Accertamento penale ed accertamento amministrativo in caso di lottizzazione abusiva (Nota a Consiglio di Stato, sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403) di Maria Baldari
sommario: 1. Premessa. – 2. Il fatto e la vicenda giudiziaria. – 3. La decisione del Consiglio di Stato. – 4. La lottizzazione abusiva tra diritto penale e diritto amministrativo. – 5. Considerazioni conclusive e spunti di riflessione.
1. Premessa
Con la sentenza che qui si annota il Consiglio di Stato, ritenendo infondate le censure avanzate dagli appellanti, compie talune importanti precisazioni in merito alle differenze tra accertamento in sede penale e in sede amministrativa della lottizzazione abusiva.
L’illecito de quo, sebbene abbia frequentemente suscitato l’attenzione sia della dottrina che della giurisprudenza, risulta qui analizzato in relazione ad un profilo peculiare che ne rende opportuno l’approfondimento.
2. Il fatto e la vicenda giudiziaria
Nel 2008 gli appellanti acquistavano un terreno agricolo sito nel Comune di Olbia, collocato in un’area classificata con la destinazione urbanistica Zona E- Agricola[1].
A distanza di circa tre anni, gli stessi cedevano una parte ad un familiare e in un secondo momento effettuavano, sulla restante porzione, alcune opere di miglioramento fondiario. Tali ultime venivano dapprima certificate da un agronomo e successivamente verificate, mediante sopralluogo, dal Comune di Olbia.
In seguito, sempre nell’ambito del miglioramento fondiario del terreno, gli appellanti presentavano un progetto edilizio concernente la realizzazione di una casa colonica, ottenendone il relativo permesso nell’aprile 2015.
Con ordinanza n. 26 del 17/10/2015 il Comune di Olbia disponeva la sospensione dei lavori di lottizzazione abusiva sull’area, inclusa la proprietà degli appellanti. Questi ultimi impugnavano tale provvedimento dinnanzi al T.a.r. Sardegna.
Con sentenza n. 1065/2018 il T.a.r. respingeva il ricorso; avverso la sentenza, gli originari ricorrenti proponevano appello per i seguenti motivi.
Con il primo motivo, gli appellanti lamentavano la violazione e l’errata applicazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001, ritenendo che gli argomenti valorizzati dall’amministrazione non fossero sufficienti a dimostrare l’intento illecito.
Dalla vendita delle due proprietà, isolatamente considerata, non potrebbe infatti ricavarsi in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio né, quindi, una ipotesi di lottizzazione abusiva. E ciò anche in considerazione del fatto che non vi sarebbe alcun riscontro della realizzazione di opere in violazione degli strumenti urbanistici; anzi, gli interventi di miglioramento fondiario sarebbero stati ritenuti dallo stesso Comune di Olbia conformi ai parametri urbanistico-edilizi generali e alle previsioni di cui all’art. 13-bis, L.R. 23 ottobre 2009, n. 4[2].
Inoltre, la consistenza e le modalità del frazionamento sarebbe avvenuta in modo conforme alle prescrizioni dettate dal programma di fabbricazione comunale e regionale, secondo una estensione non inferiore al cd. lotto minimo.
Ancora, difformemente da quanto dichiarato in sentenza, gli appellanti sostenevano che la presenza di una strada per l’accesso ai lotti frazionati - peraltro preesistente all’acquisto effettuato nel 2008 - non potesse costituire, in assenza di ulteriori indici, elemento idoneo da cui dedurre l’esistenza di un fenomeno lottizzatorio.
Con il secondo motivo gli appellanti deducevano inoltre la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, denunciando la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento la cui ricezione avrebbe consentito loro di far valere - tramite osservazioni, critiche e deduzioni - la totale infondatezza dell’illecito già nella fase formativa del provvedimento amministrativo.
3. La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, nel rigettare i motivi di gravame, precisa innanzitutto come ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001[3] possano in astratto configurarsi due diverse tipologie di lottizzazione abusiva: una di natura “materiale” e un’altra di carattere “formale o cartolare”.
La prima si verifica allorquando vengano realizzate opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in violazione delle prescrizioni urbanistiche ovvero in assenza della necessaria autorizzazione. La seconda si configura quando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione di carattere materiale, se ne siano già realizzati i presupposti: vale a dire il frazionamento, la vendita o altri atti ad essi equiparati in lotti che evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio.
