Il Golem europeo e i «motivi inerenti alla giurisdizione» (Nota a Cass., Sez. un., ord. 18 settembre 2020, n. 19598)
Giuseppe Tropea
Sommario: 1. Premessa. – 2. La fattispecie e i “dubbi” europei delle Sezioni unite. – 3. La posizione della Cassazione e i precedenti europei. Alcune perplessità. – 4. Verso una nuova stagione per i controlimiti?
1. Premessa
In chiusura di un recente scritto in materia di ricorso incidentale escludente[1] osservavo che il tema dell’omessa pronuncia ultimamente è stato visto come la strada da battere alla ricerca di una soluzione considerata dalla Cassazione come maggiormente appagante in termini di effettività della tutela, più “giusta” e paritaria, ma distonica rispetto ai capisaldi del processo amministrativo nazionale (su tutti la teoria delle condizioni dell’azione e il loro rapporto col merito). Allo stesso modo si è cercato di trovare nuove strade attraverso l’incerta nozione di “grave violazione” del diritto europeo, come ulteriore grimaldello per forzare interpretazioni del giudice amministrativo giudicate insoddisfacenti.
Mi spingevo, quindi, ad una previsione, ritenendo che dopo la nota sentenza della Corte cost. n. 6/2018 (in tema di impugnazioni per “motivi inerenti alla giurisdizione”) questa stagione fosse al tramonto, o comunque vivesse una grande crisi.
L’ordinanza delle Sezioni unite qui annotata dimostra che mi sbagliavo.
2. La fattispecie e i “dubbi” europei delle Sezioni unite
Nell’ambito di una gara da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la Stazione appaltante fissa una soglia di sbarramento alle offerte tecniche, per cui non sarebbero stati ammessi al prosieguo della gara i concorrenti il cui progetto fosse stato valutato con un punteggio inferiore. Due offerte raggiungono tale punteggio, e così la terza impugna sia la propria esclusione che la procedura di gara.
Il Tar rigetta le eccezioni relative alla legittimazione di parte ricorrente e, esaminando tutti i motivi di ricorso, li rigetta nel merito.
In appello il Consiglio di Stato si limita invece a rigettare il motivo del ricorso principale con cui l’impresa terza classificata contesta l’attribuzione alla propria offerta di un punteggio insufficiente per superare la “soglia di sbarramento”, e non esamina nel merito gli altri motivi di ricorso (con cui si contestano, ad es., i criteri di valutazione delle offerte, la composizione della commissione, etc.), considerando l’appellante priva di legittimazione, essendo stata esclusa.
Avverso tale pronuncia la società soccombente propone ricorso in Cassazione ex art. 111, ultimo comma, Cost., ritenendola viziata da diniego di giurisdizione, e contraria al diritto europeo ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia (Fastweb, Puligienica, Lombardi) nonché a quella della Cassazione[2].
A questo punto le Sezioni unite prendono atto che tale possibilità è oggi ostacolata da una prassi interpretativa nazionale, che ha preso le mosse dalla sentenza della Corte cost. n. 6/2018, la quale si è espressa in senso opposto. In particolare, le Sezioni unite hanno espressamente escluso il riferimento alla «ipotesi estrema» del contrasto con sentenze della Corte di giustizia come ipotesi di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione[3].
Ciò nonostante prospettano un nuovo percorso interpretativo[4], volto a superare la barriera eretta dalla Consulta. Le sentenze del Consiglio di Stato che risultino «incompatibili» con disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla Corte di Giustizia, sarebbero manifestazione di difetto assoluto di giurisdizione, per avere il giudice amministrativo «compiuto un’attività di diretta produzione normativa non consentita nemmeno al legislatore nazionale», censurabile per cassazione come motivo inerente alla giurisdizione.
A venire in rilievo in questo caso, quindi, sarebbe l’obbligo degli Stati di dare leale attuazione al principio secondo cui il giudice nazionale è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giudiziario di grado superiore qualora esso ritenga che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione» (es. sentenza Puligienica).
