Nota redazionale
Esiste nel processo penale una regola di fede privilegiata degli atti pubblici da smentire con querela di falso?
E’ ipotizzabile l’aggravante della “fidefacenza”, ex art. 476 secondo comma cod. pen., con riferimento all’atto di indagine falso della polizia giudiziaria?
La sesta Sezione della Cassazione, pronunciandosi in tema di atti di indagine della polizia giudiziaria, ha affermato che non esistono nel processo penale atti forniti di fede privilegiata fino a querela di falso.
Si giunge a tale conclusione in base alla considerazione che la querela di falso del cod. civ. del 1942 e del cod. proc. civ del 1940 non ha mai riguardato la materia penale; che nel codice penale del 1930 esisteva lo specifico incidente di falso ex art. 215 e ss. da utilizzare per gli atti del processo, non riprodotto dal codice del 1988; che non è prevista nel processo penale specifica pregiudiziale civile.
A ciò si aggiunga la considerazione che la natura di atto che “fa fede fino a querela di falso”, con riferimento all’accertamento penale, è esclusa, non solo in ragione della mancanza di previsione normativa che assegni potestà documentatrice alla polizia giudiziaria ma altresì in quanto una simile previsione sarebbe in contrasto con il sistema.
E’ smentita ogni affermazione di segno contrario dal principio dell’oralità del dibattimento nonché dal principio – di rango costituzionale - della parità delle armi che permane anche nel rito dell’alternativa inquisitoria.
Sotto altro profilo, logica conseguenza che si trae dalla rilevata insussistenza del connotato di atto che fa fede fino a querela di falso è la non configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 476, secondo comma, cod. pen. alla falsità ideologica commessa dalla polizia giudiziaria negli atti di indagine (rapporti, informative, verbali etc.).
La costante affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di reato di falso ideologico in atto pubblico, affinché sia configurabile la circostanza aggravante prevista dall'art. 476, comma 2, cod. pen., sono documenti dotati di fede privilegiata solo quelli emessi dal pubblico ufficiale investito di una speciale potestà documentatrice, attribuita da una legge o da norme regolamentari, anche interne, ovvero desumibili dal sistema, in forza della quale l'atto assume una presunzione di verità assoluta, ossia di massima certezza eliminabile solo con l'accoglimento della querela di falso o con sentenza penale” (ex plurimis Sez. 6 n. 35219/2017), con riferimento ai verbali della polizia giudiziaria, va dunque senz’altro orientata alla luce della rilevata inammissibilità nel processo penale –governato, si ribadisce, dal principio dell’oralità e della parità delle armi- , nel senso dell’esclusione di caratteri di privilegio probatorio ai verbali redatti dalla polizia giudiziaria, con conseguente non configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 476, comma secondo, cod. pen. nell’ipotesi di falsità dell’atto.