Il necessario contraddittorio col privato nell’esercizio dei poteri discrezionali: l’efficacia invalidante del preavviso di rigetto (nota a Cons. St., Sez. II, 14 marzo 2022, n. 1790)
di Roberto Fusco
Sommario: 1. Una breve premessa: l’efficacia invalidante dell’omesso invio del preavviso di rigetto. – 2. Il caso di specie. – 3. La disciplina del preavviso di rigetto alla luce del d.l. n. 76/2020. – 4. La categoria dei vizi non invalidanti: le due diverse ipotesi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990. – 5. I dicta della sentenza: l’efficacia invalidante dell’omesso preavviso di rigetto e il carattere processuale dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990. – 6. Alcune brevi considerazioni conclusive.
1. Una breve premessa: l'efficacia invalidante dell'omesso invio del preavviso di rigetto.
La sentenza si inserisce nell’ambito della problematica relativa all’annullabilità del provvedimento adottato in assenza del dovuto preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis, l. n. 241/1990. Antecedentemente alla riforma dell’art. 10-bis ad opera del d.l. n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), si discuteva se, in caso di omissione dell’invio di tale comunicazione, il provvedimento così adottato dovesse considerarsi ex se illegittimo o se residuasse uno spazio di applicazione del disposto dell’art. 21-octies, comma 2, prevedente la disciplina dei c.d. vizi non invalidanti. Più precisamente la giurisprudenza si interrogava sulla possibilità di assimilare il preavviso di rigetto alla comunicazione di avvio del procedimento ai fini dell’applicazione della seconda parte della succitata disposizione, secondo la quale il provvedimento amministrativo non è (comunque) annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. A risolvere tale contrasto è intervenuto il citato d.l. n. 76/2020, il quale ha precisato che «La disposizione di cui al secondo periodo [dell’art. 21-octies, comma 2] non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis». La pronuncia in commento, recettiva di tale nuovo regime differenziato del preavviso di rigetto in termini di efficacia invalidante, contiene anche delle interessanti precisazioni sulla natura della modificata normativa, che viene ritenuta applicabile anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della legge di riferimento.
2. Il caso di specie.
La sentenza in commento origina dal complesso svolgimento di un provvedimento disciplinare a carico di un carabiniere condannato in sede penale per il reato di detenzione e spaccio di sostanza stupefacente. La sanzione della perdita del grado veniva annullata per ben due volte prima di essere ritenuta legittima dal competente Tribunale Amministrativo Regionale. Una volta intervenuta la riabilitazione, il carabiniere chiedeva di essere reintegrato in servizio e, in mancanza di una risposta da parte dell’amministrazione, presentava un nuovo ricorso al T.A.R. per l’accertamento dell’obbligo di provvedere sulla sua istanza. Nelle more della definizione del giudizio avverso il silenzio, l’amministrazione resistente respingeva l’istanza di reintegrazione in servizio per la gravità dei fatti commessi e il pregiudizio arrecato all’Arma dei Carabinieri. Avverso tale provvedimento (e avverso i pareri presupposti) veniva proposto ricorso per motivi aggiunti nell’ambito del quale, tra i motivi dedotti, veniva eccepita la violazione dell’art. 10-bis, l. n. 241/1990 per la mancata comunicazione del preavviso di rigetto. Il giudice di prime cure, però, non accoglieva le censure proposte dal ricorrente che, a questo punto, le reiterava in appello per contestare l’illegittimità della sentenza di primo grado. Il Consiglio di Stato, investito della questione, ha capovolto la sentenza del giudice di prime cure ritenendo l’appello fondato limitatamente al motivo relativo alla violazione dell’art. 10-bis, l. n. 241/1990.
3. La disciplina del preavviso di rigetto alla luce del d.l. n. 76/2020.
La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza è un istituto di partecipazione procedimentale introdotto nella legge sul procedimento amministrativo dall’art. 6, l. n. 15/2005, che ha introdotto l’art. 10-bis nella l. n. 241/1990, poi modificato dalla l. n. 180/2011 e da ultimo riformato in maniera significativa dal d.l. n. 76/2020, convertito in l. n. 120/2020[1].