L’interesse protetto dalla norma è quello a garantire un ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte espresse negli strumenti urbanistici ed in particolare nel piano attuativo. Quest’ultimo svolge infatti la funzione di precisare zona per zona «le indicazioni di assetto e sviluppo urbanistico complessivo contenute nel piano regolatore, di attuarle gradatamente e razionalmente e di garantire che ogni zona disponga di “assetto ed attrezzature rispondenti agli insediamenti”, ovvero delle opere di urbanizzazione»[4]. In siffatto contesto, la lottizzazione abusiva sottrae all’amministrazione il suo potere di pianificazione attuativa.
La giurisprudenza ha delineato poi una ulteriore ipotesi di lottizzazione cd. “mista” che si caratterizza per la compresenza delle attività materiali e negoziali indicate dall’art. 30 D.P.R. n. 380/2001. Tale eventualità si configura nelle ipotesi in cui si verifichi «un’attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti seguita dalla edificazione dello stesso terreno»[5].
Proprio quest’ultima sembra essere la situazione su cui si fonda il provvedimento impugnato[6], non potendo essere accolti i motivi di appello con cui veniva prospettata la separata sussistenza di una lottizzazione materiale e di una cartolare[7].
I giudici di Palazzo Spada si preoccupano poi di chiarire – e su tale aspetto, su cui si tornerà più avanti, si fonda l’interesse per la pronuncia in commento - come l’oggetto del giudizio sia rappresentato dal provvedimento amministrativo, allo scopo di verificarne la legittimità. Tale precisazione si rende necessaria a fronte della parziale sovrapposizione del sindacato del giudice amministrativo rispetto a quello svolto, con riferimento alla fattispecie criminosa di cui all’art. 44 D.P.R. n. 380/2001, dal giudice penale.
Nel processo finalizzato ad accertare la responsabilità penale dell’imputato, infatti, risulta necessario il raggiungimento della prova oltre ogni ragionevole dubbio. Di contro, proprio in ragione dell’assenza di una connotazione penalistica delle conseguenze derivanti dal provvedimento impugnato, il sindacato del g.a. dovrebbe essere effettuato secondo il canone di credibilità razionale della decisione amministrativa.
E, sotto tale profilo, la giurisprudenza ha precisato come i principi costituzionali e sovranazionali di buona fede e di presunzione di non colpevolezza possano venire in rilievo in relazione alla applicazione della sanzione penale accessoria della confisca urbanistica di cui all’art. 44 del D.P.R. n. 380/2001, ma non anche al fine della irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 30, co. 8 del D.P.R. n. 380/2001[8].
Tanto chiarito, i giudici ritengono che dai fatti globalmente considerati emergano elementi gravi, precisi e concordanti che attestano l’integrazione dell’illecito e, quindi, la finalità abusiva degli autori[9].
L’insieme delle circostanze accertate dalla p.a. denota infatti l’intento di mutare la destinazione agricola dell’area in spregio agli strumenti urbanistici che la disciplinano. Il provvedimento impugnato trova un adeguato supporto istruttorio negli elementi fattuali, senza che i motivi addotti dagli appellanti siano idonei ad inficiarne la coerenza logica[10].
Risulta inoltre significativo che il frazionamento dell’area abbia comportato la formazione di lotti di dimensioni inferiori rispetto al minimo previsto dall’art. 13bis della L.R. n. 4/2009 e all’art. 3 del D.P.G.R. 3 agosto 1994, n. 228[11]. Parimenti rilevante appare la circostanza che gli acquirenti non fossero imprenditori agricoli.
Peraltro, secondo la giurisprudenza prevalente, non occorre che gli elementi comprovanti la presenza di una lottizzazione cartolare siano tutti presenti, essendo sufficiente che ve ne sia anche uno solo – nel caso di specie consistente nella vendita e nell’ulteriore frazionamento in lotti di ridotte dimensioni - purché rilevante ed idoneo a comprovare, con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione[12].
Né può assumere rilievo la circostanza che gli appellanti abbiano ottenuto l’autorizzazione ad eseguire singole opere edilizie, poiché a rilevare sono non tanto le singole porzioni isolatamente considerate quanto piuttosto lo stravolgimento della destinazione di zona nel suo complesso[13].
Da ultimo, la connessione funzionale tra edificazione e costruzione agricola del fondo risultava smentita da un lato, dalla rilevazione di 100 piante di ulivo a fronte delle 200 dichiarate nella relazione agronomica; dall’altro, dalla prevalenza di zona incolte e improduttive del terreno, da cui si evince una attività agricola di tipo “hobbistico”.
Per quanto attiene infine al secondo motivo di appello relativo alla asserita violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, il Consiglio riteneva infondata anche tale censura. Innanzitutto, in quanto per il procedimento in esame parte della giurisprudenza esclude la necessità della comunicazione di avvio[14]; in secondo luogo, poiché nell’ordinanza n. 26 del 17 ottobre 2016 del Comune si dava atto che la comunicazione di avvio fosse stata inviata ad entrambi gli appellanti.
