ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Il contributo si inserisce nell'approfondimento del tema Accesso in magistratura, precedenti contributi Accesso alla magistratura -, Riflessioni sul concorso in magistratura di Mario Cigna Il tirocinio formativo ex art. 73 d.l. n. 69/2013 di Ernesto Aghina, Il procedimento per la nomina e selezione dei giudici e pubblici ministeri nella Repubblica Federale Tedesca di Cristiano Valle, Percorsi di accesso alla magistratura in Ungheria di Anna Madarasi, L’accesso alla magistratura francese di Antonio Musella[*] sotto la voce della rivista Ordinamento giudiziario.
Accesso alla magistratura - 1. Pensieri sparsi sul concorso in magistratura di Giacomo Fumu
È sempre complesso parlare del concorso in magistratura, selezione di quella parte della classe dirigente impegnata nella giurisdizione, funzione istituzionale propria di uno dei poteri dello Stato; e prova che, per questo, richiede al candidato solida preparazione, capacità espositiva, equilibrio, resistenza all’emozione e contemporaneamente pretende dall’amministrazione efficienza e progettualità, perché le attività concorsuali non vengano alterate da inconvenienti e disagi tali da limitare la possibilità dell’aspirante magistrato di esprimere al meglio le proprie potenzialità o da rendere difficoltoso alla commissione esaminatrice lo svolgimento del proprio compito con regolarità e serenità.
La recente modifica legislativa della normativa sull’ingresso in magistratura apportata con il decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 (art. 33), non a caso in tema di realizzazione del PNRR e quindi necessariamente collegata al perseguimento dell’obiettivo di riduzione del contenzioso pendente «anche tramite la celere assunzione di nuovi magistrati», ha abbreviato i tempi del percorso per sostenere l’esame; ormai non si può più ritenere che l’accesso in magistratura sia governato (e garantito quanto a specializzazione degli aspiranti) da un concorso di secondo grado: venute meno le referenze consistenti nell’avvenuto conseguimento del diploma della scuola per le professioni legali, nell’abilitazione alla professione forense, nel dottorato di ricerca o nello svolgimento con successo del tirocinio presso gli uffici giudiziari, a far data dal concorso bandito con il decreto ministeriale del 18 ottobre 2022 si può accedere a sostenere la prova avendo come titolo esclusivamente la laurea in giurisprudenza.
Si è molto discusso sulla opportunità di simile riforma: l’intenzione del legislatore del 2006 (d.lgs. n. 160/06) era chiaramente quella di operare una preselezione in ammissione fondata sui titoli e quindi sul merito, nell’ambito di una complessiva rivisitazione dell’ordinamento giudiziario nella quale si prevedeva per i magistrati una periodica valutazione di professionalità ed, ai fini del conferimento degli uffici, era attribuito un limitato rilievo al criterio dell’anzianità.
Ma la delimitazione della platea dei concorrenti così perseguita era funzionale non solo all’ingresso in magistratura di elementi già in possesso di una formazione giuridica propria, bensì anche a ragioni di carattere organizzativo: eliminata la preselezione informatica che era stata introdotta con il d.lgs. n. 398/97, si intendeva contenere il numero degli ammessi alle prove allo scopo di renderle materialmente gestibili anche con un contenimento della spesa (si tenga conto che per il concorso bandito con il D.M. 29 ottobre 2019, appena concluso, erano state presentate 13.283 domande di partecipazione, mentre per il primo concorso post-riforma le domande sono state 21.768).
La diversa opzione legislativa ha comunque certamente avuto il pregio di eliminare quella che appariva essere un’inaccettabile disparità fra aspiranti magistrati fondata sul censo, poiché i tempi non brevi per l’acquisizione del titolo abilitante alla partecipazione al concorso, uniti ai fisiologici ritardi del suo svolgimento, di fatto favorivano chi si trovasse in possesso di un’indipendenza economica che potesse consentire di dedicarsi esclusivamente e senza impedimenti alla preparazione della prova ed attendere l’esito del suo svolgimento.
Ed è invero possibile tuttavia che il neolaureato abbia maggiore vivacità e freschezza intellettuale di chi ha lasciato da anni gli studi universitari e possa quindi affrontare la necessaria preparazione e la prova di esame con brillantezza e migliori possibilità di successo, fresco di studi ma soprattutto di metodo, facendo ingresso in magistratura in un’età ancora giovane magari portatrice di quell’ entusiasmo per la funzione che va sempre più scemando.
Viene qui in rilievo, immediatamente, la questione centrale della preparazione al concorso: che tuttavia non muta a seconda di quali requisiti di ammissione siano richiesti, perché per gli uni (titolati) e per gli altri (semplicemente laureati) la prova da superare è la medesima.
L’esperienza concreta ha dimostrato una assai limitata utilità, a tal fine, delle scuole di specializzazione per le professioni legali, sostanzialmente ripetitive dei corsi universitari. L’iniziativa della preparazione è rimasta dunque essenzialmente in mano al singolo ed alla sua capacità di autorganizzazione.
La scelta operata dagli aspiranti magistrati appare essere regolarmente quella di frequentare una scuola di preparazione a gestione privata (anche se spesso legittimamente facente capo a magistrati non ordinari).
È noto che intorno alla preparazione del concorso è sorta una fitta rete didattica, di regola collegata anche a specifiche iniziative editoriali concernenti codici e manuali, nella quale di regola all’insegnamento si affianca l’esperienza concreta della scrittura di elaborati con relativa correzione e, a volte, un’analisi precisa sia dello storico degli argomenti già oggetto delle tracce nei concorsi passati sia della produzione giurisprudenziale o scientifica dei componenti della commissione per riuscire a cogliere quali argomenti potranno essere oggetto del tema assegnando.
L’esperienza di presidente della commissione del concorso, ruolo che ho svolto in due diverse occasioni, mi ha indotto a meditare su quali possano essere individuati come i limiti dell’attuale metodo di preparazione.
L’impressione che ho globalmente tratto è che non si induca più lo “studente”, o che questi a ciò non sia in grado di provvedere in autonomia, a conoscere e comprendere il sistema ed a ragionare per principi.
Lo studio dei principi e delle dottrine generali del diritto civile, del diritto penale e del diritto amministrativo consente invero al candidato, qualsiasi argomento venga individuato dalla commissione, di ragionare - con l’aiuto delle norme - sull’istituto intorno al quale è chiamato a discutere: e la mancanza di una preparazione sistematica si mostra palesemente quando, consistendo di regola la traccia nell’indicazione di una parte generale e di una parte più specifica a questa collegata, il candidato sia in grado di argomentare, eventualmente anche con compiutezza, sulla prima e si dimostri invece non più all’altezza sulla seconda, sì da cadere nel giudizio di inidoneità per incompletezza (parlo di incompletezza in quanto nessuna commissione ha mai dichiarato inidoneo un elaborato nel quale il candidato, pur non esponendo teorie rientranti nell’ ”ortodossia”, abbia mostrato conoscenza della materia e capacità di argomentazione giuridica).
A mio avviso questa è il segnale di una preparazione che ormai si consuma “per compartimenti stagni”: si affronta un argomento, si studia un istituto, ma senza inquadrarlo nel sistema e coglierne i collegamenti e tutte le implicazioni, pur sempre teoriche, che dai principi generali derivano nella sua applicazione ovvero nella sua “vita” nell’ordinamento.
È così tali limiti si sono palesati per esempio quando, dovendo il candidato esaminare la problematica del contratto preliminare ad effetti anticipati, non è stato poi in grado di affrontare adeguatamente le connesse questioni, al cui esame pur era chiamato dalla traccia, concernenti la tutela del promissario acquirente immesso nel godimento anticipato del bene; ovvero quando, richiesto di parlare della natura della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, con riferimento in particolare ai delitti colposi, ha trascurato di affrontare la questione dirimente della compatibilità fra un reato per definizione “contro l’intenzione” e il presupposto di detta responsabilità consistente in una condotta posta in essere nell’interesse o a vantaggio dell’ente.
Questo è momento centrale del contenuto della preparazione del concorso in magistratura: occorre conoscere i principi generali per inquadrare nel sistema che lo comprende l’istituto sul quale si è chiamati a discutere nonché mostrare nell’elaborato di essere in grado di ricostruirlo ed illustrarne caratteristiche ed applicazione, lasciando da parte qualsiasi argomentazione di contorno estranea alla traccia.
La circostanza che dopo la parentesi dovuta alla pandemia sia (ri)entrata in vigore la normativa ordinaria, la quale non opera alcun riferimento alla consegna di un “sintetico elaborato teorico” (come si leggeva nei decreti-legge n. 44/21 e 118/21), non significa certo che non debba perseguirsi l’essenzialità e che la preparazione del candidato non debba essere finalizzata anche ad affinare la capacità di esporre il proprio ragionamento con sintesi e chiarezza, così mostrando conoscenza, consapevolezza ed insieme capacità di espressione (auspicabilmente con grafia non ostile).
Né, tanto meno, può concludersi nel senso che possa essere proposto ai concorrenti, anziché un elaborato teorico, un compito con risoluzione di un caso pratico: la storia stessa del concorso e delle tracce succedutesi negli anni esclude questa eventualità e mi conferma nella considerazione, che già ho avuto modo di esternare (Migliorare il CSM nella cornice costituzionale, atti del convegno di Giustizia Insieme, Padova 2020, 59), per cui il concorso in magistratura debba continuare ad avere la natura di selezione di giovani giuristi; non vale ricercare che l’aspirante magistrato sappia ben confezionare un decreto ingiuntivo o un decreto di sequestro preventivo per equivalente: la prova di selezione dei magistrati deve tendere ad individuare coloro che conoscono l’ordinamento, che si orientano nel sistema, che sanno ragionare e trarre le conclusioni dai principi generali nonché discutere con linguaggio tecnico e comprensibile la questione racchiusa nella traccia del tema da svolgere.
A questo deve tendere la preparazione e questi devono prospettarsi come criteri di selezione anche nella discussione orale, in cui la varietà dei temi (diciassette materie, alcune raggruppate nel voto) consente di cogliere e valutare la cultura generale del candidato.
Tornando rapidamente alle questioni nell’ordine in cui sono state più su esposte è opportuno soffermarsi sullo svolgimento delle prove scritte, che costituiscono un momento topico non solo per il concorrente ma anche per il ministero della Giustizia e per la commissione esaminatrice.
Con il prossimo concorso bandito per 400 posti (DM 18 ottobre 2022) si rivede l’antico: superata l’emergenza pandemica non operano più le regole derogatrici del regime ordinario che prevedevano una contrazione del tempo a disposizione per la consegna degli elaborati (rispettivamente quattro e cinque ore nelle prove scritte tenutesi rispettivamente nel 2021 nel 2022) e la redazione, come si è detto, di un “ sintetico elaborato teorico” da parte dei candidati: si torna così alle canoniche otto ore a disposizione per lo svolgimento del tema.
Si prospettano tuttavia alcune novità con riferimento alla selezione dei testi di legge consultabili durante la prova scritta, poiché il legislatore ha ritenuto di semplificare e rendere omogenea e per tanti versi più sicura un’operazione che da un lato impegna per più giorni la commissione esaminatrice ed il personale amministrativo e da un altro si mostra come possibile fonte di disparità di trattamento e comunque oggetto di controversie con le case editrici.
È noto che in base ad una risalente disposizione contenuta nell’art. 7 del regio decreto n. 1860 del 15 ottobre 1925 è consentito ai candidati di consultare durante la prova i semplici testi dei codici, delle leggi e dei decreti dello Stato da essi «preventivamente comunicati» alla commissione e da questa posti a loro disposizione «previa verifica».
Tutto ciò implica evidentemente un notevole dispendio di energie ed è fonte di disagio per gli stessi concorrenti, i quali si devono recare anche alcuni giorni prima della prova presso la sede del concorso onde eseguire detto deposito atteso che la “preventiva comunicazione” si sostanzia nella materiale presentazione alla commissione esaminatrice, da parte di ciascun candidato, dei codici e dei testi di legge dei quali egli intende servirsi per la stesura del tema; e che la “previa verifica” consiste nel controllo da parte dei commissari dei testi depositati, non potendo avere ingresso codici illustrati, annotati e/o commentati con dottrina e giurisprudenza.
Ma tale “verifica” ha assunto livelli di difficoltà - e qui si è posto il delicato problema che il legislatore si è orientato a risolvere – per la valutazione di ammissibilità di quei codici i quali, pur non dimostrando all’evidenza i caratteri vietati di illustrazione e annotazione delle norme, sono dotati di indici così diffusi e particolareggiati tali da suggerire percorsi argomentativi e dunque fornire al candidato un aiuto non consentito.
La questione ha assunto aspetti problematici sotto un duplice profilo. Innanzitutto, considerato il numero sempre elevato dei concorrenti che depositano i testi e la necessaria distribuzione dei commissari in più sottocommissioni addette alla ricezione e al controllo (pluralità che ha raggiunto livelli elevati nello svolgimento delle prove degli ultimi due concorsi, tenutesi in varie sedi) si è evidenziata la difficoltà di rendere omogenei tra le diverse commissioni, magari allocate in città diverse, i criteri di valutazione dell’atipicità o anomalia degli indici come su descritta, tenendo conto dell’ormai rilevante numero di case editrici specializzate nella pubblicazione di codici destinati essenzialmente alle prove di concorso.
Appare evidente come in siffatta situazione possa avvenire che, nonostante le sempre utili previe intese e le indicazioni tese all’uniformità provenienti dal presidente della commissione, possa essere ammessa o rifiutata da una sottocommissione l’utilizzazione di un codice che è stata invece rispettivamente rifiutata o ammessa da un’altra, con il rischio concreto di non frequenti e non volute ma pur sempre deprecabili disparità di trattamento.
Peraltro il giudizio di incompatibilità con le regole legge disciplinanti l’ingresso dei testi normativi nelle aule di concorso non riguarda solamente il singolo candidato: sono particolarmente interessante a questa valutazione le case editrici, per le quali un giudizio di esclusione ha evidenti conseguenze sul piano dell’immagine e su quello economico. Da ciò un contenzioso amministrativo che ormai da tempo accompagna le decisioni delle commissioni sulla ammissibilità dei testi.
Il legislatore, come si è detto, ha inteso risolvere la questione con una disposizione che, interpolando l’art. 7 del regio decreto n. 1860 del 1925, ha previsto come alternativa alla ordinaria procedura di deposito e controllo dei codici la possibilità che il decreto ministeriale di adozione del diario delle prove scritte (il quale, per il concorso in atto, sarà pubblicato il 31 marzo 2023) consenta la consultazione dei testi normativi «mediante modalità informatiche», da individuarsi con decreto del Ministero della giustizia da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge 21 ottobre 2021, n. 147, di conversione del decreto legge n. 118/2021.
Della emanazione del predetto decreto attuativo tuttavia non si hanno ad oggi notizie: si comprende quale difficoltà sia insita non solo nella predisposizione di circa 22.000 adeguate postazioni informatiche, equivalenti al numero dei candidati che hanno presentata la domanda di partecipazione e che teoricamente potrebbero presentarsi a sostenere la prova scritta, ma anche nella individuazione di quale criterio di selezione delle norme da porre a disposizione dei candidati debba essere seguito.
Si deve riconoscere che la realizzazione di simile obiettivo risolverebbe in radice entrambi i problemi di cui si è detto, perché la banca dati sarebbe la medesima per tutti i concorrenti, così eliminando qualsiasi disparità sull’accesso alla conoscenza dei testi, e perché non si porrebbe più la questione di un’editoria privata borderline che offre strumenti elusivi dei divieti di legge; tuttavia sembra di comprendere che per ora l’amministrazione ministeriale non sia ancora in grado di dotarsi degli strumenti adeguati, per cui continuano a valere tutte le considerazioni sull’argomento che sono state finora svolte.
Altro momento di particolare delicatezza nelle cadenze iniziali del concorso è quello della riunione plenaria della commissione, da tenersi prima dell’inizio delle correzioni, per la fissazione dei criteri di valutazione degli elaborati.
