ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
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La Redazione di GIUSTIZIA INSIEME .
Il tirocinio dei m.o.t. e l’emergenza covid-19
Intervista di Ernesto Aghina e Luca Marzullo ai m.o.t. Claudia Masucci e Simona Di Maria
La sospensione dell’attività giudiziaria derivata dalla critica situazione sanitaria non riguarda unicamente la risposta alla domanda di giustizia, ma anche il delicato aspetto della formazione dei giovani magistrati.
Giustizia Insieme ha già affrontato il tema dell’adeguamento emergenziale della formazione da parte della Scuola superiore della magistratura nei confronti dei m.o.t. e dei tirocinanti ex art. 73 d.l. n. 69/2013 (vedi: https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/974-la-formazione-dei-magistrati-al-tempo-dell-emergenza-da-covid-19 , e ora intende dar voce ai protagonisti del tirocinio.
Due giovani m.o.t.: Claudia Masucci e Simona Di Maria, in tirocinio mirato presso il Tribunale di Napoli e di Perugia, destinate rispettivamente alle funzioni giudicanti penali e civili, rispondono alle principali domande concernenti gli inevitabili riflessi derivati dall’emergenza giudiziaria sulla loro preparazione, l’adattamento al sistema didattico in videconferenza ed esprimono la loro opinione in ordine all’ipotizzata proroga del tirocinio.
1) Come è cambiato il tirocinio dal momento dell’insorgere dell’emergenza pandemica?
Claudia Masucci
Svolgo il tirocinio mirato come giudicante penale: in una situazione normale, i miei colleghi ed io avremmo partecipato alle udienze mediamente tre giorni a settimana, studiando in anticipo i fascicoli, confrontandoci con gli affidatari sulle diverse questioni emerse durante lo studio oppure in udienza, partecipando alle camere di consiglio e redigendo i provvedimenti. Al momento i processi si trattano solo in presenza di particolari condizioni e, di fatto, non abbiamo quasi modo di assistervi, se non a quelli che si celebrano con il rito direttissimo; dunque, la nostra formazione si attua con modalità in parte diverse.
Per la mia esperienza personale e, quindi, con riguardo all’organizzazione nella Corte d’Appello di Napoli e ai magistrati a cui sono affidata, tre sono le principali attività in cui sono impegnata in questo periodo. Innanzitutto, prosegue costantemente il prezioso dialogo con i magistrati affidatari, che mi forniscono provvedimenti da loro redatti e fascicoli di processi pendenti in modo che io possa studiarli. Un paio di volte a settimana, poi, ci “vediamo” su Teams per discutere delle questioni processuali e sostanziali individuate e per risolvere eventuali dubbi.
Inoltre, grazie all’interessamento della Commissione MOT e alla collaborazione di tutti i Tribunali del distretto, ci è stato consentito di assistere via Teams ai processi che si svolgono con il giudizio direttissimo, il che ci permette di acquisire dimestichezza con un rito che presenta notevoli peculiarità e, comunque, di partecipare ad udienze in cui si svolge un’attività effettiva. Ciò è particolarmente proficuo anche perché, dopo l’udienza, il magistrato di turno ci fornisce delle spiegazioni su quanto avvenuto, approfondisce alcune questioni di rilievo e risponde alle nostre domande. Tanto è stato previsto con riguardo alle direttissime che si svolgono in tutto il distretto e non solo presso il capoluogo, in modo da ampliare le possibilità di partecipazione.
Infine, stiamo seguendo le lezioni tenute da numerosi magistrati affidatari, che trattano questioni di diritto processuale e sostanziale con un taglio eminentemente pratico e con particolare attenzione alla giurisprudenza, in modo da offrirci una sorta di “rassegna” delle problematiche che potremmo trovarci ad affrontare una volta prese le funzioni. Anche questi incontri presentano una grande utilità, perché suppliscono, in parte, alla mancanza di esperienza pratica.
A tutto questo si accompagna, chiaramente, lo studio individuale: le varie tematiche che emergono richiedono approfondimenti e riflessioni che la specificità del periodo sicuramente permette.
Quanto alle attività della formazione centrale e della formazione decentrata, almeno per il momento, si svolgeranno con modalità a distanza in base ad un calendario che è già stato definito e che consentirà di mantenere fermo il programma inizialmente stabilito.
Simona Di Maria
Caso ha voluto che l’nsorgernza della criticità insorgesse al momento del passaggio dal generico al mirato. Il passaggio era carico di aspettative: scendere dalla ‘ruota del criceto’ e iniziare un cammino verso una meta precisa, la funzione. Quindi, più che essere cambiato il tirocinio (che doveva cambiare), è stata – inizialmente - frustrata l’aspettativa di iniziare una fase nuova, più funzionale e gratificante quanto all’apprendimento. Le prime settimane di mirato hanno riguardato le esecuzioni immobiliari: ovviamente in questa materia, fatta per lo più di operazioni e atti reattivi ad istanze, nulla si vede se non si procede. Motivo per cui ho approfittato di questo tempo per studiare la procedura ed impratichirmi con la consolle.
Le cose sono decisamente migliorate cambiando materia: contenzioso civile. Ho avvertito un cambio di passo, un rapporto con l’affidatario più stretto e dialettico. Ovviamente le udienze sono ancora pochissime (al momento, una sospensiva su teams), ma in compenso sto lavorando su quello che è stato incamerato e sto imparando a strutturare i provvedimenti. In conclusione, per la materia e per l’affidatario, in questo secondo periodo il tirocinio è assai più fruttuoso.
2) Quali interventi suggeriresti come utili per incrementare la tua preparazione in questa fase di (semi)paralisi dell’attività giudiziaria?
Claudia Masucci
Trovo che nella Corte d’Appello di Napoli siano già state attuate tutte le principali misure in grado di sopperire alla mancanza di “pratica” negli uffici: le attività in cui siamo impegnati in questo periodo sono la migliore alternativa per quella parte di formazione che necessariamente si dovrebbe svolgere in Tribunale e che al momento, per cause di forza maggiore, non è possibile esplicare.
Oltre a quanto stiamo già facendo, potrebbe essere utile provare a organizzare dei processi simulati a scopo didattico, sul modello dei mock trials anglosassoni, con assegnazione dei diversi ruoli ai MOT o, in parte, agli affidatari, anche se mi rendo conto che “inventare” un processo dal nulla è molto più complicato e impegnativo, in termini di tempo, che assistere allo svolgimento di un’udienza reale.
Simona Di Maria
Potenzierei l’apprendimento di alcuni aspetti pratici del lavoro, per acquisire quella strumentazione che consentirà, in futuro, di avere più tempo per i contenuti. Ad esempio: come strutturare i provvedimenti (sarebbe utile prepararsi degli schemi/modelli), come organizzare il proprio ruolo, come decidere sulle spese di lite e come liquidare quelle del CTU (o nelle esecuzioni, del perito e del custode), il gratuito patrocinio, come crearsi un proprio archivio, come utilizzare la consolle, personalizzandola.
Poi, mi piacerebbe partecipare a seminari specifici sulle materie più tecniche e/o seriali che comporranno il mio ruolo, ad esempio: le tematiche principali del contenzioso bancario, la protezione internazionale etc.
3) L’ applicativo TEAMS, utilizzato anche per organizzare gli stage in sede decentrata, può essere un valido strumento anche per il futuro o solo una modalità per fronteggiare l’emergenza?
Claudia Masucci
Al momento in cui scrivo non abbiamo ancora iniziato gli stage (il primo comincerà il 14 aprile), ma abbiamo utilizzato Teams per assistere alle udienze a distanza, per le lezioni collettive e gli incontri virtuali con gli affidatari. Trovo che questo applicativo possa essere prezioso anche per il futuro; consente di svolgere e seguire adeguatamente le lezioni, di condividere documenti e perfino di instaurare un confronto con il relatore tramite gli interventi, anche se non posso dire se lo stesso varrà quando ad assistere saranno cento MOT e non venti o trenta come ora. L’aspetto in cui la partecipazione via Teams potrebbe differire da quella materiale, de visu, è nella creazione di un rapporto e di un dialogo costruttivo con i colleghi di altre Corti, come ad esempio avviene nella divisione in sottogruppi durante la formazione presso la Scuola Superiore, che offre occasioni di crescita e arricchimento che, temo, difficilmente potrebbero essere replicate su una piattaforma telematica.
Simona Di Maria
Dipende dal tipo di stage. Se penso, ad esempio, a quello svolto negli istituti penitenziari ovviamente Teams non si presta a sostituire l’esperienza diretta. Viceversa per quelli che implicano una relazione frontale. Aggiungo, però, che alcuni stages non li avrei inseriti nella fase del generico: aver fatto uno stage di una settimana in ambito minorile (dopo 3 settimane di tirocinio nello stesso ambito) è stato inutile – oppure è stato un di più farci il tirocinio. Così per la sorveglianza (stage + tirocinio), gli istituti di pena e le forze dell’ordine (riserverei queste cose solo al mirato).
Teams potrebbe avere un ruolo “rivoluzionario” sotto un altro aspetto: unire le forze. Intendo dire che si potrebbe creare una piattaforma di seminari a livello nazionale, in cui i formatori (coordinandosi) inseriscono incontri e poi i tirocinanti si iscrivono a quelli di maggior interesse. In modo simile è organizzata la cd. “settimana flessibile” nelle scuole superiori (per chi ne sa qualcosa…). Così se una Corte riesce ad ingaggiare il guru delle misure di prevenzione e un’altra quello del contenzioso agrario (per dire…), ne beneficerebbero tutti e non solo i MOT locali. Una formazione decentrata, ma diffusa, che moltiplicherebbe le possibilità ed i risultati.
4) Quale la tua opinione in ordine ad una possibile sospensione del tirocinio che procrastini l’immissione in servizio nella prima sede di destinazione?
Claudia Masucci
Si tratta di un tema che è stato al centro di un lungo dibattito tra noi MOT e le posizioni che sono emerse sono molto diversificate e, trovo, tutte ugualmente legittime. Personalmente - ma so di non parlare a nome di tutti - credo che, se effettivamente questa situazione si protrarrà, consentendoci alla fine di svolgere presso gli uffici solo meno della metà del tirocinio mirato, potrebbe essere utile, più che una sospensione, che rischierebbe di lasciarci inattivi alcuni mesi, un prolungamento che ci permetta di recuperare il periodo in cui l’attività giudiziaria è rimasta parzialmente paralizzata.
Ritengo che la limitazione della pratica in Tribunale incida innanzitutto sulla capacità di gestire l’udienza, oltre che su quella di risolvere le singole questioni di diritto processuale e sostanziale (banalmente, più situazioni si affrontano, maggiore esperienza si acquisisce). Le attività che stiamo svolgendo al momento ci permettono senz’altro di individuare e di mettere a fuoco in anticipo alcuni dei problemi che ci troveremo ad affrontare e dunque, da un lato, ci forniscono senz’altro delle competenze utili ad affrontare le diverse situazioni e, dall’altro, rendono certamente più rapido l’apprendimento “sul campo”, dal momento che avremo già avuto modo di riflettere su molti quesiti ancor prima di incontrarli per la prima volta nella pratica.
Tuttavia, a mio parere, un conto è affrontare le varie problematiche “a freddo”, in via teorica, anche se con un taglio concreto; altra cosa è imparare a gestire l’udienza, capacità che credo si possa acquisire soltanto con l’esperienza. Senza assolutamente voler ridurre l’attività del magistrato ad un qualcosa di meramente pratico, credo che acquisire maggiore sicurezza potrebbe consentirci di svolgere al meglio un compito così delicato.
Simona Di Maria
La risposta dipende da vari fattori: quanto a lungo durerà la “paralisi”, quanto rarefatta sarà l’attività dopo la ripresa, quanto riuscirò a formarmi in questa fase di sospensione. Intendo dire che, se potessi sfruttare al meglio questo periodo con una formazione adeguata, sebbene ancora teorica (vedi p.to 2), potrei dedicare il periodo successivo solo alle udienze. Allora, forse, 2/3 mesi di udienze intense, sarebbe sufficiente.
Però rilevano anche altre considerazioni: da un lato, mi sentirei più tranquilla sapendo che questo periodo di stasi sarà recuperato con un allungamento del tirocinio (e se poi sarò riuscita a progredire anche durante la stasi, tanto meglio); dall’altro lato, mi rendo conto che gli uffici giudiziari di destinazione avranno più bisogno di prima e, per loro, un ritardo nella nostra presa di funzioni potrebbe essere una difficoltà in più; infine, ci sono i colleghi che andranno a coprire ruoli assai variegati e credo che per loro, anche la perdita di un mese o due, renda necessario il recupero.
di Tiziana Orrù
Sommario: Premesse. 1.Linee guida per l’adozione di protocolli di sicurezza nelle aziende. 2.La sospensione del rapporto di lavoro e le misure a sostegno del reddito. 3.Il divieto di licenziamento. 4.La sospensione dei termini giudiziali e stragiudiziali. 5.Lo Smart Working. 6.Considerazioni finali
Premesse.
La pandemia del coronavirus sta comportando una modifica senza precedenti nelle relazioni di lavoro in Italia e nel mondo.
I rischi della diffusione del virus e la necessità di affrontare la grave emergenza sanitaria hanno portato alla pubblicazione di numerosi provvedimenti normativi di urgenza che autorizzano, tra l'altro, misure di isolamento, quarantena, riduzione dell’attività giudiziaria; chiusura di scuole, musei, teatri, cinema, ristoranti e di tutti gli spazi in cui la riunione di persone potrebbe rappresentare un pericolo di diffusione del virus, come ad esempio i parchi pubblici; serrata degli esercizi commerciali e delle attività produttive in settori non essenziali per la sopravvivenza fisica e per la sanità.
Senza pretesa di esaustività vi offro una breve rassegna dei provvedimenti normativi più incisivi, lasciando spazio e tempo per ulteriori e necessari approfondimenti.
Quale è la situazione dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti di fronte agli effetti della pandemia?
1.Linee guida per l’adozione di protocolli di sicurezza nelle aziende.
Innanzitutto merita menzione il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro non sanitari sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali (CGIL CISL e UIL) il 14 marzo 2020 in attuazione dell’art. 1, co. 1 n. 9 del DPCM 11 Marzo 2020.
Il documento, composto da dodici punti, contiene linee guida per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti contagio e di regolamentazione delle attività negli ambienti di lavoro per favorire il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus. A titolo esemplificativo sono trattati i doveri di informazione del personale, le modalità di ingresso in azienda, l’obbligo di pulizia e sanificazione dell’azienda, l’adozione dei dispositivi di protezione individuale, la predisposizione di un sistema che eviti sistematicamente che i lavoratori possano avvicinarsi a meno di un metro uno dall’altro o dalla clientela.
Il protocollo fa inoltre riferimento alla doverosa adozione di alcuni accorgimenti in materia di trattamento dei dati personali e tratta, infine, il tema della sorveglianza sanitaria.
Stante la espressa raccomandazione che la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano "adeguati livelli di protezione", deve ritenersi che in mancanza degli adeguamenti organizzativi previsti dal Protocollo, anche se non iscritti nell’aggiornamento al Documento di Valutazione dei Rischi, l’attività lavorativa debba essere sospesa.
Il Protocollo siglato il 14 marzo, pur non essendo stato concepito né in una logica vincolante né quale documento universalmente valido può tuttavia costituire un importante punto di riferimento per determinare i livelli minimi di sicurezza sui luoghi di lavoro in analogia con quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 7 lett. d) ed e) e commi 8 e 9 del DPCM 11 Marzo 2020.
