Sui poteri di necessità e di urgenza della Regione Siciliana nell'emergenza Covid e migranti (nota a Tar Sicilia - sez. III- decreto cautelare 27 agosto 2020 n. 842) di Alessandro Cioffi
Sommario: 1. L’ordinanza del Presidente della regione Sicilia - 2.La decisione cautelare del Presidente del Tar Sicilia - 3. L’emergenza Covid-19 e i poteri di necessità e urgenza- 4. Il problema delle fonti.
1. L’ordinanza del Presidente della regione Sicilia
Con il decreto cautelare 27 agosto 2020 n. 842, il presidente della terza Sezione del Tar Sicilia sospende l’ordinanza 22 agosto n. 33, emessa dal presidente della regione Sicilia al fine di contenere il contagio del Covid-19 nei centri di accoglienza dei migranti. L’ordinanza regionale dispone lo sgombero dei centri e il divieto di ingresso nel territorio siciliano. Precisamente, ordina lo sgombero “immediato degli hotspot e dei Centri di accoglienza dei migranti … entro le ore 24 del 24 agosto 2020”, con il trasferimento “in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana”; e ordina il divieto di “ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana” ad “ogni migrante che raggiunga le coste siciliane”.
La prima parte del dispositivo è motivata dal fatto che non è “allo stato possibile garantire la permanenza nell'Isola nel rispetto delle misure sanitarie di prevenzione del contagio”. La seconda disposizione è motivata dalla necessità di “tutelare e garantire la salute e la incolumità pubblica, in mancanza di strutture idonee di accoglienza”.
L’ordinanza regionale richiama a suo fondamento lo Statuto siciliano, l’art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, l'articolo 11, comma 1 ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ricordiamo che l’art. 32 attribuisce al presidente della regione il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti in materia di igiene e di sanità pubblica, l’art. 117 attribuisce alle regioni funzioni per la tutela della salute umana, l'articolo 11, comma 1 ter, vieta il transito e la sosta di navi per motivi di ordine e sicurezza pubblica[1].
E’ dunque una questione di poteri quella sollevata dal ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero dell’Interno. Ed è una questione molto delicata: i poteri dello Stato e della Sicilia, in materia di migranti e di emergenza Covid, sul piano dell’ordinamento generale e su quello particolare dell’autonomia.
Accanto ad essa, si pone anche la questione di natura processuale sull’impiego del decreto monocratico. Ovvero, l’estensione dei poteri cautelari presidenziali, il sindacato di legittimità e la sua profondità in sede monocratica, la possibilità di un appello immediato. E’ già programmato un approfondimento scientifico e tematico di quest’ultimo profilo nell’ambito delle Giornate di studio sulla giustizia amministrativa, ragion per cui limiterò le presenti note solo al primo profilo problematico sopra indicato.
2. La decisione cautelare del Presidente del Tar Sicilia
Sul danno e sulla sua “estrema gravità”, nella motivazione del decreto si legge che il potere di provvedere in materia di emergenza Covid -19 è ora regolato dal decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. In particolare, si dice che il potere regionale è stato “limitato e conformato” dagli articoli 1 e 3 del decreto-legge. L’art. 1 stabilisce che sia il presidente del Consiglio dei ministri a disporre in materia, mentre l’art. 3 stabilisce che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”.
E’ rispetto a queste due norme che il provvedimento regionale è giudicato “esorbitante”. Sarebbe inoltre esorbitante anche rispetto alle norme sull’immigrazione: difatti il trasferimento dei migranti dalla Sicilia ad altre strutture al di fuori dell’Isola finisce per impattare “sul territorio “nazionale” e sull’immigrazione, che è materia riservata allo Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. b, della Costituzione[2].
In conclusione, l’ordinanza regionale va oltre i limiti dei poteri attribuiti[3]. Inoltre, al di là della questione del potere, il decreto presidenziale ravvisa che il contenuto del provvedimento sia viziato, perché manca una “idonea istruttoria”. Pertanto, secondo le conclusioni del decreto, non risulterebbe l’esistenza di un concreto aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del Covid-19 tra la popolazione locale, quale conseguenza del fenomeno migratorio[4].
