Lo scritto riprende alcuni dei temi trattati nel corso della relazione tenuta al convegno sul tema “Diritto d'amore” tenutosi a Roma nei giorni 25, 26 e 27 gennaio 2024 organizzato dall'Associazione Cammino. Si tratta della seconda di una serie di pubblicazioni sulla nostra Rivista in tema di "diritto d'amore" per condividere le riflessioni emerse in occasione del Convegno. Si veda Diritto d'amore e responsabilità civile di Alessandra Cordiano.
Diritto, biodiritto e amore
di Roberto Giovanni Conti
Sommario: 1. Dica in Tribunale che amo mia moglie! Il caso Loving c. Virginia fra diritto e amore. - 2. Diritto vs. amore o amore vs diritto o diritto e amore? Quando l’amore diventa rilevante per il diritto? - 3. Il cammino delle unioni civili fra persone dello stesso sesso. - 4. Il cammino dell’amore verso il diritto. - 5. Il piano dei valori fondamentali rispetto a diritto e amore - 6. La giostra dei diritti ed il diritto dal basso - 7. Tornando alle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Andata a ritorno fra diritto straniero, diritto interno e diritto vivente. - 8. Il diritto di amarsi fino alla fine con dignità ed il “problema del “fine vita”. - 9. Il ruolo della giurisdizione. Il camminare della giurisprudenza (verso l’amore).
1. Dica in Tribunale che amo mia moglie! Il caso Loving c. Virginia fra diritto e amore.
“Mr. Cohen, dica in Tribunale che amo mia moglie e che è ingiusto che non possa vivere in Virginia insieme a lei!”
Era questo il messaggio che Richard Loving, uomo bianco, alla vigilia dell’ultima udienza innanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti che avrebbe trattato il caso originato dal suo matrimonio con Mildred, donna nera chiese al suo avvocato di trasmettere alla Corte. Quella coppia, dapprima costretta a lasciare la contea di Caroline, in Virginia, dove quel “tipo” di matrimonio era vietato per poi tornare nel paese d’origine, era stata condannata ad un anno di prigione per quella scelta, allo stesso tempo “tragica” e “di amore”. Una pena che i due coniugi non avrebbero scontato se solo avessero deciso di lasciare la Virginia e di non farvi più ritorno per venticinque anni. I due non si acquietarono rispetto a quella decisione e portarono la loro vicenda davanti ad una Corte.
Il caso Loving c. Virginia, passato dalle Corti dello Stato della Virginia fino a giungere alla Corte Suprema degli Stati Uniti, incise profondamente sul tessuto sociale degli Stati Uniti e viene ricordato come un leading case di portata universale, valicando gli oceani e superando la vicenda personale di quella coppia per diventare, caso di scuola, sentenza da ricordare, precedente da tenere in considerazione dentro gli States e fuori.
2. Diritto vs. amore o amore vs diritto o diritto e amore? Quando l’amore diventa rilevante per il diritto?
Si è scelto di ricordare quella vicenda perché essa racchiude in maniera potente ed immediata il grumo delle riflessioni che si proveranno a rappresentare sul tema Diritto e amore.
Espressioni antitetiche, incomunicabili o tra loro complementari e, se sì, in che misura?
Dove c’è l’uno - che si potrebbe affiancare, pur con una certa approssimazione, con la nozione di sentimento[1]il sentimento - non c’è o non dovrebbe esserci l’altro - il diritto - la regola che attribuisce il diritto ad una persona ed un dovere ad un altro e che, dunque, comprime il sentimento, invece libero per principio, ontologicamente. Francesco Gazzoni non esitava a riconoscere che “Il diritto ha difficoltà a regolamentare i c.d. fatti di sentimento, non solo per motivi di lessico giuridico, ma anche perché le vicende che coinvolgono sentimenti (e non patrimoni) sono per loro natura ambigue ed oscure, in particolare per quel che riguarda i fatti d'amore.”[2]
Si potrebbe dire, per tentare di abbozzare un ragionamento, che ciò che sta a monte dell’amore, il sentimento, costituisce dimensione assolutamente individuale, non meritevole ex se di protezione dall’ordinamento proprio perché chiusa nella sfera di ciascun individuo e soggetta, in definitiva, al governo della coscienza e non alle regole del diritto.
Ed allora, quando il sentimento, l’amore, diventa rilevante per il diritto? Quando dunque i due mondi si intercettano, forse reciprocamente, dimostrando che l’uno non può fare a meno dell’altro? Quando diventano complementari, quando attingono all’uno per dare un senso all’altro?[3]
A questo nucleo complesso di interrogativi può darsi un accenno di risposta non esaustiva, ovviamente, ma forse capace di cogliere i due punti di emersione dell’amore rispetto al diritto.
Da un lato, il carattere interiore del sentimento d’amore assume o comincia ad assumere rilevanza giuridica quando è frutto della tradizione di una comunità.
Fin qui, nulla quaestio.
Basti pensare al matrimonio o alla filiazione che sembrerebbero essere istituti giuridici nei quali, appunto, il legislatore interviene per regimentare fenomeni ben assestati nella coscienza sociale.
Questi ultimi rappresentano, forse, i due migliori esempi di quanto, appunto, il sentimento possa trovare diversa considerazione nel corpo sociale, a seconda delle forme con le quali si manifesta e delle risposte che l’ordinamento offre, nel tempo, a queste “diversità”, frutto appunto della diversa carnalità dei fatti che prende luogo in un determinato contesto sociale.
Ecco che il sentimento amoroso fra le persone può manifestarsi in forme che la coscienza sociale a volte può considerare: a) come immeritevole di tutela, per essere appunto meramente privato ed individuale- come lo sono state, per lungo tempo, in Italia, le unioni fra persone dello stesso sesso-; b) come meritevole di una sanzione-si pensi all’amore incestuoso, alla poligamia-; c) come fatto divisivo quanto alla necessità o meno che essa vengo regolato dal diritto. In tali casi la vicenda diventa impegnativa e a volte tormentata, perché l’amore sorregge alcune aspettative che vorrebbero fossero tutelate come diritti, secondo alcuni, e che invece, altri, vorrebbero confinate nel “non diritto”.
