ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Come noto, la legge di riforma del codice penale e di procedura penale ha fissato all’ art. 1 comma 84 lett. a), b), c), d), e) L. 103/2017 i principi ai quali il legislatore delegato e’ chiamato ad uniformarsi nella stesura del decreto attuativo, destinato sia a novellare gli articoli del codice di rito che disciplinano i presupposti e le modalità esecutive di questo tanto efficace quanto invasivo mezzo di raccolta delle prove, sia ad introdurre una nuova fattispecie di reato in materia di diffusione di registrazioni fra presenti captate fraudolentemente. Lo stesso Ministro di Giustizia sta attualmente promuovendo consultazioni con la magistratura ed il foro su una bozza di decreto legislativo attuativo. Il metodo dialogico seguito è l’occasione per la condivisione di sintetici spunti di riflessione.
1) Art. 1 comma 84 lett. b) Legge 103/2017 e art. 1 bozza decreto delegato introducente l’art. 617 septies
La norma ha alcuni elementi specializzanti rispetto all’art. 167 del D.L.vo 196/2003 (trattamento illecito dei dati).
L’assenza del consenso dell’interessato (art. 23 TU privacy) è evidentemente implicito nella previa captazione fraudolenta. Il dolo specifico di danno previsto dal TU privacy è ulteriormente specificato in relazione alla reputazione (si è aggiunto altresì il concetto di “immagine” mutuato forse più dal linguaggio mediatico che dai termini del nostro codice penale) e si è aumentata la pena. Si è aggiunto in modo ridondante il richiamo all’art. 51 c.p. e si è ripresa la formula della scriminante già contemplata nella legge delega (utilizzo in un procedimento amministrativo o giudiziario non più richiamando il diritto di cronaca o di difesa – evidentemente assorbiti nella previsione dell’art. 51 c.p.). Rispetto alla previsione generale dell’art. 167 TU privacy la disciplina speciale del 617 septies c.p. reca un comprensibile inasprimento della pena, ma una incomprensibile procedibilità a querela, laddove la più mite norma generale del TU privacy prevede invece la procedibilità d’ufficio.
2) art. 2 bozza decreto delegato - disciplina delle conversazioni contenenti dati sensibili e delle conversazioni irrilevanti
Il legislatore delegante introduce un particolare onere di vigilanza in capo al P.M. sul trattamento dei dati sensibili raccolti nelle intercettazioni e identificati dall’art. 4 lett. d) del TU privacy. Non è inutile ricordare il testo di legge definitorio. “d) "dati sensibili", i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonche' i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. Ora, è evidente che in alcuni ambiti investigativi i soggetti bersaglio delle captazioni produrranno un flusso ininterrotto di “dati sensibili”. Non si può certo intercettare un politico senza aspettarsi di raccogliere continuamente informazioni sulla sua adesione a partiti o associazioni politiche; non si può condurre un’indagine sullo sfruttamento della prostituzione o sulla pedopornografia senza raccogliere un flusso ininterrotto di dati sulla vita sessuale dei soggetti intercettati. Ciò che normalmente è presidiato dal legislatore penale, sensibile alla tutela della riservatezza, è il trattamento di dati personali in violazione di legge, con nocumento per l’interessato o profitto per l’autore. Qual è la ratio di differenziare il regime del trattamento delle captazioni in ragione della classificazione “sensibile” se pacificamente l’informazione è pubblica e non comporta alcun danno reputazionale ?
La norma che il legislatore delegato intenderebbe introdurre all’art. 268 comma 2 bis c.p.p. prevede due differenti casi di divieto di trascrizioni, anche sommarie, di conversazioni. Per collocazione, immediatamente susseguente al comma 2 dell’art. 268 c.p.p., la norma parrebbe riferirsi ai c.d. “brogliacci” di PG ivi contemplati.
La norma vieterebbe sia la trascrizione di conversazioni “irrilevanti ai fini delle indagini”, sia la trascrizione di conversazioni riguardanti dati personali definiti “sensibili” dalla legge. Ma qual è il senso di vietare alla PG sistematicamente la trascrizione di qualsivoglia conversazione nella quale appaia manifesta l’adesione ad un partito politico di un assessore eletto nelle liste di quel partito? Potrebbe aver un senso vietare la trascrizione delle conversazioni da cui si desumono gli accordi di un assessore con un partito differente dal suo, in quanto potrebbero comportare un danno reputazionale. In sintesi la censura aprioristica di qualsivoglia conversazione in cui si trattano dati sensibili sembra del tutto irragionevole, essendovi già un divieto generale di trascrizione di conversazioni irrilevanti.
Il differenziato regime fra dati sensibili e altri dati si ripresenta all’art. 268 comma 2 ter c.p.p. E’ infatti prevista la possibilità di un successivo intervento del P.M. che disponga comunque la trascrizione della conversazione non trascritta dalla P.G., motivando espressamente con decreto, nel primo caso sulla rilevanza, nel secondo caso, oltre che sulla rilevanza, sulla “necessità ai fini della prova”. Sfugge il senso di una conversazione che sia rilevante ma non necessaria ai fini della prova.
In sintesi la duplicazione delle categorie e dei regimi non è in ultima analisi sensata ai fini della tutela della riservatezza degli indagati e dei terzi interessati. Il contro limite ragionevole all’esigenze di accertamento della verità processuale pare unicamente quello della “rilevanza”.
