Rigenerazione urbana e discrezionalità amministrativa: la proprietà pubblica in un equilibrio instabile tra onere e scelta (nota a Cons. St., sez. IV, 2 luglio 2025, n. 5719)
Sommario: 1. L’ambiguità della nozione di rigenerazione urbana e ambientale. Un invariante necessaria. - 2. Il caso dell’Arena di Milano: la legittimità della scelta di non acquisire la proprietà al patrimonio pubblico. - 3. Il ruolo ordinante della pianificazione urbanistica tra razionalità economica e valori costituzionali. - 3.1 Il peso economico delle scelte pubbliche: sostenibilità finanziaria e regime dei beni nella rigenerazione urbana. - 3.2 Il grande evento come fattore determinante nella qualificazione dell’opera di interesse generale. - 4. La dimensione necessariamente pluralista della rigenerazione urbana
1. L’ambiguità della nozione di rigenerazione urbana e ambientale. Un invariante necessaria
Le attività ascrivibili all’ampia e indefinita nozione di rigenerazione urbana sfuggono, come noto, a una sistemazione e categorizzazione fissa e immutabile, aspetto che rende incerto se la stessa attività di cui si discorre rappresenti un fine cui ambire o uno strumento diretto al raggiungimento di obiettivi ulteriori.
Lo sviluppo razionale e sostenibile dei territori deve, oggi, prevedere quale premessa logica e necessaria il contenimento del consumo di suolo[1], che deve realizzarsi attraverso una serie di interventi e di politiche pubbliche, tra le quali si deve segnalare proprio la rigenerazione urbana, che consente di orientare e condizionare le attività urbanistiche principalmente verso quelle che integrano interventi di riqualificazione e valorizzazione dell’esistente.
Dalla fine degli anni 2000, la progressiva riduzione delle iniziative pubbliche di rigenerazione urbana - che si era nel frattempo imposta come modello di riferimento - a causa delle diverse crisi economiche verificatesi, ha imposto, in termini generali, un ripensamento dell’intero modello di amministrazione dei territori, soprattutto urbani, attraverso alcuni accorgimenti, tra i quali il riconoscimento di un ruolo sempre crescente ai privati[2] o, in ogni caso, il ricorso a forme di collaborazione tra pubblico e privato[3].
Nell’ultimo decennio, tuttavia, le politiche pubbliche in tema di rigenerazione urbana hanno attraversato una fase di rinnovata centralità e hanno consentito di riportare la pianificazione al centro del dibattito e, per tale via, hanno restituito peso al decisore pubblico, da intendersi soprattutto quale ente locale preposto all’intervento, anche in termini di soggetto in capo al quale ricadono gli oneri e le poste passive dell’attività.
La rigenerazione urbana e ambientale deve, oggi, attuarsi attraverso una pianificazione o programmazione di ampio respiro, sostenibile e di carattere strategico, al fine di ambire a divenire strumento ordinario di razionalizzazione dei territori[4], superando anche la contingenza di singole e isolate linee di finanziamento pubblico.
La crisi economica e l’affannosa rincorsa a garantire la sostenibilità degli interventi sono i cardini e le spinte intorno alle quali deve muoversi un percorso induttivo, nel quale gli strumenti, ma anche gli attori, sono individuati e definiti in forma riflessa, in funzione degli obiettivi - da intendersi come correlati ai vincoli - da perseguire.
L’indeterminatezza semantica, e quindi di regime, dell’espressione rigenerazione urbana non è fugata, né superata, ma resta una nozione che si pone, come osservato[5], tra il diritto alla città[6] e il diritto delle città e che potrebbe finanche assurgere al rango di funzione amministrativa propria e composita.
Si tratta di una politica di governo del territorio, nella quale si recupera il ruolo centrale del soggetto pubblico, al fine di realizzare un’attività di pianificazione complessa e consapevole, che provveda a una sintesi razionale delle attività tradizionali, anche se con i necessari correttivi.
Si deve, in ogni caso e come punto logico di partenza, osservare che si tratta di attività che hanno ad oggetto una parte di suolo già trasformata, di cui si deve limitare il deterioramento, attraverso sviluppo e recupero delle stesse aree.
Si potrebbe rendere necessario un ripensamento, magari non necessariamente radicale, delle modalità di gestione del territorio, che è integrata da due ipotesi, la microgenerazione, che si sostanzia in iniziative puntuali basata su modelli di amministrazione condivisa e la macrogenerazione, che si basa su una pianificazione strategica, complessa e che si avvale soprattutto della pianificazione urbanistica affidata ai comuni[7], oggetto della presente analisi.
Le difficoltà, o forse gli ostacoli al perfezionamento di un modello di urbanistica adeguato alle esigenze contemporanee, sono da rinvenirsi principalmente in carenze in termini di organizzazione - tecniche ed economiche - e di misurazione e verifica dei risultati, che divengono i punti di incrocio, ma anche di confine, che delimitano l’area anche delle presenti riflessioni.
2. Il caso dell’Arena di Milano: la legittimità della scelta di non acquisire la proprietà al patrimonio pubblico
Le attività di rigenerazione urbana, anche per attinenza semantica, si confrontano con spazi e beni già oggetto di precedente trasformazione, che, qualora siano di proprietà di privati, impongono all’amministrazione di tenere in debita considerazione anche la sostenibilità economica dei singoli interventi da pianificare e eseguire, anche rispetto alla scelta di provvedere o meno all’acquisizione del bene.
Giova, al fine di individuare e isolare le diverse questioni da sottoporre ad attenta indagine, ricostruire la vicenda oggetto della sentenza in commento.
