Ultimi approdi in materia di responsabilità precontrattuale della p.a. (Nota a Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21)
di Maria Baldari
Sommario: 1. Premessa – 2. Il contenzioso e le ragioni di rimessione all’Adunanza Plenaria – 3. La decisione dell’Adunanza Plenaria. Il quesito sub a) – 3.1 Il quesito sub b) – 4. Responsabilità dell’amministrazione anche in caso di annullamento disposto dal giudice – 5. Gli elementi della responsabilità precontrattuale della p.a. – 5.1. L’assenza di colpa in capo al concorrente: rilevi critici.
1. Premessa
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con una sentenza che deve essere idealmente letta unitamente alle altre due pubblicate nella medesima data e attinenti a profili di giurisdizione[1], fornisce chiarimenti in ordine agli aspetti sostanziali della responsabilità precontrattuale della p.a.
Quest’ultima, com’è noto, è ormai riconosciuta da tempo dalla giurisprudenza sia amministrativa che civile; purtuttavia la sentenza in commento si caratterizza per un’analisi più puntuale degli elementi costitutivi della stessa.
Nello specifico, gli aspetti più innovativi sui quali si porrà l’attenzione in questa sede attengono, da un lato, alla sussistenza della responsabilità anche in caso di annullamento del provvedimento favorevole disposto in sede giurisdizionale, dall’altro alle condizioni in presenza della quali il concorrente possa dirsi realmente esente da colpa.
2. Il contenzioso e le ragioni di rimessione all’Adunanza Plenaria
La controversia è instaurata dall’impresa ricorrente al fine di domandare il risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale nei confronti dell’amministrazione ed in particolare per i danni derivanti dalla lesione dell’affidamento sorto in seguito all’aggiudicazione definitiva in suo favore dell’appalto, poi annullata dal giudice[2] e quindi revocata dall’amministrazione in esecuzione della pronuncia di annullamento[3].
Il ricorso viene parzialmente accolto in primo grado dal Tribunale Amministrativo il quale, dopo aver accertato la colpa dell’amministrazione che ha dato causa all’annullamento dell’aggiudicazione (consistita in particolare nell’ambigua formulazione di talune clausole del bando), condanna la p.a. al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale cagionato alla parte privata, limitato al solo interesse negativo, ovverosia «le spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e le perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali», con riferimento soltanto «alle voci di danno (…) che trovano riscontro in precisi elementi probatori, desumibili dagli atti acquisiti al giudizio». Al contrario, il giudice di prime cure non considera risarcibile «il mancato utile relativo alla specifica gara d’appalto revocata» in quanto non ritiene concretamente provato il lucro cessante[4].
L’amministrazione propone appello con cui contesta, in via principale, di avere agito con negligenza inquadrabile nella culpa in contrahendo ex art. 1337 cod. civ., e, in via subordinata, la quantificazione dei danni risarcibili effettuata in sede di condanna. Anche l’impresa aggiudicataria censura, con appello incidentale autonomo, la quantificazione dei danni operata dalla sentenza di primo grado.
La II Sezione del Consiglio di Stato, dopo aver ritenuto tardivo quest’ultimo mezzo di impugnazione in quanto notificato oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata, ravvisa l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti.
Nello specifico, il segnalato contrasto attiene al diritto al risarcimento da lesione dell’affidamento verso un provvedimento amministrativo illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale. Secondo un primo indirizzo, la sentenza di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo accerterebbe «l’assenza di un danno ingiusto, perché all’originario ricorrente non spettava l’ottenimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo»[5]. Un’altra corrente giurisprudenziale si mostra invece favorevole al riconoscimento della risarcibilità della lesione dell’affidamento del privato verso un provvedimento illegittimo, annullato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale, seppur in presenza di stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno[6].
La II Sez. dichiara di aderire al primo dei citati orientamenti, osservando come nel caso in cui il provvedimento favorevole sia stato revocato in esecuzione di una pronuncia giudiziale, l’eventuale affidamento del privato sarebbe pregiudicato non tanto da una condotta dell’amministrazione, quanto piuttosto da un provvedimento promanante dal potere giurisdizionale, nei confronti del quale non potrebbe esserci in radice, per la natura terza del giudice, alcuna aspettativa qualificata; né la soccombenza in sede giurisdizionale potrebbe mai ridondare in lesione di un affidamento legittimo, idonea a fondare una domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione.