Per altro verso, la rilevanza dell’amore per il diritto cresce al crescere, esponenziale, della rilevanza che nella società assumono i diritti fondamentali[4].
Si tratta di processi che, in parte, sembrano ispirati da istanze e forze diverse ma che, in parte, risultano convergenti, nel senso che la considerazione sociale di un sentimento d’amore aiuta a disvelare aspetti dei diritti della personalità non compiutamente considerati e valorizzati in un dato contesto storico.
Tutto questo mette in gioco anzi mette a ferro e a fuoco temi caldissimi per gli operatori del diritto: il ruolo della legislazione rispetto alla Costituzione, il ruolo (ed i limiti) della giurisdizione rispetto ai diritti umani, il ruolo (o il non ruolo) della coscienza sociale nella configurazione dei diritti fondamentali stessi, di nuova e vecchia generazione, il ruolo degli avvocati come motore dei diritti ed il ruolo dei giudici come guardiani e al tempo stesso custodi dei diritti.
Un campo, dunque, sconfinato, nel quale verrebbe voglia di fermarsi e ragionare insieme per giorni, per settimane.
Per questo credo vada espresso un “grazie di cuore” a Cammino, ancora una volta capace di aprire e disvelare orizzonti che già sono stati e sono tuttora oggetto di analisi, cogliendo al fondo la centralità del tema e mettendo in campo un parterre di relatori di assoluto rilievo per l’ampiezza dei temi trattati e per l’idea stessa che Cammino ha portato negli anni avanti.
3. Il cammino delle unioni civili fra persone dello stesso sesso.
Dunque, proviamo ad esaminare una delle tante prospettive, collegate a quella che sorregge la riflessione su amore e biodiritto.
Il pensiero, già si accennava all’inizio, si indirizza quasi naturalmente verso le tematiche dei legami sentimentali che, diversi dal matrimonio nella nozione tradizionale che ad esso si è data, hanno per lunghi anni visto prevalere l’idea del “non diritto” sottesa alla ritenuta non necessità di regolamentare fenomeni considerati immeritevoli di tutela giuridica e che, nel corso del tempo, hanno visto mutare la coscienza sociale.
Questi mutamenti sono stati certificati in vari modi ed hanno trovato la loro emersione lentamente e progressivamente sul piano giurisdizionale, interno e sovranazionale, per poi essere normativizzati dal legislatore.
Pensiamo alle unioni civili fra persone dello stesso sesso, sulle quali Stefano Rodotà ha imbastito buona parte delle sue riflessioni attorno al tema del diritto e amore[5]. L’epopea, il cammino, il lungo cammino dalle prime pronunzie giurisprudenziali delle Corti di merito sul tema della trascrizione di atti di matrimonio redatti all’estero e della loro efficacia sul piano interno.
Comincia così ad emergere in questa complessità già qui solo accennata un altro tema, spesso presente rispetto alle questioni bioetiche e biogiuridiche, della rilevanza della mobilità delle persone, ormai divenuta costante del mondo che ci appartiene.
E ciò sotto un duplice profilo.
Per un verso si assiste ad una mobilità e ad una circolazione che per anni abbiamo avvertito come costante prevalente del mondo delle relazioni commerciali e che è invece diventata, anche grazie alla progressiva integrazione ed approfondimento di quei traffici, mobilità di persone, di centri di interessi “umani”, di affetti, appunto …di amori.
Per altro verso, al primo effetto ne segue un altro, tutto interno al diritto vivente, nel quale la comparazione fra ordinamenti è progressivamente diventata strumento interpretativo di portata e rilevanza enormi, anch’esso emerso nella giurisprudenza costituzionale e lentamente in quella del giudice comune. Le giurisprudenze straniere che si sono occupate di vicende bioetiche e biogiuridiche hanno così assunto progressivamente un’importanza decisiva sul piano interno rispetto alla configurazione di diritti, istituti, strumenti di protezione dei diritti prima sconosciuti.
Per non dire della configurazione delle tecniche di risoluzione delle antinomie fra norme che hanno visto, proprio in campo bioetico e biogiuridico, la Corte costituzionale – nel caso dell’omicidio del consenziente - protagonista di un revirement sulle questioni irrisolte dal legislatore porre le basi per un dialogo con il legislatore proprio evocando precedenti di Corti supreme straniere.
Ecco che comincia ad emergere il ruolo della giurisdizione, di portiere rispetto all’introduzione di fenomeni regolati e disciplinati in altri ordinamenti e non regolati nel nostro; un ruolo volto a verificare la tenuta di atti e fatti che a volte hanno, dunque, una disciplina normativa altra, di matrice ultra nazionale che si vorrebbe potere attuare anche nell’ordinamento interno, secondo i diretti interessati e che altri ritengono, invece, vada impedita valutando che il sistema interno non possa subire influenze e condizionamenti dei singoli sulla tenuta e regolazione di fenomeni sui quali deve essere il sistema nazionale a dire l’ultima parola.
4. Il cammino dell’amore verso il diritto.
Pensiamo per un attimo alle pratiche di fecondazione, alle adozioni, ai fenomeni delle gestazioni per altri, del fine vita, della “relazione di cura” e del “fine cura” e dunque ai sentimenti che si alimentano continuamente e cercano di emergere quando in gioco è la vita di una persona e gli affetti, i familiari del malato rivendicano il diritto a dire la loro ad intervenire, a rappresentare il loro sentimento di amore rispetto al medico [6].
Un grumo di questioni che, dunque, chiamano anzitutto l’ordinamento a verificare se ed in che misura i provvedimenti adottati fuori dal sistema nazionale possano ed in che misura debbano trovare applicazione ed attuazione in ipotesi di “vuoto” normativo o, addirittura di “divieto”, imperativo o meno, che il sistema interno prevede per tali situazioni.
Questioni che attengono, per l’un verso, alla verifica dell’apertura o meno del sistema ai provvedimenti, alle condotte ed ai fatti prodotti fuori dall’ordinamento ma che poi, inevitabilmente, come si accennava, finiscono a volte col produrre un effetto a cascata, occorrendo interrogarsi sul “se” ed in che misura sia possibile per un ordinamento vietare al proprio interno o non considerare atti o fatti che al di fuori di quel sistema esistono e, a volte, sono chiamati a produrre effetti nell’ordinamento interno perché considerati comunque compatibili con l’ordine pubblico. Insomma, questioni che coinvolgono la ragionevolezza e l’eguaglianza delle scelte legislative.