La società appellante, proprietaria di un grande impianto deputato ad ospitare manifestazioni sportive e di intrattenimento[8], deduce di aver agito in giudizio per ottenere l’annullamento di un atto integrativo dell’Accordo di programma con il quale il comune di Milano aveva provveduto ad attuare il Programma integrato di intervento, attraverso la censura esclusiva delle previsioni urbanistiche e gli atti concernenti l’Arena di Milano, nel senso, però, non di impedire la realizzazione dei singoli interventi, ma al fine di rimuovere le asserite illegittime e irragionevoli agevolazioni giuridiche ed economiche riconosciute dalle amministrazioni all’operatore beneficiario, la società partecipata Milano Santa Giulia s.p.a.[9], il cui ruolo è proprio quello di promuovere e pianificare le opere di riqualificazione urbana, in una determinata area della città.
L’appellante aveva formulato le proprie doglianze già nell’ambito del procedimento di VAS relativo proprio al menzionato atto integrativo, ma lamentava di non aver mai ricevuto le determinazioni dell’amministrazione e di essere stata lesa, per tale via, nelle proprie prerogative di effettiva e piena partecipazione al procedimento di pianificazione.
A parere della resistente, invece, tale lesione sarebbe stata adeguatamente considerata, poiché i documenti in questione non avrebbero apportato aspetti nuovi al procedimento e non era, pertanto, necessario un ulteriore apporto partecipativo del privato[10].
L’appellante riteneva, al contrario, che con gli atti integrativi il comune avrebbe provveduto, in realtà, a motivare ex post la scelta urbanistica relativa all’attribuzione all’Arena di Milano di “opera di interesse pubblico o generale”, con l’introduzione nella determinazione assunta di elementi particolarmente rilevanti sui quali l’appellante non era nelle condizioni di contraddire, in considerazione del carattere ravvicinato dell’approvazione definitiva dell’atto integrativo.
L’appellante, inoltre, riteneva irragionevole e incomprensibile la scelta del comune di Milano di non prevedere di rendere pubblica la proprietà dell’Arena, anche a fronte delle numerose rinunce, effettuate proprio nell’atto integrativo, a valori già acquisiti con l’Accordo di programma sottoscritto nel 2004 e degli incrementi volumetrici e dei vantaggi accordati al privato. L’appellante osservava, infatti, che la proprietà pubblica avrebbe imposto, tra le altre, lo svolgimento di una gara per l’individuazione del soggetto preposto alla gestione della struttura.
Sotto altro profilo, si contestava la parte in cui la sentenza di primo grado aveva affermato l’inapplicabilità, ai fini del riconoscimento dell’interesse pubblico o generale dell’opera, dell’art. 4 delle Norme Tecniche di Attuazione al Piano dei servizi del PGT. Il T.A.R. sarebbe incorso in eccesso di potere giurisdizionale[11], poiché avrebbe ritenuto in via postuma non applicabile la norma di riferimento - l’art. 4 delle Norme Tecniche di Attuazione - e si sarebbe sostituito alla non contestata valutazione dell’amministrazione, in termini di selezione della normativa applicabile alla fattispecie concreta[12].
Di particolare rilievo per l’analisi condotta, sarebbero del tutto mancate le indispensabili e non differibili verifiche in termini di accertamento dell’effettivo valore degli oneri e di stima della concreta entità economica dei benefici e delle agevolazioni. La struttura in esame non avrebbe infatti provveduto a colmare una lacuna del territorio comunale, già in grado di ospitare numerosi eventi, tra i quali una serie di eventi previsti per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026.
Da ultimo, si deduceva l’omessa violazione, in primo grado, dell’irragionevolezza dell’azione amministrativa che avrebbe condotto a porre a esclusivo carico delle amministrazioni coinvolte - Comune e Regione - e di una società concessionaria gli interventi di adeguamento di un tratto viario, in quanto connessi alle difficoltà di viabilità generate dal prevedibile aumento carico urbanistico[13] collegato alla realizzazione dell’Arena, poiché gli stessi sarebbero dovuti rientrare nell’ambito degli oneri di urbanizzazione[14] ed essere, per tale via, posti a carico della società partecipata Milano Santa Giulia s.p.a., menzionata in precedenza.
Il Consiglio di Stato ha osservato che, in primo luogo, la pretesa violazione delle garanzie partecipative a causa della tardiva pubblicazione dei documenti non sussiste[15], poiché si trattava di mera attuazione della normativa urbanistica, le cui linee fondamentali erano già ampiamente note alla ricorrente, che aveva, infatti, già presentato altre osservazioni puntuali sugli stessi profili. Anche nell’ottica del rispetto degli obblighi di pubblicazione, l’amministrazione aveva provveduto a rendere noti gli atti riferibili alla proposta di variante al Programma integrato di intervento (PII), tra cui la rilevazione generale e la normativa di variante; risultavano, pertanto, rispettate la ratio delle norme che prescrivevano la pubblicazione degli strumenti urbanistici.
Le osservazioni dell’appellante, che integravano semplici apporti in chiave collaborativa, avevano, in ogni caso, indotto l’amministrazione a condurre un accertamento istruttorio più approfondito[16], rispetto al bilanciamento degli interessi in gioco.
Il Collegio ha ritenuto di non accogliere il rilievo con il quale era messa in discussione la scelta del Comune di non prevedere che l’Arena divenisse di proprietà pubblica, in termini di contropartita dei vantaggi concessi al privato dall’accordo integrativo all’Accordo di programma.
A parere del Collegio - e l’aspetto appare dirimente nell’economia della presente trattazione - tale determinazione risulta ragionevolmente adottata dall’amministrazione, in ragione di una ponderazione tra costi e benefici, non riferibili solo all’eventuale acquisizione del bene nel patrimonio pubblico, ma all’operazione nel suo complesso. La scelta è, infatti, espressione dell’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione comunale in materia di pianificazione urbanistica[17], funzionale non solo all’interesse pubblico dell’ordinato sviluppo edilizio[18] dei territori[19], in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità e uso, ma e soprattutto, al fine di realizzare e pervenire a un bilanciamento razionale dei diversi interessi pubblici, talvolta antagonisti anche tra loro, che rinvengono il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti[20].
Il Consiglio di Stato, in ragione delle argomentazioni già indicate, rigetta l’appello e conferma le determinazioni assunte dal giudice di prime cure.
