GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Relazione del segretario - Assemblea nazionale 18 novembre 2017

    Relazione del segretario - Assemblea nazionale 18 novembre 2017


    RELAZIONE CONCLUSIVA

    1) Vorrei avviare la mia riflessione dal presente, rivolgendo lo sguardo alla nostra realtà: quella di una magistratura che, insieme agli imprinting ideologici, sembra talvolta perdere anche i riferimenti ideali e il senso profondo del proprio servizio; una magistratura sempre più sollecitata alla produttività da un sistema che esige più quantità che qualità; che – in ragione di una riforma, che abbiamo in buona parte voluto, ma che sta assumendo effetti imprevisti – al venir meno dell’anzianità come carattere distintivo stenta a sostituire valori netti e dichiarati, indotta a cercare visibilità bypassando la giurisdizione, indotta a costruirsi percorsi individuali.
    Una magistratura, però, in forte ricambio, generazioni nuove che continuano a chiedere risposte e modelli di riferimento.  
    Cosa presentiamo a queste nuove e talvolta disordinate istanze e pulsioni; lo abbiamo visto anche nel congresso nazionale ANM, evocato nel dibattito che ha preceduto questa assemblea: per un verso un modello di conservazione, il magistrato cauto, attento a non esporsi, a non urtare sensibilità, che non vuole uscire dal proprio recinto. Oppure l’approccio aggressivo e populista,  la volontà distruttiva che – in nome delle contraddizioni e degli errori, che certo ci sono nelle azioni di ANM e CSM – finisce per minare la stessa idea di associazionismo e la stessa legittimazione dell’autogoverno, modello di magistrato che si fa strumento – involontario? - di profonde trasformazioni e di riassetti costituzionali che molta politica da sempre anela, e che ha capito di potere realizzare meglio dal nostro interno piuttosto che con attacchi diretti.
    Per fortuna ne trova anche un’altra: quella – con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni - capace di parlare di ius soli, fine vita e tutela di soggetti deboli; che sa criticare l’autogoverno, ma senza metterne in discussione il ruolo di garanzia primaria; che – anche al di là dei singoli temi e delle singole occasioni –  rivendica con forza il diritto di parola dei magistrati, come singoli e come gruppi; che sa e vuole parlare alla società, ne ricerca il confronto ma non ammicca al consenso popolare, cercando – e spesso trovando – il filo conduttore dell’etica della professionalità.

