La riforma del processo penale: un compromesso al ribasso di Giorgio Spangher
Il Ministro della Giustizia ha reso noto lo schema di legge delega sulla riforma del processo penale che nei prossimi giorni dovrebbe approdare al Consiglio dei Ministri per iniziare poi l’inter parlamentare.
Com’è noto, la riforma si è resa “politicamente” necessaria in quanto collegata all’introduzione della nuova disciplina della prescrizione che la l. n. 3 del 2019 fissa al 1° gennaio 2020. E’, peraltro, problematico il rispetto di questo termine (politico) in considerazione del fatto che la scadenza della delega è fissata ad un anno dalla sua approvazione e dei “ritardi” che la stessa delega ha già avuto stante le difficoltà sorte tra i partners di Governo.
E’ noto infatti che l’ipotizzata depenalizzazione (ridefinita rimodulazione del sistema sanzionatorio per alcune contravvenzioni) ed il patteggiamento “extra-large” non hanno superato la verifica politica.
L’obiettivo della riforma doveva essere costituito dalla volontà di realizzare un processo di durata ragionevole, secondo le indicazioni della normativa costituzionale e sovranazionale.
Il punto di criticità del sistema, com’è noto, è costituito soprattutto, ma non solo, dalla durata delle indagini preliminari.
Al di là dei più o meno sofisticati meccanismi con i quali le procure dilatano i termini di indagine, la riforma intenderebbe intervenire più che sui tempi delle indagini, sui cd. tempi morti.
A tal fine, conservando in qualche modo l’attuale tempistica legata alla gravità del reato (sei mesi, più sei mesi di possibile proroga; un anno più sei mesi di possibile proroga; diciotto mesi più sei mesi di possibile proroga), si prevede come anticipato la possibilità di una sola proroga (di cui non sono precisati i presupposti ed i percorsi procedurali); tre, cinque e quindici mesi per il deposito ex art. 415 bis cpp; trenta giorni dalla domanda dell’imputato o della persona offesa entro i quali il pm depositi o la richiesta di archiviazione o quella di rinvio a giudizio. La violazione di questi adempimenti è sanzionata con la procedura disciplinare.
Al fine di rendere più trasparente ed uniforme lo svolgimento delle indagini, il pm, sentito il procuratore generale e il presidente del tribunale fisserà dei criteri di priorità nell’attività di investigazione, tenuto conto delle risorse e della criminalità presente nel territorio, da inserire nel modello organizzativo dell’ufficio redatto secondo i principi fissati dal CSM.
Al fine di decongestionare i carichi giudiziari dell’udienza preliminare e del dibattimento, lo schema di delega riforma le regole di giudizio delll’archiviazione, della sentenza di non luogo e del rito abbreviato condizionato.
Superando le logiche prognostiche ci si orienta per valutazioni di natura fattuale.
Si prevede così che il pm non eserciti l’azione penale nei casi in cui gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentano, anche se confermati in giudizio, l’accoglimento della prospettazione accusatoria; in termini omogenei è fissato il criterio al quale il gip/gup dovrà attenersi nell’orientarsi per il rinvio a giudizio. Al fine di assecondare l’ampliata possibilità che siano pronunciate decisioni di non luogo, la sentenza potrà contenere una essenziale motivazione degli elementi di fatto e di diritto.
Quanto al rito abbreviato condizionato la prova di cui si chiede l’assunzione dovrà avere il carattere della rilevanza, novità, specificità, non sovrabbondanza.
Restano marginali le altre modifiche alla disciplina dei riti speciali: la richiesta del pm di decreto penale potrà essere formulata entro un anno (e non più sei mesi) dall’iscrizione nel registro ex art. 335 cpp; a seguito del rigetto di un rito premiale nel giudizio immediato potrà essere formulata la richiesta per l’altro rito premiale (abbreviato e/ patteggiamento).
Le preventivate novità della fase del giudizio si sostanziano nella fissazione di un calendario di udienza in prosecuzione, qualora il dibattimento non si chiuda nella prima e che la consulenza e le perizie siano depositate con congruo anticipo rispetto all’udienza ad esse dedicate.
Al fine di consentire un adeguato filtro al rito monocratico non preceduto dall’udienza preliminare, trova collocazione una inedita udienza predibattimentale che potrà essere definita con una sentenza di non luogo che sarà celebrata da un giudice diverso da quello davanti al quale si terrà il dibattimento; sono tutti da definire i contorni di questa udienza, i rapporti con la fase predibattimentale e l’eventuale inserimento dei riti speciali.
Per quanto attiene al giudizio d’appello la logica della semplificazione è ancorata all’inappellabilità della sentenza di proscioglimento e di non luogo a procedere per i reati puniti con la pena pecuniaria o alternativa, eccettuate le ipotesi di cui agli artt. 590, comma 2 e 3, 590 sexies e 604 bis comma 1 c.p.; e della sentenza di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità; nonché alla celebrazione di udienze camerali non partecipate che non richiedano la rinnovazione probatoria.
La vera novità è costituita dalla monocraticità in appello delle sentenze emesse dal giudice monocratico, escluse le ipotesi di cui all’art. 550, comma 2 e-bis, f, g, cpp.
Si tratta del sostanziale recepimento di prassi invalse informalmente e di fatto in molte realtà giudiziarie con il reciproco silenzio / assenso dei giudici e delle parti.
5.In rapida sintesi sono altresì previste ulteriori modifiche tese solo alla razionalizzazione della materia: con riferimento al regime della procedibilità si prevede che il disinteresse della persona offesa connesso alla mancata ingiustificata partecipazione all’udienza equivalga a remissione totale della querela; che l’atto di querela contenga l’indicazione e l’elezione di domicilio; che per le lesioni personali stradali sia necessaria la proposizione della querela.
In ossequio a quanto deciso in sede sovranazionale l’atto di perquisizione sarà impugnabile indipendentemente dall’eventuale sequestro.
E’ fissato in € 180 l’importo per la conversione della pena detentiva in pecuniaria.
Un profilo non secondario della ipotizzata riforma riguarda il regime delle notificazioni. Si prevede che dopo la prima notifica effettuata all’imputato non detenuto, le successive siano effettuate al difensore di fiducia al quale l’imputato indicherà anche l’eventuale luogo delle successive notifiche, fermo restando che non è professionalmente inadempimento l’omessa o ritardata comunicazione all’assistito per fatto imputabile a quest’ultimo.
Volendo tentare una prima sommaria riflessione di sintesi si deve riconoscere che – per non scontentare la magistratura e l’avvocatura – la ipotizzata riforma, certamente non dannosa, è inadeguata al fine prefissato.
Ci si affida, ai soliti strumenti di semplificazione e di decongestionamento, senza incidere sui profili strutturali, anche con la previsione di incisivi strumenti di depenalizzazione e premiali.
Non si riesce a cogliere il nesso culturale e sistematico della delega con la disciplina della prescrizione di cui, invece, la riforma doveva costituire il presupposto strutturale e giustificativo.
Manca soprattutto, peraltro, nella l. n. 3 del 2019, a differenza della l. n. 103 del 2017, la individuazione di tempi – ancorchè modulabili – entro i quali celebrare i giudizi di impugnazione che sarebbero, altresì, funzionali ad una generale durata ragionevole del processo.