3. Il ruolo ordinante della pianificazione urbanistica tra razionalità economica e valori costituzionali
Dalla sentenza in commento possono trarsi diversi spunti di indagine che gravitano intorno al nucleo della nozione di rigenerazione urbana, quale possibile, ma necessaria attività per un razionale governo del territorio.
Si deve individuare, a partire dalle questioni sottoposte al vaglio della Corte, il modo in cui gli enunciati e gli interessi si dispongono e si ordinano, nella proiezione di un campo di relazioni astratte, al fine di individuare ricadute di natura sistemica, del quale il versante urbanistico diviene sede preferibile, anche se non esclusiva, di verifica.
La necessità di individuare strumenti di pianificazione che possano consentire di valutare unitariamente gli interessi sempre con continuità, in modo da ottenerne l’adeguamento all’evoluzione sociale e alle esigenze sopravvenute si scontra con radicate difficoltà derivanti da cause eterogenee, alcune immanenti e ben note, altre più celate e latenti.
Appare evidente, in quest’ottica, che l’urbanistica, e con essa l’esercizio del potere di pianificazione territoriale, non possono più essere ricondotte alla mera funzione di coordinamento delle capacità edificatorie. Esse devono essere reinterpretate in termini di manifestazione dell’intervento degli enti esponenziali della collettività sul proprio territorio, al fine di orientarne lo sviluppo complessivo[21], in una prospettiva di equilibrio e di armonia, ma sempre nel rispetto dei vincoli di spesa.
Tale attività di pianificazione deve debitamente considerare, da un lato, le potenzialità edificatorie dei suoli, sempre in rapporto con le effettive esigenze abitative[22] della comunità e con le concrete vocazioni naturali e storiche dei luoghi e, dall’altro, i valori ambientali e paesaggistici, le istanze di tutela della salute pubblica e, più in generale, il diritto dei cittadini alla città, nonché le necessità economiche e sociali della collettività radicata nello spazio urbano.
In questa visione più avanzata, l’attività pianificatoria non si esaurisce nella mera distribuzione di indici edilizi[23], ma si sostanzia nell’elaborazione di un progetto di sviluppo che imprime ai luoghi un orientamento riconoscibile e coerente con la loro matrice e con la loro destinazione originaria. Si tratta, in definitiva, di un’attività che, oltre a proiettarsi nel futuro, riflette sul senso stesso dell’identità del territorio[24], in una dinamica di autorappresentazione e di autodeterminazione che la comunità locale esercita attraverso i propri organi democraticamente eletti e, prima ancora, mediante la partecipazione diretta dei cittadini ai procedimenti di formazione degli strumenti urbanistici.
Gli ambiti tematici che possono essere isolati e che meritano autonoma trattazione sono almeno due, il primo relativo alla valutazione operata dall’amministrazione sui costi che sarebbero derivati dall’acquisizione del bene - l’Arena - nel patrimonio pubblico e il secondo relativo alla qualificazione del medesimo bene come opera di interesse pubblico e generale, anche per gli interventi infrastrutturali ancillari e di supporto che si sarebbero resi necessari, ai fini l’individuazione del soggetto competente per tale attività[25].
Il caso di studio consente di verificare la tenuta degli istituti e degli equilibri che, anche oltre la mera attività urbanistica, impongono all’interprete di indagare rappresentazioni sistemiche, ma dinamiche, rispetto ai vari interessi e ai profili di vulnerabilità che le decisioni possono radicare in capo al soggetto pubblico nel lungo periodo.
Si può, in altri termini, rifuggire da esperimenti di simulazione puramente dogmatica, per ricollocare le scelte di governo del territorio in una realtà più complessa, di poteri, di giudici, ma anche di vincoli di bilancio.
3.1 Il peso economico delle scelte pubbliche: sostenibilità finanziaria e regime dei beni nella rigenerazione urbana
Il primo aspetto da sottoporre ad analisi riguarda i profili di legittimità delle scelte dell’amministrazione in termini di sostenibilità economica e la correlazione che tale aspetto ha con la previsione di una destinazione d’uso del bene per un grande evento.
La zona individuata quale destinataria dell’intervento richiedeva una costosa attività di bonifica e l’amministrazione ha interpretato l’intervento in questione come un efficace intervento di rigenerazione urbana e ambientale, diretto a recuperare e trasformare un’area periferica e dismessa in un quartiere cittadino, dotato di una serie di attrezzatture di cui la città era carente.
Si tratta, come noto, di scelte che presuppongono un rinnovato scenario del disegno urbanistico, manifestato attraverso uno strumento di pianificazione generale che si pone quale diretta espressione di un potere caratterizzato da ampia discrezionalità, poiché si tratta, a ben vedere, di atti che sono funzionali all’organizzazione del territorio[26], che dovrebbero consentire al soggetto decidente di valutare consapevolmente le diverse opzioni inerenti al riuso e allo sviluppo socioeconomico degli spazi urbani[27].
L’amministrazione comunale ha ritenuto preferibile, proprio in ragione dei preventivati costi manutentivi e di gestione, di non acquisire nel patrimonio una simile struttura, rifuggendo in tal modo dal ricorso a schemi concessori, preferendo forme di regolamentazione dell’uso che fossero più rispondenti alla concreta situazione, al fabbisogno della popolazione e, da ultimo, agli obiettivi e alle necessità del territorio[28].
Il tema del governo del territorio e, nello specifico, proprio l’ammontare del debito che i procedimenti espropriativi hanno lasciato in eredità agli enti locali ha rappresentato una voce significativa del disavanzo che le amministrazioni hanno generato, soprattutto in passato[29].
La progressiva riduzione del ricorso ai procedimenti espropriativi, per lasciare spazio a soluzioni consensuali[30], quali gli strumenti perequativi[31], tra i quali le attività di rigenerazione urbana, ha proporzionalmente ridotto l’effetto debitorio che gli stessi hanno sulle casse degli enti locali.
