Sommario: 1. La vicenda - 2. Gli argomenti adoperati dalle Sezioni Unite. La qualificazione giuridica dell’affidamento riposto dal privato nella condotta della pubblica amministrazione - 3. La rilevanza della conformità dell’azione amministrativa ai canoni di buona fede e correttezza. Uno sguardo all’evoluzione giurisprudenziale - 4. Ancora incertezze sulla giurisdizione? La natura della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione dell’affidamento incolpevole - 5.Conclusioni.
1. La vicenda
Una società a responsabilità limitata è proprietaria di terreni aventi destinazione agricola e rientranti in un progetto di trasformazione che subordina il completamento di un esistente «tessuto residenziale» urbano alla «piantumazione preventiva» dell’area ad opera del soggetto interessato, nel termine di sei mesi.
La società attrice presenta il progetto di piantumazione preventiva, che incontra l’approvazione della Giunta municipale, e la proposta di piano attuativo, assoggettata a valutazione di impatto ambientale. Ad intervento di piantumazione avviato, sopraggiunge la sentenza 27 febbraio 2015, n. 576, del TAR Lombardia (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza 28 giugno 2016, n. 2921), con cui, all’esito del ricorso proposto da terzi, si dispone la caducazione dello strumento pianificatorio.
La società in questione si rivolge al giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno patito per lesione dell’affidamento da essa riposto nella legittimità della deliberazione recante l’approvazione, da parte del Consiglio comunale, del Piano di Governo del Territorio. Il Comune si costituisce in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e chiedendo il rigetto della domanda, ritenuta infondata. Il Tribunale di Milano accoglie la domanda e condanna l’amministrazione al risarcimento del danno cagionato.
Il Comune propone appello contro la decisione, che viene rigettato dalla Corte d’Appello di Milano. In sede di appello, l’errore commesso dall’amministrazione comunale è individuato nella sottrazione «dal computo della superficie urbanizzata di quella destinata ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico d’interesse comunale o sovracomunale», non essendosi correttamente interpretato l’art. 84 Norme Tecniche Att. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. E’ esclusa la devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sul rilievo per cui alla radice di essa si pone un comportamento tenuto dall’amministrazione, indipendentemente dal rispetto di regole procedimentali. Il differente radicamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone l’inquadramento della condotta complessiva dell’amministrazione in un contesto di carattere pubblicistico, con annessa sussistenza di una connessione tra la condotta medesima e l’esercizio del potere.
L’affidamento è, in questa sede, qualificato alla stregua di una «situazione autonoma», in quanto tale meritevole di tutela, la cui lesione presenta un diritto soggettivo in qualità di causa petendi. Nel giudizio della Corte, ai fini del consolidamento dell’affidamento della società appellata, rivestono rilievo le rassicurazioni prospettate, nel corso delle riunioni tecniche, dai funzionari comunali ai rappresentanti della società in ordine alla legittimità dell’attività svolta nonché del PGT oggetto di impugnazione, contestualmente escludendo l’esigenza di espletare verifiche aggiuntive ovvero valutazioni di carattere ambientale. Né il contenuto delle predette riunioni è stato smentito in giudizio da parte dello stesso Comune.
A sostegno della propria tesi, il giudice di seconde cure richiama l’orientamento giurisprudenziale sulla scorta del quale la lesione dell’affidamento nella correttezza della condotta della pubblica amministrazione determina il sorgere di un regime di responsabilità relazionale o da contatto sociale qualificato.
Il Comune propone ricorso per cassazione contro la pronuncia resa dalla Corte d’Appello.
2. Gli argomenti adoperati dalle Sezioni Unite. La qualificazione giuridica dell’affidamento riposto dal privato nella condotta della pubblica amministrazione
La pronuncia che si annota affronta le tematiche della qualificazione giuridica nonché della tutela dell’affidamento e dei confini della giurisdizione del giudice amministrativo.
Il Comune sottopone alla Corte di Cassazione la questione afferente al difetto di giurisdizione del giudice ordinario, censurando la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui ricostruisce l’affidamento come situazione giuridica dotata di autonomia. Sostiene l’ente ricorrente che l’affidamento integri, diversamente, un criterio alla cui stregua condurre la valutazione in ordine al comportamento tenuto dalle parti. Nel rapporto amministrativo, l’affidamento dovrebbe ricondursi alla situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, in quanto la sua lesione sarebbe connessa all’esercizio del potere amministrativo; e anche laddove la posizione rivestita dalla società attrice sia qualificabile in termini di diritto soggettivo sussisterebbero gli estremi della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, considerando che l’affidamento di cui è lamentata la lesione trae origine «dall’esercizio di un potere in materia urbanistica ed edilizia».
Il motivo di impugnazione è ritenuto infondato dalla Suprema Corte. Del pari infondate, a giudizio della Corte, sono le contestazioni di parte ricorrente dell’elemento soggettivo dell’illecito, della profilazione dell’affidamento incolpevole, del carattere ingiusto del danno, del nesso eziologico tra quest’ultimo e il comportamento dell’amministrazione.