Base esplicitata di tale esegesi è l’esposizione degli organi giurisdizionali dello Stato a responsabilità, nonché una visione grandemente dequotata del principio di autonomia procedurale degli Stati. In buona sostanza, la giurisprudenza che ritiene inammissibile il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, in fattispecie come quella in esame, sembra alle Sezioni unite non in linea con i principi di equivalenza e di effettività della tutela giurisdizionale.
Sulla base di tali premesse argomentative viene posto alla Corte di giustizia un primo quesito sulla compatibilità dell’esegesi restrittiva di Corte cost. n. 6/2018 con gli articoli 4, par. 3, 19, par. 1, del TUE e 2, parr. 1 e 2, e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
In seconda battuta viene censurato l’orientamento attuale della Cassazione[5], secondo il quale va esclusa la censurabilità mediante ricorso per cassazione (per motivi inerenti alla giurisdizione) dell’omissione immotivata del rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato in materia disciplinate dal diritto dell’Unione. Anche in questo caso si ritiene che il giudice nazionale non possa omettere senza motivare il rinvio alla Corte di giustizia, e decidere la causa interpretando direttamente le norme non chiare del diritto dell’Unione.
Infine, e qui si entra nella questione riguardante il tema della legittimazione e dell’interesse a ricorrere nel processo amministrativo, la Cassazione dubita della conformità eurounitaria della tesi volta ad equiparare la posizione del concorrente ad una gara di appalto che, contestando la propria esclusione, proponga censure miranti ad ottenere la ripetizione della gara con quella dell’operatore che non abbia mai partecipato alla gara, almeno fino a quando non si sia formato il giudicato sulle ragioni della sua impugnazione.
3. La posizione della Cassazione e i precedenti europei. Alcune perplessità
Parto dalla terza, e ultima, questione.
Gran parte delle argomentazioni della impresa terza classificata ruotano attorno al richiamo alla giurisprudenza europea in tema di ricorso incidentale escludente e interesse strumentale: il noto trittico che va da Fastweb del 2013 a Lombardi del 2019, passando per Puligienica del 2016.
Tuttavia, nella vicenda scrutinata da ultimo dalla Cassazione sussiste il problema della legittimazione dell’escluso, depurata dalla presenza di un ricorso incidentale “paralizzante” del controinteressato.
Sul tema la giurisprudenza della Corte di giustizia può grossomodo sintetizzarsi così.
Nella sentenza 19 gennaio 2003 in causa C-249/01 Hackermüller si afferma che il concorrente deve essere legittimato a contestare la propria esclusione, anche se poi si precisa che ove detta contestazione sortisca esito negativo l’impugnativa del risultato della gara deve essere respinta «in quanto tenuto conto di tale circostanza egli non è stato o non rischia di essere leso dalla violazione da lui denunciata».
Più di recente la sentenza 21 dicembre 2016 in causa C-244/14 BTG ritiene che l’offerente escluso da un provvedimento definitivo dell’amministrazione non può considerarsi «offerente interessato» ai sensi dell’art. 2-bis della direttiva ricorsi e pertanto la normativa europea non osta a che gli sia negato di ricorrere sostenendo che pure l’offerta dell’aggiudicatario doveva essere esclusa.
In tale caso la Corte ha dichiarato di non volersi discostare dalla sentenza Fastweb, in quanto in quella vicenda il ricorrente non era stato escluso dell’amministrazione; sennonché l’assunto non tiene perché in Fastweb risulta confermata l’equivalenza di esclusione disposta da parte dell’amministrazione e da parte del giudice[6].
Veniamo così alla sentenza 11 maggio 2017 in causa C-731/16 Archus, che, a differenza di questi due precedenti, viene espressamente richiamata dalla Cassazione a sostegno delle proprie argomentazioni. In una gara con due concorrenti, un’impresa impugna congiuntamente la propria esclusione e la contestuale aggiudicazione all’altra, assumendo che la prima in graduatoria avrebbe dovuto essere esclusa. La sentenza stabilisce che il concorrente escluso che ha impugnato sia la propria esclusione sia l’aggiudicazione all’altro offerente è legittimato ad agire in giudizio vuoi per ottenere l’aggiudicazione vuoi in vista della rinnovazione della gara.
