Il CSM ha deciso: Davigo decade
di Mario Serio
Nel pomeriggio di ieri il Consiglio Superiore della Magistratura ha scritto una pagina di alto valore istituzionale nel corso del dibattito e, al termine di esso, del voto circa la legittimità della permanenza in carica di un Consigliere eletto quale magistrato di legittimità e collocato in quiescenza per il raggiungimento dell'età pensionabile durante il quadriennio.
Il valore che qui si riconosce ad un organo di recente percorso da scosse telluriche non dipende in alcun modo dal tipo di deliberazione adottata o dal merito degli argomenti a lungo e meditatamente discussi da ciascuno dei tanti Consiglieri intervenuti. In effetti, ognuno di essi ha offerto argomenti esclusivamente e motivatamente di tecnica giuridica, in particolare indirizzati al rinvenimento dei fondamenti costituzionali delle contrapposte tesi che si sono decorosamente contese il campo. Argomenti seri, serenamente fatti valere, intessuti del dichiarato rispetto per le contrarie opinioni. Si sono confrontate posizioni molto spesso sofferte sul piano umano e, malgrado ciò, mai viziate da ragioni di carattere personale. Si è trattato di un dibattito limpido e palese, ad onta della segretezza del voto: ammirevole esempio di convinzione e fiducia nell'idea senza remore o infingimenti manifestata. Ancor più rassicurante è stata la circostanza che nessuno dei partecipanti fosse portatore di preconcetti in tal misura radicati da impedirgli di apprezzare l'andamento del confronto: la più affidabile prova è costituita dalla riconsiderazione, anch'essa pubblica e plateale, dell'opinione precedentemente espressa e dalla conseguente modificazione della dichiarazione di voto, occorsa in qualche caso. C'è da nutrire la certezza che l'opinione pubblica non rimarrà insensibile, ed anzi si pronuncerà in termini plaudenti, al criterio aperto e leale di svolgimento di un'attività di non comune impegno in ragione sia della decisione da prendere sia dei valori in essa impliciti.
Vi è poi un altro elemento di indubbio, positivo interesse, che consolida una svolta già da qualche mese riscontrabile nella vita consiliare. Si allude all'interpretazione, coraggiosa e franca, che del proprio ruolo all'interno dell'Istituzione, hanno dato i componenti di diritto. Essi – come, appunto, da qualche tempo accade – hanno inteso contribuire al dibattito, e non con dichiarazioni rinunciatarie e di puro stile, sebbene con profonde riflessioni capaci di orientare, non certo per timore reverenziale o opportunistiche abdicazioni, il corso della discussione. Quel che maggiormente e favorevolmente ha impressionato è stato il dichiarato ed evidente fine degli interventi di Primo Presidente e Procuratore Generale della Corte di Cassazione: quello di concorrere all'adozione di una deliberazione che rinsaldasse funzioni, autorevolezza e solidità del Consiglio Superiore. In altri termini, cooperare al mantenimento del relativo prestigio e credibilità. Non viene qui in rilievo il fatto che il voto espresso dai due componenti di diritto abbia o meno in concreto raggiunto lo scopo (né i loro interventi si sono in alcun modo caratterizzati nel senso di aspirare ad un indebito condizionamento dell'organo): la punta di massima utilità è stata toccata nel momento stesso in cui il relativo sforzo argomentativo è stato votato alla stabilità del Consiglio Superiore, onde proteggerne la futura attività dalle insidie rappresentate dalla temuta discontinuità rispetto all'assetto costituzionale quale da essi divisato.
Se un modo andava cercato per rinfrancare la fiducia nell'operato di un organo dalla recente vita "agra", è certo che esso sia stato esattamente e perspicuamente individuato, nel superiore interesse del Consiglio, dall'apice della Magistratura italiana e dal trasparente e non renitente metodo applicato per far valere ( e non per la prima volta) la propria presenza, lontano dai prudenti ed imperscrutabili silenzi del passato.