Sommario: 1. L’articolato iter amministrativo-cautelare della vicenda dell’orsa JJ4 - 2. L’inefficace attività di monitoraggio e l’ennesimo ricorso alla cultura dell’emergenza. - 3. Il precedente, T.A.R. Trentino Alto-Adige, Trento, 29 ottobre 2020, n. 184. Revoca dell’ordinanza e difficile articolazione dell’interesse alla tutela del benessere animale. - 4. Amministrazione e giudice. Confini incerti e indebite supplenze. - 5. Riflessioni di sintesi.
1. L’articolato iter amministrativo-cautelare della vicenda dell’orsa JJ4
Con decreto monocratico, il T.R.G.A. del Trentino Alto-Adige[1], ha sospeso l’efficacia dell’ordinanza di abbattimento dell’orsa “JJ4”, (ordinanza 8 aprile 2023, n. 1) adottata dal presidente della Provincia autonoma di Trento, avente ad oggetto, nel dettaglio “Provvedimento contingibile ed urgente. Intervento di rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica”. Decreto sospensivo adottato all’esito di un ricorso presentato da diverse associazioni animaliste[2].
L’ordinanza del presidente della Provincia autonoma di Trento rinviene le proprie ragioni di necessità, e in parte la propria legittimazione fattuale, nel presupposto del decesso di un residente, la cui morte è riconducibile alle ferite riportate da questi, attribuibili ad un orso bruno, come emerso delle operazioni peritali. Tale circostanza ha generato la reazione dell’amministrazione, formalizzato nell’ordinanza menzionata, a tutela della sicurezza e dell’incolumità degli abitanti e dei frequentatori delle aree prossime alla zona in cui è accaduto l’incidente.
Nello specifico, il provvedimento impugnato ha disposto la prosecuzione del monitoraggio intensivo dell’area interessata, anche al fine di procedere nel più breve tempo possibile all’identificazione genetica dell’esemplare che si è reso protagonista dell’incidente in oggetto e, di conseguenza, a procedere all’abbattimento dell’esemplare identificato in base all’istruttoria svolta. Inoltre, nel provvedimento, è intimato di custodire momentaneamente gli esemplati catturati - indiziati di essere quello ricercato – in attesa della conferma genetica della relativa identità.
Si deve, a tal proposito, osservare, come emerge anche nel testo del decreto, proprio rispetto all’identificazione condotta su base genetica, la medio tempore intervenuta conclusione dell’indagine genetica diretta a stabilire l’identità nell’orsa JJ4, notizia desunta anche da note ufficiali pubblicate della stessa amministrazione provinciale.
Come emerge dalle agenzie di stampa, in data 18 aprile 2023 l’orsa è catturata in una zona prossima a quella in cui era avvenuto l’incidente.
L’aspetto che lascia maggiormente perplessi, e sul quale si tornerà nel corso dell’indagine, riguarda una paventata e quantomai irragionevole accusa di recidiva, operata dall’amministrazione in capo all’animale, come se lo stesso possa essere titolare di una vera e propria capacità di intendere e di volere, trasposta, indebitamente e senza il necessario adattamento, su un animale appunto.
Si deve, inoltre, osservare, proprio rispetto a tale circostanza che le precedenti ordinanze contingibili e urgenti di captivazione, emesse nei confronti della medesima orsa, erano state cautelativamente sospese e, in seguito, annullate per difetto di istruttoria, dal medesimo T.A.R. Trento, aspetto del quale si darà brevemente conto nel corso dell’indagine.
La vicenda processuale prosegue e il 25 maggio, in seguito ad altro ricorso presentato in seguito ad altra e ulteriore determinazione dell’amministrazione, il T.A.R. ha provveduto, con ordinanza collegiale, 25 maggio 2023, n. 35[3], ad ulteriore sospensione del provvedimento (decreto n.10 del 2023) fissando l’udienza di merito in data 14 dicembre 2023.
Le singole determinazioni delle amministrazioni e i contestuali provvedimenti sospensivi del T.A.R. richiedono riflessioni di carattere generale, che ruotano intorno al rapporto che intercorre tra causalità e tempo delle decisioni, temi da cui derivano gli ambiti analizzati nelle sintetiche riflessioni che seguono.