Si è osservato come Fastweb, Puligienica, BTG, per quanto richiamate, non c’entrino nulla, non essendo dubbio che l’impresa esclusa possa ricorrere contro il provvedimento di aggiudicazione sostenendo che avrebbe dovuto essere ammessa, deducendo sia censure che, ove accolte, le consentirebbero di vincere la gara, sia censure miranti alla rinnovazione della gara, a tutela dell’interesse strumentale[7].
Peraltro nel caso di specie, molto simile a quello oggetto di cognizione della Sezioni unite, il discrimine tra il riconoscimento e il disconoscimento del diritto del ricorrente allo scrutinio della doglianza relativa all’omessa espulsione dell’aggiudicatario risiede in un fatto fortuito, consistente nell’essere ancora sub judice o meno la propria esclusione allorquando sopraggiunga la sentenza sull’aggiudicazione all’altro operatore.
La nostra giurisprudenza riflette tali ambiguità, ingenerando incertezze.
Così in un caso si è ritenuta sussistente: «la legittimazione e l’interesse in capo al ricorrente, originariamente escluso, e la cui esclusione sia stata ritenuta dal giudice immune dalle censure dedotte, a far valere con motivi aggiunti la mancata esclusione della ditta aggiudicataria, al fine di ottenere la riedizione della gara»[8]; al contrario, in un altro, in cui il Consiglio di Stato aveva confermato la legittimità di un’esclusione, si è ritenuta priva di legittimazione l’impresa che impugnava in un secondo tempo l’altrui aggiudicazione, lamentando la sussistenza di cause di esclusione, non scrutinate dal giudice di primo grado in quanto l’originaria impugnazione contro l’altrui ammissione (ai sensi dell’abrogato mini-rito) era stata considerata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’accertata legittimità dell’esclusione[9].
Sicché, si contesta fermamente l’idea di una legittimazione al ricorso contro l’altrui aggiudicazione che funzioni «ad intermittenza», a seconda di come vengano ad atteggiarsi fattori accidentali e neutri come la lunghezza del giudizio che verte sull’esclusione, il lasso di tempo tra l’esclusione e l’aggiudicazione all’altro operatore, la proposizione di motivi aggiunti, etc. Profonda e irriducibile appare, quindi, la contraddizione tra le sentenze BTG e Archus[10].
E fra le due è la prima a meritare apprezzamento, nella misura in cui Archus, sulla scia di Fastweb, determina l’impropria soppressione, ai fini dell’accesso alle procedure di ricorso, della qualità di soggetto leso o che rischia di esserlo a causa dell’illegittimità denunciata (art. 1, par. 3, dir. 92/13/CEE), qualifica confermata dall’introduzione, con la dir. 2007/66/CE, della nozione normativa di «offerenti interessati»[11]. Tale chiara disposizione smentisce «la tesi che a livello europeo esisterebbe quale situazione giuridica soggettiva protetta l’interesse ad una corretta competizione a tutela del rispetto della concorrenza»[12].
Se si condividono queste premesse, allora pare molto dubbio sostenere, come fanno le Sezioni unite, che il Consiglio di Stato abbia esercitato un potere giurisdizionale di cui sarebbe privo «per avere compiuto un’attività di diretta produzione normativa non consentita nemmeno al legislatore nazionale – censurabile per cassazione con motivo inerente alla giurisdizione».
Il giudice amministrativo nostrano si è limitato, invece, proprio a dare una corretta interpretazione della norma europea vigente, mentre l’attività veramente creativa, sia in punto di individuazione delle posizioni legittimanti, che di (ri)perimetrazione della nozione di “motivi inerenti alla giurisdizione”, appare quella compiuta dalla Cassazione.