L’istituto è stato ribattezzato da dottrina e giurisprudenza “preavviso di diniego” o “preavviso di rigetto”[2] e prevede l’obbligo per la pubblica amministrazione, prima di respingere l’istanza presentata da un privato, di indicare allo stesso i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata, ai fini di concedere all’interessato un termine di dieci giorni per presentare le proprie osservazioni (eventualmente corredate da documenti) che andranno valutate dalla pubblica amministrazione, la quale dovrà indicare le ragioni dell’eventuale mancato accoglimento delle stesse nel provvedimento finale (ragioni tra le quali non possono rientrare inadempienze o ritardi attribuibili alla pubblica amministrazione). Il preavviso di rigetto non si applica alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali[3].
Con il d.l. n. 76/2020 (così come convertito dalla l. n. 120/2020)[4], l’istituto ha subito un’incisiva rivisitazione che si può riassumere in quattro modifiche[5].
La prima modifica consiste nel mutamento degli effetti della comunicazione sulla possibile durata del procedimento, poiché la stessa diviene definita come causa di “sospensione” e non di “interruzione” del termine di conclusione del procedimento, che riprende a decorrere una volta presentate le osservazioni (o decorso il termine di dieci giorni per proporle) nella misura pari a quella residua[6].
La seconda modifica riguarda l’intensità dell’obbligo motivazionale sulle osservazioni presentate dai privati in riscontro al preavviso di rigetto. Nella nuova formulazione della disposizione è stato specificato in modo più puntuale che la pubblica amministrazione “è tenuta” a spiegare quali sono le motivazioni che hanno portato a non accogliere le osservazioni presentate (confermando il diniego) indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza di tali osservazioni[7].
Il terzo aspetto inciso dalla riforma riguarda i limiti che il preavviso di rigetto può imporre nei confronti della riedizione del potere a seguito di annullamento in giudizio del provvedimento adottato in assenza della comunicazione di cui all’art. 10-bis. Il legislatore, infatti, inserendo ex novo un periodo nel corpo della disposizione, prevede che, nel caso in cui un provvedimento preceduto dal preavviso di rigetto sia annullato in giudizio, la pubblica amministrazione a cui spetti il riesercizio del potere, non possa addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del procedimento annullato. La pubblica amministrazione, pertanto, nell’adottare il nuovo provvedimento sarà limitata sia dalla sentenza giurisdizionale di annullamento, che dagli elementi di fatto e di diritto relativi alla prima istruttoria ed emergenti nel preavviso di rigetto[8].
La quarta modifica concerne l’efficacia invalidante dell’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, per effetto della quale, alla fine della disposizione dell’art. 10-bis, è stata aggiunta la specificazione che il secondo periodo dell’art. 21-octies, comma 2 non si applica al provvedimento adottato in violazione della normativa sul preavviso di rigetto. Per un’adeguata comprensione di detta modifica, che riguarda specificamente la sentenza in commento e sulla quale si ritornerà appresso, pare opportuno fornire preliminarmente qualche breve cenno sulla disciplina dell’art. 21-octies, comma 2 e sulla categoria dei c.d. vizi non invalidanti.
4. La categoria dei vizi non invalidanti: le due diverse ipotesi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990.
Con l’espressione “vizi non invalidanti” si intendono quei vizi formali che, a determinate condizioni, non comportano l’annullamento del provvedimento illegittimo[9]. Essi costituiscono l’espressione del c.d. principio della dequotazione dei vizi procedimentali, secondo il quale un provvedimento affetto da un vizio di forma o del procedimento non deve essere annullato quando il vizio non influisca sul contenuto dispositivo del provvedimento.
La categoria dei vizi formali del procedimento ha trovato una sua prima codificazione con l’emanazione del correttivo del 2005 alla legge sul procedimento amministrativo e precisamente con l’introduzione dell’art. 21-octies, comma 2 dell’art. 241/1990, che ha introdotto due diverse tipologie di provvedimenti sottratti alla sanzione dell’annullamento: a) il provvedimento vincolato affetto da vizi procedimentali o formali (primo periodo); b) il provvedimento viziato da omessa comunicazione di avvio del procedimento (secondo periodo)[10].
L’ipotesi di cui al primo periodo si applica solo ai provvedimenti vincolati, concerne tutti i vizi formali e procedimentali e il fatto che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso deve essere palese; l’ipotesi di cui al secondo periodo si applica sia ai provvedimenti vincolati che discrezionali, concerne il solo vizio dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento e il fatto che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso deve essere dimostrato in giudizio dalla pubblica amministrazione[11].