Per ciò che riguarda il mancato acquisto del bene da parte dell’amministrazione deve, peraltro, precisarsi che l’assetto proprietario dell’impianto era già stato configurato dall’amministrazione all’interno del Dossier di candidatura per i giochi olimpici invernali - poi assegnati proprio a Milano-Cortina per il 2026 - ed emergeva da diversi protocolli firmati in seguito dai diversi soggetti coinvolti.
La scelta di non acquisire un bene da parte dell’amministrazione è espressione di una valutazione, non solo a carattere pianificatorio, ma che esprime la ricerca di razionalità e sostenibilità di tutte le eventuali voci di debito connesse, al fine di evitare che le stesse gravino in maniera deteriore sulle casse dell’ente e si rivelino non funzionali proprio all’obiettivo che l’amministrazione aveva individuato in fase di pianificazione.
Ulteriore profilo che rileva in termini di attribuzione dei costi riguarda l’individuazione del soggetto sul quale debbano gravare i costi per le opere di urbanizzazione ancillari e funzionali all’attività di rigenerazione principale.
Le attività, come quelle dirette a migliorare la viabilità o che perseguano tali fini attraverso interventi strutturali[32], devono essere distinte in opere di urbanizzazione primaria funzionali al singolo bene e in interventi (viabilistici) di maggiori dimensioni, spesso inseriti in Piani di collaborazioni tra enti.
Qualora l’attività di urbanizzazione sia funzionale a una migliore fruizione di un bene destinato a un grande evento, la stessa assume una dimensione funzionale che trascende la dimensione comunale, anche in ragione delle diverse fonti di finanziamento pubblico e rispetto agli intuibili effetti in termini di spesa e, anche, perché l’utilità dell’opera si propone di risolvere criticità preesistenti non limitabili a conseguenze sopravvenute con l’opera stessa, ma preesistenti[33].
Si può osservare, in termini generali, che l’amministrazione del territorio e i costi, diretti e imprevedibili, anche per ciò che riguarda l’imputazione degli stessi, sono aspetti inscindibili che rinvengono in decisioni consapevoli e razionali di pianificazione la sede elettiva ed esclusiva di sintesi.
3.2 Il grande evento come fattore determinante nella qualificazione dell’opera di interesse generale
Il secondo profilo è inerente alla qualificazione dell’immobile come opera di interesse pubblico e generale[34].
Nella sentenza in commento, così come rilevato dal giudice di prime cure, si osserva come in presenza di accordi di programma e loro varianti, tra le quali assume rilievo l’atto integrativo, devono tenersi in considerazione proprio le particolari disposizioni stabilite in tali atti che, come osservato, possono essere ricomprese a pieno titolo tra le regole di pianificazione.
La qualificazione di un bene come di interesse pubblico[35] può, peraltro, desumersi da altre circostanze che risultano non contestabili, tra le quali, per il caso in esame, rileva la destinazione del bene a intervento strategico per un grande evento, quali devono intendersi senza alcun dubbio i giochi olimpici invernali.
Si tratta di una destinazione che si desume della stretta funzionalità che l’opera ha con l’evento e che non può essere disattesa da argomentazioni contrarie; non può, in altri termini, essere oggetto di contestazione in giudizio.
La struttura, inoltre, per le sue caratteristiche peculiari è adatta allo svolgimento di altri grandi eventi, ma appare altresì idonea a soddisfare ulteriori esigenze della collettività, in termini funzionali allo sviluppo del nuovo quartiere e, quindi, alla buona riuscita dell’attività di rigenerazione urbana.
La destinazione d’uso, d’altronde, è essa stessa espressione di una precettività stringente, in ragione della quale dovrebbero imporsi rigorose giustificazioni di proporzionalità a ogni interpretazione difforme da quella che appare preferibile in base agli indici che emergono dal riscontro fattuale.
Tale ancoraggio al principio di pianificazione è diretto a evitare di collocare al di fuori del piano proprio le attività di rigenerazione urbana e, di riflesso, limitare strumenti derogatori[36].
In altri termini, escludere che un’opera destinata a un grande evento possa non essere riconosciuta come d’interesse generale risponde a un’esigenza avvertita di certezza e di stabilità degli affidamenti, aspetto che in diritto urbanistico assume, come noto, una portata caratterizzante e consente di rendere gli interessi funzionali, a cui l’opera è servente, quali punti di riferimento per orientare la ponderazione e la valutazione degli interessi che si troverebbero, in assenza di tale indicazione, in una condizione di parità[37].
La circostanza di poter desumere la qualificazione di opera di interesse generale[38] da un elemento che non può divenire oggetto di deduzione in sede contenziosa è, peraltro, suffragato da caratteristiche oggettive, fisiche ed economiche, degli immobili e di riflesso dagli interessi rilevanti e peculiari che gravitano, a varie distanze, nell’orbita del grande evento[39].
Si deve, in definitiva, mantenere una correlazione stabile, che deve legare, a partire proprio dalla qualificazione dell’opera e in maniera indissolubile, organizzazione e fasi di programmazione e pianificazione, nella consapevolezza della plurisettorialità degli interventi da realizzare[40], della complessità e della tecnicità degli interessi coinvolti e, non da ultimo, degli effetti dell’opera sul territorio, in tutte le sue possibili dimensioni.
4. La dimensione necessariamente pluralista della rigenerazione urbana
Possono trarsi, non conclusioni, ma traiettorie di ricerca, a partire dalle componenti critiche e problematiche isolate.
La rigenerazione urbana e il contenimento del consumo di suolo quali criteri cui ispirare il governo del territorio richiedono un ripensamento, a partire dai profili organizzativi, delle attività che orientano il bilanciamento degli interessi che - per riprendere una celebre formula - resta un problema oggettivamente determinabile[41].
Possono infatti isolarsi e concretizzarsi i fatti, i valori, gli effetti che sono oggetto di disposizione - anche se talvolta concordata, come nell’urbanistica consensuale - e di un preciso potere anche se attribuito a diversi centri di competenza.
