Il conflitto tra accesso difensivo e riservatezza nel quadro dell’attuazione della trasparenza amministrativa (nota a TAR Lazio, Sez. III bis, 7 aprile 2025, n. 6878)
di Cristina Fragomeni
Sommario: 1. Il contesto fattuale – 2. Cenni ricostruttivi sull’accesso ai documenti amministrativi. Le tensioni tra trasparenza e segretezza – 3. La decisione del TAR Lazio – 4. Rilievi conclusivi.
1. Il contesto fattuale
La controversia in commento trae le mosse da un episodio noto alla cronaca.
Nel corso di una lezione sul conflitto in atto tra israeliani e palestinesi, un insegnante di un istituto scolastico di secondo grado assegna agli studenti una traccia avente ad oggetto «le ragioni di Israele», da analizzare assumendo l’angolo visuale di un compagno di classe, indicato, con nome e cognome, come «cittadino italo - israeliano». Su impulso di una conseguente segnalazione, il fatto è assoggettato agli approfondimenti dell’Ufficio scolastico regionale e del Ministero dell’istruzione e del merito.
Un’associazione di volontariato, avente come scopo l’abbattimento di ogni forma di discriminazione, giunta a conoscenza della vicenda esposta, in data 29 aprile 2024, sottopone all’Ufficio scolastico regionale del Lazio e al Ministero dell’istruzione e del merito un’istanza di accesso agli atti, per ottenere la visione e l’estrazione di copia del provvedimento di archiviazione adottato dall’Ufficio, del complesso della documentazione afferente al procedimento disciplinare ed al procedimento ispettivo avviati nei confronti dell’insegnante, di ogni ulteriore atto o documento ad essi connesso e consequenziale.
Ricevuta la richiesta di accesso, l’USR, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), provvede a renderne edotto il docente controinteressato, il quale si oppone all’ostensione degli atti. Recepite tali rimostranze, l’USR rigetta l’istanza ad exhibendum formulata dall’associazione, con nota del 16 maggio 2024, in cui si limita a dare atto delle avvenute acquisizione e considerazione delle motivazioni prodotte dal docente.
L’associazione richiedente insorge, dunque, innanzi al TAR Lazio avverso il predetto provvedimento di diniego, denunciandone la illegittimità e chiedendo l’accertamento del suo diritto ad accedere agli atti concernenti i procedimenti disciplinare ed ispettivo promossi nei riguardi dell’insegnante.
L’amministrazione ed il controinteressato si costituiscono in giudizio, deducendo l’infondatezza del ricorso ed insistendo per il relativo rigetto.
2. Cenni ricostruttivi sull’accesso ai documenti amministrativi. Le tensioni tra trasparenza e segretezza
La fattispecie in disamina trova inquadramento giuridico nella disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi.
Ai sensi dell’art. 22, secondo comma, della Legge 7 agosto 1990, n. 241, come ricordato dal TAR Lazio nella pronuncia che si annota, l’accesso ai documenti amministrativi incarna un principio generale dell’attività amministrativa, funzionale al coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica, all’imparzialità e alla trasparenza dell’azione amministrativa[1].
In particolare, la trasparenza è il principio che con maggiore frequenza entra in gioco ogniqualvolta si affronta il tema dell’accessibilità, come se si versasse al cospetto di una endiadi. Sul piano concettuale, il principio in discorso, di cui è nota l’ampiezza semantica, variabile in relazione all’ambito di applicazione[2], si configura quale condizione di effettiva conoscibilità e comprensibilità, da parte di soggetti esterni, delle attività e delle condotte imputabili alla pubblica amministrazione, operando strumentalmente alle esigenze di tutela e garanzia degli interessi coinvolti nell’azione amministrativa[3].
Sul versante dottrinale, il principio di trasparenza è stato talvolta trattato come sinonimo di accesso ovvero di pubblicità[4]. Per quanto strettamente rileva in questa sede, il principio di trasparenza, inteso come «visibilità, conoscibilità e comprensibilità dell’azione amministrativa, dei suoi atti e della sua organizzazione», assorbe, in ragione della più estesa portata, l’accesso, il quale si connota in quanto sua declinazione; più puntualmente, tra l’accesso e la trasparenza intercorre un rapporto di mezzo a scopo, che conduce logicamente ad escludere l’esaurimento della trasparenza nell’accesso. In aggiunta, è stato rilevato l’atteggiarsi della trasparenza a parametro di misurazione della legittimità delle restrizioni dell’accesso[5].