2. L’inefficace attività di monitoraggio e l’ennesimo ricorso alla cultura dell’emergenza
L’equivoco di fondo che ha imposto il ricorso a strumenti emergenziali da parte dell’amministrazione - appare infatti evidente una lacuna correlata alla corretta gestione ordinaria della vicenda - risiede, a monte, nella inadeguata gestione dei provvedimenti attuativi della legge che, nel 1992[4], provvedeva all’importazione di plantigradi dalla Slovenia, con il contributo dell’Unione Europea, finalizzati al ripopolamento della zona di interesse.
Si tratta di un’attività finalizzata, in termini generali, a garantire e promuovere la biodiversità[5], da intendersi quale valore che sintetizza funzionamento globale dell’ambiente e diversità biologica.
La complessità del tema era, ed è, correlato, alla circostanza che l’attività di importazione comporti l’intrecciarsi di diversi procedimenti, particolarmente articolati da un punto di vista tecnico, con il relativo coinvolgimento di diversi attori, istituzionali e non.
A tutela della biodiversità è previsto, inoltre, un correlato potere di controllo e monitoraggio, la cui elevata componente tecnica e scientifica e l’evolvere costante delle relative conoscenze impone di delegare l’esercizio di determinati compiti a soggetti specializzati.
Tale attività di controllo e monitoraggio, che coinvolge un potere latu sensu pianificatorio, nell’ambito della complessiva operazione di importazione della specie, non è stata adeguatamente condotta, rispetto al numero minimo di ispezioni da effettuare, alle forme di coordinamento tra le amministrazioni competenti e ai criteri di aggiornamento dell’attività.
Inoltre, la complessiva attività di importazione si caratterizza per la presenza di aspetti, e pertanto di atti, spiccatamente politici, con la contestuale non sindacabilità degli stessi.
La compresenza di tali circostanze, in parte strutturali e in parte patologiche, ha imposto il ricorso a quella logica rimediale della quale l’amministrazione sovente abusa, anche per far fronte a precedenti - come in questo caso - colpevoli lacune delle quali la stessa è responsabile. Si è vestita da emergenza - che ha legittimato l’adozione di ordinanza contingibili - l’urgenza procurata, la colpevole inazione del potere, connessa ai diversi fattori summenzionati.
Appare evidente, infatti, che una situazione ampiamente programmata si è trasformata in una circostanza imprevista, un ossimoro che palesa l’inadeguatezza della gestione ordinaria, soprattutto nella fase di raccordo tra pianificazione e monitoraggio, sintesi della continuità procedurale che dovrebbe intercorrere tra programmato e raggiunto in termini di risultato finale dell’attività.
Non si tratta solo della conseguenza pura e semplice di diverse devianze, di una molteplicità di infrazioni, più o meno palesi, dell’ordinamento ma si tratta di un’ormai radicata cultura istituzionale dell’emergenza[6], che tende a investire – come noto – l’intero processo decisionale, con un evidente ampliamento oggettivo del perimetro del potere di deroga, genericamente inteso.
In altri termini, un’attività appropriata ed adeguata del monitoraggio, inteso quale aspetto anche di carattere organizzativo e di coordinamento, deve essere valutata sul piano dell’efficacia ed effettività dei singoli atti nel quadro di un più ampio contesto decisionale, come quello relativo alla gestione razionale dell’importazione di una specie animale in un territorio.
Proprio in quest’ottica emerge l’importanza che deve avere l’acquisizione corretta e consapevole del dato fattuale, al fine di garantire l’utilità funzionale del processo decisionale in una prospettiva molteplice e multifattoriale, che consideri non solo l’analisi del rischio in sé, ma anche i profili attinenti alla sua valutazione e gestione, rispetto a un esame da effettuarsi con ciclicità, proprio al fine di ridurre all’essenziale il ricorso all’emergenza e, di converso, ridurre l’arbitrio nelle scelte.