La violazione della fiducia riposta dalla società nella coerenza e nella non contraddittorietà della condotta amministrativa fonda, nel giudizio delle Sezioni Unite, l’integrazione dell’illecito. Le scaturigini del danno sono individuate dalle Sezioni Unite nella lesione dell’affidamento riposto dal privato sulla legittimità del provvedimento amministrativo o, meglio, nella fattispecie complessa integrata, oltre che dalla predetta illegittimità, da circostanze rivelative dell’inosservanza delle regole di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi la condotta dell’amministrazione; l’idoneità di quest’ultima a determinare la formazione della «fiducia incolpevole» deve essere valutata in relazione al caso concreto.
La condotta amministrativa difforme dai canoni di correttezza e buona fede, lesiva dell’affidamento del privato, si colloca su un piano differente rispetto a quello della scansione procedimentale culminante nel provvedimento amministrativo; in termini diversi, il comportamento della pubblica amministrazione, secondo le Sezioni Unite, non intrattiene alcun collegamento con l’esplicazione del potere amministrativo. Sorreggerebbe tale conclusione la circostanza che la società abbia fatto valere non l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ma il comportamento tenuto dall’amministrazione, determinante nella parte in cui questa «ha insistito per l’attuazione dell’intervento programmato e fornito assicurazioni in ordine alla legittimità dello stesso, escludendo la necessità di approfondimenti istruttori e suscitando in tal modo un affidamento incolpevole, la cui lesione costituisce quindi il vero fondamento della pretesa risarcitoria».
La nozione di affidamento ha faticato a rinvenire un terreno fertile nel diritto amministrativo nazionale, in ragione della sua estraneità rispetto al diritto pubblico, così come affermata nella giuspubblicistica tedesca[1]. Carattere decisivo per la maturazione dibattito sull’argomento rivestono gli studi condotti da Merusi nel corso degli anni Settanta del secolo scorso[2], che forniscono stimolo alla riflessione dottrinale successiva[3]. La garanzia dell’affidamento è dapprima collocata nella fase di adozione del provvedimento amministrativo: la tutela relativa viene, in tal modo, a qualificarsi come «applicazione di una norma integrativa della decisione», connessa allo spiegarsi del potere discrezionale e, dunque, alla ponderazione degli interessi operata all’insegna del principio di ragionevolezza. Laddove, diversamente, la pubblica amministrazione debba riconsiderare una sua precedente determinazione, la tutela dell’affidamento è individuata in un bilanciamento che annovera tra gli interessi da considerare lo stesso affidamento[4].
E’ nota l’acquisizione secondo cui l’ubi consistam della tutela dell’affidamento è costituito dal principio di buona fede[5]. Precisamente, tale tutela è intesa come protezione della situazione soggettiva in cui versa chi ripone fiducia nell’altrui comportamento conforme a buona fede[6]. Il principio dell’affidamento si pone come estrinsecazione del principio di buona fede oggettiva[7], di cui si distinguono due accezioni: buona fede oggettiva latamente intesa come obbligo di comportarsi secondo una correttezza determinabile non sul piano astratto, ma in relazione alla fattispecie concreta e alle sue «implicazioni con le istanze della costituzione economico-materiale»; buona fede oggettiva strettamente intesa come divieto di ledere l’aspettativa alimentata dalla propria condotta in un altro soggetto. Alla prima accezione corrisponde una nozione di affidamento quale aspettativa che tutti i soggetti dell’ordinamento con cui si interagisce osservino «lo strictum jus» nonché le regole di correttezza scaturenti dal principio di buona fede. All’accezione ristretta di buona fede oggettiva si riconnette l’affidamento «come aspettativa di coerenza rispetto a un precedente comportamento dell’amministrazione»[8]. Peculiare dell’affidamento è, dunque, il parametro di giudizio adoperato, rappresentato dall’assetto degli interessi anteriormente esistente[9].
Altrettanto conosciute sono le radici del legittimo affidamento: frutto dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i relativi elementi costitutivi, così come emergenti dalla stessa giurisprudenza europea, sono: a) quello temporale, consistente nell’avvenuto decorso di un lasso di tempo che possa essere fondamento della certezza del diritto; b)quello oggettivo della preesistenza in capo al privato di una situazione giuridica di vantaggio, che derivi da un provvedimento espresso o dal silenzio; c) l’elemento soggettivo, individuato nella convinzione in ordine alla legittimità del provvedimento[10].
Il legittimo affidamento trova un valido riscontro nella legge sul procedimento. Più puntualmente, il riconoscimento del corrispondente principio era già desumibile, in via ermeneutica, dall’art. 1, nella parte in cui contiene il richiamo, mobile[11], ai principi dell’ordinamento comunitario[12]. Lo stesso principio trova, poi, specificazione negli artt. 2 bis, 21 quinquies e 21 nonies[13]. Su tale linea, è stato rilevato che la determinazione della misura della tutela dell’affidamento è operata ex lege[14], e non più in via interpretativa.
Non risulta superfluo, in questa sede, ricordare il progresso compiuto con la L. n. 15/2005, introduttiva, nel testo dell’art. 1 della legge sul procedimento, al comma 2 bis, dell’espresso riferimento ai principi di collaborazione e buona fede che devono ispirare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino[15]. Le regole di condotta menzionate hanno carattere bilaterale, in quanto concernenti un rapporto partecipato[16]; la loro inosservanza comporta la produzione di un vizio del provvedimento, per violazione di una norma di legge[17].
