1. La mia relazione ha ad oggetto i nuovi criteri di selezione e formazione dei giudici tributari, così come introdotti dalla L. n. 130/2022, anche se alcune delle regole fissate dalla legge di riforma sono in fieri e subiranno a breve dei cambiamenti: mi riferisco al DL n. 75/2023 in attesa di conversione.
Non vi è dubbio che, con tale legge, il legislatore abbia realizzato un generale riassetto dell’apparato organizzativo dei giudici tributari e la riforma dell’ordinamento degli organi speciali di giustizia tributaria è sicuramente la più rilevante nell’apparato legislativo, cambiando le regole di reclutamento dei giudici tributari, i quali si trasformano da onorari in giudici professionali da concorso.
Mi limiterò ad alcune osservazioni sulle ricadute della professionalizzazione del giudice tributario sulle questioni dell’imparzialità e della “qualità” delle sentenze tributarie.
A mio avviso la soluzione legislativa sembra rispondere in modo univoco ad entrambe le suddette questioni che, per natura, sono evidentemente connesse.
Il nuovo status del giudice, remunerato nella misura stabilita dalla legge, secondo le disposizioni previste per il trattamento economico dei magistrati ordinari, e dedito alla funzione a tempo pieno, costituisce la pietra angolare sia dell’imparzialità del giudice sia della qualità delle pronunce.
Ricordo che il primo Presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2022, ha ricordato la necessità di riformare la giustizia tributaria affidandola a giudici che la trattino a tempo pieno e non come un secondo lavoro.
Queste ricadute sono enfatizzate dal fatto che alla funzione si accederà con il superamento di un selettivo concorso che accerti le capacità tecniche dei magistrati tributari.
La scelta legislativa del concorso è chiaramente connessa al principio di imparzialità e di buon andamento, cui può riferirsi la questione della “qualità” delle sentenze, e, sebbene di recente si parli tanto di dequotazione del concorso pubblico (penso al concorso abbreviato o alla selezione da elenchi), soprattutto per l’attuazione del PNRR, è evidente che, in ragione del ruolo e della funzione del magistrato tributario, non poteva che adottarsi tale decisione, dovendosi comunque riconoscere una generale primazia del concorso pubblico.
La stessa Corte Costituzionale ha più volte precisato che, pur avendo il legislatore ampia discrezionalità nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di impiego, nondimeno il concorso pubblico resta il miglior meccanismo di selezione tecnica.
Sul tema si obietta sovente che i concorsi tradizionali appaiono sempre meno efficienti e questo per il divario tra numero dei candidati e numero dei commissari, per i criteri di definizione delle commissioni, per i criteri di scelta delle prove ecc.; tuttavia l’eliminazione del concorso pubblico non sembra la soluzione più corretta, potendosi piuttosto optare per l’affiancamento del concorso al tirocinio e alla formazione permanente, come si vedrà meglio nel prosieguo.
1.1. L’adozione di un concorso per esami, in luogo di un concorso per titoli, risponde ad una diversa funzione del concorso stesso che consiste nella verifica, concreta e attuale, dell'idoneità del candidato allo svolgimento dei compiti connessi alla posizione da attribuire.
L'accertamento della idoneità deve essere compiuta in modo coerente con il tipo di servizio richiesto.
Rispetto al disegno di legge originario, sono stati ammessi al concorso non solo i laureati in giurisprudenza (con corso di laurea di durata non inferiore a quattro anni), ma anche due classi di laureati in economia (Scienze dell'economia o Scienze economico-aziendali): la scelta legislativa sembra coerente con la struttura dei corsi di laurea di stampo economico, che prevedono in ogni caso il superamento di esami di diritto fondamentali, e soprattutto si rivela simmetrica rispetto alle competenze del difensore tributario. E del resto, il concorso si presenta particolarmente selettivo, sicché il suo superamento dovrebbe di per sé garantire l’idoneità della formazione.Va considerato, poi, che la multidisciplinarietà delle materio oggetto di concorso può giustificare l'ammissione di persone con titoli di studio diversi.
Nell’impianto originario della Legge n. 130/22, la prova scritta ha la prevalente funzione di verificare la capacità di inquadramento logico sistematico del candidato e consiste nello svolgimento di due elaborati teorici rispettivamente vertenti sul diritto tributario e sul diritto civile o commerciale, nonché in una prova teorico-pratica di diritto processuale tributario. Le prove potrebbero essere ridotte a due e una di esse potrebbe consistere nella redazione di una sentenza. La prova orale verte su numerose materie comuni anche al concorso per magistratura ordinaria, oltre ad elementi di contabilità aziendale e bilancio che caratterizzano il settore. Quindi la selezione dei candidati dovrebbe avvenire secondo criteri di completezza.
L’accesso alla funzione giurisdizionale tramite concorso e la stabilizzazione della funzione, quindi, producono effetti in termini di imparzialità e indipendenza.