Si deve riconoscere che la formula descrittiva dei criteri utilizzata e trascritta nei verbali è, risalendo nel tempo, sostanzialmente la medesima. Tuttavia tale riunione è un’occasione fornita ai commissari per riflettere ancora sugli argomenti proposti con le tracce, per approfondire ulteriormente i temi da svolgere rispetto a quanto già meditato in “camera di consiglio” al momento della scelta, per individuare quali possano considerarsi i punti chiave che indefettibilmente devono essere trattati dal candidato per raggiungere la valutazione di idoneità
Proprio per favorire la miglior conoscenza reciproca ed il maggior approfondimento delle questioni da parte di tutti i commissari, la riunione plenaria di cui si parla è stata nei miei concorsi l’occasione per ascoltare le relazioni, svolte dai componenti professori universitari e magistrati esperti della materia, sugli argomenti oggetto delle tracce e ricevere da loro indicazione sul materiale di studio rilevante, distribuito anche in copia per la consultazione. È invero attraverso la condivisione delle problematiche da affrontarsi che i criteri astrattamente definiti cominciano a prendere forma reale, e la messa alla prova dell’importanza ed efficacia dello studio comune si presenta immediatamente dopo, cioè quando, come prevede la legge, si procede alla correzione in assemblea plenaria dei compiti di almeno 20 candidati.
È in questo momento che gli astratti criteri cominciano a concretizzarsi ed a rendersi attuali di fronte alle evidenze degli elaborati.
Sono personalmente convinto che per ottenere il miglior risultato delle prime operazioni, che cinicamente si potrebbero definire “di prova”, sia opportuno procedere ad una correzione comune di un “pacchetto” che vada ben al di là degli elaborati di 20 candidati; per questo motivo le mie commissioni hanno superato abbondantemente questo numero, con un esito realmente significativo di una raggiunta condivisione dei criteri di valutazione che ha portato in entrambi i concorsi a mantenere costante, fin dal primo mese dei lavori, la media delle idoneità.
La medesima esperienza vale per le prove orali e per la determinazione dei relativi criteri di apprezzamento. Anche qui le formule si ripetono da tempo ma anche qui la preventiva riunione plenaria dei commissari, lo scambio franco delle opinioni e degli intendimenti, la capacità di lavorare in gruppo trovano la sintesi che può consentire lo svolgimento di una prova orale in cui siano condivise ed applicate con costante equità non solo le regole di valutazione ma anche e soprattutto le modalità di espletamento della prova, che rivestono un ruolo rilevante per la tenuta psicologica del candidato in un momento di particolare impegno ed emozione.
Tutto ciò con l’auspicio che il Ministero e, per la sua parte, il Consiglio superiore della magistratura, consentano che le commissioni di esame possano operare in condizioni logistiche che favoriscano l’efficienza dell’azione e quindi la bontà dei risultati anche sotto il profilo della tempestività degli esiti: l’esperienza di chi scrive è stata sotto questo aspetto perfetta nel primo concorso, per il quale alla commissione vennero dedicati gli uffici di un intero piano in un edificio ministeriale allocato in uno dei più bei quartieri di Roma, e disastrosa nella seconda occasione, in cui i commissari sono stati costretti ad operare nonostante il virus in locali di via Arenula angusti e malsani.
E che su ventinove commissari solo undici siano stati contagiati dal Covid è stato veramente un gran risultato.
L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (il Tribunale penale)
Intervista di Ernesto Aghina a Enzo Fallarino (Napoli), Erica Guida (Torino), Manfredi Pacifici (Roma) e Monica Ramolini (Milano)
Si conclude l’acquisizione delle valutazioni sulla funzionalità dell’Ufficio per il processo, ad un anno dal suo esordio operativo, offerte dai funzionari chiamati a comporlo.
Dopo le analisi dedicate alla Corte di Cassazione - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte di Cassazione) - alla Corte d’Appello civile - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte d’Appello civile) - e alla Corte d’Appello penale - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte d’Appello penale), vengono in rilievo ora le opinioni espresse dai componenti degli U.P.P. costituiti presso gli uffici giudiziari di primo grado.
Con riferimento all’esperienza dell’ UPP nel settore penale del Tribunale, sono raccolte le esperienze di alcuni funzionari in attività presso quattro uffici giudiziari italiani (il dott. Enzo Fallarino per il Tribunale di Napoli, la dott.ssa Erica Guida per il Tribunale di Torino, il dott. Manfredi Pacifici per il Tribunale di Roma e la dott.ssa Monica Ramolini per quella di Milano), che costituiscono un campione significativo delle modalità lavorative anche per la rilevanza dei Tribunali di appartenenza, caratterizzati dalla rilevanza del carico di lavoro e quindi dai conseguenti interventi adottati per fronteggiarlo.
Anche nel settore penale, come in quello civile, resta confermata, per la diversità delle risposte concernenti l’assetto organizzativo dei vari UPP, come nei Tribunali non sia operativo un unico modello organizzativo, ma si confrontino una pluralità di “uffici” per il processo, derivati dalle difformità delle esigenze locali.
Così ad esempio, anche nel settore penale, si registrano difformità (anche sensibili) nella ripartizione dell’attività tra supporto ai servizi amministrativi ed ai giudici; nella partecipazione (o meno) alle udienze, anche con compiti di verbalizzazione; e allo svolgimento di attività “da remoto” (può essere utile evidenziare a tale proposito che la rilevazione operata dal ministero al 30.6.2022 indica l’impiego di funzionari dell’ UPP in lavoro agile nel 43% dei Tribunali).
Risulta invece costante il collegamento diretto del funzionario al singolo magistrato (o al collegio), evidenziando un modello collaborativo per certi versi analogo a quello sperimentato sin qui per i tirocinanti ex art. 73 del d.l. n. 69/2013, nonostante le circolari ministeriali abbiano costantemente rimarcato la distinzione tra “ufficio per il processo” e “ufficio del giudice”.
A tal proposito sembra interessante il rilievo, percepibile nella comprensiva cautela di alcune risposte, del condizionamento operativo (intrinseco al collegamento diretto tra funzionario e giudice) derivante dalla maggiore o minore “attenzione” del magistrato ai compiti attribuiti all’ UPP, indice di una non generalizzata fiducia dei giudici nella nuova risorsa messa a loro disposizione.
Analogamente risulta ribadita in modo unanime la soddisfazione dei funzionari per le attività svolte, indicate come corrispondenti alle aspettative, avvalorando un riscontro che va messo senz’altro all’attivo dell’esordio operativo dell’UPP
In tutta evidenza, la pregressa esperienza di tirocinio formativo (comune ad una quota rilevante dei funzionari), ha agevolato la funzionalità operativa di chi aveva un bagaglio di esperienze “mirato”, spesso riferibile al medesimo ufficio giudiziario.
Quanto invece alla criticità, oltre a quelle (generalmente avvertite in quasi tutti gli uffici), relative all’inserimento iniziale dei funzionari all’interno degli uffici giudiziari, ascrivibili anche a difficoltà di “adattamento”, sia di ordine logistico che relazionale, ed al contemperamento tra mansioni molto diverse tra loro, emergono problematicità legate allo status dei funzionari e (conseguentemente) alla loro migrazione verso impieghi più stabili.
Come ampiamente prevedibile, la precarietà intrinseca all’inserimento nell’ UPP viene evidenziata come limite all’impegno e, soprattutto, incentivo alla partecipazione ad altri concorsi.
Da tanto deriva un progressivo depauperamento degli organici degli Uffici per il processo che, già significativo in alcune aree geografiche, è inevitabilmente destinato ad aggravarsi, una volta esaurito il già intervenuto scorrimento delle graduatorie degli idonei, anche nei distretti provvisti del maggior numero di aspiranti.
A tanto va aggiunto l’imminente concorso per l’accesso alla magistratura, “meta” agognata da molti funzionari, che si somma a non poche selezioni per l’accesso alla P.A. che, indipendentemente dalle suggestioni delle singole attività, risultano inevitabilmente caratterizzati da una stabilità di impiego che l’UPP non può (allo stato) garantire.
Forse la costante diminuzione delle risorse umane può costituire la maggiore criticità per il supporto garantito dall’UPP, non risultando realistico che possano supplire a questa carenza i g.o.p. in via di inserimento nei Tribunali, componenti dell‘ UPP nel primo biennio di attività, nella quasi totalità dei casi impegnati nel settore civile di destinazione definitiva, e con i vistosi limiti previsti (specie nel settore penale) in tema di compiti a loro delegabili previsti dall’art.10 del d.lgs.vo n. 116/2017.
Più in generale, per una iniziale verifica dell’attività degli UPPP., si segnala l’analisi operata dall’ A.N,M. (se pure relativa ad un campione ridotto di distretti), in occasione del recente congresso nazionale, e consultabile sul sito web: Microsoft PowerPoint - Presentazione_UPP_XIV_CommissioneANM _ 6.1.pptx (associazionemagistrati.it) .
Dal monitoraggio operato (ed in via di aggiornamento), sono ricavabili alcuni dati comunque significativi:
- la percentuale di scopertura dei funzionari dell’UPP (al settembre 2022) era già al 25% (con dati anche molto maggiori nei distretti di Genova, Trento e Venezia);
- il numero dei funzionari degli UPP operanti nel settore civile è pari al 58% del totale;
- solo nel 56% dei casi si dà atto della previsione di un controllo periodico (generalmente trimestrale) della performance;
- il 79% dei dirigenti degli uffici rispondenti ha rilevato come maggiore criticità del funzionamento degli UPP la carenza di organico del personale amministrativo.
Il completamento della ricognizione statistica potrà offrire ulteriori ed interessanti elementi di valutazione del primo anno di operatività dell’UPP cd. “recovery”, in attesa dei dati relativi allo smaltimento dell’arretrato e riduzione del disposition time, al dicembre 2022.
1. La formazione iniziale è risultata coerente rispetto alle attività da svolgere?
(FALLARINO) La formazione che ci è stata proposta all’atto dell’immissione in servizio era principalmente indirizzata all’utilizzo degli applicativi in uso nel Tribunale, nonché in generale alla conoscenza del funzionamento degli uffici giudiziari e, più in particolare, dei servizi di cancelleria connessi alla funzione giurisdizionale. Questa si è articolata, principalmente, in corsi online da seguire nei primi giorni successivi alla presa di servizio.
Non può dirsi che tale formazione non sia stata utile, in considerazione del largo utilizzo che degli applicativi si fa nell’ambito dell’ufficio. Bisogna però rilevare che, almeno con riferimento all’attività da me svolta in sezione, hanno avuto massima rilevanza, da un lato, il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013, dall’altro, l’esperienza sul campo col magistrato formatore prima, assegnatario poi, nelle aule giudiziarie e in camera di consiglio, che mi hanno consentito di muovermi agilmente all’interno dei fascicoli e di risolvere in tempi sempre più brevi le principali problematiche connesse alla funzione giurisdizionale.
(GUIDA) Solo in parte; per il settore penale, utili sono state le lezioni sul processo penale fascicolo penale, la liquidazione delle spese di giustizia, la banca dati Italgiureweb.
(PACIFICI) La formazione iniziale è risultata efficace e coerente con le attività svolte. In particolare, la formazione per quanto riguarda la cancelleria si è concentrata su:
- redazione dei verbali d’udienza;
- utilizzo dei sistemi SICP e TIAP;
- adempimenti pre e post udienza demandati ai singoli funzionari;
- funzionamento generale della Cancelleria.
Con riferimento, invece, alle attività di supporto ai Magistrati a cui siamo assegnati questi ci hanno bene indirizzato e spiegato lo standard e le modalità di lavoro richieste.
(RAMOLINI) Io sono stata assunta a febbraio 2022 ma avevo già iniziato il tirocinio ex art. 73 da settembre 2021 e ho proseguito con la stessa Giudice affidataria. La formazione svolta durante il primo periodo di tirocinio è stata del tutto coerente e più che sufficiente per le attività che mi sono state assegnate in qualità di UPP Quanto all’attività di supporto alla cancelleria, mi è stato fornito supporto in una prima fase iniziale per la preparazione all’attività di verbalizzazione e poi di volta in volta nel caso di bisogno.
2. Quale il rapporto percentuale tra attività di supporto alla cancelleria e ai giudici?
(FALLARINO) Appena entrati in servizio, è stato redatto dal Presidente di Sezione un ordine di servizio che, nell’assegnare ogni funzionario a un magistrato, indicava anche le giornate da svolgere in supporto alla cancelleria e quelle da trascorrere in ausilio ai giudici, con una percentuale del 50% per ciascuna attività.
Tale rapporto percentuale è, col tempo, mutato in maniera distinta per ogni singolo funzionario e non necessariamente nella stessa direzione. Ciò: sia in ragione del rapporto particolare che ogni funzionario ha instaurato col proprio magistrato assegnatario, sia in ragione delle aspettative dei funzionari stessi e della concreta disponibilità dei giudici, sia, infine, per le esigenze delle singole cancellerie.
Tanti funzionari addetti all’UPP hanno, nel tempo, progressivamente ridotto l’attività di supporto ai magistrati per dedicarsi maggiormente ai servizi di cancelleria; altrettanti hanno invece percorso la strada opposta.
Va rilevato, da ultimo, che tale rapporto percentuale, con l’entrata in vigore, prevista per il 1 novembre 2022, del Decreto Legislativo del 10 ottobre 2021, n. 151 – che ha finalmente inquadrato in maniera chiara la figura del funzionario addetto all’UPP quale figura di ausilio all’attività giurisdizionale e di supporto al giudice – è destinato ad essere rivisto.
(GUIDA) Nella mia sezione, un 80% del lavoro è rappresentato dalle attività di supporto ai giudici, ed un 20% al supporto alla cancelleria.
(PACIFICI) Il lavoro prevalente è sicuramente quello di supporto ai magistrati. Per quanto riguarda la Sezione cui sono stato affidato, nella prima riunione effettuata il Presidente ha chiaramente stabilito che noi UPP avremmo dovuto svolgere le funzioni di cancellieri in aula una volta a settimana e curarci degli adempimenti di cancelleria relativi a quell’udienza. Il resto della nostra attività è demandato interamente al supporto ai giudici che è, a mio avviso, prevalente.
(RAMOLINI) Per quanto riguarda la sezione in cui lavoro, attualmente l’attività di supporto alla cancelleria può essere quantificata in una percentuale variabile tra il 25% e il 35% a seconda della durata delle udienze. Nello specifico, dopo un periodo di formazione iniziale, ci è stato assegnato il compito di subentrare ai cancellieri nella verbalizzazione delle udienze monocratiche solo nell’orario pomeridiano, mentre dalla ripresa dopo il periodo estivo verbalizziamo per l’intera giornata di udienza monocratica del Giudice di riferimento.
Il resto della settimana è dedicato all’attività di supporto al Giudice e alla preparazione dei verbali per l’udienza successiva. Oltre a questo, su incarico del Presidente di sezione e della cancelleria abbiamo realizzato una tabella excel condivisa, con il riepilogo e il monitoraggio di tutti i fascicoli sospesi per messa alla prova e per irreperibilità degli imputati, occupandoci anche di disporre il rinnovo attuale delle ricerche.
3. Quali compiti ti sono concretamente attribuiti nella collaborazione all’attività giudiziaria? Partecipi all’udienza?
(FALLARINO) Premesso che sono in servizio presso una sezione dibattimentale penale, la mia fortuna è stata quella di essere assegnato al magistrato con il quale avevo svolto lo stage ex art. 73 d.l. 69/2013, con cui si era già creato un profondo rapporto di fiducia. Pertanto, i compiti attribuitimi sono stati da subito di responsabilità.
Principalmente, con riferimento alla funzione di raccordo con il cancelliere addetto al ruolo monocratico, mi occupo di controllare, per ogni udienza, il buon esito delle notifiche e il sollecito di quelle ancora non evase. Con riguardo alle funzioni più strettamente giurisdizionali, assisto il giudice durante l’udienza, procedendo alla scrittura delle bozze delle sentenze più semplici man mano che i processi vengono incamerati (prescrizioni, remissioni di querela o reati minori). Inoltre, partecipo attivamente alla camera di consiglio al termine dell’udienza con ricerche giurisprudenziali e mediante il confronto dialettico con il magistrato assegnatario per la decisione dei processi più complessi, dei quali, talvolta, mi è affidata la redazione della minuta della sentenza. Infine, mi occupo dei calcoli della prescrizione per i fascicoli appellati e della redazione di alcuni decreti di liquidazione.
Partecipo sempre all’udienza monocratica e, una volta al mese, affianco il giudice onorario che sostituisce il mio magistrato assegnatario, in quell’occasione studiando interamente l’udienza. Qualche volta, quando vengono trattati processi di particolare interesse, partecipo all’udienza collegiale e alla relativa camera di consiglio, ma questo principalmente in un’ottica di formazione e arricchimento della mia cultura giuridica.