Ciò posto, occorre precisare che le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento, assumono come determinante una nozione di affidamento che ritengono differente rispetto a quella tipizzata ai sensi dell’art. 21 nonies della legge sul procedimento e, in generale, rispetto a quella ravvisabile nell’ambito dell’autotutela. Stando alla pronuncia in commento, l’affidamento che viene in rilievo nella fattispecie in disamina si sostanzia in una situazione autonoma, come evidenziato in sede d’appello, di per sé meritevole di tutela (prescindendo dalla connessione con l’interesse pubblico). La nozione a cui riferisce la Corte di Cassazione è quella civilistica di affidamento incolpevole[18], desumibile dagli artt. 1337 e 1338, c.c., connotata dalla sussistenza del coefficiente soggettivo dell’incolpevolezza, che funge da «contemperamento tra la tutela della fiducia, fondata sulla buona fede, e il principio di autoresponsabilità»[19]. L’incolpevolezza dell’affidamento postula una condotta altrui che abbia ingenerato un’aspettativa idonea a porsi alla radice del comportamento lesivo, circostanza efficacemente esemplificata dal trinomio fiducia - delusione della fiducia - danno conseguente alla condotta ispirata alla fiducia mal riposta. Come evidenziato da accorta dottrina, l’affidamento è qualificabile come incolpevole e suscettibile di tutela nella misura in cui risulti idoneo a rivestire «efficacia causale» rispetto ad una data condotta lesiva[20]. Affinché, poi, la condotta possa dirsi causativa del danno è necessario che sia positivamente valutata la sua idoneità a spingere un soggetto diligente al compimento di scelte dannose[21].
La differenza tra le due nozioni di affidamento richiamate può cogliersi in quanto segue. Se la delusione dell’aspettativa del cittadino si inquadra in un contesto di rapporti privatistici, l’amministrazione andrà incontro ad una responsabilità per lesione dell’affidamento incolpevole. Diversamente, la delusione dell’aspettativa del privato che si consumi sul piano dei rapporti di matrice pubblicistica determinerà l’integrata violazione dell’affidamento legittimo. E’ stato, infatti, constatato che i principi che reggono l’attività amministrativa hanno una connotazione obiettiva e precludono la considerazione di elementi di carattere personale sovente sottesi alla formazione dell’affidamento incolpevole. In tal senso, nel diritto amministrativo, non si discorre di affidamento incolpevole, bensì di affidamento legittimo. Il ricorso a «categorie interprivatistiche» sarebbe, così, preordinato alla dissociazione tra la tutela della legittimità dell’attività amministrativa e quella dell’affidamento; in tale ultimo ambito, l’amministrazione è equiparata ad un soggetto privato: il suo agire è vincolato anche al rispetto dei canoni di correttezza e buona fede[22].
3. La rilevanza della conformità dell’azione amministrativa ai canoni di buona fede e correttezza. Uno sguardo all’evoluzione giurisprudenziale
La controversia in commento evoca il confronto tra differenti orientamenti giurisprudenziali.
In tempi risalenti, il Consiglio di Stato ha qualificato la buona fede e la correttezza come parametri, afferenti esclusivamente all’autonomia privata, «alla cui stregua il giudice ordinario risolve i conflitti intersoggettivi nascenti dal loro mancato rispetto». A mente dello stesso orientamento, il giudizio amministrativo sarebbe preordinato alla conduzione di un «controllo di legalità delle modalità» di svolgimento dell’attività amministrativa, alla luce dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento. Il carattere eventualmente illecito del comportamento dell’amministrazione, che apre la strada al risarcimento del danno cagionato al privato, sarebbe, dunque, determinato dall’illegittimo esercizio della funzione amministrativa, a sua volta riconducibile all’adozione di un provvedimento contra legem ovvero alla mancata adozione di un provvedimento dovuto, ma non ad una valutazione della condotta amministrativa sotto i profili della buona fede e della correttezza[23]. Tale conclusione si pone in netta antitesi rispetto a quelle elaborate dalle Sezioni Unite a partire dalle note ordinanze gemelle nonché dalla giurisprudenza amministrativa successiva.
Con le ordinanze nn. 6594, 6595, 6596 del 2011, le Sezioni Unite hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario in materia di risarcimento del danno subito per lesione dell’affidamento nella legittimità di un provvedimento illegittimo, ampliativo della sfera giuridica del privato, rimosso in sede di autotutela ovvero ope judicis. Aderendo all’iter argomentativo seguito dalla Corte, dell’atto annullato residua il «mero comportamento» degli organi che hanno provveduto all’emanazione, con conseguente imputazione, in applicazione del principio di immedesimazione organica, alla pubblica amministrazione della responsabilità per violazione dell’art. 2043, c.c., per inosservanza del principio del neminem laedere, avendo essa alimentato, tramite l’«apparente legittimità» del provvedimento, l’affidamento del privato.