    2) Mi sono sempre riconosciuto in questa magistratura; e mi sono sempre più convinto che riuscire a farla vivere ancora, a non fare spegnere questo modello identifichi il nostro attuale ruolo.
    Un ruolo che abbiamo portato avanti per molti anni come Movimento per la Giustizia, in periodi segnati dal terrorismo, dalle connivenze tra parte della magistratura e una politica che dichiaratamente mirava a comprimere la nostra indipendenza e autonomia; lo abbiamo fatto sempre più spesso trovandoci accanto anche Magistratura Democratica, fino a quando non abbiamo cominciato a pensare di farlo insieme.
    Vale la pena ripercorrere, brevemente, le tappe di questo percorso
    Nel dicembre 2005 Nino Condorelli – in una missiva compiuta e meditata, che varrebbe la pena di rileggere tutta - riteneva un documento programmatico di MD ‘pienamente condivisibile, per premesse e per obiettivi, e sicuramente buona base per l'elaborazione di un programma comune, strumento indispensabile per una intesa al tempo stesso credibile e non meramente elettorale’; interlocuzione alla quale idealmente rispondeva Nello Rossi nel 2007 “giudico importante ed innovativa la prospettiva di una unificazione della magistratura di orientamento democratico e progressista, che offra ai magistrati ed ai cittadini l'immagine e la realtà di una magistratura non corporativa, non burocratica ma animata da una forte passione civile e professionale”.
    Questo è stato il terreno su cui è nata la stagione delle ‘doppie tessere’; questo il terreno sul quale si è cominciato a parlare di Area.
    Il Movimento nel 2009 affermava la convinta partecipazione insieme a Magistratura Democratica ad un percorso di area come metodo di crescita e impegno dell’associazionismo basato su valori condivisi e che, pur nel rispetto di varie identità, sappia aggregare anche chi non è iscritto a correnti e condivida il programma comune di lavoro; nel 2012 riteneva il percorso di Area un dato ormai irreversibile. Ma a patto di dare ulteriore impulso alla costruzione di questo soggetto politico, in modo da superare la tendenza a proteggersi di ciascun gruppo e valorizzare le identità come risorsa e non come problema. …. nel 2015 indicava “Area ormai un patrimonio stabile dell’associazionismo giudiziario: sta sempre più diventando l’espressione di un sentire comune diffuso dei magistrati italiani, che si riconoscono nei suoi principi e programmi senza il necessario riferimento ad appartenenze correntizie…” riconoscendo il Coordinamento di Area ….come unico soggetto responsabile e rappresentante esterno della linea politica di Area, destinato ad assorbire le competenze dei gruppi a livello nazionale e locale: Coordinamento al quale dunque va riconosciuta una competenza generale e completa. Per l’autogoverno e per l’associazionismo deve quindi esserci un riferimento unico e autorevole: Area deve parlare con una voce sola. …. “.
    Nel 2016 l’assemblea del MOV poneva, infine, questa “nuova esperienza come momento essenziale per proiettare nel futuro i valori, le risorse e la concezione di giurisdizione che ci sono propri. Per questo definitivo approdo, il Movimento per la Giustizia/art. 3 ritiene irreversibile la scelta di Area e indifferibile il suo compimento come formazione inclusiva, nella quale possono trovare nuovo spazio l’affermazione dei propri valori e le esperienze di tutte le forze che l’hanno  pensata e realizzata; ritiene in questa prospettiva che il superamento dei gruppi che l’hanno realizzata costituisca la migliore condizione per l’affermazione definitiva di Area; …delibera di riconoscere che ad Area compete in via esclusiva l’iniziativa nell’attività associativa e consiliare, e nelle conseguenti manifestazioni di espressione esterne…impegna la propria dirigenza, a livello centrale e locale, a coltivare i valori e le idee e a utilizzare le risorse del gruppo nel Coordinamento nazionale di Area e nelle strutture dei referenti locali, astenendosi da iniziative autonome;…..delibera di avviare fin d’ora gli adempimenti per la conclusione dell’esperienza associativa del Movimento per la giustizia – Articolo 3, da concretizzare una volta costituita Area come soggetto giuridico autonomo nei termini deliberati dall’Assemblea nazionale di Area in data 13/6/15”.
    Vorrei ricordare che questi sono tutti deliberati adottati all’unanimità.
    Vorrei sottolineare, con forza e chiarezza, che questo è stato, per questo Direttivo e per quelli precedenti, il filo conduttore di un’azione: svolta in modo – mi sento di dire – del tutto coerente con questi canoni, perché siamo stati donne e uomini responsabili e rispettosi del mandato ricevuto.
    Vorrei rivendicare che questi obiettivi sono stati raggiunti.
    La ‘condizione’ essenziale che era stata posta in queste delibere si è realizzata: AREA è ormai soggetto giuridico e politico autonomo, ha un suo statuto, suoi organi elettivi, un suo segretario e potrebbe avere a breve anche un presidente, per migliorarne la capacità di azione senza timore che al suo interno possano emergere sensibilità diverse, che sono non un ostacolo ma una ricchezza; ha quasi 1000 iscritti, numero che è tre volte superiore a quello attuale del MOV 3 e che è anche superiore alla somma dei due gruppi fondatori, nonostante non tutti gli iscritti di questi siano iscritti anche ad Area; iscritti che – al contrario di una buona parte di quelli di MOV3 e MD - sono pressoché tutti attivi e presenti; si è caratterizzato per un innovativo sistema di selezione dei candidati all’autogoverno, con un meccanismo di primarie che soprattutto il MOV ha voluto. E’ un soggetto ancorato a solide tradizioni e al contempo nuovo, che va in direzione ostinata e contraria rispetto alle spinte dei particolarismi imperanti, una sfida all’immobilismo che comincia ad avere credibilità e visibilità esterne. AREADG è saputa andare al di là delle proprie radici, e sta crescendo.
    In questi termini, per questa coerenza, l’attuale dirigenza del MOV3 ha più volte ritenuto – da ultimo nel congresso di Siena - di lasciare il maggiore spazio possibile alla sua azione: Area deve parlare con una voce sola. ….  