Purtuttavia, in ragione del menzionato contrasto, il collegio rimette all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99, co. 1 c.p.a. le seguenti questioni: «a) se l’interessato ‒ a prescindere dalle valutazioni circa la sussistenza in concreto della colpa della pubblica amministrazione, del danno in capo al privato e del nesso causale tra l’annullamento e la lesione ‒ possa in astratto vantare un legittimo e qualificato affidamento su un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, idoneo a fondare un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione; b) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale»[7].
3. La decisione dell’Adunanza Plenaria. Il quesito sub a)
Discostandosi dall’orientamento accolto dalla sezione rimettente, l’Adunanza Plenaria fornisce risposta affermativa alla prima delle questioni deferite.
Innanzitutto, ricorda come l’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione, e più in generale sulla correttezza del suo operato, sia riconosciuto anche dalla propria risalente giurisprudenza come situazione giuridica soggettiva tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno[8]. E ciò sul presupposto che nell’applicare le norme sull’evidenza pubblica la p.a. sia anche soggetta alle norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune.
Le due tipologie di regole operano su piani distinti ed autonomi, non legati da rapporto di pregiudizialità: uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Come il collegio ha già avuto modo di chiarire in passato, è ammessa infatti la possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento «anzi, pur trattandosi di una responsabilità da comportamento illecito, non si traduce in provvedimenti illegittimi» ma, al contrario, ne presuppone la legittimità[9].
Del resto, in tempi recenti il Consiglio di Stato ha precisato che l’affidamento, pur essendo sorto nel diritto civile – al fine di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella creata - rappresenta un principio generale dell’azione amministrativa, in quanto considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo[10].
Secondo il collegio, anche il legislatore avrebbe di recente recepito il predetto orientamento giurisprudenziale, tanto da positivizzare all’art.1, co. 2bis della legge 241/1990 una regola di carattere generale dell’agire pubblicistico in ossequio alla quale i «rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede»[11]. In virtù di tale dato positivo, il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede assume definitivamente una portata bilaterale, rivolgendosi tanto all’amministrazione quanto ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento.
La violazione del dovere in esame, nella misura in cui lede aspettative giuridicamente meritevoli di tutela, può essere fonte di responsabilità per la p.a. Con la precisazione che questo può avvenire non solo nei casi di atto legittimo, come già affermato dalla giurisprudenza prima richiamata, ma anche in caso di atto illegittimo successivamente annullato in sede giurisdizionale.
Sulla scorta di siffatte argomentazioni, l’Ad. Plen. enuncia pertanto il principio di diritto secondo cui «nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi».
3.1 Il quesito sub b)
Con riguardo al secondo quesito relativo alle condizioni in presenza della quali sia ravvisabile una simile responsabilità, l’Adunanza Plenaria riconosce che l’evidenza pubblica rappresenta il settore in cui tradizionalmente e più volte è riconosciuta la responsabilità della p.a., e ciò in quanto l’attività contrattuale dell’amministrazione risulta inquadrabile anche nello schema delle trattative prenegoziali, da cui deriva l’assoggettamento al generale dovere di «comportarsi secondo buona fede» enunciato dall’art.1337 c.c.
Tale forma di responsabilità è finalizzata a tutelare l’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili; pertanto la reintegrazione per equivalente è ammessa non già in relazione all’interesse positivo, corrispondente all’utile che si sarebbe ottenuto dall’esecuzione del contratto, ma all’interesse negativo, da identificarsi nelle spese sostenute per le trattative nonché nella perdita di occasioni contrattuali alternative.
Così come nei rapporti di diritto civile, affinché un affidamento sia legittimo, è necessario che sia stato raggiunto un livello delle trattative tale per cui la conclusione del contratto rappresenti uno sbocco prevedibile ed il recesso appaia invece ingiustificato[12], parimenti nel diritto amministrativo l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto[13]. Il recesso ingiustificato in tal caso si manifesta sotto forma di revoca o annullamento d’ufficio della gara che, anche se legittimi, non esonerano l’amministrazione da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così ingenerato e fatto maturare il convincimento circa la sua positiva conclusione.
Purtuttavia la stessa Adunanza Plenaria, con ciò ridimensionando l’apparente contrasto rispetto alla posizione della Cassazione la quale in passato aveva affermato che la posizione del concorrente è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto»[14], patrocina la tesi - già prospettata da parte della giurisprudenza amministrativa - secondo cui la verifica di un affidamento deve essere svolta in concreto, in ragione del fatto che «il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale»[15].