La quale, disattendendo le nette indicazioni di Corte cost. n. 6/2018, si avvale, in punto di regolamentazione del dialogo fra le corti, delle perplesse indicazioni di Puligienica, che ha finito per disapplicare l’art. 99 c.p.a. in tema di poteri dell’Adunanza plenaria, e in punto di posizioni legittimanti dell’altrettanto discutibile sentenza Archus.
Non deve passare sotto traccia un aspetto dell’annotata ordinanza, particolarmente significativo nella misura in cui mostra le “voci di dentro” dei giudici di Piazza Cavour. Al punto n. 44 della motivazione si osserva, tra l’altro, come i limiti all’autonomia procedurale degli Stati non subirebbero deroghe in considerazione della natura amministrativa della materia (l’aggiudicazione degli appalti), poiché essa non è riservata al giudice amministrativo, ma è ripartita tra questi e il giudice ordinario, secondo criteri spesso discrezionali e variabili nel tempo, che producono l’effetto di limitare il sindacato della Cassazione ai motivi inerenti alla giurisdizione[13]. Aleggia in questa emblematico passaggio il fantasma del Calamandrei dell’Assemblea Costituente[14].
L’attività creativa, in conclusione, è semmai delle Sezioni unite, non del giudice amministrativo. Per quanto discutibili possano essere le norme sulla giurisdizione, modificare la loro portata non spetta ad un giudice, nonostante collocato al vertice del sistema giudiziario. In questo senso l’enfatizzazione della incerta nozione di “violazione delle norme europee” appare un ulteriore tentativo di aggirare tale ineluttabile ostacolo[15], ed a poco vale, se non ad indebolire ulteriormente l’argomentazione, spostare il focus dal concetto di rifiuto di giurisdizione (espressamente sconfessato dalla Consulta) al preteso difetto assoluto di potere giurisdizionale[16].
4. Verso una nuova stagione per i controlimiti?
La specialità del giudice amministrativo, quindi, viene nuovamente messa in dubbio. Torna la questione “istituzionale”, lo scontro si riaccende, seppure in maniera apparentemente felpata.
Si riapre la partita, e la parola a questo punto passa al giudice europeo.
La Cassazione alza la posta e prende di mira l’esegesi fornita dalla Consulta nel 2018 sulla nozione di motivi inerenti alla giurisdizione, contenuta nell’art. 111, ultimo comma, Cost.
Prima di tutto bisognerebbe chiedersi se la Corte di giustizia sia legittimata a perimetrare il concetto di giurisdizione ex art. 111, ultimo comma, Cost., o se si tratta di una nozione che resta affidata all’autonomia procedura degli Stati. In tal senso ha statuito recentemente proprio la stessa Cassazione[17], che ora però ripropone al giudice europeo la questione.
Ove la Corte di giustizia decida di riperimetrare nuovamente i confini del suo apprezzamento anche nei rapporti con le Corti supreme degli Stati, come già con la sentenza Puligienica è sembrata prefigurare, probabilmente la questione sarà destinata a tornare in Corte costituzionale[18].
Anche su questo punto mi tocca correggere il tiro, rispetto all’idea, recentemente espressa, che vicende di questo tipo difficilmente possano portare all’attivazione dei controlimiti, come nel caso Taricco[19].
Se infatti i giudici del Lussemburgo prenderanno una posizione contro l’esegesi della Corte costituzionale il problema si porrà, almeno sotto due concorrenti profili.
Il primo riguarda il modello oggettivo di giurisdizione che la giurisprudenza europea in materia (Fastweb, Puligienica, Lombardi, Archus) configura. Esso pare contrastare con un modello costituzionale di tutela dell’interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113 Cost.) che non è di regola al servizio di interessi mancanti di «un solido collegamento» con l’anelato bene della vita, la cui protezione finirebbe per tradursi in un malcelato «espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa»[20].
Il secondo riguarda la attualità istituzionale del giudice amministrativo nel nostro ordinamento e la idoneità dell’art. 111, ultimo comma, Cost., e soprattutto dell’art. 25 Cost. in tema di precostituzione per legge del giudice naturale, ad ergersi come principi fondamentali, controlimiti rispetto al Golem europeo evocato di nuovo dalla nostra Cassazione, che sembrava invece aver spento la vita della sua creatura, come il rabbino Loew con quella sfuggita al suo controllo.
