La dimensione estetico-identitaria del paesaggio e i suoi confini (Cons. St., IV, 28.1.2022 n. 624)
di Maria Grazia Della Scala
Sommario: 1. La vicenda: il recupero dei sottotetti – 2. L’accezione olistica di paesaggio – 3. La soluzione del Consiglio di Stato: autonomia e differenziazione – 4. Paesaggio e ambiente – 5. Paesaggio e governo del territorio: i confini della tutela paesaggistica e la discrezionalità urbanistica – 6. Conclusioni.
1. La vicenda: il recupero dei sottotetti.
La vicenda in esame prende le mosse da un’istanza di permesso di costruire per la realizzazione di tre appartamenti e l’ampliamento di un’unità abitativa nel sottotetto di un edificio, in applicazione delle norme di cui agli articoli 63 e 64 della legge per il governo del territorio della Regione Lombardia n.12/2005.
Il progetto riguardava un complesso immobiliare unitario, di proprietà indivisa, composto da due distinti corpi di fabbrica posti in successione tra loro e ciascuno dotato di proprio cortile; introduceva modifiche unicamente alle falde prospicienti un cortile delle quali sviluppava una lieve pendenza, visibile solo dall’interno della corte interna, quindi unicamente da chi era abilitato a farvi ingresso.
L’immobile non era gravato da alcun vincolo paesaggistico; l’intervento tuttavia era sottoposto a esame dell’impatto paesistico ai sensi dell’articolo 64 co. 8 della citata L. R. n.12/05, secondo il quale “I progetti di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici e da realizzarsi in ambiti non sottoposti a vincolo paesaggistico, sono soggetti all'esame dell'impatto paesistico previsto dal piano territoriale paesistico regionale”.
Tale apprezzamento si articola, a norma del predetto piano, approvato nel 2010, in una pluralità di valutazioni (artt. 35 ss.). Il progettista deve considerare preliminarmente la sensibilità paesistica del sito e il grado di incidenza del progetto, determinata dalle caratteristiche del sito stesso nonché dai rapporti che esso intrattiene con il contesto paesaggistico con il quale interagisce, secondo quanto stabilito nelle linee guida regionali di cui alla delibera di giunta dell’8 novembre 2002. L’“incidenza paesistica” di un progetto è poi considerata guardando all’entità e alla natura del condizionamento che il medesimo esercita sull’assetto paesaggistico del contesto, in ragione delle dimensioni geometriche di ingombro planimetrico e di altezza, del linguaggio architettonico con cui si esprime, della natura delle attività che è destinato a ospitare. L’“impatto paesistico”, infine, esprime l’entità dei prevedibili effetti sul paesaggio conseguenti alla realizzazione dell’intervento progettato e viene valutato “in base alla combinazione della sensibilità del sito e della incidenza del progetto”, sempre secondo quanto stabilito nelle linee guida di cui alla d.g.r. n. VII/11045 del 2002. Le predette linee guida affermano, tra l’altro, che “ogni intervento che opera una trasformazione del territorio è potenzialmente un intervento di trasformazione del paesaggio; l’aspetto di un intervento e il conseguente esito paesistico sono sostanzialmente valutabili solo a seguito della completa definizione progettuale dello stesso relazionata al contesto”.
La medesima l.r. n.12/05 prevede poi che ove le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica e irrogazione delle sanzioni siano delegate agli enti locali, i medesimi debbano istituire un’apposita commissione con il compito, tra l’altro, di rendere pareri obbligatori nei procedimenti volti all’apprezzamento dell’impatto paesaggistico degli interventi.
In esito al parere reso dalla Commissione per il paesaggio istituita dal Comune di Milano, il permesso di costruire veniva negato. La Commissione, in particolare, considerava dirimente l’alterazione che il suddetto intervento avrebbe determinato sull’“equilibrio di contesto”, dipendente dal fatto che la realizzazione del sottotetto abitabile sembrava creare una “evidente disomogeneità” rispetto al resto della copertura del tetto dell’intero fabbricato, formato dal complesso immobiliare in questione e da altro adiacente, contrassegnato da diverso numero civico e di proprietà di altri soggetti. Il parere era coerente con il Manifesto degli indirizzi e delle linee guida elaborato dalla Commissione medesima nel 2016, il quale, in adesione a una nozione estesa di paesaggio, enuncia che “la copertura va sempre considerata anche come una sorta di facciata orizzontale che in molti casi è effettivamente percepibile dall’alto come tale”, assumendo altresì che gli interventi relativi a una parte solo di copertura producano “il rischio di alterare l’equilibrio compositivo dei caratteri architettonici dell’edificio”.
A fronte di un’istanza di riesame formulata dagli interessati e di nuovo parere negativo della Commissione del Paesaggio, il Comune ribadiva le proprie posizioni.
Gli interessati presentavano ricorso al TAR Lombardia avverso il provvedimento di diniego motivato in relazione alle valutazioni compiute dalla Commissione del paesaggio, ritenendo, tra l’altro, che quest’ultima avrebbe espresso un apprezzamento paesistico “al di fuori del contesto di riferimento” e quindi ultra limes. Travisando il concetto di “modifica estetica degli edifici” e assumendo come termine di confronto della conformazione morfologica il manufatto adiacente, avrebbe poi subordinato l’intervento a una condizione impossibile, ovvero “la preventiva acquisizione dell’assenso dei proprietari dei sottotetti dell’edificio confinante a provvedere contestualmente alla medesima modifica proposta”, con illegittima compressione dello ius aedificandi.
Il giudice di prime cure, con ordinanza cautelare n. 342/2018, chiedeva all’amministrazione un approfondimento istruttorio volto a verificare la pretesa alterazione dell’“equilibrio di contesto” attraverso “una valutazione di tipo complesso”. In ottemperanza, il Comune, previa acquisizione di un nuovo parere da parte della Commissione del Paesaggio, confermava il proprio diniego. I ricorrenti impugnavano tale ulteriore provvedimento unitamente al parere negativo della Commissione con ricorso per motivi aggiunti.