L’amministrazione precauzionale - formula adottata, seppur in altro ambito, dal Consiglio di Stato[7] - è divenuta, infatti, ormai un modello di amministrazione autonomo e permanente, che si impone allorquando, e le ipotesi sono in costante incremento, o non si disponga di tutti i dati completi per valutare compiutamente e consapevolmente il rapporto tra esercizio del potere e rischio, o, come nell’ipotesi indagata, si fronteggi un evento nel suo complesso prevedibile, con provvedimenti emergenziali.
Nel modello tradizionale domina una netta distinzione tra ricerca disinteressata della verità e sua eventuale utilizzazione a fini pratici, da un lato ci sono le istituzioni scientifiche, dotate del grado massimo di autonomia, dall’altro quelle dello Stato, cui consegue una incomunicabilità che impedisce una compresenza appropriata per le singole e correlate tra loro determinazioni.
3. Il precedente T.A.R. Trentino Alto-Adige, Trento, 29 ottobre 2020, n. 184. Revoca dell’ordinanza e difficile articolazione dell’interesse alla tutela del benessere animale
Non è la prima volta che l’orsa JJ4 diviene oggetto delle attenzione del giudice amministrativo.
Nel 2020, in occasione di un analogo, seppur meno grave incidente avente come protagonista il medesimo animale, il presidente della Provincia ne ordinava e disponeva la cattura - eseguita poi dal Corpo Forestale - con ordinanza 24 giugno, n. 362277.
Si deve, preliminarmente, osservare che il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali[8] (PACOBACE) opera una distinzione delle misure, attraverso la previsione di ipotesi nelle quali l’attacco è determinato da necessità di difesa dalle ipotesi, più gravi, e di ipotesi nelle quali l’attacco è valutato come non necessario, e opera un’ulteriore distinzione rispetto alle zone, se abitate o meno, nelle quali avviene il fatto, con relativa graduazione delle azioni da intraprendere.
Il capitolo 3 del PACOBACE ribadisce che restano in ogni caso ferme le competenze delle amministrazioni competenti a fronte di rischi immediati per la sicurezza e l’incolumità pubblica.
Dalla motivazione del provvedimento adottato nel 2020 si evince che la valutazione comportamento dell’animale compiuta dall’amministrazione, ascrivibile ai massimi livelli della scala di pericolosità, si spieghi e legittimi in base a due presupposti fattuali, nello specifico, alla circostanza che l’attacco abbia avuto luogo in orario diurno e in zona abitata e non sia dipeso da ragioni di necessità[9].
Per tale ragione, il provvedimento stabilisce che l’abbattimento dell’animale rappresenti “la misura tecnicamente più idonea a garantire le tempistiche più celeri possibili” considerato che i “dati pregressi relativi al Trentino e bibliografici evidenziano la possibilità che determinati soggetti di orso possano arrivare a reiterare attacchi all’uomo”.
In seguito, dopo la cattura dell’animale e la conferma fornita dall’analisi dei campioni di tessuto da parte della Provincia - e del Corpo forestale nello specifico - il Ministero dell’Ambiente intimava gli enti menzionati a non procedere all’abbattimento dell’animale, sulla base dell’assunto secondo il quale la fauna selvatica è da considerarsi, a tutti gli effetti, patrimonio indisponibile dello Stato[10] e di conseguenza che la Provincia fosse sprovvista di legittimazione formale ad agire.
Si deve, tuttavia, osservare che la l. della Provincia autonoma di Trento 11 luglio 2018, n. 9[11], attuativa della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 - la c.d. direttiva Habitat[12] - attribuisce al presidente della Provincia la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l’uccisione di alcuni animali, al verificarsi di specifiche condizioni, previo parere emanato dall’ Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e nel rispetto del principio di proporzionalità, e, nello specifico, qualora non sussistano soluzioni alternative, adeguate e valide, e non sia messa a rischio la conservazione della specie.
Sempre a livello provinciale l’art. 52, comma 2, dello Statuto speciale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol attribuisce al presidente della Provincia il potere di adottare i provvedimenti contingibili e urgenti che rinvengono il presupposto in una situazione di pericolo effettivo, la cui sussistenza, come noto, deve essere suffragata da un’istruttoria adeguata e motivazione congrua.
