Focus sui programmi di scambio internazionale tra i magistrati - 4. Scambi EJTN di breve durata: una finestra sugli ordinamenti giuridici europei. Osservazioni a margine, in chiave comparativa, su quello olandese
di Sara Varazi
Da Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Agrigento ho avuto l’occasione di partecipare al programma EJTN nel giugno di quest’anno, con uno scambio di breve durata – pari a cinque giorni - con destinazione Olanda.
L’esperienza, seppur breve, è stata ricca di occasioni di confronto e ha fornito diversi spunti di riflessione, anche in chiave comparata, di particolare interesse.
Gli incontri frontali di gruppo, tenuti dai membri formatori della SSR - ossia l’ente responsabile della formazione permanente dei magistrati olandesi – sono stati finalizzati alla presentazione complessiva delle caratteristiche fondamentali del sistema giudiziario olandese, dalle modalità di accesso alla descrizione concreta dell’esercizio delle varie funzioni.
Questa parte del programma è stata gestita con eccezionale spirito pratico, fornendo gli elementi essenziali per poter impostare un proficuo confronto fra tutti i partecipanti, chiedendo a ciascuno di descrivere le principali differenze notate con i rispettivi sistemi giuridici di provenienza, invitando a una continua riflessione e permettendo di evidenziare, all’esito del dibattito continuo, eventuali criticità.
Ciò che più mi ha colpito di questa parte del programma, e che più mi ha fatto riflettere sull’importanza della partecipazione a programmi internazionali come l’EJTN, è stato notare come talvolta le considerazioni svolte da uno siano apparse agli occhi degli altri partecipanti quasi aliene. Ciò ha indotto ciascuno a riflettere sul come certe conclusioni e soluzioni percepite come ovvie, quasi naturali, agli occhi di altre culture giuridiche possano apparire assurde, del tutto inefficaci, o addirittura inspiegabili.
Siamo, per esempio, stati chiamati a confrontarci sull’assiomatica veridicità delle seguenti affermazioni: “un pubblico ministero o un giudice non dovrebbe mai rifiutarsi di seguire/decidere un procedimento in ragione del timore per la propria incolumità personale. Una persona non in grado di fare ciò non è qualificata all’esercizio della funzione”, ed ancora “l’integrità è il valore più importante in assoluto, anche più della sicurezza personale”, o “un pubblico ministero o un giudice non dovrebbero, in nessun caso, avere facoltà di utilizzare i social media (per ragioni di integrità, possibile apparenza di parzialità, sicurezza etc.)”.
Si tratta di temi particolarmente delicati, in relazione ai quali la cornice valoriale di riferimento - dettata anche da vicende extra o para giudiziarie e dal susseguirsi ed alternarsi di diversi momenti storici in ciascuno dei paesi di provenienza - ha condotto a risposte diverse, anche radicalmente opposte, eppure tutte ugualmente valide. L’evidente provocatorietà insita nel porre le affermazioni come categoriche, ha indotto un dibattito tutto fondato sulla valorizzazione ora di un aspetto, ora della sua antitesi, arrivando a considerazioni conclusive di sintesi il più possibile equilibrate, senza tuttavia poter colmare alcune di quelle distanze date dal confronto di persone provenienti da paesi con storie radicalmente diverse.
Di particolare interesse, poi, mi è sembrata la descrizione del processo di selezione dei nuovi magistrati olandesi che, per come ci è stato presentato, si basa prevalentemente sulla capacità dimostrata dal candidato di imparare, di applicarsi, di implementare le proprie conoscenze e abilità, più che sul bagaglio di conoscenza giuridica da questo già acquisito. Previa una necessaria e documentata esperienza lavorativa nel settore legale, il candidato, difatti, inizia un percorso di formazione – tanto più breve quanto più lunga è stata la pregressa esperienza sul campo - che pare assimilabile al nostro uditorato, all’esito del quale viene valutato come idoneo o meno. L’applicazione delle proprie conoscenze all’esercizio della funzione (o delle funzioni), dunque, precede e non segue la selezione dei magistrati.
Questo differente approccio ha indotto una riflessione sul delicato necessario equilibrio, nella selezione e formazione dei nuovi magistrati, fra l’acquisita conoscenza giuridica e la dimostrata capacità di farne un’applicazione ponderata ed efficiente, dimostrando flessibilità e capacità di mettersi in discussione.
Per quanto riguarda, poi, più da vicino la funzione del pubblico ministero, molteplici sono stati gli spunti di riflessione e confronto.
Una lezione, ad esempio, è stata dedicata alla riflessione sui valori nell’esercizio della funzione del Pubblico Ministero e sull’integrità dell’ufficio di Procura nell’esercizio del servizio. Esiste, in Olanda, un codice di condotta in cui sono statuiti cinque principi fondamentali: professionalità, diligenza, spirito di servizio pubblico, trasparenza e integrità (che potrebbe essere interessante confrontare con l’art. 13 del nostro Codice etico[1]).
Il gruppo è stato chiamato a riflettere, in relazione al concetto di integrità, sulle tensioni inevitabilmente esistenti fra i diversi livelli su cui il principio opera: quello più strettamente personale, quello professionale – inteso come esercizio della funzione individuale e all’interno delle dinamiche dell’ufficio nella sua dimensione gerarchica – e quello che attiene al rapporto fra l’esercizio della funzione e il rispetto della lettera della legge.
Per esempio, essere convinti ambientalisti può modificare il modo in cui si esercita la funzione? Incide su come interpretiamo la lettera della legge in tema di maltrattamenti di animali? Non dovrebbe? È inevitabile che lo faccia, anche inconsciamente? Come comportarsi se il Procuratore Capo caldeggia un’interpretazione diversa? Anche in questo caso il confronto fra le esperienze personali, inevitabilmente colorate dal contesto giuridico-culturale in cui si sono realizzate, è stato prezioso ed arricchente.