Su una nuova domanda di permesso di costruire avente ad oggetto un diverso progetto, la Commissione si esprimeva ancora negativamente, con parere a sua volta impugnato dagli interessati.
2. L’accezione olistica di paesaggio.
Risolti i profili processuali della vicenda, tra i quali l’ovvia inammissibilità dell’impugnazione di un atto consultivo e l’improcedibilità dell’originario ricorso - essendo il primo diniego superato dal successivo provvedimento negativo emanato su ordine di riesame -, sono d’interesse le questioni di merito affrontate dal giudice.
Questi, con sentenza n. 932/2019, dichiara l’infondatezza della censura di illegittimità delle valutazioni compiute dalla Commissione del paesaggio, non considerate affette da “non corretta applicazione dei parametri di tutela del paesaggio” ed espresse ultra limes. Risulterebbero invece conformi a quella nozione ampia di paesaggio espressa dalla Convenzione europea del paesaggio del 2000 da noi ratificata con l. n. 14/2006[1], che ne recepisce la portata polisemica, riempiva di “sostrati naturalistici” e di “elementi prettamente culturali”, inclusiva di aree urbane, campagne, territori degradati; zone considerate eccezionali come quelle della vita quotidiana. Conferma ne sarebbe lo stesso Preambolo della Convenzione in cui si afferma che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale, sociale ed economico, riconoscendone altresì la funzione identitaria a livello locale come nel più ampio contesto europeo.
Dunque, il giudice di primo grado accoglie un’accezione comprensiva e dilatata di paesaggio, inquadrandolo come nozione “che supera le sovrapposizioni spesso presenti nella legislazione interna tra ambiente, paesaggio e beni culturali” e che reclama un’autonomia, riconoscendo al contempo la necessità di una “visione integrale e olistica del concetto in esame”; ritiene, dunque, naturale che in tale nozione estesa rilevino sia gli spazi privati, quindi la percezione dell’inclinazione delle falde dal cortile interno, che la prospettiva dall’alto.
Avverso tale pronuncia gli interessati propongono appello, in sintesi censurandola per aver fatto propria una erronea e strabordante nozione giuridica di paesaggio, pur inteso dall’appellante come “insieme estetico godibile dalla collettività” ai sensi della Convenzione europea del paesaggio del 2000, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n.42/2004 (artt. 131 e 136), della legge regionale n. 12 del 2005 e del regolamento edilizio del Comune di Milano (art. 5. co.1).
3. La soluzione del Consiglio di Stato: autonomia e differenziazione.
La sentenza in esame del Consiglio di Stato è degna di nota per il tentativo che opera di restituire, in base al diritto positivo, gli elementi distintivi tra materie confinanti e di definire il paesaggio ai fini della corretta applicazione delle discipline di tutela.
Ne accoglie anch’essa una nozione ampia, esito di quella spinta evolutiva che l’elaborazione teorica ha infine determinato nel diritto positivo[2]. Anzitutto, considera a tal fine proprio le norme della Convenzione europea del paesaggio e del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in cui il medesimo è appunto definito come “il territorio espressivo di identità il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”.
La particolare estensione con cui la nozione è intesa si ravvisa in particolare nella previsione secondo cui il campo di intervento delle politiche pubbliche deve riferirsi alla “totalità della dimensione paesaggistica del territorio degli Stati”[3], non potendosi considerare unicamente – si afferma – gli elementi culturali o artificiali ovvero solo quelli naturali ma appunto “l’insieme di tali elementi e le relazioni esistenti tra loro”. Come nella Convenzione europea, si sottolinea ancora, il Codice impone la considerazione di ogni paesaggio come elemento dell’ambiente e del contesto di vita delle popolazioni, sia nelle aree urbane che rurali, sia in quelle eccezionali che in quelle da riqualificare[4].
Nondimeno, il Supremo Consesso rifiuta l’idea, fatta propria dal giudice di prime cure, che si tratti di una nozione totalizzante, percependo la necessità giuridica di perimetrarlo, pena il rischio – si avverte - dell’affermarsi di una “macro-categoria” di “governo del territorio”, ovvero di una “nozione onnicomprensiva di ambiente”.
4. Paesaggio e ambiente.
La decisione s’inquadra, dunque, nel risalente e solo in parte sopito dibattito sull’estata portata della nozione giuridica di paesaggio la quale, esito delle alterne vicende che ne segnano il percorso storico, manifesta ancora la necessità, se non l’urgenza di assumere una conformazione precisa rispetto a concetti riferiti a un oggetto analogo e, almeno in gran parte, sovrapponibile: il territorio[5].
Il primo luogo, emerge il profilo del rapporto tra tutela paesaggistica e tutela ambientale, apparentemente meno rilevante ai fini della decisione in esame, ma implicato dalla stessa necessaria decifrazione del paesaggio, dunque richiamato dalla IV sezione.
Paesaggio e ambiente rappresentano, infatti, entrambi valori egemoni che pur emersi nell’orizzonte giuridico in tempi diversi e in differente contesto culturale[6], si sono trovati a lungo intrecciati, apparendo invece, nei tempi recenti, in originale relazione dialettica. La tutela dell’ambiente, germinata nella giurisprudenza ordinaria da una rilettura dell’art.32 Cost. in combinazione con l’art.2[7], è stata anzitutto dalla Corte costituzionale più volte riconnessa alla tutela del paesaggio, al fine di riconoscerne unitarietà, predominanza e spessore di valore costituzionale[8].
Quest’ultimo a sua volta, dimenticato nella riformulazione dell’art.117 Cost. ad opera della l.c. n.3/2001, è stato confermato dal giudice delle leggi come bene primario, la cui tutela esige una disciplina di tutela uniforme a livello nazionale, in ragione della sua considerazione come forma del territorio e profilo esteriore, visivo dell’ambiente[9]. Con ciò si è legittimato un centralismo statalista[10] anche sul piano amministrativo[11], quindi un intervento dello Stato nell’apposizione dei vincoli puntuali, nella stessa attività di pianificazione[12], nei procedimenti autorizzatori e nel sistema dei controlli[13]. In mancanza di che, si ritiene, la tutela paesaggistica verrebbe degradata “da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica”[14].