4. La lottizzazione abusiva tra diritto penale e diritto amministrativo
La fattispecie incriminatrice di lottizzazione abusiva[15] è descritta dall’art. 30, co. 1 D.P.R. n. 380/2001 il quale, con una norma di carattere definitorio, ne indica le caratteristiche strutturali[16]. La sanzione penale, che si aggiunge alla sanzione amministrativa di cui all’art. 30, co. 8 del D.P.R. n. 380/2001[17], è fissata invece dall’art. 44, co. 1 lett. c)[18].
L’aspetto maggiormente problematico della figura in esame concerne, tradizionalmente, la configurabilità del reato de quo nelle ipotesi in cui l’autorizzazione, pur essendo stata concessa, presenti profili di illegittimità; questione, tale ultima, che si inserisce nella più ampia tematica relativa al sindacato del giudice penale sugli atti amministrativi con effetti in malam partem[19].
Sul punto, giova sinteticamente ricordare come inizialmente la tesi prevalente fosse quella cd. “processualistica”, in ossequio alla quale il giudice dovrebbe limitarsi alla verifica circa l’esistenza dell’atto sulla base della esteriorità formale, con conseguente utilizzo dell’istituto della disapplicazione exart. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E[20].
A far data dalla storica sentenza Giordano[21] si afferma invece l’idea, rimasta pressoché immutata fino ad ora[22], della natura sostanziale della questione in esame. Da tale premessa deriva la conseguenza che il giudice possa valutare la sussistenza dell’atto quale elemento normativo della fattispecie e conoscerne la eventuale illegittimità, in maniera non dissimile da quanto accade con gli altri elementi essenziali della fattispecie criminosa[23]. E ciò anche quando, secondo una ricostruzione prospettata in via interpretativa, l'illegittimità dell'atto amministrativo non sia espressamente contemplata dalla disposizione incriminatrice quale componente del reato[24].
Con riferimento specifico alla lottizzazione abusiva, è stata a tal proposito elaborata la tesi del reato “a consumazione alternativa”, configurabile cioè sia in caso di difetto di autorizzazione sia nel caso in cui questa contrasti con la legge o gli strumenti urbanistici[25].
Anche in tal caso il giudice non effettua alcuna disapplicazione del provvedimento amministrativo ma «si limita ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato, poiché una volta che constati il contrasto tra la lottizzazione considerata e la normativa urbanistica, giunge all’accertamento dell’abusività della lottizzazione prescindendo da qualunque giudizio sull’autorizzazione» [26].
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato attiene tuttavia ad un profilo che, sebbene collegato al tema indicato, non appare del tutto coincidente con esso. In particolare, nella vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici di Palazzo Spada, trattandosi di un giudizio generale di legittimità, l’oggetto è rappresentato proprio dal provvedimento amministrativo medesimo.
In relazione al sindacato del giudice amministrativo non vengono in rilievo i medesimi limiti ai quali va incontro il giudice penale, né può applicarsi il principio processualpenalistico di cui all’art. 533 c.p.p. che richiede il raggiungimento della prova oltre ogni ragionevole dubbio.
Infatti, mentre il giudizio penale concerne l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, cui consegue l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale; il giudizio amministrativo attiene invece alla legittimità del provvedimento stesso. Da tale diversità deriva allora l’impossibilità di far valere nell’ambito del processo amministrativo principi propri del diritto penale, ed in particolare, secondo quanto prospettato dagli appellanti, il principio di buona fede e di presunzione di non colpevolezza[27].
Il procedimento penale ed il procedimento amministrativo, sebbene destinati ad incidere sullo stesso bene giuridico, proseguono “su binari paralleli”, in ragione della profonda diversità che attiene alla causa petendi. Del resto, lo stesso Consiglio di Stato aveva in passato chiarito come la comminazione di sanzioni sul piano amministrativo ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 non richieda alcuna pregiudiziale verifica circa la sussistenza della responsabilità penale ai sensi dell’art. 44, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001[28].
In un passaggio della motivazione, il Consiglio di Stato fa poi rapido accenno alla eventualità di giungere a conclusioni diverse nelle ipotesi in cui il provvedimento impugnato dovesse assumere dei risvolti penalistici. Tale ultima puntualizzazione appare opportuna alla luce dell’orientamento, di derivazione sovranazionale, tendente all’applicazione dello statuto giuridico proprio delle pene anche alle sanzioni amministrative aventi natura sostanzialmente penale[29]. La questione tuttavia non risulta approfondita in ragione della mancata prospettazione in tal senso, ad opera degli appellanti, in relazione alla misura di cui all’art. 30. co. 8 del D.P.R. n. 380/2001.