Ed ancora, a differenza dell’Italia l’Ufficio di Procura olandese è strettamente interconnesso con le forze di Polizia e il sindaco (che è nominato e non eletto, quasi più simile al nostro Prefetto per come ce ne sono state descritte le funzioni), in un sistema definito di “consultazione tripartita”, nell’ambito della quale vengono svolte riunioni di concertazione con regolarità, ad una delle quali ho avuto l’occasione di partecipare. Del tutto estranea alla mia, seppur breve, esperienza professionale è stata la prospettiva di vedere un Pubblico Ministero istituzionalmente chiamato a relazionarsi con gli altri enti responsabili dell’amministrazione e della sicurezza pubblica sui temi ritenuti congiuntamente come prioritari, confrontando numeri e statistiche alla ricerca di soluzioni condivise.
Ho trovato, inoltre, di particolare interesse l’occasione di confronto su di una sostanziale differenza fra il sistema giudiziario olandese e quello italiano, ossia la vigenza del principio di opportunità dell’azione penale. Come noto, in un siffatto sistema il pubblico ministero può decidere di non esercitare la potestà punitiva in considerazione di una serie di circostanze, legate alla personalità dell’agente o alla gravità dell’offesa, senza alcun vaglio giurisdizionale obbligatorio.
In Olanda, inoltre, il Pubblico Ministero ha anche facoltà di comminare autonomamente una sanzione pecuniaria, senza intervento del Giudice.
Sul punto vivo è stato il dibattito fra noi partecipanti, provenienti da sistemi eterogenei, tanto in relazione agli argomenti a sostegno e detrattivi dell’operatività del principio di opportunità o piuttosto di obbligatorietà dell’azione penale quanto, più in generale, in relazione alla necessarietà o meno del vaglio giurisdizionale sulle decisioni del pubblico ministero.
Del tutto estranea al nostro sistema giuridico, infine, è la possibilità per il Ministro della Giustizia olandese di dare indicazioni, cogenti, all’ufficio di Procura sulle determinazioni da adottare in casi specifici. In ogni evenienza l’indicazione deve essere motivata e formulata per iscritto. Nel caso in cui imponga all’ufficio di Procura di procedere, inoltre, deve essere posta al vaglio del Parlamento in seduta Pubblica. Un sistema, dunque, di c.d. “check and balance” radicalmente diverso, allo stato, dal nostro, anch’esso foriero di molteplici spunti di riflessione e confronto.
L’accoglienza nei singoli dipartimenti di un ufficio di Procura territoriale – da quelli di cooperazione internazionale a quelli di gestione dei c.d. affari semplici - e la partecipazione a diverse udienze, ci ha permesso di toccare con mano la quotidianità dell’esercizio della funzione, nonché di vedere applicate molte delle direttive di principio indicateci nei giorni precedenti.
Di massimo interesse, in particolare, è stato conoscere e vedere materialmente all’opera l’ufficio “ZSM”, ossia quello competente a seguire i processi cui si applica un nuovo rito, introdotto nel marzo del 2011, che ne garantisce la massima speditezza. Si tratta, chiaramente, di procedimenti aventi ad oggetto fattispecie di criminalità comune in cui sin dall’inizio (denuncia-querela, arresto o comunque apprensione della sussistenza di una notizia di reato) un pubblico ministero, le forze di polizia, un soggetto deputato a mantenere contatti con la vittima e a garantirne la massima tutela, e un soggetto competente ad accertare tempestivamente la situazione soggettiva del reo collaborano in modo strettissimo. Condividendo lo spazio dei medesimi uffici e sedendosi ogni mattina ad un tavolo per discutere i diversi casi occorsi – ciascuno sotto il profilo di propria competenza - si accordano, infine, in ordine alle determinazioni da assumere. Nel 41% dei casi la decisione viene presa nell’arco di un solo giorno e spesso i procedimenti di questo tipo si chiudono con soluzioni nella sostanza transattive, adottate anche autonomamente dal pubblico ministero.
Mi ha colpito la massima rilevanza che viene data, anche in questi procedimenti di pronta e rapida spedizione, alla ricerca sistematica ed efficiente della risposta sanzionatoria più confacente alla personalità del reo (verificandone i precedenti nonché effettuando un controllo sulla sua situazione personale e socioeconomica, evidenziandone eventuali problematiche note) e, contestualmente e pariteticamente, al miglior soddisfacimento dell’interesse della persona offesa.
In conclusione, ritengo che l’esperienza EJTN costituisca un’occasione eccezionale di confronto, che permette l’approfondimento di considerazioni su tematiche di vitale importanza nella riflessione sull’esercizio della funzione e sul sistema giudiziario generalmente inteso, muovendo da prospettive diverse, a volte radicalmente opposte a quelle proprie del contesto giuridico di provenienza, e dunque, costituisce un’unica occasione di crescita personale e professionale.
[1] Art. 13 - La condotta del pubblico ministero Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del suo ruolo. Indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli elementi di prova a favore dell'indagato e non tace al giudice l'esistenza di fatti a vantaggio dell'indagato o dell'imputato.Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti, dei testimoni e dei terzi, che non sia conferenti rispetto alla decisione del giudice, e si astiene da critiche o apprezzamenti sulla professionalità del giudice e dei difensori.Partecipa attivamente alle iniziative di coordinamento e ne cura opportunamente la promozione.Non chiede al giudice anticipazioni sulle sue decisioni, né gli comunica in via informale conoscenze sul processo in corso