Sommario: 1. Una premessa sul senso dell’esperienza di componente delle Sezioni Unite civili. - 2. Il “giudicare” ed il “cooperare” delle Sezioni Unite. - 3. Chiarezza e concisione nelle sentenze delle Sezioni Unite. - 4. Qualche conclusione (in movimento).
1. Una premessa sul senso dell’esperienza di componente delle Sezioni Unite civili.
Per affrontare il tema indicato nel titolo vorrei muovere da una domanda: l’interpretazione di una sentenza va operata considerandola come una legge o ha natura negoziale?
Si tratta di una questione assai delicata, come dimostra il dubbio più volte emerso in sede di esame dei ricorsi proposti in sede di legittimità contro le sentenze del giudice di merito al fine di individuare il parametro normativo esatto per consentirne il sindacato. Problema affrontato da diversi precedenti ed oggetto di diverse interpretazioni e, alla fine, posto all’esame delle Sezioni Unite civili.
Cass. S.U. n.11501/2008 ha quindi ritenuto che ai fini dell'interpretazione di provvedimenti giurisdizionali si debba fare applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici prescritti dagli artt.12 e seguenti disp. prel. cod. civ., in ragione dell'assimilabilità per natura ed effetti agli atti normativi, secondo l'esegesi delle norme (e non già degli atti e dei negozi giuridici), in quanto dotati di "vis imperativa" e indisponibilità per le parti; ne consegue che la predetta interpretazione si risolve nella ricerca del significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore. Pertanto, "la vis normativa del provvedimento giurisdizionale comporta che la correlativa esegesi debba essere coerentemente operata alla stregua della interpretazione delle norme e non di quella degli atti e dei negozi giuridici-cfr.Cass.S.U. nn. 13916/2006 e 24664/07-.
Orbene, sembra importante muovere da questo incipit per tratteggiare il ruolo nomofilattico delle Sezioni unite della Corte di Cassazione[1], in quanto la ricordata soluzione al dubbio iniziale, che dunque parifica la sentenza alla legge quanto ai parametri da utilizzare per interpretarla non risolve, ma lascia inesplorato l’ulteriore quesito in ordine a cosa sia la legge (e dunque la sentenza). Ci si interroga infatti da tempo se la legge si limiti a prescrivere una regola di condotta, che dunque non è né vera né falsa, ovvero abbia una valenza ulteriore e complessa- o come si dice, a volte, creativa- nella quale la regola astratta non è l’unico elemento che consente di descrivere il fenomeno regolato, occorrendo anche ulteriori elementi fra i quali, appunto, l’interpretazione di chi applica la legge facendola diventare norma del caso concreto[2]. Questione che arriva a lambire il tema spinoso della giurisprudenza come fonte del diritto, avendo le Sezioni Unite - Cass. S.U. n.38162/2022 - di recente offerto talune importanti considerazioni sulle quali si avrà modo di tornare nel prosieguo.
Già qui è comunque evidente che il tema del ruolo dell’interpretazione della legge costituisce il classico campo di battaglia nel quale si scontrano e si incontrano nella dottrina, nell’avvocatura e fra gli stessi magistrati diverse, anzi diversissime opinioni.
Queste ultime convergono unicamente su un dato e cioè quello di riconoscere l’ampliamento del diritto vivente, a volte descrivendosi questo fenomeno come sovversivo, eversivo o egemone rispetto al diritto scritto, soprattutto quando i canoni ermeneutici si discostano dal testo della disposizione e così valicandolo pericolosamente in nome di principi o valori dell’uomo e così spingendosi verso un’innaturale attività definita creativa del diritto[3]. Visione alla quale si contrappone una diversa prospettiva che vede nell’attuale sistema l’edificazione di una commendevole attività coerenziatrice e di collegamento della disposizione astratta al caso che ne sollecita l’applicazione e che dunque grazie al caso diventa norma effettiva[4], vivente appunto.
Insomma, questioni che fanno tremare i polsi e che quando giungono al cospetto delle Sezioni Unite assumono ancora di più rilevanza, rispetto alla complessità che emerge sovente.
Ci si è così lentamente avvicinati al cuore dell’esperienza di componente delle Sezioni Unite civili per delinearne i caratteri peculiari che sembrano giustificare un approccio particolare al tema del linguaggio e della chiarezza della giurisprudenza e degli atti difensivi che il convegno ha inteso approfondire.
2.Il “giudicare” ed il “cooperare” delle Sezioni Unite.
Si proverà dunque a spiegare il “perché” del carattere sui generis del ruolo delle Sezioni Unite attingendo per lo più alla carne dell’esperienza vissuta e dunque alle camere di consiglio sempre calibrate su un preliminare approccio preparatorio, volto in sede di “precamera” di consiglio ad inquadrare le questioni da parte di tutti i componenti in modo da focalizzare quelle più “complesse”, per le quali spesso si prende tempo perché, suol dirsi, …la notte porta consiglio… oppure ci pensiamo stanotte… ci ragioniamo su. Si giunge così all’udienza pubblica, quando c’è, che fa da preludio alla decisione finale sulla questione ormai metabolizzata e digerita grazie alle difese degli avvocati e alle conclusioni del Procuratore generale.
Un farsi della decisione delle Sezioni Unite assolutamente straordinario per un giudice abituato nel merito a decidere, in generale, “da solo” o in composizione collegiale (a tre), poi riconvertito al giudizio di legittimità con obbligatoria composizione a cinque – salvo l’istituto, di recente fattura, delle c.d. PDA[5]- e, invece, catapultato all’interno di un’esperienza davvero singolare.
Singolarità che comincia già dal luogo in cui maturano le decisioni delle Sezioni Unite.