Sul versante giurisprudenziale, a livello sovranazionale, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha qualificato il principio di trasparenza, di cui agli artt. 1 e 10 del TUE e 15 del TFUE, come strettamente funzionale alla partecipazione dei cittadini al processo decisionale nonché alle legittimità, efficienza e responsabilità della pubblica amministrazione nei riguardi del privato, all’interno di un sistema democratico[6].
A livello nazionale, sulla scorta di un’interpretazione sistematica del testo costituzionale, la protezione della trasparenza appare affidata agli artt. 1, 3, 21, 24, 28, 97, 98, 113, Cost.. Segnatamente, il fondamento più immediato è stato intravisto nell’art. 21[7], che si pone a presidio della libertà di manifestazione del pensiero - principio caratterizzante l’ordinamento democratico - e, indirettamente, dell’interesse generale all’informazione, il quale implica il libero accesso ai dati, il pluralismo delle fonti, l’assenza di ingiustificati impedimenti legali alla circolazione delle informazioni[8].
Ciò posto, il caso che si annota sollecita la considerazione, pur sommaria, dell’eventuale primato della trasparenza sulla segretezza.
In chiava storica, com’è noto, la legge sul procedimento sovverte il rapporto tra trasparenza e segretezza, assoggettato alla regola generale del segreto d’ufficio, di cui all’art. 15 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3[9], baluardo del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa[10], preservata, quest’ultima, da eventuali interferenze provenienti dai soggetti interessati. Coerentemente, parte della dottrina[11] ha ritenuto che l’incremento della partecipazione tramite l’accesso avrebbe potuto arrecare un vulnus ai principi di efficienza[12] e di economicità, anche in considerazione dei costi verosimilmente derivanti dall’apertura del patrimonio informativo detenuto dalla pubblica amministrazione[13].
Per contro, la svolta impressa dall’art. 28 della legge sul procedimento amministrativo eleva il diritto di accesso a regola generale e relega la riservatezza ad ipotesi eccezionali, oggetto di espressa previsione legislativa. Lungo tale direttrice, è consacrato il rilievo della trasparenza, proiezione diretta del principio democratico, il quale, a sua volta, sottende la visibilità del potere[14], la pubblicità delle modalità del suo esercizio[15], l’intelligibilità dei risultati finali in cui il medesimo potere si condensa[16]. Ne scaturisce un’indole della trasparenza antitetica rispetto alle logiche della segretezza e della non conoscibilità[17], in cui potenzialmente si annidano favoritismi, anomalie e, più in generale, illegittimità[18].
Tanto ricostruito, la disciplina applicabile al caso in esame è quella di cui agli artt. 22 e seguenti della legge sul procedimento. Il diritto di accedere ai documenti amministrativi è riconosciuto ai soggetti che non abbiano preso parte al procedimento amministrativo già definito, a condizione che ricorra un interesse diretto, concreto, attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, collegato alla documentazione per cui è richiesto l’accesso da una relazione di «strumentalità conoscitiva»; l’onere della relativa prova grava sull’istante, che, nella richiesta, dovrà analiticamente articolare le finalità dell’accesso[19].
L’accesso procedimentale afferisce, pertanto, ad un ambito circoscritto, in cui risalta il rapporto intercorrente tra la posizione dell’istante ed il documento per il quale è richiesto l’accesso. Tale impostazione, condivisa in dottrina[20], rinviene conferma nella stessa architettura dell’art. 22, che subordina l’accesso alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, pur nel contesto del principio della massima ostensione dei documenti amministrativi, di cui al comma terzo, nei limiti posti dall’art. 24[21].
In definitiva, l’esercizio dell’accesso procedimentale postula l’esistenza di un interesse qualificato, precludendo in radice la legittimazione ad accedere del quisque de populo. Ai fini dell’accesso, del pari che per la partecipazione procedimentale, non può reputarsi sufficiente la sussistenza di un generico interesse alla trasparenza e al buon andamento dell’azione amministrativa, ma rileva la titolarità di un interesse sostanziale, connesso allo specifico procedimento incardinato[22].