L’ordinanza di abbattimento adottata nel 2020 è impugnata da diverse associazioni per la protezione ambientale e la difesa degli animali e dal Ministero dell’ambiente, con un ricorso che lamentava illegittimità per violazione dell’art. 3, l. 7 agosto 1990, n. 241, difetto di motivazione e eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria.
A parere delle ricorrenti il potere di ordinanza è stato quindi esercitato in assenza della sussistenza dei presupposti di pericolo per l’incolumità pubblica, da intendersi come non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, che ne legittimano per l’appunto l’adozione. Inoltre, l’omessa acquisizione del parere dell’ISPRA corrisponde ad un’autonoma violazione della normativa provinciale vigente in materia e, d’altra parte, neppure è ammissibile che la Provincia integri in via postuma la motivazione del provvedimento.
Si lamenta, inoltre, una carenza di motivazione e un connesso deficit istruttorio, poiché non è condotta la necessaria verifica sulla pericolosità dell’animale e, di conseguenza, sull’urgenza della misura, circostanza contraddetta, peraltro, dalle previste misure di monitoraggio ed identificazione prodromiche alla cattura[13].
L’amministrazione, id est la Provincia, costituitasi in giudizio, ha osservato che la decisione di intervenire mediante il potere di ordinanza è legittima perché trova fondamento nell’interesse a tutelare l’incolumità e la sicurezza pubblica in quanto l’esemplare di orso, aggredendo l’uomo, ha chiaramente manifestato la sua pericolosità. La Provincia ha, altresì, evidenziato che la misura dell’abbattimento è prevista dal PACOBACE, unitamente alla captivazione, in quanto ritenuta a quest’ultima equivalente, e che non è prescritta dal PACOBACE una gradualità di tali misure, che dal punto di vista della conservazione della specie producono i medesimi effetti.
Il tribunale ha accolto le domande cautelari proposte dalle parti ricorrenti, poiché il Piano (PACOBACE), se da un lato riconosce il potere di adottare ordinanze a fronte di situazioni che comportino rischi immediati per la sicurezza, dall’altro impone di graduare gli interventi, in base ai canoni di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza[14].
A tal proposito, le precedenti ordinanze adottate in occasione di comportamenti che comportavano rischi per l’incolumità pubblica, subordinavano l’adozione del provvedimento di abbattimento - previsto, peraltro, come misura alternativa al provvedimento di cattura per captivazione - proprio al ricorrere di situazioni che avrebbero potuto determinare ulteriori pericoli.
In seguito, la Provincia provvedeva alla revoca della precedente ordinanza e, contestualmente, ordinava di dare continuità al monitoraggio al fine di assicurare la massima prevenzione possibile e di procedere, nel più breve tempo possibile, alla cattura ai fini della captivazione permanente[15].
Le associazioni ambientaliste, ritenendo lesiva del benessere anche la misura prevista nel secondo provvedimento urgente dell’amministrazione, hanno proposto motivi aggiunti su cui si pronunciava, sempre il via cautelare il tribunale, sospendendo anche la seconda ordinanza urgente, «ritenendo sussistente il paventato danno grave e irreparabile perché la cattura con captivazione “interessa un esemplare che si occupa tuttora dei propri cuccioli, non ancora completamente in grado di sopravvivere da soli ove venissero privati della madre” che verrebbe captivato altresì “in un periodo in cui è fortemente diminuita la presenza di turisti e in cui gli orsi si avvicinano al letargo”, e perché la misura della cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio “si è sin qui dimostrata sufficiente per garantire la tutela della pubblica incolumità e sicurezza non essendosi più verificati episodi di pericolo ascrivibili a tale animale” ».
Tuttavia, la revoca, da parte della Provincia autonoma di Trento dell’ordinanza che disponeva l’abbattimento dell’orsa JJ4 aveva determinato un assetto di interessi integralmente sostitutivo del precedente e dunque determinava, come conseguenza di carattere logico-processuale, anche il venir meno dell’interesse ad una decisione di merito da parte del giudice amministrativo.
