«Siamo stati sequestrati in acque internazionali e questo atto lo abbiamo reputato illegale, abbiamo subito una detenzione senza che ci venisse spiegato il perché. Ci sono stati sequestrati dei beni, come la nostra imbarcazione e il mio cellulare con dati sensibili che è ancora, probabilmente, nelle mani di Israele»[1], ha detto Arturo Scotto, uno dei parlamentari italiani vittima dell’abbordaggio della Flotilla da parte dell'esercito israeliano, appena uscito dalla caserma dei carabinieri del Ros dove è avvenuto il colloquio relativo agli esposti presentati alla Procura di Roma dagli attivisti a bordo della Flotilla. Per quasi un’ora Scotto ha ricostruito le aggressioni e gli abusi subiti dalla Global Sumud Flotilla: dalle incursioni dei droni in acque internazionali al successivo abbordaggio della marina israeliana, fino ai giorni di detenzione in Israele, segnati da maltrattamenti e da violazioni evidenti dello stato di diritto, oltre che nessuna possibilità di contatto con l’esterno fino al rimpatrio forzato. L'azione riguarda un primo esposto per il sequestro e detenzione degli attivisti dalla parte della Marina militare israeliana, senza che avessero commesso alcun reato. Il secondo esposto riguarda l'attacco militare su barche civili in acque internazionali. I due esposti, uno collettivo e uno presentato da Tony La Piccirella hanno determinato l’apertura di un fascicolo, destinato ad ampliarsi con le denunce di altri che erano a bordo, parlamentari e non.[2]
La Procura di Roma procede contro ignoti per sequestro di persona, rapina, tentato naufragio e danneggiamento seguito da naufragio.
Le condotte per cui si indaga riguardano non solo l’intercettazione e il dirottamento verso Ashdod, ma anche le violenze documentate nel porto e nella prigione di Ketziot: immobilizzazione forzata, percosse, privazione del sonno, umiliazioni, fino all’obbligo di baciare la bandiera israeliana. Alcuni degli attivisti chiedono alla Procura di Roma di valutare se lo stesso Stato italiano possa aver commesso un’omissione di tutela. L’accusa parte dal fatto che la fregata Alpino, che aveva scortato la missione, si è fermata sulla cosiddetta linea arancione a 150 miglia da Gaza, su una linea più esterna perfino del blocco navale unilaterale dichiarato da Israele. Da lì in poi, le navi italiane sono state lasciate sole e prive di protezione. I magistrati si stanno concentrando soprattutto sugli eventi in acque internazionali, in quanto in mare una nave battente bandiera italiana è territorio dello Stato; quindi, ciò che accade a bordo rientra nella giurisdizione. La Procura di Roma è altresì competente, ai sensi dell’art. 10 comma 1 bis cod. proc. pen. degli abusi avvenuti nel territorio di Israele. Al momento si procede contro ignoti, ma presto potrebbero essere iscritti nomi di militari o di figure politiche come Ben Gvir, che si è recato ad Ashdod mentre gli equipaggi additati e trattati come terroristi, con le mani legate e gli occhi bendati, erano stati fatti inginocchiare.[3] Per ottenere i nomi dei soldati coinvolti occorre procedere con rogatoria, ed è quasi certo che il Ministro della Giustizia non formulerà allo Sato di Israele alcuna richiesta in tal senso, considerato il giudizio negativo del governo sull’intera vicenda e il supporto che lo Stato Italiano offre allo Stato di Israele.
Ed ecco qui che il confine tra la politica e la giustizia rischia di diventare labile, tornano in mente casi come quello di Zaki, o di Al Masri; situazioni in cui la giustizia è sacrificata per lasciare spazio a una sorta di diplomazia strategica, con l’effetto dello sviamento dallo Stato di diritto e la violazione della legislazione interna e internazionale.
