Ragionevole previsione di condanna e giustizia predittiva: una modesta proposta per la riforma dell’art.425 c.p.p.
di Cataldo Intrieri e Luigi Viola
“È un dovere di trasparenza verso i cittadini
comunicare in maniera chiara i dati
che alimentano certe decisioni
e il loro impatto qualitativo e quantitativo;
è un dovere verso i cittadini
e un impegno di democrazia,
che nel tempo rinsalda
la fiducia reciproca
tra istituzioni e cittadinanza:
la fiducia, un bene
di cui c’è immenso bisogno.”
(Marta Cartabia)
Ridurre i tempi del processo penale, senza rinunciare a fondamentali garanzie, e alleggerirne il carico individuando possibili alternative al processo e alla pena carceraria. Queste, in estrema sintesi, le macro-direttrici di fondo dell’articolata riforma. Sin dal varo del nuovo codice di procedura l’introduzione dell’udienza preliminare ha costituito uno degli snodi fondamentali da cui sarebbe dipeso il funzionamento efficiente della nuova procedura. La presente riflessione vuole essere una prima sintesi sui possibili impieghi della giustizia predittiva proprio in funzione di un’utile riforma dell’udienza preliminare, giacché il senso di una “ragionevole previsione” porta con sé un criterio di valutazione necessariamente probabilistico, legato al criterio del “più probabile che non” come parametro di giudizio preliminare a fronte dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio” del giudizio propriamente definitivo del merito.
Sommario: 1. Introduzione - 2. La “nuova” udienza preliminare - 3. Ragionevolezza e logica - 4. Ragionamento e condanna - 5. Previsione - 6. Giustizia predittiva induttiva - 7. Giustizia predittiva deduttiva - 8. Esempi concreti - 9. Conclusioni.
1. Introduzione
Il filo rosso che attraversa i vari punti della riforma Cartabia sul processo penale è rappresentato dalla riduzione del tempi della giustizia; un obiettivo che la riforma persegue non solo incidendo sulle norme del processo penale, ma anche con interventi sul sistema penale – come quelli relativi alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, alla sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, e alle sanzioni (rectius, pene) sostitutive delle pene detentive brevi – capaci di produrre significativi effetti di deflazione processuale. Anche le previsioni in tema di giustizia riparativa condividono la medesima finalità, che accomuna anche le disposizioni civilistiche in tema di mediazione e modalità alternative di soluzione dei conflitti, oggetto del parallelo disegno di legge di riforma del processo civile.
Ridurre i tempi del processo penale, senza rinunciare a fondamentali garanzie, e alleggerirne il carico individuando possibili alternative al processo e alla pena carceraria. Queste, in estrema sintesi, le macro-direttrici di fondo dell’articolata riforma.
Sin dal varo del nuovo codice di procedura l’introduzione dell’udienza preliminare ha costituito uno degli snodi fondamentali da cui sarebbe dipesa il funzionamento efficiente della nuova procedura.
La realtà è stata ben diversa e tolti i casi di scelta da parte dell’imputato dei riti alternativi la funzione di filtro che il giudice dell’udienza preliminare avrebbe dovuto svolgere si è ridotta a ben poca cosa.
Ha impedito sino ad oggi una diversa e migliore destinazione il timore radicato della introduzione di una sorta di quarto grado di giudizio che tuttavia ha finito per deresponsabilizzare il Gup inducendo ad una gestione pigra e burocratica, quanto sostanzialmente inutile dell’istituto.
La legge delega sulla riforma del codice di procedura penale tra le molte ambizioni nutre anche quella di ridisegnare l’udienza preliminare, ancorando il rinvio a giudizio al concetto di “ragionevole previsione della condanna”.
La formula evoca uno dei grandi e più discussi temi della modernità: il modello algoritmico della giustizia predittiva.
Sino ad oggi il dibattito è rimasto confinato alla materia civilistica ma il diffondersi della “cultura del precedente” e dell’interpretazione come fonte del diritto impone una riflessione anche nel campo del diritto penale, superando vecchie preclusioni.
Lo impone essenzialmente un concetto che è entrato a far parte del lessico giuridico negli ultimi anni come essenza di un nuovo principio di stretta legalità: la prevedibilità dell’interpretazione della norma.