A questo proposito deve essere richiamato l’art. 44 d.lgs. 81/08 che prevede espressamente: il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
Di conseguenza un eventuale provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti di un lavoratore che rifiuti di prestare la propria attività in luoghi di lavoro ove non siano stati adottati adeguati livelli di protezione sarebbe da considerare sicuramente illegittimo.
La violazione delle disposizioni di protezione giustifica pertanto a mio parere l’astensione dal lavoro con diritto alla retribuzione ai sensi dell’art. 1460 c.c., potendosi ritenere che il rifiuto di prestare l’attività lavorativa costituisca una reazione proporzionata all’inadempimento del datore di lavoro agli obblighi di sicurezza, in violazione oltre che dell’art. 2087 c.c., anche di principi di rilievo costituzionale quale è sicuramente il diritto alla salute.
Può inoltre senz’altro ritenersi che il Protocollo possa costituire altresì un valido punto di riferimento per rimodulare l’attività aziendale nel caso di sua continuità secondo i criteri indicati al punto 8, che prevedono la chiusura dei reparti non produttivi, la rimodulazione dei livelli produttivi, la turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione per ridurre al minimo i contatti e l’utilizzo dello smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte a distanza.
2.La sospensione del rapporto di lavoro e le misure a sostegno del reddito.
Successivamente il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, dopo aver previsto la chiusura di numerose attività produttive ritenute non essenziali, ha offerto alcune soluzioni alla vasta gamma di specificità derivanti dalla sospensione del funzionamento delle imprese.
Innanzitutto e come criterio generale è stato previsto l’intervento della Cassa Integrazione Guadagni (anche in deroga) con procedura semplificata o di altre forme di integrazione salariale, della durata di nove settimane, per le sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro per tutti i lavoratori ai quali non è consentito rendere la propria prestazione lavorativa perché l’attività produttiva del datore di lavoro risulta compresa nei settori individuati per disposizioni normative e/o comunque per ordine delle Autorità delegate; con la precisazione importante che la domanda di accesso motivata dalla causale “speciale” COVID-19 esclude la verifica della sussistenza dei requisiti legati alle causali ordinarie contemplate dall’art. 11 del d.lgs. 148/2015 ed il versamento della contribuzione addizionale (cfr. messaggio n. 1287 del 20.3.2020 dell’Inps).
In virtù di quanto previsto al citato punto 8 del Protocollo del 14.3.2020 deve ritenersi che per le imprese ammesse a fruire degli ammortizzatori sociali questi debbano essere utilizzati “in via prioritaria”, e solo nel caso in cui questi non risultino sufficienti si potranno utilizzare i periodi di permesso e ferie arretrati non ancora fruiti, così come i periodi di congedo straordinario.
Diversamente, per le attività escluse da possibili interventi di sostegno al reddito dei lavoratori e per i periodi di obbligata sospensione dal lavoro le parti del rapporto di lavoro potranno utilizzare alcuni strumenti quali ferie arretrate o permessi accantonati negli anni precedenti, congedi ed indennità previsti per i genitori di figli di età non superiore ai 12 anni, permessi ex legge 104/1992, esauriti i quali il lavoratore potrà essere sospeso in aspettativa non retribuita per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Il d.l. 18/2020 ha istituito inoltre uno specifico congedo conseguente alla sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche.
L’art. 23 ha previsto per i genitori (anche affidatari) di bambini fino ai 12 anni il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 15 giorni, cui corrisponde una indennità pari al 50% della retribuzione. Il congedo straordinario spetta alternativamente a entrambi i genitori, entro il limite complessivo di 15 giorni. Il diritto all’indennità si applica senza limite di età in caso di congedo specifico richiesto da lavoratrici o lavoratori con figli minori con disabilità accertata. In alternativa, i dipendenti beneficiari potranno optare per la corresponsione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby sitting nel limite massimo complessivo di 600 euro, ovvero potranno usufruire di un congedo non retribuito con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro per tutto il periodo di chiusura delle scuole, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.
Tra le misure a sostegno del reddito merita menzione anche l’art. 24 che ha previsto l’estensione del numero di giorni di permesso mensile retribuito di cui all’art. 33, co. 3, L. 104/1992 per ulteriori complessive 12 giornate, usufruibili nei mesi di marzo ed aprile 2020.
Infine devono essere prese in considerazione le ipotesi nelle quali la sospensione dal lavoro derivi da provvedimenti autoritativi di quarantena per i quali sia previsto il divieto di allontanamento dalla propria abitazione. Si tratta a ben vedere di ipotesi di impossibilità sopravvenuta a rendere la prestazione che l’art. 26 del d.l. 18/2020 ha espressamente equiparato alla malattia, con esclusione di ogni rilievo ai fini del computo del periodo comporto. Non trattandosi di periodo di malattia resta ferma la possibilità per il datore di lavoro di organizzare la prestazione del dipendente con modalità da remoto che consentano perciò la prosecuzione dell’attività.
Diversamente nel caso in cui la sospensione della prestazione derivi dalla circostanza dell’aver contratto il virus, è importante segnalare che con la nota del 17 marzo 2020 l’Inail ha disposto la trattazione dei casi di Covid 19 come infortunio sul lavoro per tutto il personale medico e paramedico sia del SSN sia dipendente di strutture sanitarie pubbliche o private. La causa violenta, elemento costitutivo dell’infortunio sul lavoro ex art. 2 D.P.R. 1124/65, è stata ravvisata nella causa virulenta di natura biologica, ciò che consente di ritenere che possano essere ammessi alla tutela dell’Inail tutti quei casi di contrazione di contrazione del virus da parte di lavoratori non addetti al settore sanitario, qualora sia dimostrata l’eziologia professionale della stessa.
3.Il divieto di licenziamento.
Tra le misure a sostegno del lavoro durante l’emergenza sanitaria il governo ha introdotto diverse limitazioni alla possibilità del datore di lavoro di procedere al recesso dal rapporto, in particolare agli articoli 23, comma 6, 46 e 47, comma 2.
L’art. 23 co. 6, come già detto, vieta il licenziamento dei lavoratori che fruiscono dello speciale congedo per il periodo di chiusura delle scuole. La finalità dichiarata di conservazione del posto parrebbe escludere la possibilità di recesso dal rapporto di lavoro per qualsiasi causa.
In altri termini l’art. 47 co. 2 prevede che fino alla data del 30 aprile 2020, l’assenza dal posto di lavoro da parte di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile, a condizione che sia preventivamente comunicata e motivata l’impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei Centri di cui al comma 1.
In quest’ultimo caso, fermo restando quanto previsto dagli articoli 23, 24 e 39 del medesimo decreto il divieto è espressamente riferito alle sole ipotesi di licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c.
Diversamente, l’art. 46 -non ostate la rubrica riferita alla Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti- contiene norme destinate a limitare la facoltà di licenziamento disponendo che: 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604.
La norma si applica a tutti i datori di lavoro imprenditori e non imprenditori a prescindere dal numero di dipendenti dell’azienda.
Dal 17 marzo 2020 al 16 maggio 2020 sono pertanto bloccate le procedure di avvio della riduzione collettiva del personale, nonché i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
Nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 ai sensi degli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
Deve perciò ritenersi che fino alla scadenza del suddetto termine i datori di lavoro che abbiano iniziato una procedura di licenziamento collettivo, anche se giustificata da motivi diversi dall’emergenza epidemiologica da Covid 19, non possano procedere oltre gli atti già compiuti. Di conseguenza se la lettera di licenziamento non è stata ancora consegnata, quel licenziamento - a prescindere dalla fase procedurale in cui si trovava all’entrata in vigore del decreto - è congelato.
Diversamente per i licenziamenti individuali non è prevista la sospensione della procedura ex art. 7 l. 604/66 (tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi la Commissione Provinciale di Conciliazione presso l'Ispettorato del Lavoro).
La norma, infatti, per i licenziamenti individuali dispone esclusivamente il divieto di recesso dal contratto sino al 16 maggio 2020, con la conseguenza che le procedure di licenziamento già avviate sono poste nel nulla e dovranno essere eventualmente riattivate dopo tale data (salvo proroghe).
Un licenziamento irrogato dopo il 23 febbraio e durante tutto il periodo di blocco si dovrebbe senz’altro configurare come affetto da nullità assoluta, in analogia con altre situazioni contemplate dall'ordinamento, come ad esempio il divieto di licenziamento della lavoratrice madre con diritto alla reintegra piena ex art.. 18, comma 1 L. 330/70 nonché art. 2 co. 1 del d.lgs. n. 23/2015 ove è disposta negli “altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge”.
Restano esclusi dalla sospensione: il licenziamento disciplinare (giusta causa e giustificato motivo soggettivo), il licenziamento per superamento del periodo di comporto, i licenziamenti dei dirigenti, i licenziamenti dei lavoratori domestici, la risoluzione del rapporto di apprendistato, i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età, per la fruizione della pensione di vecchiaia.
4.La sospensione dei termini giudiziali e stragiudiziali.
La formulazione dell’art. 83 co. 2 e 8 ha interamente recepito l’interpretazione autentica del previgente art. 1 co. 2 del d.l. n. 11/2020 indicata dallo stesso Governo nella relazione tecnica che ne ha accompagnato il Disegno di Legge n. 1757 di conversione: pertanto la sospensione dei termini è ora prevista in via generale per tutti i procedimenti e processi civili e penali pendenti -anche quando non sia fissata udienza nel periodo interessato.
L’ampia formula utilizzata dal legislatore e la ratio sottesa alla sospensione consentono senz’altro di ritenere che nel concetto di procedimento pendente debbano essere ricondotti anche i procedimenti per i quali è pendente il termine per proporre opposizione (es. decreti ingiuntivi), ovvero più in generale per proporre impugnazione.
Comma 2: Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo.
L’art. 83 è intervenuto altresì a colmare un’importante lacuna del precedente provvedimento disciplinando i cc.dd. termini a ritroso, prevedendo che quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.
Il successivo comma 8 dell’art. 83 contiene una rilevante previsione relativa alla sospensione dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti limitatamente ai periodi di efficacia dei provvedimenti di limitazione dell’attività giudiziaria adottati dai capi degli Uffici ai sensi dei commi 5 e 6 del medesimo art. 83.
La materia lavoristica è densa di disposizioni -quali l’art. 6 della legge n. 604/1966, l’art. 32 della legge n. 183/2010, gli artt. 28 e 39 del d.lgs. 81/2015- che impongono rigidi termini di decadenza.
Ebbene, il citato comma prevede la sospensione dei termini di decadenza e di prescrizione dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti adottati dai capi degli uffici ai sensi dei commi 5 e 6.
Ne consegue che non possono essere ricompresi nella sospensione disciplinata dal comma 8 tutti gli atti che devono essere compiuti dalle parti personalmente o attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale, quali ad esempio l’impugnativa stragiudiziale del licenziamento.
Restano ovviamente salve le diverse disposizioni originariamente previste per le cc.dd. zone rosse dall’art. 10, co. 4, del d.l. n. 9/2020 per il quale il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali è sospeso dal 22 febbraio 2020 fino al 31 marzo 2020 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.
Il successivo art. 1 del d.l. n. 11/2020, che ha esteso le limitazioni della zona rossa a tutto il territorio nazionale, ha previsto espressamente che resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 10 del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9.
Viceversa l’art. 83 del d.l. n. 18/2020 non solo non ha riprodotto la norma ma ha abrogato l’art. 1 anzidetto.
Questo consente senz’altro di ritenere che la previsione della sospensione dei termini stragiudiziali resti limitata alla originaria zona rossa e solo sino al 31 marzo 2020.
5.Lo Smart Working.
In data 1 marzo 2020 è stato approvato il primo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il cui art. 4 ha stabilito che … la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro.
La previsione è stata confermata dal DPCM del 4 marzo 2020.
Il successivo DPCM dell’8 marzo 2020 ha ulteriormente previsto che gli obblighi di informativa in materia di sicurezza sul lavoro (articolo 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81) sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro.
In data 11 marzo 2020 è stato emanato un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il cui articolo 1, fra l’altro, raccomanda di massimizzare l’utilizzo dello Smart Working per quelle attività che possono essere svolte dal proprio domicilio o in modalità a distanza, anche se non interessate dalla sospensione, stabilendone la priorità rispetto ad altre misure contrattuali quali la concessione di ferie e permessi.
Si tratta di una disposizione di fondamentale importanza che, unitamente alla possibilità di deroga alla necessità di accordo tra le parti, fonda un vero e proprio diritto potestativo in capo al datore di lavoro ed un conseguente obbligo del lavoratore.
La previsione, che ben si concilia in termini costituzionali con l’art. 41 co. 2 della Costituzione, disciplina tuttavia una fattispecie di lavoro agile difforme dalle disposizioni contenute negli artt. 18-23 l. n. 81/2017.
Per evitare di ingenerare confusione sarebbe perciò preferibile l’utilizzo di una terminologia diversa da quella della legge n. 81.
In assenza di accordo tra le parti ad esempio su orario di lavoro, strumenti aziendali, tutela delle informazioni, diritto alla disconnessione, etc., sembra più opportuno parlare di homeworking o lavoro a distanza la cui regolamentazione, rimessa totalmente al datore di lavoro, dovrà necessariamente essere la medesima del contratto di lavoro per quanto compatibile con la diversa modalità di prestazione dell’attività.
Resta ovviamente salva la possibilità di una diversa regolamentazione tra le parti che definisca gli ambiti di fruibilità dell’istituto e gli aspetti di dettaglio nel periodo di emergenza indicato dalla norma.
Deve, infine essere fatta menzione:
- dell’art. 39 del d.l. n.18/2020 che testualmente prevede: 1.Fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. 2. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.
- dell’art. 87 del medesimo decreto legge che sancisce il principio che il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in quanto limita la presenza negli uffici dei dipendenti addetti ai soli lavori indifferibili, con la precisazione che nella gestione della suddetta modalità lavorativa si prescinda dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.
L’art. 87 ha anche previsto che la prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione. In tali casi l’articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione.
Infine deve ulteriormente essere osservato - a conferma della diversità dell’istituto dello Smart Working “dell’emergenza” rispetto al lavoro agile disciplinato dalla l. n. 81/2017- che il recente d.l. n. 19/2020 all’art. 1, comma 2, lett. ff) ha previsto la predisposizione di modalità di lavoro agile, anche in deroga alla disciplina vigente, da dottarsi con la procedura del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri indicata dal successivo art. 2.
6.Considerazioni finali
L’analisi della disciplina emergenziale fin qui esaminata mette senz’altro in evidenza che di fronte all'epidemia di Coronavirus Covid-19 il governo è in totale solidarietà con le imprese ed i loro dipendenti.
L’auspicio è che nelle relazioni di lavoro così come in quelle sociali la mobilitazione futura continui ad essere improntata all’imperativo del buon senso, cercando di contemperare la necessità di salvaguardare la salute oltre che i posti lavoro.
Allo stato tutto è molto incerto, ma l’auspicio è che da questa emergenza possiamo uscire più rafforzati come società, con il miglioramento dei rapporti di lavoro e il consolidamento dei valori costituzionali che ci sono tanto cari, tra i quali primo fra tutti il dovere di solidarietà, che mai come in questo periodo deve essere urgentemente salvaguardato a livello universale.