Del resto, l’Ad. Plen. si era già espressa nella medesima direzione quando, negando valore dirimente all’aggiudicazione, aveva chiarito come tale responsabilità «possa derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede»[16].
Il primo requisito dell’affidamento tutelabile viene così individuato nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso.
Il secondo elemento attiene al carattere colposo della condotta dell’amministrazione, da accertarsi secondo le regole generali in materia di illecito aquiliano ex art. 2043 c.c.[17].
Ancora, per il collegio ulteriore elemento è rappresentato dall’assenza di colpa in capo al soggetto che ha riposto l’affidamento, secondo il disposto dell’art. 1338 c.c. ai sensi del quale il risarcimento spetta alla parte che ha «confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto».
Sul punto, è analizzato innanzitutto il caso in cui l’annullamento dell’aggiudicazione sia disposto d’ufficio dalla p.a. Al riguardo, viene sottolineata la differenza rispetto alla revoca che opera a seguito di una rivalutazione dell’interesse pubblico: l’annullamento interviene per rimuovere un vizio di legittimità degli atti della procedura di gara, con la conseguenza che se il motivo di illegittimità fosse conoscibile dal concorrente, la responsabilità della stazione appaltante dovrebbe essere esclusa[18].
In secondo luogo, in relazione alle ipotesi in cui l’annullamento dell’aggiudicazione sia disposto in sede giurisdizionale, l’Ad. Plen. sottolinea i profili di specialità che emergono nel diritto amministrativo. In particolare in sede di tutela costitutiva il beneficiario degli atti di cui si chiede l’annullamento, assumendo la qualità di controinteressato, viene posto in condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento; ciò peraltro entro il ristretto arco temporale rappresentato dal termine di decadenza di cui all’art. 29 c.p.a. Tale situazione, a parere del collegio, esclude un affidamento incolpevole, portando ad ipotizzare un affidamento tutelabile solo prima della notifica dell’atto introduttivo.
In base all’iter motivazionale così ricostruito, l’Adunanza Plenaria enuncia il seguente principio di diritto «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa».
4. Responsabilità dell’amministrazione anche in caso di annullamento disposto dal giudice
La sentenza in commento, almeno nella parte in cui riconosce la possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale in capo alla pubblica amministrazione anche allorquando la stessa agisca come soggetto autoritativo, ribadisce, in verità, un dato ormai abbastanza pacifico.
Com’è noto, infatti, l’originaria distinzione tra attività in regime di diritto privato e attività in regime di diritto pubblico – in virtù della quale solo nell’ambito della prima sarebbe configurabile una responsabilità ex art 1337 c.c. della p.a. – era stata fortemente criticata dalla dottrina la quale ne auspicava da tempo il superamento[19].
Il mutamento interpretativo risale ad un revirement della Cassazione che apriva una breccia in tal senso, sia pure limitando la responsabilità alla fase finale della procedura di scelta del contraente privato, in cui costui lascia la posizione di mero partecipante per assumere quella di parte contrattuale[20].
Si deve soprattutto alla successiva giurisprudenza amministrativa l’accantonamento della convinzione secondo cui prima dell’aggiudicazione gli interessati sarebbero dei semplici partecipanti al procedimento amministrativo, legittimati solo a pretendere la legittimità degli atti compiuti.
Il Consiglio di Stato ha infatti affermato che, sebbene la procedura di evidenza pubblica sia dotata di una doppia natura, i due momenti fattuali, essendo entrambi tendenti al medesimo fine della stipulazione del contratto, devono essere intesi in rapporto di successione logica e dunque in chiave unitaria. Ogni singolo provvedimento risulta pertanto dotato della forza necessaria a generare un legittimo affidamento nel terzo contraente.
Avanzando un parallelismo con la disciplina civilistica, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che anche in materia di contratti pubblici si è in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto secondo lo schema dell’offerta al pubblico, in cui si registra un primo contatto con una pluralità di possibili contraenti. Con l’ulteriore conseguenza che, a fronde della impossibilità di scindere i due momenti, l’amministrazione è tenuta al rispetto delle norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. anche anteriormente all’aggiudicazione[21].
In maniera non dissimile da quanto accade nel diritto civile, e nello specifico in materia di contratti nel cui ambito è stata elaborata la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità[22], la violazione di siffatte regole non darebbe luogo all’invalidità del provvedimento amministrativo ma, nella misura in cui rende scorretto il comportamento complessivamente tenuto dalla p.a., rappresenta fonte di responsabilità.