La presente riflessione vuole essere una prima sintesi sui possibili impieghi della giustizia predittiva proprio in funzione di un utile riforma dell’udienza preliminare, giacché il senso di una “ragionevole previsione” porta con sé un criterio di valutazione necessariamente probabilistico, legato al criterio del “più probabile che non” come parametro di giudizio preliminare a fronte dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio” del giudizio propriamente definitivo del merito.
2. La “nuova” udienza preliminare
La riforma Cartabia prevede sul versante penale, all’art. 1 comma 9 lett. m) della legge delega, di modificare:
“la regola di giudizio di cui all’articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale nel senso di prevedere che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna”.
Viene creato un sistema alternativo condizionato:
- se gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna, allora il giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere;
- se gli elementi acquisiti consentono una ragionevole previsione di condanna, allora il giudice deve pronunciare sentenza di luogo a procedere.
L’alternativa è condizionata dalla presenza di una “ragionevole previsione di condanna”.
Si pone, però, un problema interpretativo: come va intesa la ragionevole previsione di condanna? E soprattutto: come si può prevedere ragionevolmente una condanna?
La domanda è legittima visto che si tratta di prevedere ex ante quello che accadrà in futuro.
Invero va rilevato che l’inciso “ragionevole previsione di condanna” è similare all’inciso “ragionevole probabilità di essere accolta” di cui all’art. 348 bis c.p.c.; quest’ultima è stata letta dalla giurisprudenza[1] nel senso di non manifesta infondatezza.
Tuttavia, tale similitudine normativa non può implicare anche un significato equivalente per la ragione che le regole interpretative utilizzabili nel diritto civile di cui all’art. 12 preleggi non sono estensibili anche al diritto penale ex art. 14 preleggi.
3. Ragionevolezza e logica
La ragionevolezza riguarda l’obbligo di decidere in modo razionale; ciò che è razionale è logico e la logica obbedisce a tre principi:
- identità secondo cui[2] ogni cosa è uguale a sé stessa (A=A), id est una cosa non può essere nello stesso tempo A e non-A;
- non contraddizione secondo cui data una o più premessa, la conseguenza che ne deriva non può essere in contraddizione;
- tertium non datur secondo cui dato un sistema dicotomico la proprosizione è vera oppure falsa (p e ¬p) non essendo concepibili altre ipotesi.
La previsione di condanna, di cui al nuovo art. 425 comma 3, dovrebbe allinearsi a detti principi per essere razionale.
4. Ragionamento e condanna
Si può dire che il provvedimento giudiziario procede alla sussunzione del fatto nel diritto
PG : F ---> D (letto come il provvedimento giudiziario manda il fatto nel diritto[3]).
Eppure fatto e diritto sono semplificazioni perché:
- il primo rileva nel processo solo in quanto provato, per cui per fatto deve intendersi solo quello provato;
- il secondo esiste per come viene interpretato, per cui per diritto deve intendersi l’interpretazione
Poniamo il seguente esempio:
Tizio prende a schiaffi Caio, cagionandogli lesioni: questo è un fatto F.
Per farne derivare una condanna, tale fatto dovrà essere provato in sede giudiziaria, ottenendo in concreto un provvedimento (sentenza) verso Tizio di condanna per lesione ex art. 582 c.p.
Il giudice scriverà il provvedimento giudiziario PG con cui, accertato il fatto F, lo manderà nell’art. 582 c.p. che è il diritto D.
Quanto appena esposto è in linea con il sillogismo aritotelico, che anima la decisione del giudice: per ottenersi una sentenza PG, bisogna mandare la premessa minore, che è appunto il fatto F, nella premessa maggiore che è la legge D.
5. Previsione
Ciò precisato, il nuovo art. 425 comma 3 c.p.p. menziona la “previsione”; come è possibile prevedere una condanna?
La prevedibilità si basa solitamente sull’analisi delle serie storiche[4], sul presupposto che ciò che è accaduto in passato potrebbe accadere in futuro.
La materia oggi è ampiamente studiata con il nome di Giustizia predittiva: questa riguarda la possibilità di prevedere l’esito di sentenze[5], attraverso calcoli matematici e nuove tecnologie.
Diverse Corti di Appello se ne stanno occupando (Bari è stata la prima, a cui si sono aggiunte Brescia, Venezia, Genova ed altre).