3. La decisione del TAR Lazio
Nel caso di specie, l’istanza di accesso procedimentale è formulata da un’associazione di volontari, apolitica e senza fini di lucro, il cui scopo consiste nel contrastare «ogni forma di discriminazione secondo i principi dettati dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e delle Nazioni Unite, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». A ricoprire la posizione di soggetto istante è, pertanto, un’associazione portatrice di un interesse diffuso, attesa l’estendibilità di tale ultima qualificazione alle questioni in materia di discriminazione.
Il primo, fondamentale nodo da sciogliere concerne, quindi, il profilo della legittimazione all’accesso. Sul punto, in giurisprudenza è graniticamente affermata la coincidenza tra la posizione dell’odierna ricorrente e quella del singolo individuo, muovendo dalla medesimezza, per tutti i soggetti dell’ordinamento, dei requisiti sostanziali legittimanti l’esercizio del diritto di accesso. In altri termini, i predetti requisiti, che si compendiano nella ricorrenza di un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica cognizione documentale invocata, non variano in relazione al soggetto che presenta la richiesta, conformemente al tenore dell’art. 22 della Legge n. 241 del 1990, che include nella nozione di «interessato» i soggetti portatori di interessi pubblici o diffusi[23].
A giudizio del TAR Lazio, l’associazione ricorrente avrebbe dimostrato la titolarità di un interesse specifico, attuale e concreto ad accedere ai documenti sollecitati, soddisfacendo le esigenze di deduzione, puntuale rappresentazione e dimostrazione delle finalità cui è proteso l’accesso[24]. Più precisamente, nella fattispecie in disamina, l’appagamento della pretesa ostensiva è subordinato alla sussistenza di una relazione di necessità ovvero di stretta funzionalità tra la documentazione anelata e il perseguimento delle finalità statutarie[25]; la relativa dimostrazione costituisce il contenuto di un onere che incombe sull’associazione richiedente. Applicate tali coordinate ermeneutiche, il TAR Lazio ha valutato esistente uno specifico nesso tra la cognizione del «provvedimento di archiviazione e/o di censura» e di «tutta la documentazione relativa al procedimento disciplinare e al procedimento ispettivo» attivati nei confronti del docente e lo scopo associativo, emergente dell’art. 3 dello Statuto versato in atti, dello svolgimento da parte dell’associazione di attività difensiva in favore «dei diritti e degli interessi individuali e collettivi contro ogni forma di discriminazione e di diffamazione», inclusi i fenomeni di razzismo, antisemitismo, antisionismo. L’associazione ricorrente si qualifica, dunque, come un soggetto giuridico avente lo scopo statutario di fornire supporto alle vittime di fenomeni discriminatori, risultando, di conseguenza, manifeste la necessità di acquisire contezza in ordine a circostanze concernenti l’eventuale posizione di condotte discriminatorie e, in ultima analisi, la proiezione dell’interesse sotteso alla costituzione dell’associazione in una dimensione di aspirazione ostensiva[26].
Al riguardo occorre, altresì, sottolineare che la rappresentatività degli interessi diffusi sorregge un diritto alla conoscenza non generalizzato, bensì circoscritto agli atti che disvelino l’interesse ad intervenire per tutelare la categoria di soggetti rappresentata[27]. A giudizio del Collegio, anche tale profilo è soddisfatto, sul presupposto che la richiesta di accesso è proposta dall’associazione avuto riguardo a «circostanziati atti e individuati episodi di potenziale rilevanza discriminatoria».
Ciò chiarito in punto di legittimazione all’accesso della parte ricorrente, occorre precisare che l’avvenuta presentazione di un’istanza di accesso a documenti contenenti informazioni personali appartenenti a soggetti terzi comporta, per ciò solo, l’integrazione di un conflitto tra diritto di accesso e riservatezza.
A livello costituzionale, il diritto alla riservatezza rinverrebbe linfa nel combinato disposto degli artt. 2, 13, 14, 15, Cost.; allo stato attuale, la tutela della privacy è il risultato della sommatoria tra l’esclusione dell’altrui ingerenza nel proprio spazio privato ed il diritto ad avere la completa gestione delle proprie informazioni personali[28].