    3) Vi sono stati, indubbiamente, momenti critici
    La mutata prospettiva assunta da MD, le ‘frenate’ più recenti rispetto ai precedenti deliberati, hanno segnato un chiaro arretramento. Ora, gli ottimi rapporti che abbiamo avuto con tutti i rappresentanti di Magistratura Democratica, con i quali in questi mesi ci siamo incontrati, l’affetto sincero che ho per Maria Rosaria Guglielmi e Riccardo De Vito non ci hanno impedito di rappresentare loro tutta la nostra profonda delusione per questa diversa posizione assunta, di giudicare sbagliata la persistente ricerca di una visibilità autonoma che disorienta questa parte di magistratura, che chiede di potersi riconoscere in una sola casa comune: detto e ribadito questo, va anche detto che tale posizione riguarda ormai solo MD e le sue scelte, che a mio giudizio si troverà ad affrontare in termini del tutto analoghi a quelli che stiamo vivendo nel dibattito di oggi. Non me ne vogliano gli amici di MD: ma anche in questo travaglio il MOV è avanti.
    Una nostra posizione, delle nostre scelte, che non devono quindi dipendere da ciò che fa, o non fa, Magistratura Democratica: mi auguro, nel dibattito, di sentire argomenti diversi da quello del non registrarsi, al momento, una simmetria di comportamenti: in cui certamente abbiamo sperato, che abbiamo constatato non esserci ma che non ha affatto impedito di realizzare AREA.
    Sono state rilevate poi criticità nell’azione dell’autogoverno. Qui si impone una riflessione attenta, a mio giudizio almeno su due fronti.
    Il primo riprende quanto ho accennato sopra, sulla nostra spasmodica attenzione alla coerenza tra principi e comportamenti come dato di identità; diversamente da quanto accade in altri gruppi, ogni consiliatura è sempre oggetto delle critiche più feroci, valutata la peggiore mai vista per essere poi superata in tale giudizio negativo solo dalla consiliatura successiva. Questo è sano, se è il portato di un’attenzione viscerale all’azione dei nostri rappresentanti; è distruttivo, se deriva da personalismi o rivendicazioni individuali.
    Il secondo aspetto è che questa operazione richiede grande capacità di confronto all’interno del gruppo consiliare, e anche – come presupposto perché a tale compattezza si arrivi, e come garanzia di costante saldatura – una forte guida politica. Che non significa, ovviamente, l’orientamento delle singole scelte, ma la capacità di cogliere in anticipo i temi caldi, i passaggi difficili, di valutarli insieme tra decisore politico e organi rappresentativi, di non farsene sorprendere, semplicemente di muoversi sempre come un gruppo. Essere dunque in grado sempre di spiegare perché si è compiuta una certa scelta, anche quando alcuni non l’abbiano condivisa: meccanismo che si è compiuto nell’ANM, in cui molte ambiguità delle altre componenti sono state stanate per la nostra azione corale. Anche nell’autogoverno, organismo politico e rappresentanza devono saper dialogare: e qui certamente abbiamo avuto anche noi, parlo ovviamente del precedente Coordinamento di cui ero componente, carenze e incertezze, pur se forse hanno giocato – alimentando qualche incomprensione - anche fattori contingenti, come il continuo mutare delle persone incaricate di tenere tale dialogo.
    Anche qui, però, non vedo ragioni per fare passi indietro: o ritenete che moltiplicare gli organismi di decisione politica aiuti questa opera? Armando Spataro nel 2013 diceva ‘ho sempre creduto che Movimento ed MD  potessero essere, se non una cosa sola, un’area (l’ “a” è volutamente minuscola) capace di aggregare e motivare la parte migliore della magistratura, a partire innanzitutto dall’azione dei nostri rappresentanti in seno al CSM. Come uscirne? Non certo con un processo, pubblico o privato, finalizzato a condannare qualcuno ed assolvere o premiare altri. Assolutamente no! Per mia esperienza – e per logica evidente – bisogna avere il coraggio e la forza di mettere ogni divergenza alle spalle e di guardarsi negli occhi, cercando di capire se ci si riconosce reciprocamente onestà.. Basta con le accuse e le risposte ….basta con le rivendicazioni e le smentite ...basta con le allusioni ad ipotetici apparati capaci di condizionare il voto dei consiglieri ….insomma basta con tutto ciò che divide !!
    Dopo ben quattro intensi anni da queste parole, dopo i passaggi importanti e difficili descritti, AREA ha saputo assumere la maiuscola, diventare corrente di pensiero e non di mera appartenenza: ci sono e ci saranno divergenze, che l’hanno attraversata, facendo emergere anche le diverse sensibilità, differenze che sono, o dovrebbero essere, ricchezza e non ragione di frattura. Le tappe disegnate nei vari documenti letti sono state percorse, tutte e in molti anni; se è vero che i cambiamenti non si impongono, è anche vero che si guidano e che si sanno fare, in alcuni momenti, i passi necessari a renderli visibili. E’ quello per cui siamo qui oggi.