Sono utilizzabili due modelli:
- uno induttivo, basato principalmente sulla giurisprudenza precedente;
- l’altro deduttivo, basato principalmente sull’applicazione della legge.
6. Giustizia predittiva induttiva
Il tema della giustizia predittiva viene oggi sviluppato, in misura prevalente, seguendo un’impostazione statistica-giurisprudenziale: si verificano i precedenti giurisprudenziali ed in base a questi si prevedono le decisioni future.
Esemplificativamente: se dieci sentenze su cento precedenti dicono che nel caso x si applica y, allora ci sarà il 10% di possibilità che in futuro il giudice a parità di fatto x si orienterà su y.
6.1. Criticità
L’impostazione di giustizia predittiva induttiva presenta alcune criticità:
- l’impostazione basata su meri calcoli statistici dei precedenti giurisprudenziali ha una portata limitata ai soli casi in cui ci siano numerosi precedenti, così da escludersi i casi più complessi relativi alle novità normative, non ancora oggetto di stratificati orientamenti giurisprudenziali;
-non è in linea con il nostro sistema che è di civil law e non common law, con la conseguenza che qualsiasi giudice può legittimamente discostarsi da un precedente;
- vi è un alto rischio di fallacia in quanto la ripetizione dell’errore non diviene correttezza, in ambito scientifico; se, esemplificativamente, un errore giurisprudenziale è ripetuto tante volte, non diviene, per ciò solo, non errore; dunque, se una sentenza è errata, allora vi è il rischio che venga seguita solo perché precedente[6] giurisprudenziale;
- altresì vi sarebbe il rischio di standardizzazione; difatti, se si ritiene che una causa abbia un basso livello di successo perché contraria a molti precedenti[7], allora nessuno proporrà tale causa, con la conseguenza di frustrare la spinta naturalistica all’evoluzione del diritto;
- la predizione di una sentenza fallisce se si basa sui precedenti per la semplice ragione che questi, sotto il profilo numerico[8], non vengono tenuti conto nella decisione finale; ad esempio, in sede di decisione collegiale a Sezioni Unite, non assume rilevanza il numero di precedenti a favore o contro una soluzione, ma unicamente la correttezza degli argomenti esposti pro e contro.
6.2. L’esempio di Russell
L’impostazione induttiva è stata in passato criticata, anche per il tramite dell’esempio che segue.
Russell[9], per esempio, avvertiva del rischio dei modelli induttivi e poneva il seguente esempio: immaginate di essere un tacchino, che ogni giorno viene alimentato dal proprietario; ebbene, il tacchino penserà che in futuro verrà ancora alimentato e che il proprietario è buono, ma arriva il giorno del Ringraziamento ed il tacchino viene ucciso; il fatto narrato dimostra che la previsione c.d. induttiva, basata solo sui precedenti, è fisiologicamente fallace.
7. Giustizia predittiva deduttiva
Un altro modello di giustizia predittiva è quello di tipo deduttivo; questo appare tecnicamente più corretto in quanto si basa sull’applicazione della legge, che vale erga omnes, e non sull’applicazione del precedente giudiziario che è avvinto dai limiti del giudicato.
Il giudice, in un sistema di civil law come il nostro, è tenuto ad applicare la legge ex art. 101 Cost. e non il precedente giurisprudenziale (fatte pochissime eccezioni).
Applicare il sistema di giustizia predittiva deduttiva vuol dire prevedere come il giudice applicherà la legge alla luce della legge stessa, per il tramite della valorizzazione delle regole interpretative ex artt. 12-14 preleggi.
La differenza tra sistema deduttivo ed induttivo è significativa; a dimostrazione di ciò si pongono alcuni esempi.
Facciamo un esempio basato sul c.d. sillogismo aristotelico:
a) tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore); b) Socrate è un uomo (premessa minore); c) Socrate è mortale (conclusione).
La conclusione appena esposta si basa sul metodo deduttivo[10]; è priva di vizi logici; è in linea con il nostro sistema di civil law (regola – fatto - effetto ovvero sentenza).
Ora, restando sullo stesso esempio, proviamo ad invertire l’ordine:
a) Socrate è mortale (conclusione); b) Socrate è un uomo (premessa minore); c) tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore).