Qualora si ambisca a trarre una visione d’insieme, nella quale il disporsi insieme di pianificazione, opera e interessi che divengono, intuitivamente, l’oggetto elettivo della qualificazione giuridica.
Anche l’attività di rigenerazione dell’esistente deve essere condotta nel rispetto del catalogo dei principi che innervano il diritto urbanistico[42], ma che compongono un palinsesto combinatorio entro cui gli stessi si bilanciano vicendevolmente - si pensi al potenziale antagonismo che si pone tra attività di rigenerazione e oneri che ne derivano per la finanza pubblica - e che sono, talvolta, isolabili con notevoli difficoltà.
La vicenda oggetto della sentenza in commento conferma la necessità, per il decisore e l’interprete, di rifuggire da letture assolutizzanti o inclini a rileggere vicende contingenti per isolare un interesse assolutamente prevalente, poiché il ricorso al bilanciamento graduale e per obiettivi appare un’esigenza ormai radicata[43].
L’urbanistica, d’altronde, non evolve in modo uniforme e nelle medesime direzioni in tutti i contesti locali, i quali sono caratterizzati da difformità di varia natura, tra le quali assumono un rilievo specifico quelle di natura finanziaria.
L’obiettivo della coesione economica e sociale, sotto il patrocinio della rinnovata urbanistica, non comporta e impone solo il coordinamento delle attività di pianificazione ai vari livelli, ma anche l’allineamento degli standard, territoriali e quindi sociali, per consentire la migliore allocazione possibile, con le esigenze di equità, con uno sguardo attento alle necessità non negoziabili delle condizioni delle amministrazioni locali[44].
La rigenerazione urbana non è, ovviamente, immune da questo scrutinio di sostenibilità, di tenuta della stessa rispetto ai profili di democrazia economica che, come noto, hanno imposto di superare il modello di urbanistica insostenibile ed hanno, come diretta conseguenza, determinato l’assunzione della complessiva trama di rapporti intersoggettivi e di pesi economici che dagli stessi derivano.
In conclusione, anche le rinnovate esigenze di governo del territorio - al di là dell’espressione utilizzata per qualificare le diverse attività - devono rinvenire un punto affidabile, ma non immutabile, di sintesi nei principi tradizionali di organizzazione e di giustizia sostanziale, nel quale l’amministrazione locale deve porsi come istituzione regolativa del rapporto tra territori e risorse pubbliche, definito in maniera evocativa ed efficace “il problema del rendimento istituzionale[45]”, applicato alle scelte urbanistiche.
Anche la rigenerazione urbana si pone allora quale necessario strumento, espressione di regolazione con matrice composita, autoritativa e consensuale, funzionale ad assicurare e a divenire sede elettiva sia della razionalizzazione delle scelte urbanistiche, sia dell’ordine economico che dalle stesse derivano, non solo come effetto, ma come fattore ordinante primario.
Una nota conclusiva, che non si inscrive propriamente in un’attività di rigenerazione urbana, ma particolarmente indicativa anche per l’importanza e il rilievo storico dell’immobile oggetto del procedimento, si può ricavare dalla recente acquisizione da parte del Demanio dello Stato dello storico Palazzo Gussoni-Grimani di Venezia per destinarlo a sede del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, che lo occupava in ragione di un contratto di concessione con la Regione Veneto.
La scelta di acquisire il bene, in luogo di un contratto di concessione a titolo oneroso, si è resa opportuna al fine proprio di ottenere un notevole risparmio di spesa per l’Erario e per garantire una sistemazione stabile al Tribunale Amministrativo Regionale e palesa, nel delicato bilanciamento tra scelte urbanistiche ed esigenze di finanza pubblica, l’esigenza di tenere in considerazione diverse componenti, con matrici diverse e sottoposte a regimi e principi giuridici che, isolati, orienterebbero l’azione amministrativa in direzioni talvolta inconciliabili tra loro.
[1] Sulla necessaria complementarità tra tali due aspetti, cfr. G.A. Primerano, Il consumo di suolo e la rigenerazione urbana. La salvaguardia di una matrice ambientale mediante uno strumento di sviluppo sostenibile, Napoli, ES, 2022, 81 ss.; di recente, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 20 gennaio 2025, n. 188, in Riv. giur. edil., 2025, 2, I, 241, per il quale è legittima una previsione pianificatoria comunale che riduca le aree destinate a interventi urbanizzativi in modo da evitare che si consumi suolo libero. I comuni hanno potere di procedere alla modifica dello strumento urbanistico e prevedere attraverso lo stesso la riduzione del consumo di suolo, senza necessità di attendere gli adempimenti posti in capo al decisore pubblico regionale e provinciale, correlati all’individuazione della soglia di riduzione del consumo di suolo, al fine di assicurare un bilancio ecologico del suolo, in attuazione del principio di inesauribilità della funzione di pianificazione urbanistica, la cui attribuzione spetta agli enti locali.
[2] In tema, imprescindibile è il rinvio a P. Stella Richter, I sostenitori dell’urbanistica consensuale, in P. Urbani (a cura di), Le nuove frontiere del diritto urbanistico, Torino, Giappichelli, 2013, 21 ss., il quale osserva che la spinta alla depianificazione ha fatto sì che la consensualità divenisse il fulcro delle politiche di riqualificazione e il cardine dell’urbanistica in trasformazione, anche in termini di ripartizione degli oneri, non solo economici di recente, D. Caldirola, La capacità generativa della comunità nel rinnovamento urbano, in Federalismi, 2024, 27, 25 ss., dal tenore del quale si desumono anche le criticità insite nella c.d. rigenerazione dal basso.
[3] Sulle tracce evolutive del modello, necessario è il rinvio a R. Ferrara, La programmazione «negoziata» fra pubblico e privato, in Dir. amm., 1999, 2, 429 ss., ora anche in Scritti giuridici, Napoli, ES, 2023, 251 ss., 275, il quale nel rilevare criticità applicative e interpretative, osserva che, proprio sul piano urbanistico si è passati da modelli caratterizzati da marcata elasticità a modelli rigorosi e formalizzati.