5. Considerazioni conclusive e spunti di riflessione
Come si è tentato di chiarire, la sentenza in commento si preoccupa di mettere in evidenza le diversità del perimetro di indagine del giudice penale rispetto a quelle del giudice amministrativo, avendo cura di specificare come quest’ultimo abbia accesso diretto al provvedimento.
Secondo il Consiglio di Stato, il sindacato del giudice amministrativo attiene infatti «alla piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione, al fine di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati dall’amministrazione, la loro affidabilità e la loro coerenza», secondo il canone di valutazione «di credibilità razionale della decisione amministrativa alla luce degli elementi posti dall’amministrazione a giustificazione della stessa»[30].
Tali precisazioni, sebbene siano da salutare con favore nella misura in cui sgombrano il campo da incertezze interpretative, non appaiono tuttavia risolutive della totalità dei problemi.
Una volta appurato che l’oggetto del giudizio amministrativo sia il provvedimento e la sua eventuale illegittimità, si ripropone infatti la questione inerente al tipo di sindacato esperibile dal g.a. sulla discrezionalità amministrativa, la quale può essere “pura” o “tecnica”[31]. A tale ripartizione, com’è noto, corrisponde una diversa intensità di sindacato sull’operato della p.a., che si mostra più incisivo nel caso di discrezionalità tecnica[32].
Il tema, poi, si complica ulteriormente ove si consideri come non sia agevole qualificare il tipo di discrezionalità di cui gode l’ente locale in materia di pianificazione edilizia.
Al riguardo, secondo una prima tesi si tratterebbe di una discrezionalità di tipo “misto”, nella quale si fondono elementi di discrezionalità tecnica e discrezionalità amministrativa[33]. Il potere esercitato dall'Amministrazione dovrebbe tenere conto non soltanto dei vari interessi, pubblici e privati, che possono venire in rilievo nella valutazione, ma altresì di una serie di profili tecnici[34].
Aderendo a tale orientamento, pertanto, il tipo di sindacato si differenzierebbe a seconda dello specifico profilo attenzionato: nella prima fase, la discrezionalità tecnica sarebbe infatti censurabile fino all’errore o alla inattendibilità scientifica della soluzione prescelta; nella seconda fase, invece, la discrezionalità pura incontrerebbe il solo limite dell’eccesso di potere.
La tesi ormai prevalente ritiene tuttavia che il potere della p.a. in materia di pianificazione edilizia sia riconducibile ad una discrezionalità “pura” di carattere piuttosto ampio, che sembra sfociare in uno spazio di elevata libertà a favore dell’ente locale[35].
In quest’ottica, allora, il sindacato sarebbe piuttosto “debole”, potendo il g.a. verificare, al più, la presenza di una figura sintomatica dell’eccesso di potere senza disporre, invece, degli strumenti necessari per vagliare appieno le scelte compiute dalla p.a.
In base ad una massima ormai consolidata, infatti, «le scelte effettuate dall'Amministrazione Pubblica nell'adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità» [36].
Ma, se così è, la pregnanza del controllo sul provvedimento edilizio da parte del giudice amministrativo - tanto enfatizzata dalla sentenza in commento – sembra destinata, almeno in parte, ad essere ridimenzionata.
[1] Secondo il Programma di Fabbricazione, nell’area in questione sarebbero ammessi «fabbricati ed impianti destinati alla produzione agricola o zootecnica del fondo, all’itticoltura, alla valorizzazione e alla trasformazione delle produzioni aziendali, nonché fabbricati residenziali per imprenditori e conduttori agricoli».
[2] Ai sensi della quale occorre la presenza di una effettiva connessione funzionale tra l’edificazione e la conduzione agricola e zootecnica del fondo.
[3] «Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti ,denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio».
[4] Cons. di Stato, sez. VI, 19 luglio 2021 n. 5403, punto 9.
[5] Così Cass., Sez. III, n. 6080 del 7/02/2008.
[6] Il giudice di primo grado aveva infatti ravvisato la sussistenza di una lottizzazione abusiva “mista”, ricavabile «dal frazionamento di tre macro lotti a destinazione agricola in venticinque lotti, nella creazione di una strada abusiva di collegamento di tutti i nuovi lotti, nella vendita di questi ultimi e nell’inizio sugli stessi di attività edilizia, nella maggior parte dei casi senza titolo autorizzatorio».