Quanto appena esposto si basa sul metodo induttivo; presenta almeno un vizio logico (c.d. fallacia) perché generalizza (premessa maggiore) partendo da una conclusione ed, infatti, che Socrate sia mortale e sia un uomo non implica necessariamente che tutti gli uomini siano mortali; tuttavia, è in linea con il sistema di common law (effetto ovvero sentenza – fatto – regola).
Facciamo un altro esempio:
a. La legge è uguale per tutti i cittadini di cui all’art. 3 Cost. (premessa maggiore)
b. Tizio e Caia sono cittadini (premessa minore)
c. Tizio e Caia sono uguali di fronte alla legge (conclusione).
Anche in questo caso si è utilizzato il metodo deduttivo, che è privo di vizi logici: la conclusione è la diretta conseguenza delle premesse.
Ora, di nuovo, restando sullo stesso esempio, proviamo ad invertire l’ordine (metodo induttivo):
a. Tizio e Caia sono uguali di fronte alla legge (conclusione);
b. Tizio e Caia sono cittadini (premessa minore)
c. La legge è uguale per tutti i cittadini (premessa maggiore).
Quanto appena detto è viziato (c.d. fallacia) perché generalizza singoli casi; infatti: che Tizio e Caia siano uguali di fronte alla legge, non implica necessariamente che tutti siano uguali di fronte la legge.
8. Esempi concreti
Poniamo il caso che segue.
Tizia guidava l’auto Y, trasportando il convivente da diversi anni Tizio; purtroppo, Tizia causava un incidente, investendo il passante Caio, che subiva gravi ferite e la perdita della gamba destra. Tizia scappava subito, omettendo ogni soccorso. Sopraggiunti i carabinieri, Tizio si dichiarava alla guida dell’auto Y, al fine di favorire la posizione di Tizia che aveva guidato senza patente, perché revocata, e non aveva prestato i soccorsi.
Ai fini dell’art. 425, comma 3, c.p.p., si pone il problema di capire se Tizio ha una “ragionevole probabilità di condanna” per favoreggiamento personale ex art. 378 c.p., oppure se questa non sussista in ragione dell’estensione al convivente della causa di non punibilità dell’art. 384 c.p.
Sul punto è intervenuta una recente pronuncia delle SU che ha innovato un radicato indirizzo che tendeva ad escludere l’equiparazione tra convivente e coniuge.[11]
Ora proviamo ad usare i metodi, induttivo e deduttivo, esposti:
- se applichiamo quello induttivo, allora bisognerà verificare quante sentenze (almeno nomofilattiche) in percentuale hanno applicato l’art. 384 c.p. in un caso simile; ammettendo che queste saranno in netta maggioranza in ragione del rilievo della sentenza delle SU allora “gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna”, così da doversi pronunciare sentenza di non luogo a procedere[12];
- se applichiamo quello deduttivo, più legato alla lettera della legge, allora si tenderebbe a negare l’applicabilità dell’art. 384 c.p., in quanto riferito al “prossimo congiunto” diversamente dal caso de quo dove appare un convivente; con la conseguenza che gli elementi acquisiti consentirebbero una ragionevole previsione di condanna, così da dover disporre il rinvio a giudizio.
In tal senso va ricordato che la Corte Costituzionale con più sentenze ha escluso ogni lesione dei profili di uguaglianza e proporzionalità nel diverso trattamento delle due situazioni di legame.[13]
Il ragionamento che impone una previsione è necessariamente probabilistico, tendenzialmente ancorato al criterio del più probabile che non secondo la formula P(c) > 50% (probabilità P di condanna C maggiore del 50%).In un caso del genere il giudice dell’udienza preliminare, nello spirito della nuova riforma, si troverà di fronte al dilemma se applicare la soluzione che a lui sembra più convincente ( che può non coincidere con la soluzione offerta ) o a quella più probabile.
La lettera della legge gli impone questo tipo di valutazione per cui il ricorso a strumenti statistici ed algoritmi fornirebbe il responso più rispondente all’impostazione del legislatore.
9. Conclusioni
In definitiva, si ritiene che - per correttamente utilizzare l’art. 425 comma 3 c.p.p., come novellato - sarà necessario utilizzare modelli di giustizia predittiva, cercando una sintesi tra quello deduttivo e quello induttivo.