Il legislatore, con l’art. 21-octies, sembra aver recepito il criterio del mancato interesse a ricorrere: il privato non ha interesse a far valere un vizio che non ha influito sul contenuto dispositivo del provvedimento in quanto la vittoria che otterrebbe attraverso la caducazione di quell’atto sarebbe una “vittoria di Pirro”, ossia apparente e meramente provvisoria poiché l’amministrazione potrebbe riadottare un atto emendato dal vizio procedimentale e dello stesso contenuto di quello annullato[12].
Più di recente la norma è stata completata con l’aggiunta di cui all’art. 12, lett. i) del d.l. n. 76/2020 (convertito in legge n. 120/2020) che ha aggiunto, in coda al secondo periodo, la specificazione che «La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis». Viene così risolto, per via legislativa, il dibattito giurisprudenziale, precedentemente insorto, in merito all’applicabilità dell’art. 21-octies, comma 2 (secondo periodo) al caso dell’omesso invio della comunicazione del preavviso di rigetto[13].
5. I dicta della sentenza: l’efficacia invalidante dell’omesso preavviso di rigetto e il carattere processuale dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990.
La sentenza in commento costituisce un’applicazione della modifica legislativa apportata con il d.l. n. 76/2020 e si pone in contraddizione col prevalente orientamento giurisprudenziale che, prima di tale modifica, ammetteva l’estensione dell’art. 21-octies, comma 2 (secondo periodo) anche all’omessa comunicazione del preavviso di rigetto[14].
Secondo il Collegio, infatti, con la succitata riforma è stata esplicitata una netta distinzione tra il regime giuridico da applicare al caso di omissione della comunicazione di avvio del procedimento e quello di omissione del preavviso di rigetto per i procedimenti ad istanza di parte. Mentre nel caso di omissione della comunicazione di cui all’art. 7 si potrà applicare l’ipotesi di cui al secondo periodo dell’art. 21-octies, comma 2, nel caso di omissione della comunicazione di cui all’art. 10-bis, potrà trovare applicazione solo la prima parte dell’art. 21-octies, comma 2, che concerne i vizi formali e procedimentali relativi ai soli provvedimenti vincolati.
Per verificare l’efficacia invalidante (o meno) dell’omissione del preavviso di rigetto, pertanto, dopo la riforma risulta centrale la verifica della sussistenza di un potere discrezionale, in presenza del quale non sono applicabili i meccanismi di possibile “sanatoria processuale” previsti per la violazione delle norme sul procedimento dall’art. 21-octies, comma 2, in caso di mancato invio del preavviso di rigetto[15].
Nel caso di specie viene affermata la pacifica natura discrezionale del potere esercitato, attraverso il richiamo di quella giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo la quale sussiste una discrezionalità valutativa dell’amministrazione militare che emana provvedimenti sanzionatori nelle ipotesi di perdita del grado a seguito di condanna senza procedimento disciplinare[16].
Il Collegio, infine, richiama anche quella giurisprudenza secondo la quale la disposizione dell’art. 21-octies, comma 2, andrebbe qualificata come norma di carattere processuale[17]. La stessa, pertanto, deve essere applicata anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della legge di riferimento (in base al principio del tempus regit actum) e, dunque, anche ai procedimenti antecedenti alla sua entrata in vigore, come quello che interessa il caso di specie, ove, nel caso di omissione del preavviso di rigetto, resta preclusa all’amministrazione la possibilità di dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato[18].
6. Alcune brevi considerazioni conclusive.
A prescindere dalla condivisibilità o meno dell’intervento normativo di riforma dell’art. 21-octies, comma 2, si deve rilevare come la pronuncia in commento sia coerente con la vigente formulazione della norma che non sembra lasciare spazio a interpretazioni estensive, per effetto delle quali il secondo periodo del succitato comma 2 sarebbe applicabile anche al caso di omesso invio della comunicazione di cui all’art. 10-bis. A tale omissione – che va pacificamente qualificata come una violazione di “norme sul procedimento” – rimane, invece, applicabile il primo periodo dell’art. 21-octies, comma 2, la cui applicazione è limitata ai provvedimenti vincolati[19].
Per verificare se l’omesso invio del preavviso di rigetto sia da considerarsi un vizio invalidante o meno, pertanto, in primo luogo occorrerà indagare se il potere esercitato possa considerarsi discrezionale e, in secondo luogo, sarà necessario verificare se sussistono gli altri requisiti per l’applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, che è l’unica norma in grado di “sanare” detto vizio.
