GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    ​Sulla riforma della giustizia tributaria: stallo (prevedibile), colpo d’ala e discesa sulla terra (necessari) – Editoriale

    Sulla riforma della giustizia tributaria: stallo (prevedibile), colpo d’ala e discesa sulla terra (necessari) – Editoriale

    di Enrico Manzon 

    1. Lo stallo

    Stallo: In aerodinamica, la caduta di portanza di un’ala dovuta al distacco della corrente fluida dal dorso che si presenta quando si sorpassa l’incidenza critica... Alla caduta della portanza dell’ala (accompagnata da aumento notevolissimo della resistenza) si associa l’autorotazione, che per i velivoli è la causa originaria della caduta in vite (Enciclopedia Treccani online).

    La legge 130 del 2022, recante Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari, a pochi mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si trova già in una situazione metaforicamente assimilabile alla nozione fisica di stallo. Già prorogati, con il decreto legge milleproroghe 2022, i termini di “pensionamento” dei giudici tributari più anziani di età anagrafica (parecchi dei quali in ruoli direttivi o semidirettivi), entrate in vigore alcune misure processuali, alla data del 14 febbraio 2023 si maturerà il primo, grande, inciampo della riforma: il fallimento del bando per l’opzione dei giudici tributari “togati”, praticamente andato deserto.

    È una “falsa partenza” davvero pessima. Questa era, indiscutibilmente, una pietra angolare del nuovo edificio disegnato dalla legge, che così è già pericolante. In un quadro generale di innovazioni ordinamentali, tanto ambiziose, quanto aleatorie, se non addirittura velleitarie, l’idea di avere subito cento magistrati “di professione” e giudici tributari ormai consolidati da destinare “prioritariamente” alle Corti di secondo grado doveva essere la prima –fondamentale – manovra di “atterraggio” del nuovo aereomobile o, se si preferisce, il primo modo per passare dalle parole ai fatti.

    Ma così non sarà.

    Allo stato, rimane dunque soltanto la tempistica biblica dei concorsi associata alla coesistenza pluridecennale dei magistrati e dei giudici tributari (si comprende a malapena il senso di questa distinzione lessicale, oscillando la stessa tra la sinonimia ed il rapporto di genere/specie).

    Dunque la riforma della giustizia tributaria è – oggi – un aereo in stallo, che rischia di piombare al suolo e di schiantarsi alla prova del landing.

    Era prevedibile?

    Sì, lo era. Anzi era stato previsto, da più parti, a partire dalla Commissione della Cananea.

    Le riforme non si fanno così, non si fanno con le ideologie, non si fanno nella “mente di Giove”.

    Si fanno con i principi, ma con i piedi per terra. Non sono aerei, sono treni che viaggiano sulla superficie terrestre, che vanno costruiti per non deragliare, con sapienza, vagone per vagone e con una buona locomotiva.

    La legge 130/2022, scritta in tutta fretta prima a livello governativo e poi rimestata nel convulso periodo del “governo assembleare” di un fine legislatura imprevisto, aveva ed ha talmente tante black holes che il suo successo è poco più di una scommessa sul rosso e sul nero.

    Davvero un cattivo esempio di legislazione.

    Poiché ripartire da zero non è ipotesi politicamente praticabile, realisticamente, bisogna pensare a cosa fare per evitare che lo stallo produca il disastro aereo.

    Dunque occorre trasformare l’aereo in un treno.

    2. Il colpo d’ala o della discesa sulla terra

    Un colpo d’ala è possibile ? O meglio ancora è possibile trasformare la legge 130 in un mezzo terrestre ? Sì, lo è ed è necessario, ma anche urgente.

    Inutile nascondere che si tratta di una “manovra correttiva” complessa, bisogna passare da un aereo ad un treno: una riconversione indubbiamente impegnativa.

    La “precondizione” è avere –finalmente- le idee  chiare sugli obiettivi e sui mezzi della riforma, ma, soprattutto, una ancor più chiara cognizione dei termini concreti di fattibilità, non solo e non tanto finanziaria, ma operativa, delle soluzioni normative.

    Il limite “costruttivo” della legge 130 è infatti piuttosto evidente: manca completamente un –chiaro- disegno organizzativo con un cronoprogramma integrato e, soprattutto, praticabile.

    Se il postulato è costruire la quinta magistratura professionale, allora bisogna anzitutto essere consapevoli che si tratta di un'operazione complessa, da strutturare “verticalmente” ed “orizzontalmente”.

    Dalla geometria alla normativa di ordinamento giudiziario, ciò significa che: a) è necessario chiarire la dinamica costitutiva della dirigenza; b) è ugualmente indispensabile determinare come acquisire e dove allocare le risorse di personale giudicante.

    La legge 130 considera queste “tessere” del mosaico, ma le butta letteralmente sul tavolo, senza nessuna idea precisa di come nella sua attuazione queste “tessere” devono combinarsi, integrarsi, per poi dissolversi tutte nel corpus magistratuale speciale quale sarà definitivamente (comunque tra non pochi anni).

    Ed allora, in concreto e per punti tematici:

    A) secondo la road map dell’art. 1, comma 10, legge 130/2022, al lordo dei 100 optanti (che non ci saranno) le procedure di assunzione dei magistrati tributari, ad un "ritmo" di un concorso annuale di 68 posti, andranno a completare l’organico di 576 (meno 100...) nel 2030. Non sarà comunque così perché si tratta di una previsione semplicemente irrealizzabile.