L’Aula magna della Corte ex se incute sentimenti difficili da descrivere ma che certamente provocano un fascio di reazioni emotive in ragione del rispetto del luogo, della sua maestosità, dell’idea che sulle e nelle gigantesche poltrone delle Sezioni Unite sedettero colleghe e colleghi che “vivono” nelle massime redatte dall’Ufficio del Ruolo e del Massimario e nelle decisioni destinate a diventare “diritto vivente”[6]. Là dove il vivente non sta solo a marcare il dichiarato fine di comporre i contrasti o di delineare un principio che si offre alla comunità dei giuristi per fare chiarezza in modo più o meno definitivo sul tema giunto all’esame delle S.U. e che abbisogna di qualcosa in più rispetto al diritto scritto per porsi come regola attiva nei rapporti fra viventi. Ed è, per l’appunto, vivente perché respira attraverso la motivazione non è lapidario e marmoreo e nemmeno granitico, arrivando alla fine di un percorso spesso tortuoso, complesso, ambiguo, incerto, controverso. Niente di diverso, a ben considerare da chi ciò è persona viva, vivente.
L’essere parte o co-parte di quell’organo produce, dunque sentimenti tipicamente umani al contempo di “grandezza e di piccolezza” quando si prende consapevolezza di essere investito di una funzionalmente destinata a “fare” il diritto, per quel piccolo granello di sabbia che nel tempo ogni componente rappresenta quando accende il microfono ed espone le sue ragioni.
Si vuole qui rappresentare l’aspetto più umano del giudizio svolto dalle Sezioni Unite e così le emozioni, le paure, la rabbia, a volte, ma anche la serenità che si prova quando si prende parte alla discussione e si ascolta il “giudizio” degli altri con l’umana speranza di avere proposto “il vero”[7] – id est la soluzione più coerente, ragionevole, proporzionata, adeguata al quadro delle norme e dei valori che essa stessa è tenuta a rispettare - e di avere convinto gli altri componenti che si trasforma in ( sana) preoccupazione quando si ascoltano le opinioni concorrenti, alternative, dissenzienti in tutto o in parte.
Un’esperienza fatta anch’essa di linguaggio comunicativo, di rappresentazione delle “ragioni” che inducono verso una certa soluzione, dell’interpretazione che si propone degli argomenti espressi, di sussunzioni della vicenda nella legge e nel diritto (vivente e scritto) fatte e rifatte, con tutta la complessità che queste operazioni recano con sé.
Dunque, in sintesi, un plus di condivisioni ma anche (a volte) di contrapposizioni che il Primo presidente ed i più illuminati nelle camere di consiglio – e fra questi nella esperienza particolare e personale di chi scrive ha occupato un posto centrale la figura umana e professionale di Alberto Giusti - si adoperano per appianare, nei limiti del possibile, le tesi differenti, per trovare un ragionevole accomodamento, con un occhio attento alla coerenza della decisione con il sistema generale oltre che alla vicenda concreta ed agli indirizzi giurisprudenziali già sedimentati. Un appianamento che, a volte, non si avverte poiché vi è convergenza delle opinioni, ma altre si impone come necessario ed altre volte non si riesce a raggiungere.
Ora, il confronto a nove - spesso ancora più arricchito dalla presenza di consiglieri giovani che compongono i collegi solo per le loro cause - è qualcosa di assolutamente singolare nell’esperienza di un giudice.
Un’esperienza al tempo stesso esaltante e logorante quando, ed a chi scrive è capitato – si propone una soluzione diversa da quella poi raggiunta dalla maggioranza che, a volte, con gli esiti della votazione lascia in sonora minoranza e altre volte si ferma a quel cinque a quattro che dovrebbe abbattere anche i più resilienti.
Ecco, la “soccombenza” rispetto all’esito approvato dalla maggioranza rappresenta una delle esperienze più uniche e al contempo più arricchenti e formative, soprattutto per chi- come lo scrivente- mai ha inteso avvalersi della possibilità di chiedere la sostituzione nella redazione della sentenza-art.276, ult. comma, c.p.c.-, in essa cogliendo l’essenza del giudicare di chi compone il collegio delle Sezioni Unite, un’esperienza di servizio alla nomofilachia, capace di mettersi al servizio del sistema nel modo migliore (ma pur sempre umano) possibile[8].
Ed è qui che occorre riportare l’analisi al tema di questa sessione, al linguaggio della sentenza delle Sezioni Unite proprio quando il relatore avrebbe, se fosse stato persuasivo agli occhi della maggioranza, utilizzato argomenti capaci di sostenere la tesi offerta al collegio e poi prevalsa. Il difficile, ma il bello, viene quando si è chiamati a redigere una motivazione coerente con la decisione della maggioranza e con l’interpretazione della norma prevalsa in base agli argomenti espressi, ma che risulta distonica con gli (altri) argomenti che si sarebbero utilizzati se a prevalere fosse stata la soluzione non condivisa dalla maggioranza.
Questo conflitto interno mette in discussione, spersonalizza ma al contempo impone di mettere in campo le migliori energie per rappresentare la volontà del Collegio che è una (e unica), anche se ha preso corpo attraverso il confronto del quale si è detto sopra[9]. E qui che emerge, forse in maniera più marcata che in qualunque altra decisione collegiale diversa da quelle adottate dalle Sezioni Unite della Corte, la necessità che le motivazioni siano assolutamente coerenti ed adamantine rispetto alla soluzione adottata, lineari e non suicide o incerte o rivolte a “far capire” all’esterno che il relatore, in realtà, non era d’accordo con la soluzione adottata.
Dunque, è in questi casi che si misura forse ai massimi livelli la forza nomofilattica di una decisione delle Sezioni Unite.
Ora tutto questo credo sia parte del ruolo nomofilattico delle Sezioni Unite.
