FORUM I MALI DEL CSM E LA LORO SCOMPARSA: L’INVADENZA DELLE CORRENTI O LA LORO SCOMPARSA?
Introduzione al forum* di Alfonso Amatucci
*Testo della relazione presentata al Convegno Migliorare il Csm nella cornice istituzionale, Roma, 11 ottobre 2019 pubblicato in Migliorare il CSM nella cornice costituzionale editore CEDAM, collana: Dialoghi di giustizia insieme.
Il titolo della tavola rotonda usa il mezzo lieve del quesito per affrontare un problema di straordinaria serietà. Ci si chiede in realtà, posto che l’invadenza nella gestione del CSM da parte delle correnti (per la verità, di alcune più di altre) è un dato certo, se non sia questa la prevalente funzione che esse hanno finito con l’assumere e, implicitamente, se quella funzione non sia diventata primaria per essere evaporate le ragioni che ne avevano determinato la nascita. Sicché potrebbe retoricamente domandarsi se le correnti non siano diventate intollerabilmente invadenti come strumento di gestione del potere d’apparato per essere quasi “scomparse” come centro di confronto e di elaborazione di idee. Nacquero - come è stato autorevolmente rilevato - “perché in magistratura non v’erano visioni coincidenti sulla funzione della giurisdizione e sui limiti dell’interpretazione, sulla scia di un dibattito culturale che prese le mosse dalla discussione sui limiti del giudice nel dare attuazione ai principi ed alle norme della costituzione che non avessero ancora trovato riscontro in disposizioni di legge ordinaria”.
Con un’eccezione, tuttavia, anzi con due, giacché fu proprio lo “strapotere” delle correnti manifestatosi in talune (mancate) nomine consiliari nel quadriennio 1986-1990 a determinare la fuoriuscita di molti magistrati (al CSM c’erano D’Ambrosio e Racheli) dalle rispettive correnti di appartenenza e poi la nascita del “Movimento per la giustizia”, che con MD ha poi costituito “Area”. Il germe del rifiuto della corrente come strumento di carriera è dunque presente in magistratura. E, tuttavia, anche ad Area s’è imputato di aver partecipato alle “spartizioni” (valga per tutte l’esempio delle nomine a pacchetto), senza le quali – è stato peraltro osservato da taluni – nessuno degli aderenti ad Area avrebbe mai, o avrebbe assai raramente, ottenuto nomine di prestigio. Sicché si sarebbe trattato di un “male necessario”, indotto dal sistema.
Sennonché, le inaudite vicende messe in luce dall’indagine della procura di Perugia impongono che si corra ai ripari. Non certo con l’apocalittico sistema del sorteggio in prima o seconda battuta per l’elezione (elezione?!) dei componenti togati del CSM, che forse addirittura aumenterebbe il peso delle correnti. Sarebbe come domandarsi – perdonate l’improprietà del paragone ma è il primo che mi viene in mente – se, essendo decaduta la forza aggregante delle ideologie che avevano caratterizzato i partiti nel secolo scorso, sarebbe bene che essi scomparissero. Ma chi lo sostenesse, non potrebbe non dire chi li sostituirebbe nel determinare la politica nazionale. E, allo stesso modo, chi pensasse che le correnti dovrebbero sparire, non potrebbe non dire in quale altro serio modo potrebbe chiedersi ai magistrati di eleggere la componente togata del CSM, che il prof. Silvestri (non l’ultimo arrivato) ritiene di indirizzo politico, se pur limitato alla materie dell’autogoverno. Non so se si miri – ma il sospetto ce l’ho – a limitare il potere delle correnti per sminuire il ruolo del CSM nell’assetto costituzionale improntato all’equilibrio tra i poteri. Sarei certo però che quello sarebbe l’effetto finale, come sempre accade quando si tende ad eliminare il peso dei corpi intermedi nella determinazione della composizione di un organo costituzionale.