[7] In particolare, la tesi degli appellanti distingueva i singoli momenti: da un lato, quello del frazionamento e della vendita; dall’altro, quello della parziale edificazione di taluni lotti. Per il Consiglio di Stato, tali momenti dovrebbero invece essere intesti come tasselli del complessivo disegno lottizzatorio, posto in essere in spregio alla destinazione impressa alla zona dal P.R.G. Cfr., in tal senso, CGARS Sez. giur. n. 93 del 8 febbraio 2021 secondo cui «la lottizzazione abusiva è un fenomeno unitario che trascende la consistenza delle singole opere di cui si compone e talora ne prescinde, come nel caso del mutamento di destinazione d’uso di complessi edilizi regolarmente assentiti, e assume rilevanza giuridica per l’impatto che determina sul territorio interferendo con l’attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici e ambientali, dotazione e dimensionamento degli standard, di guisa che la diversa conformazione materiale che deriva dall’attività di lottizzazione, se non rimossa, da un lato impedisce la realizzazione del diverso progetto urbanistico stabilito dagli organi preposti al governo del territorio, dall’altro impone l’adeguamento delle infrastrutture esistenti o la realizzazione di nuove per far fronte al carico urbanistico derivante dalla lottizzazione».
[8] Così Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2018, n. 1878; Cons. Stato, sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196; Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2019, n.4320, CGARS Sez. giur. n. 93 del 8 febbraio 2021.
[9] Nello specifico, dal rapporto n. 56070 del 13 giugno 2016 redatto dagli agenti comunali emergevano le seguenti circostanze: tra il 2008 e il 2009 nel territorio comunale classificato come Zona E- Agricola il proprietario dei mappali originari aveva provveduto alla realizzazione di una strada sterrata, al frazionamento di tre lotti di terreno fino a generare 25 lotti e alla successiva stipulazione di altrettanti atti di compravendita; la strada, realizzata senza alcun titolo edilizio e non censita in Catasto, risultava oggetto di servitù di passaggio in tutti gli atti di compravendita dei singoli lotti; le superfici dei mappali frazionati variavano da un massimo di HA 1.29.93 ad un minimo di Ha 00.05.30 (con la sola eccezione di un terreno di superficie pari a Ha 03.00.00); quattro dei 25 lotti risultavano edificati; l’amministrazione era intervenuta con due provvedimenti di diniego di altrettante istanze di concessione edilizia per la realizzazione di edifici ad uso residenziale nonché con un annullamento in autotutela di un titolo autorizzatorio erroneamente emanato, tutti motivati con riferimento ad un fenomeno lottizzatorio abusivo nella zona in esame; sui terreni in esame era stata riscontrata la presenza di piccoli manufatti ma non di attività agricole o zootecniche connesse con la destinazione urbanistica della zona agricola; il succedersi di richieste di concessione edilizia sui lotti in questione nel periodo successivo alla entrata in vigore della Legge Regionale n.4/2009 la quale aveva ripristinato l’edificabilità nella zone E con lotto minimo di 1 ettaro.
[10] In particolare, con riferimento all’obiezione secondo cui dalle mappe non potrebbe essere escluso che il fondo fosse collegato alla viabilità pubblica già prima della realizzazione della strada abusiva, la p.a. aveva provveduto a depositare apposita documentazione che sconfessava la tesi degli appellanti. Tale documentazione dimostrava infatti come prima del 2008 non fosse presente alcuna via pubblica di accesso al Mappale oggetto di causa e che l’unico accesso alla proprietà dei ricorrenti avvenisse per il tramite della abusiva strada sterrata non censita al Catasto, la quale costituisce oggetto di servitù di passaggio nell’atto di compravendita. La realizzazione abusiva della strada che collega i vari lotti rappresenterebbe pertanto un idoneo elemento probatorio dell’intento lottizzatorio.
[11] Nello specifico, la superficie minima di intervento era fissata in un ettaro, salvo per quanto riguarda la destinazione per impianti serricoli, impianti orticoli in pieno campo e impianti vivaistici, per i quali era stabilita in ettari 0,50.