Pensare che la decisione di un conflitto o di una questione di massima di particolare importanza sia anche questo può forse aiutare gli operatori del diritto a mettere al posto giusto la funzione delle Sezioni Unite, prendendo a prestito una suggestione dell’ultimo saggio di Massimo Luciani[10]. Aiuta a rendere evidente che in tutto questa costruzione della decisione finale la tela che si può tentare di dipingere sia composta da tratti di razionalità ed al contempo di umanità che non perdono tuttavia di vista il contesto nel quale maturano le decisioni, le esperienze culturali e professionali plurime che animano i collegi delle sezioni unite, non a caso composti ogni volta da Presidenti di sezione e componenti provenienti dalle diverse sezioni della Corte- e dunque portatori i saperi ed esperienze professionali diverse -, le sempre continue (e proficue) contaminazioni provenienti dalle giurisprudenze delle Corti sovranazionali. Una composizione che, ancora una volta, è dimostrazione plastica di quanto complesso sia il diritto e di quanto il diritto vivente non possa essere in alcun modo classificato con formule matematiche.
Una prospettiva che, dunque vivifica e rende onore, in definitiva, a quel che Massimo Fioravanti ha individuato come tratto distintivo dello Stato costituzionale, appunto la “pari dignità costituzionale” di legislazione e giurisdizione, in questo contesto rappresentata dalle Sezioni Unite[11].
2.Chiarezza e sinteticità nelle sentenze delle Sezioni Unite.
Torniamo ora alla prospettiva più tecnica.
La pronunzia delle Sezioni Unite diventa il crocevia della soluzione dei contrasti fra diversi orientamenti giurisprudenziali o dell’esame di questioni di massima di particolare importanza prima ancora che giungano all’esame della sezione semplice - come è accaduto di recente per le note vicende dei provvedimenti resi dalla Giudice del Tribunale di Catania in materia migratoria-.
Intervento che, d’altra parte, è ancora necessitato per le ipotesi in cui le Sezioni Unite abbiano già affrontato la questione tornata all’esame di una sezione semplice che ritenga di non condividere la soluzione espressa dalle Sezioni Unite e che, non potendo da questa discostarsi sollecita un nuovo intervento del medesimo organo (art.374, comma 3, c.p.c.).
Per altro verso, l’intervento nomofilattico può derivare dal rinvio pregiudiziale del giudice di merito alla Corte di cassazione (art.363 bis c.p.c.) per questioni esclusivamente di diritto necessarie alla definizione anche parziale del giudizio, non ancora risolte dalla Corte di cassazione, suscettibili di porsi in numerosi giudizi e caratterizzate da gravi difficoltà interpretative. Anche in questi casi, la decisione del rinvio pregiudiziale può essere assegnata all’esame delle Sezioni Unite, vuoi perché presenta aspetti di particolare rilevanza, vuoi perché attiene a questioni che involgono il tema del riparto delle giurisdizioni[12], suscitando un intervento che vede la Corte custode dell’interpretazione più che della legalità della decisione del giudice di merito. Decisione che non è nel caso di specie “impugnata” innanzi alla Corte, ma è essa stessa richiesta di intervento del giudice di legittimità[13].
Per riassumere, la fonte di innesco della decisione delle Sezioni Unite è generalmente rappresentata da un’ordinanza interlocutoria della sezione semplice, o appunto, dalla richiesta di rinvio pregiudiziale del giudice di merito.
In entrambe le occasioni le Sezioni Unite hanno il campo già tracciato, perché la sezione semplice fissa il contorno della questione, ne evidenzia la rilevanza o i contrasti giurisprudenziali esistenti, a volte rimanendo esterna al contrasto stesso, altre rappresentando le ragioni che sembrerebbero orientare verso l’una ipotesi o l’altra.
E se i contenuti dell’ordinanza interlocutoria di una sezione semplice non sono in alcun modo fissati dal codice, più stringenti sembrano essere le regole per il giudice di merito che si rivolge alla Corte di cassazione con la richiesta di rinvio pregiudiziale dovendo rappresentare, fra l’altro, con “specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili”.
In tutti questi casi l’attività delle Sezioni Unite prosegue un percorso già iniziato da precedenti pronunzie giurisdizionali, alcune di natura decisoria, altre di natura interlocutoria, che comunque rappresentano l’ineludibile punto di partenza di un “farsi” progressivo che dà ancora oggi il senso della unità della giurisdizione.
Ecco dunque disvelarsi le caratteristiche della nomofilachia dalle stesse parole delle Sezioni Unite- Cass. S.U. n.24414/2021-:
La nomofilachia delle Sezioni Unite è un farsi, un divenire che si avvale dell'apporto dei giudici del merito e delle riflessioni del Collegio della Sezione rimettente, dell'opera di studio e di ricerca del Massimario, degli approfondimenti scientifici e culturali offerti dagli incontri di studio organizzati dalla Formazione decentrata presso la Corte, delle sollecitazioni e degli stimoli, espressione di ius litigatoris, derivanti dalle difese delle parti e del contributo, ispirato alla salvaguardia del pubblico interesse attraverso il prisma dello ius constitutionis, del pubblico ministero. Le Sezioni Unite sono dunque inserite in un contesto di confronto, di dialogo e di contraddittorio tra le parti, che consente alla Corte di legittimità di svolgere il suo ruolo con quella prudenza "mite" che rappresenta un connotato del mestiere del giudice.
Si delinea, così, in modo plastico quella che a buon titolo è definita l’arte del giudicare[14], il ruolo interpretativo svolto dalle Sezioni Unite, i cancelli nei quali esse si muovono, il prima della decisione che fa da preludio ad un poi, nel quale la sentenza che decide la questione entra nel circolo o circuito della comunità interpretativa composta dalla scienza giuridica e dai giudici di merito e viene poi testata, commentata, criticata, lodata, avversata, presa a modello del buon giudicare o del cattivo – o creativo, per alcuni - giudicare.
Ciò aiuta a comprendere il ruolo centrale degli organi giurisdizionali che attivano il rinvio alle Sezioni Unite, tanto che questo provenga da una Sezione semplice che da un giudice di merito (art.363 bis c.p.c.).