Tutto ciò in un contesto generale in cui si assiste al prepotente ritorno sulla scena dei «cavalieri dell’apocalisse»: «Servizio giustizia, ragionevole durata, abuso del processo», che contribuiscono da svariati anni all’invasione di campo delle Sezioni unite, proprio assieme all’annosa questione della legittimazione nel contenzioso in materia di appalti; tematica, quest’ultima, fors’anche decettiva, nella misura in cui tale contenzioso, fatto da operatori sostanzialmente privati, porta il giudice amministrativo lontano dalla sua profonda ragion d’essere[21].
Se tale questione dovesse giungere nuovamente fino alla Consulta, dopo l’intervento del giudice europeo, sarebbe un’occasione preziosa per fare il punto sulla situazione generale e sulla reale portata, oggi, del principio di cui all’art. 25 Cost., da anni sottoposto a un processo di costante erosione, spesso in via “creativa” giurisprudenziale, a causa di una rinnovata idea di fondo di “giurisdizione”, non più percepita come questione di ordine pubblico processuale[22].
Vero è che le sentenze della Corte sulle quali è stato richiamato il parametro dell’art. 25, comma 1, Cost. sono quelle in cui forse maggiormente è intervenuto un bilanciamento con altri valori, primo fra tutti quello di un’efficiente organizzazione del “servizio giustizia”[23], ma forse a questo punto, entrando in gioco anche gli artt. 24, 103, 111, ultimo comma, Cost. e 113 Cost., sarebbe un’altra storia.
[1] G. Tropea, Il ricorso incidentale escludente: illusioni ottiche, in Dir. proc. amm., 2019, 1124-1125.
[2] Cass., Sez. un., 6 febbraio 2015, n. 2242; Id., 29 dicembre 2017, n. 31226, che si occupa di una situazione simile a quella scrutinata dalla Cassazione con la pronuncia in commento: la Cassazione ha, infatti, cassato con rinvio una sentenza del Consiglio di Stato che avrebbe negato tutela alla società ricorrente, ritenendo insussistenti legittimazione e interesse al ricorso in ragione della ravvisata legittimità della esclusione dalla gara.
[3] Cfr. Cass., Sez. un., 6 marzo 2020, n. 6460.
[4] Con riguardo alla possibilità di far valere il rifiuto di giurisdizione, dopo la sentenza della Consulta, osserva F. Francario, Diniego di giurisdizione, in Treccani, Libro dell’Anno del Diritto 2019, e in Id., Garanzie degli interessi protetti e della legalità dell’azione amministrativa. Saggi sulla giustizia amministrativa, Napoli, 2019: «una cosa è voler censurare l’interpretazione evolutiva della figura, altra negarne l’esistenza in assoluto» (308-309), con espresso richiamo al classico di M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 1979, 197. Poi aggiunge: «In tal senso sembrerebbe si stiano del resto già orientando la Sezioni Unite successivamente alla sentenza n. 6/2018, laddove hanno affermato che “merita convinta adesione” la giurisprudenza maggioritaria della Corte di cassazione che, pur disattendendo l’impostazione fondata su di un concetto evolutivo o dinamico o funzionale della giurisdizione, nondimeno ritiene sindacabile l’aprioristico diniego di giustizia, soprattutto in caso di violazione di norme sovranazionali con l’esito di preclusione dell’accesso alla tutela giurisdizionale» (313, in nota 9 la menzione di Cass., Sez. un., 30 luglio 2018, nn. 20168 e 20169).
[5] Cfr. Cass., Sez. un., 15 novembre 2018, n. 29391; Id., 17 dicembre 2018, n. 32622, secondo la quale: «la non sindacabilità ex art. 111, comma 8, Cost., delle violazioni del diritto dell’Unione europea e del mancato rinvio pregiudiziale ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali (nella specie, il Consiglio di Stato), è compatibile con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione».