Attaccare o sequestrare imbarcazioni che trasportano materiale umanitario in acque internazionali è illegale secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. I blocchi navali sono previsti in contesti bellici, ma fermare chi supera il blocco - dal momento che queste imbarcazioni trasportavano aiuti umanitari - è contrario al diritto internazionale e al Manuale di Sanremo che disciplina i conflitti in mare. Parallelamente, però, c’è chi sostiene che la Flotilla abbia violato l’articolo 244 del Codice penale, atti ostili verso uno Stato estero, perché avrebbe tentato di violare il blocco navale su Gaza. La tesi è debole perché, se il blocco è illegittimo sul piano internazionale, opporvisi non può essere considerato ostile. Il mancato rispetto dei trattati internazionali determina l’arbitrio ed è sotto questo profilo che l’affermazione secondo la quale il diritto incontra il punto fino a cui vale (o, vale fino ad un certo punto) mostra tutta la sua pericolosità. È interessante ricordare il celebre caso dei Marò nel 2012, dove l’Italia rivendicò la propria giurisdizione in acque internazionali, insistendo sul principio per cui la nave batte bandiera italiana, quindi è Italia. Il risultato fu uno dei contenziosi diplomatici più duri della storia recente, culminato con le dimissioni del ministro Giulio Terzi e con ripetuti interventi del Parlamento europeo.[4] Sul piano giuridico, dunque, la vicenda è complessa: diritto penale italiano, norme internazionali e convenzioni marittime si intrecciano, rendendo difficile capire non cosa sia accaduto, ma come perseguirlo legalmente. Ma è facile ingarbugliarsi. Il nodo cruciale riguarda piuttosto l’aspetto politico, cioè l’identificazione dei responsabili e la volontà dei singoli Stati di agire.
Vale a questo punto ricordare che non è la prima volta che Israele attacca Flotillas in acque internazionali. Quando nel 2010 Israele attaccò la Freedom Flotilla uccidendo dieci persone, le autorità israeliane dichiararono di aver agito per legittima difesa, mentre inchieste internazionali sollevarono dubbi sull’uso della forza e sulle modalità dell’intervento. In quell’occasione nessuno fu punito. In questo caso, la Procuratrice della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda decise (nel 2014, e poi lo ha confermato nel 2017) di non procedere contro Israele ritenendo i fatti non abbastanza gravi, pur giudicando plausibile che fossero stati commessi crimini di guerra. Quando Mark Regev, portavoce del Primo Ministro israeliano, si appellò al paragrafo 67A del Manuale di Sanremo, dimostrò ancora più chiaramente la relatività delle azioni legali contro gli autori dei reati commessi contro le persone che viaggiavano a bordo delle imbarcazioni, la situazione giuridica delle acque antistanti Gaza e la legittimità del blocco navale.[5]
Dunque, il diritto internazionale è sempre stato uno strumento utilizzato o ignorato a seconda della convenienza da parte dei suoi stessi promotori. A esso si aderisce, o se ne esce, secondo i tempi e gli interessi politici del momento. Allo stesso modo, l’invocazione del diritto alla difesa di uno Stato, compreso Israele, non dovrebbe neppure essere posta al centro del discorso se non si riconosce e condanna l’occupazione, l’invasione, l’assedio, le pratiche di umiliazione, di affamamento e di aggressione, tanto nei territori palestinesi quanto nelle operazioni contro le Flotillas nel mare internazionale, da parte di uno Stato che si dice rispettare principi ed assetto democratico. Ma l’idea di un ordine giuridico e politico internazionale fondato sul diritto, sulla legalità e sui cosiddetti diritti umani è nata e si è sviluppata dentro la logica dell’imperialismo europeo, di cui Israele è figlio e beneficiario. E qui il diritto internazionale si scopre come non veramente internazionale né vero diritto, ma piuttosto opinione relativa di un gruppo di potere, attento a non disturbare la propria geopolitica.
Spostandoci un po’ più a ovest nello stesso Mar Mediterraneo, spettacolare esempio di questa logica è l’applicazione delle norme sul soccorso in mare, che secondo la Convenzione SOLAS e il diritto consuetudinario obbligherebbero gli Stati a prestare aiuto e a garantire un porto sicuro. L’Italia è sempre più stringente sulla politica dell’omissione del soccorso, della criminalizzazione delle ONG, e continua a stipulare e rinnovare accordi per “regolamentare i flussi” con Libia, Egitto, Tunisia, nonostante le prove incontrovertibili, emerse da ultimo con la vicenda Al Masri, che tali accordi non rispettino alcun diritto umano di base e che anzi incentivino condotte criminali e il dilagare di pratiche illegali legati a violenze e corruzione sia fuori che dentro i confini statali.[6]
La discrezionalità giuridica segue una logica semplice: dipende da chi è l’interlocutore, e quali sono gli interessi economici e politici. Eppure, esiste un modo concreto per costringere gli Stati a rispettare i confini del diritto internazionale: un pacchetto di sanzioni economiche in grado di infliggere danni progressivi e aumentare la pressione politica sul Paese. Tuttavia, l’efficacia di queste sanzioni dipende molto dal modo in cui vengono strutturate. L’Italia, lontana dell’interrompere i rapporti commerciali, continua a presentarsi come il partner europeo tra i più accomodanti, ospitando e proteggendo gruppi di soldati dell’IDF in vacanza dal massacro sulle coste di Sardegna, Marche, Puglia[7]. A livello europeo, la Commissione ha recentemente proposto di sospendere l’accordo commerciale preferenziale con Israele, cancellando i privilegi concessi dall’UE per riportare il Paese al regime ordinario di scambio con gli altri stati extraeuropei, ma in una misura piuttosto blanda, che difficilmente potrebbe esercitare una pressione reale sul governo israeliano. In ogni caso, l’idea muore ancor prima del nascere: guai a chi osa insinuare un doppio standard nelle camere blu.