[12] In particolare, la vendita di lotti di ridotte dimensioni contraddiceva esplicitamente la vocazione agricola del terreno in quanto, nella logica del mercato agricolo, possedere un terreno di notevoli dimensioni risulta maggiormente proficuo; il frazionamento planimetrico del fondo, pertanto, farebbe emergere l’intento di voler procedere a lottizzazione abusiva. Sul punto, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV del 11.7.2016 n. 3073; v. anche Corte Cass. n. 389 del 25/05/1990 che ha ritenuto idonei elementi attestanti la lottizzazione «la predisposizione di un piano di frazionamento, nella superficie esigua di ogni singola frazione - poco compatibile con una utilizzazione agricola del terreno acquistato - nella appartenenza a famiglia contadina solo di due dei tredici acquirenti, nella prossimità del terreno frazionato rispetto all'abitato»; nella medesima direzione, v. anche, più di recente, Corte Cass. 15205 del 15/11/2019 relativa alla realizzazione di edifici residenziali in zona agricola, mediante frazionamenti ed accorpamenti di fondi non contigui, asserviti per soddisfare il requisito della estensione minima del lotto, da parte di soggetti privi del requisito necessario di imprenditore agricolo.
[13] Cfr. Cons. St., n. 26 del 18 gennaio 2016. Peraltro, in occasione del sopralluogo seguito dagli agenti del Comune in data 10/03/2016 era stata riscontrata la presenza, oltre che del menzionato edificio residenziale, anche di una serie di opere ulteriori eseguite in assenza di Scia e di permesso di costruire, ed in particolare di: un pozzo, una cisterna idrica, un tubolare un cemento per l’attraversamento di un piccolo corso d’acqua presente all’interno del lotto e uno scavo di sbancamanto di notevoli dimensioni.
[14] Cfr. in tal senso Cons. Stato, Sez. IV, n. 3073/2016.
[15] Per un maggiore approfondimento della fattispecie de qua si rinvia, fra gli altri, a De Gioia -Casa, Violazioni edilizie. Responsabilità e sanzioni amministrative e penali. Effetti civili. Profili fiscali, Torino, 2011; G. Trapani, La circolazione giuridica dei terreni: analisi delle linee direttrici dello statuto di tali beni, in Riv. notariato, fasc.6, 2003, pag. 1483; F. Parente, Trasformazione del territorio e tipologie lottizzatorie abusive, in Riv. notariato, fasc.5, 2003, pag. 1145.
[16] Come anticipato, la lottizzazione può attuarsi sia con opere « che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione », sia mediante « il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio ». Viene così delineata la distinzione di fondo tra la lottizzazione abusiva cd. “materiale” e quella cd. “negoziale” (o “cartolare”).
[17] Consistente nella acquisizione coattiva dell’immobile al patrimonio del Comune.
[18]Il quale prevede l’arresto fino a due anni e l’ammenda da €15.493 a €51.645.
[19] In argomento, si rinvia, fra gli altri, a F. De Leonardis, Il sindacato del giudice penale sugli atti di autorizzazione e concessione: alcune riflessioni “partendo dalla fine”, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.4, 2020, pag. 893; G. Tropea, Concessioni balneari e diritto europeo: nuovi “lati oscuri” della disapplicazione del giudice penale, nota a Cass. pen., sez. III, 12 aprile 2019, n. 25993, in www.dirittifondamentali.it, n. 1/2020; Id., Aree di non sindacabilità e principio di giustiziabilità dell’azione amministrativa, in Diritto Costituzionale, n. 3/2018; F. Francario, Illecito urbanistico e edilizio e cosa giudicata. Spunti per una ridefinizione della regola del rapporto tra processo penale ed amministrativo, in Riv. giur. ed., 2015, 99; B. Tonoletti, La pubblica amministrazione sperduta nel labirinto della giustizia penale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2019, 77; G. Contento, Il sindacato del giudice penale sugli atti amministrativi, con particolare riferimento agli atti discrezionali, in Quad. csm, 1, 1991; A. Romano, La disapplicazione del provvedimento amministrativo da parte del giudice civile, in Diritto Processuale Amministrativo, 1983, 22; F. R. Villata, “Disapplicazione” dei provvedimenti amministrativi e processo penale, Milano, 1980.
[20] Cfr. in tal senso Cass., sez. III, 15 febbraio 1960, Guidi; Cass., sez. III, 16 marzo 1970, Agnello; Cass., sez. VI, 7 dicembre 1984, Ambrogi; sez. III, 10 gennaio 1984, Tortorella; Cass., sez. III, 13 marzo 1985, Meraviglia; 31 marzo 1986, Ainora. In dottrina, si rinvia a A. Cioffi, Il problema della legittimità nell'ordinamento amministrativo, Padova, 2012; A. Romano, A proposito dei vigenti artt. 19 e 20 della l. n. 241/90: divagazioni sull'autonomia dell'amministrazione, in Dir. amm., 2006, 490 ss.; Id., voce “Autonomia” nel diritto pubblico, in Dig. disc. pubbl., II, Torino, 1987, 31 ss.; S. Romano, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947.