3. L’emergenza Covid-19 e i poteri di necessità e urgenza
Può la regione Sicilia provvedere sui migranti in situazione di emergenza Covid ?
Questo è l’interrogativo di fondo. La risposta dipende da come si guardi la materia. La materia, precisiamo, è salute e immigrazione. Se di questa materia si considera non l’ambito materiale ma una sua qualità, un suo apice o particolare carattere, la risposta è agevole: si considera l’emergenza Covid. Quindi si applica il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, che considera l’emergenza come situazione straordinaria. E’ una normativa speciale e quindi prevale. In particolare, prevale sulle altre norme di legge e sulle competenze ordinarie[5]. E’ questo l’effetto giuridico proprio dell’emergenza, intesa come fatto giuridico straordinario.
In questo senso, sul piano della stretta legalità e del sindacato giurisdizionale, il decreto presidenziale può ritenersi corretto.
Il punto sottinteso, su cui spendere qualche parola di spiegazione in più, è un altro: è il potere che si esercita in emergenza. E’ da vedere sul piano costituzionale e, non dimentichiamo, sul piano dell’ordinamento e delle autonomie, il piano dell’ordinamento generale e dell’ordinamento particolare, quello dello Stato e quello dell’autonomia speciale della Sicilia. Su questo piano, che è istituzionale, il punto è identificare il potere di cui si parla. Tutti i fattori che sono in gioco portano ad un solo punto: il potere amministrativo in emergenza. A questo ci si può avvicinare già sul piano lessicale, leggendo il decreto cautelare nel punto in cui intuisce l’essenziale: il problema è che il potere regionale è stato “conformato e limitato” dalle norme sopravvenute del decreto-legge[6]. L’espressione sembra esatta, perché il “conformare” il potere afferra subito il problema teorico sottinteso: in teoria tutti i poteri di emergenza sono unitari e sono un tutt’uno. E questo perché dipendono tutti dalla necessità. La necessità, secondo l’insegnamento di Santi Romano e della giuspubblicistica italiana, costituisce il fondamento di ogni potere emergenziale[7]. Dunque, nella prospettiva della necessità, il potere emergenziale è uno solo: e può spettare alla Regione o allo Stato, a seconda delle esigenze e della gravità dei fatti, ma resta che il potere di necessità è un potere unitario.
Non a caso, guardando gli atti amministrativi in questione, la loro natura è simile: l’ordinanza regionale impugnata è qualificata come ordinanza contingibile e urgente[8], mentre il d.p.c.m., ovvero l’atto che secondo l’ordine delle competenze dovrebbe stare al posto dell’ordinanza regionale, è, in teoria, assimilabile al genere delle ordinanze di necessità e urgenza[9]. Si può dunque parlare del potere di necessità come di un potere unitario, che si esprime con atti omogenei e risponde ad un identico criterio. Ne consegue, in termini di esercizio del potere e di interessi da valutare, che l’uso del potere emergenziale “scorre” tra Stato e Regione, secondo un principio di sussidiarietà. In fondo, obbedisce alla logica dell’art. 120 Cost. e della sostituzione ivi prevista: per motivi di pericolo, il Governo si può sostituire alle Regioni. E’ questo il principio e, diremmo, lo spirito, del potere in emergenza. E non è altro che il riflesso della necessità. Soprattutto, è il riflesso di un interesse generale. Difatti, non solo per il criterio, ma anche per l’oggetto su cui il potere si esercita, immigrazione e sanità, siamo davanti alla manifestazione di un interesse generale. L’immigrazione è materia riservata allo Stato, ai sensi dell’art. 117 Cost. lett. b); e se ne trae il difetto assoluto di attribuzione, a discapito degli enti locali, secondo una consolidata interpretazione del giudice amministrativo[10]. Lo stesso vale per la sanità: in emergenza, è intesa come salute della persona, ai sensi dell’art. 32 Cost., e assume il valore di interesse della collettività, secondo l’interpretazione che il giudice amministrativo ha dato in materia di misure amministrative di emergenza Covid e di prevalenza sulle libertà personali[11]. Si tratta, dunque, di un interesse generale, che supera l’art. 32 Cost. e le altre singole norme costituzionali, perché è un interesse di tutti e verso tutti, che riguarda tutta la vita della comunità nell’ordinamento generale[12]. Difatti, comprende non solo alcune specifiche materie dell’art. 117 Cost., come la protezione civile o la profilassi, bensì il piano generale dell’art. 120 Cost., come la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni e la tutela della Repubblica. Il che spiega, altresì, il fatto che in questa emergenza il giudice amministrativo abbia riconosciuto la prevalenza del potere di governo dello Stato sul potere delle Regioni e dei Comuni, in casi come quello del divieto comunale di attraversare lo stretto di Messina o nel caso dell’ordine regionale che dava apertura anticipata agli esercizi commerciali in Calabria[13].