(GUIDA) Partecipo quasi esclusivamente alle udienze relative a procedimenti penali in relazione ai quali potrei scrivere la bozza di sentenza. Concretamente i compiti attribuiti sono: preparazione di un elenco dei beni sequestrati/dissequestrati, redazione delle schede ex art. 165-bis c.p.p., redazione di bozze di sentenza (comprensive di motivazione) e di ordinanze di convalida dell’arresto, controllo delle notifiche per le udienze-filtro. Relativamente alle attività di cancelleria, esecuzione notifiche in caso di riassegnazioni dei procedimenti penali o di differimenti d’udienza, iscrizione dei fascicoli provenienti dal GUP, attività di monitoraggio (sul programma cd. Giada, di pesatura dei fascicoli).
(PACIFICI) Le attività di collaborazione all’attività giudiziaria sono: ricerca giurisprudenziale e dottrinaria su specifiche questioni di interesse per un determinato procedimento; relazione e sintesi dei fascicoli rilevanti; predisposizione delle maschere di sentenza; ulteriori attività legate a specifico procedimento. Assistiamo alle udienze più significative rispetto ai procedimenti sui quali forniamo assistenza.
(RAMOLINI) Oltre alla materiale preparazione dei verbali in vista della verbalizzazione dell’udienza, studio i fascicoli e approfondisco le questioni che mi vengono indicate. Prima e dopo l’udienza mi confronto con il magistrato a cui sono stata assegnata in merito alla decisione e, successivamente, redigo le bozze delle sentenze di alcuni dei fascicoli che ho studiato.
Partecipo a tutte le udienze monocratiche del giudice di riferimento, solitamente con il compito di verbalizzarle.
4. Lo smart-working è utilizzato? Se sì, in che rilievo? E’ stato utile? E che tipo di attività è stata assegnata?
(FALLARINO) Per quanto riguarda il dibattimento, non è previsto al momento smart working e, a quanto ne sappia, nemmeno negli altri settori del Tribunale di Napoli. In Corte d’Appello ho appreso che a qualcuno è stato concesso, ma non ne ho conoscenza diretta.
(GUIDA) Sì, è stato utilizzato ma al solo fine di seguire le lezioni online caricate dal Ministero della Giustizia (webinar su Microsoft Teams e corsi sul sito giustizia.lezione-online.it). Da questo punto di vista, è sicuramente più utile seguire quei corsi da remoto, piuttosto che in ufficio, alla luce del fatto che un certo numero di UPP condivide lo stesso locale. Avrebbe, tuttavia, potuto essere implementato per la redazione dei provvedimenti da casa.
(PACIFICI) Lo smart working è stato attivato per un giorno alla settimana il mese scorso (metà settembre ndr) ed è utilizzato per l’attività di ricerca. È sicuramente utile in quanto permette di svolgere tutta l’attività di supporto all’attività dei magistrati più comodamente (ad esempio, è sicuramente utile per consultare libri e articoli senza doverli portare in ufficio).
(RAMOLINI) Nella sezione in cui lavoro lo smart-working è previsto un giorno alla settimana a seconda delle nostre esigenze e dei giorni di udienza. L’attività prevalente che mi è stata assegnata è quella di studio delle questioni giuridiche e di redazione delle sentenze, riesco a svolgerla anche da casa e trovo che sia molto utile per concentrarmi in maniera ottimale.
5. L’organizzazione dell’UPP prevede una attribuzione del funzionario al singolo magistrato o alla materia? Quali i vantaggi o le criticità della scelta organizzativa adottata?
(FALLARINO) Nella sezione alla quale sono assegnato è prevista l’attribuzione del funzionario al singolo magistrato anche se, da quando siamo entrati in servizio, molti colleghi hanno rassegnato le proprie dimissioni, avendo vinto altri concorsi. Attualmente, in sezione, la situazione è di due funzionari UPP su cinque magistrati.
La scelta di assegnare il funzionario al magistrato è, a mio avviso, una buona scelta organizzativa, consentendo di creare un rapporto di fiducia tra il primo e il secondo e dando l’opportunità al magistrato, col tempo, di assegnare incarichi di crescente responsabilità, certamente utili al conseguimento degli obiettivi che l’Ufficio per il Processo è chiamato a perseguire.
(GUIDA) L’organizzazione prevede un’attribuzione del funzionario al collegio giudicante, con possibilità di seguire anche le cause monocratiche dei singoli componenti. Il vantaggio è differenziare le materie trattate: a fronte di un’attribuzione collegiale limitata ai reati fallimentari, tributari e prevalentemente di reati contro il patrimonio (es. rapina), con i singoli giudici è possibile vedere anche altre fattispecie. Inoltre tale organizzazione permette di avere comunque un rapporto a tu per tu con il magistrato senza che diventi “esclusivo”: considerato che vi sono due o tre funzionari per collegio, si cerca di “ruotare” il giudice affiancato di volta in volta nelle cause monocratiche.
(PACIFICI) All’interno della mia sezione ci sono otto funzionari UPP assegnati ai tre collegi di cui essa è composta (nello specifico, tre al primo collegio, tre al secondo e due al terzo). Questa suddivisione presenta diversi vantaggi: rende più chiaro quale attività svolgere; permette l’istaurarsi di un rapporto più stretto con i magistrati che compongono il collegio; rende più agevole ed efficace la pianificazione dell’attività di supporto al magistrato.
(RAMOLINI) All’interno della nostra sezione siamo stati assegnati al singolo magistrato in via temporanea, è stata infatti prevista una rotazione periodica prima ogni sei mesi, ora ogni nove mesi. Poiché i funzionari UPP sono in numero minore rispetto ai magistrati della sezione, il vantaggio è che in questo modo con la rotazione possiamo fornire supporto a tutti; lo svantaggio è che ogni Giudice ha un diverso modo di organizzare il lavoro e assegna mansioni leggermente diverse a noi dell’UPP, quindi ogni cambio comporta un periodo iniziale di “adattamento” nel quale, inevitabilmente, siamo meno efficienti.
6. Le mansioni svolte si sono rivelate in linea con le tue aspettative?
(FALLARINO) Le mansioni svolte da quando ho preso servizio sono state ibride tra la cancelleria e l’ausilio ai giudici. Al di là delle propensioni personali, che mi portano a prediligere la parte giurisdizionale del mio ufficio, devo dire che tutti i compiti svolti in questi mesi sono stati in linea con le mie aspettative. È stato molto interessante imparare, affiancando i funzionari giudiziari della sezione, tutto quanto ciò che accade dopo la sentenza: dal suo deposito con le contestuali comunicazioni ex art. 548 c.p.p. alla preparazione di un fascicolo per l’impugnazione, fino all’attestazione dell’irrevocabilità. Accanto a questo, estremamente gratificante è l’attività di assistenza al magistrato che mi consente di mettermi continuamente alla prova e funge da impareggiabile supporto all’attività di studio personale.
(GUIDA) Sì, anche se mi aspettavo che i giudici facessero “maggiore affidamento” sulla figura dell’UPP, individuando i fascicoli di volta in volta “attribuibili” al funzionario per la redazione del provvedimento, per poter essere sgravato di una buona parte del proprio lavoro.
(PACIFICI) Assolutamente si.
(RAMOLINI) Sì, ho continuato a svolgere le mansioni che mi venivano già assegnate durante il tirocinio e si sono aggiunti alcuni compiti di supporto alla cancelleria, come mi aspettavo quando mi sono iscritta a questo concorso.
7. Quali sono state le maggiori criticità riscontrate nello svolgimento del lavoro?
(FALLARINO) Le maggiori criticità nel lavoro sono senza dubbio legate alla carenza di organico in ufficio, ciò sia per quanto riguarda la cancelleria – dove si è generato, nel tempo, un rilevante accumulo di arretrato – sia per quanto riguarda i magistrati – la sezione in cui presto servizio è sotto organico di un’unità da molto tempo e, a breve, rischia di scendere a due unità. Tale circostanza rende maggiormente difficoltoso lo svolgimento dell’incarico e il perseguimento delle finalità dell’UPP, in quanto costringe tutto l’ufficio a lavorare sull’emergenza e, soprattutto, a sopperire spesso e volentieri a criticità di altri settori dell’ufficio in un’ottica di collaborazione, con conseguente rallentamento, tuttavia, dell’attività precipua dell’UPP.
(GUIDA) In primis, quanto detto al punto precedente sul ricorso alla figura dell’UPP. Vi sono molte volte in cui è il funzionario a dover chiedere ai magistrati di ricevere dei fascicoli da studiare o di cui preparare qualche attività.
In secundis, il coordinamento con la cancelleria, individuando chiaramente la quantità (es. uno o più giorni alla settimana) e/o la qualità (in termini di mansioni) del lavoro da fare per la stessa.
Poi, la gestione dell’orario lavorativo e degli spazi: non c’è stato un orario definitivo sino a, praticamente, un mese abbondante dopo l’assunzione, né erano state individuate le stanze dove avremmo potuto svolgere la prestazione lavorativa. Ad alcuni colleghi sono stati “assegnati” come uffici delle stanze deputate alle camere di consiglio al piano -2, quando la sezione si trova al 3° piano.
(PACIFICI) Innanzitutto, la non paragonabilità della nostra figura a chi è assunto in pianta stabile nell’amministrazione. Non lo dico per lamentarmi del contratto a tempo determinato (sapevamo tutti fin dal bando di concorso la tipologia contrattuale) ma il non poter accedere ad alcuni benefici, ad esempio: (se non erro) il programma ministeriale PA 110elode, il non poter partecipare a bandi di formazione all’interno della PA (come ad esempio il recentissimo bando per lo scambio formativo con istituzioni europee o di altri Stati membri). Oltre ovviamente al problema del reperimento degli spazi all’interno di edifici spesso vecchi (problema che non riguarda la mia sezione, reputo comunque che doversi ritenere fortunati per avere una postazione personale e comoda all’interno di un ufficio dopo aver vinto un concorso pubblico sia assurdo).
(RAMOLINI): Inizialmente è stato difficile capire quali fossero le mansioni specificamente assegnate a noi dell’UPP e la divisione dei compiti con il personale della cancelleria, soprattutto con riferimento agli adempimenti post udienza che, allo stato attuale, non rientrano nelle nostre mansioni. Credo inoltre che la modalità organizzativa della rotazione di noi addetti UPP, seppur utile per la nostra formazione e per riuscire a fornire supporto a tutti i magistrati della sezione, sia meno efficiente rispetto ad una assegnazione fissa, in un’ottica di aumento della produttività che sarebbe più agevole da realizzare lavorando sempre con lo stesso metodo e con lo stesso Giudice di riferimento.
8. Si è avuta una generale percezione dei progressi organizzativi e operativi dell’ufficio di appartenenza?
(FALLARINO) Ritengo sia ancora un po’ presto per dirlo, sebbene si è dato recentemente atto in sezione di un generale miglioramento delle statistiche. In particolare, è stato possibile rilevare l’incremento apprezzabile delle definizioni dei processi con riferimento ai ruoli monocratici, che il Presidente della nostra sezione, nella relazione sull’amministrazione della giustizia del 2022, ha attribuito in parte anche all’avvento dell’UPP
Sono fiducioso che, se questo ufficio sarà mantenuto e rinforzato in futuro (davvero tante sono state già le defezioni, solo nella nostra sezione tre unità), il contributo al perseguimento degli obiettivi indicati dal P.N.R.R. potrà essere davvero rilevante.
(GUIDA): In parte sì, ad esempio dal momento in cui sono stati consegnati tutti i pc ed autorizzati gli UPP ad usare gli applicativi più importanti (ACT, SICP, SNT).
(PACIFICI) Sicuramente l’attività di supporto alla cancelleria ha permesso di alleggerire il carico di lavoro generale. Con riferimento alla funzione di supporto all’attività giudiziaria l’impressione è positiva ma non saprei dirlo con certezza in quanto il poco tempo trascorso non permette di avere un riscontro certo.
(RAMOLINI) Più che una generale percezione dei progressi organizzativi e operativi dell’intera sezione di appartenenza, ho notato dei miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e nella produttività dei singoli magistrati a cui ho fornito supporto in questi mesi. Complessivamente, comunque, credo che la redazione di una tabella excel per tutti i procedimenti sospesi per irreperibilità e per messa alla prova della sezione – il cui monitoraggio era prima rimesso ai singoli giudici – costituisca un significativo miglioramento dal punto di vista organizzativo.
L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (il Tribunale civile)
Intervista di Ernesto Aghina a Francesca Romana Carlone (Pescara), Alessia Nusca (Tivoli), Federica Puzzo (Marsala) e Filippo Rosasco (Genova)
Si conclude l’acquisizione delle valutazioni sulla funzionalità dell’Ufficio per il processo, ad un anno dal suo esordio operativo, offerte dai funzionari chiamati a comporlo.
Dopo le analisi dedicate alla Corte di Cassazione - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte di Cassazione) - alla Corte d’Appello civile - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte d’Appello civile) - e alla Corte d’Appello penale - L’Ufficio per il processo: la parola ai funzionari (la Corte d’Appello penale), vengono in rilievo ora le opinioni espresse dai componenti degli U.P.P. costituiti presso gli uffici giudiziari di primo grado.
L’UPP si evidenzia nella sua peculiare importanza nel settore civile dei Tribunali, specie in considerazione degli ambiziosi obiettivi imposti dal P.N.R.R., ed è per questo che assumono particolare interesse le valutazioni operate da chi è protagonista di un modello organizzativo che rinviene la sua origine proprio nel settore civile del Tribunale.
I funzionari intervistati (la dott.ssa Francesca Romana Carlone per il Tribunale di Pescara, la dott.ssa Alessia Nusca per il Tribunale di Tivoli, la dott.ssa Federica Puzzo per il Tribunale di Marsala e il dott. Filippo Rosasco per il Tribunale di Genova), costituiscono un campione geograficamente articolato ed offrono significative indicazioni sull’assetto dell’UPP in un settore dove risulta impegnata la percentuale prevalente dei funzionari destinati agli uffici di primo grado.
Resta confermata, dalle diversità delle risposte concernenti l’assetto organizzativo dei vari UPP, come nei Tribunali non sia attivo un unico modulo operativo, ma si confrontino una pluralità di “uffici” per il processo, modellati secondo esigenze diversificate.
Così ad esempio si registrano difformità (anche sensibili) nella ripartizione dell’attività tra supporto ai servizi amministrativi ed ai giudici; nella partecipazione ( o meno) alle udienze; e allo svolgimento di attività “da remoto” (può essere utile evidenziare a tale proposito che la rilevazione operata dal ministero al 30.6.2022 indica l’impiego di funzionari dell’ UPP in lavoro agile nel 43% dei Tribunali).
Risulta invece costante il collegamento diretto del funzionario al singolo magistrato, evidenziando un modello collaborativo per certi verso analogo a quello sperimentato sin qui per i tirocinanti ex art. 73 del d.l. n. 69/2013, nonostante le circolari ministeriali abbiano costantemente rimarcato la distinzione tra “ufficio per il processo” e “ufficio del giudice”.
Analogamente risulta ribadita in modo unanime la soddisfazione dei funzionari per le attività svolte, indicate come corrispondenti alle aspettative, avvalorando un riscontro che va messo senz’altro all’attivo dell’esordio operativo dell’ UPP
Quanto invece alla criticità, oltre a quelle (generalmente avvertite in quasi tutti gli uffici), relative all’inserimento iniziale dei funzionari all’interno degli uffici giudiziari, ascrivibili anche a difficoltà di “adattamento”, sia di ordine logistico che relazionale, ed al contemperamento tra mansioni molto diverse tra loro, emergono problematicità legate allo status dei funzionari e (conseguentemente) alla loro migrazione verso impieghi più stabili.
Come ampiamente prevedibile, la precarietà intrinseca all’inserimento nell’ UPP viene evidenziata come limite all’impegno e, soprattutto, incentivo alla partecipazione ad altri concorsi.
Da tanto deriva un progressivo depauperamento degli organici degli Uffici per il processo che, già significativo in alcune aree geografiche, è inevitabilmente destinato ad aggravarsi, una volta esaurito il già intervenuto scorrimento delle graduatorie degli idonei, anche nei distretti provvisti del maggior numero di aspiranti.