Non diverso risulta il discorso allorché sia la disciplina interna ad essere messa in discussione perché considerata non adeguata a fornire risposta alla domanda di giustizia o, a volte, a quella litigation strategy che ha da tempo preso piede nelle democrazie moderne come il caso Loving cui si accennava all’inizio, insieme a tanti altri sul piano interno (Englaro[7], Welby, dj Fabo solo per ricordare i più noti) insegna.
Fenomeno nel quale, dunque, sono le “cause bandiera” a sollecitare prese di posizione da parte dei giudici su quesiti, scelte- scelte tragiche spesso- alle quali il diritto scritto non sembra in apparenza pronto a dare risposta.
5. Il piano dei valori fondamentali rispetto a diritto e amore
Ed è in questo momento che torna ad assumere un tratto centrale il piano di valori fondamentali che attinge direttamente alla Costituzione, essa stessa inserita (per sua espressa volontà) in un circuito di Carte dei diritti fondamentali e per ciò stesso di “diritti viventi” che vivificano continuamente il senso dei principi fondamentali, mettendo sul tappeto problemi di non poco momento e, fra questi, quello tradizionale dell’interpretazione della Costituzione, della sua specificità rispetto a quella che può riguardare altri testi normativi.
Ora, è estremamente chiaro che interpretare un principio non equivale esattamente ad interpretare una norma di rango ordinario.
Si assiste, così, ad un meccanismo che attribuisce ai principi una molteplice valenza, essi per l'un verso abbisognando di essere interpretati, per poi diventare metro di valutazione delle leggi le quali, a loro volta, possono direttamente attuare un principio fondamentale e, in ogni caso, devono essere interpretate in modo conforme ai principi senza mai superare il contenuto di quegli stessi principi, essi costituendo il limite all'interpretazione costituzionalmente conforme[8].
Principi che possono, infine, assumere anche il tratto di fattore immediato sul quale incentrare le tutele in assenza della legge, ancorché sia ben noto che l’idea del costituzionalismo “principialista” non sia unanimemente condivisa[9].
Il tema è reso ancor più scivoloso per effetto della “concorrenza” proveniente da altre Carte dei diritti che, accanto alla Costituzione, hanno a cuore la tutela dei diritti fondamentali e che, dunque, aggiungono materiale, anch’esso destinato ad operazioni di interpretazione e di bilanciamenti, capace di condizionare - in melius o in peius, a seconda della prospettiva prescelta - la portata della tutela costituzionale. Suscitando ulteriori interrogativi circa l’opportunità ed i limiti entro i quali le giurisdizioni straniere, ancorché sovranazionali, debbano o possano intervengano su temi di portata bioetica e biogiuridica[10].
6. La giostra dei diritti ed il diritto dal basso
Tornando al focus del convegno e dell’intervento, al fondo dei nodi problematici accennati e dunque del quesito se l’amore intercetta il diritto la risposta sembra dover essere affermativa.
Non vi è, forse, l’amore che regge quei fenomeni ai quali si è accennato, il legame sentimentale che sorregge a volte la singola persona (e la relazione che questa ha con il sistema nel quale vive e con la propria vita) a volte le relazioni fra le persone coinvolte, il fascio di valori fondamentali che quelle persone chiedono, a torto o a ragione, di vedere tutelate o hanno diritto ad essere prese in considerazione dall’ordinamento anche se si trovino in una condizioni di estrema o parziale vulnerabilità?
Già qui emerge una prima possibile frizione fra il mondo dei diritti fondamentali regolati da un ordinamento e il grumo degli interessi che fanno capo allo Stato-ordinamento e che si confrontano con quei valori fondamentali.
Una giostra sulla quale i diritti fondamentali e gli interessi fondamentali o imperativi che dir si voglia dello Stato trovano (o cercano di trovare) posto e sulla quale la parola del legislatore a volte è non detta, a volte esiste, ma passa, come si diceva, per la verifica della sua tenuta rispetto al quadro dei valori fondamentali affidata all’autorità giudiziaria.
Una girandola di problemi che passano, dunque, per continue verifiche correlate ai fatti che vengono portati all’attenzione del giudice, per continue operazioni di bilanciamento[11] e di accomodamenti ragionevoli (come dice Cass. S.U. n. 24414/2021) tentati, a volte raggiunti, a volte ipotizzati.
Un diritto che, dunque, si forma spesso dal basso, dalla carnalità dei fatti, dalle soluzioni che essi suscitano, inevitabilmente condizionati dalla specificità e naturale diversità di quegli stessi fatti.
Ora, comune a tutte le questioni sembra essere la questione se un ordinamento debba o non debba offrire tutela agli atti di amore che sorreggono le vicende alle quali qui si è fatto cenno.
E se, ancora, l’ordinamento riesce ad essere con le sue norme immediatamente capace di gestire vicende che nel loro dispiegarsi assumono tratti di assoluta novità per essere inimmaginabili fino a ieri. Penso alla vicenda, recentissimamente rimbalzata sui media, della persona rimasta incinta che aveva in corso un trattamento per cambiare i tratti somatici del proprio corpo e che aveva già ottenuto dal Tribunale la rettifica anagrafica.
7. Tornando alle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Andata a ritorno fra diritto straniero, diritto interno e diritto vivente.
Accennerò nuovamente alle questioni delle unioni civili dello stesso sesso, del fine cura e fine vita e, infine, della trascrizione dell’atto di nascita redatto all’estero relativo a casi di maternità surrogata, provando a mettere in evidenza, in modo sintetico, come in ciascuna di tali questioni emerga il cammino del legislatore, degli interpreti e della coscienza sociale.
Un cammino d’amore che nasce e continua ad arricchirsi per i tanti camminatori che su esso si confrontano.
E ciò proprio per dimostrare quanto vi sia bisogno del diritto per regolare l’amore, anche quando l’amore sembra essere negato dall’atto volitivo di terzi che incidono sui diritti incomprimibili delle persone, ovvero negato da una scelta apparentemente incompatibile con un atto di amore perché orientata a porre fine, in modo consapevole, alla vita per raggiungere la sua felicità. Fino a che punto, dunque, questa scelta d’amore può e deve essere presa in considerazione dall’ordinamento? Quanto la risposta a tale quesito è condizionata dalla casualità delle vicende, o dalle risposte offerte dalla giurisprudenza? Quanto l’ordinamento si deve quindi prendere cura della felicità delle persone?