Dalla complessiva vicenda processuale, brevemente riportata, emergono almeno due questioni che necessitano di apposito approfondimento, la prima relativa al principio di precauzione[16] e alla relativa applicazione dello stesso da parte dell’amministrazione nell’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti e, il secondo - pur nella condivisione del contenuto del provvedimento cautelare - relativo alla ormai nota sovrapposizione di funzioni tra giudice e amministrazione, che riflette, in termini generali la complessità della società che ha reso indispensabile l’assunzione del momento giurisprudenziale nel processo di formazione della regola giuridica, anche da parte dell’amministrazione.
4. Amministrazione e giudice. Confini incerti e indebite supplenze
L’inadeguata gestione, attraverso gli strumenti ordinari, dell’attività di importazione e di progressivo inserimento sul territorio dei plantigradi ha imposto, come osservato, il ricorso a strumenti e a dinamiche istituzionali emergenziali, circostanza che conduce alla seconda questione che deve essere indagata, che attiene, in termini ampi, alla sovrapposizione, si potrebbe discorrere di indebita interferenza, di funzioni tra giudice amministrativo e amministrazione; nel caso di specie la stessa emerge nella valutazione di pericolo - che dovrebbe rientrare nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione - e che invece è adottata in concreto dal potere giudiziario.
Il potere giurisdizionale tende ad assumere un ruolo particolarmente ampio nella risposta istituzionale alle domande sociali[17], dato che pone questioni che devono essere indagate con estrema attenzione.
Il riconoscimento del ruolo del giudice quale interprete deve presupporre vincoli e limiti rispetto agli esiti contenutistici dei provvedimenti adottati, per evitare di incorrere in situazioni di relativismo giuridico, pur nella consapevolezza che l’intera operazione interpretativa è influenzata, come ovvio, dalla realtà esterna[18]. Si tratta, in altri termini, di legittimare un ulteriore controllo di correttezza dell’interpretazione, una ricerca delle condizioni di validità del processo interpretativo.
Per quanto si condivida il merito della scelta, e quindi la ragione di fondo che ha indotto il T.A.R. a sospendere la discutibile scelta dell’amministrazione nel caso in esame, il tema deve essere letto nella sua potenziale veste di fattore genetico di conflitti interistituzionali, che mina i canoni di certezza del diritto e dei rapporti che allo stesso si ispirano. In altri termini, non è in discussione il contenuto del provvedimento, ma la legittimazione formale del soggetto titolare che ne ha curato l’adozione.
La questione, ormai nota[19], non può essere affrontata nella sua intera portata problematica e rispetto alle innumerevoli implicazioni che dalla stessa derivano, ma appare utile, prendendo le mosse dalla vicenda indagata, analizzare alcuni aspetti e alcune tendenze.
La sostituzione del bilanciamento tra interessi o dell’apprezzamento discrezionale di cui sarebbe titolare una pubblica amministrazione da parte del potere giurisdizionale può considerarsi come una tracimazione che infirma il principio di specializzazione per il quale l'ordinamento distingue e settorializza le funzioni e le assegna ad organi che appartengono all’amministrazione o alla magistratura.
La situazione di pericolo, anche qualora sia correlata a una circostanza persistente[20], come quella del caso in esame, è il presupposto che legittima l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione, presidiato dall’autorità istituzionale del giudicante, il quale però dovrebbe appunto limitarsi a giudicarne la legittimità e non dovrebbe sostituirsi all’amministrazione[21], seppur limitatamente alla fase cautelare.
Si tratta di una tendenza tesa a garantire le ragioni della legalità sostanziale, prevalenti rispetto alla contrapposta esigenza di preservare l’autonomia dell’amministrazione, relegata e limitata in termini di ampiezza oggettiva delle scelte.
Appare evidente che il prisma assiologico della decisione sia spostato in favore del potere giurisdizionale che la stessa decisione non sia più la soluzione al problema amministrativo[22] ma diventi la sintesi di un problema condiviso da amministrazione e organo giurisdizionale.
Il pericolo correlato alla presenza del plantigrado in zone abitate risponde a una determinazione discrezionale che è correlata a una domanda di diritto che non appare più legata alla tradizionale delega da parte del potere normativo ma a un’ulteriore delega, poiché l’assetto di interessi è, concretamente, stabilito dal giudice.