Il giornalista Gabriele Nunziati durante la conferenza stampa a Bruxelles (dal video integrale della conferenza stampa, Unione Europea). Fonte: https://www.ilpost.it/2025/11/05/gabriele-nunziati-agenzia-nova-licenziato-israele-domanda-unione-europea/
La vicenda della Flotilla mette a nudo queste dinamiche in modo essenziale. Le richieste di procedimenti legali dei 44 Stati coinvolti nel progetto sono rimaste in gran parte inascoltate, generando una sensazione diffusa di impunità. Come ha detto Mattarella al Bundestag, nel giorno della Giornata del Lutto Nazionale in ricordo della Shoah: “Tocca alla Repubblica Federale Tedesca, tocca alla Repubblica Italiana, come a tutti nella comunità internazionale opporre la forza del diritto alla pretesa preminenza della forza delle armi. Considero questa giornata come un invito a riflettere insieme sul percorso straordinario che le nostre due repubbliche hanno vissuto fianco a fianco partendo dall’Europa, nell’approdo della saggezza. (…) L’Unione Europea, nata dalle rovine della guerra, ha saputo farsi portatrice del multilateralismo al servizio della pace. È una responsabilità che si accentua oggi, in questa preoccupante congiuntura internazionale”.[8]
Riprendendo Gambino, l’uso selettivo dei valori democratici ha rovesciato l’antica idea di diritto come piano di uguaglianza per tutti, trasformandolo in uno strumento che decide in anticipo chi merita tutela. Un paradosso che si consuma proprio nell’epoca di massima potenza tecnologica, dove l’arbitrio politico diventa ancora più evidente e rischioso. Detto questo, i traguardi del diritto internazionale sono certamente fondamentali. È importante notare che la sua esistenza, nonostante i frequenti abusi nella pratica, sia meglio della sua totale assenza. Tuttavia, se, come argomenta Gramsci, l’esercizio dell’egemonia comporta sempre la presentazione di un interesse particolare come valore universale, nel campo internazionale l’ipocrisia si manifesta facilmente come l’esercizio arbitrario del potere del forte sul debole. L’implacabile prosecuzione o provocazione di guerre nel nome filantropico della pace diventa così un problema strutturale dell’ordine globale. L’accettazione di essere forza ideologica hobbesiana al servizio dell’egemone e dei suoi alleati si trasforma così in uno strumento di potere relativo, portato a standard di civiltà, che incarna il dominio mondiale euro-americano come egemone. [9]

In questo scenario drammatico, non ci resta che sperare che i magistrati della Procura di Roma riescano a dare una risposta alla domanda di giustizia dei cittadini italiani che hanno messo a rischio la loro integrità fisica per portare gli aiuti umanitari a Gaza.
[1] https://ilmanifesto.it/flotilla-i-pm-ascoltano-scotto-israele-ci-ha-sequestrati
[2] Per una panormaica dettagliata dei profili legali: https://www.altalex.com/documents/news/2025/10/07/sequestro-flotilla-possibili-profili-penali
[3] https://youtube.com/shorts/pwvIY1Pgas8?si=qBhIysEi74hleFNo
[4]I marò vennero riportati a casa sani e salvi, i procedimenti a loro carico davanti alla Corte Suprema indiana, e furono chiusi nel 2021 a seguito di un risarcimento di circa 1,1 milioni di euro da parte dell'Italia per l’omicidio dei due pescatori indiani.
[5] Nel nostro caso procedono dei magistrati italiani e in Italia l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio.
[6] Da menzionare qui il ruolo della Convenzione di Dublino e dei limiti strutturali nella redistribuzione tra Stati membri, inefficienza nel garantire una cooperazione sostenibile e nella tutela dei diritti fondamentali delle persone in arrivo, caratterizzate da meccanismi di solidarità precari e degradanti a carico di paesi di primo ingresso, che meriterebbero un’analisi separata.
[7] https://www.youtube.com/live/T_EU6Uw5Iag?si=U6ZpMeqFzayQfTHI
[8] https://youtu.be/UEfRoYd-Amw?si=VP53lUA9IIRtvv7R
[9] https://www.limesonline.com/rivista/la-vera-storia-del-diritto-internazionale-14647655/