In conclusione, in questa luce si spiega il fatto che il potere emergenziale si possa trasferire dalla Regione allo Stato, senza violare il piano costituzionale. Si spiega altresì il fatto di fondo: a prescindere dal decreto-legge e dalla natura speciale delle sue norme, la necessità non è il riflesso di un fatto giuridico speciale, ma è un fatto normale. Precisamente, la necessità è quel fatto giuridico che riflette i principi istituzionali, ovvero, quei valori e quelle garanzie vitali che permettono all’ordinamento giuridico di sopravvivere e di tutelare i suoi valori fondamentali in casi di pericolo[14]. E’ dunque naturale che in questo caso sia lo Stato a provvedere. Anche in questa luce, la soluzione data dal decreto presidenziale sembrerebbe corretta.
4. Il problema delle fonti
Lasciando da parte la questione processuale, rimarrebbe comunque da affrontare il problema delle fonti. In particolare, due questioni: il potere di necessità come materia di decreto-legge e di d.p.c.m.; il potere di necessità come materia che è regolata dalla Costituzione e dallo Statuto siciliano.
Il primo punto del problema è molto generale ed è nel fatto che il decreto-legge dispone di una materia che ha evidenti riflessi sulle libertà personali. In particolare, il decreto-legge dispone delle libertà stabilendo che si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In questo caso, secondo larga parte dei costituzionalisti, vi sarebbe violazione del principio di legalità sostanziale e violazione della riserva di legge[15]. Ne è sorto un dibattito[16] e, a soluzione di esso, la teoria della necessità è una delle possibili spiegazioni[17]. Fa l’ipotesi che vi sia un doppio limite, che investe le libertà e i poteri amministrativi di urgenza[18]. Specie quando la necessità significa tutela della Repubblica ai sensi dell’art. 120 della Costituzione. Il che investe anche l’ordine pubblico.
Qui si presenta il secondo punto del problema, con riguardo al caso specifico. Se della materia “salute e immigrazione” si guarda un profilo particolare, viene fuori l’ordine pubblico. Non a caso, nell’ordinanza regionale, nelle considerazioni preliminari, si legge che gli sbarchi dei migranti possono pregiudicare “l’ordine e la sicurezza pubblica”[19]. Dunque, considerando l’ordine pubblico come motivo del provvedere, verrebbe fuori un riflesso diverso della cosa, e, probabilmente, un’interferenza delle fonti. Potrebbe essere una duplice interferenza, che, ritengo, si può sciogliere nel modo seguente.
Il punto di partenza è che vi è una precisa attribuzione costituzionale: lo Statuto della Sicilia, art. 31, primo comma, prevede che spetti al Presidente della regione il “mantenimento” dell’ordine pubblico nell’Isola. Ora, tra ordine pubblico in sé considerato e “mantenimento” dell’ordine pubblico corre una sottile ma precisa distinzione, nel senso che lo Stato definisce cosa sia l’ordine pubblico[20] e la Sicilia lo attua, ossia lo mantiene[21]. Inoltre, sempre nel gioco delle fonti, non si può dimenticare che lo Statuto della Sicilia è del 1946 e quindi è anteriore alla Costituzione. Pertanto, sul punto del mantenimento, viene fuori un interrogativo: davvero lo Statuto prevale, come norma anteriore e come norma speciale?