In caso contrario, ossia in caso di annullamento del provvedimento per la mancanza del preavviso di rigetto, la pubblica amministrazione sarà “libera” di riesercitare il suo potere nei limiti del principio del c.d. one shot temperato e nel rispetto dell’eventuale effetto conformativo desumibile dalla sentenza di annullamento del primo provvedimento.
La sentenza in commento è di sicuro interesse anche nella parte in cui afferma la natura processuale dell’art. 21-octies, comma 2, poiché, inserendosi senza soluzione di continuità nel solco della prevalente giurisprudenza sul punto, consente di definire in senso ampliativo il perimetro applicativo della disposizione nella sua attuale formulazione[20].
Sul punto, però, non appare destituita di fondamento l’impostazione di chi valorizza la natura sostanziale dell’istituto, richiamando il disposto dell’art. 21-nonies, comma 1, il quale vieta alla pubblica amministrazione di annullare il provvedimento amministrativo nei casi previsti dall’art. 21-octies, comma 2, dando un’evidente rilevanza extra-processuale alla norma[21].
Nella consapevolezza che il dibattito sulla natura giuridica dell’art. 21-octies, comma 2 riguarda entrambe le ipotesi in esso contenute, a parere di chi scrive, si potrebbe provare a ipotizzare una distinzione tra i due diversi periodi del comma 2[22]. Se, infatti, il secondo periodo ha un carattere marcatamente processuale, dato che la non annullabilità del provvedimento è condizionata dalla dimostrazione “in giudizio” del fatto che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, altrettanto non può dirsi per il primo periodo dove la non annullabilità per vizi formali è correlata alla circostanza che “sia palese” che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso[23].
[1] Tra i tanti contributi relativi all’art. 10-bis, l. n. 241/1990 si vedano: L. FERRARA, La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (art. 10 bis, legge n. 241/1990) nel riformato quadro delle garanzie procedimentali, in AA.VV., Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, Padova, 2007, vol. II, 83 ss.; A. RALLO, Comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis l. 241/90 e partecipazione post-decisionale: dal contraddittorio oppositivo al dialogo sul possibile, in AA.VV., Scritti in onore di V. Spagnuolo Vigorita, Napoli, 2007, vol. II, 1080 ss.; E. FREDIANI, Partecipazione procedimentale, contraddittorio e comunicazione: dal deposito di memorie scritte e documenti al “preavviso di rigetto”, in Dir. amm., 2005, 1003 ss.; S. TARULLO, L’art.10-bis della legge n. 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, in www.giustamm.it., 2005; E. FREDIANI, Partecipazione procedimentale, contraddittorio e comunicazione: dal deposito di memorie scritte e documenti al preavviso di rigetto, in Dir. amm., 2005, p. 1005 ss.; C. VIDETTA, Note a margine del nuovo art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, in Foro amm. TAR, 2006, p. 837 ss.; S. FANTINI, Il preavviso di rigetto come garanzia "essenziale" del cittadino e come norma sul procedimento, in Urb. app., 2007, p. 1388 ss.; F. SAITTA, Preavviso di rigetto ed atti di conferma: l’errore sta nella premessa, in Foro amm. TAR, 2008, 3235 ss.; F. TRIMARCHI BANFI, L’istruttoria procedimentale dopo l’articolo 10-bis della legge sul procedimento amministrativo, in Dir. amm., 2011, p. 353 ss.; P. LAZZARA, La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in A. ROMANO (a cura di), L’azione amministrativa, Torino, 2016, p. 386 ss.; G. TROPEA, Motivazione del provvedimento e giudizio sul rapporto: derive ed approdi, in Dir. proc. amm., 2017, p. 1235 ss.; D. VAIANO, Il preavviso di rigetto, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, p. 641 ss.; P. CHIRULLI, La partecipazione al procedimento (artt. 7, 8, 10-bis l. n. 241 del 1990 s.m.i.), in M.A. SANDULLI (a cura di), Principi e regole dell’azione amministrativa, Milano, 2020, p. 291 ss.; M.R. SPASIANO, Nuovi approdi della partecipazione procedimentale nel prisma del novellato preavviso di rigetto, in Dir. econ., n. 2/2021, p. 25 ss.; M. BROCCA, Il preavviso di rigetto e la costruzione della decisione amministrativa (nota a Tar Campania, Napoli, sez. III, 7 gennaio 2021, n. 130), in Giustizia insieme, 25 febbraio 2021; M.R. CALDERARO, Il preavviso di rigetto ai tempi della semplificazione amministrativa, in www.federalismi.it, n. 12/2022, p. 126 ss.