In altri termini, le norme di diritto pubblico e quelle di diritto privato operano non solo in sequenza temporale, vale a dire prima quelle di diritto pubblico e poi quelle di diritto privato, ma anche in maniera sinergica. Il campo di applicazione del dovere di correttezza è infatti molto esteso, trovando un fondamento, da un lato, nell’art. 2 Cost. in quanto si tratta di un dovere di solidarietà che nasce nei confronti degli altri consociati allorquando si instaurino rapporti qualificati tra loro, dall’altro, nell’art. 41 della Carta di Nizza che sancisce il principio di buona amministrazione, posto a garanzia delle posizioni private coinvolte dall’esercizio del potere amministrativo.
Così inteso, il dovere in esame non è limitato alla procedura di evidenza pubblica ma interessa anche gli altri procedimenti, venendo in rilievo ogni qual volta sussista un affidamento qualificato generato da un comportamento della p.a.[23].
Tale orientamento era stato accolto anche dalla più volte citata Adunanza Plenaria n. 5 del 2018, intervenuta proprio al fine di risolvere il perdurante contrasto giurisprudenziale alimentato da quell’orientamento che sosteneva la natura non affidante della trattativa anteriormente all’aggiudicazione[24].
In quell’occasione il giudice amministrativo non riteneva ammissibile la presenza di “zone franche” caratterizzate da una irresponsabilità della p.a. Lo stesso collegio osservava inoltre che se la regola di correttezza, in virtù del menzionato campo applicativo, si applica anche nei procedimenti amministrativi non finalizzati alla conclusione del contratto, sarebbe irragionevole che la stessa non trovi applicazione proprio nella procedura di evidenza pubblica.
Anche una trattativa seriale, multipla, è dunque idonea a generare un affidamento che, in presenza degli ulteriori elementi sintomatici indicati da quella stessa sentenza[25], risulta meritevole di tutela risarcitoria.
E la pronuncia in commento ribadisce tali principi.
L’aspetto più innovativo della decisione, semmai, sembra ravvisarsi nella ulteriore precisazione circa la sussistenza di tale responsabilità anche nel caso in cui la p.a. abbia revocato il provvedimento di aggiudicazione in ottemperanza ad una sentenza di annullamento del giudice che ne dichiarava la illegittimità. Infatti, mentre nelle fattispecie decise dall’Adunanza Plenaria nelle menzionate sentenze nn. 6/2005 e 5/2018 l’atto amministrativo fonte di affidamento era caratterizzato da legittimità, nel caso di specie veniva in rilievo un atto illegittimo.
Rispetto ad esso nell’ordinanza di rimessione si avanzavano perplessità, da un lato, in ordine alla sua idoneità ad essere fonte di affidamento; dall’altro, in relazione al profilo di responsabilità addebitabile all’amministrazione, trattandosi di un annullamento disposto dal giudice, in esecuzione del quale era poi intervenuta la revoca.
All’evidenza, tali rilievi non appaiono significativi, ove si rifletta sulla ratio dell’istituto della responsabilità precontrattuale che si è tentato di ricostruire. Con la richiesta di risarcimento danni il privato non si lamenta infatti dell’annullamento in quanto tale, ma dal comportamento “scorretto” e “disattento” tenuto dalla p.a. nel rilascio del provvedimento, assistito da una presunzione di legittimità e in quanto tale idoneo a generare affidamento.
5. Gli elementi della responsabilità precontrattuale della p.a.
La sentenza in commento appare maggiormente incisiva quando, nel rispondere al secondo quesito, passa ad analizzare le condizioni e i limiti entro cui può essere riconosciuto il diritto al risarcimento del privato.
Il riferimento al cd. interesse negativo quale tipologia di danno risarcibile è ricavato dall’insegnamento civilistico tradizionale. Solo in caso di successivo inadempimento di un contatto già concluso il risarcimento del danno dovrebbe essere parametrato all’utilità ricavabile dall’esecuzione del contratto stesso. Viceversa, la mancata stipulazione del contratto renderebbe risarcibile soltanto la pretesa ad essere riportati nella stessa condizione in cui il soggetto si sarebbe trovato se non ci fosse stato l’illecito della controparte e, dunque, se la trattativa non fosse iniziata[26].
L’applicazione di siffatti principi alla responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione appare senz’altro condivisibile. Ove così non fosse, e dunque il risarcimento fosse parametrato all’utilità economica ricavabile dall’esecuzione del contatto, si finirebbe per concedere al privato una sorta di “aggiudicazione per equivalente”, così eliminando, in ultima analisi, la soccombenza nel precedente giudizio.
