, confermato dalla ultima sentenza a Sezioni unite Patalano. [13]
L’articolo in esame al suo nuovo comma stabilisce che, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Gia la sentenza Dasgupta aveva affermato l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa da parte del giudice di appello non solo per le prove assunte nel corso del dibattimento, ma eventualmente anche in sede di incidente probatorio. Aveva altresì affermato che, per quanto riguarda in particolare la figura del soggetto vulnerabile, non sussistono valide ragioni per ritenere inapplicabile la preclusione di un ribaltamento ex actis del giudizio assolutorio, riconoscendo tuttavia al giudice discrezionalità circa l’indefettibile necessità di sottoporre il soggetto debole ad ulteriore stress al fine di saggiare la fondatezza dell’impugnazione proposta avverso la pronunzia assolutoria di primo grado.
La individuazione di un obbligo di rinnovazione della testimonianza assunta in incidente probatorio e videoregistrata si presenta come distonica rispetto al sistema sinora descritto e in contrasto con la riconosciuta idoneità probatoria che deriva dalla videoregistrazione idonea a sostituire la diretta assunzione della testimonianza.[14]
In realtà già la giurisprudenza di legittimità [15]aveva chiarito che il giudice di appello aveva l’onere di visionare il filmato dell’incidente probatorio ritenendo che la valutazione di una testimonianza decisiva, come ad esempio quella del minore vittima di abusi, non potesse limitarsi alla lettura delle trascrizioni della deposizione, ma necessitasse di una valutazione complessiva.
L’affermazione della Dasgupta, inoltre, sembra non considerare la rilevanza nel sistema processuale del dettato di cui all’art.190-bis c.p.p. il quale statuisce espressamente che nell’ipotesi di delitti di cui all’art.51 comma 3-bis c.p.p., qualora sia richiesto l’esame di un testimone che ha già reso dichiarazioni nel corso dell’incidente probatorio, l’esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diverse da quelle oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengano necessario sulla base di specifiche esigenze.
Sarà dunque lasciata al giudice dell’appello una corretta e prudente applicazione delle norme in esame alla luce dei principi fissati anche dalla normativa comunitaria in tema di vittima del reato .
[1] Cosi’ S. RECCHIONE, “La vittima cambia il volto del processo penale:: le tre parti eventuali, la testimonianza dell’offeso vulnerabile, la mutazione del principio di oralità.” in Diritto penale contemporaneo n.1/17, p70.
[2] Il catalogo dei reati ivi indicati si è nel corso del tempo notevolmente arricchito: lo statuto speciale della prova dichiarativa era inizialmente previsto solo per i delitti di violenza sessuale ( l.66/96); poi per i reati di sfruttamento sessuale dei minori ( l.296/98) ; quindi per la tratta di esseri umani ( l.228/03) ed era limitato unicamente alla escussione del minore infrasedicenne. La legge 172/12 in attuazione della Convenzione di Lanzarote ha esteso lo speciale statuto anche alle vittime maggiorenni ed infine la l. 119/13, in attuazione della Convenzione di Istanbul, ha inserito anche i delitti di cui agli artt.572 c.p. e 612 bis c.p. .
Va altresì evidenziato che l’art. 392 comma 1-bis c.p.p. riconosce la possibilità del ricorso all’incidente probatorio in tali casi non solo se i minorenni sono persone offese, ma anche semplicemente testi.
[3] La figura della vittima vulnerabile atipica è stata introdotta con il decreto legislativo 15.12.15 n.212 in attuazione della Direttiva 2012/29/UE.
[4] Va in questa sede evidenziato che la giurisprudenza di legittimità formatasi con riferimento alla escussione in fase di indagini del minore e dunque in relazione all’art.351 comma 1- ter c.p.p.,362 comma 1-bis c.p.p. nella sua vecchia formulazione, ha ritenuto che la mancata presenza dell’esperto non determina la nullità delle dichiarazioni assunte, ma può assumere rilievo a fini disciplinari e può incidere sulla valutazione di attendibilità dei contenuti dichiarativi. In tal senso Cass. pen. III sez. 10.12.2013 n.3651, in Cass. Pen. 2014,9,2976 con nota di N. PASCUCCI.
Va altresì evidenziato che il D.lvo 215/12 se ha modificato gli artt. 351 comma 1-ter e 362 comma 1-bis c.p.p. introducendo la presenza del mediatore nell’ascolto unilaterale della vittima vulnerabile, non ha operato questa modifica avuto riguardo all’art.391 bis comma 5-bis c.p.p. in relazione alle indagini difensive.
[5] Così Cass., I sez. pen., 26.2.90 n.490 in CED Cass,n.183674.
[6] Sul punto S.CAPORALE, L’audizione del minore in incidente probatorio: una questione di equilibri, in Arch. Pen. 3/15, pp.951 e ss.
[7] Cass. III sez. pen. 15.2.08 n.11130 in CED Cass, n.2390003.
[8] Da ultimo Cass. III sez. pen, 16.1.2017 n.1752 in wwwpsicologiagiuridica.eu .
[9] In tal senso si esprime il Protocollo di Intesa siglato il 21.3.13 dagli uffici giudiziari di Reggio Calabria oggetto di commento di A.M.CIAVOLA, Modelli operativi nell’indagine penale a tutela dei minori vittime di abusi sessuali e maltrattamenti. L’esperienza del distretto di Corte di Appello di Reggio Calabria, in Cass. Pen. 2/2015, pp.879 e ss.
[10] Molto efficacemente sul punto, S. RECCHIONE, op. cit. pp.86 e ss.
[11] Da richiamare tuttavia la giurisprudenza di legittimità che sul punto ritiene che l’inosservanza dell’obbligo di documentazione fonografica o audiovisiva dei minori vittime di abusi prevista dall’art.398 comma 5 bis c.p.p. non produce, a differenza degli interrogatori di detenuti effettuati fuori udienza, l’inutilizzabilità o la nullità della prova, ferma restando la sua possibile rilevanza ai fini della valutazione probatoria del contenuto dell’atto medesimo. In tal senso Cass.pen, III sez. 4.8.08 n.32580 in Arch. Nuova Proc. Pen. 6/08, p.702 .
[12] Così F. DELVECCHIO, La nuova fisonomia della vittima del reato dopo l’adeguamento dell’Italia alla direttiva 2012/29/Ue in dirittopenalecontemporaneo.it.
[13] Per una valutazione complessiva dell’impatto prodotto nel sistema processuale dalla modifica normativa, F. FIANDANESE, La rinnovazione del dibattimento in appello alla luce delle modifiche normative e dei principi di diritto affermati dalle sezioni unite Dasgupta, Patalano, Troise. in dirittopenalecontemporaneo.it
[14] Critica in tal senso sul punto, S. RECCHIONE, op. cit. pp.89 e ss.
[15] Cass. III sez. pen. 23.5.13 n.43723 in CED Cass, n.258324.