La dottrina immediatamente successiva alle tre pronunce vi ha riconosciuto il merito di aver ampliato la tutela dell’affidamento del cittadino nell’operato dell’amministrazione, ampliamento che si pone come corollario dell’applicazione all’azione amministrativa delle regole di correttezza e buona fede[24]. I contestuali dubbi che sono stati manifestati hanno interessato il versante della compatibilità della soluzione elaborata con la regola della concentrazione delle tutele, applicazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. In ottemperanza a tale regola, la domanda risarcitoria dovrebbe rientrare nella cognizione del giudice amministrativo a cui sia stato richiesto l’annullamento del provvedimento illegittimo. A tale osservazione si è obiettato che la tutela risarcitoria, ritenuta in quella sede l’unica invocabile[25], mira a compensare un danno cagionato all’esito del venir meno ai doveri comportamentali facenti capo al soggetto pubblico, prescindendo da considerazioni in merito all’esercizio del potere. Di conseguenza, pregiudicato l’affidamento del privato, gli aspetti risarcitori afferenti alla lesione dell’affidamento medesimo dovrebbero essere esaminati avuto riguardo al caso concreto[26].
Sempre in senso critico rispetto all’approdo registrato con le ordinanze gemelle, si è rimarcato che il provvedimento annullato costituisce, in ogni caso, estrinsecazione del potere pubblico e che, pertanto, il pregiudizio inferto deve essere sottoposto alla cognizione del giudice amministrativo, perlomeno nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva[27]. Nel tentativo di confutare tale argomento, le Sezioni Unite hanno ribadito l’originarsi della lesione non dal provvedimento, bensì dall’inosservanza delle regole di correttezza e buona fede[28].
Nella giurisprudenza amministrativa ha gradualmente trovato conforto la configurazione in termini di responsabilità dell’agere amministrativo difforme dai canoni di lealtà e correttezza. Si è precisato che il sorgere della «responsabilità da comportamento», che si affianca alla responsabilità «da provvedimento», prescinde da valutazioni in punto di legittimità del provvedimento amministrativo. Si pensi all’ipotesi di rimozione in sede di autotutela di atti di gara legittimi a causa del comportamento negligente tenuto dall’amministrazione; nel qual caso risulterà integrata la violazione dell’obbligo di buona fede - correttezza nella fase delle trattative, da ricondursi al paradigma della responsabilità precontrattuale[29].
Nella fattispecie della responsabilità da comportamento scorretto, la distinzione tra regole di diritto pubblico e regole di diritto privato, che operano in modo sinergico e contestuale, è tracciata per evidenziare la diversità degli effetti prodotti dalle rispettive violazioni: invalidità provvedimentale, nel primo caso, e responsabilità, nel secondo. La delineazione del regime di responsabilità a carico dell’amministrazione presuppone un comportamento, oltre che lesivo dell’affidamento incolpevole, oggettivamente difforme rispetto ai doveri di lealtà e correttezza; la soggettiva imputabilità all’amministrazione della violazione, dolosa o colposa, dei doveri di correttezza; la produzione delle prove, da parte del privato, in ordine al danno - evento, al danno - conseguenza, ai nessi di causalità intercorrenti tra essi e la condotta scorretta imputata all’amministrazione[30].
4. Ancora incertezze sulla giurisdizione? La natura della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione dell’affidamento incolpevole
Per quanto strettamente attiene alla questione di giurisdizione, nella giurisprudenza successiva alle ordinanze gemelle non sono mancate oscillazioni, manifestandosi propensioni talvolta per l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario (insistendo sulla lesione di un diritto soggettivo)[31], talaltra per l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo[32].
Nella vicenda in esame, il Comune ricorrente colloca a fondamento delle proprie ragioni l’indirizzo giurisprudenziale che pone entro i confini della giurisdizione del giudice amministrativo l’esercizio dell’azione risarcitoria conseguente alla lesione dell’affidamento riposto dal privato nella legittimità dell’atto amministrativo successivamente annullato, concependo l’affidamento come «mero riflesso dell’azione amministrativa illegittima», incapace di influire sulla giurisdizione[33]. Tale orientamento, che la Suprema Corte ritiene definitivamente superato, è da inquadrarsi nel novero delle pronunce successive alle ordinanze gemelle delle Sezioni Unite, che si discostano dall’indirizzo in esse espresso[34].
Sul punto, le Sezioni Unite, nell’ordinanza che si annota, chiariscono che «perché sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, è necessario, anche nelle materie di giurisdizione esclusiva, che la causa petendi si radichi nelle modalità di esercizio del potere amministrativo, ciò che non accade quando la causa del danno di cui il privato chiede il risarcimento risieda non già nel cattivo esercizio del potere amministrativo, bensì in un comportamento la cui illiceità venga dedotta prescindendo dal modo in cui il potere è stato esercitato e venga prospettata come violazione di regole comportamentali di buona fede e correttezza alla cui osservanza è tenuto qualunque soggetto, sia esso pubblico o privato».
Percorrendo tale via, la Suprema Corte giunge a confermare la responsabilità del Comune «per la lesione dell’affidamento generato nella società attrice in ordine alla legittimità del proprio operato», condividendo la ricostruzione effettuata dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata. Precisamente, è individuata a carico dell’amministrazione una responsabilità da contatto sociale qualificato «dallo status della pubblica amministrazione quale soggetto tenuto all’osservanza della legge come fonte della legittimità dei propri atti».
Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, le prime tracce della responsabilità da contatto sociale qualificato si rinvengono nella sentenza n. 157 del 2003. In quella sede, la Corte sottolineava che il contatto tra cittadino e amministrazione, che prelude all’instaurazione di un rapporto «specifico e differenziato», è qualificato da uno «specifico dovere di comportamento». Avviato il procedimento, l’interessato è destinatario di un complesso di garanzie enucleate dalla sentenza n. 500 del 1999: trattasi degli obblighi di correttezza e buona amministrazione gravanti sul soggetto pubblico, ricostruiti come «limiti esterni alla discrezionalità», dunque assoggettabili alla valutazione del giudice ordinario[35].
Affinché sorga il regime di responsabilità in commento, è necessaria la costituzione di «momenti relazionali socialmente o giuridicamente qualificati, dai quali derivano a carico delle parti reciproci obblighi di buona fede, protezione ed informazione». Il contatto sociale si caratterizza per la peculiarità dello status rivestito dalle parti in esso coinvolte. In particolare, dalla pubblica amministrazione, la cui azione è sottoposta al rispetto di principi costituzionalmente presidiati, il cittadino si attende, ragionevolmente, una più fedele osservanza degli obblighi di correttezza, lealtà, tutela dell’affidamento[36]. Tale aspettativa nei confronti della condotta del soggetto pubblico comporta un rafforzamento del dovere di correttezza e di protezione sussistente in capo ad esso sin dal momento in cui il cittadino entra in contatto con l’amministrazione. Il rapporto tra amministrazione e privato qualifica la responsabilità della prima per il danno da lesione dell’affidamento nella correttezza della sua azione; per tale ragione, la predetta responsabilità deve ascriversi nel quadro della responsabilità relazionale, a sua volta sussumibile nella responsabilità contrattuale[37].
Di differente avviso è risultata la giurisprudenza amministrativa, secondo cui, anche nell’ipotesi in cui il potere non si sia concretizzato in un provvedimento tipico, ma si sia arrestato al livello di comportamento, l’operato della pubblica amministrazione rimane espressione dei poteri ad essa attribuiti ai fini della cura dell’interesse pubblico. L’affidamento (legittimo o incolpevole) trarrebbe fondamento da «una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento, o con il suo comportamento correlato al pubblico potere, in cui il privato abbia senza colpa confidato». Assumendo che la situazione giuridica rilevante abbia la natura di interesse legittimo, in ragione dell’asserita connessione con il potere, si pone in quanto conseguenza l’affermazione della giurisdizione amministrativa[38].
Non può prescindersi dal rilevare che l’appurata divergenza tra gli orientamenti espressi dalle magistrature supreme potrebbe costituire il risvolto del tentativo, ascrivibile ad entrambe, di dilatare i confini delle rispettive giurisdizioni[39]. Secondo un’opinione, tale «persistente contrasto» tra le Corti sul riparto giurisdizionale affonderebbe le origini nella sentenza n. 500 del 1999. Il riconoscimento della risarcibilità dell’interesse legittimo avrebbe introdotto un elemento destabilizzante nell’ambito del tradizionale sistema di riparto incentrato sul binomio cattivo esercizio di potere – carenza di potere[40].
Nel novero delle soluzioni prospettate, si inseriscono ricostruzioni in chiave “evolutiva” dell’interesse legittimo, volte a ricomprendere entro i relativi confini anche l’interesse del privato al conseguimento stabile e definitivo del bene della vita oggetto di aspirazione. Si è, in tal modo, opinato che la Cassazione abbia ignorato l’esistenza del potere: nei rapporti autoritativi, l’interesse legittimo corrisponde alla situazione giuridica soggettiva che interagisce con il potere. Una tale impostazione, insistendo sulla natura sostanziale dell’interesse legittimo, conduce ad esiti divergenti rispetto a quelli propri di orientamenti giurisprudenziali, incluso quello in commento, che aderiscono alla teoria della responsabilità da contatto sociale qualificato[41].
Il comportamento della pubblica amministrazione, sia esso inquadrato nell’ambito del procedimento ovvero del rapporto instauratosi in esito al rilascio di un provvedimento favorevole, è riconducibile al potere: il suo contesto di appartenenza è rappresentato dal procedimento preordinato all’esercizio del potere amministrativo e regolamentato dal diritto pubblico[42]. Pertanto, le controversie sulla responsabilità dell’amministrazione per lesione della buona fede dovrebbero devolversi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[43].
5. Conclusioni
L’orientamento inaugurato dalle ordinanze gemelle non è rimasto confinato alle sole ipotesi di proposizione di domande risarcitorie conseguenti alla violazione dell’affidamento derivante dall’adozione e dalla successiva rimozione di un provvedimento amministrativo, ma è stato esteso anche a quelle in cui la base dell’affidamento è costituita da un mero comportamento dell’amministrazione, difettando un provvedimento di estrinsecazione del potere amministrativo. A suggello del consolidamento dell’indirizzo racchiuso nelle predette ordinanze si pone anche la pronuncia in commento.