A tanto va aggiunto l’imminente concorso per l’accesso alla magistratura, “meta” agognata da molti funzionari, che si somma a non poche selezioni per l’accesso alla P.A. che, indipendentemente dalle suggestioni delle singole attività, risultano inevitabilmente caratterizzati da una stabilità di impiego che l’UPP non può (allo stato) garantire.
Forse la costante diminuzione delle risorse umane può costituire la maggiore criticità per il supporto garantito dall’UPP, non risultando realistico che possano supplire a questa carenza i g.o.p. in via di inserimento nei Tribunali, componenti dell’UPP nel primo biennio di attività, ma generalmente utilizzati nei compiti delegati dal giudice (specie nel settore civile), nei limiti previsti dall’art.10 del d.lgs.vo n. 116/2017.
Più in generale, per una iniziale verifica dell’attività degli UPPP., si segnala l’analisi operata dall’ A.N,M. (se pure relativa ad un campione ridotto di distretti), in occasione del recente congresso nazionale, e consultabile sul sito web: Microsoft PowerPoint - Presentazione_UPP_XIV_CommissioneANM _ 6.1.pptx (associazionemagistrati.it) .
Dal monitoraggio operato (ed in via di aggiornamento), sono ricavabili alcuni dati comunque significativi:
- la percentuale di scopertura dei funzionari dell’UPP (al settembre 2022) era già al 25% (con dati anche molto maggiori nei distretti di Genova, Trento e Venezia);
- il numero dei funzionari degli UPP operanti nel settore civile è pari al 58% del totale;
- solo nel 56% dei casi si dà atto della previsione di un controllo periodico (generalmente trimestrale) della performance;
- il 79% dei dirigenti degli uffici rispondenti ha rilevato come maggiore criticità del funzionamento degli UPP la carenza di organico del personale amministrativo.
Il completamento della ricognizione statistica potrà offrire ulteriori ed interessanti elementi di valutazione del primo anno di operatività dell’UPP cd. “recovery”, in attesa dei dati relativi allo smaltimento dell’arretrato e riduzione del disposition time, al dicembre 2022.
1. La formazione iniziale è risultata coerente rispetto alle attività da svolgere?
(CARLONE) Occorre distinguere le attività formative tra quelle che riguardano le attività di supporto al magistrato e quelle che si riferiscono alle attività di supporto alla cancelleria: in merito alle prime, la formazione è stata svolta principalmente attraverso l’affiancamento al magistrato (v. utilizzo di Consolle del magistrato) e la partecipazione all’udienza, nonché attraverso la partecipazione a webinar e a corsi offerti dal Ministero della Giustizia; con riguardo alle seconde, la formazione è stata offerta dal personale amministrativo attraverso l’affiancamento nello svolgimento delle attività di lavorazione dei fascicoli e, in particolare, nell’utilizzo degli applicativi (SICID, SIAMM, SIECIC), di scarico dei provvedimenti dei giudici e di preparazione dell’udienza.
La formazione iniziale risulta tendenzialmente coerente rispetto agli odierni incombenti degli Addetti UPP.
(NUSCA) La formazione iniziale predisposta dal Ministero ha riguardato per lo più la gestione operativa dei fascicoli telematici con riferimento all’utilizzo degli applicativi informatici.
Tuttavia, ciò che ha contribuito maggiormente alla formazione è stato l’aiuto fornito dal personale della cancelleria nonché dai magistrati, i quali, sono stati necessariamente coinvolti in via diretta nella formazione del funzionario assegnatogli.
(PUZZO) Sì, la formazione iniziale è risultata complessivamente coerente rispetto alle attività oggi svolte dagli addetti UPP, in particolar modo quella pianificata dal Tribunale.
Durante i primi mesi di servizio, infatti, ogni sezione ha organizzato alcuni cicli di incontri con gli addetti per fornire adeguata formazione sulle principali tipologie di provvedimenti che gli stessi sarebbero poi stati chiamati a redigere.
Con riferimento alla sezione civile, si è trattato in particolare di incontri volti ad illustrare la più recente giurisprudenza in materia di diritto di famiglia, le modalità ed i processi logico-giuridici preposti all’accoglimento o al rigetto dei mezzi istruttori, le tecniche redazionali dei principali provvedimenti (sentenze, ordinanze, verbali) nonché di incontri approfonditi sul tema del patrocinio a spese dello Stato.
È stata poi creata una banca dati interna alla sezione corredata da molteplici precedenti forniti dai singoli magistrati.
Un incontro formativo è stato poi riservato per illustrare le modalità di scarico e comunicazione dei provvedimenti del giudice.
Quanto alle restanti attività di cancelleria (scarico dell’udienza, gestione del ruolo, conoscenza approfondita del SICID), la formazione degli addetti è avvenuta nel corso dei mesi mediante il costante supporto dei funzionari, cancellieri e operatori già in servizio presso le cancellerie di riferimento.
(ROSASCO) Sì; per quanto riguarda la formazione generale sono stati messi a disposizione dei corsi per l’utilizzo degli applicativi informatici. L’ulteriore attività di formazione è stata svolta direttamente dalle singole sezioni. Ad esempio, per quanto riguarda la sezione Lavoro, è stata fornita la formazione necessaria per la gestione dei fascicoli di accertamento tecnico preventivo.
2. Quale il rapporto percentuale tra attività di supporto alla cancelleria e ai giudici?
(CARLONE) 40 (supporto alla cancelleria) - 60 (supporto al giudice).
(NUSCA) Se pur formalmente l’attività di cancelleria dovrebbe estrinsecarsi nei termini del 25%, inevitabilmente, anche al fine di coadiuvare il magistrato e di sopperire ad eventuali mancanze e/o assenze di organico, la stessa viene svolta in misura superiore (che può stimarsi nel 40%).
(PUZZO) Il rapporto percentuale tra i due tipi di attività varia molto a seconda del settore specifico cui l’addetto è preposto.
Con riferimento alla sezione lavoro, infatti, il rapporto è equo e gli addetti si occupano in egual misura delle attività relative alla redazione di bozze ed a quelle di cancelleria.
Lo stesso equilibrio, poi, si rinviene nel settore delle esecuzioni e fallimenti.
Con riferimento al contenzioso ordinario, invece, gli addetti si occupano prevalentemente del supporto alla redazione di bozze per il giudice e l’attività di cancelleria risulta residuale, attestandosi circa nel 30% del lavoro complessivamente svolto dai funzionari ivi assegnati.
Complessivamente, pertanto, la ripartizione delle attività è equilibrata pur risultando comunque prevalente la funzione di supporto al giudice.
(ROSASCO) In linea generale, almeno per quanto riguarda le sezioni civili, si registra la tendenza a ripartire l’attività dei Funzionari UPP dando prevalenza al supporto ai giudici, ferma restando l’attribuzione di alcune mansioni di cancelleria.
Indicativamente, si potrebbe dunque stimare un rapporto percentuale del 70% di lavoro di supporto ai magistrati e del 30% alla cancelleria.
3. Quali compiti ti sono concretamente attribuiti nella collaborazione all’attività giudiziaria? Partecipi all’udienza?
(CARLONE) Con riferimento alle attività di supporto al magistrato:
assistenza in udienza (una volta a settimana) e redazione dei verbali su Consolle del Magistrato; redazione di bozze di provvedimenti interlocutori (ordinanze); redazione di abstract e massime di provvedimenti al fine della compilazione della banca dati; ricerche giurisprudenziali; redazione di bozze di provvedimenti decisori (sentenze); supporto informatico al magistrato affidatario;
(in alcuni casi anche aggiornamento e implementazione di modelli di redazione di provvedimenti e di punti di motivazione su Consolle del Magistrato; verifica settimanale delle pendenze ordinarie sul ruolo del magistrato; analisi quotidiana dei flussi delle sopravvenienze e delle udienze sul ruolo su Consolle del magistrato e proposte di soluzioni organizzative per la migliore gestione del medesimo; supporto nella formazione di calendari del processo e nel deposito dei provvedimenti).
Con riferimento alle attività di supporto della cancelleria:
preparazione della stampa del ruolo dell’udienza del giudice e del GOP in affiancamento (una volta a settimana); scarico dei verbali di udienza del giudice e del GOP in affiancamento (una volta a settimana) con relativi adempimenti (notifiche, acquisizione fascicoli di primo grado o cautelari); deposito di tutti i provvedimenti fuori udienza (decreti, ordinanze) del magistrato affidatario e del GOP in affiancamento e successivi adempimenti (notifiche); pubblicazione delle sentenze del magistrato affidatario e del GOP in affiancamento e successivi adempimenti (notifiche, trasmissione Agenzia delle Entrate, richiesta C.U.), movimentazione dei fascicoli cartacei per cause in riserva e in decisione nonché su richiesta del giudice.
Attività occasionalmente svolte:
interlocuzione diretta con CTU e professionisti per questioni attinenti al ruolo; assistenza in udienza collegiale (una volta ogni nove udienze) e redazione dei verbali su Consolle del Magistrato; scarico dei verbali dell’udienza collegiale (una volta ogni nove udienze) e successivi adempimenti (notifiche, invio Pec, richiesta documentazione); esame preliminare dei fascicoli relativi all’udienza del magistrato assegnatario ai fini della verifica dei requisiti formali per l’invio in mediazione delegata e successiva redazione di ordinanze di invio delle parti in mediazione delegata; partecipazione alle riunioni previste per i magistrati ed i GOP ai fini di cui all’art. 47 quater dell’O.G. e del punto 101.2 della circolare CT 1052/2020.
Con riguardo alle mansioni dell’Addetto UPP assegnato al 50% all’Ufficio del Processo – Affari generali e amministrativi:
attività trasversale di rilevazione e monitoraggio dei flussi di lavoro negli Uffici del processo civile (i.e. compilazione di fogli excel a cadenza settimanale con dati forniti dagli addetti UPP in relazione alle attività svolte); collaborazione con il Dirigente amministrativo e con i Direttori responsabili per i servizi trasversali di rilevazione e monitoraggio delle attività lavorative degli UPP.
(NUSCA) L’attività che principalmente svolgo per il magistrato riguarda lo studio dei fascicoli, con particolare attenzione alle questioni giuridiche rilevanti e all’individuazione della normativa applicabile, effettuando le ricerche giurisprudenziali inerenti le tematiche trattate e occupandomi della predisposizione di bozze di sentenze e provvedimenti.
Spesso mi occupo dello studio dei fascicoli in prima udienza così da facilitare il magistrato nell’individuazione dei fatti e delle questioni di diritto rilevanti, in tal modo permettendo allo stesso una più facile e veloce trattazione dell’udienza anche con riferimento alla fase istruttoria.
Periodicamente segnalo le istanze e i fascicoli più urgenti sui quali il magistrato deve pronunciarsi. Controllo gli eventuali atti pervenuti dai difensori, CTU e parti, ovvero tutto quanto è necessario al fine di garantire lo svolgimento dell’udienza.
Personalmente non partecipo alle udienze, ma alcuni miei colleghi svolgono detta attività, anche redigendo i verbali di causa.
(PUZZO) I compiti attributi agli addetti UPP, pur essendo complessivamente simili, variano in base al giudice con il quale ognuno di essi è chiamato a collaborare.
Nel mio caso il compito principale è certamente quello relativo alla redazione di bozze di provvedimenti semplici o talvolta, in base alle necessità del giudice, anche più complessi.
Si tratta, nella maggior parte dei casi, di provvedimenti definitori, di ordinanze volte ad ammettere i mezzi di prova richiesti dalle parti e – talvolta – dei verbali delle udienze che si tengono mediante la modalità di trattazione scritta.
Oltre alla redazione di bozze per il giudice, sono preposta allo scarico dei provvedimenti definitori da quest’ultimo depositati ed altresì allo scarico dei singoli verbali di udienza.
Quanto poi alle attività relative al momento immediatamente successivo all’udienza, mi occupo principalmente di verificare il corretto smistamento dei fascicoli rinviati, di quelli in riserva e di quelli che il giudice ha preso in decisione.
Infine, partecipo a tutte le udienze tenute dal giudice ed ho il compito di gestire il ruolo, di verificare il deposito e l’accettazione degli atti di parte qualora questi non siano immediatamente visibili al giudice nonché dell’attività di verbalizzazione quando in udienza sono presenti dei minori, così che il giudice possa avere con gli stessi un rapporto più diretto e non debba interrompere l’audizione per la trascrizione del contenuto delle dichiarazioni.
(ROSASCO) Nel lavoro di supporto ai giudici, le attività principali riguardano: la redazione di bozze di provvedimenti; lo studio dei fascicoli, con eventuale stesura della “scheda del processo” (ovvero di un documento di sintesi del fascicolo, delle questioni principali e delle risultanze istruttorie); ricerche giurisprudenziali, anche con riferimento alla ricerca di precedenti della sezione su determinate questioni.
Per quanto riguarda la verbalizzazione, rimane un’attività tendenzialmente residuale e sporadica.
4. Lo smart-working è utilizzato? Se sì, in che rilievo? E’ stato utile? E che tipo di attività è stata assegnata?
(CARLONE) Non è utilizzato.
(NUSCA) Per diversi mesi è stato stipulato uno specifico accordo interno, oggi revocato, per lo svolgimento delle mansioni con modalità agile per un giorno a settimana, durante il quale veniva svolta prevalentemente attività di ausilio al magistrato.
Ogni mese i funzionari predisponevano un report contenete l’attività espletata durante i giorni di smart- working.
Ritengo che l’utilizzo dello smart- working, tenuto conto della tipologia delle mansioni assegnate ai funzionari Upp, sia non solo utile, ma necessario, a fronte del contesto in cui siamo tenuti a lavorare, caratterizzato dalla mancanza di spazi e di postazioni fisse che garantiscano la possibilità di una adeguata concentrazione.
(PUZZO) Lo smart-working è utilizzato per tutti gli addetti della sezione civile. Le giornate di smart-working variano in base al singolo addetto e tale modalità risulta essere funzionale soprattutto per la redazione delle bozze più complicate, per le quali è necessario un elevato grado di concentrazione e approfondimento.
Durante le giornate destinate allo smart-working i singoli addetti sono chiamati a monitorare il proprio lavoro ed a consegnare, entro la prima settimana del mese successivo, l’elenco puntuale di tutte le attività svolte nell’ambito di tale modalità lavorativa.
(ROSASCO) Lo smart-working relativamente alla nostra figura ha trovato scarsa applicazione, pur restando uno strumento utile e in effetti utilizzato, per gli addetti con particolari esigenze personali e familiari.
L’attività assegnata in smart-working è simile a quella svolta in ufficio (studio dei fascicoli; stesura di provvedimenti; redazione di schede del processo). Dalle attività svolte in smart-working restano tendenzialmente escluse le mansioni di cancelleria.
5. L’organizzazione dell’UPP prevede una attribuzione del funzionario al singolo magistrato o alla materia? Quali i vantaggi o le criticità della scelta organizzativa adottata?
(CARLONE) L’organizzazione dell’UPP prevede una attribuzione del funzionario al singolo magistrato e non per materia, anche in considerazione della dimensione del Tribunale. Tale forma di organizzazione appare adeguata ai caratteri delle mansioni svolte in quanto consente di creare un rapporto personale con il magistrato affidatario, assorbendone le modalità di redazione dei provvedimenti e di gestione del ruolo, che favorisce anche un più rapido ed efficiente svolgimento delle attività di cancelleria di cui l’addetto si occupa.
(NUSCA) Nella sezione Lavoro ogni funzionario UPP è stato assegnato ad un singolo magistrato.
Ritengo che tale attribuzione non determini alcuna criticità e che sia la scelta più corretta in quanto ha permesso al funzionario di calibrare il proprio lavoro in funzione delle peculiari necessità del singolo magistrato.
(PUZZO) L’organizzazione dell’UPP prevede l’attribuzione del funzionario al singolo magistrato o ad un numero massimo di due magistrati.
Il vantaggio di tale scelta organizzativa risiede soprattutto nella conoscenza approfondita che ogni singolo addetto ha acquisito rispetto al ruolo del giudice cui è affiancato, delle modalità organizzative di quest’ultimo ed anche dello stile redazionale utilizzato per la stesura dei provvedimenti.
Non trascurabile, inoltre, è la formazione giuridica acquisita progressivamente da ogni singolo addetto, derivante dalla collaborazione con magistrati che si occupano stabilmente di tutto il settore del contenzioso ordinario.