1.2. A fronte delle innegabili migliorie connesse alla riforma, restano comunque alcune zone d’ombra.
La composizione della Commissione di concorso, pur alla luce delle modifiche introdotte con il DL n. 75/23, include un solo professore di diritto tributario e non richiede neanche alla componente togata una specializzazione nella materia principale del concorso.
Desta perplessità, poi, che i nuovi magistrati tributari non potranno ambire al “passaggio” in Cassazione, e quindi alla Sezione tributaria della Corte di Cassazione, istituita per legge dall’art. 3, L. n. 130/2022: l’esclusione dei magistrati specializzati, assunti a seguito di uno specifico concorso e che hanno svolto la propria funzione nel settore, non garantisce certo la migliore specializzazione dei giudici di legittimità. Ne consegue che, sebbene debba ritenersi una scelta più che opportuna l’istituzione di una sezione di Cassazione, incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria, occorrerebbe consentire l’ingresso in tale sezione proprio ai Magistrati specificamente selezionati per la materia e che si sono formati nel tempo nel settore.
Sotto il profilo dell’imparzialità, resta aperta la questione della dipendenza del giudice tributario dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF): questa influenza mi sembra comunque temperata dal ruolo determinante assegnato al Consiglio di Presidenza di Giustizia Tributaria, che dovrà quindi operare in modo da raggiungere punti di equilibrio tra le disposizioni normative e tanto per garantire l’imparzialità della magistratura tributaria. In ogni caso, l’accesso tramite concorso e l’adozione delle regole stipendiali e di carriera previste per i magistrati ordinari neutralizzano almeno in parte questo vincolo di dipendenza.
Sotto il profilo organizzativo, vi è il nodo della convivenza dei magistrati tributari con i giudici tributari, presenti nel ruolo unico nazionale.
Gli attuali giudici continueranno a svolgere le loro funzioni fino al compimento dell’età limite; è poi stato previsto un transito alla giurisdizione tributaria dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, sia pure entro certi limiti numerici e a seguito di interpello.
Sicché la composizione delle Corti di giustizia sarà variegata, affiancandosi a magistrati assunti con specifico concorso selettivo, magistrati di carriera diversa transitati nella giurisdizione tributaria e giudici onorari.
Infine, occorrerebbe rivedere la tempistica delle nuove assunzioni. Secondo la time line prevista dalla legge 130/2022, le procedure di assunzione dei magistrati tributari ad un ritmo di un concorso annuale di 68 posti, per completare l’organico di 576 nel 2030. Il numero è stato rivisto già con il DL n. 75/2023 ma resta esiguo per ciascun concorso e tanto moltiplica i costi e i tempi di assunzione.
2. Passando ora alle regole sulla formazione introdotte dalla Legge di riforma, è chiaro che i magistrati tributari selezionati tramite lo specifico concorso dovranno affrontare un percorso di preparazione a monte, per il suo superamento ma necessiteranno anche di un tirocinio e di un aggiornamento continuo.
Nell’ottica della migliore formazione possibile, i magistrati tributari dovranno svolgere un tirocinio formativo di almeno sei mesi presso le corti di giustizia tributaria con la partecipazione all'attività giurisdizionale relativa alle controversie rientranti nella rispettiva competenza in composizione collegiale. In caso di valutazione negativa, il tirocinio viene svolto per un nuovo periodo della durata di 6 mesi. Al termine del secondo tirocinio e all’esito della relativa scheda valutativa, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria delibera nuovamente; la seconda deliberazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato tributario in tirocinio.
Questo tirocinio ha tuttavia una durata limitata e la legge non ha previsto nulla in merito alla formazione iniziale dei magistrati tributari.
Si tratta di un tirocinio diverso da quello previsto per i magistrati ordinari dall’art. 18 e seguenti, D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, che ha la durata di 18 mesi e prevede sia una formazione iniziale con approfondimento teorico-pratico e deontologico presso la Scuola Superiore della Magistratura e una pratica presso gli uffici giudiziari della durata di 12 mesi, e si conclude con un giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie. Le sessioni di tirocinio, poi, sono, a loro volta, ripartite nelle fasi del tirocinio generico e del tirocinio mirato.
Mi sembra che un tirocinio uniforme sarebbe stato certamente più efficace.
2.1. L’art. 5-bis della legge di riforma ha, poi, previsto la formazione continua dei giudici e magistrati tributari, affidando al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria la definizione dei criteri e delle modalità per garantire, con cadenza periodica, la formazione continua e l'aggiornamento professionale dei giudici, attraverso la frequenza di corsi di carattere teorico-pratico da tenere, previa convenzione, anche presso le università accreditate.
Alcuni hanno rilevato sin da subito la necessità di affidare la formazione continua e l’aggiornamento a un soggetto indipendente e dotato di autonomia organizzativa ed economica, come già avviene per magistratura ordinaria e amministrativa: si suggeriva allora un ente già esistente, come la Scuola Superiore della Magistratura, oppure un ente di nuova costituzione, come la “Scuola Superiore di formazione dei giudici tributari”.