Riannodando le fila della ricostruzione svolta nei precedenti paragrafi, l’orientamento ascrivibile alla Corte di Cassazione fonda la riconduzione della tutela dell’affidamento al giudice ordinario sull’asserita lesione di un diritto soggettivo[44]; sulla derivazione della lesione da una condotta; sull’afferenza delle regole di correttezza e buona fede non alla legittimità dell’azione amministrativa, ma al diritto privato[45]. Quando a tale ultimo punto, anche nella giurisprudenza amministrativa ricorrono orientamenti che definiscono le regole di buona fede e correttezza come privatistiche, pur precisandone l’estensione alla condotta del soggetto pubblico[46]. La dottrina anche più risalente, con cui si concorda, precisa, invece, che il fondamento del dovere di buona fede deve rinvenirsi non nel codice civile, ma nel testo costituzionale e, precisamente, nel dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2, Cost., traducendosi nell’obbligo, gravante in capo a tutti i soggetti, «di agire senza recare danno ad altri»[47]. Alla medesima conclusione si perviene avuto riguardo al dovere di correttezza: «l’eterogeneità e la molteplicità degli interessi tutelati» postulano che esso informi il comportamento della totalità dei soggetti dell’ordinamento. Dagli stessi studi di diritto privato è emerso che il principio di buona fede non si sostanzia in una regola da limitarsi al rapporto obbligatorio; trattandosi di riflessioni che affondano le radici nella Costituzione, esse risultano applicabili, oltre che «a qualunque soggetto di un rapporto giuridico», «a qualsiasi settore dell’ordinamento»[48].
Quanto, invece, alla scomposizione dell’affidamento in legittimo e incolpevole, voluta dalla Corte di Cassazione, con annessa delimitazione di un nuovo ambito di giurisdizione riferibile giudice ordinario, occorre precisare che, sebbene incida sulla qualificazione della situazione giuridica soggettiva rilevante, essa non deve compromettere l’unitarietà della nozione di affidamento, che rimane ancorata all’altrui condotta conforme a buona fede[49].
Ancora, si è posto in luce che gli orientamenti richiamati denoterebbero la progressiva adesione dell’ordinamento nazionale ad un modello di rapporti tra amministrazione e cittadino informato alla pari - ordinazione[50]. In altri termini, il dovere di comportarsi secondo buona fede, gravante su entrambe le parti del rapporto amministrativo, determinerebbe l’instaurazione di una relazione che non contempla la titolarità di potere, sostanziando di attualità, si è ritenuto, l’idea benvenutiana di un diritto amministrativo paritario[51]. Ma, com’è stato fondatamente osservato, un tale risultato sarebbe contemplabile sul presupposto dell’esistenza del potere in capo al soggetto pubblico parte del rapporto, condizione non soddisfatta nelle ipotesi di relegazione dell’affidamento «nell’angusto spazio dei meri comportamenti», che non intrattengono alcun legame con l’esercizio del potere[52].
Ciò che si intende evidenziare, conclusivamente, è che il comportamento rilevante ai fini dell’affidamento non può essere sradicato dal suo contesto fisiologico, che è quello in cui viene esercitato il potere amministrativo. Pur se l’affidamento incolpevole è dovuto, nel nostro ordinamento, all’accertamento di un contatto sociale qualificato, e non all’illegittimità del provvedimento, è innegabile che tale “contatto” si concretizzi nel procedimento, anche in funzione di una serie di regole ad esso relative quali la partecipazione, la ponderazione di tutti gli interessi, la prevedibilità delle scelte basate su regole predeterminate[53].
[1] Il riferito scetticismo nutrito dalla dottrina muoveva dalla centralità conferita all’interesse pubblico, che non poteva costituire oggetto di una disciplina sinallagmatica, come nel diritto civile. G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, Editoriale Scientifica, 2023, 20 – 21.
[2] F. Merusi, L’affidamento del cittadino, Giuffrè, 1970.
[3] La dottrina successiva agli studi condotti da Merusi ha coltivato l’idea di un sindacato sull’affidamento concentrato sul piano provvedimentale, giungendo anche ad anticipare la formazione dell’affidamento allo stadio del procedimento, in ragione della preventiva determinazione dei profili della decisione (vedi infra). Sul punto: G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, cit., 26 – 27.
[4] G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, cit., 23 ss.
[5] La buona fede, lungi dal costituire una riproduzione dell’interesse pubblico rimesso alla cura dell’amministrazione, corrisponde ad un principio generale che trova applicazione nei riguardi di qualsivoglia attività, sia essa di diritto pubblico ovvero di diritto privato. In tal senso, M. G. Pulvirenti, Considerazioni sui principi di collaborazione e di buona fede nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, in Il diritto dell’economia, 2023, 1, 118. L’Autore respinge l’orientamento favorevole alla sottrazione dell’attività amministrativa, in quanto attività di pubblico interesse, ad una parte consistente della disciplina privatistica (in argomento, si veda, ad esempio, M. Giorgianni, Il diritto privato ed i suoi attuali confini, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, 391 ss).
[6] M. C. Cavallaro, Buona fede e legittimità del provvedimento amministrativo, in PA Persona e Amministrazione, 2022, 2, 139. In termini più puntuali, per quanto rileva in questa sede, come statuito dal Consiglio di Stato, l’affidamento integra «un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività». Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 5011/2020.
[7] F. Roselli, Appunti sull’affidamento come principio generale vincolante anche i soggetti pubblici, in Giustizia Civile, 2021, 2, 383.
[8] Si tratta di distinzioni poste in luce da M. Trimarchi, Buona fede e responsabilità della pubblica amministrazione, in PA Persona e Amministrazione, 2022, 2, 76 – 77.