Le criticità riscontrate non sono tanto relative alla modalità organizzativa adottata quanto piuttosto alla circostanza che, nel corso dei mesi, il numero degli addetti è diventato più esiguo ed è ancora destinato a diminuire così che potrebbe rendersi necessaria l’attribuzione di un singolo addetto a più magistrati per poter garantire che ognuno di essi possa avvalersi della collaborazione – seppur ridotta – di un funzionario.
(ROSASCO) La scelta adottata è stata quella di assegnare i funzionari ad un singolo giudice oppure, in alcune sezioni, a due o più giudici.
Il vantaggio di tale decisione rispetto a quella di assegnare i funzionari alla gestione di determinate materie consiste in un miglior coordinamento rispetto all’organizzazione del lavoro dei singoli magistrati, ferma restando la possibilità di questi ultimi di assegnare all’addetto UPP lo studio di determinate materie, com’è accaduto spesso.
6. Le mansioni svolte si sono rivelate in linea con le tue aspettative?
(CARLONE) L’iniziale poca chiarezza dell’attribuzione dei compiti assegnati riscontrabile nella creazione della figura dell’addetto UPP non ha consentito di orientare concretamente le proprie aspettative. Più in generale, si può ritenere che l’idea prevalente fosse quella di incarnare il ruolo di assistente del magistrato, poi effettivamente svolto, sebbene in concorso con le attività di supporto alla cancelleria.
(NUSCA) Si. Ritengo che le mansioni che sono stata chiamata a svolgere siano sostanzialmente in linea con le mie aspettative.
(PUZZO) Sì, complessivamente le mansioni si sono rivelate in linea con le mie aspettative.
(ROSASCO) Sì, in linea con le aspettative, risultando spesso le attività assegnate utili ai fini della formazione del funzionario.
7. Quali sono state le maggiori criticità riscontrate nello svolgimento del lavoro?
(CARLONE) In primo luogo, deve osservarsi che la principale criticità che gli addetti rilevano è l’incertezza del futuro lavorativo. È fonte di turbamento tanto da invogliare i funzionari a partecipare ad altri concorsi che permettono di ottenere prospettive future più stabili e, di conseguenza, privano di risorse l’ufficio, compromettendo il regolare svolgimento delle attività e imponendo una riorganizzazione continua delle mansioni affidate.
Inoltre, emerge una generale criticità a livello informatico data la penuria di supporto tecnico nel Tribunale, seppur persista la consapevolezza che il problema ha natura endemica.
(NUSCA) La maggiore criticità riscontrata è l’assenza di una postazione fissa di lavoro che permetta una adeguata concentrazione. L’ampiamento della pianta organica ha determinato una difficoltà nella gestione degli spazi e ciò ha comportato che spesso il funzionario, pur dovendo svolgere l’attività di redazione di provvedimenti per il magistrato, è costretto a lavorare all’interno della cancelleria che presuppone il ricevimento del pubblico e che pertanto non può ritenersi appropriata a tal fine.
Inoltre, la mancanza di strumenti adeguati rende spesso difficoltoso lo svolgimento dell’attività lavorativa.
(PUZZO) Indubbiamente il momento complessivamente più critico è stato quello dell’iniziale inserimento dei funzionari addetti all’UPP all’interno dell’organizzazione lavorativa del Tribunale.
È stato necessario, infatti, imparare a raccordarsi con le cancellerie, comprendere le esigenze del magistrato di riferimento e gestire lo svolgimento delle mansioni demandate ai funzionari creando il giusto equilibrio tra le attività di raccordo con la cancelleria e quella di ausilio alla redazione dei provvedimenti del magistrato.
(ROSASCO) Le criticità maggiori si sono incontrate nella fase iniziale del rapporto di lavoro, stante la difficoltà iniziale di comprendere quale sarebbe stato il ruolo dell’UPP, soprattutto con riguardo alla ripartizione tra lavoro di cancelleria e di supporto ai magistrati.
8. Si è avuta una generale percezione dei progressi organizzativi e operativi dell’ufficio di appartenenza? Quale il criterio di verifica dell’attività svolta dall’UPP?
(CARLONE) È stato percepito a livello generale un progresso nella gestione operativa dell’Ufficio, in particolare nel miglioramento dell’attività di raccordo tra i magistrati e il personale di cancelleria. La presenza degli Addetti UPP ha consentito altresì l’abbattimento dell’arretrato nelle attività di cancelleria nonché un sostanziale supporto al magistrato nella produzione dei provvedimenti.
Allo scopo di verificare l’attività svolta dall’UPP è stato realizzato un sistema di monitoraggio quantitativo su base settimanale; più nello specifico, ogni addetto UPP del settore civile compila un modulo online in cui inserisce il valore numero delle attività svolte, sia con riferimento a quelle di supporto al magistrato (es. bozze di sentenze, ordinanze e decreti) sia in relazione a quelle propriamente di cancelleria (es. scarico verbali, provvedimenti fuori udienza, presenza in udienza).
(NUSCA) Sicuramente l’apporto degli UPP ha migliorato sia in termini qualitativi che quantitativi l’operatività del Tribunale con una notevole riduzione dell’arretrato relativo sia a procedimenti penali che civili.
La verifica dell’attività svolta dai funzionari viene fatta attraverso le valutazioni dei magistrati e del funzionario responsabile della cancelleria.
(PUZZO) Con riguardo ai progressi organizzativi e operativi relativi al settore civile, occorre precisare che l’apporto degli addetti all’UPP varia a seconda della materia specificatamente trattata.
I risultati più evidenti e maggiormente apprezzabili sono sicuramente stati raggiunti nel settore del diritto del lavoro, in virtù della serialità dei provvedimenti da redigere.
Quanto al settore del contenzioso ordinario, invece, si è registrato un complessivo miglioramento con riguardo all’organizzazione del ruolo dei singoli giudici, del controllo del fascicolo e del monitoraggio delle istanze ma, sotto il profilo della produttività e quindi del numero complessivo di provvedimenti redatti, il risultato è alquanto modesto, forse proprio in ragione della complessità dei singoli provvedimenti e dell’eterogeneità delle materie trattate.
Per ciò che concerne il criterio dell’attività svolta dall’UPP, oltre al monitoraggio del lavoro svolto in smart-working, ogni addetto è chiamato a compilare una tabella mensile in cui elencare tutte le bozze di provvedimenti redatti (con relativo numero di ruolo del fascicolo e data di pubblicazione da parte del giudice del provvedimento redatto). All’interno della tabella di monitoraggio, poi, deve essere elencato il numero di udienze alle quali l’addetto ha partecipato, le bozze di atti diversi dai provvedimenti definitori o di ammissione dei mezzi di prova (ad esempio schede del processo, provvedimenti di liquidazione dei consulenti tecnici d’ufficio, provvedimenti di liquidazione o revoca del patrocinio a spese dello Stato) nonché tutte le altre attività – anche di cancelleria – relative ai singoli fascicoli lavorati dall’addetto UPP
(ROSASCO) Sì. Al di là delle percezioni individuali, il criterio di verifica dei progressi che presenta un maggior grado di oggettività è quello statistico. In molte sezioni si registra infatti un maggior numero di cause definite rispetto all’anno precedente all’assunzione dei funzionari UPP.
9. In che misura percentuale si rilevano attualmente scoperture nell’organico dell’UPP presso il tuo Tribunale?
(CARLONE) 8%, mancano attualmente due Addetti UPP.
(NUSCA) Attualmente credo che vi sia una scopertura del 20% dell’organico.
(PUZZO) Al momento attuale sono in servizio 19 funzionari addetti all’UPP a fronte dei 26 assegnati al Tribunale di Marsala, quindi la percentuale di scopertura è del 17%.
A ciò va poi aggiunto che un singolo addetto si trova in congedo per maternità e sono previste, per il mese di aprile, le dimissioni di un altro funzionario che inizierà a lavorare presso un’altra amministrazione con contratto a tempo indeterminato.
(ROSASCO) So che non vi è una copertura totale dei posti messi a disposizione presso il Tribunale di Genova; tuttavia, non saprei indicare la percentuale dei posti attualmente scoperti.
Abusi edilizi e criterio della vicinitas. L’interesse al ricorso del terzo avverso provvedimenti edilizi tra prerogative proprietarie e tutela dell’interesse legittimo (Cons. St., Sez. II, 17 ottobre 2022 n. 8841)
di Maria Grazia Della Scala
Sommario: 1. La vicenda. L’abuso edilizio e il controverso interesse al ricorso del terzo. – 2. Il requisito della vicinitas tra legittimazione al ricorso e interesse ad agire. – 3. La rinunzia all’azione. – 4. L’azione di annullamento come azione risarcitoria. – 5 La pretesa compensatio lucri cum damnocome criterio di determinazione delle condizioni dell’azione. – 6. La dimensione sostanziale dell’interesse legittimo.
1. La vicenda. L’abuso edilizio e il controverso interesse al ricorso del terzo.
La recente pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 8841/2022, torna ad occuparsi dell’annoso tema dell’interesse al ricorso in capo al terzo avverso decisioni dell’amministrazione in materia urbanistico-edilizia, riguardando il caso, apparentemente semplice nell’ambito delle teorizzazioni sul requisito della vicinitas, di ricorso proposto dal proprietario confinante, oltre che comproprietario della parte comune interessata dall’intervento edilizio. Nega tuttavia tale interesse, con riflessioni dense d’interesse.
La vicenda in esame prende le mosse dalla realizzazione da parte di un proprietario - condomino di un intervento edilizio in una porzione di sottotetto di proprietà comune, consistente in un bagno, un disbrigo, due ripostigli e una scala di collegamento interna con il suo appartamento sottostante; tale intervento in parte sovrastava l’appartamento di altra condomina, la quale segnalava al Comune l’abusività delle opere, sollecitando l’esercizio dei relativi poteri sanzionatori.
Il Comune ordinava all’autore la rimessione in pristino dei luoghi stante l’assenza di titolo abilitativo per l’intervento realizzato; successivamente, gli negava la concessione in sanatoria, per carenza di un idoneo titolo di proprietà (con decisione non censurata dal TRGA di Trento: sent. n. 361/2014). A seguito di ulteriori due provvedimenti di diniego di concessione in sanatoria, il Comune ordinava nuovamente, a distanza di circa nove anni dalla precedente ordinanza, la rimozione delle opere realizzate qualificandole come “consistenti in occupazione con cambio di destinazione d’uso di una porzione di sottotetto condominiale…”. Tale provvedimento, diversamente dal precedente, richiamando un parere della Commissione edilizia che non ravvisava contrasto con rilevanti interessi urbanistici, consentiva, in alternativa alla rimessione in pristino, la fiscalizzazione dell’abuso.
Tale ultimo atto veniva impugnato dall’interessata, deducendosi violazione dell’art.129, commi 1, 3 e 5 della legge provinciale n. 1/2008, la quale, a fronte di nuove opere realizzate in assenza di titolo abilitativo, non consentono l’applicazione della sanzione pecuniaria[1].
Il giudice di prime cure respingeva l’eccezione di inammissibilità avanzata dal Comune resistente e dal controinteressato per la carenza di legittimazione e/o di interesse al ricorso, motivando ampiamente in relazione alla sussistenza delle condizioni dell’azione.
Riconosceva pacifica la legittimazione al ricorso in ragione della vicinitas, non reputandosi revocabile in dubbio la sussistenza di quella posizione particolarmente “qualificata e differenziata (avente consistenza di interesse legittimo), correlata al bene della vita oggetto di esercizio del pubblico potere, idonea a distinguere il ricorrente da ogni altro consociato” (richiamando Cons. St., ad plen. n.3/2022). D’altra parte, aderendo alla teorica distinzione tra legittimazione e interesse al ricorso, ammetteva che la situazione di fatto idonea a radicare la legittimazione consentisse, nel caso di specie, di ricavarvi parimenti quel vulnus che fonda l’interesse all’azione.
L’individuazione dell’attualità e concretezza della lesione della situazione giuridica soggettiva non veniva considerata, nel caso di specie, esclusa dal risarcimento già ottenuto dalla ricorrente in sede civile. Osservava il giudice di primo grado, anzitutto, come si fosse trattato di una soddisfazione solo parziale, commisurata alla diminuzione di valore di mercato dell’immobile di proprietà dell’interessata in ragione dell’abuso, oltre al riconoscimento di una esigua somma per crepe e fessurazioni determinate dal maggior carico edilizio. Nessun ristoro – che sarebbe stato di ben altra consistenza – la medesima aveva ottenuto quale comproprietaria dell’area occupata dalle nuove opere. Il giudice civile non aveva invero deciso sulla domanda di ordine di rimessione in pristino stante la proprietà condominiale, e non sua esclusiva, delle porzioni di sottotetto interessate dall’intervento.
Rileva soprattutto come il TAR abbia riconosciuto l’interesse ad agire della ricorrente per la rimozione dell’atto amministrativo altresì considerando quest’ultima eterogenea rispetto ai rapporti civilistici conosciuti dal giudice ordinario. Il ricorso veniva quindi ritenuto fondato nel merito.
La decisione di appello ribalta la sentenza di primo grado, accogliendo il motivo dedotto di erroneità della pronuncia in ordine all’ammissibilità del ricorso. Comune al giudice di prime cure è l’idea della necessaria distinzione tra le condizioni dell’azione, ammettendosi in ragione della vicinitas l’immediatezza del riconoscimento della legittimazione ad agire in capo al proprietario confinante, laddove l’interesse al ricorso è identificato con lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento e di cui il terzo invocava la rimozione attraverso gli effetti ripristinatori e conformativi del giudicato di annullamento.
Nel caso in esame il Consiglio di Stato ritiene non configurarsi tale interesse, osservando che la ricorrente in primo grado avrebbe già ottenuto il risarcimento del danno derivante dalle opere realizzate; che tale risarcimento avrebbe conseguito sul presupposto della conservazione delle opere, implicitamente consentendola per il fatto stesso di aver accettato il risarcimento; che il risultato ultimo cui aspirerebbe l’interessata sarebbe dunque il cumulo tra “il già conseguito risarcimento per equivalente e il risarcimento in forma specifica mediante riduzione in pristino”, da negare al fine di scongiurare che il dualismo delle giurisdizioni si risolva in uno “strumento di locupletazione” volto a ottenere ciò che è precluso in un’unica azione, ovvero appunto la sommatoria di risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente.
Si osserva che il giudice di primo grado avrebbe pretermesso la dimensione sostanziale dell’interesse legittimo, comune al diritto soggettivo, e non riducibile a interesse alla legittimità dell’azione amministrativa.
2. Il requisito della vicinitas tra legittimazione al ricorso e interesse ad agire.
Nessuna questione problematica pone anzitutto la considerazione, condivisa dai giudici dei due gradi, circa la sussistenza in capo all’interessata della legittimazione al ricorso in ragione della titolarità di un di un interesse legittimo asseritamente leso, stante il requisito della vicinitas; soluzione che appare anzi lapalissiana a fronte non solo della contiguità spaziale - anzi adiacenza - tra opere abusive e proprietà dell’interessata, ma anche della comproprietà dell’area riguardata dall’intervento. E’ noto come la vicinitas, quale criterio di individuazione di una situazione giuridica soggettiva idonea a legittimare l’azione davanti al giudice amministrativo, sia andata nel tempo dilatandosi, incrementando le possibilità di tutela avverso atti amministrativi, in genere ampliativi, destinati a produrre i propri effetti tipici nella sfera giuridica altrui[2]. La negazione della legittimazione del terzo[3] appariva invero inadeguata sia a frenare la deturpazione del territorio dovuta a illegittimità diffusa, sia a proteggere interessi che, per la relativa consistenza, non pareva potessero essere ritenuti estranei alla considerazione da parte dell’ordinamento. La successiva estensione a una platea progressivamente più ampia di individui - in ragione della “prossimità del sito” prescelto per la realizzazione dell’intervento o dello “stabile o significativo collegamento con l’insediamento abitativo”, con il contesto territoriale nel quale si realizzava l’intervento - era la risposta più immediata all’audace previsione del legislatore del 1967 che con la l. n. 765 (art. 10), di modifica dell’art.31 della L.U. n. 1150/1942, aveva attribuito a “chiunque” la possibilità di ricorrere avverso titoli edilizi illegittimi. Tale soluzione interpretativa[4], volta a scongiurare l’affermarsi di quell’azione popolare[5] che sarebbe stata idonea a far lievitare il contenzioso e che era percepita come incoerente con la giurisdizione di tipo soggettivo propria del giudice amministrativo, non era tuttavia condivisa da unanime dottrina[6]. Voci autorevoli intendevano la norma di legge piuttosto in modo aderente alla sua lettera, sia pur circoscrivendone la portata secondo ragionevolezza[7], come manifesta e aspirata intenzione di reprimere efficacemente, appunto, il dilagante abusivismo e le non rare illegittimità amministrative[8].