Il problema è molto delicato e solo in apparenza si risolve con la regola che scioglie in un senso preciso l’antinomia tra norme di pari rango, con la conseguenza, ovvia ma apparente, che lo Statuto prevalga sulla Costituzione. Qui non ci può essere una regola di prevalenza speciale. Difatti, il rapporto non è di prevalenza, ma è istituzionale. Lo Statuto è, sì, norma di rango costituzionale, e per giunta speciale, ma è espressione di autonomia; e l’autonomia, qualsiasi autonomia, non è mai prima, ma è sempre dopo e dentro l’ordinamento generale[22]. L’autonomia deriva dall’ordinamento generale, che è l’ordinamento originario[23]. Non può essere diversamente, altrimenti bisognerebbe pensare che l’autonomia speciale della Sicilia sia un ordinamento a titolo originario. Addirittura, un ordinamento derivante, da cui la Costituzione deriva, almeno in certi punti. Invece è il contrario: la Costituzione, che sopravviene nel 1948, costituisce l’ordinamento generale.
Ogni ordinamento generale valuta l’autonomia e le “sue” esigenze, secondo l’art. 5 della Costituzione[24]. E pone dei limiti. Sono limiti istituzionali e sono limiti insuperabili. Tutto questo si riflette oggi nel nostro ordinamento e, nel concreto, funziona come principio di “assorbimento”. Concretamente, nella giurisprudenza costituzionale, si dice che l’ordinamento che sopravviene “assorbe” l’ordinamento particolare, lo Statuto speciale, mettendo limiti alle sue parti, quelle non compatibili. Così è avvenuto, per esempio, per l’Alta Corte per la regione siciliana, prevista nell’art. 25 dello Statuto[25]; parte evidentemente incompatibile con l’ordinamento costituzionale odierno, parte che non poteva non essere assorbita[26].
Nel caso in esame, l’assorbimento potrebbe funzionare in modo simile. Potrebbe riguardare l’ordine pubblico. Investirebbe non tutta la materia, bensì il suo mantenimento. Ovvero, il modo di esercizio, la valutazione degli interessi; ed è qui che l’idea che il potere di necessità sia unitario può dare un contributo; e, inoltre, è qui che l’espressione del decreto presidenziale - “conformare il potere”- sembra centrare la questione. Difatti, conformare un potere, un potere che sia unitario, significa che l’interesse di fondo è sempre lo stesso e che la sua visione resta unitaria. Così, la titolarità dell’ordine pubblico spetta allo Stato, ma il mantenimento spetta alla Sicilia. E così l’esercizio concreto del potere spetta al Presidente della regione, valutando gli interessi della Sicilia; ma quella valutazione non può essere esclusiva, perché deve considerare anche l’ordinamento generale, l’interesse dello Stato. Emblematico, nel caso concreto, è un punto che compare sia nel testo dell’ordinanza regionale sia in quello del decreto presidenziale, e rappresenta il problema del disegno unitario: in un passo del decreto si dice che il potere regionale è “conformato” dalle norme sull’emergenza, mentre nell’ordinanza regionale si dice che l’ordine di trasferimento dei migranti investe il “territorio nazionale” – verrebbe quasi da dire “continentale”-, come se la Sicilia non fosse territorio nazionale. In questo punto s’impone il potere di necessità come potere unitario. Significa duplice visione degli interessi e disegno unitario. Non a caso Santi Romano diceva che ogni potere di necessità -e ogni suo atto urgente, che sia un’ordinanza comunale o un decreto del Governo- si esprime a mezzo di un atto giuridico che è unitario e identico. E’ figlio della necessità. Pertanto, qui l’interesse è sempre lo stesso e non esistono, in questo caso, poteri diversi, affari della Sicilia o interessi particolari, tipicamente emergenti secondo la logica di prevalenza che è propria della norma speciale; qui c’è in gioco un interesse generale: è un interesse generale dello Stato ed è un interesse che, a superare ogni particolarismo o complesso postunitario, grazie alla coscienza di sé e della grande cultura siciliana, si deve interpretare come interesse generale della Sicilia stessa.
In conclusione, il criterio di esercizio dovrebbe essere identico e quindi l’unica regola istituzionale da osservare è quella del parlarsi prima, ovvero quella del dialogo preventivo, che, modernamente inteso, in termini costituzionali, si chiama principio di collaborazione e si ispira alla logica dell’art. 120 della Costituzione.