[21] Cass., Sez. Un., 31 gennaio 1987, n. 3.
[22] Cfr, fra le altre, Cass., sez. III, 19 luglio 1994, Cremona; 30 giugno 1995, n. 17565, Di Pasquale; 29 settembre 1994, n. 1822, Ruotolo; 3 maggio 1996, n. 4421, Oberto; 20 luglio 1996, n. 7310, Vené; 23 dicembre 1997, n. 11988, Controzzi; sez. III, 21 marzo 2006, n. 21487, Tantillo; 28 settembre 2006, n. 40425, Consiglio; 2 ottobre 2007, n. 41620, Emelino; 9 maggio 2008, n. 28225, Di Stefano; 27 giugno 2008, n. 35389, Gallo; 13 gennaio 2009, n. 9177, Corvino; 20 gennaio 2009, n. 14504, Sansebastiano e altri; 2 luglio 2009, n. 34809, Giombini e altro; 14 luglio 2010, n. 35391, Di Domenico; 16 febbraio 2012, n. 28545, Cinti; 14 maggio 2013, n. 37847, Sonni; 16 giugno 2015, n. 36366, Faiola.
[23]Cfr. G. Cocco, Dalla disapplicazione dell'atto amministrativo alla disapplicazione della fattispecie incriminatrice - I parte, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.1, 2021, pag. 6; Id., Dalla disapplicazione dell'atto amministrativo alla disapplicazione della fattispecie incriminatrice - II parte, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.2, 2021, pag. 358; R. Garofoli, Il controllo giudiziale, amministrativo e penale dell’amministrazione, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.2, 2020, pag. 405; B. Tonoletti, la pubblica amministrazione sperduta nel labirinto della giustizia penale, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.1, 2019, pag. 76; G.D. Comporti, E. Morlino, La difficile convivenza tra azione penale e funzione amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 2019; R. Tumbiolo, Il sindacato del Giudice penale sul titolo edilizio e paesaggistico: dal profilo formale a quello di legittimità, in Rivista Giuridica dell'Ambiente, fasc.6, 2013, pag. 705; R. Villata, Le Sezioni Unite della Cassazione penale mettono fine alla c.d. «disapplicazione» della concessione edilizia (assente) illegittima nel processo penale, in Diritto Processuale Amministrativo, 1987, 441 ss.
[24] Peraltro, se in occasione della sentenza “Giordano” del 1987 le SU ritennero insussistente il reato edilizio in caso di concessione illegittima, identificando come bene giuridico tutelato dalla norma la sottoposizione dell’attività edilizia al preventivo controllo della p.a.; nella successiva sentenza “Borgia” del 1993 le stesse SU giunsero a conclusioni opposte, e ciò sulla base di una diversa connotazione del bene giuridico, individuato questa volta nella tutela dell’assetto del territorio in conformità alla normativa urbanistica.
[25] Sul punto cfr. D. Guidi, Lottizzazione abusiva e sindacato del giudice penale sulle decisioni degli enti territoriali in materia di pianificazione attuativa, in Riv. giur. edil., 2019, 353; G.D. Comporti - E. Morlino, La difficile convivenza tra azione penale e funzione amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 2019.
[26] Così Sez. Un., 8 febbraio 2002, n. 5115. Secondo le Sezioni Unite infatti è la «descrizione normativa del reato di lottizzazione abusiva, che impone un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa; di tal che il giudice penale, nel valutare la liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria, indipendentemente dalla circostanza che la lottizzazione sia o meno autorizzata».
[27] In questo senso, v. Cons. di Stato, sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196; Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2019, n.4320, CGARS Sez. giur. n. 93 del 8 febbraio 2021.
[28] Sul punto, cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 23 marzo 2018, n. 1878.
[29] Tale tematica è stata oggetto di recente approfondimento da parte della letteratura giuridica; fra gli altri, si rinvia a F. Goisis, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale ed europeo, Torino, 2018; G. Martini, Potere sanzionatorio della PA e diritti dell’uomo. I vincoli CEDU all’amministrazione repressiva, Napoli 2018; S.L. Vitale, Le sanzioni amministrative tra diritto nazionale e diritto europeo, Giappichelli, Torino, 2018; P. Cerbo, La nozione di sanzione amministrativa e la disciplina applicabile, in A. Cagnazzo - S. Toschei - F.F. Tuccari (a cura di), La sanzione amministrativa, Milano, 2016; Cagnazzo- Toschei, La sanzione amministrativa. Principi generali, Giappichelli, 2012.
[30] Cons. di Stato, sez. VI, 19 luglio 2021 n. 5403, punto 10.