Partiamo dalla vicenda delle unioni civili di persone dello stesso sesso.
Il cammino della giurisprudenza nazionale è stato affiancato da quello della giurisprudenza delle Corti sovranazionali.
Proprio la vicenda del matrimonio fra persone dello stesso sesso prende le mosse dal fenomeno al quale si è accennato all’inizio e approda in diverse occasioni alla Corte costituzionale.
Chiusa la porta della Corte costituzionale la vicenda è approdata alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ove si è spalancata la porta delle tutele. Qui per la scelta, ancora una volta un atto volitivo, di alcune persone che assumevano il deficit di tutela normativa interno – divieto di pubblicazioni del matrimonio - fosse lesivo delle proprie prerogative.
Dunque, ancora una volta viene rappresentato uno scenario nel quale il sistema ritiene inizialmente che il sentimento di amore che lega le persone dello stesso sesso non meritava alcuna considerazione dall’ordinamento e dunque non rendeva giustificata alcuna regolamentazione normativa. Ma il sistema non si è fermato. E con esso la coscienza sociale.
Nel caso Oliari c. Italia la Corte edu segue i suoi paradigmi e nell’affrontare il tema della violazione convenzionale del diritto al rispetto della vita familiare riconosce il deficit normativo dell’Italia in materia di unioni fra persone dello stesso sesso. E lo fa ricordando che “dall’esame di cui sopra del contesto interno emerge l’esistenza di un conflitto tra la realtà sociale dei ricorrenti che prevalentemente vivono in Italia la loro relazione apertamente, e la legislazione che non fornisce loro alcun riconoscimento ufficiale sul territorio. Secondo la Corte l’obbligo di prevedere il riconoscimento e la tutela delle unioni omosessuali, consentendo in tal modo alla legge di rispecchiare le realtà delle situazioni dei ricorrenti, non comporterebbe alcun particolare onere per lo Stato italiano di tipo legislativo, amministrativo o di altro tipo. Inoltre, tale legislazione risponderebbe a un’importante esigenza … le statistiche nazionali ufficiali indicano che, soltanto nell’Italia centrale, vi è circa un milione di omosessuali (o di bisessuali)” - cfr. sent. Oliari c. Italia, p.173 -.
Ecco emergere l’essenza della coscienza sociale, il suo ruolo, quello di chi pretende una tutela non ammessa dall’ordinamento, quello di chi, giudice sovranazionale, agganciato alla dottrina del consenso, tuttavia prende atto che i margini di discrezionalità dei singoli paesi si è andato fortemente riducendosi per effetto dei riconoscimenti operati da diverse legislazioni al fenomeno sconosciuto in ambito nazionale, nel senso di richiedere comunque una regolamentazione normativa fino a quel momento sostanzialmente inesistente e comunque incerta nell’an e nel quomodo.
Da qui la legge sulle unioni civili n.76/2016, la regolamentazione di quegli atti di amore che, ora divenuti meritevoli di tutela ed emersi nella loro dimensione sociale e non solo individuale, diventano parametri per la disciplina del fenomeno delle unioni, prendendo in considerazione il legame d’amore e dandone disciplina.
Una disciplina che, poi, diventa anche regolazione della “fine dell’amore” con il rinvio alla disciplina in tema di assegno di divorzio.
Ecco emergere, ancora una volta, la dimensione plurale dei diritti, la dimensione che affianca al diritto il dovere di amore.
Dovere (di disciplina positiva) che prende corpo allorché l’ordinamento, all’atto di disciplinare un diritto d’amore, non può tralasciare di considerare l’ipotesi che ciò che si è inteso dapprima tutelare possa un domani cessare, determinando la presa in carico da parte del legislatore di chi in quell’atto di amore aveva investito tempo, risorse e vita.
La dimensione ontica dei diritti fondamentali si coniuga a quella che, appunto, considera sottostante ai diritti fondamentali anche un’esigenza che sta oltre l’individuo, una dimensione collettiva e impersonale che l’ordinamento prende in considerazione, appunto risultando improntato al canone fondamentale della solidarietà. Se l’amore finisce, occorre che l’ordinamento si prenda cura di chi su quell’atto di amore aveva fatto affidamento, dedicando la propria esistenza alla salvaguardia dell’altro. Si tratta dell’altra faccia dell’amore e dei diritti fondamentali coinvolti: la dimensione della doverosità dei diritti fondamentali in funzione dell’obbligo di solidarietà che affonda le sue radici, anch’esso, nella dignità della persona. Quello che a più riprese Antonio Ruggeri ricorda come carattere deontico dei valori dell’uomo[12].
Tornando alle unioni civili solo due parole sulla vicenda, approdata in Corte di cassazione, relativa alla verifica della rilevanza, ai fini dell’assegno spettante al componente dell’unione debole all’atto della crisi del rapporto e della incidenza della convivenza precedente all’unione civile che non si era potuta contrarre per un deficit di tutela normativa.
Ora, l’approdo della causa alla prima sezione avrebbe consentito certo di decidere la controversia. L’esigenza di investire le Sezioni Unite con un’ordinanza articolata (Cass.n.2507/2023) dà il senso del ruolo della giurisdizione rispetto a temi estremamente delicati. Una scelta che non va vista come defatigatoria, prudente, ma al contrario come scelta consapevole di propiziare una risposta autorevole capace di porsi in una funzione nomofilattica particolarmente avvertita proprio per la delicatezza delle implicazioni nascenti dalla soluzione finale. Una scelta che è scelta, dunque, e non è “non scelta”, ma modo di alimentare la giurisdizione, aprirla al confronto partecipato non delle sole parti, ma della dottrina, del mondo dell’Avvocatura, della formazione dei giuristi tutti. Se si accede a questa prospettiva si coglie in modo forse chiaro il senso del giudicare che oggi si alimenta continuamente di un dialogo fra giudici, ed operatori del diritto che rende la risposta finale dotata di elementi sempre più ponderati e, in definitiva, persuasivi, accettabili e quindi prevedibili. In questa luce va dunque letto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite-Cass. S.U. n.35969/2023-[13].
