Apertura di borse senza l’autorizzazione della Procura della Repubblica, ma con il consenso del contribuente: la soluzione delle Sezioni Unite (Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza n. 3182 del 2022)
di Ginevra Iacobelli
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a pronunciarsi sulla legittimità delle prove acquisite dai verificatori, in sede di verifica fiscale, hanno statuito che “… il consenso libero, reso in assenza di alcuna costrizione, né diretta né indiretta perché correlata alla prospettazione di conseguenze sfavorevoli, del contribuente alla consegna della borsa sia idoneo a soddisfare le ragioni che il legislatore ha inteso tutelare nel richiedere il provvedimento autorizzativo” specificando che “ai fini della valida espressione del consenso alla apertura della borsa non è necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l’apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a risolvere i seguenti principi di diritto: “se, in caso di apertura della valigetta reperita in sede di accesso, la mancanza di autorizzazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3, possa essere superata dal consenso prestato dal titolare del diritto; se, nel caso in cui si dia risposta positiva alla prima questione, il consenso può dirsi libero ed informato anche qualora l'amministrazione finanziaria non abbia informato il titolare del diritto della facoltà, di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2, di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi della giustizia tributaria; se, infine, l'eventuale inosservanza del suddetto obbligo di informazione ed il conseguente vizio del consenso del titolare del diritto comporti l'inutilizzabilità della documentazione acquisita in mancanza della prescritta autorizzazione”.
Il Supremo Consesso, richiamando le questioni poste dall’ordinanza di rimessione (per il commento si rinvia a https://www.giustiziainsieme.it/it/news/126-main/diritto-tributario/1742-apertura-di-borse-senza-autorizzazione-della-procura-della-repubblica-ma-con-il-consenso-del-contribuente-la-questione-al-vaglio-delle-sezioni-unite?hitcount=0) muove dall’individuazione del quadro normativo, richiamando l’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 e l’art. 12 della legge n. 212 del 2000 (d’ora innanzi, Statuto del contribuente) .
In particolare, la prima norma richiamata prevede che “Gli uffici possono disporre l’accesso di impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, nonché in quelli utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni. Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono. Tuttavia, per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione è necessaria anche l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. In ogni caso, l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti e professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato. 2. L’accesso in locali diversi da quelli indicati nel precedente comma può essere eseguito, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni. 3. È in ogni caso necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale”.
La previsione normativa, come osservano le Sezioni Unite, contiene una disciplina composita che riguarda gli accessi, le ispezioni e le verifiche dell’amministrazione fiscale: i primi due commi dell’art. 52 riguardano la possibilità di accesso nei locali destinati all’esercizio dell’attività, o dell’abitazione promiscuamente adibita anche a tale attività o presso l’abitazione stessa del contribuente; il terzo comma, invece, disciplina il compimento di atti istruttori tra loro non omogenei, tra cui perquisizioni personali, apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, ecc.
Il comma 3, nel dettaglio, con riguardo all’autorizzazione del P.M. o dell’autorità giudiziaria per il compimento di atti diversi, contempera l’esigenza dell’amministrazione di esercitare proficuamente i poteri necessari a garantire la pretesa impositiva con l’esigenza del contribuente un pregiudizio alle libertà costituzionali che vengono di volta in volta in rilievo.
Nel dettaglio, le Sezioni Unite tratteggiano i diritti che entrano in gioco in caso di acquisizione coattiva di borse durante l’accesso nel corso della verifica fiscale e non concordano con quella parte della dottrina, richiamata dall’ordinanza di rimessione, che individua il parametro costituzionale di riferimento nell’art. 15 Cost. che tutela la segretezza delle comunicazioni.
La segretezza delle comunicazioni, infatti, presuppone l’esistenza di uno scambio della corrispondenza che non viene in rilievo in caso di apertura di borse. Quel che entra in gioco è, piuttosto, un’esigenza di “segretezza” insita nella libertà della persona o del domicilio.
In tal senso, la sentenza in commento distingue il caso in cui la borsa costituisca elemento intrinsecamente collegato ed a stretto contatto con l’individuo che la indossa, in modo da costituire parte della persona stessa, da quella della borsa rinvenuta nei locali oggetto di accesso e, dunque, all’interno di essi. Nel primo caso, il Supremo Consesso ritiene applicabile l’art. 13 Cost. a tutela della libertà personale; nel secondo caso viene in gioco la protezione che l’ordinamento appresta al domicilio, nel senso ampio del termine che si desume dal comma 3 dell’art.14 Cost., costituendo la tutela apprestata dall’ordinamento alla borsa diretta espressione e proiezione di quella riconosciuta al domicilio.
Tirando le fila, i parametri costituzionali di riferimento, a fronte dell’esercizio di poteri istruttori in materia di acquisizione coattiva di borse, sono gli articoli 13 e 14. L’art. 14 Cost., che viene in rilievo in casi, come quello all’esame delle Sezioni Unite, in cui la borsa non è rinvenuta sulla persona, ma nei locali adibiti a sede dell’attività, dopo aver dichiarato inviolabile il domicilio, al comma 2 dispone che “(nel domicilio) non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale" e al comma 3 specifica che "gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali".