La legittimazione comunque così conformata dal giudice amministrativo quale dilatazione dell’interesse legittimo, tende ad assorbire interessi una volta considerati diffusi[9], in tendenziale corrispondenza con il progressivo incremento degli interessi individuali protetti dall’ordinamento[10]. Si produce così il suo sviluppo: dalle impugnazioni di titoli edilizi a quelle di strumenti urbanistici[11], di atti di localizzazione di opere pubbliche, discariche di rifiuti, stazioni radio, ecc., infine di autorizzazioni commerciali e abilitanti l’esercizio di attività economiche, traducendosi la vicinitas nell’appartenenza al “bacino di utenza”, ovvero nel riferimento alla zona in cui l’impresa trae il proprio profitto[12].
Si è dunque finito per affidare alla vicinitas il ruolo di criterio generale di selezione delle situazioni soggettive tutelate in ogni caso in cui appaiono assumere rilievo, ai fini della differenziazione dell’interesse individuale, profili geografico-spaziali[13]; il che trova particolare conferma nella indifferenza palesata dalla giurisprudenza all’avvenuta abrogazione dell’art. 31 L.U. da parte del TUEL, d.p.r. n. 380/2001[14].
Tralasciando la menzione delle tesi per le quali legittimazione al ricorso e interesse ad agire finirebbero per confluire e confondersi[15], può dirsi senz’altro accolta nel nostro ordinamento positivo la loro teorica distinzione e insieme concorrenza nel connotare anche il processo amministrativo come giurisdizione di tipo soggettivo[16], chiamato a offrire al ricorrente un risultato utile, un vantaggio effettivo dalla pronuncia di accoglimento per l’interesse sostanziale individuale[17]. Accanto alla legittimazione “ordinaria”[18] che “collega la posizione di chi presenta ricorso all’ordinamento giuridico” – l’interesse a ricorrere sposta, dunque l’attenzione “sul rapporto fra l’azione giudiziaria esercitata e lo scopo perseguito in concreto dal soggetto agente”[19]; è “lo stato di fatto” in cui versa la situazione giuridica soggettiva fatta valere[20].
Comunemente l’interesse è riconosciuto in re ipsa laddove il ricorrente che impugni un atto dell’amministrazione incidente sul territorio sia il proprietario confinante[21] del terreno oggetto dell’intervento, ma tendenzialmente è parimente rinvenuto secondo una vicinitas latamente intesa, quale più elastico criterio selettivo[22], finendo per radicarsi nella medesima situazione di fatto da cui scaturisce la legittimazione.
Con l’estendersi della legittimazione sembra essere però progressivamente più sentita la necessità di una puntuale indagine sull’interesse al ricorso, affermandosi posizioni diverse, favorevoli a una sua rigorosa individuazione, in via non solo teorica ma in concreto[23]. Si afferma, in alcuni indirizzi della giurisprudenza, la necessaria dimostrazione del “vulnus specifico” “inferto dagli atti impugnati”[24]. In ulteriori posizioni, si specifica che il criterio della vicinitas sintetizza, con riguardo all’interesse ad agire, situazioni in cui “nella normalità dei casi” “secondo il comune apprezzamento” il pregiudizio proveniente dal titolo impugnato sussiste “senza bisogno di speciali motivazioni”; andrebbe tuttavia allegato, essendovi necessità di dimostrazione solo in caso di specifica contestazione[25].
Se la necessaria allegazione o almeno l’agevole rilevabilità dell’interesse al ricorso riguarda ancora principalmente le ipotesi in cui la vicinitas non coincida, in linea di principio, con l’immediata “contiguità”, una volta affermatosi in via astratta e generale l’onere del ricorrente di provare l’interesse, non vi è invero controversia nella quale il duplice apprezzamento delle condizioni dell’azione possa dal giudice essere a priori omesso.
Al di là di astratti criteri, in ipotesi idonei a introdurre indebiti confini alle ipotesi di ammissibilità dei ricorsi[26], l’interesse all’azione discende dalla peculiarità delle situazioni fattuali e corrisponde a una indagine in negativo: la sua verifica non dovrebbe muovere dalla ricerca dei vantaggi della sentenza di accoglimento, ma registrare “i casi in cui è certo che nessun vantaggio può essere tratto dalla sentenza” alla situazione giuridica soggettiva azionata[27].
Questa utilità non deve poi corrispondere al bene individuale in ipotesi protetto dalle norme di esercizio della funzione violate, invece preordinate al miglior perseguimento dell’interesse generale”, ma a quell’interesse materiale che è presupposto della legittimazione[28]. L’accertamento dell’effettività del pregiudizio, poi, non è condizione di accesso al giudizio, attenendo al merito della controversia[29].
Nel caso in esame, peraltro, l’interesse è stato considerato insussistente, non perché non allegato o dimostrato il pregiudizio a un interesse individuale giuridicamente protetto ma perché ritenuto estinto dalla condanna al risarcimento, anche considerata l’accettazione del risarcimento come implicita rinuncia a coltivare l’azione.
3. La rinunzia all’azione.
Un breve riflessione merita così, anzitutto, proprio l’argomento della rinuncia all’azione implicita nell’accettazione del risarcimento[30]. In linea di principio, nulla pare impedire la rinuncia all’azione per il ristoro del diritto soggettivo leso[31], né al diritto stesso, pur nei modi che saranno in seguito chiariti.
Secondo parte della dottrina, diverso discorso varrebbe per l’interesse legittimo. La soluzione è influenzata dalla particolarità della situazione giuridica soggettiva legittimante il ricorso al giudice amministrativo[32], sede in cui la distinzione tra titolarità della situazione giuridica sostanziale e titolarità del diritto di azione, conquista della riflessione processualcivilistica[33], appare piuttosto necessaria e immanente. Ove si controverta dell’esercizio/mancato esercizio del potere, sembra invero di ostacolo all’abdicazione della situazione giuridica individuale l’intimo legame con l’interesse pubblico[34].
È indiscussa in ogni caso la disponibilità dell’azione giurisdizionale, essendo ammessa la rinuncia che colpisca, appunto, il solo strumento processuale[35].
In ogni caso, la rinuncia all’azione, per poter essere effettivamente rilevata in sede giurisdizionale, deve esprimersi in forma esplicita, sia pur non richiedente formule sacramentali, ovvero per facta concludentia, rinvenibili tuttavia quando vi sia assoluta incompatibilità tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda. La rinuncia implicita presuppone comunque il sostanziale riconoscimento dell’infondatezza dell’azione da parte dell’attore/ricorrente e l’emersione della volontà di non voler proseguire nella richiesta di tutela giurisdizionale[36]. In tal senso è limpido l’art.84 co.3 c.p.a. secondo cui: “Anche in assenza delle formalità di cui ai commi precedenti, il giudice può desumere dall’intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa”[37].
Non pare che l’accettazione di un risarcimento, in forma diversa e in misura inferiore al preteso, integri una condotta univoca idonea a integrare rinuncia al residuo risarcimento ottenibile in veste di condomino, tantomeno a un’azione d’impugnazione di un provvedimento amministrativo che peraltro investe interessi ulteriori rispetto a quello meramente economico-proprietario.
Tanto basta per osservare come il Consiglio di Stato abbia voluto far dire troppo alla semplice percezione di un risarcimento. Non ha considerato, oltre il mancato pieno appagamento del diritto, l’eterogeneità delle situazioni giuridiche soggettive tutelate, coerente con la diversa natura delle norme che si assumono violate, e l’alterità soggettiva della parte resistente nel giudizio amministrativo rispetto al convenuto davanti al giudice civile; non ha tenuto conto, dunque, che trattavasi di un’azione nettamente diversa[38].
4. La pretesa compensatio lucri cum damno come criterio di determinazione delle condizioni dell’azione.
La pronuncia in esame nega poi l’interesse al ricorso facendo sostanziale applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, istituto dalle origini risalenti[39], privo di autonomia dogmatica ma accolto come espressione descrittiva di una delle possibili modalità d’impiego del meccanismo causale nella fase di produzione dei pregiudizi, modellando la pretesa risarcitoria in ragione del danno effettivo emergente, tenuto conto “di tutte le conseguenze dell’illecito, ivi comprese quelle eventualmente vantaggiose per il danneggiato”[40]. La compensatio riposa anzitutto sull’assunto che l’istituto della responsabilità civile risponde alla primaria finalità compensativa, di reintegrare il patrimonio del danneggiato nella misura idonea a eliminare le conseguenze pregiudizievoli prodottesi nella sua sfera giuridica, trasferendo il danno derivante dalla condotta illecita dal suo patrimonio a quello del danneggiante. Se la funzione preventiva appare secondaria, quella sanzionatorio-punitiva, che potrebbe giustificare sacrifici maggiori per il danneggiante, si assume che possa essere solo eccezionalmente disposta dalla legge[41].
Pur non trattandosi di un istituto tipizzato, la giurisprudenza, a fronte di posizioni più articolate nella dottrina, ha sempre convenuto che nell’apprezzamento delle conseguenze economiche negative-dirette e immediate – dell’illecito, si debbano considerare anche i vantaggi percepiti, che contribuiscono a ridurre “l’area dei danni effettivamente cagionati dalla condotta del responsabile”, anche laddove abbiano natura non patrimoniale[42] quale espressione di un principio generale dell’ordinamento[43] e corollario logico dell’art.1223 c.c.[44]. Nelle più recenti posizioni della giurisprudenza, sia ordinaria che amministrativa, laddove la condotta illecita non produca sia danni che vantaggi ma una pluralità di voci di danno, la formula si risolve nell’esigenza di evitare un cumulo di voci compensativo-risarcitorie[45], costringendo il pluriobbligato a corrispondere più di quanto necessario a ristorare il patrimonio del danneggiato, il quale si avvantaggerebbe così di un indebito arricchimento (c.d. principio dell’indifferenza)[46]. L’indebito arricchimento peraltro potrebbe prodursi anche nell’ipotesi di rapporti trilaterali, come nei casi in cui, in ragione dell’illecito, sia percepita una indennità da obbligato diverso rispetto al soggetto tenuto al risarcimento del danno[47]. Deve quindi considerarsi vantaggio quanto il danneggiato abbia nell’insieme ottenuto in conseguenza del fatto illecito.
È vero poi che la compensatio è ormai comunemente intesa dalla giurisprudenza sia ordinaria che amministrativa quale eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio, come d’ufficio la ha in effetti applicata la II Sezione, oltre che proponibile per la prima volta in appello[48], rappresentando piuttosto un’attività difensiva rientrante nel disposto dell’art.1223 c.c.[49].
Tra i presupposti per la sua operatività, secondo le posizioni più recenti, vi sono tuttavia l’unicità della condotta da cui origina il pregiudizio e che giustifica l’attribuzione di vantaggi al soggetto leso[50], che l’eventuale vantaggio derivi direttamente dall’illecito, sia pur ex lege o ex contractu[51], che quest’ultimo sia di natura omogenea rispetto all’interesse sostanziale leso. Il primo requisito nel caso in esame non pare in effetti ricorrere, avversando l’interessata due diverse condotte: quella illecita del condomino e quella illegittima dell’amministrazione; nemmeno il secondo, nella misura in cui l’eventuale vantaggio deriverebbe qui non direttamente dall’illecito bensì dall’esecuzione di un ordine di demolizione[52], emanato in ragione degli effetti conformativi della sentenza di annullamento di un provvedimento illegittimo. Né il terzo, laddove il fine dell’annullamento del provvedimento e i suoi effetti non si risolvono nella compensazione di un pregiudizio patrimoniale[53]. A voler risalire in ogni caso, con sommo sforzo, alla condotta illecita dell’autore dell’abuso, sembra dunque mancare nel caso di specie anzitutto il rischio di sovracompensazione dovuta a una duplice attribuzione patrimoniale, se non in via del tutto remota e indiretta.
Infine, pur considerando applicabile l’istituto in esame, rileggendo l’annullamento come risarcimento in forma specifica, è di tutta evidenza che il giudice avrebbe dovuto farne uso non ai fini di una decisione in rito, negando l’interesse al ricorso, quanto di una decisione sul merito, in sede di quantificazione del danno, essendo pacificamente la compensatio una tecnica liquidatoria.
Infine, va considerato come nella normalità dei casi il principio comporti che dalla somma riconosciuta a titolo risarcitorio siano sottratte le utilità o le forme compensative altrimenti percepite (usualmente a titolo indennitario). Ove le ultime fossero state già corrisposte il relativo obbligato – si osserva - potrebbe agire per ripetere l’importo corrisposto al danneggiato[54].
5. L’azione di annullamento come azione risarcitoria.
La qualificazione della domanda di annullamento come domanda di risarcimento in forma specifica comporta in realtà una mutatio libelli che, malgrado alcune esitazioni della giurisprudenza[55], è estranea ai poteri del giudice in sistemi improntati al principio dispositivo; azione di annullamento e azione risarcitoria non sono invero pianamente assimilabili[56]. Lo ha ben chiarito l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2015 rimarcando la diversità, nei due casi, degli elementi della domanda. Nella domanda di annullamento la causa petendi sarebbe l’illegittimità del provvedimento impugnato; nella domanda risarcitoria, invece, l’illiceità del fatto. Diverso appare poi il petitum: nell’azione costitutiva, appunto l’annullamento degli atti o provvedimenti impugnati; nell’azione risarcitoria, la condanna al risarcimento in forma generica o specifica, eterogenea rispetto all’eliminazione dell’atto dal mondo giuridico. Differenti ancora appaiono gli accertamenti richiesti al giudice[57] e l’incidenza della sua pronuncia: il risarcimento – si sottolinea - è infatti disposto su ordine del giudice ed è diretto a restaurare la legalità violata dell’ordinamento, onde ricostruire una situazione quanto più possibile analoga a quella che precedeva la commissione dell’illecito; “l’annullamento, invece, è restaurazione dell’ordine violato ad opera del giudice”[58]. Tali puntualizzazioni sottendono in definitiva la diversa natura delle norme violate nei due casi; nell’un caso, vi è un equilibrio economico definito da norme intersoggettive da ripristinare concretamente attraverso un’attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale, con l’effettiva reintegrazione del diritto leso del danneggiato; nel secondo caso, la tutela dell’interesse pubblico pregiudicato attraverso la violazione della norma sull’esercizio del potere, unitamente a quella della situazione soggettiva connessa a tale esercizio, si realizza per effetto della sentenza costitutiva, salvi i suoi effetti conformativi e la possibilità che l’interesse materiale substrato dell’interesse legittimo risulti o meno integralmente soddisfatto[59].
È proprio l’invocata natura di giurisdizione soggettiva del giudice amministrativo a imporre il rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato[60], violato ogni qual volta “il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi identificativi dell’azione” ovvero ponga a fondamento della propria decisione fatti o situazioni avulsi dalla materia del contendere[61].
Ben aveva deciso, pertanto, il giudice di prime cure, riconoscendo come l’interesse della ricorrente consistesse nell’avversare un atto amministrativo, ritenuto illegittimo e lesivo, il quale “va scrutinato da un giudice amministrativo”; ciò che contesta la ricorrente – si osservava – “infatti, non attiene alla dimensione civilistica dei rapporti tra soggetti privati dell’ordinamento, bensì concerne la sfera dei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione e, più precisamente, l’operato di quest’ultima giacché produttivo di effetti pregiudizievoli a danni della ricorrente stessa”. Tali danni la medesima ha in effetti subito – si osservava - benché non destinataria del provvedimento, considerando anzitutto il mancato godimento della sua comproprietà su cui insisteva un’opera “realizzata in spregio ai principi sulla comunione dei beni”.
Né in senso contrario depone l’art. 34, co. 3 del c.p.a. secondo il quale “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”. La norma non giustifica una riqualificazione della domanda originaria, imponendo, invece una sua rigorosa interpretazione, alla stregua del contenuto effettivo della pretesa (art.32, co.2, c.p.a.)[62].
È, dunque, bensì possibile una variazione in senso riduttivo del petitum originario, al fine di renderlo adeguato alle sopraggiunte necessità di soddisfacimento del bisogno di tutela. La conversione non potrebbe però mai operare in virtù di pretesi automatismi[63] e non risulta che l’interessata abbia manifestato, in sede di giudizio amministrativo, alcun interesse alla prestazione risarcitoria[64].