In tale direzione si è mosso il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria che, con delibera n. 2/2023, ha istituito la Scuola Superiore della Giustizia Tributaria, con sede a Roma, per il tirocinio dei neoassunti magistrati tributari e per la formazione continua e l’aggiornamento professionale dei magistrati e dei giudici tributari: la struttura stabile ha lo scopo di rendere uniforme e permanente l'offerta formativa, in collaborazione con le Università, e sarà composta da un Comitato Scientifico e supportata da una segreteria amministrativa addetta alla logistica.
Sono stati individuati quattro quadranti geografici cosi individuati: 1 al Nord; 1 al Centro; 2 al Sud (aree ove è maggiore la concentrazione di magistrati e giudici tributari) e quattro aree universitarie aventi sede nelle aree geografiche indicate, con la possibilità all’interno di ciascuna area di costituire consorzi universitari .
La Scuola può proporre al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria di concludere accordi, protocolli d'intesa o convenzioni con altri soggetti, pubblici e privati, italiani, dell'Unione europea o stranieri, operanti nel settore della formazione di interesse per i giudici tributari.
Il Comitato Scientifico, nella sua composizione non espressamente integrato da professori universitari della materia, si farà carico di elaborare il programma annuale di formazione, per poi essere approvato dal Consiglio ed essere trasmesso al Mef.
La partecipazione e la frequenza ai corsi della Scuola costituiscono elementi di valutazione per la carriera del giudice e del magistrato tributario e, se non sbaglio, ogni giudice e ogni magistrato tributario dovrebbe partecipare ad almeno due corsi all’anno, tra quelli organizzati dalla Scuola.
2.2. È chiaro che la formazione permanente è impresa piuttosto ardua nel settore tributario e questo perché la materia è particolarmente complessa anche in ragione della sua interdisciplinarità: si pensi alle interrelazioni con il diritto costituzionale, il diritto dell’Unione Europea, il diritto amministrativo, il diritto civile, il diritto commerciale, il diritto penale, il diritto internazionale, il diritto processuale civile. E, come evidenziato per le prove orali del concorso, la materia richiede anche la conoscenza delle regole aziendalistiche della contabilità e bilancio e i principi contabili.
Inoltre, particolarmente nel settore, vanno considerate le continue modifiche normative, i cambiamenti repentini negli orientamenti specie di legittimità, tutti fattori che impongono un aggiornamento quasi surreale. E questo mi fa venire in mente la lotta di Zeus e Kronos: Kronos, il dio del tempo, divorava tutti i suoi figli, finché suo figlio Zeus, con l’aiuto della madre Rea, riesce a ingannarlo e diviene un dio proprio perché ha sconfitto il tempo.
Ecco: il tributarista è il protagonista di una lotta titanica contro il tempo, in un aggiornamento continuo.
2.3. In questa lotta sarebbe stato opportuno fornire al giudice tributario il supporto dell’Ufficio del processo. E questo considerato soprattutto che il D.L. n. 80/2021 aveva già individuato nel modello organizzativo dell’Ufficio per il processo lo strumento principale per la realizzazione degli obiettivi del PNRR e quindi per rendere più efficiente il sistema della giustizia.
Il PNRR, infatti, ha ampliato gli orizzonti di questo strumento di supporto, ribadendo il ruolo fondamentale dell’Ufficio per il processo, che è proprio quello di offrire un concreto ausilio alla giurisdizione così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari, sostenere l’obiettivo dell’abbattimento dell’arretrato e ridurre la durata dei procedimenti.
In quest’ottica, lo staff del magistrato collabora in tutte le attività collaterali al giudicare (ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti), come avviene in analoghi istituti presenti a livello europeo ed internazionale. Basta pensare, in particolare, all’organizzazione della Cancelleria della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha il compito di trattare e preparare i ricorsi sottoposti alla Corte. Nello schema del D.L n. 80/21, le funzioni degli addetti all’Ufficio del processo presentano diverse similitudini con questo tipo di struttura.
Considerata la complessità della nostra materia, tale supporto sarebbe particolarmente utile per la magistratura tributaria di merito e non solo per quella di legittimità. Ed invece il legislatore ha previsto questo strumento per il giudizio di Cassazione sulla base di uno specifico progetto organizzativo del primo presidente della Corte di cassazione, con l’obiettivo del contenimento della pendenza nel settore civile e del contenzioso tributario.
La Commissione interministeriale di esperti, chiamata a pronunciarsi sulle criticità della giustizia tributaria accennava, invece, alla necessità di estendere l’Ufficio del processo anche alla giurisdizione tributaria, sottintendendo che la sua istituzione avrebbe una significativa rilevanza anche nel giudizio di merito.
Non resta allora che sperare in una futura adozione dell’Ufficio per il processo anche per la giustizia tributaria.
[1] Testo della relazione svolta dall’A. al convegno “L’autogoverno della magistratura tributaria alla prova della riforma. Il ruolo del prossimo Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e la sua Agenda”, svoltosi presso l’Università L. Bocconi in data 27 giugno 2023.
*Professore Associato di diritto tributario, Università della Campania – Vanvitelli