L’Unione europea contro la pandemia di COVID-19: tra solidarietà per gestire l’emergenza sanitaria e adattamento degli strumenti esistenti, alla ricerca di un piano comune di rilancio
di Elisa Arbia e Carlo Biz [1]
Sommario: 1. Introduzione - 2. Guarire l’Europa: le reazioni alla crisi sanitaria - 2.1 Tutela della salute pubblica a livello dell’Unione europea - 2.2 Strumenti di gestione dell’emergenza - 3. Proteggere l’Europa: interventi nell’ambito del mercato interno - 3.1 Interventi attraverso le libertà fondamentali - a) la libera circolazione delle merci - b) la libera circolazione delle persone - 3.2 Interventi su alcuni settori particolarmente colpiti. Il caso dell’aviazione civile - 3.3 Interventi in materia di politica della concorrenza - 4. Rilanciare l’Europa: interventi in materia monetaria, fiscale ed economica - 4.1 Politica monetaria: il ruolo e le iniziative della Banca centrale europea - 4.2 I vincoli di bilancio del Patto di stabilità e crescita: l’attivazione della clausola di salvaguardia generale - 4.3 Interventi mirati in campo socio-economico: la mobilitazione dei fondi strutturali, l’iniziativa SURE - 5. Conclusioni: la definizione di un piano comune di rilancio
1. Introduzione
"La storia del mondo è anche la somma delle cose che avrebbero potuto essere evitate". La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso del 26 marzo 2020 al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria ha chiosato con queste enigmatiche parole di Konrad Adenauer, padre fondatore tedesco dell’Unione europea. La Presidente von der Leyen ha quindi terminato con una chiara esortazione di unità e solidarietà agli Stati membri: “La storia ci guarda. Cerchiamo di fare insieme quello che è giusto – con un unico cuore grande e non con 27 piccoli”[2].
La tutela della salute pubblica ha messo l’Unione europea di fronte alla sua prova più ardua come ente sovranazionale, anche se quasi ironicamente quest’ultima rientra nel novero delle materie per cui gli Stati membri sono sempre stati riluttanti a cedere la propria sovranità. Ripercorrendo le tappe del processo di integrazione europea infatti, il settore sanitario è stato sempre gelosamente mantenuto su un piano nazionale.
Eppure, nonostante la natura limitata delle competenze attribuitele in materia di salute, l’Unione Europea sta svolgendo un ruolo cruciale nella lotta alla pandemia di COVID-19, se solo si guarda ai due obiettivi di breve termine: guarire l’Europa nell’ambito dell’emergenza sanitaria ora in corso (§ 2) e proteggerla in maniera coordinata dalle importanti ricadute socio-economiche nel breve e medio periodo (§ 3). Un discorso a parte meritano le prospettive monetarie, fiscali e macroeconomiche di lungo periodo i cui interventi per rilanciare il Continente post-emergenza sono per un certo verso ancora in via di definizione. Se, infatti, alcune importanti misure sono state adottate in questi giorni – il cui impatto forse per ora è meno percepito (§ 4), molti sono ancora i possibili (e auspicabili) ambiti di manovra che potrebbero avere un profondo impatto su tutti gli Stati membri, e più in generale sul ruolo e sulla missione dell’Unione, chiamata peraltro proprio in questo periodo a definire il proprio quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Da questo punto di vista, è ancora da vedere se il piano comune di rilancio sarà all’altezza di un’Unione con un unico cuore grande e non con 27 piccoli (§ 5).
2. Guarire l’Europa: le reazioni alla crisi sanitaria
2.1 Tutela della salute pubblica a livello dell’Unione europea
Come premessa generale è utile rilevare che l’assetto attuale delle competenze in materia di salute pubblica a livello di Unione europea si dipana su un piano programmatico, utile in prospettiva di lungo termine. Tale assetto però non ha permesso una risposta tempestiva ed univoca da parte dell’Unione europea volta, ad esempio, alla chiusura delle frontiere di Schengen prima dell’escalation del virus COVID-19 nel territorio degli Stati membri. Risposta che, evidentemente, sarebbe stata auspicabile per evitare interventi diversificati, intempestivi e non coordinati. Ciò non di meno, come si vedrà nel prosieguo, le disposizioni in materia di sanità pubblica rappresentano una base giuridica importante per gli interventi in atto per arginare la crisi attraverso l’utilizzo degli strumenti emergenziali su più fronti dei quali l’Unione europea dispone.
In generale, ai sensi dell’articolo 6, lettera a) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), l’Unione detiene una competenza di sostegno nell’ambito della tutela e miglioramento della salute umana. L’Unione può dunque solamente sostenere, coordinare o completare l’azione dei paesi dell’UE in questo campo. Gli atti dell’Unione giuridicamente vincolanti adottati sulla base di competenze di sostegno non possono comportare l’armonizzazione delle leggi o dei regolamenti degli Stati membri.
Di particolare importanza è la precisazione che vi è una norma specifica, ovverosia l’articolo 168 TFUE, che oltre a rappresentare la base giuridica sostanziale per interventi emergenziali, pone un principio generale di particolare importanza in materia, prevedendo che “nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività dell’Unione deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute”[3]: la tutela della salute quindi come presupposto e stella polare nell’azione dell’Unione europea, sotto l’egida del più ampio principio di precauzione.
Si osserva che, in deroga alla generale competenza di sostegno e in conformità dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera k) TFUE, l’Unione dispone di una competenza concorrente con quella degli Stati membri per quanto riguarda i problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. Nonostante il principio di sussidiarietà in questo settore venga inteso in senso particolarmente restrittivo dai ministri della sanità e dagli Stati membri, riluttanti a vedere sui propri sistemi sanitari l’influenza dell’Unione europea, quest’ultima può esercitare la propria azione in maniera trasversale e indiretta.
Il risultato è che, pur mancando un sistema sanitario coordinato a livello dell’Unione europea, possiamo parlare di una politica europea comune che passa attraverso meccanismi e competenze diverse, tra le quali anche quelle legate alla tutela del mercato interno e delle politiche fiscali, che forniscono la possibilità all’Unione Europea di intervenire nella modalità operativa che sinora si è dimostrata più consona alla propria conformazione: il ruolo di regolatore.
Ne consegue che gli effetti sono spesso potenti ma difficili da vedere perché tesi ad un’ottica programmatica e di indirizzo delle situazioni “fisiologiche”. In questo senso l’operato dell’Unione Europea in materia di sanità pubblica passa anche attraverso la regolazione degli standard per assicurare uno spazio di concorrenza all’interno del mercato interno, la regolazione delle politiche fiscali dei paesi, la diffusione di buone pratiche, lo sviluppo di centri di ricerca comuni, di strategie e piani sanitari, e attraverso l’istituzione di una Direzione Generale per la salute e sicurezza alimentare (DG SANTE)[4].
Se quanto sinora richiamato può apparire poco tangibile, è utile rinviare inter alia alle numerose misure adottate in materia di protezione dei lavoratori che maneggiano sostanze cancerogene, allo sviluppo di forme di sanità elettronica, ai certificati protettivi complementari per medicinali, al supporto a persone affette da una serie di malattie quali autismo, diabete, difetti uditivi, per nominarne alcuni[5]. Ma soprattutto è utile ricordare che dal 2014 è stato istituito, in quello che è definito il “meccanismo europeo di protezione civile”, e che verrà di seguito approfondito, un Corpo medico europeo, che riunisce tutti i mezzi di risposta medici pre-impegnati dagli Stati nel pool europeo di protezione civile. Si tratta di squadre mediche di emergenza, laboratori di bio-sicurezza mobili e risorse per l’evacuazione medica messi a disposizione da 11 Stati col supporto finanziario dell’Unione, che finora sono stati dispiegati per missioni umanitarie in Mozambico e Samoa[6].
2.2 Strumenti di gestione dell’emergenza
Come anticipato, nonostante le carenze sotto il profilo di intervento diretto in materia di salute pubblica, l’Unione europea non manca di strumenti emergenziali. Seppur nella sua forza travolgente, infatti, la pandemia di COVID-19 non è certo la prima crisi ad essere fronteggiata a livello UE, dalla caduta delle Torri Gemelle del 2001, all’epidemia di SARS nel 2003, passando per la crisi dei debiti sovrani del 2008, e per finire con gli attentati terroristici dell’ISIS in Europa del 2016. Ognuna di queste fasi drammatiche ha messo a dura prova l’Unione, portandola ad assumere strumenti adeguati alla risoluzione di crisi future. Di particolare importanza in questo senso sono stati gli interventi legislativi adottati dopo gli attacchi terroristici di Al Qaeda a Madrid del 2004 adottati nell’ambito del Trattato di Lisbona, firmato nel dicembre 2007 e entrato in vigore nel gennaio 2009.
Nel tempo l’Unione europea si è dotata, dunque, di una serie di strumenti che consentono di intervenire nella gestione di calamità derivanti dallo scoppio di epidemie o, addirittura, di pandemie. In particolare il trattato di Lisbona ha introdotto all’articolo 6, lettera f) TFUE una competenza complementare dell’Unione europea nell’adottare azioni tese al supporto, coordinamento e integrazione dell’azione degli Stati membri inter alia in materia di protezione civile. In questo senso l’articolo 6, lettera f) rappresenta norma primaria posta a base giuridica per il successivo sviluppo di un vero e proprio corpus normativo riconducibile nel novero della c.d. EU Disaster Response Law [7] volto ad affrontare calamità o catastrofi, ovverosia “qualsiasi situazione che abbia o possa avere conseguenze gravi sulle persone, l’ambiente o i beni, compreso il patrimonio culturale”[8]. Il pacchetto della EU Disaster Response Law consta principalmente di tre strumenti, che in questa sede è essenziale richiamare, seppur senza pretesa di esaustività[9].
In primo luogo, su un piano preventivo, il “meccanismo europeo di protezione civile” introdotto con la Decisione 1313/2013/UE[10] adottata sulla base dell’articolo 196 TFUE che stabilisce, tra l’altro, una competenza concorrente in capo all’Unione europea al fine di: (i) sostenere e completare l'azione degli Stati membri non solo a livello nazionale, ma anche a livello regionale e locale, concernente la prevenzione dei rischi, la preparazione degli attori della protezione civile negli Stati membri e l'intervento in caso di calamità naturali; (ii) promuovere una cooperazione operativa rapida ed efficace all'interno dell'Unione tra i servizi di protezione civile nazionali; (iii) e favorire la coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale in materia di protezione civile. Questa norma è atta a rappresentare la base giuridica per un intervento legislativo secondo procedura legislativa ordinaria da parte del Parlamento europeo e il Consiglio, superando così la previgente normativa in forza della quale qualsiasi intervento in materia da parte dell’Unione europea doveva essere adottato ad unanimità dal Consiglio con mera consultazione del Parlamento. Inoltre, tale norma introduce un mezzo di richiesta di aiuto da parte degli Stati membri, con intervento da parte degli altri Stati su base volontaria.
Sulla base di tale meccanismo il 19 marzo la Commissione europea ha deciso di creare una scorta strategica (“rescEU”), ossia una riserva europea comune, di attrezzature mediche di emergenza quali ventilatori, maschere di protezione e forniture per laboratori per i paesi dell'UE che ne hanno bisogno[11]. Tale scorta è finanziata al 90% dalla Commissione europea, e gestita da un centro di coordinamento della risposta alle emergenze, il c.d. Emergency Response Coordination Centre (“ERCC”) che gestisce la distribuzione delle attrezzature per garantire che siano inviate dove sono più necessarie[12]. Il meccanismo europeo di protezione civile, come si vedrà, ha trovato applicazione anche nelle operazioni di assistenza e di rimpatrio consolare dei cittadini dell'UE in tutto il mondo.
In secondo luogo, su un diverso piano, volto all’intervento attivo nell’arginare la crisi in atto, l’articolo 222, paragrafo 1 TFUE prevede una clausola di solidarietà in forza della quale l’Unione europea è giuridicamente obbligata a supportare qualsiasi Stato membro che sia vittima di un attacco terroristico o di una calamità naturale, nel caso in cui lo Stato membro ne faccia richiesta. La norma prevede, infatti, che “l'Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di calamità naturale […]”[13]. Sulla base della norma in esame, quindi, gli Stati membri sono obbligati ad intervenire a supporto dello Stato membro che ne faccia richiesta adottando le misure più appropriate[14]. Ad oggi la norma non è stata mai invocata dagli Stati membri, nemmeno a seguito degli attacchi terroristici del 2016, che pur l’avrebbero giustificata. Tuttavia, pur in mancanza di un obbligo giuridico in questo senso, numerosi sono stati i gesti di solidarietà all’interno dell’Unione europea: la Francia ha donato 1 milione di mascherine all’Italia, e la Germania ha inviato 7 tonnellate di forniture mediche (tra cui ventilatori e maschere anestetiche) in Italia, e accolto 100 pazienti italiani in terapia intensiva, solo per nominarne qualcuno[15].
Infine, la decisione 1082/2013/UE[16] introduce una disciplina in materia di grave minaccia alla salute, in materia di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio, allarme rapido e lotta contro le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, compresa la pianificazione della preparazione e della risposta in relazione a tali attività, allo scopo di coordinare e integrare le politiche nazionali. La base giuridica è fornita dall’articolo 168, paragrafo 5 TFEU, il quale nell’ambito della parte terza del TFUE intitolato “Salute, politiche e azioni interne dell’Unione” stabilisce una serie di strumenti anche di tipo legislativo e di intervento con particolare riferimento a situazione di grave pericolo per la salute pubblica, i c.d. “grandi flagelli”.
In particolare, la norma concede un ampio margine di manovra alla Commissione europea che, sempre in stretto contatto con gli Stati membri, può assumere “ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento, in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all'organizzazione di scambi delle migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici”. Il Parlamento europeo, dal canto suo, è pienamente informato e congiuntamente con il Consiglio “deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni” può adottare “misure di incentivazione […] per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera, misure concernenti la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero”. Infine, giova rammentare che il Consiglio può altresì adottare raccomandazioni su proposta della Commissione.
3. Proteggere l’Europa: interventi nell’ambito del mercato interno
3.1 Interventi attraverso le libertà fondamentali
Oltre agli strumenti sinora richiamati, è utile rilevare come le disposizioni relative al mercato interno dell’Unione europea, fondato sulle quattro libertà fondamentali come sancite nei Trattati, si stiano rilevando di estrema utilità nel contesto dell’attuale crisi sanitaria legata alla pandemia di COVID-19 al fine di supportare gli Stati membri, assicurando efficienza, sinergie e soprattutto solidarietà all’interno dell’Unione.
a) La libera circolazione delle merci
Dal punto di vista della libera circolazione delle merci, storicamente lo strumento principe per la realizzazione del mercato interno, è necessario rilevare come a seguito dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di COVID-19 si è assistito a svariate iniziative di stampo protezionista da parte di alcuni Stati membri. Tali restrizioni alle esportazioni, riguardanti essenzialmente mascherine, respiratori e altri dispositivi di protezione individuale, appaiono palesemente contrarie al divieto di restrizioni quantitative all’esportazione e di misure di effetto equivalente sancito all’articolo 35 TFUE. Sulla base dell’articolo 36 TFUE, gli Stati membri possono adottare divieti o restrizioni per motivi legati alla tutela della salute e della vita delle persone. Cionondimeno, tali eventuali misure – autentiche deroghe al divieto di cui all’articolo 35 TFUE – sono interpretate in modo assai restrittivo nella giurisprudenza della Corte e devono pertanto rispettare i principi di necessità, adeguatezza e proporzionalità per essere considerate legittime[17]. Da questo punto di vista, dei divieti tout court alle esportazioni senza un ambito di applicazione chiaramente individuato, una motivazione ragionevole e una durata limitata saranno facilmente considerati come sproporzionati e pertanto vietati, e soggetti – laddove non rimossi – ad apposite procedure di infrazione su iniziativa della Commissione.