Nessun utile argomento offre poi la rilevanza accordata dall’art. 30, co.3 c.p.a.[65], alla mancata impugnazione del provvedimento come elemento che contribuisce alla determinazione del danno risarcibile ex art.1227 c.c.[66]. La norma riguarda invero l’ipotesi inversa a quella in esame, ovvero il caso in cui sia presentata la domanda risarcitoria e solo quella. Se è ammissibile l’apprezzamento dell’annullamento “alla stregua” di un risarcimento in forma specifica, guardando agli effetti sostanziali della pronuncia e, in particolare, a quelli conformativi, ancora una volta, per valutare l’eventuale danno residuante in capo all’interessato e nella prospettiva della più piena soddisfazione dell’interesse sostanziale vantato, ciò non vale ad escludere la stessa ammissibilità di richiesta di una sentenza costitutiva[67].
Quanto all’accenno, contenuto nella pronuncia, al possibile utilizzo del doppio giudizio come strumento di “locupletazione” o di abuso del processo, a parte i profili problematici di tale incerta nozione[68] e della necessità o meno di rilevare l’elemento soggettivo del dolo o della colpa[69], è evidente come il discorso sia assorbito dalla rilevata persistenza dell’interesse al ricorso. Già l’elemento oggettivo della condotta pretestuosa non appare nel caso individuabile, dovendo comunque l’avvenuto conseguimento di quanto aspirato essere apprezzato nella relazione con l’amministrazione e risolversi nella soddisfazione dell’interesse vantato rispetto alla sua azione[70].
6. La dimensione sostanziale dell’interesse legittimo.
Come ultimo argomento la pronuncia in esame invoca la medesima dimensione sostanziale dell’interesso legittimo e del diritto soggettivo, tema che coinvolge gli aspetti più controversi e il cuore stesso del diritto amministrativo[71], su cui è possibile in questa sede fare solo alcune brevi e sommarie considerazioni.
Il giudice usa una formula densa di ambiguità. Sottesa sembra l’idea che anche l’interesse legittimo sia un interesse individuale che ha come substrato un bene materiale, e questo non sembra discutibile[72]. Ma tale assunto è ben lontano dal consentire un’assimilazione, o almeno un diretto confronto tra le due nozioni. Di esse, appaiono più forti i tratti distintivi, il collocarsi a due diversi livelli dell’ordinamento giuridico[73]. Il diritto soggettivo situazione legittimante e al tempo stesso oggetto del giudizio che si svolge di regola davanti al giudice civile; diversamente, l’interesse legittimo è la più evanescente situazione legittimante l’avvio di un processo che ha tutt’ora come oggetto la legittimità dell’azione amministrativa. L’affermazione non sembra tener conto, poi, dell’attuale complessa articolazione interna dell’interesse legittimo, della pluralità delle sue figure, variamente connesse all’interesse materiale del titolare: da un più, quando l’interesse legittimo sia un diritto soggettivo nella relazione con il potere dell’amministrazione, come in effetti nel caso in esame, a un meno, quando tale connessione tra le due situazioni appare più sbiadita[74].
Sotto quest’ultimo profilo, può osservarsi come, pur nell’ambito delle posizioni che ritengono irrinunciabile il carattere qualificato, oltre che differenziato dell’interesse, per essere qualificato “legittimo”, quindi il suo carattere normativo[75], acquistano sempre maggior terreno gli orientamenti secondo cui il medesimo, in particolare quale situazione legittimante del terzo in relazione ad abusi edilizi, non si esaurisca con riferimento “a un singolo bene fisico di proprietà”, risultando da una “pluralità di fattori ordinati a un assetto finale ritenuto meritevole di tutela da un corpus normativo di protezione”; tale, ad esempio, il mantenimento della qualità dell’assetto urbanistico dell’area in cui quale il soggetto vive o svolge stabilmente la propria attività[76]. Si tratta di un percorso volto a valorizzare interessi che, sebbene comuni, potrebbero essere altresì ascritti alla sfera individuale[77].
Tali profili possono apprezzati come ulteriori e non dirimenti ai fini della decisione della questione in esame ma utili ad avvalorare l’idea che se il superamento della pregiudizialità si pone certamente in linea con tratti più marcatamente soggettivi della tutela offerta davanti al giudice amministrativo, - potendo l’annullamento dell’atto non essere affatto richiesto o essere convertito in azione risarcitoria in ragione di una rilevata carenza d’interesse alla pronuncia costitutiva - , sembra talora perdersi di vista che il giudice amministrativo non può esaurire il suo ruolo in quello di giudice del risarcimento del danno.
Esiti come quello qui in esame appaiono invero ultimi approdi di quella linea di tendenza che, sopravvalutando l’interesse individuale rispetto a quello generale[78], enfatizzando la costruzione del processo amministrativo in termini di giudizio sulla fondatezza della pretesa vantata dal ricorrente, sulla spettanza del bene della vita[79] e alimentando l’ibridazione tra processo amministrativo giudizio civile è idonea a produrre, quasi per paradosso, una deminutio di tutela delle situazioni individuali di fronte al potere dell’amministrazione[80].
[1] Il Comune avrebbe invero qualificato erroneamente l’opera come semplice “mutamento della destinazione d’uso”; si lamentava poi eccesso di potere per contraddittorietà di tale provvedimento rispetto alla precedente ingiunzione, oltre che con i successivi dinieghi di sanatoria, nonché per aver l’amministrazione acriticamente aderito a uno tra due pareri discordanti resi dalla Commissione edilizia; eccesso di potere per erroneità dei presupposti ovvero, ancora, per la qualificazione dell’intervento come mero “cambio di destinazione d’uso”; difetto di motivazione e illogicità manifesta per non essere il provvedimento, come preteso dalla legge, motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti previsti per la fiscalizzazione (che siano realizzate variazioni essenziali; che queste non contrastino con rilevanti interessi urbanistici e “comunque” che la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità: art.129, co. 5, l.p. n. 1/2008).
[2] Cfr. Cons. St., V, n. 418/1956, in Giur. it., 1957, III, 23; Id., V, n. 245/1958, in Foro amm., 1958, I, 2, 476, Id., V, n. 260/1960, in Foro it., 1960, III, 61; Id., V, n. 189/1960, in Foro amm., 1960, I, 963; Id., V, ord. n. 381/1962, in Riv. giur. edilizia, 1962, I, 681; Id., ad. plen., n. 14/1962, in Giust. civ., 1963, II, 38; contra: Cass civ., Sez. Un., n. 1746/1961, in Foro it., 1961, I, 1672. Cfr. A. Scognamiglio, Profili della legittimazione a ricorrere avverso gli atti delle autorità amministrative indipendenti, in Foro Amm. - CdS, 2002, 9, 2245 ss.
[3] V. Cons. St., ad. plen., n.1/1966.
[4] V. anzitutto Cons. St., V, n. 523/1970.
[5] Ammessa, tuttavia, da Cons. St., V, n. 1314/1968.
[6] F. Trimarchi Banfi, L’interesse legittimo attraverso il filtro dell’interesse a ricorrere: il caso della vicinitas, in Dir. proc. amm., 2017, 3, 771 ss.
[7] A. M. Sandulli, L’azione popolare contro le licenze edilizie, in Riv. Giur. Edil., 1968, II, 3 ss.
[8] Già A. M. Sandulli, Più legalità per le licenze edilizie, più severità per le costruzioni senza licenza, in Riv. Giur. Edil., 1962, II, 68 ss. Cfr. V. Spagnuolo Vigorita, Interesse pubblico e azione popolare nella “legge-ponte” per l’urbanistica, in Riv. Giur. Edil., 1967, II, 387 ss. e altri riferimenti in F. Saitta, C’era una volta un’azione popolare …mai nata, in Riv. Giur. Edil., 2021, 6, 239 ss. Cfr., di recente: M. Magri, Il Consiglio di Stato nega la legittimazione del promissario acquirente all’impugnazione dei titoli edilizi (nota a Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2022, n. 1768), in Giustiziainiseme, 2022.
[9] Lo ipotizzava già Alb. Romano, Il giudice amministrativo di fronte al problema della tutela degli interessi diffusi, in Rilevanza e tutela degli interessi diffusi: modi e forme di individuazione e protezione degli interessi della collettività (Atti del XXIII Convegno di Studi di Scienza dell'Amministrazione, Varenna, 22-24 Settembre 1977), Milano, 1978, 33 ss., osservando come, tuttavia, il prezzo di un simile ampliamento sarebbe stato la crescita delle difficoltà di definire in modo logicamente corretto l’interesse legittimo. Rileva l’aleatorietà del concetto di “insediamento abitativo” ai fini della relazione della legittimazione: F. Saitta, C’era una volta, cit.
[10] Cfr. L. Perfetti, Legittimazione e interesse a ricorrere nel processo amministrativo: il problema delle pretese partecipative, Dir. proc. amm., 3, 2009, 688, che evidenzia come la legittimazione “sia stata estesa fino a ipotesi molto discutibili e contrastanti con la nozione stessa”, senza opposizioni della dottrina e, anzi, pressioni, per un suo ampliamento a posizioni soggettive “tra i quali gli interessi senza struttura o diffusi” privi delle caratteristiche che tradizionalmente si associano alla legittimazione.
[11] V., ad es., Cons. St., IV, n. 6619/2007.
[12] Cfr. di recente: Cons. St., IV, n. 5353/2022. - Con la definizione di bacino d'utenza si intende, in linea generica, l'area raggiungibile a partire da un punto prefissato su una cartina, ovvero il c.d. "baricentro" individuato seguendo gli assi stradali; pertanto, ai fini dell'identificazione del bacino d'utenza, è necessario applicare criteri specialistici e metodi di calcolo non surrogabili attraverso la comune esperienza o la scienza privata del giudice, dovendo ritenere insufficiente, per fornire la prova della c.d. vicinitas commerciale, la mera affermazione di parte della sussistenza di un comune "bacino d'utenza" fra la struttura commerciale erigenda e quella che agisce in giudizio a tutela del suo interesse commerciale leso-.
[13] Per l’eccessiva genericità del criterio già E. Guicciardi, La decisione del “chiunque”, in Giur.it., 1970, III, 193, anche ricordato da F. Saitta, C’era una volta, cit.
[14] Cons. Giust. Amm. Sic., n. 759/2021, di rimessione all’adunanza plenaria n. 22/2021.
[15] E. Guicciardi, La giustizia nell’amministrazione, 1954, 181 ss.; con argomenti diversi: S. Cassarino, Le situazioni giuridiche soggettive e l’oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, 330 ss.
[16] Cfr., ampiamente, TAR Toscana, III, Firenze, n. 592/2020.
[17] Corte cost. n. 271/2019.
[18] Sulle legittimazioni straordinarie, cfr. M. Delsignore, L’amministrazione ricorrente. Considerazioni in tema di legittimazione nel giudizio amministrativo, Torino. 2020.
[19] Cons. Giust. Amm. Sic., n. 759/2021 cit.
[20] Cfr. R. Villata, Legittimazione processuale (II Diritto processuale amministrativo), in Enc. Giur., XVII, 1988.
[21] V. ad es. Cons. St., VI, n. 2100/2019, Cons. St., VI, n. 3386/2019, Cons. St., IV, n. 3489/2021. Nel senso che anche in questo in caso debba essere allegato ed eventualmente provato il pregiudizio che fonda l’interesse al ricorso: Cons. St., IV, n. 5908/2017, TAR Puglia, III, Bari, n. 374/2020. Precisa che anche in caso di proprietà confinanti l’interesse al ricorso debba essere almeno prospettato in relazione al pregiudizio subito, “quanto meno in tutti i casi in cui la modifica del preesistente assetto edilizio non si dimostri icto oculi, ovvero sulla base di sicure basi statistiche, tratte dall’esperienza”: TAR Veneto, II, Venezia, n. 986/2019.
[22] Cass. Civ., Sez. Un., n. 18493/2021, Cass. Civ., Sez. Un., n. 21740/2019.
[23] Sottolineano come, con l’estensione della legittimazione la giurisprudenza amministrativa abbia finito molte volte per affidare al solo interesse al ricorso il ruolo di vero filtro per l’accesso alla tutela davanti al g.a. L. Perfetti, Legittimazione e interesse ricorrere, cit., G. Tropea, La legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo: una rassegna critica della letteratura recente, in Dir. proc. amm., 2, 2021, 447.
[24] Nel senso che dovrebbe dimostrarsi il pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati in termini di deprezzamento del valore del bene o della concreta compromissione del diritto alla salute o all’ambiente: Cons. St., IV, n. 908/2017, Cons. St., IV, n. 3843/2018, Cons. St., II, n. 4375/2021, Cons. St., IV, n. 4557/2021, Cons. St., V, n. 4830/2017, Cons. St., IV, n. 383/2016, Cons. St., IV, n. 362/2015, Cons. St., IV, n. 4924/2012.
[25] Cons. St., V, n. 3247/2021, Cons. St., IV, n. 4557/2021, Cons. Giust. Amm. Sic., n. 759/2021.
[26] F. Trimarchi Banfi, L’interesse legittimo attraverso il filtro dell’interesse a ricorrere: il caso della vicinitas, cit.
[27] A. Travi, Giustizia amministrativa, 2019, 200, M. Clarich, Manuale di giustizia amministrativa, Bologna, 2021, 169. Osserva che la giurisprudenza non dovrebbe ricercare la lesione di beni altri rispetto a quello corrispondente alla situazione azionata: F. Trimarchi Banfi, Op. cit.
[28] Cfr. Cons. St., ad plen., n. 22/2021, in cui si è affermato che “Nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo”.
[29] Cons. St., ad. plen., n.1/2018.
[30] Ex multis: Cons. St., II, n. 6663/2021, Cons. St., VI, n. 675/2022, Cons. St., II, n. 4664/2022, Cons. St., II, n. 6185/2022.
[31] A. Salietti, T. Salvioni, Estinzione del processo (dir. proc. civ.), in Treccani, Diritto on line, 2015 e ivi ulteriori riferimenti.
[32] Alb. Romano, La situazione legittimante al processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 511 ss., V. Cerulli Irelli, Legittimazione "soggettiva" e legittimazione "oggettiva" ad agire nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2014, 341 ss.
[33] G. Mannucci, Legittimazione e interesse a ricorrere, in Treccani, Diritto online (dir. amm.), 2018.
[34] In termini generali: E. Cannada Bartoli, Il diritto soggettivo come presupposto dell'interesse legittimo, Milano, 1953.
[35] A. Bozzi, Rinunzia (diritto pubblico e privato), in Noviss. Dig. It., XV, Torino, 1968, 1144, L. V. Moscarini, Rinunzia (I, dir. civ.), in Enc. Giur., XXVII, 1991.
[36] Cass. civ., II, n.19845/2019, Cass. civ., VI, n.15712/2021, Tribunale Bari, sez. lav., n.2908/2020, Trib. Roma, XIII, n. 5429/2020.
[37] Cfr. Cons. St., VI, n. 281/2020. Nel senso che anche in assenza di rinuncia formale debba essere acquisita la dichiarazione di non avere interesse alla coltivazione, sotto ogni profilo, del ricorso: Cons. St., V, n. 2475/2020. L’univocità appare pacifica, ad esempio, laddove vi sia stato un atto di rinuncia irrituale perché non notificato alle controparti: TAR Milano (Lombardia), II, n.1627/2022.
[38] Sulle norme in materie di distanze poste dal codice civile e dalla disciplina urbanistico-edilizia, ex multis: Cass. Civ., II, n. 7954/2022, Cass. Civ., II, n. 22054/2018, Cass. Civ., VI, n. 3854/2014; già Cass. Sez. Un., n.11023/2004. Nella giurisprudenza amministrativa, v., ad es.: Cons. St., IV, n. 4337/2017; Id., n. 3093/2017; Id., n. 2086/2017; Id., n. 3510/2016; Id., n. 856/2016; Cass. civ., II, n. 23136/2016, Cons. St., VI, n. 5071/2018, Cons. giust. Amm. Sic., n. 759/2021. Nella giurisprudenza costituzionale, v. ad es., le pronunce n. 120/1996, n. 124/2021.