Sul piano concettuale, i confini della nozione di riservatezza sono stati tracciati a contrario, in conseguenza del simmetrico riempimento contenutistico della differente nozione di «spettanza dell’accesso agli atti»[29]. Ciò che occorre preliminarmente escludere, in coerenza con accorta dottrina, è il sostanziarsi della riservatezza in un interesse pubblico ovvero in un principio generale a presidio dell’attività delle pubbliche amministrazioni. La riservatezza costituisce non una situazione giuridica soggettiva idonea a limitare l’accesso, bensì una modalità dell’accesso medesimo[30]. Sicché, riannodando le fila di quanto innanzi ricostruito, il conflitto rilevante nella fattispecie controversa involgerebbe il diritto di accesso e, in qualità di suo antagonista, un «limite modale» del relativo esercizio[31].
Alla stregua di quanto avvenuto nel caso di specie, concernendo l’istanza di accesso dati riferibili a terze persone, la pubblica amministrazione, in ottemperanza all’obbligo di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 184 del 2006, è tenuta a trasmettere preventiva comunicazione al titolare dei dati riservati.
È possibile prefigurare due evoluzioni alternative, a seconda che il titolare abbia prestato assenso o meno alla divulgazione del dato. Il primo caso appare connotato da maggiore linearità, giacché, acquisito l’assenso, pur tacito, l’amministrazione risulterebbe dispensata dallo svolgimento di verifiche ulteriori, atteso il carattere disponibile della riservatezza, evincibile dal tenore complessivo della disciplina in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice per la protezione dei dati personali)[32].
La vicenda in rassegna ricade, tuttavia, nella seconda ipotesi rappresentata. Il docente controinteressato, ricevuto l’avviso da parte dell’amministrazione, ha esternato il suo dissenso alla diffusione dei documenti richiesti. In casi siffatti, preso atto dell’opposizione, compete alla pubblica amministrazione risolvere il dissidio maturato tra accesso e riservatezza, attraverso l’individuazione della situazione concretamente prevalente, in applicazione dei criteri definiti dalla legge.
Per quanto specificamente attiene al giudizio dell’amministrazione sulla richiesta ostensiva, esso ha natura estrinseca e assume ad oggetto la ricorrenza in capo all’istante di un bisogno di conoscenza legittimo e differenziato[33]. In particolare, l’amministrazione deve scrutinare l’esistenza di una connessione finalistica tra gli atti per i quali è avanzata l’istanza di accesso e le prospettive di una tutela giurisdizionale. Per contro, esulano dal perimetro della valutazione in discorso eventuali apprezzamenti di tipo prognostico sull’effettiva utilità del documento richiesto ai fini della tutela del bene della vita[34].
Di regola, in materia di accesso ai documenti amministrativi, le esigenze difensive, connesse all’effettività della tutela, sono considerate preminenti rispetto alle esigenze di riservatezza; tale principio deve essere contemperato in presenza di dati giudiziari, dati sensibili (appartenenza razziale ed etnica, credenze religiose, orientamenti politici, adesione a partiti, organizzazioni sindacali, etc.) ovvero di dati «supersensibili» (informazioni personali idonee a divulgare l’orientamento sessuale e le condizioni di salute dell’interessato)[35], assoggettati ad una tutela rafforzata, ai sensi della normativa in vigore.
Nel caso all’esame, osserva il TAR Lazio, assumono rilievo gli atti di un procedimento disciplinare, contenenti informazioni non sussumibili sotto le categorie dei dati giudiziari, sensibili, «supersensibili», con conseguente esclusione dell’applicazione dei criteri, inferibili dall’art. 24, settimo comma, della Legge n. 241 del 1990[36], della stretta indispensabilità, della indispensabilità e della parità di rango[37].
A residuare è, dunque, la necessità di tutelare l’interesse giuridico proprio dell’associazione, considerato dal legislatore prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione che ricorrano i presupposti per l’accesso difensivo[38]. Il «giudizio di prevalenza» è, in tal caso, effettuato a monte dal legislatore in favore dell’interesse alla conoscenza, non avanzando alcun margine di ponderazione a carico dell’amministrazione[39].