Il comma terzo dell’art. 14 Cost., allora, demanda al legislatore di settore l’individuazione di un corretto bilanciamento tra i valori in gioco. In tal senso, l’art. 52, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 richiede l’autorizzazione del P.M. per i soli casi di “apertura coattiva” di borse, plichi e documenti.
Così tratteggiato l’ambito di riferimento, le Sezioni Unite hanno definito compiutamente il rilievo del consenso espresso del contribuente all’apertura di borse, nel corso della verifica fiscale, e le modalità di espressione dello stesso.
Preliminarmente, la sentenza chiarisce che “la disciplina normativa introdotta dall’art.52, c.3, d.P.R. 633/1972 e quelle ad essa sovrapponibili- nel prevedere che l’autorizzazione del P.M. del giudice sia richiesta solo per i casi di apertura coattiva- vada risolta nel senso secondo cui il consenso libero, reso in assenza di alcuna costrizione, né diretta né indiretta perché correlata alla prospettazione di conseguenze sfavorevoli, del contribuente alla consegna della borsa sia idoneo a soddisfare le ragioni che il legislatore ha inteso tutelare nel richiedere il provvedimento autorizzativo”.
In caso di opposizione del contribuente, l’accesso al contenuto della borsa richiede l’autorizzazione del P.M., ma, in caso di assenza di opposizione, viene meno la coattività, presupposto richiesto dalla norma per la necessità dell’autorizzazione.
L’assenza di opposizione è certamente desumibile dal consenso, quale atto di autonoma collaborazione del privato, espresso da quest’ultimo consapevolmente e liberamente.
Ma, sottolineano le Sezioni Unite, che il consenso debba considerarsi mancante non solo nelle ipotesi di costrizione materiale, ma anche nel caso di minaccia o coazioni implicite e ambientali. In tal caso, spetta al giudice di merito, nell’esercizio dei suoi poteri valutativi, accertare la sussistenza o meno di un consenso all’apertura di borse libero e spontaneo.
Gli orientamenti opposti, richiamati dall’ordinanza di rimessione, a ben vedere, si occupano di fattispecie varie e diversamente disciplinate dal legislatore, riferendosi ad ipotesi di perquisizioni presso il domicilio del contribuente senza autorizzazione del P.M. o a perquisizioni personali eseguite anch’esse senza autorizzazione del P.M., per le quali è comunque richieste l’autorizzazione del P.M. dall’art. 52 del d.P.R. 633/72.
In definitiva, condividendo, il passaggio espresso nell’ordinanza interlocutoria, secondo cui “il diritto alla segretezza, quale declinazione del diritto alla libertà personale, abbia natura di diritto disponibile, sicché se l’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili e simili, avvenga con il valido consenso del titolare del diritto di libertà oggetto di compressione, pur in assenza di autorizzazione dell’autorità giudiziaria, non dovrebbe derivare alcuna sanzione di inutilizzabilità dei documenti”, le Sezioni Unite definiscono il principio per cui “il contegno del contribuente che presta volontariamente il consenso all’apertura della borsa rinvenuta nei locali rende possibile l’acquisizione del suo contenuto da parte dell’Ufficio in assenza dell’autorizzazione di cui al c.3 dell’art.52 d.P.R. n.633/1972”, considerandosi, in tal caso, l’acquisizione ex se legittima.
È poi specificato che, diversamente da quanto prospettato dall’ordinanza di rimessione, non esiste alcun indice normativo dal quale desumere che il consenso del contribuente, in tema di apertura di borse, sia condizionato all’adempimento di un obbligo informativo.
Più chiaramente, “la circostanza che il consenso prestato in sede di rinvenimento della borsa debba esser preceduto, per poter essere considerato valido, dall’assolvimento dell’obbligo di informazione da parte degli accertatori, vuoi della possibilità di rifiutare la consegna, vuoi della necessità dell’autorizzazione del P.M. in caso di assenza di consenso, non è affatto menzionata nel dettato vigente della norma in esame, né può desumersi aliunde, attingendo a parametri costituzionali o normativi altri rispetto al ricordato art.52, c. 3.”. Tale obbligo, secondo le Sezioni Unite, non è desumibile nemmeno dall’art. 12 dello Statuto del contribuente che dispone “Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche”, non apparendo plausibile un’immediata relazione tra l’informazione circa la facoltà di farsi assistere da un professionista in sede di verifica da una parte, e la validità del consenso prestato all’apertura della borsa, dall’altra e nemmeno rilevando l’obbligo di informare il contribuente dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche che pure compare nell’art.12, c.2, dello statuto del contribuente.
La mancata informazione circa gli aspetti di cui sopra potrà eventualmente assumere solo valenza indiziaria al fine della verifica giudiziale in ordine alla condizione di piena libertà del contribuente al momento di esprimere il consenso all’acquisizione non coattiva della borsa sollecitata dai verificatori.
In definitiva “In tema di accertamento delle imposte, con riguardo all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prevista in materia di IVA dall'art. 52, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini della valida espressione del consenso alla apertura della borsa non è necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l’apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nell’art. 52 cit. e neanche nell’art. 12, comma 2, della legge 212/2000”.