Per quanto attiene al momento a partire dal quale l’affidamento del privato è meritevole di tutela, il collegio in prima battuta ribadisce come, di regola, sia necessaria l’aggiudicazione. Immediatamente dopo, tuttavia, precisa come l’affidamento meritevole di tutela possa sussistere anche prima di tale momento, purché sia “ragionevole”. E la ragionevolezza, lungi da forme di automatismo, deve essere oggetto di un accertamento in concreto che tenga conto del grado di avanzamento della procedura e, dunque, sulla scorta di una valutazione da compiersi caso per caso.
Tale assunto, del resto, rappresenta un approdo ormai condiviso dalla giurisprudenza sia amministrativa che civile le quali, invece, continuano ad assestarsi su posizioni nettamente contrastanti in ordine al profilo della giurisdizione[27].
5.1. L’assenza di colpa in capo al concorrente: rilevi critici
Gli ulteriori requisiti in presenza dei quali può riconoscersi il diritto al risarcimento del privato attengono all’elemento soggettivo dei concorrenti, ed in particolare: da un lato, il carattere almeno colposo della condotta amministrativa; dall’altro, l’assenza di colpa in capo all’affidamento del concorrente. Se in relazione al primo aspetto la sentenza si limita a rinviare alle considerazioni già effettuate in passato, più significative appaiono le determinazioni che essa compie con riferimento al secondo.
Come anticipato, gli eventuali profili di colpa addebitabili al concorrente si atteggiano in termini diversi a seconda che il provvedimento amministrativo illegittimo sia stato annullato in autotutela o in giudizio.
Nel primo caso, l’Ad. Plenaria si limita a precisare che se il motivo di illegittimità «è conoscibile dal concorrente», la responsabilità della p.a. è esclusa. Tale affermazione, in verità, appare piuttosto laconica oltre che poco attenta alle caratteristiche dell’annullamento di cui all’art. 21-nonies, l. 241/1990.
È noto infatti che l’affidamento rappresenta una sorta di “limite interno” all’esercizio del potere, essendo la p.a. tenuta a valutare gli interessi dei destinatari del provvedimento e a dare atto in motivazione delle eventuali ragioni di prevalenza dell’interesse pubblico che ne giustificano la loro sacrificabilità.
Riprendendo la distinzione civilistica cui si faceva riferimento, in questo contesto l’affidamento rileva non solo come regola di comportamento ma anche come regola di validità. Se così è, l’affidamento del privato ingiustamente sacrificato è suscettibile di dare luogo non tanto ad un comportamento scorretto ma, prima ancora, ad una ipotesi di cattivo esercizio del potere. La lesione dell’affidamento meritevole di tutela, in altri termini, potrebbe determinare l’illegittimità dell’annullamento e non un danno meritevole di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale[28].
Certamente con questo non si intende affermare una sorta di incompatibilità tra esercizio legittimo del potere di autotutela e risarcimento danni, potendo comunque sussistere una situazione in cui, nonostante il legittimo esercizio del potere di annullamento, residuino i margini per un risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale.
Al tal fine, potrebbe immaginarsi una sorta di graduazione nel livello di affidamento: uno più intenso, che preclude a monte l’annullamento ex art 21-nonies l. 241/1990 e dunque opera come regola di validità; uno meno intenso che, pur essendo sacrificabile in ragione di un prevalente interesse pubblico, appare comunque meritevole di tutela risarcitoria e quindi agisce sotto forma di regola di comportamento.
Si tratta, all’evidenza, di un discrimen piuttosto delicato e di incerta perimetrazione, in relazione al quale ci si sarebbe aspettato un maggiore approfondimento da parte della sentenza in esame la quale, come accennato, sul punto è piuttosto sbrigativa.
Passando all’annullamento disposto in sede giurisdizionale, l’Adunanza Plenaria considera la notifica al controinteressato disposta ai sensi dell’art. 41, co. 2 c.p.a. come fatto idoneo ad “interrompere” l’affidamento in ordine alla legittimità del provvedimento e dunque, in ultima analisi, suscettibile di incidere sull’elemento soggettivo[29].
Il concorrente, una volta messo a conoscenza della pendenza del procedimento giudiziale, non godrebbe più di una situazione giuridica meritevole di tutela, ed in particolare del ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contatto, in quanto la caducazione del provvedimento a lui favorevole rappresenterebbe una evenienza non più imprevedibile.