La Commissione europea si è pertanto attivata per richiedere una correzione urgente dei più di 1300 divieti e restrizioni adottate dagli Stati membri negli scorsi mesi, che sono in ogni caso in corso di valutazione da parte dei servizi competenti della Commissione medesima[18]. A tale riguardo sussiste infatti per gli Stati membri un obbligo di comunicare le misure nazionali che intendono adottare al fine di garantire uno scambio di informazioni e un coordinamento efficaci all’interno dell’Unione. Allo scopo di fornire una guida utile alle autorità nazionali, la Commissione ha inoltre pubblicato degli orientamenti per le misure di gestione delle frontiere per proteggere la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali[19]. In tali orientamenti si sottolinea quanto il mercato interno per i dispositivi medici e di protezione individuale risulti fortemente integrato, così come le rispettive filiere e reti di distribuzione[20].
Infine, merita di essere segnalata anche l’adozione da parte della Commissione europea di un regolamento di esecuzione del regolamento (UE) 2015/479 relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni[21]. Tale atto di esecuzione mira in sostanza a limitare a casi eccezionali (autorizzati dai singoli Stati membri) l’esportazione al di fuori del territorio dell’Unione di materiale di protezione individuale, individuando una serie di prodotti specifici nell’Allegato I. Il divieto è valido inizialmente per un periodo di sei settimane, con possibilità di proroga o modifica. Nel diritto del commercio internazionale, tali restrizioni alle esportazioni risultano vietate ai sensi dell’articolo XI, paragrafo 1 del GATT 1994. Nel caso di specie, l’eccezione di cui al paragrafo 2(a) di questa disposizione entra in gioco, facendo riferimento alla possibilità di introdurre restrizioni per impedire la carenza di generi alimentari o altri prodotti essenziali per il membro interessato dell’Organizzazione mondiale del commercio (in questo caso, l’Unione europea, membro dal 1° gennaio 1995).
In questo contesto, oltre alla richiamata misura emergenziale del rescEU, è interessante evidenziare l’avviamento da parte della Commissione europea di una procedura di appalto svolta congiuntamente, in modo accelerato e condiviso a livello di 26 Stati membri, al fine di permettere l’acquisto delle forniture mediche necessarie da parte della stessa Unione Europea. Si tratta dell’attuazione del c.d. Joint Procurement Agreement che ha permesso l’indizione, ad oggi, di quattro gare d’appalto tutte con esito positivo in termini di compatibilità delle offerte e rapidità nella predisposizione delle forniture[22].
b) La libera circolazione delle persone
Per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, con una comunicazione del 16 marzo 2020 la Commissione europea ha raccomandato al Consiglio europeo, e in particolare agli Stati membri parte dello spazio Schengen, di restringere temporaneamente i viaggi non essenziali dai Paesi terzi verso l’Unione europea[23]. La Commissione ha parimenti suggerito agli Stati interessati di disincentivare i viaggi dei propri cittadini e residenti di lungo termine al di fuori dei propri territori. Allo stesso tempo, la Commissione europea ha proposto i suddetti orientamenti per le misure di gestione delle frontiere. Entrambi gli atti sono stati approvati dal Consiglio europeo il 18 marzo 2020.
Tale restrizione ha una durata temporanea di 30 giorni e non si applica ai cittadini di tutti gli Stati membri dell’Unione e degli Stati associati allo spazio Schengen (ovverosia Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) che si trovino al di fuori del territorio dell’Unione e intendano tornare verso i rispettivi paesi di origine. Beneficiano di tale esenzione anche i cittadini di Paesi terzi che abbiano lo status di residenti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE, così come una serie di categorie specificamente elencate (ad esempio, personale medico e sanitario, corpo diplomatico, lavoratori transfrontalieri, ecc.).
Una tale eccezionale misura coordinata rispetto alle frontiere esterne dovrebbe scoraggiare il mantenimento di eventuali controlli alle frontiere interne, che rischiano di avere un impatto serio e grave sul funzionamento del mercato interno, caratterizzato da un alto livello di integrazione e dal transito quotidiano di milioni di persone. La raccomandazione della Commissione ha infatti posto l’accento sulla necessità di applicare in modo restrittivo tali controlli eccezionali alle frontiere interne dello spazio Schengen, introdotte da numerosi Stati membri ai sensi dell’articolo 28 del Codice frontiere Schengen[24]. Tale articolo prevede infatti una procedura specifica per ripristinare i controlli alle frontiere in casi che richiedono un’azione immediata, facendo riferimento a minacce gravi per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro. L’adozione di tali misure deve essere adeguatamente motivata e contestualmente comunicata alla Commissione e agli altri Stati membri. Lo Stato membro interessato, in casi specifici e giustificati, può prorogare il periodo iniziale di dieci giorni tramite estensioni per periodi rinnovabili non superiori a venti giorni fino a un massimo di due mesi. Ogni valutazione è da effettuarsi alla luce dei principi cardine di necessità e proporzionalità.
Inoltre, è utile rilevare come sempre nell’ambito del più volte richiamato meccanismo europeo di protezione civile il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (“ERCC”) coordina tutte le azioni con il SEAE e con gli Stati membri nelle capitali dell'Unione europea, cofinanziando fino al 75% dei costi di trasporto. Ad oggi, e dall'inizio della pandemia di COVID-19, il meccanismo europeo di protezione civile ha agevolato il rimpatrio in Europa di oltre 20.000 cittadini dell'UE da Wuhan, Giappone, Oakland, Marocco, Tunisia, Georgia, Filippine e Capo Verde[25].
3.2 Interventi su alcuni settori particolarmente colpiti. Il caso dell’aviazione civile.
Un cenno merita anche l’intervento della Commissione in un settore fortemente colpito dall’attuale crisi sanitaria, ossia l’aviazione civile. Tutti gli operatori del settore si sono infatti trovati a gestire da un lato un elevato numero di richieste di rimborso e dall’altro lato, si sono visti costretti a cancellare molti voli previsti dato il drastico calo nella domanda.
Al fine di arginare i danni economici, la Commissione ha pertanto proposto una sospensione della cosiddetta regola “use-it-or-lose-it”, prevista dagli articoli 8, paragrafo 2 e 10 del regolamento (CEE) n. 95/93[26], la quale impone a un vettore aereo di utilizzare almeno l’80% delle bande orarie assegnategli in un determinato periodo dell’anno al fine di poter mantenere il diritto di utilizzare tale medesime bande orarie durante il periodo corrispondente dell’anno successivo.
La modifica proposta dalla Commissione europea è stata trattata in modo urgente dai co-legislatori tramite procedura scritta e il regolamento 2020/459[27] è entrato in vigore il 1° aprile 2020. In particolare, il nuovo articolo 10bis implica la sospensione (almeno) fino al 24 ottobre 2020 della regola “use-it-or-lose-it” con specifico riferimento alla situazione creatasi per l’impatto globale della pandemia di COVID-19. La sospensione ha efficacia retroattiva dal 23 gennaio al 29 febbraio 2020 per quanto riguarda i voli operati tra l’Unione europea e la Cina o Hong Kong. Inoltre, il nuovo articolo 12bis introduce una delega alla Commissione europea al fine di poter eventualmente prorogare la sospensione della regola tramite atto delegato oltre il 24 ottobre 2020. La Commissione europea è tenuta inoltre a presentare una relazione ai co-legislatori sul 15 settembre 2020 sull’applicazione della sospensione in seguito al monitoraggio continuo della situazione, in coordinamento con Eurocontrol (organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea).
Tale modifica è certamente da accogliere con favore e rappresenta un esempio di un iter legislativo rapido, coordinato ed efficace tra le tre istituzioni dell’Unione in tempo di emergenza. Dal punto di vista tecnico e istituzionale, la possibilità per la Commissione europea di adottare atti delegati al fine di prorogare la sospensione assicurerà infatti un intervento tempestivo della Commissione europea in caso di necessità e allo stesso tempo un controllo da parte del Parlamento e del Consiglio sull’opportunità di una tale eventuale proroga.
3.3 Interventi in materia di politica della concorrenza
In prospettiva microeconomica la politica in materia di concorrenza nell’ambito del mercato interno si presta ad essere parzialmente piegata a supporto delle imprese, attraverso una maggiore flessibilità nel controllo degli aiuti di Stato, articolo 107 TFUE, e delle intese restrittive della concorrenza, articolo 101 TFUE.
Sotto il primo profilo, com’è noto, la disciplina in materi di aiuti di Stato rappresenta importante strumento di intervento in mano alla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione europea, ed è finalizzato ad evitare che, attraverso aiuti economici gli Stati possano intervenire nel funzionamento del mercato e falsare la libera concorrenza. A questo scopo ogni qualvolta sia imputabile allo Stato una risorsa che comporti l’emergere di un vantaggio (finanziario o economico) a favore di un’impresa che non lo potrebbe ricevere in condizioni normali di mercato, con conseguente pregiudizio alla concorrenza e al commercio tra gli Stati membri, la Commissione europea può intervenire.
Tali aiuti sono vietati salvo una serie di clausole di salvaguardia. In particolare, per quel che interessa in questa sede, due sono gli strumenti di flessibilità previsti a favore degli Stati membri. Innanzitutto, di particolare importanza è il comma 2 lettera b) dell’articolo 107 TFUE, il quale prevede la compatibilità iuris et de iure con il mercato interno degli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali. In questo senso la norma consente agli Stati membri di compensare le imprese per danni arrecati da eventi straordinari, anche adottando misure nei settori dei trasporti aerei e del turismo.
Inoltre, il comma 3 lettera e) dell’articolo 107 TFUE introduce una clausola di flessibilità che prevede che possono considerarsi compatibili con il mercato interno “le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione europea”. In applicazione di tale disposizione, la Commissione europea ha adottato alcune disposizioni urgenti e provvisorie per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente di tale flessibilità al fine di sostenere l'economia. Tale clausola di flessibilità ai fini dell’adozione di un quadro temporaneo era stata invocata prima di oggi solo durante la crisi finanziaria nel 2008[28].
Nello specifico in forza del quadro temporaneo adottato lo scorso 20 marzo[29] gli Stati membri possono concedere cinque tipi di aiuti: (i) sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e acconti – con il tetto di 800 000 euro per ciascuna impresa – alle imprese che devono far fronte a urgenti esigenze in materia di liquidità; (ii) garanzie di Stato per prestiti bancari contratti dalle imprese per permettere alle banche di continuare ad erogare prestiti ai clienti commerciali che ne hanno bisogno; (iii) prestiti pubblici agevolati alle imprese con tassi di interesse favorevoli alle imprese al fine di coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti; (iv) garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all'economia reale, sfruttando le capacità di prestito esistenti delle banche e utilizzandole come canale di sostegno alle piccole e medie imprese (“PMI”); infine (v) assicurazione del credito all'esportazione a breve termine.
Tale quadro temporaneo è volto a perseguire un duplice obbiettivo. Da una parte consentire agli Stati membri di agire in modo rapido ed efficace per sostenere i cittadini e le imprese, in particolare le PMI, che incontrino difficoltà economiche a causa dell'epidemia di COVID-19. Dall’altra, individuare una casistica concreta di aiuti ricadenti nel quadro temporaneo al fine di guardare ogni misura di supporto adottata dagli Stati membri nell’ottica di un quadro di insieme che tenga a mente una prospettiva futura. In questo senso la preoccupazione principale, come riecheggia nelle parole di Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva, responsabile della politica di concorrenza[30] è quella di evitare che “questo supporto per le imprese di uno Stato membro, leda l’unità di cui l’Europa ha bisogno, un’unità che ci permetterà di superare questa crisi”. In questo senso la Vicepresidente esecutiva Vestager afferma che “dobbiamo essere in grado di fare affidamento sul mercato unico europeo, per aiutare la nostra economia a superare l’epidemia e riprendersi con forza dopo”.
Diverse sono state le notifiche ad oggi presentate da diversi Stati membri e approvate dalla Commissione europea nel corso delle 48 ore seguenti, al fine di assicurare massima celerità nella procedura[31].
Più peculiare è il secondo aspetto, ossia quello concernente le intese restrittive della concorrenza di cui all’articolo 101 TFUE, che sono incompatibili con il mercato interno, e quindi vietate, se possono pregiudicare il commercio tra Stati membri e se hanno per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno medesimo. In quest’ambito è intervenuta una comunicazione della Rete europea della concorrenza (c.d. European Competition Network o “ECN”, gruppo informale che riunisce le varie autorità antitrust nazionali dell’Unione europea e la Commissione europea)[32] il quale ha chiarito una serie di aspetti.
Da una parte, l’ECN ha inteso ribadire con forza la necessità di mantenere saldi i principi in materia di diritto della concorrenza. Gli obiettivi di tutela della concorrenza, infatti, non devono venir disconosciuti in una fase in cui le imprese, e l’economia in generale, versano in uno stato di profonda crisi. In questo senso, le autorità non esiteranno ad intervenire nel caso in cui si dovessero verificare rialzamenti anomali dei prezzi di beni di prima necessità (quali mascherine protettive, gel disinfettanti) o nel caso in cui alcune imprese approfittino della situazione per concludere intese anticoncorrenziali e non benefiche per il mercato, o per porre in essere abusi di posizione dominante. Viene inoltre ribadita la possibilità per i produttori di fissare un prezzo massimo di rivendita dei beni utili per evitare prezzi ingiustificatamente alti a livello distributivo.
D’altro canto, le autorità hanno espresso una certa apertura, prevedendo la possibilità di esenzione per gli accordi necessari e temporanei compiuti tra imprese e volti al sostegno alla fornitura ed equa distribuzione di beni durante lo stato di crisi legato alla pandemia di COVID-19, e che altrimenti sarebbero vietati sotto l’egida della disciplina concorrenziale. Si legge nella comunicazione infatti che “[national antitrust authorities] will not actively intervene against necessary and temporary measures put in place in order to avoid a shortage of supply”[33].
4. Rilanciare l’Europa: interventi in materia monetaria, fiscale ed economica
Quanto sinora evidenziato merita di essere integrato con quello che è il dibattito sulla ricostruzione dopo la crisi emerso nelle ultime settimane. Gli scenari bellici di quarantena (se non di coprifuoco) che contraddistinguono il mondo in generale, e l’Europa in particolare, richiedono la predisposizione di un nuovo “Piano Marshall” – come suggestivamente definito dalla Presidente von der Leyen negli scorsi giorni[34] – che possa rilanciare un continente che si è dotato di una serie di importanti strumenti in seguito alla crisi della zona euro dello scorso decennio, ma molto probabilmente necessita di ulteriori passi avanti per superare l’attuale sfida dalle dimensioni senza precedenti. Questa volta come mai prima, le istituzioni dell’Unione europea e l’insieme dei suoi Stati membri dovranno dimostrare di essere davvero pronti a “fare tutto il possibile” per delineare un futuro comune e roseo per tutti i loro cittadini.
Il Consiglio europeo del 26 marzo 2020, chiamato a dare una prima risposta sul punto, si è concluso senza alcuna soluzione definitiva. Questo a causa del divario apparentemente incolmabile tra gli Stati membri del sud, che invocano lo sviluppo di strumenti di debito comune “innovativi” per affrontare l’attuale crisi sanitaria visto lo choc di tipo simmetrico su tutte le economie degli Stati membri, e quelli del nord, favorevoli essenzialmente all’impiego del Meccanismo europeo di stabilità (“MES”), eventualmente con una versione alleggerita delle restrittive condizionalità da applicare per l’attivazione delle sue linee di credito.