Con riferimento a tale ultima ipotesi ci si deve infatti interrogare sul valore della domanda di rinvio pregiudiziale, sul suo significato e sulla sua centralità che fa del giudice di merito volano di pronunzie di sistema, partecipe di una funzione di nomofilachia nella quale non ha più senso insistere sul ruolo verticistico della Corte di cassazione se appunto si considera che la richiesta di rinvio proviene dal giudice di merito che ha obblighi stringenti di esplicitare, pena l’inammissibilità, le ragioni che giustificano il rinvio pregiudiziale, le difficoltà interpretative in ordine alla disposizione rilevante nel processo, la opinabilità delle soluzioni, l’assenza di precedenti della Corte di legittimità, la serialità del contenzioso.
In definitiva, un giudice di merito assoluto ed incontrastato protagonista di una funzione che non è più soltanto quella del “giudicare”, ma si arricchisce per diventare funzione del “cooperare”, del “giustificare” non la decisione-soluzione della questione ma, anzi, la complessità del tema, esponendo argomenti plurali che possono in astratto essere utilizzati per la decisione dalla Corte di cassazione.
Una funzione del cooperare che, d’altra parte non è meno intensa, anzi assume tratti ancora più marcati quando sia la stessa Corte di cassazione, con una sua sezione, a “decidere di non decidere” rimettendo la questione all’esame delle Sezioni Unite[15]. Il rinvio alle Sezioni Unite rappresenta nel sistema una straordinaria opportunità di confronto fra rimettente e Sezioni Unite, capace di germinare frutti tanto più fecondi quando il rinvio non sia fatto perché si è sicuri che le Sezioni Unite adotteranno una certa linea ma, appunto, perché si ha la consapevolezza che l’autorevolezza delle Sezioni Unite, l’ampiezza del dibattito che all’interno potrà nascere, l’apporto a quella decisione dei diversi costruttori potranno fornire contribuirà a dare vita ad una soluzione “giusta”.
In questo cooperare sta, probabilmente, il futuro dei giudici e degli avvocati, ai quali ultimi non può e non deve sfuggire la funzione pubblica che essi hanno tanto quanto l’hanno i giudici, cooperando insieme alla giurisdizione per un sistema sempre più effettivo ed efficace di protezione dei diritti fondamentali in un piano di assoluta equi ordinazione con la giurisdizione. Prospettiva, quest’ultima, capace di lasciare sullo sfondo il ragionare fondato su schemi gerarchici e che consente di dare un senso all’art.101 Cost. ed alla guarentigia che esso prevede per i giudici.
E per riprendere una riflessione lasciata in sospeso all’inizio sul ruolo della giurisdizione rispetto al tema delle fonti, sono ancora le espressioni utilizzate dalle Sezioni Unite (Cass.S.U., n.38162/2022) in tema di trascrizione dell’atto di nascita di minori nati all’estero e frutto di concepimento per il tramite della c.d. maternità surrogata a rendere evidente l’in se della funzione nomofilattica.
Chiamate a verificare se la richiesta di trascrizione avanzata dal genitore sociale del minore potesse trovare una base giuridica interna tale da renderla compatibile con l’ordine pubblico internazionale, le Sezioni Unite descrivono, per un verso, la funzione del giudice rispetto all’interpretazione dei principi e delle clausole generali[16], mettendo in risalto il travaglio della decisione, il senso della ricerca, dello scavo[17], la coscienza del giudicare e la responsabilità che ne consegue, sempre più condivisa, partecipata, dialogata.
Uno scavo che incontra dei limiti rispetto al compito riservato al legislatore[18], tanto più quando essi sono stati circoscritti dal giudice delle leggi; limiti che, tuttavia, non possono essere indefiniti ed indeterminati se il potere legislativo protrae la situazione di stallo e di inerzia[19]. Serve piuttosto che i vuoti che la giurisprudenza a volte colma vengano considerati nel contesto che si è cercato di delineare a proposito del giudicare sui generis delle Sezioni Unite, al contempo metro e misura del buon giudicare, capace di vincere la prospettiva creazionista in nome di canoni riempiti di legalità connessa al sistema processuale che fissa regole precise per giudici di merito e di legittimità rispetto al ruolo della pronunzia delle Sezioni Unite, di ascolto, di dialogo, di cooperazione[20] e di fiducia reciproca fra i diversi costruttori del diritto[21].
È dunque anche la coscienza sociale[22], alla quale guarda come valore fondamentale l’art.2 Cost., ad imporre una regolamentazione, una disciplina che, ricercata nel sistema, è necessario fare emergere per garantire la civile convivenza ed il rispetto dei diritti fondamentali ma anche la tutela rispetto alle naturali cambianti che prendono corpo e vivono nella società[23].
Ecco così tratteggiarti i compiti ed il ruolo della nomofilachia, tutta protesa a realizzare quello che sembra impossibile tenendo insieme i precedenti, le dinamiche sociali, le voci provenienti dagli altri plessi giurisdizionali, l’apporto dell’Accademia e delle parti processuali e di chi ha cooperato alla decisione finale[24]. Dunque, un’attività dinamica di raccordo e di emersione delle polarità[25] che finisce, in definitiva, per dare il senso massimo della legittimazione del giudice (di qualunque giudice, di merito e di legittimità) ad operare nel mondo del diritto con i tratti che la comunità dei giuristi conosce[26], talvolta apprezzandoli, talaltra criticandoli anche aspramente.
4.Qualche conclusione (in movimento).
È giunto il momento di mettere qualche punto fermo.