La volontà imperativa dell’amministrazione è doppiata da un’ulteriore determinazione che non si limita a sindacare la prima, ma che diviene una sorta di supplenza tecnica, formalmente non giustificabile, ma che talvolta si impone per necessità.
Il criterio di soluzione del problema - è opportuno precisarlo, che incide su una decisione che deve porsi quale bilanciamento tra la vita dell’animale e il correlato pericolo che lo stesso animale potrebbe apportare alle zone abitate - sul piano del diritto dovrebbe assumere rilevanza tanto per le modalità del suo svolgimento, quanto per i suoi risvolti sostanziali.
5. Riflessioni di sintesi
La complessiva vicenda coinvolge problemi di ordine generale, in certa misura collegati e interdipendenti fra loro, che per essere risolti richiedono il chiaro possesso e la retta applicazione degli stessi principi informatori del sistema, posto che, come chiarito in apertura, si saluta con estremo favore la provvisoria sospensione del provvedimento di abbattimento di un’animale, circostanza che può variare in base alla sensibilità del singolo.
Il bilanciamento tra diversi interessi dovrebbe rifuggire, per quanto possibile, da contesti emergenziali e tendenzialmente derogatori per poter accedere a un grado adeguato di razionalità, da intendersi quale canone che consente all’amministrazione di valutare, tra le alternative di comportamento, in base a un sistema di valori, le possibili conseguenze che potrebbero derivare proprio dalle potenziali soluzioni.
Emergono, in una veste peculiare, due delle questioni più delicate che riguardano l’attività amministrativa contemporanea, e in fin dei conti che intercettano profili organizzativi, da cui discendono carenze e insufficienze dovute, talvolta, a fattori occasionali, ma più spesso a strutturali e decennali lacune.
Nello specifico, il benessere degli animali deve essere riconosciuto - come è ovvio che sia - come autonomo valore da tutelare in termini di interesse pubblico proprio, sulla base della premessa, altrettanto ovvia, che si tratta di esseri viventi e come tali senzienti, elemento che deve rientrare come elemento principale nella valutazione.
Da un certo punto di vista parrebbe addirittura possibile trarre ulteriori conferme al suesposto ordine di argomentazioni dal combinato disposto degli art. 13 e 36 del TFUE che impongono di tenere in considerazione il benessere degli animali quale canone autonomo che deve orientare le condotte, anche del decisore pubblico, in quanto si tratta di facoltà e attribuzioni inalienabili degli animali che devono ricevere considerazione e tutela[23].
Riservare a tale articolato assetto di interessi una gestione normalmente emergenziale appare quanto mai inopportuno, dovendo la singola valutazione porsi in un ambito esteso derivante dal più ampio contesto decisionale possibile, quale, proprio per il caso in esame, quello relativo alla gestione di un determinato territorio.
Per ciò che riguarda la questione delle continue e indebite interferenze tra amministrazione e giudice amministrativo, è evidente che si tratta di temi rilevantissimi che, come tali, riguardano la stessa tenuta dello stato di diritto, ma in questa sede ci si limita ad apprezzare la sensibilità dimostrata dall’organo giurisdizionale a surrogare una sproporzionata e irragionevole - in attesa della sentenza - decisione dell’autorità provinciale.
[1] Per un commento a prima lettura, cfr. A. Gasparre, Runner ucciso dall’orsa: interviene il TAR che sospende l’esecuzione e chiede un supplemento di documentazione, in Diritto & Giustizia, 2023, 7 ss.