I principali attori istituzionali dell’Unione europea che hanno la missione, ma soprattutto la responsabilità in questo frangente, di rilanciare l’economia europea a seguito della pesante recessione dell’anno in corso sono la Banca centrale europea (“BCE”), la Banca europea degli investimenti (“BEI”), il Consiglio dell’Unione europea nella sua formazione “Economia e finanza” (“ECOFIN”) e l’Eurogruppo, organo informale che riunisce i ministri dei paesi della zona euro per discutere di questioni legate all'euro.
Si discute inoltre sempre di più in queste settimane del ruolo che potrebbe svolgere nel contesto della risposta alla presente crisi il Meccanismo europeo di stabilità o Fondo salva-Stati, organizzazione internazionale a carattere regionale attiva dal 2012, istituita mediante un trattato intergovernativo e nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro. Il presente contributo affronta solamente in modo tangenziale nelle proprie conclusioni il ruolo e la funzione che potrebbe essere ricoperta dal MES alla luce del testo emerso il 9 aprile 2020 come relazione della riunione dell’Eurogruppo volta a proporre iniziative per la risposta economica alla crisi legata alla pandemia di COVID-19[35].
4.1 Politica monetaria: il ruolo e le iniziative della BCE
Il Consiglio direttivo della BCE ha annunciato il 18 marzo 2020 un programma di acquisto per l'emergenza pandemica ( “PEPP”) da 750 miliardi di euro. Il PEPP è stato formalmente adottato con la decisione (UE) 2020/440 della Banca centrale europea[36]. Gli acquisti ai sensi del PEPP verranno effettuati dalla BCE fino alla fine del 2020 (ma potenzialmente anche in seguito) e saranno condotti in modo flessibile, potendo comprendere un’ampia gamma di titoli pubblici e privati, secondo specifici criteri di ammissibilità. Contestualmente, la BCE ha deciso di acquistare carte commerciali di adeguata qualità creditizia e di espandere la gamma della attività ammissibili come garanzia nelle proprie operazioni di rifinanziamento.
Con riferimento all’ambito di applicazione del PEPP, giova menzionare l’articolo 4 della decisione 2020/4040 sugli importi degli acquisti, che permette alla BCE di agire nella misura ritenuta necessaria e proporzionata a contrastare le minacce poste dalle straordinarie condizioni economiche e di mercato alla capacità del Sistema europeo delle banche centrali (“SEBC”) di assolvere il proprio mandato. In particolare, la BCE ha deciso che i tradizionali limiti al programma di acquisto di attività (c.d. asset pruchase programme, “APP”)[37] non si applicheranno alle quote ai fini del PEPP. Si tratta di una decisione assai audace, presa proprio per l’eccezionalità della presente situazione emergenziale.
Sommando ai 750 miliardi di euro del PEPP, il programma di allentamento monetario noto come “quantitative easing” o QE (lanciato nel 2015 dall’allora Presidente della BCE Mario Draghi) e dal valore di 20 miliardi di euro al mese, e i 120 miliardi di euro precedentemente messi a disposizione dal Consiglio direttivo il 12 marzo 2020, si ottiene un totale di oltre mille miliardi per il 2020. In sostanza, tramite tale ingente programma straordinario di acquisti da parte della BCE, gli Stati membri e le imprese possono contare su un acquirente dei loro strumenti di debito alternativo al mercato, che per lo stesso tipo di rischio verosimilmente richiederebbe interessi assai più alti. Tutto ciò dovrebbe avere l’effetto di salvaguardare la liquidità nella zona euro e così sostenere l’integrità dell’unione monetaria “a qualunque costo”.
Tali iniziative senza precedenti devono essere lette alla luce della funzione che la Banca centrale, in quanto istituzione dell’Unione europea, è chiamata a svolgere sulla base del diritto primario dell’Unione. L’art. 127, paragrafo 1 TFUE assegna infatti alla BCE e al SEBC una missione tanto precisa quanto soggetta a libera interpretazione, ossia di perseguire la stabilità dei prezzi. Trattasi dell’obiettivo cardine in materia di politica monetaria (richiamato innanzitutto all’art. 119 TFUE, norma introduttiva del capitolo dedicato), che è stato quantificato in un livello di inflazione annuo prossimo, ma inferiore, al 2%. D’altro canto, l’art. 123 TFUE è chiaro nel vietare alla BCE e alle banche centrali nazionali di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, così come di acquistare direttamente presso gli Stati membri dei titoli di debito.
La Corte di giustizia è intervenuta, in seguito a due rinvii pregiudiziali effettuati dalla Corte costituzionale federale tedesca nelle cause Gauweiler[38] e Weiss[39], per giudicare la validità delle misure non convenzionali adottate dalla BCE nello scorso decennio, ossia l’OMT (“outright monetary transactions”) e il succitato QE, alla luce dei limiti del mandato della BCE così come definito dai Trattati. In entrambi i casi i giudici hanno ritenuto valide le decisioni della BCE che hanno adottato i relativi programmi non convenzionali, considerando che gli acquisti di titoli di Stato si giustificavano in quanto proporzionali, volti a garantire l’unicità della politica monetaria e a perseguire la stabilità dei prezzi, nonostante entrambi producessero effetti indiretti sulla politica fiscale degli Stati membri, quest’ultimi non risultandone affatto incentivati ad adottare comportamenti di azzardo morale.
Relativamente all’articolo 123 TFUE, la Corte ha in particolare chiarito nella causa Guauweiler che esso “vieta qualsiasi assistenza finanziaria del [Sistema europeo delle banche centrali] ad uno Stato membro […] senza per questo escludere, in maniera generale, la facoltà, per il [Sistema europeo delle banche centrali], di riacquistare, presso i creditori di tale Stato, titoli in precedenza emessi da quest’ultimo” (paragrafo 95). Cionondimeno, deve ritenersi in ogni caso esclusa la possibilità di un intervento su mercati secondari che abbia effetto equivalente a un acquisto diretto di titoli del debito pubblico presso autorità e organismi pubblici degli Stati membri (paragrafo 97).
Per quanto il PEPP si riveli effettivamente un programma ben più esteso (anzi, potenzialmente illimitato) rispetto ai suoi predecessori OMT e QE, pare ragionevole considerare che la sua legalità non verrà messa in discussione dalla Corte di giustizia dato che, dall’analisi della decisione 2020/440 della BCE e alla luce della situazione di emergenza straordinaria, non sembra che il divieto di facilitazione creditizia sia stato aggirato, e che il principio di proporzionalità sia stato invece rispettato. Inoltre, il PEPP non sembra poter in qualche modo incentivare gli Stati membri a perseguire comportamenti di azzardo morale o comunque a non perseguire sane politiche di bilancio[40].
4.2 Patto di stabilità e di crescita: la clausola di salvaguardia generale
Il tanto discusso Patto di stabilità e crescita (“Patto”) è fondato giuridicamente sugli articoli 121 (sorveglianza multilaterale) e 126 (procedura per i disavanzi eccessivi) del TFUE. Formalmente, il Patto è costituito da una risoluzione del Consiglio europeo[41] e da due regolamenti del Consiglio del 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici[42]. In seguito alla crisi economia e finanziari, i regolamenti sono stati modificati tra il 2011 e il 2012 tramite otto regolamenti (il “Six-Pack”, che ha introdotto un sistema per monitorare le politiche economiche in maniera più ampia e il “Two-Pack”, un nuovo ciclo di monitoraggio per l'area dell'euro) e un trattato internazionale sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (c.d. “Fiscal Compact”), che introduce disposizioni fiscali più stringenti del Patto di stabilità e crescita.
Il Patto come modificato fornisce i principali strumenti per la vigilanza delle politiche di bilancio degli Stati membri (aspetto preventivo) e per la correzione dei disavanzi eccessivi (aspetto correttivo). Con l’introduzione di una specifica “clausola di salvaguardia generale” nel 2011 gli Stati membri hanno inteso introdurre uno speciale “freno di emergenza” alle regole vincolanti in materia di finanze pubbliche e di bilancio. La clausola di salvaguardia generale, prevista agli articoli 5, paragrafo 1 e 9, paragrafo 1 del regolamento CE n. 1466/97 va a beneficio di tutti gli Stati membri in una situazione di crisi generalizzata causata da una grave recessione economica dell’eurozona o dell’Unione nel suo complesso.
In particolare, l'attivazione della clausola di salvaguardia generale, mai avvenuta fino ad oggi, mira ad aiutare gli Stati membri, consentendo loro di perseguire una politica di bilancio che faciliti l'attuazione di tutte le misure necessarie per affrontare adeguatamente la crisi, pur rimanendo nel quadro normativo del Patto di stabilità e crescita. Tale flessibilità si aggiunge alla flessibilità prevista in caso di circostanze eccezionali che permettono un discostamento dalle regole generali tramite la clausola relativa agli “eventi inconsueti”, che può essere attivata quando un evento straordinario e fuori dal controllo di uno o più Stati membri ha un forte impatto sulla situazione finanziaria pubblica di tale o tali Stati.
La Commissione europea ha proposto l’attivazione di entrambe le clausole nel contesto della presente crisi sanitaria e il Consiglio ha approvato tale proposta[43]. Per quanto riguarda l’aspetto preventivo del Patto, ciò permetterà una deviazione dall'obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di aggiustamento appropriato verso tale obiettivo, sia durante la valutazione che durante l'attuazione dei programmi di stabilità o di convergenza. In particolare, i già richiamati articoli 5, paragrafo 1 e 9, paragrafo 1, del regolamento 1466/97 stabiliscono che "in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine, a condizione che la sostenibilità̀ di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa".
Per quanto riguarda invece l’aspetto correttivo del Patto, la clausola consentirà invece una proroga del termine per la correzione dei disavanzi eccessivi da parte degli Stati membri nel quadro della procedura per disavanzi eccessivi, a condizione che tali Stati membri adottino misure efficaci come raccomandato dal Consiglio. In particolare, l'articolo 3, paragrafo 5, e l'articolo 5, paragrafo 2 del regolamento 1466/97 stabiliscono che, in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, il Consiglio può̀ anche decidere, su raccomandazione della Commissione europea, di adottare una traiettoria di bilancio rivista.
La clausola di salvaguardia generale non sospende evidentemente le procedure del Patto, ma permette alla Commissione europea e al Consiglio di assumere le misure necessarie di coordinamento nel quadro del Patto medesimo. La sua attivazione rappresenta la massima flessibilità possibile in conformità al Patto ed è un passo tanto radicale quanto importante e tempestivo per il rilancio dell’economia europea. In pratica, a tutti gli Stati membri viene concesso di effettuare tutta la spesa pubblica ritenuta necessaria per alleviare gli effetti della crisi legata alla pandemia di COVID-19.
Tuttavia, la situazione dei bilanci degli Stati membri – vista la natura asimmetrica dell’unione economica monetaria della zona euro così come attualmente strutturata – è profondamente divergente e, di conseguenza, le capacità economico-finanziarie di cui ciascun governo nazionale è dotato per far fronte alla crisi risultano altrettanto differenti. Ciò implica la necessità di mobilitare ulteriori risorse e delineare interventi aggiuntivi (e innovativi) al fine di assicurare un’auspicabile reazione fiscale collettiva, solida e efficace dell’intera zona euro.
4.3 Interventi mirati in campo socio-economico: la mobilitazione dei fondi strutturali, l’iniziativa SURE
Diversi sono i fondi strutturali pre-esistenti che sono stati negli ultimi giorni riadattati e modificati al fine di rispondere all’emergenza legata alla pandemia di COVID-19 in maniera celere ed efficace.
Innanzitutto, al fine di assicurare una mobilitazione rapida e mirata di fondi per affrontare le conseguenze della pandemia di COVID-19, la Commissiona ha proposto il 13 marzo 2020 una “Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus” (c.d. Corona Response Investment Iniative, “CRII”). Con tale iniziativa la Commissione europea intende garantire la possibilità che 37 miliardi di euro di fondi di coesione possano essere utilizzati in modo rapido e efficace dagli Stati membri nel contesto dell’attuale crisi sanitaria. Il relativo regolamento è stato adottato il 30 marzo 2020 ed è entrato in vigore il 1° aprile 2020[44].
La proposta della Commissione europea, trattata in modo urgente dal Consiglio e dal Parlamento, ha previsto delle modifiche mirate di alcune disposizioni di quattro regolamenti cardine nella gestione dei fondi dell’Unione all’interno del quadro finanziario pluriennale (“QFP”) 2014-2020, ossia il regolamento (UE) n. 1301/2013 sul Fondo europeo di sviluppo regionale, il regolamento (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei e il regolamento e il regolamento (UE) n. 508/2014 sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
In generale, i regolamenti così come modificati introducono la nozione di “crisi sanitaria pubblica” all’interno dei suddetti regolamenti e permettono pertanto un’estensione significativa dell’ambito di applicazione del sostegno dei fondi strutturali. Non solo. Tali modifiche introducono la possibilità per gli Stati membri di immettere liquidità in modo immediato a beneficio delle imprese e la garanzia di una notevole flessibilità e semplicità nella modifica dei programmi e nel trasferimento dei fondi a beneficio dei territori con maggiore necessità.
Si osserva che il 2 aprile 2020 la Commissione europea ha proposto un secondo pacchetto di misure (il c.d. “CRII+”), che si propone, inter alia, di consentire la mobilitazione di tutti i fondi non impegnati dei tre fondi della politica di coesione, ovverosia il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione, al fine di affrontare gli effetti della crisi sanitaria pubblica. Inoltre, con questa secondo pacchetto la Commissione europea propone di semplificare gli oneri amministrativi e abbandonare ii requisiti di cofinanziamento, dal momento che gli Stati membri stanno già utilizzando tutti i mezzi disponibili per combattere la crisi.
Inoltre, il regolamento n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002, che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (c.d. “FSUE”), è stato integrato dal regolamento 2020/461 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020, che ne estende in modo permanente l'ambito di applicazione alle gravi emergenze di sanità pubblica e per definire gli interventi specifici ammissibili al finanziamento. In via generale, il FSUE permette all'UE di fornire un efficace sostegno a uno Stato membro o a un paese in via di adesione quando deve affrontare i danni causati da gravi catastrofi naturali. Attraverso l'FSUE, che è finanziato al di fuori del bilancio dell'Unione, è possibile mobilitare fino a 500 milioni di euro all’anno al fine di integrare le spese pubbliche sostenute dagli Stati membri per gli interventi di emergenza.
A tale fondo di solidarietà, e alle misure descritte in precedenza, se ne è aggiunta un'altra nelle ultime settimane – questa volta di carattere temporaneo: la c.d. iniziativa SURE, acronimo dall’inglese “Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency”, presentata con proposta di regolamento della Commissione europea del 2 aprile 2020[45],quale ulteriore strumento temporaneo per consentire all'Unione europea di concedere assistenza finanziaria per un importo fino a 100 miliardi di euro in forma di prestiti dell'Unione europea agli Stati membri colpiti. Lo strumento SURE verrà messo a disposizione degli Stati membri che devono mobilitare notevoli mezzi finanziari per combattere le conseguenze economiche e sociali negative della pandemia e garantirà un'assistenza finanziaria aggiuntiva, integrando così le misure nazionali e le sovvenzioni normalmente erogate per tali scopi nel quadro del Fondo sociale europeo.