Ad un esame più approfondito, i commi del citato art. 24 appaiono ispirati a logiche eterogenee: i commi dal primo al sesto sono ascrivibili in una «logica partecipativa»; mentre il comma settimo, che nella fattispecie assume un’importanza nevralgica, risponde ad una differente «logica difensiva», legittimando l’accesso all’atto necessario al soddisfacimento di esigenze di tutela. Il carattere specifico della legittimazione accordata dalla disposizione in disamina suggella la corrispondenza dell’accesso difensivo ad una fattispecie ostensiva autonoma. L’accesso difensivo, per le ragioni evidenziate, è dotato di un proprio «statuto peculiare», che, nei confini di un’istanza esaustivamente motivata in ordine alla preordinazione dell’ostensione alla cura di un interesse giuridico tutelato, è idoneo a prevalere sulle istanze di riservatezza potenzialmente opponibili[40]. La posizione, a norma dell’art. 24, comma settimo, dell’obbligo di garantire l’accesso ai documenti amministrativi la cui cognizione sia indispensabile al fine di curare i propri interessi giuridici denota la tendenziale cedevolezza della riservatezza nel bilanciamento con il diritto di accesso[41].
La ricostruzione fin qui effettuata deve specchiarsi nella trama motivazionale del provvedimento di diniego. Nel contesto di comparazione tra le ragioni dell’accesso e quelle della riservatezza, assume, infatti, rilievo la motivazione della decisione amministrativa sull’actio ad exhibendum, da cui deve trapelare il raffronto, operato dalla pubblica amministrazione, tra la necessità difensiva e l’interesse alla riservatezza[42].
Tuttavia, nella fattispecie, la motivazione del provvedimento impugnato si esaurisce in un generico riferimento alle opposizioni all’istanza di ostensione eccepite dal docente controinteressato. Per tale ragione, non è possibile ricavare dal provvedimento gravato l’avvenuta conduzione, da parte dell’amministrazione, di una valutazione effettiva delle esigenze dell’associazione ricorrente in relazione alle contestazioni sollevate dal controinteressato, difettando persino il contenuto minimo, richiesto dalla giurisprudenza in materia di diniego di accesso ai documenti amministrativi, della precisa indicazione della ragione ostativa all’accoglimento della domanda[43].
4. Rilievi conclusivi
La vicenda esaminata stimola lo svolgimento di alcune considerazioni di chiusura.
In primo luogo, sebbene il TAR Lazio abbia respinto il pregio delle argomentazioni con cui la parte resistente ed il controinteressato deducevano la finalizzazione esplorativa dell’istanza di ostensione, si potrebbe ragionare sulla sufficienza, ai fini dell’accesso procedimentale, di una verifica in ordine alla pertinenza dello scopo statutario rispetto all’oggetto dell’istanza; in tale controllo si esaurirebbe, sostanzialmente, l’accertamento in merito all’esistenza di un interesse differenziato, concreto, attuale alla conoscenza.
Occorre tener presente, come reiteratamente rimarcato in giurisprudenza, che il diritto di accesso non può tradursi in un’actio popularis[44]; esso postula un accertamento accurato e concreto circa l’esistenza di una posizione qualificata, ricoperta dall’istante. In tal senso, in casi affini a quello esaminato, può avere valenza la dotazione di una struttura organizzativa idonea a soddisfare le esigenze di tutela dei soggetti rappresentati, di cui il richiedente dovrebbe dar conto nel corpo dell’istanza di ostensione.
La seconda riflessione disvela come, in definitiva, e pur nella diramazione degli aspetti problematici della fattispecie, il nucleo della riflessione rimanga ancorato all’attuazione della trasparenza.
Più approfonditamente, è doveroso porre l’accento sulla generalità delle ragioni (recte passivo richiamo delle contestazioni del controinteressato) addotte dalla pubblica amministrazione a suffragio del diniego di accesso agli atti e, dunque, sull’assenza di una motivazione da cui trasudi il vaglio degli interessi contrapposti. La riscontrata lacuna motivazionale del provvedimento di diniego avversato pone in dubbio l’osservanza da parte dell’amministrazione dell’obbligo su di essa gravante di soppesare l’esigenza di difesa e l’interesse alla riservatezza, all’esito dell’analisi delle contrapposte situazioni.
Com’è noto, la motivazione è lo strumento che legittima l’esercizio del potere attribuito dalla legge. Sedimentata giurisprudenza assegna all’art. 3 della Legge n. 241 del 1990 un’accezione funzionale, in relazione alla quale sono ritenuti compatibili con la disposizione in questione i provvedimenti le cui ragioni siano articolate «in misura e con modalità tali» da consentire al cittadino la perspicua comprensione del percorso logico - giuridico seguito dall’amministrazione nel pervenire alla determinazione conclusiva[45]. La maturazione di una siffatta consapevolezza, nel caso in rassegna, è stata preclusa all’associazione destinataria del provvedimento che oppone il diniego all’istanza di accesso. La carenza in argomento, più gravemente, offusca l’effettività dell’attività della pubblica amministrazione nonché la sua stessa capacità di operare conformemente ai principi dell’agire pubblico.