Come attenti studi evidenziano ormai da diversi anni, è stato soprattutto l’affermarsi, nell’ambito della tutela ambientale, degli obiettivi della transizione ecologica attraverso la produzione di energie rinnovabili ad aver condotto a situazioni di tensione[15], secondo un percorso capace di risolversi in un panambientalismo idoneo a erodere la stessa autonomia concettuale e giuridica del paesaggio, riducendolo a mera componente dell’ambiente[16], sintetizzabile al suo interno con gli altri suoi elementi. Tale esito, avvertito come potenzialmente più prossimo in ragione della riforma dell’art.9 della Costituzione[17], non pare impensierire una parte degli studiosi, piuttosto inclini al riconoscimento della priorità delle questioni ambientali e che auspicano, in una visione astratta rispetto alla già intensa regolazione del territorio, una generale pianificazione ambientale capace di condizionare ogni successiva decisione relativa al suo governo[18].
Vi si oppongono posizioni che paventano, viceversa, la negazione dell’intima eterogeneità di due nozioni che, entrambe frutto di elaborazioni interdisciplinari, risponderebbero a finalità diverse, evocando conoscenze intrinsecamente differenti, e caratterizzate da un contenuto giuridico in linea di principio non assimilabile né confrontabile. L’obiettivo da perseguire sarebbe dunque quello del mantenimento ed esaltazione della difformità che si assume imposta dalla stessa storica formazione dei concetti, oltre che dai loro contenuti fattuali. Si valorizza la dimensione estetico-culturale del paesaggio che deriva dall’originaria disciplina elaborata sulla falsariga di quella delle cose d’arte[19], implicando il suo riconoscimento valutazioni da compiersi alla stregua delle più incerte scienze umane; diversamente, la tutela dell’ambiente, dalla genesi più recente e rispondente a nuove e diverse istanze, attinge – si osserva - essenzialmente ad entità misurabili con ricorso all’ambito delle scienze esatte[20].
La IV Sezione prende posizione in ordine alle questioni aperte e agli scenari prefigurabili così sintetizzati, ponendosi con decisione nel solco dell’indirizzo favorevole all’autonomia e alla discriminazione.
In conformità con il secondo orientamento sopra richiamato e con alcune precedenti decisioni del giudice amministrativo[21], evocando proprio la dimensione identitaria, il formante culturale del paesaggio[22], osserva come il medesimo si differenzi dall’ambiente appunto perché misurabile attraverso “la percezione (per lo più qualitativa) e l’interpretazione da un punto di vista soggettivo”; laddove il secondo rileva - si sottolinea - attraverso la percezione operata “prevalentemente mediante l’apprezzamento delle quantità fisico-chimiche e dei loro effetti biologici sull’ecosistema da un punto di vista oggettivo”, così scongiurando l’assorbimento dell’uno nell’altro.
La pronuncia, sotto tale profilo appare altresì coerente con quella giurisprudenza consolidata che in capo alle amministrazioni preposte alla tutela del paesaggio riconosce una discrezionalità ampia, “in quanto correlata a valori primari di rango costituzionale ed internazionale”[23]; discrezionalità non esauribile nell’apprezzamento di dati empirici ma che si traduce in esercizio, anche, di discrezionalità amministrativa: di apprezzamento dell’interesse pubblico primario intrinseco ai beni da tutelare[24].
5. Paesaggio e governo del territorio: i confini della tutela paesaggistica e la discrezionalità urbanistica.
Quale più diretto oggetto della pronuncia, emerge il tema del rapporto tra paesaggio e governo del territorio; tema reso problematico, per un verso, dall’accrescersi delle vocazioni dell’urbanistica e dei suoi strumenti[25], per altro verso, dall’evolversi della tutela dei beni paesaggistici[26] in tutela del paesaggio e dall’assunzione da parte del piano paesaggistico di una natura territoriale e tendenzialmente generale[27].
L’urbanistica, sviluppatasi come governo del territorio, arricchitasi nel tempo di plurime finalità economiche, sociali, ecologico-ambientali[28], è stata invero capace di includere ogni forma di protezione di interessi gravanti sul territorio, fino a presentarsi come “funzione forte” secondo indirizzi sintetizzati nella formula della “panurbanistica”[29]; mentre in altri momenti, specie a fronte del moltiplicarsi delle c.d. tutela parallele attraverso specifici piani, è venuta piuttosto atteggiandosi come funzione recessiva[30], tuttavia capace di rinvigorirsi con l’attenuazione della specialità della pianificazione di settore[31].
Un’inclinazione ordinante in questa complessa dinamica è rappresentata dall’idea, in certa misura abbracciata dal legislatore[32], di ricostruire il sistema della pianificazione territoriale come sistema integrato e interscalare nel quale al livello di area vasta verrebbe lasciata la determinazione di linee guida, oltre che di “vincoli specifici con relative prescrizioni d’uso”, mentre alla pianificazione comunale sarebbe naturalmente affidata l’integrazione, in scala appunto locale, delle predette direttive [33]. Secondo questa ricostruzione, se indispensabile è il ruolo dei piani di area vasta — a partire dal piano paesaggistico — al livello comunale della pianificazione resterebbe anzitutto il rilevante compito di “interpretazione-caratterizzazione e di governo del paesaggio locale, in continuità-complementarietà con le coordinate tracciate dal piano paesaggistico”[34].
Senza smentire simile prospettiva, e anzi richiamando l’integralità del paesaggio, il Consiglio di Stato, conferma non solo l’ormai pacifica irriducibilità della tutela paesaggistica a governo del territorio[35]; avverte come la sua estesa nozione non giustifichi la negazione all’urbanistica di spazi propri e, per quanto ridotti, esclusivi, corrispondenti a elementi non comuni al territorio da tutelare a fini paesaggistici[36].