Nello specifico, lo strumento SURE fungerà da seconda linea di difesa per finanziare i regimi di riduzione dell'orario lavorativo e misure analoghe, aiutando gli Stati membri a proteggere i posti di lavoro e, così facendo, a tutelare i dipendenti e i lavoratori autonomi dal rischio di disoccupazione e perdita di reddito. I regimi di riduzione dell'orario lavorativo sono programmi pubblici che consentono alle imprese in difficoltà economiche di ridurre temporaneamente le ore lavorate, garantendo al contempo ai dipendenti un sostegno al reddito da parte dello Stato per le ore non lavorate. Regimi analoghi di reddito sostitutivo in situazioni di emergenza esistono anche per i lavoratori autonomi.
In base a quanto contenuto nella proposta della Commissione, lo strumento SURE dovrebbe assumere la forma di un regime di prestiti basato su un sistema di garanzie degli Stati membri. Detto sistema consentirà all'Unione europea di: (i) aumentare il volume dei prestiti che possono essere concessi tramite lo strumento SURE agli Stati membri che chiedono assistenza finanziaria nel quadro di detto strumento; (ii) garantire che le passività potenziali per l'Unione europea derivanti dallo strumento siano compatibili con i vincoli di bilancio dell'Unione europea stessa.
Sebbene l'ambito di applicazione tematico sia coerente con quello del FSUE stante l’omogeneità di obiettivi – contrastare le crisi di grande portata risultanti da minacce per la sanità pubblica – diversi sono gli elementi di differenza rispetto a quest’ultimo: diverso è l’ambito geografico di applicazione in quanto il SURE è limitato agli Stati membri e non si applica ai paesi che stanno negoziando l'adesione all'Unione europea; il FSUE può essere utilizzato su base permanente, mentre lo strumento SURE è limitato al caso particolare della pandemia di COVID-19; infine, il FSUE è basato sulle sovvenzioni e consente l'erogazione di pagamenti anticipati, mentre lo strumento SURE è basato sui prestiti.
5. Conclusioni: la definizione di un piano comune di rilancio
L’analisi sinora svolta evidenzia come l’emergenza legata alla pandemia di COVID-19 sta venendo affrontata attraverso l’utilizzo sinergico e congiunto degli strumenti a disposizione delle istituzioni dell’Unione, con l’obiettivo di proteggere e allo stesso tempo sfruttare, a beneficio degli Stati membri, tutte le competenze dell’Unione europea in base a quanto sancito nei Trattati fondativi.
In ogni area di intervento esaminata l’ostacolo maggiore che emerge è quello di coniugare esigenze in apparente contrapposizione. Da una parte, la necessità di intervenire rapidamente a tutela di tutti gli Stati membri, attraverso azioni mirate ancorché univoche e coordinate. Dall’altra parte, salvaguardare il nocciolo duro sul quale l’Unione europea si fonda: il mercato interno. Il tutto tenendo a mente l’obiettivo sotteso, ovvero impedire che la crisi sanitaria lasci spazio a derive separatistiche, alla chiusura delle frontiere per paura, ma al contrario rappresenti l’occasione per un rinnovamento delle basi strutturali dell’Unione in grado di conciliare le profonde differenze economiche, ma anche socio-culturali, degli Stati membri.
Questo l’arduo compito delegato in queste ore all’Eurogruppo, che, come rilevato, ha lo scopo di preparare i lavori del Consiglio. Rimandiamo ad altri contributi pubblicati in queste settimane un’analisi più approfondita delle singole opzioni attualmente sul tavolo[46]. In questa sede pare opportuno analizzare, seppur sommariamente, il contenuto dell’accordo informale raggiunto dall’Eurogruppo il 9 aprile 2020, in attesa che il Consiglio Europeo si riunisca il 23 aprile 2020 al fine di sciogliere i nodi del “Piano Marshall” di cui l’Europa fortemente necessita per ripartire, auspicabilmente ancor più unita, dopo la crisi.
In via di estrema sintesi, i membri dell’Eurogruppo hanno concordato quattro blocchi di azione.
Sotto un primo profilo, di più corto raggio, i primi tre blocchi consistono in reti di salvataggio da implementarsi nel più breve tempo possibile a protezione rispettivamente dei lavoratori, delle imprese, e dello Stato. Oltre all’iniziativa SURE a tutela dei lavoratori, già richiamata, l’Eurogruppo ha individuato importanti strumenti, che ove approvati dal Consiglio Europeo saranno messi a disposizione di tutti gli Stati membri che ne facciano richiesta[47].
Innanzitutto i membri dell’Eurogruppo si sono espressi favorevolmente circa la possibilità di introdurre un regime di maggiore flessibilità nella gestione del bilancio europeo e nell’utilizzo dei fondi, permettendo una maggior fluidità tra fondi, regioni e obiettivi politici, abbandonando i requisiti di co-finanziamento a livello nazionale e supportando i soggetti più vulnerabili.
Inoltre, si è raggiunto un accordo sulla possibilità di introdurre uno strumento di finanziamento degli aiuti emergenziali a supporto prima di tutto dei sistemi sanitari nazionali. In questo senso, si guarda con favore alla proposta della Commissione di riattivare il c.d. Emergency Support Instrument. Tale strumento è in grado in questa fase di fornire il supporto di 2,7 miliardi di euro dal bilancio UE, che potranno essere aumentati con contributo volontario degli Stati membri.
In aggiunta, l’Eurogruppo si è detto concorde nel rinforzare le attività della BEI creando un fondo di garanzia pan-europeo del valore di 25 miliardi di euro, che potrebbe sostenere finanziamenti per 200 miliardi di euro a favore delle imprese con particolare attenzione alle PMI, in tutta l'UE, anche attraverso le banche nazionali.
Infine, oggetto di accordo è stato il c.d. Pandemic Crisis Support, quale rete di protezione a livello dell’Unione e dell’area economica europea. Tale profilo merita un seppur breve approfondimento.
La proposta dell’Eurogruppo è infatti quella di piegare gli esistenti strumenti del MES alle necessità concrete e alla specifica sfida simmetrica che tutti gli Stati membri stanno affrontando.
L’idea è quella di applicare la disciplina generale di cui al trattato istitutivo del MES[48] riadattandola per permettere un supporto economico a tutti gli Stati membri della zona euro a condizioni standardizzate e concordate in anticipo dagli organi direttivi del MES. A differenza della disciplina ordinaria però si prevede quale unico requisito per accedere alla linea di credito che gli Stati membri della zona euro che richiedono assistenza si impegnino a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno dell'assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi sanitaria. La linea di credito sarebbe disponibile fino alla fine della crisi pandemica. Successivamente, gli Stati membri richiedenti rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell'UE, nei limiti però della flessibilità applicata dalle competenti istituzioni dell'UE. Tale meccanismo dovrebbe essere applicato in un modo che tenga debitamente conto delle circostanze speciali dell'attuale crisi.
Sotto un diverso profilo, di più ampio raggio, l’Eurogruppo ha discusso un quarto blocco d’azioni volto ad assicurare che, a crisi pandemica terminata, vi sia una ripresa economica “forte, bilanciata ed inclusiva”. Ed è proprio su questo quarto blocco che si è soffermato il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno in una lettera[49] destinata al presidente del Consiglio Charles Michel, al fine di approfondire lo strumento del Recovery Fund oggetto di specifica trattazione all’interno del accordo informale dell’Eurogruppo [50]. È su tale strumento, infatti, che sono riposte le maggiori speranze, in particolare da parte dell’opinione pubblica italiana. L’introduzione di un Recovery fund, in ottica di solidarietà, sarebbe destinata a permettere il rilancio degli Stati membri maggiormente colpiti. Tale fondo sarebbe temporaneo, mirato e commisurato ai costi straordinari dell'attuale crisi e funzionale a diluire tali costi su un orizzonte temporale più ampio attraverso finanziamenti adeguati. Al riguardo l’Eurogruppo si impegna ad affrontare una approfondita discussione sugli aspetti giuridici e pratici, comprese le relazioni con il bilancio dell'UE, le possibili fonti di finanziamento e gli strumenti finanziari innovativi, coerenti con i trattati dell'UE, che prepareranno il terreno per una decisione.
In conclusione, le istituzioni dell’Unione hanno dimostrato di essere in grado di affrontare con forza e motivazione la crisi in atto. Spetta ora ai singoli Stati membri decidere quanto ambizioso potrà essere il prossimo passo da compiere insieme e a determinare le sorti dell’Unione nel prossimo futuro. Affinché l’Unione sia all’altezza della sfida con la storia a cui è stata convocata, a maggior ragione nel contesto degli attuali negoziati circa il QFP 2021-2027.
[1] Questo contributo è il risultato di uno sforzo comune e le opinioni espresse esprimono esclusivamente il punto di vista personale degli autori. I paragrafi 2 e 3.3 sono di Elisa Arbia; i paragrafi 3.1, 3.2, e 4 sono di Carlo Biz.
[2] Discorso della Presidente von der Leyen al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria sulla risposta europea coordinata all'epidemia di COVID-19, 26 marzo 2020, Bruxelles (disponibile online: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/SPEECH_20_532)
[3] Sottolineature aggiunte
[4] Si rinvia a AA.VV. S.L. Greer, N. Fahy, S. Rozenblum, Everything you always wanted to know about European Union health policies but were afraid to ask, in Health Policy Series, 54 / 2019, seconda edizione, Denmark, Copenhagen (disponibile online: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK551073/)
[5] Al riguardo sempre utile è il rinvio al sito istituzionale “What Europe does for me” (disponibile online: https://what-europe-does-for-me.eu/it/portal/2/0?area=C&txt=La-mia-salute)
[6] Si rinvia alla scheda informativa, Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee, (disponibile online: https://ec.europa.eu/echo/files/aid/countries/factsheets/thematic/European_Medical_Corps_it.pdf)
[7] M. Gestri, EU Disaster Response Law: Principles and Instruments, in AA. VV. A. Guttry, M. Gestri, G. Venturini, International Disaster Response Law, edizione 2012, T.M.C. Asser Press, The Hague, The Netherlands
[8] Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 su un meccanismo unionale di protezione civile, decisione 1313/2013/UE GU L 347/924, 17 dicembre 2013
[9] Per una trattazione più approfondita si rinvia a F. Casolari, Prime considerazioni sull’azione dell’Unione ai tempi del Coronavirus, Rivista Eurojust, Fascicolo n. 1 – 2020 (disponibile online su http://rivista.eurojus.it/); Inoltre per un approfondimento dell’approccio integrato a livello UE si rinvia a L. Debuysere & S. Blockmans, Crisis Responders: Comparing Policy Approaches of the EU, the UN, NATO and OSCE with Experiences in the Field, in European Foreign Affairs Review, 24.3 /2019, p. 243–264
[10] Si veda nota 8
[11] Si rinvia a https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response/public-health_en, sottolineatura aggiunta.
[12] Si rinvia a https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response/crisis-management_it.
[13] A tal fine gli Stati membri si coordinano in sede di Consiglio. Le modalità di attuazione della presente clausola di solidarietà da parte dell'Unione sono definite da una decisione adottata dal Consiglio, su proposta congiunta della Commissione europea e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
[14] Dichiarazione n. 37 sull’ articolo 222 TFUE, secondo la quale “Fatte salve le misure adottate dall'Unione per assolvere agli obblighi di solidarietà nei confronti di uno Stato membro che sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo, si intende che nessuna delle disposizioni dell'articolo 222 pregiudica il diritto di un altro Stato membro di scegliere i mezzi più appropriati per assolvere ai suoi obblighi di solidarietà nei confronti dello Stato membro in questione”
[15] Per un aggiornamento completo e costante delle iniziative di solidarietà tra Stati membri si rinvia a “Coronavirus: solidarietà europea in azione” (disponibile online: https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response/coronavirus-european-solidarity-action_it)
[16] Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013 relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE, decisione n. 1082/2013/UE, GU L 293/1, 5 novembre 2013
[17] Vedi, ex multis, la sentenza del 15 luglio 1982, Commissione europea/Regno Unito, C-40/82, EU:C:1982:285 e la sentenza dell’8 febbraio 1983, Commissione/Regno unito, C-124/81, EU:C:1983:30.
[18] La Commissione europea ha fin da subito chiarito che dei divieti alle esportazioni sono ingiustificati dal momento che non garantiscono che i beni in questioni siano disponibili per coloro che più ne hanno bisogno all’interno del territorio dello Stato membro coinvolto. Vedi Commissione europea, comunicazione su una risposta economica coordinata alla pandemia di Covid-19, 13 marzo 2020 (disponibile online: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/communication-coordinated-economic-response-covid19-march-2020_en.pdf)
[19] Commissione europea, Orientamenti per le misure di gestione delle frontiere per proteggere la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali, 16 marzo 2020 (disponibili online: https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/policies/european-agenda-migration/20200316_covid-19-guidelines-for-border-management.pdf)
[20] Orientamenti per le misure di gestione delle frontiere per proteggere la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali, paragrafi 6-7
[21]Regolamento d’Esecuzione (UE) 2020/426 della Commissione europea del 19 Marzo 2020 recante modifica del Regolamento d’Esecuzione (UE) 2020/402 che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione, GU L 771, 15.3.2020, p. 1.