Ma il discorso sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso non può dirsi concluso, affatto, ponendosi e permanendo la questione se le forme di tutela in atto introdotte rispecchino compiutamente la nozione di famiglia introiettata dalla coscienza sociale e se questa sia compatibile con quella scolpita in Costituzione ovvero se occorra un intervento normativo, che secondo taluni dovrebbe riguardare lo stesso art.29 Cost.[14], volto a riconoscere il “diritto al” matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Ci si avvede, così, che il mondo del diritto rispetto al tema dell’amore è in continuo movimento e non si arresta, quasi mai raggiunge mete definitive.
8. Il diritto di amarsi fino alla fine con dignità ed il “problema” del “fine vita” e del “fine cura”.
In questo farsi continuo del diritto il tema dell’amore intercetta anche la scelta “tragica” di chi decide di porre fine alla propria esistenza.
Tema sconfinato e che qui non si intende affatto esaminare se non per ribadire quanto già detto in passato[15] e cioè che di fronte a fatti di amore, anche tragici, quale può essere quello che si esprime, attraverso l’autodeterminazione, nel porre fine alla propria esistenza è più che mai necessario l’intervento del diritto per fare uscire quei fatti dalle zone grigie ed impervie del “non diritto” e dell’incertezza.
Anche in questo ambito si riscontra una quasi incredibile sovrapposizione di questioni, dubbi ed interrogativi che avevamo visto presenti sul tema delle unioni civili, quasi a disegnare un vero e proprio format, uno schema comune, che si va via via delineando per effetto di una rinnovata attenzione a fenomeni prima non adeguatamente considerati dal corpo sociale o addirittura relegati nella sfera intima -e per questo considerata non giuridica- e poi nel tempo rivalutati, anche per effetto di iniziative giudiziarie di singole persone maturate in contesti nazionali e/o sovranazionali, di prese di posizione della giurisprudenza nazionale e straniera, di interventi sempre più incisivi delle giurisdizioni costituzionali e sovranazionali- Corte di Giustizia UE, Corte europea dei diritti dell’uomo”- di nuovi spunti scientifici.
Interesse, attenzione, considerazione che finiscono poi col riproporre l’interrogativo sull’opportunità o meno di una legislazione in materia, attivando quelle riflessioni già espresse nei paragrafi precedenti in un contesto solo apparentemente diverso ed evocando, ancora una volta, il format che sta alla base di molte questioni biogiuridiche.
Questioni che assumono spesso la dimensione della tragicità, che abbiamo di recente vissuto, forse senza coglierne la lezione, nell’esperienza pandemica e che, ancora una volta, attivano il rapporto fra amore e diritto. Il pensiero corre immediatamente alle scelte dei sanitari che, al picco della pandemia, furono chiamati a “scegliere” le priorità da riservare ai malati che facevano ricorso alle cure mediche[16].
Ci si accorge, così, quanto i temi qui accennati siano tutti tra loro avvinti anche ad altre non meno dolorose questioni biogiuridiche, emerse a proposito della scelta, anch’essa tragica, dei sanitari di interrompere le cure per soggetti ritenuti ormai “incurabili” e rispetto ai quali la prosecuzione delle terapie si tramuterebbe in indebito accanimento terapeutico. Quanto, al fondo di quali questioni, il tema dell’amore alimenta i diversi centri di interessi, gli affetti, del malato, dei familiari e degli stessi sanitari e quanto “il diritto” ha il “dovere” di intervenire?[17]
9. Il ruolo della giurisdizione. Il camminare della giurisprudenza (verso l’amore).
Vengo ora alle conclusioni del mio intervento con una riflessione suscitata da una pronunzia delle Sezioni Unite che trovo centrale per la rappresentazione del giudicare al quale sento di ispirarmi, per quel che vale.
Mi riferisco alla sentenza delle S.U. civili sul tema della trascrizione dell’atto di nascita redatto all’estero tra minore venuto al mondo con la tecnica della maternità surrogata e genitore d’intenzione.
Cass., S.U., n.38162/2022, con una decisione di sistema ispirata ad un’ottica di ragionevolezza e di equilibrio, ripercorrendo tutte le più recenti tappe della giurisprudenza interna espressa nello stesso caso, confermandole ed integrandole (Sezioni Unite del 2019 n. 12193; Corte costituzionale n. 33 del 2021 e la successiva n. 79 del 2022, ordinanza di rimessione della prima sezione civile della Corte di Cassazione n. 1842 del 2022), ha riportato ad unità e coerenza il dialogo tra le Corti interne e la Corte di Strasburgo sul delicato tema della maternità surrogata.
Vi sono infatti dei passaggi a mio avviso fondamentali per dimostrare quale sia oggi il ruolo del giudice e quanto sia avvertita la delicatezza del giudicare.
Cass.S.U. n. 38162/2022 è senza dubbio paradigmatica, giunta al termine (almeno per ora) dei percorsi di avvicinamento alla soluzione di un caso di richiesta di riconoscimento di atto di nascita compiuto all’esterno da una coppia che aveva generato i figli con un contratto di maternità surrogata.
Sono già i passaggi che la vicenda ha avuto (due volte rinviata dalla prima sezione alle Sezioni Unite della Cassazione, una volta rimessa alla Corte costituzionale che dichiarò l’inammissibilità della questione, evocando la giurisprudenza della Corte edu ed il parere reso in sede di richiesta ai sensi del Protocollo n.16) ad offrire uno spaccato, in tutta la sua complessità, di ciò che è oggi il diritto che si pratica nelle Corti.
Un diritto sempre più plurale per il numero di giudici che sono coinvolti nella decisione, giudici remittenti, (giudici di merito, sezioni semplici e Sezioni unite della Cassazione, Corte costituzionale, Corte edu, Corte di giustizia UE) e plurale per i nodi da sciogliere che involgono gli stessi diritti, ma con protezione e tecniche di tutela e risoluzione delle antinomie essi stessi plurali.
Ora, al di là della rilevanza del caso di specie, pur delicato perché eticamente sensibile, preme qui sottolineare alcuni passaggi motivazionali della decisione che mostrano come la giurisprudenza sia davvero in cammino nella sua quotidiana ricerca della soluzione più giusta e adeguata al caso.