Gli stessi riferimenti normativi evocati nella controversia in esame militerebbero in tale senso: l’art. 64.8 della l.r. n. 12/05 che sottopone a giudizio di impatto paesistico i soli interventi di recupero dei sottotetti incidenti “sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici da realizzare”, la stessa d.r.g. 8.11.2002 VII/11045 recante linee guida per l’esame paesistico dei progetti, che indica, ai fini della predetta valutazione, la considerazione delle “condizioni di visibilità, più meno ampia, o meglio di co-visibilità tra il luogo considerato e l’interno”, dovendosi “privilegiare i punti di osservazione che insistono su spazi pubblici e che consentono di apprezzare l’inserimento del nuovo manufatto o complesso nel contesto”. L’art. 1 delle NTA del PPR si osserva poi, si richiama integralmente alla definizione di cui alla Convenzione europea, mentre l’art.37, ancora una volta impone la valutazione dell’incidenza paesistica di un progetto in base all’entità e alla natura del condizionamento che il progetto esercita sull’assetto del paesaggio di contesto”, con riguardo alle “caratteristiche dell’impatto prodotto dall’opera prevista”; l’art.5.4. del Regolamento edilizio del comune di Milano prevede che “l’Amministrazione Comunale, secondo le competenze dalle norme vigenti, esegue, avvalendosi della Commissione comunale per il Paesaggio, un esame dei progetti “relativamente alla qualità estetica e all’inserimento nel paesaggio” (corsivi nostri). La disciplina positiva, dunque, valorizzerebbe “il contesto” in relazione a quel criterio guida per la definizione di paesaggio che proprio la Carta europea pone: la “percezione da parte delle popolazioni” (art.1 lett.a).
Il necessario contenimento della portata espansiva della nozione di paesaggio si ancora poi, osserva la IV Sezione, al “necessario bilanciamento tra libera esplicazione del diritto di proprietà, di cui è espressione lo jus aedificandi, e il (preteso) interesse pubblico alla salvaguardia di un valore paesaggistico, che, - ove pure in ipotesi sussistente sul piano estetico - finisce per essere recessivo ove afferente a un bene non fruibile dalla generalità indifferenziata dei consociati”.
Tali sarebbero appunto le falde percepibili solo dal cortile interno e unicamente da chi abbia titolo per accedervi, non potendosi accogliere la tesi che tale limitato numero di soggetti sia riconducibile a quelle nozioni di popolazione e di cittadinanza capaci di esprimere elementi identitari.
6. Conclusioni.
La prospettiva fatta propria dalla IV Sezione merita, ad avviso di scrive, piena condivisione.
Il paesaggio vive una delicata stagione di transizione. E’ anzitutto in cerca di nuova armonia rispetto agli imperativi della protezione ambientale, sempre più chiamata a declinarsi come transizione ecologica che esige nuovi interventi sul territorio, sulla sua morfologia. Il paesaggio, sebbene non riducibile a componente dell’ambiente, fronteggia così finalità di interesse generale anch’esse egemoni e sempre più urgenti, rispondenti non solo a scopi ecologici ma altresì a pressanti questioni di politica energetica[37]. Rispetto ad essi richiede tuttavia un apprezzamento nei termini giuridici di un confronto tra pari, secondo rigorosi criteri di proporzionalità e ragionevolezza.
D’altra parte, il paesaggio è ancora in via di definitiva sistematizzazione rispetto al governo del territorio. La sua tutela, non dimentica delle proprie origini di conservazione delle bellezze naturali, è certamente, specie a seguito della novella del 2008 al codice Urbani, proiettata verso la difesa ma anche promozione e rispristino di luoghi caratterizzati dall’impronta culturale e identitaria della popolazione. Se questa componente è la cifra caratterizzante il paesaggio come oggetto della disciplina giuridica, a partire dalla Carta fondamentale riletta alla luce della Convezione europea del paesaggio, è da considerare come la medesima si riferisca alla collettività nazionale. Lo stesso Codice lo assume come oggetto di tutela relativamente “a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale in quanto espressione di valori culturali”[38], legandosi a quella unicità di scenari in cui riposa la radice dell’eccentricità della disciplina italiana nel contesto internazionale[39].
È vero che il valore estetico - culturale e il senso di appartenenza si declina in ragione delle specificità locali, ma è quel valore non negoziabile in cui il paesaggio si risolve[40] a giustificare la tutela dei paesaggi, e che, comunque si trovi localmente specificato e apprezzato, trova protezione attraverso il riconoscimento della sua primazia, l’uniforme disciplina dello Stato, l’“impronta unitaria” della pianificazione, pur articolata su scala regionale[41].
Ciò non toglie che finalità di conservazione e promozione, superando il livello minimo di tutela rispondente all’interesse unitario, possano ulteriormente emergere in ambito regionale e locale, essendo capaci di trovare in quelle sedi, nell’esercizio delle competenze dei diversi livelli di governo, anche favorevoli bilanciamenti rispetto a istanze sociali ed economiche, tuttavia qui confondendosi nelle complessive scelte di governo del territorio[42].
La prospettiva dei diversi livelli degli interessi che permeano il sistema spiega bene perché, malgrado la “territorializzazione” dei piani paesaggistici e la tendenziale integralità della tutela accordata oggi al bene-paesaggio, il medesimo non si configuri come nozione olistica, essendovi sul territorio qualcosa che ancora vi si estranea: è ciò che non incide su quell’istanza comune, non s’infrange contro un interesse generale connaturato e immanente al territorio, di rilievo nazionale.
Accanto alle insidie del passato panurbanismo, ai paventati rischi del panambientalismo, si palesa la necessità di non cedere alla facile lusinga del panpaesaggismo[43].
La limitazione conformativa proprietà privata, ascrivibile alla sua funzione sociale, si integra in relazione a quei soli condizionamenti[44] che corrispondono ai predetti valori unitari[45], laddove dell’urbanistica occorre recuperare il carattere di ineludibile complementarità rispetto alla tutela paesaggistica nel ruolo di composizione di quella pluralità di interessi che connota tradizionalmente l’autonomia, normativa e amministrativa, degli enti territoriali[46].
[1] Sulla Convenzione europea del Paesaggio, cfr. A. A. Herrero De La Fuente, La convenzione europea sul paesaggio, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2001, 6, 893 ss., G. F. Cartei, Codice dei beni culturali e del paesaggio e Convenzione europea: un raffronto, in Aedon, 2008, 3, D. M. Traina, Il ventennale della convenzione europea sul paesaggio: un primo bilancio del suo stato di attuazione in Federalismi.it, 2020, 30, 190 ss. V. inoltre i diversi contributi in G. F. Cartei, Convenzione europea del paesaggio e governo del territorio, Bologna 2007.