[4] Si v. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 11 dicembre 2020, n. 2473, per il quale la rigenerazione urbana costituisce lo strumento attraverso il quale l’ente pianificatore - comunale e sovracomunale - realizza la riqualificazione del territorio degradato in vista del suo migliore e più valido impiego, mediante previsioni di riutilizzo o riuso che consentono altresì di limitare o impedire il consumo di suolo inedificato. Si deve, però, osservare che la nozione di rigenerazione non investe solo la mera programmazione e pianificazione di recupero o di risanamento, ma arriva a ricomprendere la coesione territoriale e sociale. “In tale prospettiva, che consente un ampio utilizzo dello strumento della rigenerazione urbana - la previsione di misure di incentivazione dipende strettamente dall’obiettivo perseguito dall’ente pianificatore, essendo ipotizzabile che quest’ultimo perseguirà con priorità e maggiore intensità la riqualificazione di comparti destinati a soddisfare esigenze pubbliche in un dato momento storico valutate di primario rilievo, ivi prevedendo misure di incentivazione più intense, mentre in altri ambiti potrà discrezionalmente decidere di incentivare con modalità differente, oppure in misura più debole, ovvero ancora di non incentivare il perseguimento dell'obiettivo di rigenerazione disposto dal piano”.
[5] Cfr. G. Gardini, Alla ricerca della “città giusta”. La rigenerazione come metodo di pianificazione urbana, in Federalismi, 2020, 24, 74 ss., “rigenerazione urbana” integra un’espressione polisemica, la cui identificazione è complicata dall’incertezza che avvolge alcuni concetti chiave e dalla circostanza che indica attività molto diverse tra loro; necessario è il rinvio P. Urbani, Il declino del piano: un nuovo rapporto tra autorità e libertà?, in Riv. giur. urb., 2025, 1, 127 ss., 131.
[6] Sul tema, pur se nella prospettiva del verde urbani, si v. M.F. Errico, Per “fare” una città di vuole un albero? Note in tema di città e verde urbano, in Riv. giur. edil., 2024, 4, 301 ss., 305, il quale sottolinea una nuova visione dell’urbanistica che consente di realizzare una serie di attività di trasformazione urbana in un’ottica condivisa.
[7] Sul cui profilo, anche nella prospettiva della giustizia sostanziale dell’azione, si v. A. Fioritto, M. Lunardelli, L’interesse ad impugnare gli strumenti di pianificazione urbanistica, in Riv. giur. urb., 2024, 3, 424 ss.
[8] Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 2 febbraio 2022, n. 245, in Riv. giur. edil., 2022, 2, 552, sui profili di legittimità della dotazione degli standard urbanistici – anche rispetto ad aree verdi destinate ad attività sportive - in misura superiore rispetto a quella minima di legge, senza alcuna specifica motivazione. Le previsioni di piano necessitano di una motivazione rafforzata, che non può consistere nel mero richiamo a formule generiche; si v. anche Cons. St., sez. VI, 4 giugno 2025, n. 4842.
[9] Società controllata del “Gruppo risanamento”, società proprietaria di terreni di una determinata area della città.
[10] Sul tema della partecipazione ai procedimenti valutativi, de relato sul pensiero di Pericu, si v. M. Cafagno, L’ambiente del pensiero di Giuseppe Pericu, tra categorie concettuali e gioco degli interessi, in Riv. giur. amb., 2023, 2, 293 ss., 301.
[11] In tema, sulle scelte urbanistiche, Cons. St., sez. VII, 4 settembre 2024, n. 7382.
[12] Indicazioni in tal senso sono fornite da Cons. St., sez. IV, 4 giugno 2025, n. 4855, rispetto alla necessità di garantire la conformità degli interventi alle norme tecniche di attuazione e ai diversi allegati.
[13] Sul collegamento funzionale, proprio in termini di oneri di urbanizzazione, cfr. F. Dello Sbarba, L’incremento del carico urbanistico quale criterio prioritario ma non esclusivo nella determinazione degli oneri di urbanizzazione, in Riv. giur. edil., 2010, 2, I, 517 ss.; di recente, proprio in tema di rigenerazione urbana, si v. Corte cost., 14 aprile 2023, n. 70, gli interventi statali di attrazione in sussidiarietà per ritenersi legittimi devono esercitarsi nel rispetto della leale collaborazione, poiché devono essere garantiti momenti partecipativi per gli enti territoriali “espropriati” delle proprie prerogative costituzionali, a fronte dell’esigenza di assicurare un esercizio unitario delle funzioni. “Con il comma 537 dell'art. 1 della l. 30 dicembre 2023, n. 234 - il quale demanda la determinazione dell'ammontare del contributo per la rigenerazione urbana spettante a ciascun comune a un decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza alcuna forma di coinvolgimento delle regioni - lo Stato ha attratto, con chiamata in sussidiarietà, le competenze amministrative di dettaglio, unitamente alle rispettive competenze legislative regionali, nella materia governo del territorio senza garantire il coinvolgimento delle regioni”.
[14] In termini ampi, già A. Crosetti, Economia urbana e oneri di urbanizzazione, in Foro amm., 1976, 1, 283, osservava che vi fosse la necessità di prevedere, fin dalla fase di programmazione, ad un’attività di scomputo graduale delle opere da sottoporre ad attività di rigenerazione e quelle da completare; più di recente, F. Cusano, La disciplina delle opere di urbanizzazione a scomputo e degli extra-oneri alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, in Dir. e proc. amm., 2024, 3, 681 ss., 695.
[15] Indicative le determinazioni di T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17 settembre 2009, n. 4671, in Riv. giur. edil., 2009, 5-6, 1859, che fornisce indicazioni in tema di minimi da rispettare per i c.d. indici di partecipazione.
[16] Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 28 ottobre 2024, n. 8521, sulla necessità di provvedere a un approfondimento istruttorio, per le attività di pianificazione urbanistica, per verificare la compatibilità degli interventi con gli interessi primari che il piano è preposto, ex lege, a tutelare.