Il linguaggio della nomofilachia, se è destinato a rispondere ad un’esigenza di chiarezza e di risoluzione di conflitti interpretativi o di determinazione di un diritto vivente destinato a realizzare l’uniforme interpretazione del diritto, deve essere utilizzato in maniera accorta dalle Sezioni Unite, per evitare che le stesse proposizioni utilizzate delle Sezioni Unite siano oggetto di quelle incertezze interpretative che l’intervento chiarificatore ha inteso appianare.
Tanto più è elevata la necessità di porre un punto fermo su una questione, quanto più chiara e lineare dovrà essere la soluzione adottata.
Per altro verso, il carattere sui generis delle pronunzie delle Sezioni Unite abilita forse a ritenere che il canone della sinteticità mal si addice alla soluzione delle questioni ad essa demandata, abbisognando degli aggiustamenti, appunto correlati alla complessità delle vicende trattate. Il che non giustificherà certo la redazione di “sentenze trattato”, ma renderà necessaria la “messa in campo” delle argomentazioni capaci di offrire quella stabilità a livello massimo la persuasività e stabilità della decisione[27].
Ciò non vuol dire che la pronunzia sia la verità assoluta, essa appunto inserendosi nel circuito interpretativo del quale si è detto in un moto che non è dunque destinato mai a concludersi, ma semmai ad arrestarsi temporaneamente per poi essere eventualmente rivalutato in relazione a fattori plurimi che caratterizzano oggi il diritto, rispetto ai quali il fiorire di diritti viventi provenienti dalle Corti sovranazionali e dalle Carte dei diritti nazionali e sovranazionali rendono mobile ed in un continuo movimento che va, peraltro, necessariamente mediato con le assolutamente legittime e parimenti centrali prospettive di salvaguardia dei canoni di certezza e prevedibilità[28], all’interno di una continua e mai paga ricerca di un bilanciamento fra i diritti, i valori ed i principi che animano la società.
Perciò, concludere queste riflessioni è abbastanza agevole se si afferma che le Sezioni Unite non pongono fine ai contrasti, ma li appianano come è giusto che sia in un sistema improntato ai valori del confronto fra diverse opinioni alle quali va data, necessariamente coerenza ed uniformità[29].
Si tratta di una prospettiva pienamente condivisa con la giurisprudenza della Corte edu che, anche di recente, ha avuto modo di apprezzare, esaminando una vicenda originata in Serbia, come l’esistenza di fisiologici contrasti interni di giurisprudenza su una questione di natura processuale destinata a ripetersi in modo frequente avevano trovato soluzione attraverso un “parere” espresso dalla Corte suprema al sulla base di un parere preventivo (previsto dall’art.176 del codice di procedure serbo) assai simile a quello previsto dall’art.363 bis c.p.c. al quale erano seguite pronunzie dei giudici di merito allo stesso conformi. Questo ha consentito alla Corte edu di riconoscere che non potevano dirsi presenti nel caso differenze profonde e duratura nella giurisprudenza nazionale tali da giustificare la violazione del giusto processo (art.6 CEDU)[30].
Un’uniformità che tuttavia vale fintantoché il composito e complesso piano del diritto non richieda un nuovo intervento che potrà essere sollecitato nelle forme che il sistema prevede, alla continua ricerca della verità[31] e con la straordinaria carica di vitalità che questa prospettiva, agli occhi di chi scrive, arricchisce la funzione di chi opera nel diritto e la rende essa stessa in continuo movimento[32]. Il che, beninteso, non assolve in alcun modo la Corte di cassazione e le Sezioni Unite dalle sue criticità, ben note alla comunità dei giuristi, pure di recente ricordati dal Presidente Ernesto Lupo[33]. Tenta semplicemente di rappresentarne il volto umano, come tale imperfetto, ma pur sempre vivo, per quel che ancora oggi possa valere.
* Intervento svolto al Convegno organizzato dal Prof. D. Velo Dalbrenta presso l’Università di Verona il giorno 1° dicembre 2023 sul tema “Il ragionamento giuridico tra deontologia e senso comune.” Le opinioni espresse nel presente articolo sono rese a titolo personale e non possono dunque in alcun modo impegnare la Corte di cassazione.
[1] Giova fin da subito chiarire che nella prospettiva che condivido la nomofilachia appartiene all’intera giurisdizione, di merito e di legittimità, per ragioni altre volte espresse ed alle quali rinvio, per quel nulla che può valere-R.G. Conti, Nomofilachia integrata e diritto sovranazionale. I “volti” della Corte di Cassazione a confronto, in Il giudizio civile di cassazione, Quaderno n.20 a cura della Scuola superiore della magistratura, 2022, 177, consultabile anche sul sito della SSM (https://www.scuolamagistratura.it/ e nelle pubblicazioni ufficiali dell’IPZS -https://www.bv.ipzs.it/.
[2] V. R. Rordorf, Giudizio di cassazione. Nomofilachia e motivazione, Libro dell’anno 2012, Treccani.
[3] S. Chiarloni, Ruolo della giurisprudenza e attività creative di nuovo diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002,1.
[4] F. Roselli, Il principio di effettività e la giurisprudenza come fonte del diritto, in Riv. dir. civ., 1998, II, 23.
[5] Istituto, quello introdotto dal riformato art.380 bis c.p.c. che non può essere oggetto di esame ma che, all’interno della Corte di cassazione, è oggetto di riflessione articolata all’interno di un gruppo di lavoro intersezionale appositamente costituito dalla Prima Presidenza proprio al fine di offrire orientamenti volti a garantire una certa uniformità alle tecniche di motivazione che possano in tal modo orientare i magistrati della Corte ed il Foro. V., in generale, sul tema della motivazione dei provvedimenti della Corte di Cassazione, le indicazioni elaborate dal Primo Presidente Ernesto Lupo e la relativa relazione, in Foro it., 2011, V, 183.
[6] G. Evangelista-G. Canzio, Corte di cassazione e diritto vivente, in Foro it., 2005, V, 82. G. Borrè, P. Martinelli e L. Rovelli su Unità e varietà nella giurisprudenza. A proposito della c.d. rotazione in Cassazione, in Foro it., 1999, V, 45.