[9] Occorre precisare, com’è stato opportunamente evidenziato, che l’affidamento integra «uno dei possibili elementi indicativi della correttezza», costituendo esclusivamente quest’ultima l’oggetto dell’accertamento condotto dal giudice. In tal senso, F. Manganaro, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995, 202.
[10] G. della Cananea, I principi del diritto pubblico globale, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Giuffrè, 2012, 70. Quanto all’ultimo elemento tra quelli elencati, la giurisprudenza nazionale ha chiarito che, affinché la lesione dell’affidamento nel provvedimento favorevole annullato determini il sorgere della responsabilità della pubblica amministrazione, è necessario il «ragionevole convincimento» del destinatario in ordine alla legittimità del provvedimento medesimo. La responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento è, di conseguenza, esclusa nell’ipotesi di evidente illegittimità ovvero laddove il destinatario abbia avuto contezza dell’avvenuta impugnazione del provvedimento. In tal senso, Ad. Plen., n. 19/2021.
[11] In tal senso, E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 2020, 391.
[12] Invero, l’esplicito richiamo al legittimo affidamento era stato previsto in sede di riforma della legge sul procedimento amministrativo, ma successivamente rimosso in occasione dell’approvazione definitiva della legge 11 febbraio 2005, n. 15. La soppressione, che ha riguardato anche i principi di efficienza e proporzionalità, è stata motivata in relazione all’assodata presenza dei principi in discorso all’interno dell’ordinamento nazionale, garantita dal richiamo all’ordinamento comunitario. In tal senso, M. T. P. Caputi Jambrenghi, Il principio del legittimo affidamento, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Giuffrè, 2012, 161.
[13] Cass., Sez. Un., n. 8236/2020.
[14] G. Tulumello, La tutela dell’affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione fra ideologia e dogmatica, in R. Ursi, G. Armao, C. Ventimiglia (a cura di), Liber Amicorum per Salvatore Raimondi, Editoriale Scientifica, 2022, 363.
[15] Secondo Cass., Sez. Un., n. 12428/2021, l’art. 1, comma 2 bis, L. n. 241/1990, imprimerebbe alla nozione di buona fede la funzione «di modellare l’esercizio del potere fronteggiato dall’interesse legittimo».
[16] Ad. Plen., n. 20/2021.
[17] M. G. Pulvirenti, Considerazioni sui principi di collaborazione e di buona fede nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, cit., 116.
[18] Nel quadro del dibattito dottrinale più recente, la posizione di un confine tra l’affidamento legittimo e l’affidamento incolpevole ad un’impostazione intermedia tra quelle pubblicistica (che propugna l’applicazione della tutela ponderativa ad ambiti ulteriori rispetto a quello dell’autotutela) e privatistica (che intende elevare la buona fede a «parametro di validità» dell’intera attività amministrativa). In tal senso, G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, cit., 33 ss.
[19] M. Trimarchi, Buona fede e responsabilità della pubblica amministrazione, cit., 79.
[20] F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, in Dir. Proc. Amm., 2018, 827.
[21] F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, cit., 825.
[22] Si tratta di riflessioni di C. Napolitano, Legittimo affidamento e risarcimento del danno: la Plenaria si pronuncia (nota a Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 20), in www.giustiziainsieme.it, 2021.
[23] Cons. Stato, Sez. V, n. 6389/2002.
[24] F. G. Scoca, Scossoni e problemi in tema di giurisdizione del giudice amministrativo, in Il Processo, 2021, 1, 10.
[25] Precisamente, l’azione risarcitoria, in quella determinata fattispecie, ha costituito l’unico mezzo adoperabile per tutelare il «diritto soggettivo all’integrità patrimoniale» e non un ulteriore mezzo di tutela dell’interesse legittimo rispetto a quelli demolitorio e conformativo, come nell’ambito della giurisdizione di legittimità. In tal senso, R. Caponigro, Questioni attuali in un dibattito tradizionale: la giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, in www.federalismi.it, 2011.
[26] C. Napolitano, Potere amministrativo e lesione dell’affidamento: indicazioni ermeneutiche dall’Adunanza Plenaria, in Rivista Giuridica dell’Edilizia, 2022, 35.
[27] In tal senso, M. A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni (brevi note a margine di Cons. Stato, ad. plen. 23 marzo 2011 n. 3, in tema di autonomia dell’azione risarcitoria e di Cass. SS. UU., 23 marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596, sulla giurisdizione ordinaria sulle azioni per il risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti favorevoli), in www.federalismi.it, 2011.
[28] Cfr. Cass., Sez. Un., n. 8236/2020, in cui si ripercorrono le ragioni sottese all’orientamento inaugurato dalle ordinanze gemelle.
[29] F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, cit., 852. Secondo l’Autrice, l’evidenziata connessione tra il dovere di correttezza che vincola una parte e l’onere di diligenza gravante sull’altra non sarebbe stata adeguatamente approfondita dalla giurisprudenza amministrativa.
[30] Cfr. Ad. plen., n. 5/2018. In questa sede, il comportamento scorretto dell’amministrazione è stato ritenuto incidente su un diritto soggettivo, precisamente «sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali».
[31] Cass., Sez. Un., n. 17586/2015; n. 19171/2017; n. 22435/2018; n. 6885/2019.
