La dirigenza giudiziaria tra realtà e futuro
Editoriale
“L’attività del C.S.M., sin dal momento della sua composizione, deve mirare a valorizzare le indiscusse professionalità su cui la Magistratura può contare, senza farsi condizionare dalle appartenenze e dedicando particolare attenzione anche alla promozione della parità di genere”; “…all'amplissima discrezionalità di cui il Consiglio gode nel valutare i requisiti attitudinali e di merito dei magistrati al fine del conferimento di posti direttivi e semi direttivi deve dunque accompagnarsi una più netta "presa di distanze" dalle appartenenze, che rischiano di viziare di pregiudizialità le valutazioni”.
Gli ultimi Presidenti della Repubblica – il primo tratto di discorso è di Sergio Mattarella, il secondo di Giorgio Napolitano – hanno entrambi evidenziato, con nitida chiarezza, l’intrinseca problematicità dell’attività di selezione della “dirigenza giudiziaria”, connotata da amplissima discrezionalità ed adombrata dal condizionamento delle appartenenze, in contrapposizione al merito. Inutile evidenziare come le recenti cronache hanno portato alla ribalta alcuni dei corpi, più o meno già noti, di queste ombre.
La selezione della dirigenza giudiziaria – si dibatte ancora se sia esercizio di una effettiva discrezionalità amministrativa – è argomento complesso, ricco di implicazioni e conseguenze. Su questo aspetto, la scelta “migliore” deve necessariamente rispondere ad una domanda essenziale: che tipo di dirigenza vogliamo? Il concetto di “appartenenza” indica necessariamente un disvalore o si riporta a diversi modelli di giurisdizione? Il discorso implica la consapevolezza che ogni scelta consente di perseguire e raggiungere determinati obiettivi, penalizzandone altri; né va sottovaluto che un modello, che appare ottimale in un dato momento, potrebbe non essere tale in contesti che si evolvono nel tempo.
Il Presidente Sergio Mattarella, nel recente discorso al Parlamento, come anche nei precedenti, ha indicato la necessità di riformare il C.S.M. affinché questi “possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all'ordine giudiziario” suggerendo una soluzione che, preservando l’autonomia decisionale, agisca sulla modalità di composizione del soggetto decidente.
Giustizia Insieme vuole proporre ai suoi lettori un’analisi delle problematiche aperte sul tema della dirigenza giudiziaria assumendo, come al solito, una prospettiva pluralista e dinamica che guarda all’attività di selezione della magistratura dirigente nel suo complesso.
La prima serie di contributi guarda all'esercizio della discrezionalità da parte dell'autogoverno nella nomina della dirigenza giudiziaria. I quattro interventi programmati - alcuni nella forma del contributo unico, altri proposti come intervista plurale - spaziano da una prima osservazione al sistema nel suo complesso, ricco di criticità (articolo di Edmondo Bruti Liberati), alle voci dei consiglieri del C.S.M. (intervista ai Consiglieri Giuseppe Cascini, Loredana Micciché e Alberto Maria Benedetti), all’analisi del ruolo dei Consigli Giudiziari (intervista a diverse voci togate e laiche: dott. G. Sepe, prof. Riccardo Ferrante e avv. Cataldo Intrieri e successivo articolo di Marcello Basilico), per concludere con un’analisi della questione del sindacato del giudice amministrativo sulle scelte del C.S.M. (articolo del professore Mario Rosario Spasiano).
La seconda sessione ferma, invece, l’attenzione sul punto nodale costituito dai contenuti effettivi dell’esercizio dell’azione dirigenziale, guardando al sistema delle conferme (articolo del consigliere C.S.M. Elisabetta Chinaglia), soffermandosi, poi, sulla problematica del carrierismo (articolo del prof. Nicolò Zanon, vice presidente della Corte Costituzionale). L’argomento viene, infine, analizzato dalla prospettiva inedita di giovani magistrati intervistati da un presidente di tribunale, sull' “essere” e il “dover essere” della dirigenza negli uffici (intervista di Paolo Sordi a Enrico Contieri, Paolo Mariotti e Raffaella Marzocca).
L'ultima sessione raccoglie la prospettiva di chi è chiamato al ruolo di semidirettivo (intervista di Antonella Marrone ad Alessandra Salvadori) e a dirigere gli uffici di merito giudicanti di primo e di secondo (interviste ad Antonella Magaraggia e Giuseppe Meliadò) e requirenti (intervista di Giuseppe Amara ad Antonio Patrono). A chiudere il discorso sulla realtà della dirigenza giudiziaria ci saranno la voce dell’avvocatura (con un contributo dell’avv. Andrea Mascherin) e una particolare prospettiva accademico-politica (intervista al prof. Giovanni Maria Flick, già Ministro della giustizia).