[2] Secondo G. MILO, Il preavviso di diniego dopo la legge n. 11 settembre 2020 n. 120, in www.ambientediritto.it, n. 4/2020, è preferibile «utilizzare l’appellativo “preavviso di diniego” perché si tratta per l’amministrazione di valutare un’istanza in un procedimento amministrativo in cui vi è cura diretta dei diversi interessi pubblici, mentre normalmente il termine “rigetto” si utilizza quando si tratta di accogliere o rigettare un ricorso in un procedimento amministrativo di secondo grado». Viene, però, rilevato come la giurisprudenza utilizzi alternativamente entrambe le nozioni. Infatti, l’istituto è qualificato sia come preavviso di diniego (ex multis Cons. St., Sez. II, 09.12.2020, n. 7841, in www.giustizia-amministrativa.it) sia come preavviso di rigetto (ex multis Cons. St., Sez. III, 5.12.2019, n. 8341, in www.giustizia-amministrativa.it).
[3] L’inciso della disposizione prevedente tali esclusioni era stato eliminato dal d.l. n. 76/2020, ma è stato reinserito in sede di conversione con la legge n. 120/2020.
[4] Per una sintesi delle principali misure contenute nel d.l. n. 76/2020 si rinvia a: M. MACCHIA, Le misure generali, in Giorn. dir. amm., n. 6/2020, p. 727 ss.
[5] Per un approfondimento sull’ultima riforma dell’istituto si rinvia ai contributi di: G. SERRA, Brevi note in merito alla riforma dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 ad opera del c.d. Decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020), in www.lexitalia.it, n. 6/2020; F. FRACCHIA - P. PANTALEONE, La fatica di semplificare: procedimenti a geometria variabile, amministrazione difensiva, contratti pubblici ed esigenze di collaborazione del privato “responsabilizzato”, in www.federalismi.it, n. 36/2020, p. 33 ss.; G. MILO, Il preavviso di diniego dopo la legge n. 11 settembre 2020 n. 120, cit.; M.R. SPASIANO, Nuovi approdi della partecipazione procedimentale nel prisma del novellato preavviso di rigetto, cit.; L. FERRARA, La preclusione procedimentale dopo la novella del preavviso di diniego: alla ricerca di un modello di rapporto e di giustizia, in Dir. amm., 2021, 573 ss.
[6] Sul dovere di concludere il procedimento si segnala per tutti: A. POLICE, Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, p. 273 ss., a cui si rinvia per gli ulteriori riferimenti giurisprudenziali. Sulle più recenti novità in materia di conclusione del procedimento si segnala pure: A. BARTOLINI, Il termine del procedimento amministrativo tra clamori di novità ed intenti di pietrificazione, in Giustizia insieme, 27 luglio 2021. Sebbene la disposizione del 10-bis, l. n. 241/1990 anteriormente 2020, parlasse esplicitamente di “interruzione”, una parte della dottrina aveva rilevato qualche perplessità sul punto, evidenziando come, nonostante il dato testuale, non fosse chiaro se il legislatore volesse introdurre un termine interruttivo o sospensivo (in tal senso vedasi: S. TARULLO, L’art. 10-bis della legge n. 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, cit. e G. CREPALDI, La sospensione del termine per la conclusione del procedimento amministrativo, in Foro amm. C.d.S., 2007, p. 108 ss.). La giurisprudenza, invece, anteriormente alla modifica normativa del 2020, si è pronunciata in maniera pressoché uniforme a favore della natura interruttiva del termine (in tal senso vedasi ex multis: Cons. St., Sez. VI, 25 novembre 2019, n. 8017 e Cons. St., Sez. IV, 14 maggio 2018, n. 2859, in www.giustizia-amministrativa.it).