[2] Si pensa anzitutto, ovviamente, all’approccio sistematico-integrativo di A. Predieri, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. edil., 1967, 270 ss., in cui l’Autore riconosceva che “la tutela del paesaggio…non è solo la conservazione delle bellezze naturali…., ma la più ampia tutela (non limitata alla conservazione) della forma del territorio creata dalla comunità umana che vi è insediata, come continua interazione della natura e dell’uomo, come forma dell’ambiente, e quindi volta alla tutela dello stesso ambiente naturale modificato dall’uomo, dato che in Italia, quasi dappertutto, al di fuori delle ristrettissime aree alpine o marine, non può parlarsi di un ambiente naturale senza presenza umana”; Id., Paesaggio (ad vocem), in Enc. Dir., XXXI, 1981, 503 ss., G. Ghetti, Prospettive della tutela del Paesaggio negli ordinamenti regionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 1527, F. Merusi, Commento all’art.9 Cost., in G. Branca (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna, 1975, 434 ss., F. Levi, La tutela del paesaggio, Torino, 1979, 1 ss. Per una puntuale ricostruzione dell’evoluzione della disciplina di tutela del paesaggio e della portata del piano paesaggistico: A. Angiuli, Piani territoriali tra valore paesaggistico, interessi rivali e partecipazione, in Scritti in memoria di Roberto Marrama, Napoli, 2012, vol. I, 1289 ss., G. Severini, La tutela costituzionale del paesaggio (art.9 Cost.), in S. Battini, L. Casini, G. Vesperini, C. Vitale (a cura di), Codice di edilizia e di urbanistica. I codici commentati, Torino, 2013, 33, P. Carpentieri, Paesaggio, in Treccani, diritto-online, 2018, G. Severini, L’evoluzione storica del concetto giuridico di paesaggio, in G. Morbidelli, M. Morisi, Il “paesaggio” di Alberto Predieri, Firenze, 2019, 59 ss., D. M. Traina, Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, Ibidem, 141 ss.
[3] Convenzione europea del Paesaggio, Relazione esplicativa, II, Obiettivi e struttura della Convenzione, punto.6.
[4] Cfr. G. Morbidelli, Il contributo fondamentale di Alberto Predieri all’evoluzione e alla decifrazione della nozione giuridica di paesaggio, in G. Morbidelli, M. Morisi, Il “paesaggio” di Alberto Predieri, cit., 13 ss., che sottolinea come la tesi “integrale” si sia ormai radicalmente affermata, essendo di solo interesse storico le posizioni più restrittive che riconoscevano, in un orizzonte giuridico comunque diverso dall’attuale, la tutela paesaggistica limitata alle bellezze naturali.
[5] P. Stella Richter, I principi del diritto urbanistico, Milano, 2018, 19 ss.; Corte cost. n. 239/1985.
[6] P. Carpentieri, Paesaggio, ambiente e transizione ecologica, in Giustiziainsieme, maggio, 2021.
[7] Cass., Sez. Un., n. 5172/1979, Cass., III, n. 5530/1997, Cass., Sez. Un., n. 1187/1997, Cass., Sez. Un., n. 27187/2007, ma v. anche, tra le altre, Corte cost. n. 140/2007. Sulla necessità di un’autonoma e unitaria nozione di ambiente in relazione al diritto soggettivo all’ambiente salubre: A. Postiglione, Ambiente: suo significato giuridico, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, 33 ss., 1985, 33 ss.
[8] Cfr. Corte cost. n. 239/1982, che sottolinea come a una riduzione dell’ambiente – allora non contemplato dalla Carta fondamentale - all’urbanistica si opponesse il secondo comma dell'art. 9 Costituzione “secondo cui la tutela del paesaggio è compito della Repubblica e quindi in prima linea dello Stato, disposizione correttamente intesa ed applicata dal ricordato d.P.R. n. 616 del 1977, il quale all'art. 82 ha delegato (in base all'art. 118, secondo comma, Cost.) e non trasferito alle regioni (come, invece, ha fatto per le materie previste dall'art. 117 della Costituzione stessa) le funzioni amministrative in materia”. V. già Corte cost. n. 39/1986, n. 1151/1986, n. 641/1987. Per la progressiva estensione della nozione di paesaggio, dalle bellezze naturali, al valore culturale “ad ogni elemento naturale e umano attinente alla forma esteriore del territorio”, cfr. F. Costantino, Ambiente (dir. cost.), in Treccani, Diritto-online, 2014. Sulla derivazione della nozione di ambiente da quella di paesaggio: S. Labriola, Dal paesaggio all’ambiente: un caso di interpretazione evolutiva della norma costituzionale. Il concorso della Corte e il problema delle garanzie, in Diritto e società, 1987, 113 ss.
[9] S. Civitarese Matteucci, Ambiente e paesaggio nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Aedon, 2022, 1. Per una ricostruzione recente dei profili evolutivi dell’ambiente: F. de Leonardis, L’ambiente, in Giorn. dir. amm., 2020, 6, 787 ss., E. Mostacci, L’ambiente e il suo diritto nell’ordito costituzionale, in Trattato di diritto dell’ambiente, t. 1, Milano, 2014, 271 ss., P. Colasante, La ricerca di una nozione giuridica di ambiente e la complessa individuazione del legislatore competente, in Federalismi, giugno, 2020. Per la pregressa nozione generica di “ambiente”, in quanto riferito a svariati ed interessi ed elementi che integrano la cornice giuridica dell’uomo: M. S. Giannini, “Ambiente”: saggio sui suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 1 ss., Id., La potestà delle regioni in materia di governo del territorio, in Atti dei convegni Lincei, Tavola rotonda su Insediamenti territoriali e rapporti fra uomo e ambiente: criteri e metodologie, Roma, 1976, 207 ss.