    4) Ovviamente ogni deliberato può essere rivisto, e si può cambiare strada: ma allora si deve dichiarare esattamente quello che si vuole fare, dove si vuole andare.
    Si vuole discontinuità? Si deve allora avere l’onestà intellettuale di dire ‘non credo più in AREA’, perché chi dice ‘bene Area ma insieme al MOV’, ‘impegniamoci nel MOV per AREA’ alimenta una ambiguità dannosa; finisce per costruire un Tribunale con due litigiosi ‘a latere’ che ogni giorno e in tutti i modi sgomitano per andare a presiedere il Collegio. Ma poi, in concreto, se l’azione del MOV è stata finora sbagliata o va rivista in un mutato contesto, in che cosa dovrebbe cambiare, per lasciarla comunque coerente con l’azione di AREA? Chi ritiene una mera protrazione del MOV compatibile con AREA indichi cosa di diverso si dovrebbe fare rispetto a quanto fatto finora, ma al contempo come questa nuova e più forte azione del MOV non si traduca in un ostacolo per AREA: quali sono le specificità ideali e politiche del MOV che non possono svolgersi semplicemente dentro AREA, arricchendola, ma che hanno bisogno di un campo di azione proprio ?. Se male ha fatto l’attuale dirigenza a non intervenire, a lasciare il campo a MD e alle sue esternazioni individuali e identitarie, la conclusione non può che essere che anche il MOV dovrà mettersi in questa prospettiva. Dovremmo pensare a una rincorsa continua: a chi fa più interviste; a chi interviene prima e meglio su un tema; corriamo a prenotare un intervento anche del segretario del MOV al prossimo congresso ANM, a colmare un’assenza che ci è stata rimproverata; ma così facendo, torniamo di fatto alle logiche del mero cartello elettorale tra soggetti in latente concorrenza tra di loro, che nel 2005 già Nino Condorelli riteneva da superare.
    Con uno spreco di energie che francamente non possiamo permetterci: l’attività associativa è già un di più rispetto a impegni lavorativi che tutti noi viviamo appieno, consapevoli che la prima legittimazione ci viene dal come interpretiamo la nostra funzione, e non possiamo disperderne la spinta, come ci hanno anche ricordato i neoreferenti di Area dell’Emilia Romagna, nel bel messaggio di saluto di pochi giorni fa.
    E quali effetti, questa riaffermata presenza del MOV, potrebbe avere rispetto ad Area? Realmente di stimolo e di crescita? O non, piuttosto, di confusione ?
    Questa ambiguità emerge del resto anche dai numeri: che, insieme alle idee, hanno il loro peso.
    Nel 2007 eravamo  435; oggi siamo 308 di cui il 91% ha più di 50 anni; con il 35% circa di donne, contro il 70% che entra in magistratura attualmente; solo considerando i pensionamenti, tra altri dieci anni – quando chi entra ora avrà solo la seconda valutazione - saremmo in tutto 230: numeri che sono frutto veramente dell’insipienza delle ultime dirigenze politiche o, piuttosto, frutto della coerenza con i deliberati, che tutti insieme abbiamo adottato, decrescita esponenzialmente speculare alla crescita di AREA? Però, se la democrazia richiede rappresentanza e capacità di incidenza e non si risolve in rappresentazione ad uso e vantaggio degli stessi attori, e se riteniamo che questo debba ora essere fatto attraverso il MOV, dovremmo essere capaci di invertire questa tendenza all’esaurimento. Dovremmo riportare non AREA, ma il MOV in quanto soggetto distinto, alla mutata realtà della magistratura, con una ‘campagna acquisti’ che avverrebbe sostanzialmente in competizione con quella di Area. Dovremmo dire ai colleghi ‘non è che Area vada male, ma in fondo è meglio che vi iscriviate al MOV’: è questo che vogliamo fare?
    Un esempio al riguardo lo traggo dall’esperienza di Medel, formidabile sguardo sovranazionale sui diritti ma che non può essere affidato alla memoria e all’impegno dei singoli: come ho già rappresentato a Cristina Ornano e a Maria Rosaria Guglielmi, non possiamo consentire che questo impegno tramonti con il tramontare delle persone che adesso ne sono coinvolte, ma dobbiamo estenderlo. Vorrei ricordare che in questi anni ho più volte sollecitato a che all’interno del MOV ci fossero nuove forze a occuparsene: con il risultato che dal 2013 (ad eccezione di una graditissima presenza di Marcello Basilico) nessuna nuova vocazione dall’interno del MOV è pervenuta: testimone che non può essere lasciato cadere, e che deve essere Area, gradualmente, a raccogliere.    