    E comunque sbagliata. Che senso ha fare “mini concorsi”? perché non concentrarli?

    I concorsi costano e durano. Quindi non 7 concorsi, ma due, massimo tre, da 150 l’uno. Allora diviene concreta la prospettiva di arrivare al “numero magico” in cinque/sei anni.

    Ad una condizione però: bisogna almeno raddoppiare la Commissione esaminatrice. Con dieci componenti ci si mette troppo, anche perché è più che ragionevole prevedere che il numero dei partecipanti sarà elevato, trattandosi pur sempre dell’appetibile accesso ad una magistratura professionale, addirittura specializzata.

    Ma c’è anche una via breve, comunque praticabile: valorizzare le risorse esistenti.

    Dei giudici tributari togati si dirà appena oltre.

    È invece piuttosto evidente che si può –utilmente- attingere dall’ampio bacino dei giudici tributari “non togati”. Un reclutamento straordinario (non, come previsto dalla normativa attuale ossia una quota di riserva concorsuale, misura inutilmente penalizzante e verosimilmente destinata ad un largo insuccesso) di 100/150 unità, per titoli (professionali + adeguata anzianità di ruolo) e per verifica (semplificata, ad esempio come quella appena fatta per i giudici onorari di tribunale).

    Così si otterrebbero a breve (un anno massimo) gli effetti di una procedura concorsuale. E non sarebbe per nulla poco, se solo si pensa oltre al dato “quantitativo”, a quello “qualitativo”, essendo indiscutibile che si tratta di giudici già formati e non di “uditori giudiziari con funzioni”, come saranno i neo magistrati tributari assunti per concorso. Così, nel medio periodo si sommerebbe un capitale di esperienza con la freschezza (e si spera la “motivazione”) di una nuova classe professionale che via via costituirà -nel lungo periodo- la quinta magistratura.

    B) la dirigenza è una necessità insopprimibile per far funzionare –bene- un’Istituzione giudiziaria, ovviamente sul piano della sua organizzazione, indiscutibili per tutte le funzioni giurisdizionali i principi di autonomia ed indipendenza, di “soggezione soltanto alla legge”.

    La legge 130/2022 non ha nessun piano chiaro al riguardo, se non quello della coesistenza "non regolata" in via di norma primaria (quindi tutto nelle mani del CPGT, ma allora con forti riserve quantomeno sul piano della costituzionalità).

    Ed è altrettanto evidente che non si può aspettare il tempo lungo necessario (15 anni ?) affinchè i magistrati tributari assunti per concorso acquisiscano formalmente i titoli abilitanti e, ancor più - sostanzialmente- l’esperienza per poter assumere ruoli di dirigenza/semidirigenza.

    Oltre alla possibilità di valorizzare gli eventuali giudici tributari “non togati cooptati”, appare indubbio che, fino a che (lungo periodo) la quinta magistratura non sarà “a regime”, questo -fondamentale- segmento della struttura operativa non può essere “coperto” se non con i giudici tributari “togati”.

    E qui, come l’ Araba Fenice dalle sue ceneri, può rinascere l’opzione.

    Il fallimento di quella prevista dai commi 4 e seguenti dell’art. 1, legge 130/22 ha più di una ragione, dal trattamento economico a quello dello sviluppo della carriera.

    È perciò evidente che, onde scongiurare un ulteriore fallimento, questa misura va profondamente modificata, a partire dall’idea di riservarla soltanto ai ruoli direttivi/ semidirettivi. Così diverrebbe, di per sé, sicuramente molto più appetibile ed unitamente ad un’adeguata profilazione della “questione economica”, potrebbe avere ragionevoli prospettive di successo.

    È tuttavia necessario associarvi una rigorosa “selezione” delle sedi/delle Corti ove è indispensabile o quantomeno opportuno nell’immediato avere dirigenti “a tempo pieno”, secondo una regola di “buona amministrazione” ossia in base ad un razionale disegno organizzativo generale (finalmente !).

    In tal modo, si può coniugare l’attrattività della nuova opzione con la sua efficacia “di sistema”, ma senza incidere in modo eccessivamente oneroso sulle altre magistrature, prima tra tutte quella ordinaria, che soffre un momento, non transitorio, di grave scopertura di organico. Insomma, si può “alleggerire” il peso di questa misura, senza renderla evanescente, limitandola a più o meno la metà del numero previsto dall’art. 1, comma 4, legge 130/2022 (50/60 optanti, invece che 100).

    3. Una scelta politica

    Quelli esposti – in breve – sono soltanto indirizzi generali, linee-guida per una, razionale, revisione della legge di riforma della giustizia tributaria. Chiaro che attuarli implica una produzione normativa tecnicamente raffinata, tutt’affatto semplice, con rilevanti implicazioni di finanza pubblica (copertura finanziaria, anche in revisione delle previsioni della legge 130/2022).

    È tuttavia altrettanto evidente che chi dovrebbe agire in tal senso ha tutti i mezzi per farlo al meglio. Il tempo c’è, anche se non è molto (a Bruxelles hanno il faro sempre acceso sul PNRR).

    In ultima analisi, come è ovvio, si tratta esclusivamente di una questione di volontà politica.  Vedremo se ci sarà.

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