"Correggere una Costituzione non è impresa minore del costruirla la prima volta"
(Aristotele, Politica, IV, 1289 a, 5)
1. Una premessa generale.
Il "libro" della riforma ordinamentale della giurisdizione tributaria, contenuto nella Legge 130/2022, è scritto (non sempre bene) solo in parte. Mancano interi capitoli, nei capitoli mancano interi paragrafi, nei paragrafi mancano parti essenziali.
Bisogna affermare con chiarezza che la "base normativa" della riforma ossia la legge 130/2022 è largamente insufficiente e sostanzialmente inadeguata in ordine a ulteriori, plurimi, fondamentali, aspetti.
Innanzitutto, sotto il profilo della tecnica di legislazione, il Legislatore si è limitato a interpolare -in modo alquanto approssimativo - il testo del d.lgs. 545/1992 (questa sì una vera e propria "legge di ordinamento giudiziario") e ne è uscito un abito di Arlecchino di incerta "vestibilità".
In termini generali, manca una normativa ordinamentale che, per un verso, delinei in maniera chiara i confini dell’indipendenza dell’attuale e futura magistratura tributaria, per altro verso, che esprima un chiaro, complessivo e coerente disegno organizzativo.
Nello specifico e nell’immediato del vissuto ordinamentale, mancano completamente le regole della coesistenza tra la vecchia e la nuova magistratura e non si è intervenuto per rescindere “il cordone ombelicale che lega gli organi di giustizia tributaria a una delle parti in causa e, quindi, l’incardinamento degli organi della giustizia tributaria, non più nell’ambito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, bensì in quello del Ministero della Giustizia, come i Tribunali ordinari, o quanto meno della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pari degli altri giudici speciali come TAR e Corte dei Conti”[2].
2. Una questione pregiudiziale: indipendenza, autonomia ed autogoverno della magistratura tributaria.
Sotto quest’ultimo profilo la riforma era, anzi, intervenuta addirittura peggiorando la situazione. Infatti, con la previsione di quote di riserva elettive, intaccando il principio di rappresentanza, indeboliva in misura rilevante il ruolo, la funzione e l’autorevolezza del CPGT, rafforzando di converso l’azione e la preponderanza del MEF nell’organizzazione della Giustizia tributaria.
Era il "capitolo" della Riforma scritto peggio, inevitabilmente al servizio di interessi micro-corporativi, se non addirittura individuali. Una strada o meglio una scorciatoia, senz'altro errata e gravemente lesiva dei principi di rappresentatività elettiva del Governo autonomo. Vi sarebbero stati eletti ex lege che, nella sostanza, sarebbero stati rappresentativi soltanto di sé stessi o di pochi altri.
L’abrogazione della disposizione transitoria elettorale di cui all’art. 8, comma 5, legge 130/2022, appunto quella della “quota di riserva” per i magistrati professionali “optanti” per la nuova magistratura tributaria, va quindi salutata con grande soddisfazione e favore.
Questo - brutto - capitolo è stato fortunatamente eliminato dal "Libro della Riforma" grazie ad un saggio ripensamento del Legislatore, provocato dalla forza convincente dell'elaborazione condivisa – partita dal basso - da parte della magistratura tributaria, che ha condotto a far vincere le ragioni abrogative di detta - platealmente incostituzionale - norma.
Si tratta di un ottimo esempio di virtuosa sinergia tra Istituzioni e magistratura, del quale il futuro Consiglio di Presidenza dovrà tener conto per rafforzare il proprio ruolo e per avere una capacità rinnovata, anzi per meglio dire nuova, nello svolgimento delle funzioni di governo autonomo della magistratura tributaria.
Per colmare le ulteriori lacune della riforma, per riequilibrare il rapporto tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, bisogna percorrere ulteriori sentieri, anche e soprattutto nell'immediato, della normazione secondaria.