[10] Corte cost. n. 367/2007, cit.: “il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della "tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale. Cfr. anche Corte cost. n. 183/2006, n.101/2010, n. 210/2014. Essendo il paesaggio considerato un valore primario ed assoluto, la tutela apprestata dallo Stato è considerata limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza: Corte cost. nn. 367 e 378/ 2007, nn. 80 e 437/2008, n. 272/2009. Spetta allo Stato, si afferma, assicurare una tutela «adeguata e non riducibile» dell'ambiente valevole anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome: Corte cost. n. 232/2008 e n. 61/2009. V., ancora Corte cost. n. 344/2010, sull’impatto paesaggistico degli impianti eolici.
[11] A. Angiuli, Op. cit., 1312-1313 e riferimenti alla nota 66, G. F. Cartei, Autonomia locale e pianificazione del Paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2013, 3, 703 ss., che osservano come tale impostazione centralista debba trovarsi temperata dal coinvolgimento delle autonomie territoriali nel procedimento di pianificazione paesaggistica, secondo le enunciazioni della Convenzione europea del paesaggio ma anche di alcune norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
[12] A proposito della necessaria impronta unitaria della pianificazione paesaggistica: Corte cost. n. 211/2013, n. 197/2014, n. 64/2015, n. 210/2016, n. 66 e 68/2018, n.178/2018, n. 86/2019, Corte Cost. n. 66/2018 e più di recente: C. cost. n. 240/2020 sul piano paesaggistico della regione Lazio e Corte cost. n.141/2021.
[13] Ex multis: Corte cost. n. 151/1986, n. 302/1988; Corte cost. N. 43/1991. Cfr. di recente: C. cost. n.160/2021, secondo cui l’art.146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, laddove impone l’intervento del soprintendente nel procedimento di autorizzazione paesaggistica è qualificabile come norma fondamentale di riforma economico-sociale, ai fini delle competenze legislative delle regioni ad autonomia speciale.
[14] Corte cost. n. 197/2014, n. 64/2015, n. 66/2018, n. 240/2020, cit.
[15] P. Carpentieri, Paesaggio contro ambiente, in Urbanistica e Appalti, 2005, 8, 931 ss.; Id., Eolico e paesaggio, in Riv. giur. ed., 2008, 1, 322 ss.
[16] G. Severini, P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’art.9 della Costituzione, in Giustiziainsieme, settembre 2021.
[17] G. Severini, P. Carpentieri, Ibidem. Per l’irrilevanza della riforma dell’art.9 ai fini di una gerarchia tra ambiente e paesaggio: F. De Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art.9 Cost. e la riforma “programma” dell’art.41 Cost. nella legge costituzionale n.1/2022: suggestioni a prima lettura, cit.
[18] F. Karrer, Le priorità ambientali attuali, in Apertacontrada, aprile 2011.
[19] G. F., Cartei, G.F., Il paesaggio, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, Milano, 2003, II, 2110, Peraltro il valore identitario tutt’ora accomuna tutela dei beni culturali e tutela del paesaggio nel d.lgs. n. 42/2004. Cfr. R. Cavallo Perin, Il bene culturale, in Dir. amm., 2016, 4, 495 ss.
[20] G. Severini, L’evoluzione storica del concetto giuridico di paesaggio, in G. Morbidelli, M. Morisi (a cura di), Il “paesaggio” di Alberto Predieri, Firenze, 2019, pp. 59 ss., 105-106 e P. Carpentieri, Op. ult. cit., per il quale il paesaggio riguarda appunto la comprensione identitaria del contesto più che la tutela delle matrici ambientali.
[21] Cfr. Cons. St., VI, n. 3893/2012, in cui, pur sottolineando come tutela del paesaggio e tutela dei beni culturali siano tutelati attraverso strumentazioni tra loro parallele e differenziate, osserva come beni culturali e beni paesaggistici sintetizzino i rispettivi tipi amministrativi di tutela, compongano unitariamente - per comune fondamento storico, concettuale e giuridico - il genere del patrimonio culturale ed abbiano principi comuni perché collegati dall'analoga matrice culturale, dal valore identitario (artt. 1 e 2 del Codice) e dal riferimento contestuale nel medesimo principio fondamentale dell'art. 9 della Costituzione. Cfr. anche TAR Lazio, Roma, II, n. 3577/2014, secondo cui: << in primo luogo, infatti, la stessa nozione di paesaggio indicata dall'art. 131 del codice e le definizioni dell'art. 136 conducono a ritenere che, in particolare a seguito delle modifiche normative operate dall'art. 2 del d.lgs. n. 63 del 26 marzo 2008, la individuazione dei beni paesaggistici non sia caratterizzata dalla attenzione alla rilevanza estetica dei beni limitata alla visione panoramica e all’aspetto visivo, ma soprattutto tenda alla conservazione delle caratteristiche di un bene per i profili espressivi di “identità”. Tale nozione rinvia ad un insieme di valori ed elementi di carattere storico, economico, sociale, antropologico.
[22] G. Morbidelli, Il contributo fondamentale di Alberto Predieri all’evoluzione e alla decifrazione della nozione giuridica di paesaggio, cit., 30. Cfr. anche F. Merusi, Commento all’art.9 Cost., cit., M. Immordino, Paesaggio (tutela del), in Dig. Disc. Pubbl., 1999, X, 573.
[23] Cons. St., VI, n. 3213/2012; Id., IV, n. 4246/2010; Id., V, n. 3770/2009.
[24] V. la giurisprudenza citata alla nota precedente e altresì: Cons. St., VI n. 7004/2011; Id., VI, n. 118/2013; Id., VI, n. 533/ 2013. Per la negazione di una ponderazione di interessi ai fini dell’imposizione dei vincoli paesaggistici, da ultimo: Cons. St., IV, n. 0271/2022.