Il tentativo di applicare criteri di calcolo matematico-frequenziali ai processi penali è risalente ed ha trovato, specie in Italia una insuperabile opposizione eloquentemente sintetizzata nel caposaldo della nota sentenza delle SU Franzese[14] che quest’anno festeggia il ventennale di una assoluta irremovibilità.
Non sono mancati invero coraggiosi tentativi di innovazione e di introduzione di ciò che viene definito “neo-bayanesimo “ giuridico in omaggio al noto teorema statistico.[15]
Correttamente è stato evidenziato come l’adozione di tale modello non risolverebbe in chiave di maggior certezza il tema di una decisione fatalmente legata a criteri di elevata probabilità. [16]
Eppure forse è tempo di superare vecchie preclusioni: una opportuna sintesi tra diverse visioni può essere la chiave di volta di una non più rinviabile riforma dell’udienza preliminare.
Nella recente relazione al Parlamento il Guardasigilli ha dato notizia dell’istituzione del “Dipartimento per la transizione digitale e statistica” affiancato al nuovo e ben noto Ufficio del Processo cui “saranno affidati, tra l’altro, la gestione dei processi e delle risorse connessi alle tecnologie dell’informazione, della comunicazione e della innovazione; la gestione della raccolta, organizzazione e analisi dei dati relativi a tutti i servizi connessi all’amministrazione della giustizia”.
È significativo (e costituisce per chi scrive il miglior commento a questa riflessione) che il Ministro Cartabia sottolinei come “indispensabile, anche nel settore della giustizia, sviluppare politiche pubbliche fondate sul dato e sulla sua trasparenza e costantemente verificate sulla base dell’esperienza statisticamente elaborata. Partire dai dati è essenziale per scongiurare il rischio di interventi ad impronta emozionale, improvvisati e inadeguati ai bisogni e alla loro dimensione effettiva”.
[1] Si legge in Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 2.02.2016, n. 1914, in Giur. It., 2016, 6, 1371 con nota di CARRATTA che “Merita inoltre particolare attenzione l'art. 348 ter c.p.c., comma 1 laddove si precisa che l'ordinanza in questione non può essere pronunciata se non "fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello" e quando l'impugnazione non ha "una ragionevole probabilità di essere accolta", cosi chiaramente limitando l'ambito applicativo dell'ordinanza medesima a quello dell'impugnazione manifestamente infondata nel merito”.
[2] In voce Principio di identità, in Enciclopedia del Diritto Treccani, in Treccani.it, 2009.
[3] Sia consentito il rinvio a VIOLA, Valutazione delle prove secondo prudente apprezzamento, Milano, 2021, 41.
[4] In voce Prevedibilità, in Enciclopedia del Diritto Treccani, in Treccani.it, 2012.
[5] In voce Giustizia predittiva, in Enciclopedia del Diritto Treccani, in Treccani.it, 2012.
[6] Sono molto interessanti le osservazioni di VALITUTTI, Il valore vincolante del precedente di legittimità. La Corte di Cassazione tra nomofilachia e nomopoietica, in La Nuova procedura Civile, 6, 2017, secondo cui “il ruolo della Cassazione è anche nopoietico, ossia creativo, in quanto produce il diritto concreto, con aderenza allo specifico contesto fattuale e seguendo il mutamento della società e delle esigenze di tutela che si muovono nel fondo di essa, un diritto che troverà applicazione in una molteplicità indeterminata di casi, ma sempre nei limiti della norma, sia pure nella sua massima potenzialità espressiva ed applicativa”.
[7] Si legge in CURZIO, Il giudice ed il precedente, in Questione Giustizia, 2018, 4, 43, che “gli sviluppi normativi dell’ultimo decennio appaiono orientati ad incrementare il peso del precedente in generale e dei precedenti delle sezioni unite in particolare. Questo spostamento non giunge mai ad intaccare il principio della soggezione del giudice solo alla legge. Non si prevedono meccanismi di caducazione del provvedimento giudiziario emesso in contrasto con un precedente, neanche nel caso in cui il precedente sia della sezioni unite. Vengono garantiti il dissenso e l’evoluzione della giurisprudenza, la correzione, il ripensamento o l’innovazione dei suoi orientamenti. Ma dissenso e cambiamento devono seguire percorsi predeterminati dall’ordinamento; devono essere motivati e fondati su elementi idonei a giustificare il mutamento di indirizzo: elementi così convincenti da far prevalere le ragioni del cambiamento rispetto alla tutela dell’affidamento ed al diritto dei cittadini ad essere uguali dinanzi all’interpretazione della legge, ad avere un uguale trattamento giurisdizionale. Il bilanciamento e il contemperamento di questi valori, è rimesso dal legislatore alla giurisprudenza, da intendersi, qui più che mai, come prudenza dei giudici”.