[6] R. Villata, La (almeno per ora) fine di una lunga marcia (e i possibili effetti in tema di ricorso incidentale escludente nonché di interesse legittimo quale figura centrale del processo amministrativo), in Riv. dir. proc., 2018, 347.
[7] R. Villata, op. e loc. ult. cit.
[8] Tar Lazio, sez. II-ter, 8 aprile 2019, n. 4517.
[9] Tar Calabria, sez. I, 10 gennaio 2020, n. 15.
[10] L. Bertonazzi, La giurisprudenza europea in tema di ricorso incidentale escludente, in Dir. proc. amm., 2020, 543.
[11] L. Bertonazzi, op. ult. cit., passim.
[12] R. Villata, op. ult. cit., 341.
[13] Interpretazioni “creative” di questo genere si susseguono, mostrando l’attuale persistente incertezza in tema di riparto di giurisdizione. Si pensi alla recente giurisprudenza della Cassazione che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario nelle vicende relative all’esecuzione del rapporto di concessione, ribaltando un consolidato diverso orientamento. Cfr. Cass., Sez. un., 8 luglio 2019, n. 18276, in Dir. proc. amm., 2020, 506, con nota critica di C.E. Gallo, La giurisdizione esclusiva in materia di concessioni ridisegnata dalla Corte di Cassazione, il quale osserva: «è evidente … che il giudice non può obliterare il dettato normativo e che l’orientamento giurisprudenziale è una conseguenza del dettato normativo non un elemento alternativo al medesimo» (511), prospettando altresì il sospetto che questo nuovo orientamento della Cassazione sia «una sorta di risposta all’intervento della Corte costituzionale … che ha escluso la possibilità per la Corte di Cassazione di sindacare l’eccesso di potere giurisdizionale» (518).
[14] Sul punto mi permetto di rinviare a G. Tropea, La specialità del giudice amministrativo, tra antiche criticità e persistenti insidie, in Dir. proc. amm., 2018, 889 ss.
[15] A. Travi, Pronunce della Corte di Strasburgo e revocazione delle sentenze: un punto fermo della Corte costituzionale, in Giur. cost., 2017, 1271.
[16] Che si ha, sempre secondo Corte cost. n. 6/2018: «quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento)» (punto 15 della motivazione in diritto).
[17] Cfr. Cass., Sez. un., 17 dicembre 2018, n. 32622, cit., secondo la quale, fra l’altro: «la previsione di un limite al sistema di impugnazioni è funzionale al principio di certezza del diritto (Cass. Sez. U. 27/12/2017, n. 30994; Cass. Sez. U., ord. 11/04/2018, n. 8984), cardine dell'ordinamento giuridico anche Eurounitario, siccome teso a garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia (Corte Giustizia, 03/09/2009, in causa C-2/08, Olimpiclub; Corte Giustizia, 30/09/2003, in causa C224/01, Kobler; Corte Giustizia 16/03/2006, in causa C-234/04, Kapferer)».
[18] Sulle possibili modalità di intervento della Consulta, se in via incidentale o in sede di conflitto di attribuzioni, v. P. Tomaiuoli, L’altolà della Corte costituzionale alla giurisdizione dinamica (a margine della sentenza n. 6 del 2016), in www.giurcost.org, 24 gennaio 2016.
[19] G. Tropea, op. ult. cit., 1120.
[20] Corte cost., 13 dicembre 2019, n. 271, richiamata da L. Bertonazzi, op. ult. cit., 552.
[21] R. Villata, La giurisdizione amministrativa e il suo processo sopravviveranno ai «cavalieri dell’apocalisse»?, in Riv. dir. proc., 2017, 111.
[22] Si v., per tutti, G. Verde, La Corte di Cassazione e i conflitti di giurisdizione (appunti per un dibattito), in Dir. proc. amm., 2013, 367 ss.
[23] Cfr. N. Zanon, F. Biondi, Il sistema costituzionale della magistratura, Bologna, 2014, 210.