[7] Secondo G. MILO, Il preavviso di diniego dopo la legge n. 11 settembre 2020 n. 120, cit., pp. 7-8, «la disposizione precisa, … in contrasto con quanto fino ad ora affermato dalla giurisprudenza, che i motivi ostativi indicati nel preavviso di diniego devono coincidere con quelli posti a fondamento del successivo provvedimento negativo che potrà essere integrato soltanto da considerazioni che sono la conseguenza delle osservazioni. … Il preavviso di diniego pertanto delimita, in modo vincolante, le ragioni ostative che possono condurre ad un provvedimento finale negativo per il privato». In senso conforme, M.R. CALDERARO, Il preavviso di rigetto ai tempi della semplificazione amministrativa, cit., pp. 147-148, precisa che «Ciò non vuol dire, ovviamente, che deve sussistere un rapporto di perfetta identità tra il preavviso di rigetto e l’atto conclusivo del procedimento, né una corrispondenza piena tra i due atti, ben potendo l’Amministrazione meglio precisare nel provvedimento la propria determinazione, sempreché il contenuto del diniego si inscriva nello stesso schema delineato dalla comunicazione ai sensi dell’art. 10- bis».
[8] Le dimensioni del presente contributo non consentono di affrontare il tema nel quale si inserisce la presente disposizione che riguarda il bilanciamento tra il principio dell’inesauribilità del potere amministrativo e quello dell’effettività della tutela del privato (sull’inesauribilità del privato si rinvia a M. TRIMARCHI, L’inesauribilità del potere amministrativo. Profili critici, Napoli, 2018). Questa disposizione, infatti, va contestualizzata nell’ambito di quella giurisprudenza secondo la quale l’amministrazione, dopo aver subito l’annullamento di un proprio atto, può rinnovarlo per una sola volta riesaminando la controversia nella sua interezza nel rispetto del giudicato formatosi (c.d. principio dell’one shot temperato). Sul tema si rinvia a: E. TRAVERSA, Il principio del one shot temperato tra effettività della tutela e inesauribilità del potere amministrativo, in Giur. it., 2017, 1672 ss. Sui rapporti tra il nuovo art. 10-bis e il principio del c.d. one shot temperato si rinvia alle considerazioni svolte da M.R. CALDERARO, Il preavviso di rigetto ai tempi della semplificazione amministrativa, cit., pp. 152-156, secondo il quale (p. 155) «la novella dell’art. 10-bis sembra, più che introdurre un principio di one shot assoluto, conformarsi all’orientamento giurisprudenziale maggioritario dell’one shot temperato. Non si è, difatti, dinnanzi ad un caso ove l’Amministrazione può pronunziarsi una sola volta in modo negativo sull’istanza del privato, prescrivendo, invece, il nuovo periodo dell’art. 10-bis, che, una volta intervenuto l’annullamento giurisdizionale del provvedimento di diniego, illegittimo perché magari insufficientemente motivato quanto al non accoglimento delle osservazioni presentate dal privato a seguito del c.d. preavviso di rigetto, l’Amministrazione debba decidere la fattispecie nella sua interezza, esercitando una volta per tutte il suo potere in modo conforme al giudicato e non basando un eventuale ulteriore provvedimento di diniego su circostanze e ragioni già emerse nella fase istruttoria e che sono state o avrebbero dovuto essere comunicate all’interessato». Sulla tematica del riesercizio del potere (pur declinata con riferimento all’introduzione dell’art. 21-decies, l. n. 241/1990) si vedano le considerazioni di: C.E. GALLO, La riemissione del provvedimento amministrativo, in Giustizia insieme, 22 ottobre 2021.
[9] Per un inquadramento generale della categoria si vedano: F. LUCIANI, Il vizio formale nella teoria dell’invalidità amministrativa, Torino, 2003; D.U. GALETTA, Violazione di norme sul procedimento amministrativo e annullabilità del provvedimento, Milano, 2003; A. POLICE, L’illegittimità dei provvedimenti amministrativi alla luce della distinzione tra vizi c.d. formali e vizi sostanziali, in Dir. amm. 2003, p. 780 ss.; F.G. SCOCA, I vizi formali nel sistema delle invalidità dei provvedimenti amministrativi, in V. PARISIO (a cura di), Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, Milano, 2004, p. 55 ss.
[10] In questi termini: N. DURANTE, I vizi formali del procedimento, alla luce del decreto-legge “Semplificazioni” e delle recenti pronunce dell’adunanza plenaria, in Riv. Corte conti, n. 6/2020, pp. 62-63.
[11] Per un’analisi più approfondita dell’art. 21-octies, l. n. 241/1990, sulla sua portata applicativa e sul rapporto tra i due diversi periodi della disposizione si rinvia a P. PROVENZANO, I vizi nella forma e nel procedimento amministrativo, Milano, 2015.