E’ senz’altro urgente intervenire perché la recente e innovativa (nel Ministero della Giustizia esiste una Direzione generale per i magistrati inserita nel Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria e non un superiore Dipartimento) istituzione il Dipartimento della giustizia tributaria nell'ambito del Ministero dell'economia (art. 20, commi da 2 bis a 2 sexies del D. L. n. 44/23, convertito in Legge n. 74/2023), se da una parte appare finalizzata ad adeguare l'organizzazione dei servizi della giustizia tributaria alle esigenze della riforma, dall'altra, se lasciata priva di ulteriori interventi, rischia di accentuare lo squilibrio funzionale e ordinamentale in favore del Ministero.
Infatti, un organo di autogoverno può dirsi indipendente dal punto di vista ordinamentale solo se lo è anche dal punto di vista funzionale.
E ciò è tanto vero se si pone a mente la storia istituzionale del CSM, che ha visto il compimento definitivo della parabola costitutiva del suo assetto ordinamentale di piena indipendenza solo quando si è giunti alla definizione del ruolo autonomo del personale.
Per la giustizia tributaria nel medio e fors’anche lungo periodo questa soluzione non mi pare realisticamente attingibile. Quindi occorre “cucinare la pietanza” dell'indipendenza funzionale del consiglio di Presidenza a fuoco lento e con gli ingredienti consentiti dalla normazione secondaria.
Gli ambiti di intervento immediato possono essere individuati nella costruzione di un nuovo rapporto tra il Ministero dell'economia e Consiglio di presidenza, che si nutra in maniera feconda del principio di leale cooperazione.
La scelta dei ruoli di collaborazione fiduciaria da parte del Consiglio di Presidenza dovrebbe avvenire in maniera libera e priva di vincoli, anche e soprattutto dal punto di vista dimensionale (appare veramente esigua la previsione nel futuro Dipartimento di soli due posti dirigenziali a supporto del Consiglio di Presidenza) e secondo le procedure disegnate in altri ordinamenti dalla scansione del concerto invertito.
A ciò andrebbe aggiunta una revisione della procedura per l'individuazione del Segretario generale del Consiglio di Presidenza, che va aperta alla possibilità di scandagliare tutte le professionalità, a partire da quelle magistratuali, presenti nell'alta burocrazia statale onde vitaminizzare adeguatamente il necessario ed indispensabile rapporto fiduciario tra funzione integrata in una professionalità e organo di autogoverno.
3. L'organizzazione della giustizia tributaria - in generale.
I tempi prossimi che attendono la giurisdizione tributaria saranno complessi e fondativi, perché siamo di fronte ad una riforma straordinaria da attuare con strumenti fuori dall’ordinario.
Entrando in metafora, la legge n. 130/2022 può essere raffigurata come un treno che a tanti del "personale di bordo" non è piaciuto, per come è stato costruito, per la direzione verso la quale sembra essere diretto, per la velocità impressa al suo andare. Purtuttavia, occorre pensarlo condotto a destinazione da un’opera dell’Autogoverno avveduta, graduale e con il pieno utilizzo di tutte le scansioni temporali previste dalla legge, fino all'ultima possibile.
Allora si evidenzia che il comune impegno degli "addetti ai lavori" è che il treno della riforma non vada troppo veloce e deragli oppure vada troppo piano e non arrivi a destinazione.
Quindi, ponderazione, gradualità nei tempi, attenzione agli effetti e attuazione ragionata: questo è l’arduo compito che il prossimo Consiglio di Presidenza, vero e proprio cuore della Riforma, ha davanti.
Abbiamo una cornice normativa minima e sghemba, ma non il quadro chiaro della nuova magistratura e del nuovo autogoverno.
Occorre dipingerlo con uno sfondo: sollecitare, indirizzare e favorire la maieutica delle necessarie modifiche legislative migliorative del testo approvato, che presenta, come tutti sappiamo, errori, lacune, scelte non troppo pensate e norme che vanno implementate e con un tema: elaborare la normazione secondaria, che sarà del tutto decisiva.
I “colori” da usare sono quelli della piena applicazione dei principi di autogoverno, di indipendente esercizio della giurisdizione e di rafforzamento dell'efficacia e dell'autorevolezza della giurisdizione tributaria.