L’approdo sembrerebbe condivisibile: a fronte di un provvedimento sub iudice, ragioni di prudenza dovrebbero infatti indurre ad astenersi dal compimento di operazioni volte a dare esecuzione al provvedimento stesso e ad attendere dunque l’esito del giudizio.
Da tale affermazione si ricava, a contrario, che in caso di annullamento giurisdizionale il solo affidamento meritevole di tutela risarcitoria è quello maturato prima della notifica del ricorso e, dunque, nel ristretto arco temporale di 60 giorni previsto dall’art. 29 c.p.a.
Se è così, l’ipotizzabilità in concreto dell’affidamento incolpevole finisce, però, per essere molto limitata essendole riconosciuto un ambito di applicazione piuttosto scarso.
Per convincersene, è sufficiente avere riguardo alle conclusioni cui la stessa Adunanza Plenaria giunge in relazione al caso concreto.
Nel restituire il giudizio alla sezione remittente e nel ribadire l’esclusione di ogni automatismo in ordine all’affidamento meritevole di tutela, invita a considerare come la ricorrente, proprio in virtù del ruolo di controinteressata assunto nel giudizio di annullamento, «oltre ad acquisire consapevolezza della caducità del provvedimento conclusivo a sé favorevole, ha inoltre potuto difendere la legittimità delle clausole del bando di gara che hanno comportato l’esclusione dell’altro concorrente»[30].
Neppure, sempre ad avviso del collegio, potrebbe rilevare la circostanza che l’esecuzione anticipata dei lavori – cui la ricorrente aveva dato avvio - fosse stata ordinata dall’amministrazione. Per tale evenienza il legislatore, all’odierno art. 32, co. 8 cod. appalti, prevede espressamente una tutela indennitaria pari al rimborso delle spese sostenute.
Quest’ultima, tuttavia, resta una responsabilità per fatto lecito che nulla dice in ordine ai presupposti dell’illecito aquiliano rispetto alla quale, al contrario, presenta carattere di incompatibilità.
In conclusione, allora, e volendo provare a fornire un giudizio riassuntivo sulla portata della pronuncia de qua, potrebbe affermarsi che per quanto in linea teorica il campo di applicazione della responsabilità precontrattuale da provvedimento favorevole poi annullato sia piuttosto esteso e volto a comprendere l’intera procedura di evidenza pubblica, all’atto pratico poi, i requisiti enunciati dal Consiglio di Stato, ed il cui onere probatorio è posto in capo al concorrente, risultano piuttosto stringenti e di difficile realizzazione. L’approccio particolarmente garantista assunto nella prima parte della sentenza, in altri termini, rischia di venire vanificato dalle stringenti condizioni indicate nella seconda parte della sentenza stessa.
[1] Si allude a Cons. Stato, Ad. Plen, sent., 29 novembre 2021, nn. 19 e 20 per le quali si rinvia alle considerazioni svolte da C. Napolitano,Legittimo affidamento e risarcimento del danno: la Plenaria si pronuncia (nota a Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2021, n. 20), in questa Rivista, dicembre 2021.
[2] V. Cons. Stato, Sez. V, sent. del 9 dicembre 2008, n. 6057.
[3] Con determinazione dell’8 maggio 2008, n. 37.
[4] T.a.r. Campania – sede di Napoli, sez. VIII, sent. 3 ottobre 2012, n. 4017.
[5] Così Cons. Stato, Sez. V, sent. 17 gennaio 2014, n. 183; nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV, sent. 29 ottobre 2014, n. 5346.
[6] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5980; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 5 settembre 2011, n. 5002; T.a.r. Campania, Napoli, Sez. VIII, sent. 3 ottobre 2012, n. 4017.
[7] Cons. Stato, Sez. II, ord., 6 aprile 2021, n. 2743, punto 11.
[8] In particolare venivano menzionate le sentenze n. 6 del 5 settembre 2005 e n. 5 del 4 maggio 2018.
[9] Il riferimento è in particolare ad Ad. Plen. n. 5/2018.
[10] In questi termini si è espresso ad es. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 13 agosto 2020, n. 5011.
[11] Comma aggiunto dall’art. 12, co. 1, let. a), legge 11 settembre 2020, n. 120 di conversione, con modificazioni, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali”.
[12] Cfr in tal senso Cass. civ., Sez. II, 15 aprile 2016, n. 7545; Sez. III, 29 marzo 2007, n. 7768.
[13] É questa l’opinione prevalente nella giurisprudenza amministrativa; v. da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 20 novembre 2020, n. 7237.
[14] Così Cass., Sez. I, sent. luglio 2014, n. 15260.