[39] R. Scognamiglio, In tema di “compensatio lucri cum damno, in Foro it., 1952, I, 635; più di recente: M. Ferrari, La compensatio lucri cum damno come utile strumento di equa riparazione del danno, Milano, 2008, G. De Nova, Intorno alla compensatio lucri cum damno, in Jus civile, 2018, p. 56, A. Vetro, La compensatio lucri cum damno in diritto privato: applicazione del principio della compensazione nei giudizi amministrativi e contabili, in Lexitalia, 2018, 3.
[40] Cons. St., IV, ord. n. 2791/2017, Cons. St., ad plen. n.1/2018.
[41] Cons. St., ad plen. n. 1/2018, cit. Nel senso della natura multifunzionale della responsabilità civile, v. però Cass. Sez. Un., 16601/2017, R. Pardolesi, Risarcimento, indennizzo e arricchimento della vittima dell’illecito, osservazioni a Cass., ord. 22.6.2017 n. 15534, in Foro it., 2017, I, 2256.
[42] Cons. St., ad. plen. n.1/2018, cit.
[43] A. Vetro, La compensatio lucri cum damno in diritto privato: applicazione del principio della compensazione nei giudizi amministrativi e contabili, cit.
[44] Cons. St., IV, ord. n. 2919/2017.
[45] Cons. St., ibidem.
[46] Cass. Sez. Un. Civ., n. 584/2008, Cass. Civ., III, n. 26152/2014. Il maggior contrasto interpretativo ha riguardato la questione della cumulabilità tra risarcimento del danno e indennità o indennizzi a vario titolo percepiti.
[47] Tra i commenti alle ultime posizioni della Corte di cassazione: G. Ponzanelli, Dopo San Martino, la Cassazione ci riprova a varare uno statuto del danno alla persona, in Il Foro italiano, 2019, 3, pp. 791 ss., G. Ponzanelli, Risarcimento del danno alla persona: San Martino 2019 si allontana da San Martino 2008 e conferma gli equilibri risarcitori del 2018, in Danno e responsabilità, 2020 fasc. 1, pp. 69 ss., M. Franzoni, Spigolature sulle sentenze di san Martino, in Danno e responsabilità, 2020, 1, 7 ss. R. Simone, Ombre e nebbie di San Martino: la causalità materiale nel contenzioso sanitario, in Il Foro italiano, 2020, 1, 218 ss., F. Molinaro, San Martino 2.0: Ritorno al passato o evoluzione del danno non patrimoniale?, in Responsabilità civile e previdenza, 2020, 6, 1903 ss., A. Montanari, Il risarcimento in forma specifica e la rilevanza giuridica dell’attività di compensazione del danno, in Europa e diritto privato, 2013 fasc. 2, pp. 505 ss.
[48] M. Ferrari, La compensatio lucri cum damno come eccezione rilevabile d’ufficio, in Resp. civ. e prev., 2015, 666, U. Izzo, La compensatio lucri cum damno come “latinismo di ritorno” in Resp. civ. e prev., 2012, 1738 ss. e ampiamente Id., La «giustizia» del beneficio. Fra responsabilità civile e welfare del danneggiato, Napoli, 2018.
Di recente: Cass civ., n. 15534/2017 e Id., n. 15535/2017, Cass. civ., III, n. 24177/2020, Corte app. Firenze, n. 696/2015. Per un’interessante applicazione da parte del giudice amministrativo, cfr., ad es., TAR Sardegna n. 15/2014, secondo cui “a seguito dell’annullamento degli atti di una procedura espropriativa, la diminuzione di valore del bene (nella specie per la creazione di una servitù pubblica di acquedotto) deve essere compensata con i vantaggi derivanti al privato dall’opera comunque realizzata”. Più in generale, sulla finalità compensative ancor più della responsabilità da attività lecita: E. Scotti, Liceità, Legittimità e responsabilità dell’amministrazione, Napoli, 2012.
[49] Cfr. Cass. Civ., n. 20111/2014, Cass. Civ., III, n. 533/2014, Cass. Civ., III, n. 24177/2020. Di recente: Corte d’appello di Campobasso, n. 242/2022. V. tuttavia Cassazione civ., VI, n. 27736/2022: “La natura di eccezione in senso lato della compensatio lucri cum damno non esime chi la invoca di dimostrarne il fondamento; in caso di giudizio di rinvio a seguito di cassazione del provvedimento la lacuna probatoria non può essere colmata perché trattasi di un giudizio a istruzione chiusa”.
[50] Cass. Civ., III, n. 15534/2017, Cons. St., ad plen., n. 1/2018.
[51] Cons. St., IV, ord. n. 2719/2017, Cass. Civ., Sez. Un., n. 12565/2018, Cass. Civ., sez. III, n.30188/2022, Cass. Civ. sez. lav., n. 32130/2022. Si ritiene che la compensatio operi anche quando i vantaggi dipendono sotto il profilo giuridico formale da una fattispecie diversa dall’illecito, di cui l’illecito rappresenta un elemento costitutivo. Il risarcimento ed il vantaggio patrimoniale dovrebbero quindi avere la stessa ragione giustificatrice o appartenere a classi omogenee.
[52] Cfr. Tar Puglia III, Bari, n. 41/2016, che chiarisce come, in un caso di abusivismo edilizio, la richiesta di risarcimento in forma specifica avanzata dalla parte ricorrente, vittoriosa in sede di impugnazione, integrava in realtà una richiesta di ottemperanza del giudicato, avendo il Comune omesso di emanare prontamente l’ordine di demolizione in esecuzione del giudicato.
[53] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un. 12564/2018, in cui si è negata l’operatività della compensatio tra valore capitale della pensione di reversibilità accordata al familiare superstite e il risarcimento del danno, essendo la prima caratterizzata da un fondamento solidaristico e non strutturalmente rispondente finalità di rimuovere le conseguente prodottesi nel patrimonio del danneggiato in esito all’illecito del terzo; diversamente in caso di liquidazione dell’indennizzo da parte dell’assicurazione in ragione del fatto illecito causa dell’azione risarcitoria: Cass. Civ., Sez. Un., n. 12565 del 2018; o ancora nell’ipotesi di indennizzo per inabilità permanente corrisposto dall’INAIL per l’infortunio occorso al lavoratore, questo si assume dover essere detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto: Cass. Sez. Un., n. 12566/2018.
[54] Cons. St., IV, ord. n. 2719/2017, cit. Nel senso che la compensatio potrebbe operare solo se il danneggiante rimane esposto all’azione di recupero del terzo da cui il danneggiato ha ricevuto il beneficio collaterale: F. Caringella, Manuale ragionato di diritto civile, II ed., Roma, 2020, 153 ss., ricordato da J. Barraco, Compensatio lucri cum damno: la giurisprudenza recente, in Giuricivile, 2021, 2.
[55] V. ad es. l’ordinanza Cons. St., V, n. 284/2015, di rimessione all’ad. plen. n. 4/2015.
[56] Ciò emerge chiaramente, ad es., da quelle pronunce in cui si chiarisce come vada “considerata di valore indeterminabile la controversia introdotta davanti al giudice amministrativo per l’annullamento di un atto, poiché la causa petendi della domanda è l’illegittimità dell’atto stesso, mentre il petitum è la sua eliminazione, senza che rilevino eventuali risvolti patrimoniali della vicenda”: Cass. civ., II, n. 8599/2022. La non assimilabilità si ricava ancora, ad es., dell’applicazione dei termini dimidiati per la riassunzione del giudizio davanti al giudice amministrativo ex. 119 c.p.a. alle azioni di annullamento e non alle controversie meramente risarcitorie, anche ove volte al risarcimento in forma specifica. La deroga ai termini processuali ordinari risponde infatti alla ratio di realizzare “una più rapida tutela di interessi pubblici in ambiti individuati”: Tar Campania, V, n. 4184/2017, e già Cons. St., ad. pl., n. 9/2007, Id., IV, n. 1605/2014, Id., IV, n. 5551/2016.
[57] Ai fini del risarcimento il giudice deve valutare invero la sussistenza di tutti gli elementi della responsabilità, ivi compreso l’elemento soggettivo: Cons. St., IV, n. 3464/2016, Cons. St., V, n. 125/2016.
[58] Cons. St., ad plen. n. 4/2015.
[59] A. Romano Tassone, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, in Giust. amm., 2001, P. Lazzara, Annullabilità e annullamento, in Treccani online (dir. amm.), 2012. Diversamente, il giudice potrebbe non pronunciarsi sull’annullamento laddove questo fosse stato domandato unitamente al risarcimento del danno ma fosse ad esempio sopravvenuta la carenza d’interesse alla sentenza costitutiva (…) o, ancora laddove parimenti, sopravvenuta tale carenza d’interesse, il ricorrente potrebbe mantenere interesse a una semplice pronuncia dichiarativa, ai fini di una successiva domanda risarcitoria. Più rigorosamente, si afferma in alcune pronunce che tale conversione potrebbe operare solo laddove la domanda risarcitoria sia stata effettivamente formulata e comunque non presenti caratteri di mera ipoteticità: TAR Trieste, I, n. 221/2022.
[60] Pur con “aperture parziali alla giurisdizione di tipo oggettivo”: Cons. St., ad plen., n.4/2015.
[61] Cons. St., ad plen. n. 5/2015, Cons. St., ad. plen., n. 7/ 2013, cit., Cons. St., VI, n. 5854/2018.
[62] Cons. St., VI, n. 3299/2020.
[63] Cons. St., V, n. 2195/2017, Cons. St., VI, n. 3299/2020; Cass. Civ., n. 991/2014.
[64] Cons. St., ad. plen., n. 4/2015, in cui si nega la possibilità del g.a. di convertire la domanda di annullamento di una graduatoria di concorso, convertendola in domanda di risarcimento del danno, pur a distanza di molti anni dall’emanazione del provvedimento e pur a fronte dell’impatto sulle posizioni dei controinteressati.
[65] V. il secondo alinea: “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”.
[66] Su cui v. ad es. Cons. St., ad. plen., n. 3/2011, secondo cui “La scelta di non avvalersi della tutela impugnatoria che, grazie anche alle misure cautelari previste dall’ordinamento processuale avrebbe probabilmente evitato in tutto o in parte il danno, integra violazione del canone di buona fede e dell'obbligo di cooperazione, spezza il nesso causale fra provvedimento e pregiudizio e, per l'effetto, in forza del principio di auto-responsabilità codificato dall'art. 1227, comma 2, c.c., comporta la non risarcibilità del danno evitabile; di conseguenza è legittima la sentenza del giudice di primo grado che, nel dichiarare irricevibile il ricorso proposto a distanza di molto tempo dalla data di comunicazione del provvedimento di cui si chiedeva l'annullamento, ha anche respinto anche la domanda di risarcimento dei danni sotto il profilo che i danni lamentati sarebbero stati in toto evitati se l’impresa si fosse tempestivamente avvalsa degli strumenti di tutela predisposti dall'ordinamento. Cfr. M. A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni (brevi note a margine di Cons. Stato, Ad plen., 23 marzo 2011 n. 3, in tema di autonomia dell'azione risarcitoria e di Cass., Sez. un, 23 marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596, sulla giurisdizione ordinaria sulle azioni per il risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti favorevoli), in Riv. giur. edil., 2010, 6, 479 ss.
[67] Così, ad esempio, nel caso di subentro nel contratto di appalto del ricorrente vittorioso, retroattivamente privato di efficacia a seguito dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione ella gara: TAR Lazio, I, n. 7786/2021, Tar Campania, III, n. 3259/2020, TAR Campania, V, Napoli, n. 4802/2016, Id., II, n. 1669/2016, Cons. St., V, n. 633/2016, o in caso di proroga dell’efficacia di un’autorizzazione paesaggistica rilasciata alla ricorrente, per un periodo equivalente a quello in cui la Soprintendenza l’aveva privata di effetti con atti annullati dal giudice amministrativo, quale effetto conformativo della sua pronuncia: Cons. St., VI, n. 3887/2017; Cons. St., VI, n. 3867/2017. Nel senso di cui nel testo milita anche la negazione che la stessa domanda di risarcimento in forma specifica, nelle controversie in materia di contratti pubblici, determini improcedibilità della domanda di annullamento degli atti della procedura ad evidenza pubblica, potendo rilevare ai soli fini dell’eventuale risarcibilità del danno subito: TAR Veneto, I, Venezia, n. 471/2017.
[68] V., ampiamente, G. Tropea, L’abuso del processo amministrativo. Studio critico, Napoli, 2015.
[69] G. Tropea, Spigolature in tema di abuso del processo, in Dir. proc. amm., 4, 2015, 1262 ss.
[70] Cons. St., IV, n.10439/2022, TRGA Trentino Alto Adige, Trento, I, n. 171/2022.
[71] Cfr. per tutti, l’ampia analisi di F. tenG. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017.
[72] Alb. Romano, La situazione legittimante al processo amministrativo, cit., 511 ss.
[73] A. Romano, Amministrazione, principio di legalità e ordinamenti giuridici, in Dir. Amm., 1999, 111-142, A. Cioffi, Il problema della legittimità nell’ordinamento amministrativo, Napoli, 2012.
[74] F. G. Scoca, Op. cit., 309. Per tale distinzione, unitamente all’osservazione dell’incremento delle ipotesi in cui gli interessi legittimi sono divenuti protetti dall’ordinamento generale come diritti soggettivi, quindi risarcibili: Alb. Romano, Sono risarcibili: ma perché devono essere interessi legittimi? (Nota a Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500/ Com. Fiesole c. Vitali), in Foro it., 1999, III, 3222-3225 e Id., Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili sono diritti soggettivi, in Dir. Amm.1998, 1, 1.
[75] P. G. Portaluri, La cambiale di Forsthoff. Creazionismo giurisprudenziale e diritto al giudice amministrativo, Napoli, 2021, 127 ss.
[76] P. G. Portaluri, Ibidem. In tale senso anche F. Trimarchi Banfi, Op. cit. Affermano che il pregiudizio derivante a terzi da abusi edilizi, non si risolve in riduzione della visuale, potendo più in generale derivare dall’alterazione dell'equilibrio urbanistico del contesto e dell’armonico e ordinato sviluppo del territorio: Cons. Stato, VI, 19 luglio 2021, n. 5400/2021; TRGA Trentino Alto adige, Trento, n. 95/2021; TAR Lazio, Roma, II quater, 2019, n. 14960/2019, TRGA Trentino Alto Adige, Trento, n. 50/2022. Cfr. M. Nigro, L’art.32 della legge urbanistica e l’individuazione degli interessi legittimi, in Foro it., 1962, I, 83 ss., che osservava come ogni attribuzione di poteri alla amministrazione vada inteso come attribuzione di compiti e di responsabilità ed implichi una situazione di dovere. Il potere quindi, per quanto ampia possa essere la discrezionalità, non esclude mai di per sé il sorgere di situazioni protette in altri soggetti.
[77] V. alcune riflessioni in V. Caputi Jambrenghi, Beni pubblici (uso dei), in Dig. disc. pubbl., vol. II, 303 ss. Cfr. V. Cerulli Irelli, Uso pubblico, in Enc. dir., vol. XLV, 961, V. Cerulli Irelli, L. De Lucia, Beni comuni e diritti collettivi, inPolitica del diritto, 2014, 1, 3 ss. Con particolare riguardo alle posizioni assunte dalla giurisprudenza europea con riferimento agli interessi protetti dal diritto sovranazionale: M. C. Romano, Situazioni legittimanti ed effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2013.
[78] Alb. Romano, La situazione legittimante, cit.
[79] G. Falcon, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di spettanza, in Dir. proc. amm., 2001, 318 ss.
[80] F. Francario, Interesse legittimo e giurisdizione amministrativa: la trappola della tutela risarcitoria, inGiustiziainsieme, 2021.
L’eccesso di potere giurisdizionale - Convegno 6 marzo 2023 - Università degli Studi Roma Tre
Il prossimo 6 marzo 2023, presso l’Aula del Consiglio del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi “Roma Tre” si terrà la Lezione Inaugurale aperta del Corso di Giustizia amministrativa tenuto dalla prof.ssa Maria Alessandra Sandulli.
La lezione verterà sull’annoso tema del sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, con particolare riferimento al vizio dell’eccesso di potere giurisdizionale alla luce della recente ordinanza SS.UU. n. 2370/2023.
L’incontro sarà introdotto dalla prof.ssa Maria Alessandra Sandulli e interverranno il Presidente Claudio Contessa, il Consigliere Antonio Lamorgese, il Prof. Aristide Police e il prof. Romano Vaccarella. Concluderà la discussione il prof. Antonio Carratta.
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