Questi a mio avviso i punti fermi:
I. la magistratura tributaria non è una magistratura minore; è una magistratura che ha visto consolidato e validato il suo ruolo nella Costituzione e nelle sentenze della Corte costituzionale. Con la riforma ne è consacrata la pari dignità rispetto alle altre giurisdizioni quale quinta magistratura!
II. La magistratura tributaria "della riforma", complessivamente considerata, allo stato della legislazione non è una magistratura onoraria!
4. L'organizzazione della giustizia tributaria - in concreto.
Peraltro, il punto centrale di questo, di per sé precario, "equilibrio" complessivo era la costituzione immediata di un nucleo duro di giudici del nuovo ruolo dei magistrati tributari, attingendo dalle altre magistrature "professionali".
Fallita questa misura (allo stato circa 30 optanti sui 100 previsti) e quindi in particolare fallito il tentativo di rafforzamento del secondo grado della giurisdizione di merito, dall' equilibrio precario si è passati al disequilibrio manifesto. Ed a questo punto non si sa più bene nella fase di start up della riforma "chi farà cosa e, soprattutto, come e dove".
Su questo punto si gioca la Riforma in un tempo che sarà lungo, ma che occorre preparare da subito, facendo tesoro dell’insegnamento manzoniano di andare avanti senza paura -‘adelante, ma con giudizio’- così da evitare i tumulti dell’incertezza seminati dal Legislatore e i segni negativi della “peste” rinvenienti dalle omissioni riformatrici, con particolare riferimento al destino non scritto, non pensato e fors’anche non voluto della magistratura tributaria “laica”.
E sul piano del cronoprogramma della riforma va valutata con attenzione la prima vera e propria misura correttiva recentemente introdotta al livello legislativo (art. 18, decreto-legge 75/2023, in fase di conversione). Infatti, aver ritarato i tempi, le quantità ed i modi dei concorsi per l'assunzione dei nuovi magistrati tributari è senza dubbio alcuno una scelta positiva e riequilibrante.
Peraltro, in prospettiva di medio-lungo periodo, sarà necessario “fare i conti” (finalmente) con la struttura alquanto diversificata del contenzioso tributario, che, nei suoi “grandi numeri” (in flessione storica, ma comunque sempre assai consistenti), accomuna una massa prevalente di procedimenti di minor valore e almeno tendenzialmente, di minor complessità (40% fino a 3.000 euro, 37% da 3.000 a 50.000 euro; fonte: Relazione annuale del MEF sullo stato del contenzioso tributario per il 2022) ad una quota percentualmente inferiore di cause di maggiore valore e, tendenzialmente, di maggiore complessità.
A fronte di questa peculiarità assolutamente consolidata della domanda di giustizia tributaria, appare dunque indispensabile differenziare l’offerta ossia adottare moduli organizzativi e processuali adeguati alla diversa “qualità”, al diverso “peso specifico”, dei giudizi di merito, secondo un canone di ragionevole flessibilità, anche territoriale, posto che «un solo modello è probabilmente inadeguato sia rispetto all’esigenza di rapido smaltimento dell’arretrato, sia rispetto all’approfondimento necessario per le liti più complesse.»[3]
5. L'organizzazione della giustizia tributaria - nel futuro.
Appare in ogni caso necessaria un'ampia, radicale, manovra correttiva del quadro normativo attuale della riforma ordinamentale della giustizia tributaria; una manovra da sviluppare su più piani e con il concorso delle Istituzioni interessate, secondo il già evocato principio costituzionale della leale cooperazione.