[12] In tal senso R. GIOVAGNOLI, I vizi formali e procedimentali, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, pp. 1150-1151, il quale precisa che «Mostrando, quindi, di concepire il giudizio amministrativo come un giudizio non (tanto) sull’atto, ma (soprattutto) sul rapporto, il legislatore pone ora la regola secondo cui, se dalla sentenza di annullamento può derivare solo un effetto caducatorio, ma nessun effetto conformativo, il provvedimento deve rimanere in vita, perché il privato non ha alcun interesse per caducarlo».
[13] Anteriormente a tale modifica normativa, in giurisprudenza si erano formati due diversi orientamenti contrapposti in merito alla possibilità di estendere la particolare sanatoria processuale dell’art. 21-octies, comma 2 (secondo periodo) anche all’omesso invio del preavviso di rigetto (oltre alla mancata comunicazione di avvio del provvedimento). Secondo un primo orientamento (maggioritario e richiamato nella sentenza in commento), che professava la sussistenza di un’identità di funzione tra la comunicazione dell’art. 7 e quella dell’art. 10-bis, sarebbe poco logico che la violazione del preavviso di rigetto sia sanzionata più gravemente della omissione del contraddittorio procedimentale (vedasi ex multis: Cons. St., Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4127, in www.giustizia-amministrativa.it). Secondo un opposto orientamento (minoritario), invece, non sarebbe possibile applicare estensivamente l’art. 21-octies, comma 2 (secondo periodo) anche al caso di omesso preavviso di rigetto in assenza di un esplicito riferimento normativo in tal senso (vedasi ex multis: Cons. St., Sez. IV, 17 gennaio 2011, n. 256, in www.giustizia-amministrativa.it). Per un approfondimento su questo contrasto si segnala P. PROVENZANO, I vizi nella forma e nel procedimento amministrativo, cit., p. 193 ss., a cui si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali e dottrinali sulle due opposte posizioni.
[14] Il Collegio ricorda come l’art. 21-octies, comma 2 (secondo periodo), in base alla prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato (antecedente alla riforma), veniva ritenuto applicabile anche al difetto del preavviso di rigetto, citando a tal proposito: Cons. St., Sez. IV, 27 settembre 2016, n. 3948 e Cons. St., Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it).
[15] In caso di omesso preavviso di rigetto nell’ambito di un procedimento avente carattere discrezionale, il secondo periodo del comma 2 dell’art. 21-octies non si applica per l’espressa esclusione legislativa, mentre il primo periodo del comma 2 dell’art. 21-octies non si applica perché lo stesso riguarda esplicitamente soltanto i provvedimenti vincolati. Il collegio, sul punto, richiama un precedente analogo della Sezione III: Cons. Stato Sez. III, 22 ottobre 2020, n. 6378, in www.giustizia-amministrativa.it.
[16] Per il Collegio il carattere discrezionale del potere esercitato è desumibile dalla previsione testuale dell’art. 872, comma 3, c.o.m., che fa riferimento alla reiezione “nel merito” della istanza di reintegrazione. Infatti, «la riabilitazione in sede penale costituisce solo uno dei presupposti del provvedimento di reintegrazione in servizio, il quale resta attribuito ad una scelta di carattere discrezionale dell’Amministrazione». Sul punto viene richiamata la sentenza Cons. St., Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 44, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo la quale sussiste una discrezionalità valutativa dell’amministrazione militare anche nelle ipotesi di perdita del grado a seguito di condanna senza procedimento disciplinare, poiché spetta all’amministrazione valutare, anche in tali casi, se la concessione della reintegrazione risponda effettivamente non soltanto alle aspirazioni del militare riabilitato in sede penale, ma anche all’interesse pubblico di settore, in particolare con un apprezzamento in ordine alla riacquisizione da parte dell’interessato di quelle spiccate qualità morali che sono richieste per ogni appartenente al corpo.