[22] Si rinvia alla pagine informative relativa alla procedura di aggiudicazione congiunta di contromisure mediche (disponibile online: https://ec.europa.eu/health/preparedness_response/joint_procurement_it) e al testo del procedimento (disponibile online: https://ec.europa.eu/health/sites/health/files/preparedness_response/docs/jpa_agreement_medicalcountermeasures_en.pdf)
[23] Comunicazione della Commissione europea, comunicazione Covid-19: restrizione temporanea a viaggi non essenziali verso l’Unione europea, 16 marzo 2020 (disponibile online: https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2020/EN/COM-2020-115-F1-EN-MAIN-PART-1.PDF)
[24] Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), GU L 77 1, 23.3.2016, p.1
[25] Si rinvia alla pagina informativa della Direzione Generale Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee (DG ECHO) (disponibile online: https://ec.europa.eu/echo/news/coronavirus-new-round-repatriations-eu-citizens-civil-protection-mechanism_en)
[26] Regolamento (CEE) n . 95/93 del Consiglio del 18 gennaio 1993 relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, GU L 14, 22.1.1993, p.1
[27] Regolamento (UE) 2020/459 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 marzo 2020, che modifica il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, GU L 99, 31.3.2020, p. 1
[28] Comunicazione della Commissione — Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'accesso al finanziamento nell'attuale situazione di crisi finanziaria ed economica (2009/C 83/01), GU C83/1, 7.4.2009
[29] Comunicazione della Commissione — Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 (2020/C 91 I/01), GU C 91/I 1, 20.3.2020
[30] Discorso del Vice presidente esecutivo Margrethe Vestager del riguardo aiuti di stato e misure tese ad affrontare l’impatto economico sullo Stato del COVID-19, del 13 marzo 2020, Bruxelles, (disponibile online https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_20_467)
[31] La Commissione europea ha approvato un regime italiano di aiuti pari a 50 milioni di EUR per sostenere la produzione e la fornitura di dispositivi medici, come i ventilatori, e di dispositivi di protezione individuale, come mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza, https://ec.europa.eu/italy/news/20200322_Covid19_commissione_Ue_approva_regime_italiano_da_50milioni_per_produrre_dispositivi_medici_it
[32] Comunicazione congiunta del European Competition Network (ECN) su l’applicazione del diritto della concorrenza durante la crisi del Corona virus, 23 marzo 2020, (disponibile online: https://ec.europa.eu/competition/ecn/202003_joint-statement_ecn_corona-crisis.pdf)
[33] Idem
[34] “Così ripartirà la nostra Europa”: editoriale della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, 4 aprile 2020 (disponibile online: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/AC_20_602)
[35] Eurogruppo, Comunicato stampa “Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic”, 9 aprile 2020 (disponibile online: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/)
[36] Decisione (UE) 2020/440 della Banca centrale europea del 24 marzo 2020 su un programma temporaneo di acquisto per l’emergenza pandemica (BCE/2020/17), GU L 91, 25.3.2020, p. 1
[37] Il riferimento è ai limiti previsti dall’articolo 5 della decisione (UE) 2020/188 della Banca centrale europea, ossia i limiti agli acquisti del programma di quantitative easing (25% all'acquisto dei titoli per ogni emissione, e 50% al massimo di acquisto del debito pubblico di un singolo paese emittente)
[38] Sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler, C-62/14, EU:C:2015:400
[39] Sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss, C-493/17, EU:C:2018:1000
[40] Vedi in particolare i considerando 3, 4, 8-10 della decisione 2020/440
[41] Risoluzione del Consiglio Europeo relativa al Patto di stabilità e di crescita, GU C 236, 2.8.1997, p. 1
[42] Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio del 7 luglio 1997 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, GU L 209, 2.8.1997, p. 1 e Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio del 7 luglio 1997 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, GU L 209 del 2.8.1997, p. 6
[43] Comunicazione della Commissione al Consiglio sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita, COM(2020) 123 finale, 20 marzo 2020 (accessibile online: https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2020/IT/COM-2020-123-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF)
[44] Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 508/2014 per quanto riguarda misure specifiche volte a mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all'epidemia di COVID-19 (Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus), GU L 99, 31.3.2020, p. 5
[45] Proposta di Regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) a seguito della pandemia di Covid-19 - COM/2020/139
[46] Tra i contributi più rilevanti è doveroso il rinvia all’intervento di L. Bini Smaghi, Si fa presto a dire Eurobond, Il Foglio, 25 marzo 2020 (disponibile online: https://www.lorenzobinismaghi.com/docubini/Foglio_Eurobond_25.3.2020_bis.pdf); editoriale di M. Monti, Eurobond, ora si può, Corriere della sera del 20 marzo 2020 (disponibile online: https://www.corriere.it/editoriali/20_marzo_20/eurobond-ora-si-puo-154160e8-6aeb-11ea-b40a-2e7c2eee59c6.shtml). Dal punto accademico europeo si rinvia a: la proposta concreta presentata da parte di una serie di accademici su come “costruire” i coronabond, si veda M. Goldmann, The Case for Corona Bonds A Proposal by a Group of European Lawyers, 5 aprile 2020 (disponibile online: https://verfassungsblog.de/the-case-for-corona-bonds/); si veda anche il contributo che analizza i quattro scenari principali per il “piano marshall” europeo post-crisi e ne analizza i pro e i contro di G. Claeys e B. Wolf, It is time for the EU Council to make quick progress on the fiscal front and announce something as soon as possible to show that it taken full measure of the severity of the situation, 26 marzo 2020 (disponibile online: https://www.bruegel.org/2020/03/esm-credit-lines-corona-bonds-euro-area-treasury-one-off-joint-expenditures-what-are-the-options-for-the-eu-council/); infine interessante è il contributo di J. Pröbstl, ESM loans or Coronabonds: A legal analysis from the German perspective, 4 aprile 2020 (disponibile online: https://voxeu.org/article/legal-perspective-esm-loans-and-coronabonds che presenta caratteristiche giuridiche delle opzioni MES e coronabonds, propenendendo per il primo con la creazione di una Corona Credit line
[47] Si rinvia al “Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic”, del 9 aprile 2020 (disponibile online: https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/)
[48] Trattato istitutivo del Meccanismo economico di stabilità, del 2 febbraio 2012 (disponibile online: https://www.esm.europa.eu/sites/default/files/20150203_-_esm_treaty_-_it.pdf)
[49] Lettera del presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno del 10 aprile 2020 (disponibile online: https://www.consilium.europa.eu/media/43300/200410_peg-centeno-letter-to-pec-michel_covid.pdf)
[50] Si veda nota 47
Il decreto legge 8 aprile 2020 n. 23.
Come ci si salva dalla crisi economica da pandemia: il rinvio del codice della crisi e altri rimedi
di Paola Filippi
sommario: 1. Premesse - 2. Il differimento dell’entrata in vigore del codice della crisi - 3. Interventi in materia di concordati preventivi e accordi di ristrutturazione - 3.1 Concordati e accordi omologati - 3.2 Concordati e accordi in corso di omologazione - 3.3 I concordati con prenotazione - 3.4. Accordi di ristrutturazione con termine - 4. L’improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento e la dichiarazione di insolvenza. - 4.1 Declaratoria di improcedibilità dei ricorsi. - 4.2 Coordinamento tra improcedibilità e sospensione - 5. La priorità della continuità aziendale -5.1 Riduzione del capitale - 5.2. La redazione del bilancio - 5.3. Il finanziamenti dei soci - 6. I finanziamenti garantiti dalla SACE s.p.a. e dal fondo PMI- 6.1.Il salvataggio selettivo. 6.2.Finanziamenti garantiti con procedure semplificate - 7. Considerazioni conclusive
1.Premesse
Un po' come per il matrimonio di Renzo e Lucia osteggiato da Don Rodrigo che ordinava a don Abbondio, per il tramite dei bravi, “questo Matrimonio non s’ha da fare né domani né mai” così per la disciplina della crisi e dell’insolvenza, in Italia sembra valere il monito “questa legge fallimentare del ‘42 non s’ha d’abbandonare”, almeno fino al 1settembre 2021. Poi nel romanzo di Manzoni Renzo e Lucia si sposano nonostante i bravi, don Rodrigo e la peste e allora non ci resta che sperare che il Codice della crisi e dell’insolvenza entri in vigore il 1 settembre 2021 nonostante il Covid19, insieme all’immunità di gregge o, speriamo, al vaccino. Come ha scritto Renato Rordorf in questa rivista l’8 aprile https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/984-il-codice-della-crisi-e-dell-insolvenza-in-tempi-di-pandemia-di-renato-rordorf e oggi Giovanni Negri https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1004-il-diritto-della-crisi-d-impresa-ai-tempi-della-pandemia-di-giovanni-negri l’epidemia Covid 19 è stata forse l’occasione per far emergere, un certo malcelato scetticismo verso la riforma, nonostante l’organicità del sistema codicistico -organicità ormai irrimediabilmente persa dalla legge fallimentare del ‘42-, la coerenza con i sistemi di regolazione della crisi dei paesi dell’Unione e la presenza di istituti di composizione, che pure avrebbero potuto offrire proprio nella situazione contingente valide soluzioni (v. insolvente civile e esdebitazione).
L’entrata in vigore degli istituti di allerta di cui all’art. 14, 2°co., e all’art. 15 CCII - istituti che segnano l’attenzione codicistica alla rapida emersione della crisi attraverso l’introduzione dell'obbligo di segnalare all’OCRI gli indizi della crisi a carico degli organi di controllo societari e di alcuni creditori qualificati- era stata già posticipata al 15 febbraio 2021, dall’art. 11 del decreto legge n. 19 del 2020 come anticipazione dell’intenzione di non impelagarsi, in piena crisi, ad agosto prossimo venturo con l’entrata in vigore del codice.
L’emergenza, d’altro canto, ridisegna le priorità ed è pure vero che la crisi economica, in atto e che verrà, presenta talmente tanti lati oscuri – si parla di depressione ben più grave del ’29 - che lasciare in vigore il vecchio pajardiano corpus juris, come rammodernato e rattoppato dal 2006 ad oggi, è ragionevolmente sembrata la scelta migliore, “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova” forse non a torto predicava il vecchio saggio.
2. Il differimento dell’entrata in vigore del codice della crisi
In attesa della herd immunity, e così di tempi migliori, il decreto legge dell’8 aprile 2020 n. 23 intitolato “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”, insieme a misure per le imprese in materia di accesso al credito - di cui diremo in chiusura-, di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, di misure fiscali e contabili, di disposizioni in materia di termini processuali e procedimentali con proroga del termine all’11 maggio prossimo, nonchè di salute e di lavoro, detta, al capo secondo, una serie di misure urgenti finalizzate a garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza Covid19.
In questo contesto, l’art. 5 del decreto legge, interviene sul secondo comma della art. 369 del Codice della crisi e dell’insolvenza, modificando la data dell’entrata in vigore. Il 15 agosto 2020 viene sostituito dal 1° settembre 2021; insomma se tutto andrà bene il codice entrerà in vigore un anno e quindici giorni dopo la data prevista dal decreto legislativo del 12 gennaio 2019 n. 14, che già aveva lasciato un anno e sette mesi di preparativi alla new entry.
Del codice della crisi sono vigenti solo le disposizioni indicate al secondo comma dell’art. 369 e quanto alle disposizione in materia di sovraindebitamento ed esdebitazione si continuerà a far riferimento alle disposizione contenute nella legge n. 3 del 2012.
3. Interventi in materia di concordati preventivi e accordi di ristrutturazione
L’articolo 9 del decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2010 fissa la data del 23 febbraio 2020 come data che discrimina il prima dal dopo rispetto alla crisi da Covid19, quanto a concordato e accordi di ristrutturazione.
3.1 I concordati e gli accordi omologati. Il primo comma riguarda i concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione omologati, e proroga di sei mesi i termini per l’adempimento in scadenza tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021.
3.2 I concordati e gli accordi in corso di omologazione. Il secondo comma riguarda i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione in corso di omologazione, e attribuisce al debitore la facoltà di presentare al tribunale, sino all'udienza fissata per l'omologa, istanza diretta a ottenere la concessione di un termine, non superiore a novanta giorni, per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell'articolo 161 l. fall. o di un nuovo accordo di ristrutturazione, ai sensi dell'articolo 182 bis l. fall., disposizione questa che deroga al principio dell’approvazione necessaria della proposta da parte dei creditori falcidiati.
Il termine per la presentazione del nuovo piano e della nuova proposta decorre dalla data del decreto con cui il tribunale lo concede, e non è prorogabile. L'istanza è evidentemente inammissibile se presentata nell'ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale è già stata tenuta l'adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall'articolo 177 l. fall. e ciò per gli effetti comunque tombali della “disapprovazione” creditoria.
E’ più semplice la procedura quando la modifica riguarda non il piano ma solo i termini per l’adempimento, in questo caso, ai sensi del terzo comma dell’art. 9, è infatti sufficiente il deposito di una memoria contenente indicazione dei nuovi termini. In questo caso il debitore deve però allegare documentazione che attesti necessità di modificare i termini per l’adempimento. Il limite del differimento del termini è fissato in sei mesi rispetto alle scadenze originarie. E’ richiesto il parere del commissario ed è rimessa al Tribunale, la verifica circa la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182 bis l. fall. E’ prescritto che il provvedimento di omologa contenga indicazione delle nuove scadenza per l’adempimento.
3.3. I concordati con prenotazione. Il quarto comma dell’art. 9, riguarda i concordati con prenotazione di cui all'articolo 161, comma sesto, l. fall., e prevede che anche nel caso in cui il termine sia già stato prorogato dal tribunale, ai sensi del terzo comma, il debitore, sempre che il termine non sia già scaduto, possa presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, e ciò anche nei casi in cui sia stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza deve contenere indicazione degli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell'emergenza epidemiologica.
Il tribunale decide sulla richiesta dopo aver acquisito il parere del commissario giudiziale del preconcordato, se nominato, e concede la proroga quando verifichi la ricorrenza di concreti e giustificati motivi.
3.4. Accordi di ristrutturazione con termine. Il quinto comma riguarda gli accordi di ristrutturazione nel corso dei quali sia stato concesso il termine di cui all’art. 182 bis, comma settimo e prevede che il debitore, sempre che il termine non sia già scaduto, possa presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, e ciò anche nei casi in cui sia stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. Il tribunale provvede in camera di consiglio, omessi gli adempimenti previsti dall'articolo 182 bis, comma settimo, primo periodo, l. fall., concede la proroga verificati due requisiti ovvero la sussistenza di concreti e giustificati motivi e nonché il preesistere dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all'art. 182 bis, primo comma, l. fall.
4. L'improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento e la dichiarazione di insolvenza
Sono improcedibili tutti i ricorsi per la dichiarazione di fallimento (art. 15 l. fall.) e per la dichiarazione di insolvenza (art. 195 l. fall.) nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, con l’unica unica eccezione della richiesta per la dichiarazione di fallimento su iniziativa del PM (art. 7) corredata da istanza di abbreviazione dei termini ex art. 15, ottavo comma, l.fall.. Non è espressamente prescritta l’indicazione delle ragioni dell’urgenza (tra le quali non possono annoverarsi né la cessazione dell’attività né il consolidamento degli atti di disposizione revocabili) né è espressamente rimessa al giudice la verifica della fondatezza dell’istanza, ma per l’ingiustificato trattamento che altrimenti né deriverebbe occorre senz’altro esposizione delle ragioni e verifica da parte del tribunale.
L’arco temporale di rilevanza della crisi da Covid19 con riguardo ai procedimenti prefallimentari è fissato tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, arco temporale diverso rispetto al concordato e agli accordi di ristrutturazione per i quali il riferimento temporale è quello dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020.
Nessuna disposizione è dettata con riguardo all’amministrazione straordinaria e dunque al procedimento di cui all’art. 7 d.lgs. 270/99.
4.1. Declaratoria di improcedibilità dei ricorsi. Sono improcedibili per legge i ricorsi depositati nell’arco temporale che va dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020. Il tenore della disposizione con riferimento alla cessazione dell’esercizio dell’impresa (art. 10 l. fall.) così come con riferimento all’arco temporale di esperibilità delle azioni revocatorie (art. 69 bis l. fall.) evidenzia la necessità che l’improcedibilità sia dichiarata con decreto, è infatti la data del decreto che costituisce il termine iniziale dal quale far decorre la fase di “congelamento” con riguardo all’anno dalla cessazione dell’attività dell’impresa o cancellazione della società o con riguardo al termine triennale di decadenza per l’esercizio delle azioni revocatorie.
Che l’improcedibilità vada dichiarata con provvedimento del tribunale è chiarito dal terzo comma dell’art.10 che, con riguardo all’effetto sospensivo del termine, fa riferimento a dichiarazione di improcedibilità seguita da dichiarazione di fallimento.
La data della declaratoria di improcedibilità assume rilievo solo nel caso in cui successivamente al 30 giugno 2020 venga dichiarato il fallimento, a seguito della reiterazione del medesimo ricorso dichiarato improcedibile. La decadenza è evitata infatti attraverso lo scomputo dai termini di cui agli articoli 10 e 69 bis l.fall. del periodo “congelato” , decorrente dalla data della declaratoria di improcedibilità al 30 giugno 2020. L’improcedibilità relativa a detto arco temporale non costituisce una moratoria dei pagamenti ma solo la sospensione ex lege dell’esercizio dell’azione esecutiva concorsuale. Il legislatore per evidenti ragioni di urgenza ha omesso di selezionare i debitori contro i quali pende il ricorso per la dichiarazione di fallimento è esclusivamente la data della pendenza del ricorso a determinare l’improcedibilità.