[2] Sotto il profilo legato alla legittimazione ad agire e agli interessi alla stessa sottesi, osserva in maniera condivisibile M. Delsignore, La legittimazione delle associazioni ambientali nel giudizio amministrativo: spunti dalla comparazione con lo standing a tutela di environmental interests nella judicial review statunitense, in Dir. proc. amm., 2013, 735 ss., attraverso il richiamo a una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, che gli interessi a tutela degli animali, non sono individuali, ma al contrario sono riferibili indistintamente alla popolazione, posto che chiunque avrebbe interesse alla preservazione delle specie animali o ad osservare animali in via di estinzione; sempre sul tema della legittimazione delle associazioni animaliste, ma in un’ottica diversa, che riguarda la tutela degli animali da sostanze tossiche, cfr. G. Ligugnana, I procedimenti giustiziali nei confronti delle decisioni dell’ECHA, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2016, 311 ss.; alle stesse conclusioni in termini protettivi per gli animali perviene, pur partendo da una questione differente, cfr. M. Lottini, Benessere degli animali v. usi tradizionali. Ancora la Corte di giustizia a sostegno di una interpretazione delle norme in chiave ‘animalista’, in Federalismi, 2021, l’esigenza nazionale di mantenere in vita usi tradizionali a scopo ricreativo, non può giustificare di per sé, l’utilizzo di un metodo di caccia particolarmente crudele, ricordando che la tutela del benessere degli animali (oltre che naturalmente la tutela ambientale e della biodiversità) possono essere compromessi solo ove ciò strettamente necessario e nel rispetto di rigide condizioni.
[3] “Stante la peculiarità della fattispecie – caratterizzata dalla circostanza che non è ancora decorso il termine per impugnare le Linee guida del 2021 e il rapporto ISPRA-MUSE (...) nonché la possibilità che a un’eventuale reiezione della domanda cautelare in esame consegua immediatamente l’abbattimento dell’orsa, così vanificando la possibilità di un appello cautelare”.
[4] Si tratta di l. 11 febbraio 1992, n. 157, recante ‘Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio’.
[5] Ampiamente sul punto, cfr. A.M. Chiariello, La funzione amministrativa di tutela della biodiversità nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, Napoli, 2022; L. Del Corona, La tutela della biodiversità: dal diritto internazionale alla Costituzione, in Federalismi (Focus - Human Rights), 2023, 198 ss.
[6] Ne discorreva già diffusamente F. Salvia, Il diritto amministrativo e l’emergenza derivante da cause e fattori interni all’amministrazione, in Dir. amm., 2005, 763 ss. (spec. par. 7); di recente, nei medesimi termini, cfr. L. Giani, Dalla cultura dell’emergenza alla cultura del rischio: potere pubblico e gestione delle emergenze, in L. Giani, M. D’Orsogna, A. Police (a cura di), Dal diritto dell’emergenza al diritto del rischio, Napoli, 2018, 15 ss., 19.
[7] Cons. St., sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045
[8] Si tratta di un documento tecnico per la gestione della specie faunistica e contiene indicazioni dettagliate circa le misure da adottare per prevenire e risarcire i danni causati dagli orsi, le più opportune misure di intervento; per una lettura sistemica, cfr. E. Frediani, Decisione condizionale e tutela integrata di interessi sensibili, in Dir. amm., 2017, 447 ss.
[9] Cfr. M. Lottini, La tutela del benessere animale come interesse da tutelare, in Foro amm., 2021, 1712 ss.
[10] Cons. St., sez. VI, 7 giugno 2011, n. 3419, in Foro amm. CdS, 2011, 2023, “Ai sensi dell'art. 1, l. n. 157 del 1992, la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare nell'interesse della comunità nazionale e sopranazionale, onde i piani di abbattimento devono essere disposti nel rigoroso rispetto delle regole procedurali e sostanziali previste”; sul tema, si v. l’argomentazione offerta da Corte Cost., 15 marzo 2022, n. 69, in Giur. cost., 2022, 827.
[11] Si osserva, rispetto ad eventuali conflitti di competenza, che Corte Cost., 27 settembre 2019, n. 215, in Foro it., 2019, I, 3806, ha dichiaratoinfondate le questioni di legittimità costituzionale degli art. 1 l. prov. Trento 11 luglio 2018 n. 9 e 1 l. prov. Bolzano 16 luglio 2018 n. 11, nella parte in cui attribuiscono ai presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano il potere di autorizzare la cattura e l’uccisione dell'orso e del lupo, in riferimento agli art. 117, commi 1 e 2, lett. s), e 118, commi 1 e 2 Cost. e 4, 8 e 107 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
[12] Sulla relazione direttiva-territorio, necessario è in rinvio a G. Greco, La direttiva habitat nel sistema delle aree protette, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, 1207 ss.