Ma lo stesso concetto di “rilevanza” ci colloca abitualmente in una fase procedimentale del tutto differente innanzi ad un giudice terzo. Il legislatore anticipa questo vaglio, affidandolo invece nella sostanza alla P.G. sotto il controllo e la responsabilità del P.M., essendo per altro arduo individuare fin dal primo momento dell’ascolto in diretta la “rilevanza” delle conversazioni in quanto l’indagine è un tipico contesto dinamico. La rilevanza si comprende spesso al termine dell’iter investigativo. Le conversazioni a volte di decine e decine di utenze, affidate all’esame iniziale di squadre di ufficiali di P.G., può essere valutata dal P.M. solo alla conclusione della fase di raccolta degli elementi di prova. La mancata trascrizione iniziale, e financo la mancata indicazione anche del solo oggetto delle conversazioni, affida alla sola polizia giudiziaria il vaglio che per legge competerebbe all’Autorità Giudiziaria, alla quale sarebbe in pratica interdetta una diversa valutazione, se non attraverso l’ascolto personale di ore di conversazioni. A ciò si aggiunga che i casi, conosciuti dalla cronaca, delle più clamorose e nocive indebite diffusioni di intercettazioni riguardano conversazioni non oggetto di trascrizione nei c.d. brogliacci. Sicché l’intera disciplina, centrata sulla limitazione del contenuto dei brogliacci di P.G. e sullo snodo dell’udienza filtro di selezione delle conversazioni rilevanti, non appare esattamente calibrata allo scopo.
3) il divieto di integrale trascrizione della conversazione intercettata in sede di richiesta e ordinanza cautelare
La disciplina contemplata dall’art. 3 del legislatore delegato appare viziata da eccesso di delega, non essendo previsto in alcuna parte della legge delega il divieto di riproduzione integrale delle conversazioni nei provvedimenti giurisdizionali ed essendo per altro oggettivamente dubbio che le parafrasi e le circonlocuzioni siano preferibili alla fedele riproduzione delle prove raccolte ai fini dell’accertamento dei fatti di reato e delle personali responsabilità.
4) la disciplina delle intercettazioni ubiquitarie tramite captatore informatico c.d. “trojan”.
L’art. 1 comma 84 lett. e) delle legge delega e l’art. 4 della bozza del decreto attuativo sono dedicati alle intercettazioni fra presenti mediante captatori informatici. Come noto, la problematica è stata recentemente oggetto di una importante pronuncia della Corte di Cassazione a SU (Cass., sez. un. pen., sent. 28 aprile 2016 (dep. 1 luglio 2016), n. 26889, Pres. Canzio, Est. Romis, Ric. Scurato. La Suprema Corte, nell'affrontare la questione "Se - anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l'attività criminosa - sia consentita l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l'installazione di un "captatore informatico" in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone ecc.)" ha dato risposta affermativa "limitatamente a procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica (a norma dell'art. 13 d.l. n. 152 del 1991), intendendosi per tali quelli elencati nell'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p., nonché quelli comunque facenti capo a un'associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato".
Contrariamente all’autorevole arresto giurisprudenziale, la nuova disciplina è centrata sugli artt. 51 comma 3 bis e 3 quater c.p.p. piuttosto che su tutti i reati associativi, nei quali, per natura, è immanente al ritrovo degli associati lo svolgimento dell’attività criminosa e quindi l’attualità della condotta criminale nel luogo monitorato.
Fra i reati di maggior allarme sociale di competenza distrettuale inseriti nei cataloghi previsti dai citati commi dell’art. 51 c.p.p. ci sono anche le associazioni finalizzate alla contraffazione dei marchi, forse non più temibili di quelle finalizzate alla corruzione o alla turbata libertà degli incanti. Orbene la novella preclude la decretazione d'urgenza del Pubblico Ministero al di fuori dei casi previsti dall’art. 51 comma 3 bis e quater c.p.p., in contraddizione con l’ampliamento dei presupposti per attivare le intercettazioni nei reati contro la pubblica amministrazione, previsto dalla legge delega e recepito dal legislatore delegato. L’attuazione della riforma, sul punto verrebbe quindi a limitare l’utilizzo di mezzi di ricerca della prova attualmente esperibili, giusta l’attuale quadro normativo autorevolmente interpretato dalle sezioni unite della Suprema Corte.
Si pensi infatti ad un incontro organizzato all'ultimo momento in un luogo previsto dal 614 c.p. ove degli associati per delinquere si debbano accordare sulle modalità di un pagamento corruttivo. Normalmente in tali casi si interviene con decretazione d'urgenza. Si è in presenza di un luogo di privata dimora ma c'è un'attività criminosa in atto. Ipotizziamo, come di frequente avviene, che non si abbia il tempo o la capacità tecnica di "ambientalizzare" il locale. In questo caso il captatore informatico potrebbe servire alla bisogna.
La novella non lo consentirà, essendo interdetto al PM disporre con decreto d’urgenza l’intercettazione tramite captatori informatici laddove non proceda per uno dei reati contemplati negli elenchi dell’art. 51 commi 3 bis e 3 quater c.p.p.
Stefano CIVARDI
Sostituto Procuratore della Repubblica- Milano.
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