Sono considerazioni che meriterebbero un più ampio e approfondito sviluppo che non può per il momento essere svolto in questa sede. Anche la pronuncia in commento deve del resto essere approfondita e confermata in sede collegiale.
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[1] L'art. 32 la legge 23 dicembre 1978 n. 833 dispone che “il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni" e “nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile e urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”; l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, dispone relativamente alle funzioni attribuite alle regioni per la tutela della salute umana; l'articolo 11, comma 1 ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dispone che “il Ministro dell'interno ... può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica”.
[2] Secondo il decreto cautelare, l’ordinanza regionale impatta “in modo decisivo sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano, che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. b), della Cost, e, peraltro, sono certamente idonee a produrre effetti rilevanti anche nelle altre regioni e, quindi, sull’intero territorio nazionale, nel quale dovrebbero essere trasferiti, nell’arco delle 48 ore decorrenti dalla pubblicazione dell’ordinanza, i migranti allo stato ospitati negli hotspot e nei centri di accoglienza insistenti sul territorio regionale”
[3] Secondo il decreto cautelare, “ dal delineato quadro normativo si evince che la disciplina emergenziale in atto ha inteso attrarre allo strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e all'esito del procedimento delineato dal comma 1 dell'art. 2, la competenza all'adozione delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 in atto e che, invece, è rimessa alla responsabilità delle regioni esclusivamente l'adozione di eventuali misure interinali e di ulteriore profilassi, che si rendano necessarie e siano giustificate da specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario a livello locale, su cui possono provvedere, tuttavia, soltanto in via di urgenza e nelle more dell'adozione di un nuovo D.P.C.M. in materia, e sempre che attengano esclusivamente all'ambito delle attività di competenza delle regioni stesse”.
[4] Precisamente, nella motivazione del decreto si dice che “non è dato ricavare, dalla lettura testuale dello stesso nella sua interezza, che sia stata svolta un’idonea istruttoria al riguardo a supporto del provvedimento, in mancanza di specifici riferimenti o richiami agli accertamenti svolti e alle relative risultanze; --- in definitiva, l'esistenza di un concreto aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del Covid-19 tra la popolazione locale, quale conseguenza del fenomeno migratorio, che, con il provvedimento impugnato, tra l’altro, si intende regolare, appare meramente enunciata, senza che risulti essere sorretta da un’adeguata e rigorosa istruttoria, emergente dalla motivazione del provvedimento stesso e altrettanto sembra potersi affermare anche in relazione alla diffusione del contagio all’interno delle strutture interessate.”
[5] Questo spiega anche la capacità dispositiva del decreto-legge, quella di spostare una competenza e di derogare a una norma legislativa ordinaria. E’ una riserva e una attribuzione di carattere particolare; e deriva da una norma speciale, quella del decreto-legge, per un’esigenza speciale, l’emergenza. In questo senso ci sembra corretta l’espressione per cui si dice che il potere regionale è stato ridimensionato, ovvero conformato e limitato: non è stato sottratto alle regioni, ma solo temporaneamente sospeso.
[6] Cfr. questo passo della motivazione del decreto: “il relativo potere regionale risulta essere stato limitato e conformato, quanto ai relativi presupposti, limiti e oggetto, come di seguito specificato, proprio dalla sopravvenuta e speciale normativa di pari rango primario contenuta nell'art. 3, co. 1, del predetto D.L., come, peraltro, espressamente confermato dall'art. 3, co. 3, del medesimo, a chiusura del sistema (laddove è ulteriormente specificato appunto che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”), e in relazione ai quali presupposti, limiti e oggetto il provvedimento impugnato si presenta esorbitante”
[7] v. SANTI ROMANO, Sui decreti-legge e lo stato di assedio in occasione del terremoto di Messina e di Reggio-Calabria, ora in Scritti minori, Milano, 1950, I, 287; v. SANTI ROMANO, Principii di diritto costituzionale generale, Milano, 2 ed., 1946, ora in L’ “ultimo” Santi Romano (a cura di ALB. ROMANO), Milano, 2013, 173 ss., spec. 516-517: tutti gli atti urgenti del governo – decreto-legge, decreto di stato d’assedio, ordinanze urgenti di altre autorità amministrative- sono espressione della medesima situazione: la necessità. Questo per dire che il potere extra ordinem è unitario e quindi i suoi atti hanno la stessa natura e, soprattutto, rispondono allo stesso criterio.