[8] Va rilevato che “non è il numero dei consensi dati o negati a fondare la giustezza o meno di una tesi”; così Tribunale di Roma, sentenza del 20.12.2018, in La Nuova procedura Civile, 3, 2019.
[9] Bertrand RUSSELL, The Problems of Philosophy, 1912.
[10] Per approfondimenti sulle inferenze, si veda BELLOMO, Nuovo sistema del diritto civile, Bari, 2021, 41.
[11] S.U. Sent. 16 Marzo 21 n. 10381/21 dep. 20 Luglio 21
[12] Ragionamento analogo si potrebbe fare menzionando Cass. SS.UU. 10381/2021, con la precisazione che in tal caso la previsione non sarebbe “quantitativa pura” nel senso di basata solo sul numero di precedenti, ma “quantitativa ponderata” pesando in modo diverso una pronuncia a Sezioni Unite in quanto maggiormente persuasiva.
[13] Corte Cost., n. 237 del 1986; n. 352 del 1989; n. 8 del 1996; n. 121 del 2004, n. 140 del 2009, «le due situazioni non differiscono soltanto in ragione del dato estrinseco della sanzione formale del vincolo, poichè, fermi in ogni caso i diritti e i doveri che ne derivano verso i figli e i terzi, nella dimensione della convivenza di fatto si tende a riconoscere spazio alla soggettività individuale, mentre in quella del rapporto di coniugio si attribuisce maggior rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, intesa cioè come stabile comunità di persone legate da vincoli di solidarietà, di fedeltà e di condivisione su base paritaria».
[14] Sezioni Unite 10 luglio 2002 nn.30328
[15] Trib. Milano sent.18 giugno 2015 Gip Gennari ,in J. Della Torre “Il teorema di Bayes fa capolino al tribunale di Milano”, Diritto Penale Contemporaneo.
[16] la principale e più nota obiezione prende le mosse dalla determinazione del grado di convincimento razionale sulla base della frequenza di un certo fenomeno all’interno di un sistema dato e preesistente. Questi dati frequenziali, anche detti prior probabilities (o base rate informations), costituiscono il fondamento imprescindibile del calcolo bayesiano. Ebbene, il teorema di Bayes offre rare applicazioni al di fuori delle «esercitazioni accademiche», in cui, ammessa e non concessa un’ideale completezza probatoria, le prior probabilities risultino determinabili efficacemente. La serie di domande per ricavare dati statistici potrebbero essere poi sostanzialmente “infinite” per cercare di affinare un dato statistico via via in condizioni più simili al caso concreto. Per altro, rimanendo entro le rare ipotesi in cui siano determinabili le prior probabilities, rimane comunque rischioso tentare di estrarre da un dato frequenziale informazioni che potrebbero facilmente risultare non rilevanti nel caso concreto o canalizzare il ragionamento probatorio entro pericolosi tunnel (anti)cognitivi. Si pensi al celebre caso giudiziario del «Blue Bus» (Smith v. Rapid Transit, Inc.)presentato da Tribe per screditare il ricorso alla cd. naked statistic evidence basata su prior probabilities irrilevanti al caso concreto. Anzitutto, conoscere che in una determinata città l’85% dei bus di colore blu è gestito dalla società A e che solo il restante 15% è gestito dalla società B, non consente ex se di individuare a quale compagnia appartenga il bus blu coinvolto in un incidente notturno. Al più, si può affermare che la frequenza con cui è possibile osservare un autobus blu appartenente ad A è tendenzialmente di 0,85, ma null’altro. Inoltre non è possibile trarre dal dato statistico conferme o smentite sull’attendibilità del testimone che dichiari di aver visto un autobus blu della compagnia B, perché senza ulteriori elementi non è possibile escludere ragionevolmente che abbia visto ciò che è meno frequente” C.Costanzi “La matematica del processo: oltre le colonne d’Ercole della giustizia penale” in Questione Giustizia vol.4/18