[32] Al di là del riparto di giurisdizione, molte nubi si addensano anche in ordine alla corretta individuazione della giurisdizione dello stesso giudice amministrativo: sul punto, F. Francario, L’incerto confine tra giurisdizione di legittimità e di merito, in questa Rivista, 22 giugno 2023
[33] Cass., Sez. Un., n. 8057/2016.
[34] In tal senso, si vedano Cass., Sez. Un., n. 13454/2017; n. 13194/2018.
[35] Cass., Sez. Un., 8236/2020.
[36] Ad. Plen., n. 5/2018.
[37] L’inquadramento evidenziato si riferisce al rapporto obbligatorio, non al contratto in quanto atto. In tal senso, Cass., Sez. Un., n. 8236/2020.
[38] Cfr. Ad. plen. n. 20/2021.
[39] E’, ad esempio, di tale avviso M. C. Cavallaro, Buona fede e legittimità del provvedimento amministrativo, cit., 142 ss.
[40] M. C. Cavallaro, L’azione di condanna nel giudizio amministrativo: questioni ancora aperte, in R. Ursi, G. Armao, C. Ventimiglia (a cura di), Liber Amicorum per Salvatore Raimondi, cit., 109 – 110.
[41] G. Serra, Legittimo affidamento del privato nei confronti della p.a. e riparto di giurisdizione: la storia infinita, in www.federalismi.it, 2021.
[42] Quanto al rapporto amministrativo che si sviluppa in seno al procedimento, si è ritenuto che l’affidamento possa nascere esclusivamente nel margine di scelta «che sta oltre le norme che governano l’agire dell’amministrazione», sostanziandosi in una pretesa interna al rapporto e strettamente connessa al potere. In tal senso, G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, cit., 220.
[43] La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia è una conseguenza dall’assenza del riferimento ai comportamenti anche mediatamente riconducibili al potere nel testo di cui al comma 4, dell’art. 7, c.p.a., che, nel definire l’ambito della giurisdizione di legittimità, menziona le sole controversie afferenti ad atti, provvedimenti ovvero omissioni delle amministrazioni. Le considerazioni riportate sono svolte da M. Trimarchi, Buona fede e responsabilità della pubblica amministrazione, cit., 100 ss.
[44] Sulla situazione giuridica soggettiva lesa, l’Adunanza Plenaria (n. 5/2018) ha parlato di un diritto soggettivo all’autodeterminazione nei rapporti negoziali, mentre la Corte di Cassazione (n. 8236/2020) ha identificato il predetto diritto nell’«aspettativa di coerenza e non contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione fondato sulla buona fede». Ad avviso di F. G. Scoca, Scossoni e problemi in tema di giurisdizione del giudice amministrativo, cit., 11 – 12, l’aspettativa oggetto di tutela «si armonizza» con una delle «manifestazioni» dell’interesse legittimo; di conseguenza, la situazione giudica pregiudicata sarebbe qualificabile come interesse legittimo. In senso affine, si veda C.E. Gallo, La lesione dell’affidamento sull’attività della Pubblica Amministrazione, in Dir. proc. amm., 2016, 564 ss.
[45] F. G. Scoca, Scossoni e problemi in tema di giurisdizione del giudice amministrativo, cit., 10.
[46] A titolo esemplificativo, Ad. plen., n. 2/2013 inserisce i principi di correttezza e buona fede in una prospettiva privatistica.
[47] F. Manganaro, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, cit., 121.
[48] F. Manganaro, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, cit., 115 – 116. L’Autore ha, in particolare, rilevato (47 ss) che «alle origini del diritto romano, l’istituto della fides riguardava proprio rapporti di tipo non paritario, cioè rapporti giuridici in cui una delle parti esercitava un potere di supremazia sull’altra ed è in questo ambito che la buona fede veniva generalmente riconosciuta come limite all’esercizio del potere». Su tale linea, la tutela della buona fede risulterebbe maggiormente necessaria nel diritto amministrativo piuttosto che nel diritto privato.
[49] M. C. Cavallaro, Buona fede e legittimità del provvedimento amministrativo, cit., 145.
[50] In tal senso, Cass., Sez. Un., n. 615/2021, laddove «l’idea di un diritto amministrativo paritario» è ricondotta ai casi in cui il danno consegua alla «violazione delle regole di correttezza e buona fede, di diritto privato, cui la pubblica amministrazione è tenuta a conformarsi al pari di qualunque altro soggetto».
[51] G. Tulumello, La tutela dell’affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione fra ideologia e dogmatica, cit., 368. In senso difforme, si è evidenziato che, invero, la paritarietà benvenutiana non avrebbe nulla a che vedere con una «presunta privatizzazione del rapporto amministrativo»; essa afferirebbe alla lungimirante «affermazione di diritti e prerogative che ribaltano la posizione di passiva subalternità del privato verso l’autorità che, in divenire, si fa funzione nel procedimento». L’opinione evocata è espressa da N. Paolantonio, Buona fede e affidamento delle parti, in PA Persona e Amministrazione, 2022, 2, 119.
[52] G. Tropea – A. Giannelli, Comportamento procedimentale, lesione dell’affidamento e giurisdizione del g.o., in www.giustiziainsieme.it, 2020.
[53] M. T. P. Caputi Jambrenghi, Il principio del legittimo affidamento, cit., 162. A. Police, La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Edizioni Scientifiche Italiane, 1998, 71 – 72.