4.2. Coordinamento tra improcedibilità e sospensione. I procedimenti di cui all’art. 15 l.fall. e all’art.195 l.fall., come pure quello di cui all’ art. 7 l. amm. str. non sono tra quelli espressamente indicati al terzo comma dell’art. 83 decreto legge n. 19/20. Detti procedimenti sono stati quindi sospesi e inseriti tra quelli la cui ritardata trattazione poteva produrre grave pregiudizio alle parti in caso di rilevata urgenza, con dichiarazione in tal senso emessa dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato, in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile.
Il mancato inserimento dei procedimenti prefallimentari tra quelli non sospesi è in realtà incoerente con l’art. 92 del regio decreto n. 12 del 1942 che invece li comprende tra quelli per cui non si applica la sospensione dei termini feriali, per il carattere della celerità e dell’urgenza che li connota
La previsione di improcedibilità determina l’effetto che i ricorsi depositati dopo il 9 marzo vadano trattati per essere dichiarati de plano improcedibili. Ai sensi dell’art. 83 cit., i procedimenti instaurati a seguito di ricorsi depositati prima dell’8 marzo sono sospesi sino all’11 maggio prossimo (termine così prorogato dall’art. 11 decreto legge n. 23/20), salvo la trattazione urgente nel caso ricorra ipotesi di cessazione dell’impresa o cancellazione della società o consolidamento di atti dispositivi suscettibili di revocatoria fallimentare. Sono invece procedibili ma sospesi i procedimenti esecutivi individuali per cui vale la previsione della trattazione in caso di urgenza con fine della sospensione dopo l’11 maggio.
L’improcedibilità delle esecuzioni concorsuali offre al debitore la possibilità di dimostrare la propria capacità di adempiere o di intraprendere procedure di composizione della crisi alternative al fallimento, facoltà altrimenti compromesse dall’attuale situazione di lockdown.
La previsione di improcedibilità in ogni caso non determina una moratoria dei pagamenti i quali continuano ad essere dovuti con tutte le conseguenze da ritardo e l’esperibilità di esecuzioni individuali, nei limiti delle sospensioni processuali.
5. La priorità della continuità aziendale.
5.1 Riduzione del capitale per perdite. La crisi di liquidità delle imprese determinata dal lockdown è affrontata anche attraverso la predisposizioni di misure idonee a consentire il recupero della liquidità con la ripresa della normale attività produttiva, congelando le conseguenze delle perdite. In quest’ottica l’articolo 6 del decreto legge introduce disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale per perdite. Si consente all’imprenditore organizzato in forma societaria di proseguire l’attività esonerandolo sino al 31 dicembre 2020 dagli obblighi di ricapitalizzazione, riduzione del capitale sociale, scioglimento o modifiche societarie determinati dalla perdite di capitale.
L’arco temporale è quello compreso tra il 9 aprile (data di entrata in vigore del decreto legge n. 23/20) e il 31 dicembre 2020, il presupposto dell’esonero è costituito dalla chiusura dell’attività in detto periodo –la norma specifica l’arco temporale ma non la durata della chiusura dell’esercizio dell’attività- l’obiettivo è realizzato con la sospensione dell’applicazione delle disposizioni in materia di riduzione di capitale per perdite di cui agli articoli 2446 cod.civ., commi secondo e terzo, all’ art. 2447 cod.civ., all’art. 2482 bis cod.civ., commi quarto, quinto e sesto, all’ art. 2482 ter cod.civ.. Non si applicano altresì le disposizioni concernenti le cause di scioglimento di cui all’art. 2484 cod.civ., all’ art. 2484 primo comma, numero 4 cod.civ. all’art. 2545 duodecies cod.civ.
La sospensione dell’applicazione delle disposizioni appena richiamate rileva in termini di insussistenza dell’illecito civile con riguardo ad eventuali azioni di responsabilità contro gli amministratori e gli organi di controllo per danni derivanti ai soci e ai creditori dalla prosecuzione dell’attività di impresa nonostante la perdita del capitale. La liceità della prosecuzione depone infatti per l’insussistenza della responsabilità.
Quanto agli effetti penale si osserva che poiché non è sospesa l’applicazione della disposizione di cui al primo comma dell’art. 2482 bis c.c. che prescrive che quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono, senza indugio, convocare l'assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti, l’assemblea dovrebbe essere convocata e dunque che non sembra potersi escludersi l’astratta configurabilità del reato di omessa convocazione dell’assemblea di cui all’art. 2631 c.c.. Nella malaugurata ipotesi che la crisi sia irreversibile e che venga emessa dichiarazione di fallimento ex art. 16 l. fall. (o la dichiarazione di insolvenza ex art. 195 l. fall, o la dichiarazione di insolvenza ex art. 8 l. amm. str.) o venga emesso decreto di ammissione al concordato preventivo ex art. 163 l. fall. dovrà tenersi conto della liceità civile della prosecuzione ai fini della valutazione della rilevanza penale del cagionamento o dell’ aggravamento del dissesto. Sotto tale profilo la liceità della prosecuzione rende difficilmente configurabile la responsabilità penale con riferimento alle fattispecie di cui a punti n. 3 e n. 4 dell’art. 217 l.f., nonché al cagionamento del dissesto per operazione dolose di cui al secondo comma n. 2 dell’art. 223 l.fall. e all’aggravamento con inosservanza degli obblighi imposti della legge di cui al comma 2 n. 2 dell’art. 224 l.fall.. Ciò quando il dissesto abbia come causa esclusiva determinante l’evento la prosecuzione dell’attività nonostante la perdita del capitale.
5.2. La redazione del bilancio. L’articolo 7 detta disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio, in particolare, prevede che il bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, possa contenere la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423 bis, comma primo, n. 1), c.c. se detta prospettiva risulta sussistente nell'ultimo bilancio di esercizio chiuso anteriormente al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all'articolo 106 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18. E prescritto che il criterio di valutazione vada specificamente illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. Dette disposizioni si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati. Tale disposizione rileva con riguardo al reato di false comunicazioni sociali evidentemente non ipotizzabile nel caso dell’utilizzo dei criteri appena indicati.
5.3. Il finanziamenti dei soci. Il recupero della liquidità, in termini normalità, si ottiene attraverso il finanziamento dei soci. L’incertezza della situazione e la scommessa sottesa al recupero che tutti auspichiamo ma che evidentemente si deve confrontare con condizioni oggettivamente aleatorie quali: la riapertura dei mercati mondiali e i cambiamenti delle condizioni del mercato evidenzia la necessità di solidarizzazione il rischio recupero del finanziamento da parte del socio, per incentivarlo a finanziare. In quest’ottica l’articolo 8 introduce disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società da parte dei soci. E’ così previsto che dal 9 aprile al 31 dicembre 2020, ai finanziamenti effettuati a favore delle società dai soci e concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento non si applicano gli articoli 2467 c.c. art. 2467 c.c., il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società non sarà quindi postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, non dovrà essere restituito se avvenuto nell'anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società. Sotto il profilo civile i soci concorreranno in termini di parità con i creditori di pari grado e sotto il profilo penale la restituzione di detti finanziamenti, ricorrendone i presupposti, potrà astrattamente integrare un’ipotesi di bancarotta preferenziale nel caso la restituzione determini la lesione della par condicio ma non un’ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, quando la restituzione sia avvenuta nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
6. I finanziamenti garantiti dalla SACE s.p.a. e dal fondo PMI
- Lo strumento principis per far fronte alla crisi di liquidità è comunque il ricorso al finanziamento delle banche e degli istituti abilitati ed ecco qui il principale settore di intervento del decreto legislativo dell’ 8 aprile 2020 – integrativo di quello di cui all’art. 56 decreto legge n. 17 marzo 2020 n. 18 -.
Il decreto legge integra il sistema di aiuti di stato “sdoganato” dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19”
L’aiuto è regolato dalle disposizioni di cui agli articoli 1 e 13 del decreto legge n. 23/20 e consiste, in linea con quello introdotto dall’art. 56 decreto legge n. 18/20, nella concessione di garanzia su finanziamenti erogati da istituti di credito ed enti abilitati. Per i finanziamenti alle imprese di grandi e grandissime dimensioni l’ente garante è la società per azioni SACE del gruppo della Cassa depositi e prestiti, per le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499 il Fondo centrale di garanzia PMI, per questi ultimi la garanzia non può superare l’importo di 5 milioni di euro. Il termine ultimo per la concessione della garanzia è quello del 31 dicembre 2020, le garanzie sono concesse in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese italiane.
I finanziamenti non possono superare i sei anni.
6.1.Il salvataggio selettivo. Il comma dell’art. 1 prevede infatti che sotto il profilo soggettivo le garanzie siano corrisposte in favore di coloro che provano che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi dei Regolamenti UE n. 651/2014, 702/2014 1388/2014 e che alla data del 29 febbraio 2020 non risultavano esposizioni deteriorate, come definite ai sensi della normativa europea. L’art. 13 alla lett. g) prevede che siano escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come "sofferenze" ai sensi della disciplina bancaria. L’art. 1 alla lett. c) e l’art. 13 pure alla lett. c) indicano le modalità per la determinazione dell'importo massimo del prestito garantibile in base a percentuali del fatturato e costi del personale dell'impresa.
Ai sensi dell’art. 13 lett. g) la garanzia può essere però concessa anche alle imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, siano state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui ex art. 186 bis l.fall, hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell' art. 182 bis l. fall. o hanno presentato un piano attestato di cui all'art. 67 l. fall., purché, al 9 aprile, le loro esposizioni non siano da classificare come deteriorate.
Non è garantita nella sua interezza la somma finanziata bensì -a seconda della dimensioni- essa è garantita sino al 90, all’80 o al 70 per cento.
L’art. 1, con riferimento ai finanziamenti garantiti dalla SACE S.p.a., condiziona la concessione della garanzia all’assunzione dell’impegno da parte del beneficiario di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020 nonché di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali. Il finanziamento coperto dalla garanzia inoltre deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.
6.2.Finanziamenti garantiti con procedure semplificate. Il comma 6 dell’art. 1 prevede una procedura semplificata in favore delle imprese con meno di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro. La procedura inizia con la presentazione da parte dell’impresa alla banca, o altro ente autorizzato all’erogazione del credito, di domanda di finanziamento, in caso di esito positivo dell’istruttoria il finanziatore trasmette alla SACE S.p.A la richiesta di emissione della garanzia a SACE. e quest'ultima se l’istruttoria ha esito positivo emette un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia e a questo punto il soggetto finanziatore procede al rilascio del finanziamento assistito dalla garanzia concessa dalla SACE S.p.A. Il rilascio della garanzia e del corrispondente codice unico è subordinato a decisione assunta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, adottato sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A., nel caso si tratti di impresa con più di 5000 dipendenti l’autorizzazione è emessa in base a elementi quali il contributo allo sviluppo tecnologico; b) appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti; c) incidenza su infrastrutture critiche e strategiche; d) impatto sui livelli occupazionali e mercato del lavoro; e) peso specifico nell'ambito di una filiera produttiva strategica.
L’art. 13 , al 5° comma prevede che per le piccole e medie imprese che accedono al Fondo di garanzia si applichi la disciplina di cui alla legge n. 662 /96 con la semplificazione che qualora il rilascio della documentazione antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati nazionale unica prevista dall'art. 96 d.lgs n. 159/11, l'aiuto è concesso all'impresa sotto condizione risolutiva anche in assenza della documentazione medesima. Nel caso in cui la documentazione successivamente pervenuta accerti la sussistenza di una delle cause interdittive ai sensi della medesima disciplina antimafia, è disposta la revoca dell'agevolazione ai sensi dell'art. 92 commi 3 e 4 d.lgs. n. 159/2011 e art. 9 d.lgs. n. 123/98, mantenendo l'efficacia della garanzia.
7. Considerazioni conclusive
Senza lockdown il numero delle vittime sarebbe stato molto più alto.
Il contenimento del numero dei decessi ben vale una crisi di liquidità del paese, ma tanto la crisi è globale. Il Salento non vende il vino perché i ristoranti di New York sono chiusi. I paesi che prima supereranno l’epidemia prima supereranno la crisi mondiale. Bene è stato rimanere a casa e rimanerci ancora per non offrire le nostre gambe al virus. La vita umana ben vale la crisi di liquidità e solo alla morte non c’è riparo. Infine dopo le frasi che vi ho rassegnato e avete avuto la pazienza di leggere, tanto d’effetto e popolari quanto vere, mi sia permessa un’ultima considerazione, a mio parere difficilmente confutabile in termini di nesso di causalità, ovvero che la crisi economica non è l’effetto collaterale del lockdown ma è l’effetto diretto della pandemia.
Gli interventi del governo che si sono sommariamente illustrarti costituiscono utile stimolo e sollecitazione alla ripartenza e, al tempo stesso, strumenti adeguati per sottrarre l’economia dagli oscuri pericoli di una crisi, come il virus, dai contorni sconosciuti che ci evoca film cataclismatici dei quali non avremmo mai voluto essere protagonisti.
Gli aiuti di Stato mettono gli imprenditori in condizione di ripartire.
Allo stato il salvataggio selettivo, questo il rammarico, abbandona gli imprenditori già in crisi, e auspichiamo non ponga le condizioni per il ricorso a mezzi illeciti di finanziamento.
Le dimensioni della crisi impongono, però, la selezione delle imprese recuperabili, il salvataggio deve essere valutato non tanto in termini di meritevolezza del beneficiario quanto in termini di oggettiva capacità di ripresa. Agevolare il finanziamento in favore di chi non è in grado di superare la fase di illiquidità può determinare danni a catena e lo “spreco” dell’aiuto.
E’ l’importo dell’ammontare complessivo del finanziamento garantibile che impone la selezione del salvabile.
Deve poi osservarsi che la garanzia non copre l’intero ammontare dell’importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell’impresa, il 10%, il 20% o il 30% rimane a carico dei finanziatori, ciò determina il rischio di ulteriori perdite (va considerato che gli istituti di credito già rischiano di perdere definitivamente i finanziamenti erogati alle imprese in crisi ante Covid19).
L’altra faccia della medaglia è che non ci si può permettere di lasciare alla criminalità nemmeno un centesimo di quanto è destinato al superamento della crisi di liquidità e dunque che è meglio un’erogazione ritardata per la necessità di controlli piuttosto che l’erogazione ad un soggetto che distrae l’aiuto allo scopo. In quest’ ottica è fondamentale l’elaborazione di protocolli di cooperazione tra gli organi di vigilanza, compresa la predisposizioni di archivi da parte della Guardia di Finanza con tutte le informazioni utili da mettere a disposizioni delle banche, tanto a evitare la dispersione degli aiuti.
Da ultimo un richiamo alla tutela penale per dissuadere tentativi di indebita appropriazione degli aiuti occorre il deterrente della pena, e pure che la pena sia salata. E’ quanto mai opportuna l’introduzione di una disposizione incriminatrice ad hoc atta a prevenire condotte dolose dirette all’indebita appropriazione dei finanziamenti.
Per sgombrare il campo dalla tentazione di utilizzare fattispecie penali quali quelle di cui all’art. 640 bis e 316 ter cod. pen. è bene considerare che la configurabilità delle ipotesi delittuose richiamate presuppone che i contributi, i finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo dei quali l’autore di detti reati richiamati indebitamente si appropria siano concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee, mentre i finanziamenti ex art. 56 decreto legge n. 18/20, ex art. 1 e ex art. 13 decreto legge n. 23/20 sono erogati da banche e enti abilitati ovvero soggetti privati e gli enti a partecipazione pubblica (SACE Spa e fondo PMI) subentrano a garanzia del finanziamento.
Così è evidente che i reati che abbiano non dissuadono.
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