La soluzione maturata dalle Sezioni unite, di chiusura alla trascrivibilità dell’atto straniero per contrasto con l’ordine pubblico internazionale è al contempo, al contempo, di apertura verso forme di tutela del superiore interesse del minore che muovono, a loro volta, dall’ispessimento delle ipotesi di adozione legittimante (artt. 44, lett. d) l.n.184/1983).
La soluzione che le Sezioni Unite, per ben due volte, ritengono idonea allo stato, a salvaguardare le esigenze di tutela del rapporto/relazione familiare con il genitore d’intenzione è frutto di un cammino- originato prima dalle Corti di merito e poi confermato dalla Cassazione e dalla Corte costituzionale (Cass., Sez. I, 22/06/2016, n. 12962, Corte cost. n.272/2017) - giunto alla conclusione che nemmeno il giudice costituzionale avrebbe potuto colmare la lacuna rispetto alla necessità di regolare per legge la relazione minore genitore d’intenzione che ha mantenuto una relazione familiare e che, allo stato, è priva di piena tutela, come ha pure riconosciuto la Corte costituzionale.
I passaggi motivazionali sembrano dunque dimostrativi di cosa sia, oggi, il diritto.
Da un lato, infatti, le S.U. chiariscono che, di fronte al monito al legislatore indirizzato dalla Corte costituzionale (Corte cost.n.33/2021) e rimasto inascoltato,
Nell'attesa dell'intervento, sempre possibile ed auspicabile, del legislatore, il giudice, trovandosi a dover decidere una questione relativa allo status del figlio di una coppia omoaffettiva, non può lasciare i diritti del bambino indefinitamente sospesi, ma deve ricercare nel complessivo sistema normativo l'interpretazione idonea ad assicurare, nel caso concreto, la protezione dei beni costituzionali implicati, tenendo conto delle indicazioni ricavabili dalla citata sentenza della Corte costituzionale.
Qui c’è buona parte della lezione grossiana sull’invenzione del diritto, nel senso di ricerca, di scavo[18].Uno scavo che incontra tuttavia dei limiti. Infatti, proseguono le S.U.
Anche quando non si trova al cospetto di un enunciato normativo concepito come regola a fattispecie, ma è investito del compito di concretizzare la portata di una clausola generale come l'ordine pubblico internazionale, che rappresenta il canale attraverso cui l'ordinamento si confronta con la pluralità degli ordinamenti salvaguardando la propria coerenza interna, o di un principio, come il migliore interesse del minore, in cui si esprime un valore fondativo dell'ordinamento, il giudice non detta né introduce una nuova previsione normativa. La valutazione in sede interpretativa non può spingersi sino alla elaborazione di una norma nuova con l'assunzione di un ruolo sostitutivo del legislatore. La giurisprudenza non è fonte del diritto. Soprattutto in presenza di questioni, come quella oggetto del presente giudizio, controverse ed eticamente sensibili, che finiscono con l'investire il significato della genitorialità, al giudice è richiesto un atteggiamento di attenzione particolare nei confronti della complessità dell'esperienza e della connessione tra questa e il sistema. Si tratta di temi, infatti, in rapporto ai quali lo stesso diritto di famiglia, nel mentre riflette, come uno specchio, lo stato dell'evoluzione delle relazioni familiari nel contesto sociale, tuttavia non può prescindere dal sistema, affidato anche alle cure del legislatore. Ciò vale soprattutto in una vicenda, come l'attuale, nella quale si profila un ambito di discrezionalità del legislatore che la Corte costituzionale ha inteso preservare, indicando un percorso di collaborazione istituzionale nel quadro di un bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso alla maternità surrogata e l'imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori.
Non si fermano a queste argomentazioni i giudici di legittimità ed anzi aggiungono che questo approccio è dovuto a fattori centrali che vengono così enucleati
Il rispetto del pluralismo e dell'equilibrio tra i poteri, profilo centrale della democrazia, perché la ricerca dell'effettività deve seguire precise strade compatibili con il principio di leale collaborazione e con il dialogo istituzionale che la Corte costituzionale ha avviato con il legislatore. La presa d'atto che talora la ricerca dell'effettività richiede un camminare in direzione di una meta non ancora completamente a portata di mano, perché la gradualità concorre a far assorbire il cambiamento e le novità nel sistema, con la giurisprudenza che accompagna ed asseconda l'evoluzione che si realizza nel costume e nella coscienza sociale. La coerenza degli orientamenti giurisprudenziali, giacché le nuove frontiere dell'interpretazione che aspirino a offrire stabilità e certezza non conseguono a bruschi cambiamenti di rotta, ma sono il frutto di un progredire nel dialogo con i precedenti, con le altre Corti e con la cultura giuridica. Non c'è spazio, in altri termini, né per una penetrazione diretta - attraverso la ricerca di un bilanciamento diverso da quello già operato dal Giudice delle leggi - di quell'ambito di discrezionalità legislativa che la Corte costituzionale ha inteso far salvo, né per una messa in discussione del punto di equilibrio da essa indicato.
In definitiva, la portata sistematica di tale pronuncia è enorme.
Essa dimostra, per l’un verso, come la nomofilachia si nutra del concentrico sforzo ermeneutico di tutte le Corti coinvolte, tanto nazionali che sovranazionali[19].
Senza l’ordinanza interlocutoria della prima sezione civile, che in modo assolutamente rituale ha espresso dubbi in ordine alla ricostruzione precedentemente avallata dalle stesse Sezioni Unite richiamando anche la giurisprudenza convenzionale, non si sarebbe attivato l’ulteriore dialogo con la Sezioni Unite di fine 2022.
Per altro verso, le S.U. sono ben consapevoli del “limite” oltre il quale la forza coerenziatrice del diritto non può spingersi, ricordando che la giurisprudenza “non è fonte del diritto”.
Un limite che, tuttavia, le stesse Sezioni unite vedono come mobile, non fisso, destinato ad essere continuamente rivisto in relazione al contesto, al dibattito dottrinario, alle risposte del legislatore. In quelle rime di Cass.S.U. n.38162/2022 si scorge un condensato di principi di struttura del sistema di protezione dei diritti che nessun operatore del diritto consapevole della complessità del nostro tempo dovrebbe tralasciare.