[1] Sul tema della trasparenza, tra i tanti autorevoli contributi, si vedano A. Pajno, Trasparenza e riservatezza nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1990, 5 ss; A. Sandulli, Il procedimento amministrativo e la trasparenza, in S. Cassese, C. Franchini (a cura di), L’amministrazione pubblica italiana, Bologna, 1994, 101 ss; E. Cannada Bartoli, A proposito di tutela della riservatezza e trasparenza amministrativa, in Dir. proc. amm., 1999, 725 ss; F. Trimarchi Banfi, In tema di trasparenza amministrativa e di diritto alla riservatezza, in Aa. Vv., Studi in onore di E. Casetta, I, Napoli, 2001, 343 ss; M. R. Spasiano, Qualità e strumentalità del diritto di informazione, in F. Manganaro, A. Romano Tassone (a cura di), I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto di informazione, Torino, 2005, 129 ss; G. Arena, Trasparenza amministrativa (voce), in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, 5945 ss; E. Carloni, La «casa di vetro» e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Dir. pub., 2009, 3; A. Corrado, La “trasparenza” della legislazione italiana, in M. A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, 1408; A. Simonati, La ricerca in materia di trasparenza amministrativa: stato dell’arte e prospettive future, in Dir. amm., 2018, 2; F. Manganaro, Pubblicità e accesso per la trasparenza amministrativa, in L. Giani, M. Immordino, F. Manganaro(a cura di), Temi e questioni di diritto amministrativo, Napoli, 2019, 95 ss.
[2] Sulla nozione di trasparenza, si veda A. Simonati, La trasparenza amministrativa e il legislatore: un caso di entropia normativa?, in Dir. amm., 2013, 4, 749 ss.
[3] M. R. Spasiano, Il principio di buon andamento, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 124 ss.
[4] F. M. Nicosia, Il procedimento amministrativo. Principi e materiali. Commento alla legge 241/1990 e alla sua attuazione con i D.P.R. 300 e 352/1992, Napoli, 1992, 75.
[5] In tal senso, F. Manganaro, L’evoluzione del principio di trasparenza amministrativa, in F. G. Scoca (a cura di), Scritti in memoria di Roberto Marrama, Napoli, 2012, anche in Astrid-online.it.
[6] Cfr. Corte di giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 9 novembre 2010, C-92/09, Volker und Markus Schecke GbR e altri; sentenza 6 marzo 2003, causa C-41/00 P, Interporc/Commissione.
[7] M. Ramajoli, La convivenza tra trasparenza e riservatezza, in Dir. amm., 2024, 2, 473.
[8] Corte cost., 15 giugno 1972, n. 105.
[9] Il richiamato articolo vietava ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di trasmettere a quanti non ne avessero il diritto, anche in ipotesi di attività non segrete, informazioni concernenti provvedimenti ovvero operazioni amministrative nonché notizie apprese in ragione del proprio ufficio, laddove ne avrebbe potuto scaturire un danno nei confronti della pubblica amministrazione o di soggetti terzi.
[10] F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione retorica, in Federalismi.it, 2019, 10, 9.
[11] In particolare, pongono in evidenza il sovraccarico che la partecipazione concentrerebbe sul procedimento amministrativo V. Cerulli Irelli, Osservazioni generali sulla legge di modifica della l. n. 241/90, in Giustamm.it, 2005; E. Cardi, La manifestazione di interessi nei procedimenti amministrativi, I e II, Rimini, 1983 - 1984, 3. Ad avviso di S. Cassese, Il privato e il procedimento amministrativo. Una analisi della legislazione e della giurisprudenza, in Arch. giur., 1970, 25, l’imparzialità escluderebbe la partecipazione, in ragione del suo postulare la neutralità dell’amministrazione «e quindi l’assenza di pressione degli amministrati».
[12] R. Dahrendorf, Il conflitto sociale nella modernità, Bari, 1989.