[7] Sia consentito il rinvio a R. Conti, Il mestiere del giudice ed il diritto incordato di verità, in Accademia, n.1/2023, 313.
[8] Una precisazione occorre fare a proposito dell’uso del termine verità che qui come in altra occasione si propone. Un’idea sicuramente dicotomica rispetto al brocardo «Auctoritas, non veritas, facit legem» invece intesa soprattutto come valore, come prospettiva e per dirla con Massimo Vogliotti -Perché una cattedra intitolata ad Alessandro Galante Garrone? La crisi dello Stato costituzionale di diritto, la distopia nichilistica e l'esigenza di una nuova educazione giuridica, in L’arcipelago del diritto. Lezioni per i futuri naviganti. In ricordo del decennale della cattedra Galante Garrone, a cura di M. Vogliotti, Torino, 2022, 54- come “funzione concettuale” che "attiviamo quando diciamo o pensiamo "è vero", "è falso", "non è vero"», fino ad ipotizzare che il diritto, come il linguaggio, altro non è che una convenzione basata su veridicità e fiducia. Orbene, fatta questa premessa, a sposare la logica dei vincitori e dei vinti e della verità processuale “unica” di cui al testo, si dovrebbe sostenere che nel caso di decisione finale diversa da quella proposta dal relatore appena ricordata nel testo abbia perso la tesi (la verità) del relatore ed abbia vinto quella della maggioranza delle Sezioni Unite. Eppure a chi scrive pare che tale sia logica profondamente errata quando si discute di giustizia e di sentenze, proprio alla luce dell’esperienza viva vissuta all’interno delle Sezioni Unite. A ben considerare, la verità introiettata nel giudicato reso in funzione nomofilattica non può realizzarsi senza i contributi, parimenti indispensabili, di chi, all’interno del Collegio decidente, credeva in un’altra verità ed ha contribuito alla ricerca, alla “invenzione” della verità poi espressa nel giudicato. Una verità che, malgrado il giudicato, potrebbe peraltro non essere quella finale e che si presta ad essere, in astratto, messa in discussione dai seguiti che la sentenza stessa produce nella dottrina e nella stessa giurisprudenza. Come è noto, infatti, non esiste nel nostro ordinamento il principio della vincolatività della giurisprudenza di legittimità sugli altri giudici, gli stessi pienamente legittimati a porla in discussione, in maniera argomentata, al punto di prospettare l’incostituzionalità della decisione o la contrarietà a parametri sovranazionali ed in tal modo invitando altre Corti a verificare il fondamento ultimo di quella verità coperta dalla pronunzia delle Sezioni Unite. E che quanto qui esposto appartenga al campo del plausibile trova conferma, a titolo esemplificativo, nelle diverse prospettive che hanno animato le Sezioni Unite nel decidere, in funzione nomofilattica, un contrasto interno alla Corte sul tema della procura speciale nei ricorsi per cassazione in materia di protezione internazionale. A pochi giorni distanza dalla decisione adottata- Cass.S.U. n. 15177/2021- la terza sezione civile -Cass.n.17970/2021 - si è rivolta alla Corte costituzionale prospettando vizi di costituzionalità che la sentenza anzidetta aveva ritenuto manifestamente infondati. Questione di costituzionalità poi decisa da Corte cost.n.13/2022. V. sul punto, G. Famiglietti, Autentica della firma e certificazione della data per me pari sono. Il doppio onere relativo alla procura speciale per il ricorso in Cassazione in materia di protezione internazionale al vaglio della Corte costituzionale (commento alla sent. n. 13/2022), in Diritto, immigrazione, cittadinanza, n.2/2022, 307. Non meno sintomatico delle considerazioni appena espresse risulta la vicenda, sulla quale si tornerà nel testo, della trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero relativi a minori nati a seguito di maternità surrogata che ha visto una sezione della Corte di Cassazione rivolgersi dapprima alle Sezioni Unite e poi mettere in discussione, sotto il profilo della tenuta costituzionale, la decisione da quell’organo resa sollevando questione di legittimità costituzionale e, quindi, nuovamente investendo le Sezioni Unite a seguito dell’ordinanza che aveva ritenuto infondati i dubbi di costituzionalità prospettati.
[9] Quanto detto nel testo corrisponde, del resto, alle dinamiche delle decisioni assunte dalla Corte costituzionale e fotografate dal recente comunicato del 19 dicembre 2023 della Consulta- consultabile sul sito della Corte costituzionale- ove si afferma, tra l’altro, che “è fisiologico che vi possano essere diversità di opinioni tra i singoli giudici, come accade del resto in ogni organo giurisdizionale collegiale. In queste situazioni, la decisione non può che essere adottata a maggioranza, e vincola l’intera Corte, compresi i giudici dissenzienti.”
[10] M. Luciani, Ogni cosa al suo posto, Milano, 2023.
[11] M. Fioravanti, Per una storia della legge fondamentale in Italia: dallo Stato alla Costituzione, in M. Fioravanti, (a cura di), Il valore della Costituzione. L’esperienza della democrazia repubblicana, Roma, Bari, 2009, 32.
[12] È questo il caso del rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Agrigento sul tema delle controversie in tema di incentivi introdotti dalla decretazione di urgenza post Covid in favore di imprenditori e proferssionisti-R.G.7201/2013, Provv.Primo Pres. 18.4.2023. Vicenda approdata all’esame delle Sezioni Unite e decisa con la recente Cass.S.U., 13 dicembre 2023 n.34851. V. anche R.G.n.12668/23, Provv.Primo pres.P.7.7.2023, R.G.13777/2023, Provv. Primo. Pres. 26.7.2023, R.G.n.16885/2023, Provv.P.P. 18.9.2023, tutti inseriti nel sito internet della Corte di cassazione.