[17] In tema, necessario è il rinvio a studi classici, tra i quali A. Sandulli, Competenze e coordinamento delle competenze nella pianificazione urbanistica e in quella comunale generale, in La pianificazione urbanistica. Atti del VII° Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Milano, 1962, 59 ss., 61, secondo il quale la pianificazione urbanistica deve prendere le mosse dalla realtà sociale, economica e giuridica, quali presupposti essenziali, ma non sufficienti a garantire legittimità e adeguatezza delle determinazioni amministrative.
[18] Cfr. la voce enciclopedica curata da M.A. Sandulli, Edilizia, ora anche in Riv. giur. edil., 2022, 3, 171 ss.; tra i contributi in tema, anche per l’influenza che lo studio ha avuto sul presente scritto, cfr. G. D’Angelo, Piano paesistico e piano urbanistico: contenuti, funzioni e loro attualità, in Riv. giur. edil., 1996, 6, II, 163 ss.
[19] Indicative, in tal senso, appaiono le indicazioni offerte dalla sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, n. 550, nella quale - in tema di permesso a costruire - rileva che il governo del territorio, da intendersi quale possibile attività che incide su quella di rigenerazione urbana, fa sorgere in capo all’amministrazione determinati obblighi di fonte legale e di natura solidaristica diretti ad assicurare si realizzi un sistema adeguato ad un ordinato e razionale sviluppo del territorio.
[20] Ex multis, Cons. St., sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 783
[21] Insuperate le riflessioni di V. Bachelet, L’adeguamento dell’apparato di governo alle esigenze di una politica di sviluppo, in Il Pol., 1961, 8, 692 ss.
[22] Di ampio respiro, in tema, sul versante dell’individuazione di un punto di raccordo per le politiche pubbliche sono le riflessioni di G. Sorrenti, Diritti senza dimora: le politiche abitative del Terzo Millennio tra Pnrr e livelli essenziali delle prestazioni, in Pol. dir., 2023, 4, 443 ss.; sul controverso profilo del social housing, M.G. Della Scala, Il “social housing” come servizio di interesse generale tra tutela multilivello del diritto sociale all’abitare e imperativi alla concorrenza, in Riv. giur. edil., 2019, 2, II, 179 ss., 199.
[23] Come osserva de relato rispetto al pensiero di Salvia, N. Gullo, Il pensiero giuridico (e non solo) di Filippo Salvia tra urbanesimo e sviluppo sostenibile, in Studi in onore di Filippo Salvia. Atti del Convegno. Quale piano per il futuro dell’urbanistica, Napoli, ES, 2022, 385 ss., il quale osserva che i profili giuridici degli istituti di regolamentazione dei territori e il ruolo svolto dai diversi attori istituzionali, economici e sociali hanno condizionato l’applicazione degli strumenti urbanistici e hanno portato una rinnovata attenzione sulla progressiva emersione di interessi pubblici “egemoni”, che hanno prima legittimato una fuga dalla pianificazione e, poi, hanno richiesto un ripensamento del ruolo delle autorità comunali; nella prospettiva sociale del tema, R. Ferrara, La programmazione negoziata, cit., 275, nota che proprio i patti territoriali sono espressione di forme di collaborazione a carattere sociale da cui derivano vincoli peculiari, anche sotto il profilo della sostenibilità del piano in sé.
[24] Su cui Corte cost., 23 luglio 2018, n. 172, in Giur. cost., 2018, 4, 1850, in tema di ricerca di equilibrio tra il mantenimento di identità dei territori e la realizzazione di infrastrutture.
[25] Cfr. G. Colombini, V. Manzetti, Una riflessione (a due voci) su urbanistica e città (in)visibili, in Studi in onore di Filippo Salvia. Atti del Convegno. Quale piano per il futuro dell’urbanistica, Napoli, ES, 2022, 231 ss., 244, la modifica degli spazi urbani e la riorganizzazione dei territori, in base a nuovi principi e nuove logiche di sviluppo, sono aspetti che impongono di ripensare la questione urbana, proprio rispetto alla ridefinizione degli standard e all’articolazione delle politiche infrastrutturali; sul tema degli investimenti, cfr. M. Macrì, Gli investimenti infrastrutturali, in Giorn. dir. amm., 2024, 2, 185 ss.
[26] Sul dialogo tra componente territoriale e diritti da garantire, si v. L. Giani, L’amministrazione tra appropriatezza dell’organizzazione e risultato: spunti per una rilettura del dialogo tra terriorio, autorità e diritti, in Nuove aut., 2021, 3, 551 ss., 560.
[27] Cfr., di recente, A.M. Laboccetta, Il territorio come “attore” di sviluppo socio-economico, in Federalismi, 2025, 14, 40 ss., 54, il quale osserva che la transizione dall’urbanistica al governo del territorio implica la ricerca di una rinnovata sintesi di interessi pubblici e privati, con il territorio inteso come luogo, al contempo, di conflitto e mediazione. Si deve notare che la rigenerazione urbana potrebbe porsi quale terreno privilegiato di sperimentazione, e, in tal senso, si può osservare che la pianificazione assume natura sempre più negoziale e strategica.
[28] Si tratta di orientare l’intervento ai principi di proporzionalità e adeguatezza, come osservato in T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 18 giugno 2024, n. 1488.
[29] Cfr., per una disamina lontana nel tempo, ma insuperata sotto diversi aspetti, i diversi scritti raccolti in Le opere pubbliche degli enti locali, Atti del II Convegno di Studi di Scienza dell’amministrazione. Varenna, Villa Monastero, 13-16 settembre 1956, Giuffrè, Milano, 1958.