Uno scrigno[20] nel quale l’operatore del diritto avveduto può fare proprie le ragioni dell’essere, egli stesso, costruttoredel diritto se coerentemente inserito nel sistema, con il proprio ruolo e con la ricchezza che esso assume rispetto alla infinita diversità dei casi. Uno scrigno nel quale campeggiano anche, il metavalore dell’effettività, sul quale tante pagine importanti sono state scritte da Cesare Massimo Bianca[21] e Nicolò Lipari[22].
Gli operatori giudiziari che operano con l’occhio attento alla coscienza sociale[23], dando respiro e vita all’art.2 Cost. e che contribuiscono a rendere viva e attuale la tutela dei diritti, ciascuno nel proprio ruolo esercitano, dunque, il loro mestiere con fedeltà piena, assoluta ed incondizionata alla Costituzione, purché abbiano ben chiaro la responsabilità che da quel ruolo consegue, di pari ampiezza a quella che connota i tratti del giudicare. E sono dunque protagonisti di quel camminare e progredire al quale le S.U. accennano, affidando il testimone a tutte le persone d’amore qui rappresentate da chi ha avuto la pazienza di ascoltare.
Mettere a frutto anche sul tema del quale si è qui provato a discutere i principi sopra ricordati costituisce, forse, la sfida degli anni a venire, nella quale ciascuno sarà chiamato a scrivere qualche pagina del diritto “con amore”, in esso ritrovando l’essenza stessa della pace[24]. E gli interventi, lucidi e appassionati che questo Convengo ha suscitato costituisce la migliore dimostrazione di quanto la strada sul cammino in tema di diritto ed amore già tracciata dai Maestri qui ricordati richiederà la costruzione di nuovi ponti, solidi perché poggiati sulle fondamenta che i pionieri hanno silenziosamente realizzato.
[1] S. Rodotà, op.cit., 92, giustamente osserva che “L’amore e le sue definizioni costituiscono da sempre un gigantesco corpus, infinitamente costruito dalle riflessioni più diverse”
[2] F. Gazzoni, Amore e diritto ovverosia i diritti dell’amore, Napoli, 1994, 3. Per una panoramica essenziale sul tema sono fondamentali gli scritti di S.Rodotà, Diritto d’amore, Roma, 2015; A. Falzea, Fatto di sentimento, in Voci di teoria generale del diritto, Milano, 1985, 539; P. Spaziani, Diritto e sentimento: le ragioni di un ritorno al principio di effettività, in Giustiziainsieme, 6 maggio 2020. È d’altra parte intrisa d’amore profondo per il ruolo del diritto nelle relazioni di sentimento l’intera opera scientifica di Cesare Massimo Bianca, oggi testimoniata e vivificata dall’intervento a questo stesso Convegno della Prof.ssa Mirzia Bianca.
[3] Sul punto, diffusamente, P. Spaziani, cit.
[4] S. Rodotà, Diritto d’amore, cit., 76.
[5] S. Rodotà, op.cit., 103.
[6] Tema, quest’ultimo a me assai caro sul quale tornerò a dire qualcosa nel prosieguo, quest’ultimo involgendo quello delle relazioni parentali che si inseriscono nella relazione di cura per espressa previsione normativa. Basti pensare al comma 2 dell’art.1 della l.n.219/2017 “. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo”, al comma 5 dello stesso art.1, l.cit. “Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.
[7] Sulla vicenda v. ora G. Luccioli, Dignità della persona e fine della vita, Bari, 2022 e, volendo, la recensione al saggio di R. Conti, Giustiziainsieme, 17 settembre 2022.
[8] V., sul punto, R. Conti, La convenzione europea dei diritti dell'uomo, Roma, 2011, 196.
[9] L. Ferrajoli, Costituzionalismo principialista e costituzionalismo garantista, in Giur. Cost., 2010, 3, 2771 ss. Per un’efficace critica al pensiero dell’insigne studioso v. G. Pino, Principi, ponderazione, e la separazione tra diritto e morale. Sul neocostituzionalismo e i suoi critici, in Giur.cost., 2011,965 ss.
[10] Compito di delicatezza e portata micidiale, quello riservato all’interprete e che sembra essere ben disvelato da una recente pronunzia delle Sezioni Unite civili, ove si è affermato che “l'interpretazione della legge…ha ad oggetto non norme fatte e definite, ma enunciati linguistici - quelli che costituiscono le disposizioni legislative - di cui il giudice deve cogliere il significato non solo attraverso il ricorso alle regole semantiche del linguaggio comune e di quello giuridico, ma anche in rapporto a tutte le norme del sistema nel quale le singole disposizioni si collocano e con le quali interferiscono (a partire dalle norme costituzionali e dai principi generali dell'ordinamento giuridico). Tale complessa attività ermeneutica chiama il giudice ad una ponderazione dei valori sottesi alle norme giuridiche da applicare e degli scopi perseguiti dal legislatore: il giudice, nell'interpretazione della legge, deve determinarne il significato ponderando i valori, segnatamente quelli costituzionali, immanenti nell'ordinamento.” - cfr.Cass.S.U. n.8906/2020-.
[11] V. Cass. S.U. 9 dicembre 2015, n.24822, Cass. 28 aprile 2015 n.8605, Cass., S.U. 21 dicembre 2018 n.33208, Cass., S.U., 12 giugno 2019, n. 15750, Cass.S.U.19888/2019, Cass. S.U. n.20404/2019, Cass.n.9147/2020, Cass.n.8325/2020.
[12] A. Ruggeri, Appunti per uno studio sulla dignità dell’uomo, secondo diritto costituzionale, in Riv.AIC,15 dicembre 2010, par.2.
[13] V., volendo, R. Conti, La funzione nomofilattica delle Sezioni Unite civili vista dall’interno (con uno sguardo all’esterno), in Giustiziainsieme, 11 gennaio 2024.
[14] A. Ruggeri, La spinosa questione dello status dei figli di coppie omosessuali: profili di metodo e di teoria costituzionale, in Itinerari di una ricerca sul sistema delle fonti, XXVI. Studi dell’anno 2023, Torino, 2024, 124.
