Siamo qui a parlare di Simona Maisto
di Claudia Terracina
Ieri ci ha lasciato Simona Maisto, collega e amica della Procura della Repubblica di Roma. Pubblichiamo il testo integrale del ricordo letto da Claudia Terracina in occasione del saluto e dell’omaggio che i Magistrati, gli Avvocati, il personale amministrativo, le Forze dell’Ordine, le hanno tributato nella sala Occorsio degli uffici giudiziari di Roma, dove Simona ha trascorso metà della sua vita.
Lo facciamo non soltanto perché lo dobbiamo a Simona, ma perché lei, che era l’incarnazione della parola coraggio, anche oggi ci ha fatto un regalo facendoci sentire e ricordandoci che siamo una comunità, in cui ciascuno, nel rispetto dei ruoli, lavora con la passione per giustizia.
Ciao Simona. Come ci hai ricordato, “The love you take is equal to the love you make”.
Siamo qui a parlare di Simona.
A ricordare, per chi l’ha conosciuta, a raccontare, per chi non ha avuto la fortuna di incontrarla, una persona straordinaria come Simona. Simona era straordinaria per tanti aspetti: il suo coraggio, la sua tenacia, la sua forza, tutte qualità con cui ieri e oggi è stata ricordata e da noi tutti sarà ricordata in futuro. Io vorrei parlare della qualità straordinaria della sua leggerezza, e insieme della sua capacità di guardare dritta in faccia la realtà, di andare all’essenziale, con semplicità, con ironia, senza timore, ma anche senza orpelli inutili e senza retorica. Simona detestava la retorica, il suo approccio alla vita e alle sue varie malattie era anzi diretto, limpido, e allo stesso tempo leggero, senza lamentele, senza autocommiserazione. Sorvolava il suo dolore e la sua fatica con una risata lieve lieve.
Quando sabato pomeriggio ci siamo salutate, e per l’ultima volta, è stato con una risata. Con l’ossigeno, ansimando, ma con una risata. Mentre aspettavo il mio turno per entrare a farle visita ho chiesto a Ivan se nei programmi sul “dopo” che lucidamente stava facendo con Simona potesse essere compreso un “qualcosa” da fare in Tribunale. Lui mi ha risposto: “diglielo tu, la fai felice” e, al mio imbarazzo ad affrontare con lei questo tema mi ha risposto” vedrai, ti salterà al collo per la gioia”. Ovvio, metaforicamente, perché Simona non poteva spostarsi neanche di un millimetro. Quando sono salita, alla maniera di Simona, sono andata subito al sodo. Lei, con una energia, un entusiasmo incredibile per una voce così flebile mi ha detto subito “sì certo” e mi ha dato una serie di direttive, con la tranquillità di una che racconta come vuole organizzare le vacanze. Tanta limpida serenità, e alla fine, con una risata: “speriamo non esca fuori troppa retorica!”
Però Simona ci teneva alle celebrazioni, e noi con lei ci teniamo a celebrarla qui, in questo spazio in cui ha passato esattamente metà della sua vita, questo palazzo così crudele con lei, vittima di un orribile e ingiusto incidente sul lavoro. Nel settembre 2017, infatti, alle sei di sera, nel periodo in cui era sotto trattamento chemioterapico per una malattia che già si preannunciava molto aggressiva, mentre scendeva al piano terra alla fine di una giornata di lavoro Simona è stata violentemente sbalzata a terra da un ascensore difettoso. Proiettandola in velocità verso l’alto, l’ascensore “impazzito” la faceva cadere e Simona si fratturava entrambe le gambe. Oltre alla immobilità, alla difficile riabilitazione, l’interruzione della terapia. Questo incidente, anziché indurla a ritirarsi in sé stessa, ha fatto sì che Simona, con il coraggio che la caratterizzava, ne traesse motivo di forza e di spinta all’azione.
Ha infatti incanalato il suo sdegno e la sua rabbia in un impegno di testimonianza delle condizioni di lavoro degli operatori della giustizia. Dopo aver partecipato con passione alle attività associative dell’estate 2019 seguite allo scoppio del “caso Palamara”, Simona ha deciso di candidarsi alle elezioni suppletive per PM al CSM, affrontando una campagna elettorale itinerante molto impegnativa, spinta dalla sua energia e dalla voglia di lottare per le condizioni di lavoro di tutti. A rivedere ora i suoi interventi in video si percepisce come fossero pieni della stessa concretezza, ironia, energia che caratterizzava la sua personalità così speciale, ma anche dell’amore e del rispetto per il sistema giustizia di cui sentiva così profondamente parte.
Perché Simona teneva al suo ruolo di magistrato, era piena di orgoglio e di amore per questa professione e di fiducia per chi la svolge. Credeva con slancio all’importanza del ruolo, che ha sempre svolto con grande rispetto per il Foro, che è qui oggi a ricordarla con noi, e lo ha dimostrato anche con il suo avere portato avanti il lavoro di ufficio, silenziosamente ma costantemente, mentre era debole per l’ennesima terapia, portandosi a casa le valigie di fascicoli, intervenendo nei corsi e nelle chat, partecipando alle riunioni, interloquendo con i colleghi codelegati. Simona era proprio l’incarnazione dell’”attaccamento al lavoro” cui si fa così frequentemente ricorso nei pareri per le valutazioni di professionalità. E, a questo proposito, Simona teneva così tanto a conseguire l’ultima valutazione che una delle sue preoccupazioni era quella di non fare in tempo a vederla riconosciuta. Fortunatamente il plenum del CSM ha deliberato il conseguimento della settima valutazione di professionalità mercoledì scorso, rendendo Simona orgogliosa e felice per avere messo un punto nella sua carriera.
Abbiamo preparato anche una serie di immagini fotografiche, per mostrare Simona con noi colleghi e amici, lei che era un catalizzatore di energia, lei che favorendo lo scorrere dell’amicizia ci ha aiutato anche a costruirci come gruppo, come squadra. Aveva un’aura, come un guerriero Jedi, come quelle immagini di divinità orientali, un’aura di energia, di forza, un amore per la vita. Per il suo commiato ci ha regalato una poesia che è un testamento morale, tratta da “Retour à Tipasa”, un saggio poetico di Albert Camus del 1953.
La poesia, da lei stessa scelta per essere letta oggi, è un vero inno a cogliere la meraviglia della vita, il reale talento di Simona:
“Mia cara, nel bel mezzo dell’odio ho scoperto che vi era in me un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime ho scoperto che vi era in me un invincibile sorriso. Nel bel mezzo del caos ho scoperto che vi era in me un’invincibile tranquillità.
Imparavo finalmente, nel cuore dell’inverno, che c'era in me un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me, in me c’è qualcosa di più potente, qualcosa di migliore che mi fa spingere più forte.”