[17] Si discute, in dottrina e in giurisprudenza, sulla natura dell’art. 21-octies, comma 2. Secondo una prima tesi (rimasta minoritaria in giurisprudenza), alla norma dovrebbe essere data una valenza sostanziale poiché la situazione di “non annullabilità” sarebbe già presente in un momento precedente rispetto a quello compiuto dal giudice non essendo condizionata dalla vicenda processuale successiva (Cons. St., Sez. V, 19 marzo 2007, n. 1307, in www.giustizia-amministrativa.it). In tal senso in dottrina si vedano i contributi di D. SORACE, Il principio di legalità e i vizi formali dell’atto amministrativo, in Dir. pubbl., 2007, p. 385 e N. DURANTE, I vizi formali del procedimento, alla luce del decreto-legge “Semplificazioni” e delle recenti pronunce dell’adunanza plenaria, cit., p. 64. Secondo un’opposta tesi (prevalente almeno in giurisprudenza), la norma avrebbe natura processuale perché non inciderebbe sulla struttura del vizio, ma individuerebbe una speciale fattispecie della carenza di interesse a ricorrere. Con riferimento alla consolidata giurisprudenza che qualifica come processuale la norma dell’art. 21-octies, comma 2, nella sentenza in commento vengono richiamate le recenti pronunce del Consiglio di Stato: Cons. St., Sez. II, 12 marzo 2020, n. 1800; Cons. St., Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 165; Cons. St., Sez. V, 15 luglio 2019, n. 4964; Cons. St., Sez. VI, 20 gennaio 2022, n. 359; tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
[18] A tal proposito viene citata: Cons. St., Sez. III, 22 ottobre, 2020, n. 6378, in www.giustizia-amministrativa.it.
[19] Non si può che concordare coi rilievi critici formulati dalla dottrina sull’indeterminatezza dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo. Secondo M.R. SPASIANO, Nuovi approdi della partecipazione procedimentale nel prisma del novellato preavviso di rigetto, cit., p. 50, «In termini generali l’art. 21-octies è norma sostanzialmente sgradevole sotto molteplici profili: basti solo considerare quanto sia terminologia vana, oggi più che nel passato, trattare di “attività vincolata”. Esiste davvero un’attività vincolata in assoluto? E i tanti provvedimenti a natura vincolata che vengono poi corroborati da condizioni, imposizioni, divieti, ampliamenti assolutamente non previsti dalla norma non dovrebbero forse indurre a ritenere non più rinvenibile la categoria degli atti assolutamente vincolati? Non sarebbe più corretto ai fini dell’applicazione del 21-octies, comma 2, prima parte, non fare riferimento all’individuazione di attività vincolata, quanto al contenuto dispositivo del provvedimento e alla impossibilità di addivenire ad una determinazione anche solo in minima parte diversa da quella assunta?».
[20] R. GIOVAGNOLI, I vizi formali e procedimentali, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, cit., p. 1161-1162, ci ricorda come la questione sul carattere processuale o sostanziale dell’art. 21-octies «non è di carattere meramente teorico, in quanto dalla sua soluzione dipendono la delimitazione dell’ambito di applicazione della norma sia nel tempo che nello spazio. In particolare, sotto il profilo temporale, il riconoscimento della natura processuale comporta l’applicabilità della norma anche ai giudizi in corso … Per quel che concerne, invece, l’efficacia nello spazio, dal riconoscimento della natura processuale deriva l’applicabilità della norma anche ai procedimenti che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni locali».
[21] In tal senso vedasi: N. DURANTE, I vizi formali del procedimento, alla luce del decreto-legge “Semplificazioni” e delle recenti pronunce dell’adunanza plenaria, cit., p. 64, secondo il quale «L’art. 21-octies, c. 2, va letto in combinato disposto con l’art. 21-nonies, c. 1, che vieta alla p.a. di annullare d’ufficio il provvedimento illegittimo per ragioni di forma. Entrambe le disposizioni fanno parte di uno stesso precetto, che non può avere natura esclusivamente processuale, perché ha come destinatario non solo il giudice, ma anche la p.a.».
[22] La distinzione che viene proposta in questa sede non emerge nell’orientamento giurisprudenziale dominante, a cui aderisce la sentenza in commento, che attribuisce valenza processuale ad entrambe le ipotesi previste dall’art. 21-octies, comma 2: sia ai provvedimenti vincolati affetti da vizi formali (primo periodo), sia ai provvedimenti viziati da omessa comunicazione di avvio del procedimento (secondo periodo).
[23] La proposta differenziazione della natura giuridica tra i due periodi dell’art. 21-octies, comma 2, potrebbe spiegare la scelta lessicale del legislatore che ha deciso di distinguere i presupposti di operatività dei due diversi periodi anche con riferimento alla sede di accertamento dell’identità del contenuto dispositivo del provvedimento.