La non convalida dell'arresto. Brevi note di Giorgio Spangher
Con la sentenza n. 112 della III Sezione la Cassazione ha affrontato il ricorso del procuratore della repubblica del Tribunale di Agrigento per l’annullamento del provvedimento del gip del Tribunale di Agrigento che non ha convalidato l’arresto in flagranza di C.R. effettuato dalla Guardia di Finanza per i reati di cui agli artt. 1100 cod. nav. e 337 c.p.
La grande risonanza del tema impone di considerare in termini problematici la questione soprattutto nel suo profilo di maggior interesse: le condizioni in presenza delle quali la p.g. può procedere all’arresto in flagranza ed i poteri al riguardo conferiti al giudice in sede di convalida.
Va subito detto, sotto questo profilo, che la Cassazione fa propria una tesi in ordine alla quale non mancano anche indicazioni contrarie nella giurisprudenza della Cassazione.
Il punto di partenza attiene al tipo di valutazione che il giudice deve fare per valutare l’attività della p.g.; al riguardo, deve porsi nelle condizioni della p.g. al momento in cui ha effettuato l’arresto.
Sul punto, Cass. 29.9.2000, Mates Ion, Riv. pen. 2001, 862; nonché Cass. 4.4.2006, p.m. in c. Oprea, Riv. pen. 2007, 454; ed altre hanno affermato che in tema di convalida dell’arresto facoltativo in flagranza, ferma la necessità della verifica dei requisiti formali, il giudice della convalida deve operare rispetto ai presupposti sostanziali della stessa (gravità del fatto e personalità dell’arrestato) un controllo di mera ragionevolezza per il quale deve porsi nella stessa situazione in cui ha operato la p.g. e verificare, sulla base degli elementi in tale momento conosciuti e conoscibili, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità alla medesima p.g. riconosciuta e pertanto se trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza però poter sostituire ad un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione (fattispecie in cui è stata ritenuta ragionevolmente motivata la convalida dell’arresto di un soggetto privo di documenti e senza fissa dimora sorpreso a rubare in un supermercato, quanto meno al fine di procedere ad ulteriori accertamenti sull’identità personale e sull’esistenza di precedenti penali).
V. anche Cass. 28.9.2005, p.m. in c. Sorgia, Guida dir. 2006, f. 11, 98, con cui si è affermato che il controllo sulla legittimità dell’operato della p.g. va effettuato sulla base del criterio di ragionevolezza, ovvero dell’uso ragionevole del potere discrezionale riservato alla p.g. e solo quando ravvisi un eccesso o un malgoverno di tale discrezionalità il giudice può negare la convalida, fornendo in proposito adeguata motivazione senza poter sostituire a un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione. In tema di convalida dell’arresto (art. 391 c. 4), il giudice ha l’obbligo di: a) verificare l’osservanza dei termini previsti dagli artt. 386 c. 3 e 390 c. 1 (verifica meramente formale); b) controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto secondo gli artt. 380, 381 e 382, ossia se ricorrono gli estremi della flagranza e se sia configurabile, con riferimento al caso specifico, una delle ipotesi criminose che impongono o consentono l’arresto (fumus commissi delicti); c) valutare la legittimità dell’operato della p.g. sulla base di un controllo di ragionevolezza dell’arresto stesso, in relazione allo stato di flagranza e all’ipotizzabilità di uno dei reati di cui agli artt. 380 e 381. Tale ultimo controllo, peraltro, non può riguardare l’aspetto della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, riservato ex art. 391 c. 5 in combinato disposto con gli artt. 273 e 274, all’applicabilità di taluna delle misure cautelari coercitive, e non può sconfinare in un apprezzamento riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito (Cass. 12.12.2007, Fiorenza, Guida dir. 2008, f. 9, 69). Conf. Cass. 24.11.10, p.m. in c. Aladie, ivi 2011, f. 13, 71.
In altri termini il giudice non può sostituire la sua valutazione a quella della p.g., ma solo verificare se essa abbia violato i limiti della discrezionalità che in quella fase è attribuita alla p.g. che si differenzia dai poteri e dalla valutazione che il giudice deve fare quando applica una misura cautelare.
Sulla base di questa premessa vanno considerate le disposizioni di cui all’art. 385 ove si prevede il divieto di arresto o di fermo in determinate circostanze e si precisa che l’arresto è escluso quando, tenendo conto delle circostanze di fatto, appare che questo è stato compiuto in presenza di una scriminante o per una causa di non punibilità.
Al riguardo, Cass. 16.1.2017, Iattarulo, CED 269428 e Cass. 28.9.2004, p.m. in c. Flosco, CED 230044, fanno riferimento ad una manifestazione chiara, ovvero ad uno stato che si sia manifestato in modo chiaro all’agente.
Del resto, l’art. 389 c.p.p. precisa che la liberazione è disposta dal p.m. nel caso in cui risulti evidente che l’arresto … è stato eseguito fuori dai casi previsti dalla legge.
In altri termini, appare necessario evitare di sovrapporre il giudizio ex post con la posizione ex ante nella quale ha agito la p.g., configurandosi situazioni diversificate. Come emerge dalla diversità dei provvedimenti che il giudice della convalida è chiamato ad effettuare – convalida ed eventuale ordinanza cautelare – e dalla diversità dei rimedi apprestati nei confronti dei due provvedimenti.
Si consideri altresì che la convalida si rende necessaria anche se il soggetto fosse stato liberato, ovvero se il p.m. non dovesse chiedere una misura cautelare e che la convalida è possibile anche quando il giudice non accolta la richiesta di misura cautelare.