[13] A. Simonati, La trasparenza amministrativa e il legislatore: un caso di entropia normativa?, cit., 758, la quale, sui costi della trasparenza, opportunamente richiama M. Savino, La nuova disciplina della trasparenza amministrativa, in Giorn. dir. amm., 2013, 797 ss; L. Berionni,Attuazione della trasparenza: il responsabile per la trasparenza e l’invarianza finanziaria, in B. Ponti (a cura di), La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Rimini, 2013, 372 ss.
[14] N. Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, in Riv. it. sc. pol., 2, 1980, 181 ss.
[15] F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, in Dir. amm., 2019, 4, 745 ss.
[16] G. Abbamonte, La funzione amministrativa tra riservatezza e trasparenza. Introduzione al tema, in Aa. Vv.,
L’amministrazione pubblica tra riservatezza e trasparenza. Atti del XXXV Convegno di Studi di Scienza dell’Amministrazione - Varenna 1989, Milano, 1991, 13.
[17] R. Marrama, La pubblica amministrazione tra trasparenza e riservatezza nell’organizzazione e nel procedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 416 ss.
[18] E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2020, 49.
[19] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2020, nn. 19, 20, 21.
[20] È stato fondatamente osservato che l’accesso procedimentale condiziona la tutela dell’«interesse pubblico alla trasparenza dell’azione amministrativa» alla sussistenza dell’esigenza di proteggere un interesse individuale, in senso divergente rispetto all’originaria redazione dell’art. 22 della legge sul procedimento, che, al fine di garantire la trasparenza e l’imparzialità dell’attività amministrativa, riconosceva il diritto di accesso ai documenti amministrativi a chiunque fosse titolare di un «interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti». In tal senso, F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione retorica, cit., 10.
[21] Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 4838.
[22] TAR Lazio, Roma, Sez. III, 13 giugno 2000, n. 4878.
[23] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8333.
[24] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 4.
[25] Cfr. TAR Lazio, Sez. II ter, 14 marzo 2011, n. 2260, secondo cui «per giurisprudenza consolidata sul punto, il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza».
[26] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8333, cit..
[27] Cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. II, 17 aprile 2009, n 896; Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n.737; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 16 gennaio 2008, n. 249.
[28] M. Ramajoli, La convivenza tra trasparenza e riservatezza, cit., 475.
[29] D. Piccione, Riservatezza (disciplina amministrativa), in Enc. Dir., Annali VIII, Milano, 2015, 731.
[30] F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, cit., 750.
[31] D. Piccione, Riservatezza (disciplina amministrativa), cit., 742.
[32] TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 7 febbraio 2018, n. 81.
[33]Analogamente, sul versante giurisdizionale, competerà al giudice, in sede di giurisdizione esclusiva, il vaglio in astratto delle esigenze difensive rappresentate dal soggetto richiedente l’accesso e della pertinenza dei documenti invocati. Cfr. TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 969.
[34] In tal senso, F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in Federalismi.it, 2021, 20, 171, avuto specifico riguardo agli approdi dell’Adunanza Plenaria con le già menzionate pronunce nn. 19, 20, 21, del 25 settembre 2020.
[35] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 gennaio 2018, n. 139.
[36] In una posizione complementare rispetto alla norma citata si colloca l’art. 60 del D.Lgs. 196 del 2003, a tenore del quale: «Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile».
[37] Cfr., sulla configurazione dei dati di un procedimento disciplinare, Cons. Stato, Sez. III, 29 gennaio 2021, n. 884.
[38] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 gennaio 2025, n. 149.
[39] F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione retorica, cit., 21. L’Autore individua in qualità di discrimen tra accesso defensionale e accesso civico la prevalenza del primo sulle esigenze di riservatezza; quanto all’accesso civico, diversamente, si rende necessaria una ponderazione tra gli interessi devoluta alla discrezionalità della pubblica amministrazione.
[40] Sulle considerazioni esposte, si veda F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, cit., 169.
[41] F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, cit., 749. Cfr., per la giurisprudenza, TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 26 settembre 2018, n. 2151; Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472; Sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568.
[42] Cons. Stato, Sez. III, 10 gennaio 2025, n. 149, cit..
[43] Cfr. TAR Veneto, Venezia, Sez. III, 29 luglio 2014, n. 1084; Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1173; Sez. VI, 4 dicembre 2009, n. 7637.
[44] Cons. Stato, Ad. Plen., 24 aprile 2012, n. 7.
[45] Cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 aprile 2025, n. 2765; in senso analogo, si vedano, ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 febbraio 2025, n. 218; Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6026; Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1715.