[15] V., volendo, R. Conti, Il cammino incerto del diritto sul fine vita, Giustiziainsieme, 15 aprile 2023. E prima ancora in R. G. Conti, Scelte di vita e di morte. Il giudice è garante della dignità?, Roma, 2019.
[16] V., volendo, Tragic choices, 42 anni dopo. Philip Bobbitt riflette sulla pandemia. Intervista di R. Conti, Giustiziainsieme, 17 maggio 2020 e in particolare le conclusioni all’intervista. V., ancora, Scelte tragiche e Covid 19, Intervista a Luigi Ferrajoli, Antonio Ruggeri, Luciano Eusebi e Giorgio Trizzino, Giustiziainsieme, 24 marzo 2020.
[17] Sui temi da ultimo accennati si è provato a riflettere, a proposito dell’art.2 l.n.219/2017, in R. Conti, Scelte di vita o di morte. Il giudice è garante della dignità? cit., 83,100.
[18] P.Grossi, L’invenzione del diritto, Roma-Bari, 2017, 82 e 115; P. Grossi, Prefazione a Il mestiere del giudice, a cura di R. G. Conti, Padova, 2020, XVI: “Il vecchio giudice, condannato ad essere ‘bocca della legge’ dai riduzionismi strategici degli illuministi (dapprima) e dei giacobini (successivamente), non può che togliersi volentieri di dosso la veste opprimente dell’esegeta, ormai del tutto inadatta, e indossare quella dell’interprete, dell’inventore, intendendo la sua operazione intellettuale irriducibile in deduzioni di semplice natura logica (come in una celebre pagina di Beccaria) e concretizzabile piuttosto in una ricerca, in un reperimento, con le conseguenti decifrazione e registrazione. Quello che mi sentirei, invece, di rifiutare, decisamente perché fonte di più che probabili malintesi, è il sintagma ‘creazione giurisprudenziale’, che usa Pastore (pp. 240 e 241) nel suo – peraltro, meditatissimo e condivisibile – intervento. Infatti, è proprio di ‘creazione ‘ e di ‘creazionismo’ che parlano gli adepti del legalismo statalistico stracciandosi le vesti di fronte a un ruolo, innaturale perché para-legislativo, conferito (almeno secondo loro) ai giudici dalla riflessione ermeneutica. Insisterei, come ho fatto anche di recente, su un ruolo inventivo, marcando bene che si fa esclusivo riferimento alla inventio dei latini consistente appunto in un ‘cercare per trovare’.
[19] R. Conti, Chi ha paura del Protocollo n.16 … e perché?, in Sistemapenale, 27 dicembre 2019.
[20] M. Bianca, Le Sezioni Unite e i figli nati da maternità surrogata: una decisione di sistema. Ancora qualche riflessione sul principio di effettività nel diritto di famiglia, Giustiziainsieme, 6 febbraio 2023.
[21] C. M. Bianca, Ex Facto oritur jus, in Riv.dir.civ. n.6/1995, 796.
[22] N. Lipari, Il diritto civile tra legge e giudizio, Milano, 2017. V., volendo, le riflessioni espresse sul saggio in R. Conti, Leggendo l’ultimo Lipari, Questionegiustizia, 11 novembre 2017.
[23] Cass. 8713/2015, Cass.n.7981/2014, Cass.S.U. n.6059/2019, Cass.n.10423/2019, Cass.n.23320/2021 Cass.S.U. n.3572/2022, cfr. SU n. 24413 del 2021, n. 27341 del 2014, Cass.n.32212/2022. V. pure Cass.n.15002/2019, secondo cui “la giusta causa di licenziamento è una nozione di legge che si viene ad inscrivere in un ambito di disposizioni caratterizzate dalla presenza di elementi "normativi" e di clausole generali (Generalklause) - correttezza (art. 1175 c.c.); obbligo di fedeltà, lealtà, buona fede (art. 1375 c.c.); giusta causa, appunto (art. 2119 c.c.) - il cui contenuto, elastico ed indeterminato, richiede, nel momento giudiziale e sullo sfondo di quella che è stata definita la "spirale ermeneutica" (tra fatto e diritto), di essere integrato, colmato, sia sul piano della quaestio facti che della quaestio iuris, attraverso il contributo dell'interprete, mediante valutazioni e giudizi di valore desumibili dalla coscienza sociale o dal costume o dall'ordinamento giuridico o da regole proprie di determinate cerchie sociali o di particolari discipline o arti o professioni, alla cui stregua poter adeguatamente individuare e delibare altresì le circostanze più concludenti e più pertinenti rispetto a quelle regole, a quelle valutazioni, a quei giudizi di valore, e tali non solo da contribuire, mediante la loro sussunzione, alla prospettazione e configurabilità della tota res (realtà fattuale e regulae iuris), ma da consentire inoltre al giudice di pervenire, sulla scorta di detta complessa realtà, alla soluzione più conforme al diritto, oltre che più ragionevole e consona. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura di norma giuridica, come in più occasioni sottolineato da questa Corte, e la disapplicazione delle stesse è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge. Pertanto, l'accertamento della ricorrenza, in concreto, nella fattispecie dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, è sindacabile nel giudizio di legittimità, a condizione che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli "standards" conformi ai valori dell'ordinamento esistenti nella realtà sociale (Cass. n. 25044/15; Cass. n. 8367/2014; Cass. n. 5095/11). E ciò, in quanto, il giudizio di legittimità deve estendersi pienamente, e non solo per i profili riguardanti la logicità e la completezza della motivazione, al modo in cui il giudice di merito abbia in concreto applicato una clausola generale, perché nel farlo compie, appunto, un'attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma, dando concretezza a quella parte mobile della stessa che il legislatore ha introdotto per consentire l'adeguamento ai mutamenti del contesto storico-sociale (Cass., S.U., n. 2572/2012).
[24] A. Ruggeri, Verità religiose e verità costituzionali a confronto: il profondo significato per la teoria giuridica di talune sostanziali convergenze, in Itinerari di una ricerca sul sistema delle fonti, XXVI. Studi dell’anno 2023, Torino, 2024, 366.
(Immagine: Guy Le Querrec, Budapest, Thursday 1st May, 1980, cm 30 x 40. ©Magnum Photos, Paris,fonte)