[13] V., per la vicenda approdata all’esame delle Sezioni Unite indicata alla nota precedente su rinvio pregiudiziale della Corte di giustizia tributaria di Agrigento la recente Cass.S.U., 13 dicembre 2023 n.34851.
[14] G. Rossi, “Suum cuique tribuere”:il render giustizia e la sua “narrazione”, tra diritto e arte, in L’arte del giudicare. Percorsi ed esperienze tra letteratura, arti e diritto, a cura di G. Rossi, D.Velo Dalbrenta, C. Pedrazza Gorlero, Napoli, 2022, 20; F. Puppo, Dell’inutilità del processo in Salvatore Satta, ibidem,174.
[15] In questa prospettiva può essere ricordata la vicenda della rilevanza, ai fini delle unioni civili, della pregressa convivenza che una sezione della Corte di cassazione-Cass.n.2507/2023-, chiamata per la prima volta ad interpretare la nuova legge varata all’esito di alcune pronunzie della Corte edu, ritenne di rinviare all’esame delle Sezioni Unite offrendo delle possibili chiavi di lettura in ordine al testo normativo ed al contesto nel quale esso era maturato. Prospettive poi condivise dalle S.U.- Cass.S.U. n.35969/2023-. Ora, al di là del merito della vicenda, non può sfuggire che la soluzione maturata dalle Sezioni Unite sia dotata di un grado di autorevolezza particolare, proprio perché promossa da una sezione semplice della Corte di cassazione, anch’essa pienamente partecipa della funzione nomofilattica pur se non espressa attraverso la forma del “giudicare” ma in quella del “cooperare”.
[16] Cfr.Cass. S.U. n.38162/2022, più volte qui richiamata: “Nell’attesa dell'intervento, sempre possibile ed auspicabile, del legislatore, il giudice, trovandosi a dover decidere una questione relativa allo status del figlio di una coppia omoaffettiva, non può lasciare i diritti del bambino indefinitamente sospesi, ma deve ricercare nel complessivo sistema normativo l'interpretazione idonea ad assicurare, nel caso concreto, la protezione dei beni costituzionali implicati, tenendo conto delle indicazioni ricavabili dalla citata sentenza della Corte costituzionale.
[17] P. Grossi, Prefazione a Il mestiere del giudice, a cura di R. G. Conti, Padova, 2020, XVI: “Il vecchio giudice, condannato ad essere ‘bocca della legge’ dai riduzionismi strategici degli illuministi (dapprima) e dei giacobini (successivamente), non può che togliersi volentieri di dosso la veste opprimente dell’esegeta, ormai del tutto inadatta, e indossare quella dell’interprete, dell’inventore, intendendo la sua operazione intellettuale irriducibile in deduzioni di semplice natura logica (come in una celebre pagina di Beccaria) e concretizzabile piuttosto in una ricerca, in un reperimento, con le conseguenti decifrazione e registrazione. Quello che mi sentirei, invece, di rifiutare, decisamente perché fonte di più che probabili malintesi, è il sintagma ‘creazione giurisprudenziale’, .... Infatti, è proprio di ‘creazione ‘ e di ‘creazionismo’ che parlano gli adepti del legalismo statalistico stracciandosi le vesti di fronte a un ruolo, innaturale perché para-legislativo, conferito (almeno secondo loro) ai giudici dalla riflessione ermeneutica. Insisterei, come ho fatto anche di recente, su un ruolo inventivo, marcando bene che si fa esclusivo riferimento alla inventio dei latini consistente appunto in un ‘cercare per trovare’.”
[18] Cfr. Cass., S.U. n.38162/2022, cit.: Anche quando non si trova al cospetto di un enunciato normativo concepito come regola a fattispecie, ma è investito del compito di concretizzare la portata di una clausola generale come l'ordine pubblico internazionale, che rappresenta il canale attraverso cui l'ordinamento si confronta con la pluralità degli ordinamenti salvaguardando la propria coerenza interna, o di un principio, come il migliore interesse del minore, in cui si esprime un valore fondativo dell'ordinamento, il giudice non detta né introduce una nuova previsione normativa. La valutazione in sede interpretativa non può spingersi sino alla elaborazione di una norma nuova con l'assunzione di un ruolo sostitutivo del legislatore. La giurisprudenza non è fonte del diritto. Soprattutto in presenza di questioni, come quella oggetto del presente giudizio, controverse ed eticamente sensibili, che finiscono con l'investire il significato della genitorialità, al giudice è richiesto un atteggiamento di attenzione particolare nei confronti della complessità dell'esperienza e della connessione tra questa e il sistema. Si tratta di temi, infatti, in rapporto ai quali lo stesso diritto di famiglia, nel mentre riflette, come uno specchio, lo stato dell'evoluzione delle relazioni familiari nel contesto sociale, tuttavia non può prescindere dal sistema, affidato anche alle cure del legislatore. Ciò vale soprattutto in una vicenda, come l'attuale, nella quale si profila un ambito di discrezionalità del legislatore che la Corte costituzionale ha inteso preservare, indicando un percorso di collaborazione istituzionale nel quadro di un bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso alla maternità surrogata e l'imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori.
[19] Cfr. Cass. S.U. n.38162/2022, più volte citata: Il rispetto del pluralismo e dell'equilibrio tra i poteri, profilo centrale della democrazia, perché la ricerca dell'effettività deve seguire precise strade compatibili con il principio di leale collaborazione e con il dialogo istituzionale che la Corte costituzionale ha avviato con il legislatore. La presa d'atto che talora la ricerca dell'effettività richiede un camminare in direzione di una meta non ancora completamente a portata di mano, perché la gradualità concorre a far assorbire il cambiamento e le novità nel sistema, con la giurisprudenza che accompagna ed asseconda l'evoluzione che si realizza nel costume e nella coscienza sociale. La coerenza degli orientamenti giurisprudenziali, giacché le nuove frontiere dell'interpretazione che aspirino a offrire stabilità e certezza non conseguono a bruschi cambiamenti di rotta, ma sono il frutto di un progredire nel dialogo con i precedenti, con le altre Corti e con la cultura giuridica. Non c'è spazio, in altri termini, né per una penetrazione diretta - attraverso la ricerca di un bilanciamento diverso da quello già operato dal Giudice delle leggi - di quell'ambito di discrezionalità legislativa che la Corte costituzionale ha inteso far salvo, né per una messa in discussione del punto di equilibrio da essa indicato.