    5) In definitiva, nessuna ‘mutata situazione’, nessuno di questi ‘fattori sopravvenuti’ a mio giudizio può giustificare arretramenti e paure: e – se riteniamo comunque prematuro lo scioglimento tout court – abbiamo una possibilità, e le risorse, per indirizzare la vita e l’attività del MOV ad altro.       E’ questa la soluzione che – insieme a Claudio Gittardi, a titolo individuale; ma anche per dare pieno sviluppo a una delle opzioni in campo - abbiamo pensato di proporre, in linea anche col rilancio on-line della rivista Giustizia Insieme un Movimento/art. 3 come attore sociale a vocazione culturale, matrice a mio ricordo molto forte agli esordi. Viene in realtà contestato che questa ne sia stata una fortissima opzione genetica: forse ricorderò male, a dimostrazione dell’invecchiamento di noi tutti o quanto meno mio, ma quello che mi colpì nel 1990, quando mi affacciavo per la prima volta in questi incontri, era l’insistito e costante dibattito… se presentarsi o meno alle elezioni o fare solo attività culturale, etica e di informazione negli uffici).
    Come realizzare questa diversa opzione ?
    Ridisegnando un diverso MOV: se non emerge chiaramente una linea autonoma e diversa da quella di AREA, insuscettibile di svolgersi al suo interno, e se veramente non si vuole entrare con essa in competizione, non può che essere eliminato il riferimento all’azione più propriamente politica; viene modificata la modalità di contribuzione; vengono inoltre eliminate le segreterie distrettuali, di fatto già largamente non operanti o ridotte ai minimi termini perché l’azione dei nostri iscritti trova attuazione nelle realtà territoriali di Area; viene ridotto il numero dei componenti del direttivo. Dunque una struttura più agile, che peraltro tiene conto di una realtà dei fatti che preesisteva all’azione di Area: secondo un disegno complessivo che a mio parere dovrebbe essere valutato tutto insieme.
    Non si tratta certo di un espediente per aggirare il numero di voti necessario allo scioglimento ma la traduzione rigorosa in dettati normativi interni, su come vorremmo agisse ora il Movimento: dunque, una soluzione diversa dallo scioglimento perchè prova a coniugare le ragioni politiche esposte e le ragioni del cuore e della memoria, che sono comprensibili e rispettabili. Non capisco invece quali dovrebbero essere le “formule solenni di impegno per scongiurare il pericolo di sovrapposizioni o di parallelismi con Area”, diverse da un deliberato esplicito di un’assemblea, che marchi un ulteriore e chiaro passo avanti in una direzione già disegnata, non rinnegando il percorso fin qui seguito.
    Cosa dovrebbe fare questo ‘Nuovo Movimento’: in via di approssimazione, posso dire che potrebbe sviluppare il dialogo con la società che ci ha sempre caratterizzati, voci di dentro con voci di fuori, secondo lo schema proprio della rivista.
    - é stata evocata l’esperienza, ricchissima, di Fiesole;
    - possiamo creare Fondazioni, o collaborare con esse, per varare - con l’avvocatura, i giornalisti, le ONLUS - specifici progetti per i diritti degli ultimi;
    - facciamo in modo che il 23/5 di ogni anno (sancito  su impulso di Medel come ‘alert day’ europeo della giustizia) porti anche l’impronta del MOV;
    - rendiamo il MOV promotore di iniziative, spettacoli, filmati destinati alle scuole e ai cittadini, che facciano vivere l’idea, la nostra idea, di giustizia.
    - aiutiamo i nostri Tribunali a creare adeguati ‘spazi di ascolto’ delle vittime di violenza
    Abbiamo risorse per fare cose importanti e significative: ed è dunque questa la proposta che, quanto meno a titolo individuale, continuo ad avanzare