[15] In tal senso ad es. Cons. Stato, Sez. V, sent.15 luglio 2013, n. 3831.
[16] Il riferimento è alla più volte menzionata sent. 4 maggio 2018, n. 5. Nello stesso senso v. anche sent. 19 novembre 2021, n. 20 secondo cui l’affidamento del privato «si proietta sulla positiva conclusione del procedimento, e dunque sull’attuazione dell’interesse legittimo di cui il medesimo privato è portatore, ma che diventa in sé tutelabile in via risarcitoria se l’amministrazione con il proprio comportamento abbia suscitato una ragionevole aspettativa sulla conclusione positiva del procedimento. E ciò a prescindere dal fatto che il bene della vita fosse dovuto ed anche se si accertasse in positivo che non era dovuto».
[17] Sul tema la sentenza non si dilunga, limitandosi a rinviare nuovamente alle considerazioni svolte in Ad. Plen. n. 5/2018.
[18] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 23 agosto 2016, n. 3674.
[19] Si erano espressi in tal senso, fra gli altri, M.S. Giannini, La responsabilità precontrattuale dell'Amministrazione Pubblica, in Studi in onore di Jemolo, Milano, 1963, 263 e ss.; M. Nigro, L'amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato: a proposito di condizioni legali, in Foro it., 1961, I, 462 e ss. L. Santucci, Considerazioni in tema di culpa in contrahendo della Pubblica Amministrazione, in Foro it., 1964, I, 301 e ss.; F. Benvenuti, Per un diritto amministrativo paritario, in AA.VV., Studi in memoria di Enrico Guicciardi, Padova, Cedam, 1975, p. 816 ss. Si veda anche F. Manganaro, Dal rifiuto di provvedimento al dovere di provvedere: la tutela dell'affidamento, in Diritto amministrativo, 2016, pp. 93-106,che ricostruisce il pensiero di A. Romano Tassone sulla tematica in esame.
[20] Tra le prime pronunce di questo nuovo indirizzo v. Cass., Sez. Unite, 21 ottobre 1974 n. 2972; nello stesso senso anche Cass., Sez. Unite, 12 maggio 2008, n. 11656.
[21] In tal senso cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cons. Stato, Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831; ID., 14 aprile 2015, n. 1872. Cons. Stato, Sez. VI, 7 novembre 2012, n. 5638; Cons. Stato, Sez. VI, 25 luglio 2012, n. 4236. In dottrina, si rinvia a S. Amato, I nuovi confini della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, fasc.1, 2014, pag. 1; F. Forte -M.S. Forte, Regole di correttezza e buona fede durante le trattative: natura della responsabilità precontrattuale in Corriere giur., Speciale 2/2013, 29; G.M. Racca, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione tra autonomia e correttezza, Napoli, 2000, 198 e ss.; F. Manganaro, Riflessioni su talune recenti tendenze in tema di riparto di giurisdizione e responsabilità civile dell'amministrazione, "Giustamm.it", 2009; M.A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni (brevi note a margine di Cons. Stato, ad plen. 23 marzo 2011 n. 3, in tema di autonomia dell’azione risarcitoria e di Cass. SS. UU., 23 marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596, sulla giurisdizione ordinaria sulle azioni per il risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti favorevoli), in Federalismi.it, n. 7/2011; A. Di Majo, La responsabilità pre-contrattuale della pubblica amministrazione tra tutela dell'interesse pubblico e privato, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, fasc.4, 1 Agosto 2020, pag. 291.
[22] In argomento, v. C. Sconamiglio, Regole di validità e di comportamento: i principi ed i rimedi, in Europa e dir. priv., fasc.3, 2008, pag. 599; V. Mariconda, L'insegnamento delle Sezioni Unite sulla rilevanza della distinzione tra norme di comportamento e norme di validità, Corr. Giur., 2008, 230 s.; G. D'Amico, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996; ID., La responsabilità precontrattuale, in Rimedi – 2, vol. V (a cura di V. Roppo), in Trattato del contratto (diretto da V. Roppo), Milano 2006.
[23] Per una disamina più approfondita sulla buona fede della p.a. v., ex multis, A.D. Diana, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, Padova, 2000, 44 e ss.; S. Cassese, Dizionario di diritto pubblico, Responsabilità precontrattuale, Milano, 2003, 1267 e ss.; F.G. Scoca, Tutela giurisdizionale e comportamento della pubblica Amministrazione contrario alla buona fede, in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese, Padova-Venezia-Treviso, giugno 2001, a cura di L. Garofalo, vol. III, Padova, Cedam, 2003; E. Casetta, Buona fede e diritto amministrativo, in ivi; M. D’Alberti, Diritto amministrativo e diritto privato: nuove emersioni di una questione antica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, p. 1023 e ss.