[13] T.A.R. Trentino Alto-Adige, Trento, 29 ottobre 2020, n. 184, a parere delle ricorrenti, infatti, l'abbattimento dell'animale è una misura drastica e irreversibile, che avrebbe dovuto trovare adeguata motivazione anche con riferimento all’insussistenza di soluzioni alternative, espressamente previste dal PACOBACE, quali la captivazione permanente o il radiocollaraggio. La relazione tecnica redatta dal personale del Servizio foreste e fauna della Provincia e i referti sanitari richiamati nel provvedimento in quanto non allegati né disponibili non sono idonei a motivare neppure per relationem la scelta della Provincia. Quindi, nella fattispecie in esame, la misura dell’abbattimento risulta anche sproporzionata. Inoltre, la previsione, precedentemente all'abbattimento, di azioni di monitoraggio ed identificazione dell'animale, che comportano tempi non brevi, conferma la contraddittorietà del provvedimento.
[14] Cfr. M. Bevilacqua, I problemi aperti dalla stabilizzazione del paradigma commissariale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2022, 1167, «Giova richiamare un recente caso in tema dell’emergenza da plantigradi diffusasi nella Provincia di Trento, in merito alla quale il Consiglio di Stato si è pronunciato sul contenuto di un’ordinanza contingibile e urgente tramite la quale il presidente della Provincia aveva disposto la captivazione permanente dell’orso M57. I giudici di Palazzo Spada, richiamando una pronuncia della Consulta, hanno chiarito che in ogni caso valgono i limiti propri del potere amministrativo, compreso il principio di proporzionalità affinché le misure adottate siano correttamente graduate al fine di garantire un consono contemperamento degli interessi in gioco ed evitare di violare i canoni non solo di proporzionalità ma anche di ragionevolezza e adeguatezza».
[15] Ordinanza 11 agosto 2020, n. 491102 del Presidente della Provincia autonoma di Trento, la misura della cattura per captivazione permanente sembrava essere, al momento di adozione del provvedimento, quella che, in alternativa all’abbattimento, consentiva la necessaria rimozione dell’esemplare di cui si tratta, non essendo ipotizzabile, anche in relazione all’interlocuzione aperta con il competente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, alcuna soluzione alternativa che prevedesse la traslocazione dell’esemplare in altro territorio idoneo.
[16] Cfr. S. Foà, Il nuovo diritto della scienza incerta: dall’ignoto irriducibile come noumenoo al mutamento di paradigma, in Dir. amm., 2022, 813 ss., osserva che il principio di precauzione dovrebbe essere il crocevia dell’incontro tra scienza e tecnica, da un lato, e decisione pubblica, politica e amministrativa, dall’altro. Si riprendono due possibili rappresentazioni antitetiche della costruzione di tale rapporto: la norma precauzionale come segno della regolazione giuridica della scienza e della tecnica o, viceversa, la norma precauzionale come sintomo del dominio della scienza e della tecnica sulla normatività giuridica.
[17] V. Onida, Politica e giustizia: problemi veri e risposte sbagliate, in Il Mulino, 2010.
[18] Ampiamente, su questi temi, cfr. F. Saitta, Interprete senza spartito?. Saggio critico sulla discrezionalità del giudice amministrativo, Napoli, 2023, 91.
[19] Di recente, con un approccio legato ad alcune emblematiche vicende recenti, L. Saltari, Giudici amministratori, in Riv. trim. dir. pubbl., 2022, 293 ss.
[20] Sul punto, si v. T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 7 ottobre 2022, n. 1515.
[21] Sul tema, in termini difformi, ma legati a una prospettiva di partenza diversa, P. Grossi, L’invenzione del diritto: a proposito della funzione dei giudici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, 831, per il quale il pluralismo giuridico implica il pluralismo delle fonti e quindi ammettere letture estensive della magistratura, anche al di là del dato positivo, anche di carattere processuale.
[22] Evidente, anche dal punto di vista semantico il riferimento, genericamente inteso, agli scritti di F. Ledda, ora anche in Scritti giuridici, Padova, 2002.
[23] In questi termini già R. Ferrara, I principi comunitari della tutela dell’ambiente, in Dir. amm., 2005, 509 ss.