[31]Appare appena il caso di precisare che la discrezionalità è detta “pura” quando la p.a. è tenuta ad effettuare valutazioni di opportunità e di convenienza nella scelta della misura più idonea a soddisfare le finalità pubbliche perseguite; la discrezionalità è invece definita “tecnica” quando la p.a. verifica, sulla base di canoni scientifici e tecnici, la presenza dei presupposti necessari ai fini della emanazione di un determinato atto. Sull’argomento la letteratura è ricca; fra gli altri, si rinvia a R. Villata - M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017; G. Tropea, La discrezionalità amministrativa tra semplificazioni e liberalizzazioni, anche alla luce della legge n. 124/2015, in Dir. amm., n. 1-2/2016; B. Giliberti, Il merito amministrativo, Padova, 2013; F. Merusi, Ragionevolezza e discrezionalità amministrativa, Napoli, 2011; G.C. Spattini, Le decisioni tecniche dell'amministrazione e il sindacato giurisdizionale, in Dir. proc. amm., 2011, 133 ss.; F. Cintioli, Discrezionalità tecnica (dir. amm.), in Enc. dir., Annali, II, Milano, 2008, 484 ss.; F. Volpe, Discrezionalità tecnica e presupposti dell'atto amministrativo, in Dir. proc. amm., 2008, 791 ss.; A. Giusti, Contributo allo studio di un concetto ancora indeterminato. La discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione,Napoli, 2007; A. Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie soluzioni, in Dir. pubbl., 2004, 439 ss.; L. Perfetti, Ancora sul sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica, in Foro amm., 2000, 424 ss.
[32]Nello specifico, mentre nel caso della discrezionalità “pura” il giudice, lungi dall’ingerirsi nelle scelte di merito della p.a., può esercitare al più un controllo estrinseco sui profili di legittimità dell'azione pubblica correlati all'eccesso di potere, basandosi sulle cd. “figure sintomatiche”; in relazione alla discrezionalità tecnica egli può invece spingersi a sindacare la correttezza delle regole tecniche applicate nonché dell’iter logico seguito nel compimento della valutazione. Cfr. G. Sigismondi, Eccesso di potere e clausole generali. Modelli di sindacato sul potere pubblico e sui poteri privati a confronto, Napoli, 2012; S. Giacchetti, Discrezionalità amministrativa e controllo giudiziario nell'attuale fase evolutiva dell'ordinamento, in V. Parisio (a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 241 ss.
[33]Da un lato, infatti, nel valutare in sede di pianificazione urbanistica se determinate opere edilizie debbano essere realizzate con intervento “diretto” (con convenzione o meno) oppure previa adozione di un “piano di lottizzazione” (o con altra tipologia di piano attuativo), il Comune compie una valutazione che non può prescindere da cognizioni e criteri di natura tecnica. Dall'altro lato, una volta esaurito l'apprezzamento dei fatti sulla base di una corretta individuazione e applicazione delle regole tecnico-specialistiche di settore, l'ente locale resta libero di individuare il tipo di intervento più opportuno per il miglior perseguimento dell'interesse pubblico. In questo senso, v. T.A.R. Piemonte, Sez. II, 9 maggio 2014 n. 821; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 7 dicembre 2017 n. 758.
[34] Peraltro, la categoria concettuale della “discrezionalità mista” è stata espressamente riconosciuta anche dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 giugno 2011 n. 3884; Sez. VI, 25 febbraio 2013 n. 1129.
[35] La pianificazione urbanistica sarebbe oggetto di una discrezionalità “peculiare”, individuata nella comparazione e ponderazione di interessi localizzati sul territorio ed avrebbe come destinatari una pluralità indefinita di soggetti. In questo senso, cfr. S. Civitarese - P. Urbani, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Giappichelli, 2020; G. Pagliari, Manuale di diritto urbanistico, Giuffrè, 2019; G. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Giuffrè, 2014; G. Cartei, La disciplina dei vincoli paesaggistici: regime dei beni ed esercizio della funzione amministrativa, in Urbanistica e Paesaggio, a cura di G. Cugurra, E. Ferrari, G. Pagliari, Napoli, 2005.
[36] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 luglio 2018 n. 4071; Id. Sez. IV, 16 febbraio 2018 n. 991; Id., 18 agosto 2017 n. 4033; T.A.R. Sicilia, Sez. I, 21 agosto 2018 n. 1722; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 26 settembre 2017 n. 593; Cons. Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2017 n. 4707. In dottrina, cfr. P. Lombardi, Il Governo del Territorio tra politica e amministrazione, Milano, 2012; G. Scoca, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000.