[8] E’ questo il titolo che figura nel testo del provvedimento regionale; e in questo senso è qualificato anche dal decreto presidenziale.
[9] Così R. CAVALLO PERIN, Pandemia 2020: decreti e ordinanze d’emergenza, in Giustiziainsieme, 2020, 9; F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul Decreto legge n. 25 del 19 marzo 2020), in Federalismi, 6 aprile 2020; A. ILACQUA, Il potere derogatorio delle recenti ordinanze di protezione civile, del Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid-19 e la vigilanza collaborativa dell’ANAC, in G. PALMIERI (a cura di), Oltre la pandemia. Società, salute, economia e regole nell’era post Covid-19, Napoli, 2020, III, 999 ss.
[10] Cfr. l’indirizzo che ritiene che vi sia difetto assoluto di attribuzione in caso di ordinanze contingibili e urgenti adottate da enti locali in materia di immigrazione e asilo v. Tar Sicilia, Catania, IV, 6 agosto 2018 n. 1761; Tar Liguria, II, 2 maggio 2018 n. 410; Tar Abruzzo, Pescara, I, 21 giugno 2018 n. 208.
[11] Per tutti v. Cons. St. sez. III – decreto cautelare 30 marzo 2020 n. 1553.
[12] v. M. RAMAJOLI, Potere di ordinanza e stato di diritto, in Studi in onore di Alberto Romano, Napoli, 2011, I, 735, 754.
[13] Sull’annullamento governativo dell’ordinanza comunale che chiudeva lo stretto di Messina v. Cons. St., sez. I, parere 7 aprile 2020 n. 735; sull’annullamento dell’ordinanza che anticipava l’apertura dei negozi v. Tar Calabria, sez. I, 9 maggio 2020 n. 841.
[14] Cfr. ALB. ROMANO, Presentazione, in SANTI ROMANO, Il diritto pubblico italiano, Milano, 1988, I ss., LIII-LIV: “Principi generali che sì, dalle frasi che seguono, vengono puntualmente dedotti da esplicite norme statutarie dettagliatamente individuate; ma che paiono avere diversa natura e più elevato livello di quei principi generali del diritto, che dalle norme scritte sono desumibili … E sono questi principi i fattori non normativi dell'ordinamento, che nei confronti delle sue evoluzioni esercitano la massima influenza: il massimo di vincolo e di predeterminazione; perché è attraverso questi principi, che l'ordinamento medesimo, l'istituzione medesima, arriva perfino a muovere le sue stesse norme «quasi come pedine in uno scacchiere»…”.
[15] M. OLIVETTI, Coronavirus. Così le norme contro il virus possono rievocare il «dictator», in Avvenire, 10 marzo 2020; G. AZZARITI, Il diritto costituzionale d’eccezione, Editoriale, in Costituzionalismo.it, fasc. 1, 2020. 14; G. GUZZETTA, E se il caos delle norme anti-contagio fosse un trucco per toglierci la voglia di libertà, in Il Dubbio, 4 aprile 2020; L. MAZZAROLLI, «Riserva di legge» e «principio di legalità» in tempo di emergenza nazionale. Di un parlamentarismo che non regge e cede il passo a una sorta di presidenzialismo extra ordinem, con ovvio, conseguente strapotere delle pp.aa. La reiterata e prolungata violazione degli artt. 16, 70 ss., 77 Cost., per tacer d’altri, Federalismi, 23 marzo 2020; F. RESCIGNO, La gestione del coronavirus e l’impianto costituzionale. Il fine non giustifica ogni mezzo, AIC, 19 maggio 2020 ; M. BELLETTI, La “confusione” nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, AIC, 28 aprile 2020; F. RATTO-TRABUCCO, Le limitazioni ai diritti costituzionali a mezzo atto amministrativo nell’avvio dell’emergenza pandemica da COVID-19, Amministrazione in cammino, 7 maggio 2020; G. TROPEA, Il Covid-19, lo Stato di diritto, la pietas di Enea, in Federalismi, 18 marzo 2020.