[25] Per cui v. D. M. Traina, Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, cit. V. ad es., per le finalità sociali perseguibili dalla pianificazione urbanistica: Cons. St., IV, n.2710/2012, in Urb. e app., 2013, 1, 59 ss., con nota di P. Urbani. Il tale pronuncia si riteneva legittima la scelta del comune di circoscrivere le possibilità edificatorie per evitare gentrificazione e terziarizzazione del territorio di Cortina e in favore delle possibilità di acquisto della prima casa per i residenti. Sulla piena discrezionalità del Comune di modificare le destinazioni d’uso dei terreni, eliminandone la capacità edificatoria per scelte eventualmente ecologico-ambientali: Cons. St., IV, n. 119/2012 sul PRG di Roma in relazione al comprensorio di Tor Pagnotta. Per la conforme giurisprudenza: v., ad es., Cons. St., IV, n. 4667/2009, Id., IV, 4847/2009, Id., IV, n. 2545/2010, Id., IV, 7554/2010, Id., IV, n. 1222/2011. Tale regola è come noto derogabile solo a fronte di specifici affidamenti qualificati: cfr. Cons. St., IV, n. 352/ 2011. In precedenza: Id., IV, n. 133/2011; Id., IV, n. 8682/2010; Id., IV, n. 7492/2010; Id., IV, 2630/2009; Id., IV, n. 1476/2008. Cfr. anche Corte cost. n. 209/2017 sulla infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, co. 16, lettera f), del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 che ha dato base legislativa al contributo straordinario previsto dal Piano urbanistico di Roma “a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale”.
[26] Per cui v. A. M. Sandulli, La tutela del Paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. edil., 1967, II, 70 ss. e ora in Id., Scritti giuridici, Vol. II Diritto Costituzionale, Napoli, 1990, 279 ss.
[27] A. Angiuli, Piani territoriali tra valore paesaggistico, interessi rivali e partecipazione, cit. Sull’attuale coesistenza, nella disciplina del codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n.42/2004, della tutela dei beni paesaggistici e del paesaggio complessivamente inteso e dei profili distintivi tra le due nozioni, cfr. di recente Corte cost. n. 240/2020, cit., TAR Lazio, Roma, II quater, n.1080/2021, e la nota critica di G. Iacovone, Paesaggio e ricerca scientifica, in questa Rivista, marzo 2021.
[28] Cfr., tra le prime pronunce del giudice delle leggi: Corte cost. n. 239/1985 che osservava: “Già secondo la l. 17 agosto 1942 n. 1150 la nozione di urbanistica comprendeva non solo l'assetto e l'incremento edilizio dei centri abitati ma anche "lo sviluppo urbanistico in genere nel territorio dello Stato" (art. 1). Il successivo sviluppo della legislazione in subiecta materia (cfr., ad esempio, la l. 6 agosto 1967 n. 765 nonché la l. 19 novembre 1968 n. 1187) è tutto orientato verso tale ampia concezione, nel senso, cioè, che l’istituto comprende l'intero territorio senza limitazioni di sorta. Il che ha trovato ampia e precisa conferma nel d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (emanato, in attuazione della delega di cui all'art. 1 l. 22 luglio 1975 n. 382, per l'attuazione dell'ordinamento regionale), il quale all'art. 80 ridefinisce l'urbanistica come "la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente".
[29] E. Sticchi Damiani, Disciplina del territorio e tutele differenziate: verso un'urbanistica “integrale”, in AA.VV., L'uso delle aree urbane e la qualità dell'abitato, a cura di E. Ferrari, Giuffrè, Milano, 2000, p. 146.
[30] P. Stella Richter, I principi del diritto urbanistico, cit., 19 ss. Osserva come l’estensione delle pianificazioni settoriali e l’affievolimento del loro carattere di specialità abbia finito con l’inficiare il nucleo essenziale della potestà pianificatoria dell’ente locale: A. Angiuli, Piani territoriali tra valore paesaggistico, interessi rivali e partecipazione, cit., 1204 ss., la quale ricorda come anche per la Corte costituzionale, il fatto che il piano paesaggistico possa assumere valenza territoriale e, di converso, che il PRG possa porre finalità di tutela paesaggistica ulteriore non consente di far ritenere la disciplina paesaggistica primaria subordinata all’urbanistica o addirittura inclusa in essa. Cfr. già Corte cost. n. 359/1985. Sottolinea il rafforzamento di questa tendenza all’indomani della riforma dell’art.117 Cost. ex l.c. n.3/2001: D.M. Traina, Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, cit., 165.
[31] A. Angiuli, Piani territoriali tra valore paesaggistico, interessi rivali e partecipazione, cit.
[32] Con la legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. “legge Galasso”), che ha previsto che le regioni potessero dotarsi, anziché di piani paesistici, di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, con scelte confermate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004, che ha demandato alle Regioni la redazione e l’approvazione dei piani paesaggistici estesi al loro intero territorio, ovvero di piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici. Cfr. P. Chirulli, Urbanistica e interessi differenziati: dalle tutele parallele alla pianificazione integrata, in Dir. amm., 2015, 1, 50.
[33] P. Chirulli, Op. cit., 50, E. Boscolo, Il piano regolatore comunale (art. 7, L. 17.8.1942, n. 1150), in S. Battini, L. Casini, G. Vesperini, C. Vitale (a cura di), Codice di edilizia e di urbanistica. I codici commentati, Torino, 2013, 246, P. Marzaro, L’amministrazione del paesaggio. Profili critici ricostruttivi di un sistema complesso, Torino, 2011, 39 ss.
[34] P. Chirulli, Urbanistica e interessi differenziati: dalle tutele parallele alla pianificazione integrata, cit. Per importanti riflessioni nel pensiero urbanistico, cfr. L. Ricci, Diffusione insediativa, territorio e paesaggio, Roma, 2005, in particolare 179 ss.