Le correnti, dunque non solo possono esistere (libertà di associazione), ma non si può evitare che esistano ed è bene che ci siano, apparendo un corpo intermedio essenziale. Tutti certamente concordano nel ritenere che occorre incrementarne la funzione lato sensu culturale per recuperarne le nobili ragioni d’essere che il tempo ha corroso. Dire come fare è più complesso e comunque non potrà accadere in tempi brevi. Hic et nunc va proposto un sistema elettorale capace di portare al CSM i migliori sfruttando l’insopprimibile interesse di ogni corrente ad avere successo nelle elezioni: l’interesse è pur sempre, in ogni contesto ed a qualsiasi latitudine, il principale fattore di determinazione delle azioni.
L’ambizione del candidato o il desiderio di avvicinarsi alla spiaggia natia non è eliminabile. La tendenza di un gruppo a nominare ad un ufficio direttivo chi abbraccia lo stesso tipo di impostazione sulla funzione e la posizione della giurisdizione è scontata. Ma deve cedere il passo al rispetto delle regole, e questo dipende dal rinnovato peso che i gruppi sapranno dare alla questione morale, dalla trasparenza dell’attività consiliare e dall’abbassamento del livello di gratitudine che l’eletto nutrirà nei confronti del gruppo designante, che quasi sempre dipende dallo spessore dell’eletto: chi è eletto perché (soprattutto perché o soltanto perché) un gruppo lo ha candidato, avrà maggiori difficoltà a sottrarsi al vincolo instauratosi anche quando si trattasse del delicatissimo ambito di valutazioni discrezionali
Un’idea (nulla più che un’idea) del modo per attenuare i possibili effetti negativi di quel vincolo m’è nata pensando a quanto accaduto nelle elezioni suppletive svoltesi dopo le dimissioni conseguite alle intercettazioni disposte dalla Procura di Perugia. Se Area avesse presentato solo un candidato avrebbe certamente ottenuto un seggio, essendo la somma del numero dei voti singolarmente riportati da ciascun candidato di gran lunga superiore ai voti espressi per il candidato unico di ognuna delle altre correnti. Area non ha invece ottenuto alcun seggio perché l’attuale legge elettorale non contempla un momento proporzionale.
Ne discendono due corollari:
- se un gruppo organizzato vuole ottenere seggi, deve esso stesso (e non gli elettori) compiere delle scelte preventive; se non lo fa, quand’anche non lo faccia per nobili ragioni, soccombe;
- è del tutto irragionevole che un gruppo che dagli elettori ottenga più voti degli altri non abbia rappresentanti o che ne abbia in numero inferiore.
Sono discrasie che esaltano, e non diminuiscono, il potere delle correnti intese come organizzazioni capaci di fare eleggere candidati. Lo esaltano perché quasi tutto dipende dalla designazione, anche di chi, essendo di Trento, è del tutto sconosciuto a Caltanissetta, o viceversa. Con la conseguenza che gli elettori molto spesso non potranno che esprimersi per “fedeltà” e non per stima; e, ancora, che ne risulterà aumentato il livello di gratitudine dell’eletto per il gruppo che lo ha candidato.
Quegli effetti sarebbero fortemente attenuati se, con opportune previsioni per conseguire la parità di genere e con unica votazione ed unica preferenza in tanti collegi quanti sono i distretti di Corte d’appello, venissero eletti, previa ripartizione dei seggi tra liste concorrenti in misura proporzionale ai voti riportati su base nazionale, coloro che avessero riportato il miglior quoziente tra voti espressi e voti ottenuti. L’interesse delle correnti ad ottenere molti voti su base nazionale (che determinerebbe il numero dei seggi assegnati) le indurrebbe a candidare in ogni collegio i magistrati più stimati, attesa anche l’incertezza su quelli destinati ad ottenere il miglior quoziente in ogni distretto, anche se di contenute dimensioni. E si darebbe corpo all’idea che quanto più elevato è il prestigio di un magistrato, tanto minore è la sua “dipendenza” da orientamenti non fondati su ragioni cristalline.
Ma m’è stato affidato il compito di moderare il dibattito e dunque cedo la parola agli autorevolissimi interventori, scusandomi in anticipo se dopo solo 10 minuti dovrò avvertirli del limite di tempo a ciascun assegnato.
*seguiranno i contributi Le correnti un male necessario? di Carlo Guarnieri, I mali del Csm di Giorgio Spangher, I mali del CSM: invadenza delle correnti o la loro scomparsa? di Eugenio Albamonte