[30] Proprio rispetto agli oneri che deriverebbero, cfr. già A. Travi, Accordi fra proprietari e comune per modifiche al piano regolatore ed oneri esorbitanti, in Studi economico-giuridici. Vol. LX 2003-2004. In memoria di Franco Ledda, II, Torino, Giappichelli, 2004, 1304 ss., 1313, 1315, il quale osserva che l’onere posto a carico del privato è un riflesso della situazione di fatto che il privato si impegna a mantenere o a modificare per rendere possibile l’accordo a carattere urbanistico. Si tratta non di una controprestazione, ma il presupposto perché si possa ammettere che l’accordo determini l’edificabilità dell’area. In altri termini, non avrebbe senso confrontare l’accordo con gli oneri legali, poiché il principio di tipicità non entrerebbe in gioco; di recente, Cons. St., sez. IV, 11 novembre 2024, n. 9014, in Riv. giur. edil., 2025, 1, I, 64, “In materia di convenzioni urbanistiche, in presenza di circostanze sopravvenute rilevanti, il privato può chiedere al comune di rinegoziare i contenuti della convezione, in applicazione del principio di buona fede e correttezza ex art. 1375 c.c., richiamato dall'art. 11, comma 2, l. n. 241/1990, in forza del rinvio ivi contenuto ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti; inoltre, avendo il privato una posizione qualificata e differenziata in quanto parte dell'accordo, in presenza di un'istanza di riesame dei contenuti della convenzione, motivata in ragione di circostanze sopravvenute, è ben possibile configurare un obbligo di provvedere, ai sensi dell'art. 2 l. n. 241/1990, in capo alla controparte pubblica, che non necessariamente sarà tenuta ad assicurare il bene della vita cui aspira la parte privata, ma che dovrà, in ogni caso, istruire l'istanza e motivare le proprie determinazioni nel rispetto del canone generale di ragionevolezza e di proporzionalità”.
[31] Per un’analisi di questo percorso, cfr. C. Pinelli, La giurisprudenza costituzionale in materia di governo del territorio in assenza di legge cornice, in Giur. cost., 2022, 3, 1777 ss.; sulla natura e la titolarità delle obbligazioni, si v. V. Troiani, La natura reale delle obbligazioni assunte dal privato in caso di convenzioni urbanistiche, in Riv. Corte conti, 2024, 2, 243 ss.
[32] Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 10 agosto, 2015, n. 4227, in Foro amm., 2015, 7-8, 2093.
[33] Cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 17 marzo 2025, n. 107, in tema di ciclo di vita dell’opera destinata al grande evento e di oneri da ripartire tra i vari soggetti coinvolti.
[34] Si v. F. Cusano, L’impatto delle opere di interesse statale nel governo delle città, in Riv. giur. urb., 2024, 1, 127 ss., 135.
[35] Circostanza che, rispetto al profilo dei costi, esclude la corresponsione del contributo di costruzione o di ammodernamento, al ricorrere di due requisiti, l’interesse generale connaturato all’opera per l’appunto e la circostanza che l’attività sia svolta da ente istituzionalmente competente, su cui, di recente, Cons. St., sez. IV, 7 maggio 2025, n. 3874.
[36] Sulle criticità, nell’ottica dell’esperienza di Expo 2015, si v. A. Roccella, La gestione amministrativa di un grande evento: regole e deroghe, in Amministrare, 2016, 1, 23 ss., 29.
[37] Sui profili problematici che ne deriverebbero, cfr. F. Saitta, Governo del territorio e discrezionalità dei territori, in Riv. giur. edil., 2018, 6, 421 ss., 430, il quale osserva che il piano si è trasformato nella definizione particolareggiata, ad opera dei poteri pubblici, dei possibili usi del suolo, pubblici e privati, circostanza che avrebbe dovuto limitare il potere del decisore pubblico.
[38] In tema, decisiva appare l’argomentazione elaborata da Cons. St., sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934, in Foro amm. CdS, 2013, 10, 2825, sui profili di interesse delle grandi infrastrutture, anche rispetto al regime giuridico da applicare.
[39] Anche se risalente, sull’impatto indiretto dell’evento sul territorio, si v. P. Di Betta, L. Noto, L’impatto turistico di un grande evento: la Louis Vuitton Cup in Trapani nel 2005, in Econ. Dir. terz., 2011, 2, 283 ss.; sulla tutela dei profili ambientali, in relazione alla centralità del piano, si v. M. Fermeglia, La tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico nell’organizzazione dei grandi eventi sportivi, in Riv. dir. sport., 2018, 1, 116, 122; proprio nella prospettiva del presente scritto, si v. M. D’Arienzo, Il ruolo dei Grandi eventi nella riqualificazione delle periferie urbane e nella promozione del diritto allo sport, in Dir. e proc. amm., 2017, 2, 681 ss.
[40] Si v., in un’ottica sistemica, A. Barone, L’organizzazione amministrativa per lo sviluppo economico e sociale nel pensiero di Vittorio Ottaviano, in Dir. amm., 2024, 4, 323 ss., 329, 330.
[41] E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, Giuffrè, 1949, 237; in tema, rispetto ai profili indagati, M. Calabrò, Nuove prospettive di tutela per l’architettura contemporanea: il ruolo dell’urbanistica, in Riv. giur. edil., 2023, 2, 95 ss., a parere del quale la più moderna concezione di governo del territorio estende l’ambito di intervento e di azione ben al di là della razionale e coordinata attività di pianificazione, poiché coinvolge tutti gli interessi la cui tutela ha un impatto - diretto o indiretto - su un determinato territorio.
[42] Dal titolo del bel saggio a firma di E. Boscolo, Un catalogo di principi (operanti) per l’urbanistica contemporanea, in Riv. giur. edil., 2024, 2, 85 ss.,
[43] E. Boscolo, Un catalogo di principi, cit., 91.
[44] Si v. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 2 gennaio 2025, n. 7, in base alla quale la scelta dell’amministrazione comunale, nel contesto dell’attività di rigenerazione urbana, è espressione di discrezionalità, soprattutto nella fase di scelta tra le diverse modalità di intervento.
[45] Cfr. G. Marongiu, Fare pubblica amministrazione, oggi, ora anche in La democrazia come problema. Politica, società e mezzogiorno, t. II, Bologna, Il Mulino, 1994, 177 ss.