[35] Cfr. TAR Lazio, Roma, II, n. 3577/2014, cit., che ricorda come “La giurisprudenza è, infatti, costante nel ritenere che la tutela del paesaggio non sia riducibile a quella dell'urbanistica, né, più in particolare, possa essere considerato vizio della funzione preposta alla tutela del paesaggio il mancato accertamento dell'esistenza, nel territorio oggetto dell'intervento paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche. Le prescrizioni urbanistiche, infatti, rispondono ad esigenze diverse, e non si inquadrano nella considerazione globale del territorio, che è alla base della tutela dei beni paesaggistici, tenuto anche conto che il paesaggio è considerato un valore assolutamente primario nell'ordinamento, secondo quanto affermato anche dalla Corte Costituzionale. Cfr. Cons. St., IV n. 4246/2010; Id., V, n. 3770/2009; per la giurisprudenza costituzionale richiamata: Corte cost. n. 239/1982, n. 94/1985, n. 94/1985. V. anche Corte cost. n. 151/1986 che, riferita alla dichiarazione ex lege dell’interesse paesaggistico di intere categorie di beni, ad opera della legge Galasso, osservava come la nuova disciplina, proprio per l'estensione e la correlativa intensità dell'intervento protettivo - imposizione del vincolo paesistico (e quindi preclusione di sostanziali alterazioni della forma del territorio) in ordine a vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati nel lungo tempo – introduce – si osservava - una tutela del paesaggio improntata a integralità e globalità, vale a dire implicante una riconsiderazione assidua dell'intero territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico-culturale. Una tutela così concepita era considerata aderente al precetto dell'art. 9 Cost., il quale, secondo una scelta operata al più alto livello dell’ordinamento, assume il detto valore come primario, cioé come >span class="apple-converted-space"> di essere subordinato a qualsiasi altro. Si precisava: “Essa non esclude né assorbe la configurazione dell'urbanistica quale funzione ordinatrice, ai fini della reciproca compatibilità, degli usi e delle trasformazioni del suolo nella dimensione spaziale considerata e nei tempi ordinatori previsti”. Così anche Corte cost. n.367/2007, cit.
[36] In tal senso, v. già TAR Lazio, II quater, n.1080/2021, cit.
[37] Cfr. R. Miccù (a cura di), Lineamenti di diritto europeo dell’energia. Nuovi paradigmi di regolazione e governo multilivello, Torino, 2019, e v. il pacchetto Green Deal Europeo che comprende la Proposta di direttiva per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili con modifica della direttiva 2018/2001, del regolamento 2018/1999, della direttiva n. 98/70/CE e di abrogazione della direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio, su https://eur-lex.europa.eu.
[38] Art.131 d.lgs. n.42/2004.
[39] A. M. Sandulli, La tutela del Paesaggio nella Costituzione, cit. Per un’ampia analisi: G. C. Feroni, Il paesaggio nel costituzionalismo contemporaneo, in G. Morbidelli, M. Morisi, Il “paesaggio” di Alberto Predieri, cit., 109 ss.
[40] D. M. Traina, Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, cit., 158. Per l’esclusione che il paesaggio possa cedere a mere esigenze urbanistiche, ancora di recente: Cons. St., VI, n. 2225/2000 e Cons. St., IV, n.2371/2022.
[41] Lo spiega bene Corte cost. n. 240/2020, relativa al procedimento di approvazione del Piano territoriale paesaggistico del Lazio. Vi si riconosce come la necessità di assicurare il pieno coinvolgimento degli organi statali derivi proprio dalla “commistione di competenze diverse di cui sono titolari lo Stato e le regioni e dall’esistenza di un interesse unitario alla tutela del paesaggio”. “L’affermato obbligo di ricorrere a procedure di leale collaborazione deriva, quindi, dalla circostanza che si è in presenza di un complesso quadro di competenze amministrative (oltre che legislative) statali e regionali, le quali devono essere esercitate armonicamente”. Cfr. anche, tra le molte, Corte cost. n. 86/2019, nn. 66, 68 e 178/2018.
[42] Per una puntuale analisi e ricostruzione sistematica di discipline speciali che condizionano il diritto dominicale: F. Francario, Il regime giuridico di cave e torbiere, Milano, 1997; per la dimensione nazionale degli interessi generali perseguiti attraverso discipline speciali che limitano le scelte urbanistiche cfr. già: V. Cerulli Irelli, Pianificazione urbanistica e interessi differenziati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, 386 ss. Per la considerazione dell’interesse nazionale come limite intrinseco alla competenza legislativa delle regioni, con considerazioni che non sembrano superate ma sottese al nuovo quadro costituzionale: Alb. Romano, Note sui caratteri della legislazione nello "Stato delle autonomie", in Le Regioni, 1981, 660 ss. Sulla rilevanza della dimensione degli interessi al fine dell’allocazione delle funzioni tra i diversi livelli di governo: Alb. Romano, Verso il recupero di competenze generali dell’amministrazione centrale, in Gazzetta ambiente, 2005, 5; e ancora Id., Osservazioni conclusive al Convegno “Normazione e funzione amministrativa nell’odierno quadro costituzionale”, in Annuario AIPDA, 2002, Torino, 3-4 ottobre 2002, vol. III, 2003, 589-601 che osserva come dovrebbero essere piuttosto le competenze periferiche a dover essere eventualmente dedotte dalla “graduale consapevolezza, o almeno debolezza di ragioni centralizzatrici: quale che sia la lettera delle nuove disposizioni, che comunque deve essere corretta alla stregua di criteri storico-sistematici”, così anticipando la gravosa opera di ricostruzione del sistema avviata dalla Corte costituzionale all’indomani della riforma del titolo V.
[43] D. M. Traina, Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, cit., 165. Per una lettura critica della stessa Convenzione europea del Paesaggio che avrebbe assunto una visione “socio - antropologica”, capace di ridurre tutto a paesaggio, obliterandone la componente estetica o riducendola a “estetica generalizzata”: P. Carpentieri, Paesaggio, ambiente e transizione ecologica, in Giustiziainsieme, maggio, 2021.
[44] A partire dalle note pronunce: Corte cost. n. 56/1968, n. 417/1995, n. 262/1997. Nella recente giurisprudenza amministrativa, v., ad es.: Cons. St., IV, n.4244/2010, Id., V, n. 3770/2009, Id., IV, n. 02371/2022.
[45] Per l’identificazione di tale interesse come fondamento già dei primi piani paesaggistici: A. Angiuli, Piani territoriali tra valore paesaggistico, interessi rivali e partecipazione, cit., 1293.
[46] M. C. Romano, Autonomia comunale e situazioni giuridiche soggettive. I regolamenti conformativi, Napoli, 2012, 496 ss.