[20] V. G. Canzio, Corte di cassazione e Corte costituzionale: il diritto vivente quale fondamento del giudizio di legittimità costituzionale, in questa Rivista, 15 dicembre 2023.
[21] T. Greco, La legge della fiducia. Alle radici del diritto, Roma, 2021.
[22] V. A Giusti, Tutela effettiva dei diritti, ordinamento vivente e coscienza sociale nelle sentenze della Corte di cassazione", Relazione tenuta all’incontro svolto il 12 aprile 2018 presso la Corte di Cassazione, consultabile sul sito internet di Radio radicale
[23] Estremamente significativo un passaggio di recente espresso dalle Sezioni Unite civili – Cass., S.U., 18 dicembre 2023, n.35385 - chiamate a valutare l’incidenza della convivenza prematrimoniale sulla commisurazione dell’assegno divorziale, offrono all’interprete un’immagine comune della evoluzione sociale e del diritto vivente, inestricabilmente destinati ad alimentarsi vicendevolmente. Da un lato si legge in Cass., S.U. n.35383 che “la convivenza prematrimoniale è ormai un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca "un accresciuto riconoscimento - nei dati statistici e nella percezione delle persone - dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali". A questa continua metamorfosi delle vicende umane, proseguono le Sezioni Unite, “costantemente si ripresenta, soprattutto nella materia del diritto di famiglia, l'esigenza che la giurisprudenza si faccia carico dell'evoluzione del costume sociale nella interpretazione della nozione di "famiglia", concetto caratterizzato da una commistione intrinseca di "fatto e diritto", e nell'interpretazione dei vari modelli familiari.” Per tali ragioni, dunque “tra i canoni che orientano l'interpretazione della legge deve annoverarsi anche quello dell'interpretazione storico - evolutiva, "che si aggiunge ai canoni letterale, teleologico e sistematico e, nutrendosi anche del diritto positivo successivo alla disciplina regolatrice della fattispecie, getta sulla stessa una luce retrospettiva capace di disvelarne significati e orientamenti anche differenti da quelli precedentemente individuati”.
[24] G. Canzio, Il ruolo e la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, in Dire il diritto nel XXI secolo, Milano, 2022,99.
[25] M. Naro, La verità nel suo rovescio, L'altra parola: Riscritture bibliche e questioni radicali, Roma, 2022, 224: “…Sentire i contrari significa invece oltrepassare l’apparenza fenomenica in cui essi si lasciano avvertire, penetrare nel loro più intimo orizzonte e, al contempo, interiorizzarli entrambi in sé: per scoprire che essi non sono semplicemente e inappellabilmente contrapposti, bensì polarmente posti. La loro polarità, seppur li oppone, li fa anche esistere in reciproco riferimento. I contrari, polarmente sentiti, sono l’uno dell’altro, l’uno per l’altro. A tal punto che, escludendosi, essi cessano di essere. I poli sono tali- anzi, assolutamente: sono- in quanto si esigono a vicenda.”
[26] A. Nappi, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione, Torino,2011, 11.
[27] In termini generali, sul linguaggio delle sentenze della Corte di Cassazione, v. A. Virgilio, Lo stile delle sentenze della Corte di cassazione, in Foro it., 1987, V, 265.
[28] R. Bin, Funzione uniformatrice della Cassazione e valore del precedente giudiziario, in Contr. e impr. 1988, 545.
[29] E. Lupo, Il giudizio interpretativo tra norma scritta e diritto effettivo, in questa Rivista, 28 dicembre 2023, par.4.. V., volendo, R. Conti, Il mutamento del ruolo della Corte di cassazione fra unità della giurisdizione e unità delle interpretazioni, in Consultaonline,2015, III, 807.
[30] Cfr.Corte edu, 12 gennaio 2021, Svilengaćanin e a. c. Serbia – ric.n. 50104/10 –.
[31] Una verità, quella a cui si fa cenno nel testo ricostruita, ricercata, scoperta nel processo, attraverso gli avvocati, autentici motori dei diritti, con l’ascolto delle parti, con l’esame del caso, filtrata dalla carnalità dei fatti e rivisitata ed arricchita alla luce dei valori fondamentali dell’uomo che possono e devono irrorare il giudizio di verità. E non perché la verità sia patrimonio del giudice ed il giudice sia il tiranno della verità o sia egli stesso titano-Prometeo. Ma, tutto al contrario, perché è il giudizio, il processo, il luogo eletto per raggiungere una delle verità possibili del mondo degli umani attraverso chi è al suo servizio -v., volendo, R. G. Conti, Prometeo, il Potere, l’uomo e la giustizia fra l’umano e il divino, in Ordine internazionale e diritti umani, 2023, pp. 482-487; id., Appunti su alcuni aspetti della verità nel diritto, in Diritti comparati, n.3/2022, 826. V., ancora, R. Rordorf, A. Gentili, I civilisti e la verità, Intervista a cura di R.G. Conti, in corso di pubblicazione sul n.4/2023 di Accademia.
[32] R. Conti, Il mutamento del ruolo della Corte di cassazione fra unità della giurisdizione e unità delle interpretazioni,cit..
[33] E. Lupo, Il giudizio interpretativo tra norma scritta e diritto effettivo, cit..