[24] In particolare la rimessione all’Ad. Plen. era stata disposta dalla sez. II, ord. 24 novembre 2011, n, 515 che sottolineava come un perdurante orientamento giurisprudenziale, al quale la stessa sezione rimettente aderiva, riteneva che la responsabilità precontrattuale non fosse configurabile anteriormente alla scelta del contraente. Sul punto, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 agosto 2014 n. 4272; Cons. Stato, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; Cons. Stato Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599; Cons. Stato, Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146).
[25] Nello specifico, al punto 51 della sent. n. 5/2018 si legge che «Oltre alla puntuale verifica dell’esistenza dell’affidamento incolpevole, occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo. Significativo, sotto tale profilo, lo spunto offerto, ai fini di una ricostruzione sistematica della responsabilità da comportamento scorretto, dal già richiamato art. 2-bis legge n. 241 del 1990, che, nel tipizzare uno specifico caso di scorrettezza procedimentale (il ritardo), ha espressamente previsto che l’inosservanza del termine (comportamento oggettivamente scorretto) è fonte di responsabilità solo se ne risulti il carattere doloso e colposo. È evidente, in tale previsione normativa, il richiamo all’art. 2043 c.c. e al relativo regime probatorio; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione».
[26] In tal senso cfr. Cass., Sez. Unite, sent.19 dicembre 2017, n. 26725. Per un approfondimento sul danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale nell’ambito delle trattative tra privati, si rinvia alle considerazioni di C. Turco, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale,Milano 1990, 755; Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino 2009, 78 ss.; C. Carnicelli, Risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale: qualificazione e quantificazione, in Giust. civ., fasc.6, 2011, pag. 293; G. Anzani, Interesse positivo e interesse negativo nelle diverse forme di responsabilità civile, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.5, maggio 2019, pag. 1692.
[27] Secondo le Sez. Unite, la giurisdizione dovrebbe essere attribuita al g.o. (Sez. Un. ordd. nn. 6594, 6595, 6596 del 2011; sent. n. 2020/8236); per l’Ad. Plen. spetterebbe invece al g.a. (Ad. Plen. n. 19/2021). In argomento, si rinvia alle considerazioni di G. Tropea – A. Giannelli,Comportamento procedimentale, lesione dell’affidamento e giurisdizione del g.o. Note critiche (nota a Cass., sez. un., 28 aprile 2020, n. 8236), in questa Rivista, maggio 2020.
[28] Sul ruolo dell’affidamento nell’ambito dell’annullamento in autotutela, v. M. Trimarchi, Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, in P.A. Persona e amministrazione, n. 1, 2017; M. Ramajoli, L’annullamento d’ufficio alla ricerca di un punto di equilibrio, in Riv. giur. urb., 2016, p. 99 e ss.; F. Trimarchi Banfi, L'annullamento d'ufficio e l'affidamento del cittadino, in Diritto Processuale Amministrativo, 2005, p. 847; ID., Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l'amministrazione, in ivi, fasc.3, 2018, pag. 823; F. Francario, Autotutela e tecniche di buona amministrazione, in L’interesse pubblico tra politica e amministrazione, a cura di A. Contieri, F. Francario, M. Immordino, A. Zito, Edizioni Scientifiche, 2010.
[29] Sui destinatari della notificazione del ricorso si rinvia a G. Tropea, Ricorso principale, ricorso incidentale e costituzione delle parti, in AA.VV. Il codice del processo amministrativo. Dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo (a cura di B. Sassani – R. Villata), Giappichelli, Torino, 2012, pp. 470 e ss.
[30] Punto 22, della parte in Diritto. Considerazioni analoghe sono contenute anche in Ad. Plen. n. 20/2021 ove si legge che con l’esercizio dell’azione di annullamento il controinteressato è posto «nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole, per giunta entro il ristretto arco temporale dato dal termine di decadenza entro cui, ai sensi dell’art. 29 cod. proc. amm., l’azione deve essere proposta, e di difenderlo. La situazione che viene così a crearsi induce per un verso ad escludere un affidamento incolpevole, dal momento che l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il destinatario non può non tenere conto ed addirittura da questo avversata allorché deve resistere all’altrui ricorso; per altro verso porta ad ipotizzare un affidamento tutelabile prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio».