Signor Ministro,
Le Sue ultime esternazioni a commento della recente ordinanza (non sentenza) delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione mi sollecitano a condividere con Lei alcune brevi riflessioni. Sarò molto schietta. Sono una ex collega e come Lei ho alle spalle lunghi anni di servizio in magistratura: tale comunanza mi induce ad esporLe direttamente e francamente il mio pensiero.
Quando Ella fu chiamata ad assumere l’incarico di Ministro della Giustizia molti accolsero con fiducia la Sua designazione, nella speranza che Ella, immune da vincoli di partito, avrebbe assolto con tempestività ed efficacia agli obblighi che la Costituzione Le assegna in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, affrontando i gravi problemi che affliggono la magistratura, nel rispetto rigoroso del principio di separazione dei poteri e con il valore aggiunto di una pregressa esperienza professionale maturata nel segno della legalità e nel culto della giurisdizione. La speranza era anche che Ella avrebbe portato all’ interno della compagine di governo la voce del diritto e la sensibilità verso i diritti fondamentali della persona che sono scolpiti nella Costituzione.
Purtroppo queste speranze sono andate deluse, ed ancor più forte è la delusione dopo il Suo recente intervento sulla ordinanza delle Sezioni Unite.
Ella ha sostenuto che «se noi introducessimo il principio che queste persone, anche entrando in Italia illegalmente, hanno diritto a risarcimenti finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina», ed ha aggiunto che «ci sono momenti in cui il giudice, pur mantenendo il suo rigore, deve anche avere una visione d’ insieme, che non si limiti al caso singolo».
Si tratta di un messaggio che fa certamente presa sulla collettività, ma che è falso nell’impostazione e terribilmente fuorviante per la pubblica opinione.
In realtà le Sezioni Unite hanno riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti da un solo migrante - l’ unico ad aver proposto ricorso per cassazione tra i cittadini eritrei le cui domande risarcitorie erano state rigettate dai giudici di merito - in occasione e a causa dell’ illegittima restrizione della libertà personale subita a bordo della nave della Guardia Costiera Diciotti per 10 giorni ed ha rimesso alla Corte di Appello in sede di rinvio la relativa liquidazione, che non potrà comunque superare il quantum richiesto, pari a 160 euro al giorno.
Ella ha ignorato tutto questo, scegliendo di appiattirsi sulla posizione assunta dalla maggioranza di governo, anche al suo massimo livello.
Sono consapevole che una lettura corretta di quella decisione l’ avrebbe costretta a pagare un prezzo molto alto sul piano politico, ma sono altrettanto convinta che Ella, associando la Sua voce a quella della propaganda, abbia perso un’ occasione importante per recuperare il rispetto di chi crede nella legalità e nella intangibilità dei diritti fondamentali - prima di ogni altro il diritto alla libertà personale, che è un diritto di tutti, anche dei migranti - e soprattutto per onorare quella toga che - come Ella stessa ha talvolta ricordato, non si dismette mai.