Le linee guida sono:
- sincronizzare/coerenziare i tempi sfalsati della dinamica -di lungo periodo- della sostituzione del personale giudicante, a partire dall' inevitabile pieno utilizzo e valorizzazione della professionalità delle risorse esistenti, sino all’ultima scansione temporale del percorso ordinamentale che gli attuali magistrati tributari hanno intrapreso per legge; nello specifico, individuare una forma di transizione nei ruoli della "magistratura tributaria" degli attuali giudici tributari "non togati", anche con soluzioni normative innovative, ma che traggano linfa ispiratrice da altre esperienze riformiste degli ordinamenti magistratuali ordinario e amministrativo; come detto sopra, questo percorso è stato avviato con la rimodulazione dei concorsi per l'assunzione dei nuovi magistrati tributari; tale misura dev'essere quindi coordinata e coerenziata con quelle indicate relative al personale giudicante attuale, anche alla luce dell’esperienza mutuata dai concorsi per magistrati ordinari che richiedono per accompagnare un vincitore di concorso all'uscio della potestà decidente del caso concreto una durata di almeno quattro anni;
- prevedere un disegno chiaro per la dirigenza degli uffici, oltre il breve periodo ossia quello dato dalla proroga oltre il 70° anno di età dei giudici del ruolo unico, con riguardo alle effettive, territorialmente diversificate, esigenze delle Corti; nello specifico, anche per riaprire l'opzione delle magistrature professionali, ma con destinazione esclusiva alle vacanze direttive e semidirettive ritenute "strategiche";
- allo stesso tempo, rafforzare la professionalità, la specializzazione e la formazione permanente degli attuali magistrati tributari;
- ripensare all'attività finora svolta dal Consiglio di presidenza in termini di gestione della “carriera” del magistrato tributario. C’è bisogno di una politica della mobilità sul territorio dei magistrati tributari - mobilità orizzontale e mobilità verticale prioritariamente indirizzata verso le funzioni e gli uffici maggiormente gravati – e di conferimento degli incarichi da parte del Consiglio di presidenza che scriva e dissodi regole di trasparenza e di parità di condizioni nelle procedure che saranno adottate per garantire mobilità e conferimenti;
- realizzare un salto di qualità nell'informazione istituzionale fatta dal Consiglio di presidenza e un’azione efficace per lo sviluppo degli strumenti di interazione informatica fra i magistrati e il Consiglio stesso.
6. Considerazioni conclusive.
Su queste direttrici attuative della legge 130/2022, il prossimo CPGT ha da esercitare un ruolo fondamentale sia sul piano dello stimolo delle scelte di politica legislativa (plesso Governo/Parlamento), sia sul piano della normazione secondaria e dell'attività provvedimentale, generale ed individuale, di sua competenza.
Dunque, secondo detto principio costituzionale, dovrà affinare e rinforzare in misura esponenziale la cooperazione con le altre Istituzioni coinvolte nel processo riformatore ed impegnarsi al massimo nell'esercizio delle proprie attribuzioni.
In relazione al primo profilo risulta indispensabile l'implementazione forte del rapporto con le Istituzioni di autogoverno delle altre giurisdizioni ed in particolare, per omologia funzionale, con il Consiglio Superiore della Magistratura, essendo rimasta la giurisdizione tributaria in co-gestione tra le Corti territoriali di merito e la Corte di Cassazione.
E' perciò evidente che la consiliatura che fra poco si aprirà ha un ruolo sostanzialmente co-fondativo della giurisdizione rinnovata. Ruolo che deve innervarsi della forza e autorevolezza della sua rappresentanza, che il Parlamento ha già effettuato, vivificandola con la scelta di alti profili e professionalità di donne e uomini delle istituzioni, che hanno sempre praticato i principi di granito della disciplina ed onore nel servizio pubblico.
Vasto programma verrebbe da dire, ma è l’unico possibile per rendere viva realtà il governo autonomo della magistratura tributaria e scolpire il sembiante riconoscibile e autorevole dell’autonomia, indipendenza e professionalità della magistratura tributaria vecchia e nuova.
Ho il fondato e ragionevole convincimento che anche la magistratura tributaria saprà fare lo stesso nelle prossime scelte elettorali.
*Presidente di sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto
[1] Intervento tenuto al Convegno organizzato dall’Università Bocconi il 27.06.2023 dal titolo “L’autogoverno della magistratura tributaria alla prova della riforma”.
[2] cfr. Angelo Contrino e Francesco Farri: “GIUSTIZIA TRIBUTARIA: UNA RIFORMA DA COMPLETARE” in sito web del Centro studi Livatino – 09/2022.
[3] Massimo Basilavecchia, Misure deflative del processo tributario. Serve un cambio di passo del legislatore, IPSOA Professionalità Quotidiana, editoriale del 24 giugno 2023.