    6) Alcuni hanno anticipato che non credono in questo passo, lo vedono come un avvio di eutanasia: e propongono un mero rinvio della decisione. Ma, mi chiedo e vi chiedo, se questo era il desiderio di alcuni, perché prorogare questo direttivo, che aveva questa chiaro mandato politico e che in questi mesi, congresso ANM incluso, non ha potuto che continuare a esprimere la linea della confluenza in AREA, in base alla quale era stato investito? Perché - invece di far trascorrere i mesi con crescenti recriminazioni - non raccogliere la richiesta di fare l’assemblea alla scadenza naturale dell’attuale dirigenza? Nel gennaio e marzo di quest’anno i verbali del Direttivo riportano “….che se vi fosse una diversa richiesta, di un numero anche ridotto di iscritti che volessero proporre da subito una prospettiva di discontinuità con la linea di adesione ad Area sinora seguita, si potrà comunque svolgere un’assemblea in tempi più brevi, in cui poter vagliare questa diversa istanza”.
    Mi sembra proprio che proprio chi lamenta oggi l’inidoneità della linea politica fin qui seguita, e di chi l’ha rappresentata si era fieramente opposto allo svolgimento della nostra assemblea alla scadenza del direttivo, valutandolo come una sorta di attentato alla democrazia quando, invece e molto più semplicemente, voleva essere appunto il naturale momento di verifica della nostra azione.  
    Questa dilazione, decidere oggi semplicemente di non decidere, mi sembra un passo indietro, una posizione troppo condizionata dall’imminenza dell’elezione consiliare, proiettata solo alla conta preventiva dei futuri consiglieri; una non scelta, che aumenta la confusione interna ad Area, ne diminuisce la percezione esterna come soggetto autonomo, finisce per protrarre una situazione di policentrismo decisionale che priva l’associazionismo e l’autogoverno del necessario referente politico, che invece deve essere unico, se vuole essere in grado di bilanciare spinte personalistiche o territorialistiche; di correggere ogni deviazione, reale o presunta tale, dai nostri valori.

    7) I valori, appunto. Suonerà frequente, immagino, il richiamo ai valori del MOV: forse anche ai valori traditi. Ma vi chiedo di riflettere attentamente e senza pregiudizi sul come si tutelano realmente questi valori, se affermando che essi hanno bisogno ancora di un terreno recintato e protetto, ovvero se possano essere proiettati in campo aperto e nel futuro, attraverso un soggetto in cui finora abbiamo dichiarato di credere, che abbiamo costruito e che di questi nostri valori è ormai profondamente permeato.
    ---------------
    Un grazie, lo voglio rivolgere a Daniela Troja, Paola Ghinoy, Donatella Salari, Maria Teresa Gentile, Morena Plazzi, Paolo Carfì, Gianni Caria, Giovanni Liberati, Giuseppe Sepe; ad Annarita Mantini e Rocco Alfano, generosi tre anni fa nel mettersi comunque a disposizione: sono stati compagni di un viaggio importante e difficile, affrontato insieme anche talvolta nella diversità. Grazie a Luca Ramacci e a tutto il Comitato di Redazione della Rivista, creatura rinata; a Nicola Di Grazia, che insieme a Paola Filippi fino alla fine ha supportato e sopportato un compito particolarmente ingrato, quello della gestione economica e delle iscrizioni.
    Grazie, ai consiglieri e ai componenti del CDC, compagni di tanti incontri, di alcuni scontri, svolti sempre con lealtà e rispetto, nella consapevolezza delle rispettive difficoltà.
    Un abbraccio speciale va al mio ‘gemello diverso’, a Claudio Gittardi: con il quale abbiamo condiviso progetti, preoccupazioni, ore e ore di colloqui, che mi mancheranno.
    Un grazie a tutti voi, qualunque siano le determinazioni che oggi assumerete, per averci chiamati a una sfida difficile: prova che personalmente mi ha restituito la voglia di agire, perchè questa magistratura ‘con la schiena dritta’ che ci è cara non rimanga confinata ai ricordi ma viva nelle future generazioni. 

    Carlo SABATINI

    Segretario Generale

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