[16] In senso contrario v. M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, AIC, 10 aprile 2020; F.S. MARINI, Le deroghe costituzionali da parte dei decreti-legge, Federalismi, 22 aprile 2020; U. ALLEGRETTI, Il trattamento dell’epidemia di “coronavirus” come problema costituzionale e amministrativo, Quaderni costituzionali, 25 marzo 2020; E.C. RAFFIOTTA, Sulla legittimità dei provvedimenti del governo a contrasto dell’emergenza virale da coronavirus, BioLaw Journal, Rivista di Biodiritto, n. 1/2020.
[17] Cfr. A. CIOFFI, Emergenza e teoria della necessità. Il caso del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in G. PALMIERI (a cura di), Oltre la pandemia. Società, salute, economia e regole nell’era post Covid-19, Napoli, 2020, III, 941 ss. Nell’ambito del suddetto dibattito, sull’inquadramento della necessità, con varietà di impostazioni e diversi punti di vista, v. anche MARIA AUSILIA SIMONELLI, La potenza dei fatti: la necessità come fonte di diritto, ibidem, 899; MARIA ANTONELLA GLIATTA, Brevi considerazioni sull’uso dei DPCM nella gestione dell’emergenza sanitaria, ibidem, 959; ANTONINO ILACQUA, Il potere derogatorio delle recenti ordinanze di protezione civile, del Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid-19 e la vigilanza collaborativa dell’ANAC, ibidem, 999; ROBERTA PICARDI, Coronavirus, “stato d’eccezione” e “nuda vita”, ibidem, 909; SERGIO ZEULI, Il contrasto del governo al Covid-19 fra responsabilità politica e sistema delle fonti, ibidem, 921; MICHELE BARONE, Ordinanze sindacali e valore della ‘necessità’: prima, durante (e dopo?) la pandemia, ibidem, 1015; FRANCESCO RAFFAELLO DE MARTINO, Governo dell’emergenza e revisione costituzionale, ibidem, 965; ILARIA ROBERTI, L’informativa parlamentare al tempo del Covid-19, ibidem, 983; RUGGIERO DIPACE, Situazioni di emergenza e attività negoziale delle pubbliche amministrazioni, ibidem, 1027.
[18] Cfr. A. CIOFFI, Emergenza e teoria della necessità. Il caso del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri … cit., 945 ss.
[19] Cfr. pag. 5 della delibera regionale.
[20] Si noti la distinzione: non l’ordine pubblico in sé considerato, ma il “mantenimento” dell’ordine pubblico. Sul punto “Sussiste una riserva di competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza pubblica con riguardo a funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali quali l’integrità fisica o psichica della persona, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume prioritaria importanza per l’ordinamento” (ex plurimis, Corte Cost., sentenza n. 290/2001; all’origine, C.cost. n. 131/1963; di recente v. anche C. cost. n. 208/2018).
[21] Cfr. i materiali della Commissione paritetica Stato – Regione siciliana per l’attuazione dello Statuto, presieduta da A. Ilacqua; in particolare v. anche l’ordinanza 26 marzo 2020 n. 123 della Giunta regionale siciliana, recante “Schema di norma di attuazione dell'art.31 dello Statuto della Regione Siciliana. - Approvazione”.
[22] v. SANTI ROMANO, Autonomia, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1983, rist., 14 ss.
[23] v. ALB. ROMANO, Autonomia nel diritto pubblico, Dig. Disc. pubbl., Torino, 1987, II, 30 ss.
[24] cfr. L. RONCHETTI, L’autonomia e le sue esigenze, Milano, 2018, spec. 265 ss.
[25] Cfr. C. cost. sentenza n. 38/1957 e sentenza n. 116/1958.
[26] Cfr. M.S. GIANNINI, Corte costituzionale e Alta Corte per la regione siciliana, Giur. Cost., 1956, fasc. 6, ora in M.S. GIANNINI, Scritti, vol. IV, Milano, 2004, 49 ss.